Torino. Al museo Egizio al via “Dialoghi di archeologia” a ingresso gratuito. Si inizia con la presentazione del libro di Christian Greco “Alla ricerca di Tutankhamun” (Franco Cosimo Panini Editore): il direttore dialoga con Andrea Augenti dell’università di Bologna
Il 20 luglio 2023 inaugura al museo Egizio di Torino una nuova serie di appuntamenti: “Dialoghi di archeologia”. Iniziamo con la presentazione del libro scritto da Christian Greco “Alla ricerca di Tutankhamun” (Franco Cosimo Panini Editore). Ingresso libero in Sala conferenze, alle 18, con prenotazione consigliata su Eventbrite https://www.eventbrite.co.uk/e/671374548347/… . Il direttore del museo Egizio dialogherà con Andrea Augenti, professore ordinario di Archeologia cristiana e medievale dell’università di Bologna, per approfondire la scoperta dopo la quale il mondo non è stato più lo stesso.

Copertina del libro “Alla ricerca di Tutankhamun” di Christian Greco (Franco Cosimo Panini Editore)
Il ritrovamento della tomba di Tutankhamun, nel novembre 1922, con i suoi tesori mozzafiato, è l’evento archeologico più sensazionale di tutti i tempi. Sono innumerevoli i libri dedicati al re bambino e alla sua tomba, ma questo è il primo di Christian Greco che racconta in modo appassionato e coinvolgente – ma con rigore scientifico – il ritrovamento della tomba ad opera dell’archeologo britannico Howard Carter e fornisce al lettore una prospettiva unica su questa straordinaria scoperta archeologica, la più emozionante che il mondo abbia mai conosciuto. Sono minuziosamente descritti i tesori ritrovati intatti nella tomba – dalla maschera d’oro al trono, dai sarcofagi alla mummia reale – insieme alla storia del giovane faraone che è da sempre circondata da mistero. Christian Greco conduce i lettori in un viaggio che inizia con la riforma religiosa del faraone “eretico” Akhenaten ed esplora i grandi misteri legati a Tutankhamun – dalla sua ascendenza alle cause della morte – fino a indagare l’impatto che i favolosi oggetti ritrovati nella tomba hanno avuto sull’immaginario contemporaneo. Al centro, le incredibili vicende che hanno portato Howard Carter al ritrovamento della tomba, il lavoro archeologico grazie al quale gli oggetti diventano reperti, il ruolo dei mass-media e della politica, l’impatto che Tutankhamun ha avuto su tutto il Novecento.
Torino. Al Salone internazionale del Libro il direttore del museo Egizio Christian Greco presenta il suo nuovo libro “Alla ricerca di Tutankhamun”. Modera Massimo Sideri, editorialista del Corriere della Sera
Secondo incontro del museo Egizio di Torino con il Salone internazionale del Libro. E protagonista è lo stesso direttore Christian Greco per raccontare la storia della scoperta che nel 1922 rivoluzionò gli studi sull’antico Egitto: la tomba del faraone Tutankhamon. Appuntamento sabato 19 maggio 2023, alle 16, in Sala Blu (padiglione 2) del Salone del libro di Torino, per la presentazione del libro “Alla ricerca di Tutankhamun” di Christian Greco in dialogo con Massimo Sideri, editorialista Corriere della Sera. Quando nel novembre 1922 Howard Carter entra nella tomba del faraone Tutankhamon, la soglia che varca non è solo fisica. Grazie a quella scoperta, che annulla la distanza temporale tra l’Antico Egitto e l’era delle missioni archeologiche, il nome di Tutankhamon torna ad essere pronunciato dopo tremila anni. Verificando, infatti, le credenze religiose in base alle quali è stato concepito, la tomba di Tutankhamon ha garantito al faraone una seconda vita, come simbolo dell’intera civiltà egizia. Come è stato possibile? Con il suo nuovo libro, Christian Greco accompagna i lettori in un affascinante viaggio che inizia con la riforma religiosa del faraone “eretico” Akhenaton ed esplora i grandi misteri legati a Tutankhamon – dai suoi antenati alle cause della morte – fino a indagare l’impatto che i favolosi oggetti rinvenuti nella tomba hanno avuto sull’immaginario contemporaneo. Al centro, gli incredibili eventi che portarono Howard Carter alla scoperta della tomba, l’opera archeologica grazie alla quale gli oggetti diventano reperti, il ruolo dei mass media e della politica, l’impatto che questa scoperta ha avuto su tutto il Novecento.
San Giovanni Valdarno (Ar). Le “Piazze del sapere”, a margine della mostra “ReDiscovering Tutankhamon, portano nell’Antico Egitto: Schincaglia “intervista” Cleopatra e Valentina Santini presenta i libri su Butehamon e Tutankhamon
Questa settimana a San Giovanni Valdarno (AR) si parla di Antico Egitto. Grande novità delle “Piazze del sapere” di febbraio 2023 è l’approfondimento sui misteri e le bellezze della gloriosa terra sviluppatasi lungo il fiume Nilo e del suo grande popolo. La rassegna per la promozione della lettura “Le piazze del sapere”, a Palomar, la Casa della cultura di San Giovanni Valdarno in piazza della Libertà, è organizzata dal Comune di San Giovanni Valdarno in collaborazione con Unicoop Firenze – Bibliocoop di San Giovanni Valdarno, associazione culturale Pandora e, per questa edizione, con la preziosa partecipazione di Anpi Valdarno, Accademia Valdarnese del Poggio, Camnes (Center for ancient mediterranean and near eastern studies), Istituto Lorenzo de’Medici, Reporter Live e Pro loco di San Giovanni Valdarno.

Locandina della mostra fotografica “Re-discovering Tutankhamon” alla Casa della Cultura di San Giovanni Valdarno (Ar)
Le “Piazze del sapere” sono all’interno del periodo di apertura della mostra fotografica “ReDiscovering Tutankhamon”, a cura di Camnes (Center for ancient mediterranean and near eastern studies) in collaborazione con l’Istituto Lorenzo de’Medici, alla Casa della Cultura fino al 4 marzo 2023 (vedi 4 novembre 1922 – 4 novembre 2022: nell’anniversario della scoperta- cento anni fa – della tomba di Tutankhamon, a Firenze presentazione del libro “I segreti di Tutankhamon” e la mostra “Re-discovering Tutankhamon” | archeologiavocidalpassato). Tutankhamon, faraone egizio appartenente alla XVIII dinastia, è uno dei personaggi storici tra i più conosciuti. Nacque ad Amarna nel 1341 a.C. e morì a Memfi nel 1323 a.C. prima di aver compiuto 20 anni. Governò tra 1333-1323 a.C., anni durante i quali spostò la capitale d’Egitto da Amarna a Tebe e ristabilì il culto del dio Amon. Deve la sua fama alla scoperta della sua tomba, rimasta inviolata, avvenuta nel novembre 1922 ad opera di Howard Carter e George Herbert, V conte di Carnarvon e alla maledizione che avrebbe dovuto colpire chiunque avesse disturbato il sonno del faraone. Ma la vita di una persona è fatta anche di quotidianità, di momenti particolari, di impressioni e di sogni. Per questo motivo i tre curatori della mostra, Massimiliano Franci, Irene Morfini e Valentina Santini, hanno scelto personalmente una serie di immagini per andare ancora più nel profondo del mondo di Tutankhamon. Finestre che accompagneranno i visitatori ad approfondire particolari che spesso sfuggono o sui quali non ci soffermiamo abbastanza. Le didascalie, volutamente escluse dalla visione diretta e inserite in un booklet, hanno la funzione di guidare ad una riflessione personale, prima e dopo di quella stimolata dall’osservazione di un’immagine.

L’egittologa Valentina Santini, la vice sindaco di San Giovanni Valdarno Paola Romei, e Andrea Schincaglia di Reporter Live, alla presentazione delle Piazze del sapere dedicate all’Antico Egitto (foto comune-sgv)
Giovedì 23 febbraio 2023, alle 21, “I misteri dell’antico Egitto”: Andrea Schincaglia di Reporter Live riuscirà a intervistare Cleopatra, interpretata dall’attrice Luisa Masini, come nella versione scritta per Radio Rai nel 1975 da Luigi Santucci. Special guest l’egittologa Valentina Santini. Dottoranda al dipartimento di Studi classici, Storia antica e Archeologia dell’università di Birmingham, dopo aver lavorato a Torino al museo Egizio, è ora egittologa e addetta alla comunicazione al centro studi Camnes di Firenze. Le sue ricerche si concentrano sull’antico Egitto, in particolare sul periodo amarniano e sulle credenze funerarie di epoca faraonica. L’iniziativa del 23 febbraio è organizzata in collaborazione con la Pro Loco di San Giovanni Valdarno.

Copertina del libro “Butehamon. A scuola di scrittura nell’antico Egitto” di Valentina Santini (Casa editrice Sillabe)
Sabato 25 febbraio 2023, alle 11, sarà raccontato il libro per ragazzi “Butehamon. A scuola di scrittura nell’antico Egitto” di Valentina Santini (Casa editrice Sillabe) con letture dell’attore Bruno Santini e un laboratorio di scrittura in geroglifici condotto dall’autrice con l’illustratore Saimon Toncelli. Attività per ragazzi dagli 8 ai 12 anni su prenotazione. Questa è la storia di Butehamon, un piccolo egiziano alle prese con il suo sogno: diventare uno scriba! Il libro è una favola ricostruita dall’esperienza di una archeologa esperta come Valentina Santini che in modo originale, ma educativo illustra la vita di questa importante figura nell’antichità. La scrittura non era per tutti e il piccolo protagonista del volume ci accompagna nel suo percorso per diventare lo scriba del faraone. Il libro si conclude con una curiosa sezione dove poter cimentarsi nei geroglifici e scoprire tante altre curiosità del mondo antico e su questo affascinante mestiere, come il Mini corso di geroglifico e I bambini nell’antico Egitto.

La copertina del libro “I segreti di Tutankhamon. Storia di un faraone tra mito e realtà” (Longanesi) di Valentina Santini
Sempre sabato 25 febbraio 2023, ma alle 17.30, sarà invece presentato il libro “I segreti di Tutankhamon. Storia di un faraone tra mito e realtà” di Valentina Santini (edizioni Longanesi). Interverrà Stefano Valentini, archeologo e co-direttore di Camnes (vedi Torino. Al museo Egizio per “Incontro con gli autori”, in presenza e on line, presentazione del libro “I segreti di Tutankhamon” di Valentina Santini in dialogo con la curatrice del museo Egizio Federica Facchetti | archeologiavocidalpassato). Santini racconta in questo libro quello che è stato scoperto su Tutankhamon e i tanti aneddoti su uno dei ritrovamenti archeologici più sensazionali di sempre. Chi era Howard Carter? Quali sono state le motivazioni storiche che hanno portato alla nascita della “maledizione del faraone”? Tutankhamon era davvero il suo nome? Un viaggio avvincente attraverso il passato e le sabbie della Valle dei Re per conoscere da vicino i segreti del faraone bambino.
Venezia. Mostra “Tutankhamon. 100 anni di misteri”: visita guidata col curatore prof. Damiano. 2. parte: il “fiume del tempo”, la storia della civiltà egizia, dalla preistoria alle prime dinastie, dal Nuovo Regno al Cristianesimo
Seconda parte della visita guidata live della mostra “Tutankhamon. 100 anni di misteri” a Palazzo Zaguri a Venezia con il curatore prof. Maurizio Damiano. Dopo aver visto come è nato il progetto espositivo e perché sono esposte repliche del tesoro di Tutankhamon, e del messaggio che queste portano nel mondo (vedi Venezia. Mostra “Tutankhamon. 100 anni di misteri”: visita guidata col curatore prof. Damiano. 1. parte: il progetto espositivo e il ruolo delle repliche | archeologiavocidalpassato), in questa puntata il prof. Damiano ci porta per mano a scoprire la storia della civiltà egizia, dalla preistoria alle prime dinastie, dal Nuovo Regno al Cristianesimo: è “il fiume del tempo”, come è stata chiamata questa sezione. Giocando sul ruolo del Nilo e sullo scorrere dei secoli. La sezione si trova all’ultimo piano di Palazzo Zaguri, la soffitta, ed è da lì che inizia la visita della mostra articolata su cinque piani, dall’alto in basso.
In questa prima sezione si vedono tanti modellini di navi per ricordare che l’Egitto vive per il fiume che era poi la via di trasporto maggiore. “L’Egitto non esisterebbe senza il Nilo, naturalmente”, esordisce Damiano. “È vero – come dice Erodoto – che l’Egitto è un dono del Nilo. Ma è certo che gli egiziani se lo sono guadagnato perché il Nilo nella preistoria era un fiume violento. Quindi questa grande conoscenza che loro hanno sviluppato nell’idraulica era dovuta alla difesa prima di tutto. Loro dovevano difendersi da questo fiume ben diverso da quello controllato di oggi. Quindi io ho voluto tenere sempre a mente il fiume con questi modelli di navi”. Siamo ndel “fiume del tempo”: “In questa sezione ho voluto sviluppare la storia dell’Egitto ma partendo da lontano. Nella prima vetrina si vedono i nostri antenati: australopithecus, homo habilis, homo erectus, neanderthal. E si vedono i loro manufatti, dai più antichi – chopper, chopping tool realizzati dall’homo habilis 2 milioni e mezzo di anni fa – fino a quelli sbozzati nell’Abbevilliano che poi si vanno perfezionando nell’Acheuleano. L’amigdala per me è la prima opera d’arte dell’umanità. Non c’è solo il lato utilitaristico con la punta e il taglio, che però erano già presenti negli strumenti più antichi. Qui nasce qualcosa che mancava totalmente prima. Questo ominide non è più un animale come gli altri, comincia a volere un qualcosa di particolare che non ha nessun uso specifico. È un’esigenza interiore: la simmetria. Questo ominide perde ore e giorni per creare strumenti che siano esattamente simmetrici, belli. Ecco lì nasce l’arte. Una delle scoperte fatte tra i 400 siti esplorati nel gran mare di sabbia nella zona della mia concessione sono le scuole delle amigdale”, spiega Damiano. “Ma nel gran mare di sabbia si trova anche un materiale più raro dei diamanti: si chiama silica glass, noto anche come vetro del deserto, creato dall’impatto di una cometa contro l’atmosfera terrestre in un punto sopra il gran mare di sabbia. L’impatto, che ha portato la temperatura a più di 4700 gradi, ha fuso la sabbia e ha creato il vetro naturale più puro sul pianeta Terra: 98% di biossido di silicio. Il Cristallo di Boemia, per fare un esempio, è al 65%. E questo è successo 29 milioni di anni fa. Poi, quando è arrivato, l’uomo ha scoperto che questa cosa strana tagliava meglio della stessa selce – è ovvio, è vetro -, e quindi ha iniziato a fabbricare i suoi manufatti: siamo nel Neolitico, nel gran mare di sabbia”. Il “fiume del tempo” prosegue con dei modelli ricostruiti in base alle pitture vascolari protostoriche-predinastiche e alle incisioni rupestri. Sono esposti due tipi di imbarcazioni. Quindi è presentata la tavolozza dove vediamo la vacca Hathor e le stelle. Questa è finora la più antica rappresentazione di costellazione dell’umanità. “Diciamo Hathor ma in realtà all’epoca la dea vacca era chiamata Bat, la sua antenata. Nel Neolitico – continua Damiano – si sviluppa la tecnica fino alla perfezione delle punte di freccia straordinarie e delle lame”. Si vede poi esposto il grande faraone Cheope, Kufu in antico egizio. “Il faraone Cheope, il costruttore della Grande piramide, ci ha lasciato delle opere. E forse alcune sono statue sue, ma non c’è certezza perché è andata persa l’iscrizione. L’unica statua di cui c’è certezza è questa statuetta trovata dal grande archeologo Petrie in una fossa. Era un po’ sporca e incrostata. L’ha fatta analizzare: era sterco umano. Quindi l’hanno letteralmente buttato lì. Peraltro lui è passato alla storia come un pessimo faraone mentre suo padre Snefru che è il più grande costruttore di piramidi (perché ne ha costruite diverse) è passato alla storia come il faraone ideale, quello buono illuminato. E si arriva alla tavolozza di Narmer che è l’atto di fondazione dell’Antico Egitto, esposta di fianco per permettere di vere entrambi i lati della stele, su una faccia il faraone con la corona rossa e con la corona bianca sull’altra. Con Narmer il re diventa faraone, cioè il signore di tutto l’Egitto. E con questo atto nasce la storia, inizia la prima dinastia, inizia la storia dinastica dell’Egitto”.
“Del Nuovo Regno prendiamo due esempi: Hatsheptut, il faraone donna, e Tutmosis III”, riprende il curatore della mostra veneziana. “Qui spiego il rapporto che c’era tra di loro perché vi hanno romanzato. È stato detto che era un’usurpatrice: no, lei era per più motivi legittima”. Quindi si passa al nonno di Tutankhamon, Amenhotep III (Amenofi III), che i francesi chiamano il Re Sole d’Egitto perché era il re esteta. Lui ha vissuto in un regno di pace, ricchezza, prosperità e l’arte egizia, che è sempre volta a uno scopo creatore, con Amenhotep III ha anche un lato edonistico che si sviluppa. Amenhotep III è il padre di Akhenaten che è il padre di Tutankhamon. La moglie di Amenhotep III era Tye, un personaggio che probabilmente era quella che decideva in casa: donna molto forte, aspetto reso bene anche dai suoi ritratti. Uno è anche in mostra. Si arriva quindi al regno di Akhenaten che, come detto è il padre di Tutankhamon: fatto appurato dalle analisi genetiche sulla mummia della tomba KV 55. La madre non è Nefertiti, ma un’altra donna che il DNA ci ha detto essere la cosiddetta Younger Lady. È la mamma di Tutankhamon, ma non ne conosciamo il nome. Si sa che era una cugina o una sorella di Akhenaten, ma il DNA non dice di più”. In mostra due dei molti ritratti di Nefertiti: uno è la riproduzione di quello del Cairo. E poi c’è quello di una principessa amarniana. “Il cranio allungato – precisa Damiano – non è una deformazione praticata dagli egizi, per il quale il corpo è sacro. Il documento più antico che abbiamo sull’argomento riguarda un greco di età ellenistica che chiede a un medico di praticare questa barbarie a sua moglie. In Egitto questa è una convenzione artistico-religiosa lanciata da Akhenaten per sottolineare la divinità della famiglia reale. Ma attenzione: si dice che il faraone era divino. È sbagliato. La funzione di faraone era divina, ma il faraone restava uomo. Lo si capisce bene non in Egitto, dove non se o sarebbe mai permesso, ma nei templi della Nubia: qui si vede Ramses che fa offerte agli dei tra i quali c’è Ramses II: quindi da un lato c’è Ramses II uomo e re che offre al dio Ramses II in funzione faraonica”. E si arriva all’Epoca Tarda. Esposti amuleti autentici in argento e in faience. E un modello di nave punica per ricordare un episodio particolare: quando il faraone Nechao II (XXVI dinastia) chiese ai Fenici di esplorare le coste dell’Africa. Questi, al loro ritorno dopo tre anni, nel loro rapporto raccontarono che il sole, dopo un certo punto di navigazione, si levava a destra. “Dettaglio che per i Greci, secoli dopo, ritennero un falso. E invece era la dimostrazione che avevano superato il Capo di Buona Speranza: quella fu la prima circumnavigazione dell’Africa e l’avevano fatta i Fenici”.
Il percorso del “fiume del tempo” ci porta ai famosi ritratti del Fayyum, bellissimi. Per l’epoca romana ci sono una trireme, un po’ di vetri romani. E si giunge all’epoca cristiana. “Con il Cristianesimo – sottolinea Damiano – inizia la fine dell’Antico Egitto. Il vescovo di Alessandria, appena fu fatta la legge che diceva che i templi o diventavano chiese o dovevano essere rasi al suolo, con un gruppo di seguaci armati andò a distruggere il Serapeum, e con esso distrusse l’ultima parte della Biblioteca di Alessandria. È stata la fine dell’Antico Egitto, e da allora si sviluppa il Cristianesimo, del quale c’è un aspetto ancora molto popolare in Egitto: il culto della Sacra Famiglia (legato alla fuga in Egitto). Si creano monasteri, seguendone il percorso. Un altro dettaglio interessante è che viene venerato l’albero della Vergine a Eliopolis, oggi quartiere del Cairo che insiste sulle fondamenta di una delle più antiche città del mondo. Questo albero avrebbe nascosto la Vergine quando si sono avvicinati i soldati di Erode. Ed è ancora oggetto di pellegrinaggio. Ma in quel posto, quello stesso tipo di albero, un sicomoro, era l’albero sacro di Eliopolis che veniva venerato da millenni a Eliopolis”.
Firenze. Chi era davvero Tutankhamon? Rispondono Massimiliano Franci e Valentina Santini nell’incontro “Tutankhamon oltre il mito” promosso da CAMNES
Chi era davvero Tutankhamon? La cultura moderna quanto è ancora influenzata dalla sua leggenda? Nel mese del centenario della scoperta della sua tomba, CAMNES (Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies) di Firenze continua a celebrare Tutankhamon, stavolta con un incontro dedicato a “sfatare i miti” che ruotano attorno alla figura del giovane faraone. L’appuntamento – a ingresso libero – è venerdì 18 novembre 2022, alle 16, alla ex-chiesa di San Jacopo in Campo Corbolini, in via Faenza 43 a Firenze con “Tutankhamon oltre il mito”. Cosa sappiamo davvero di Tutankhamon? Quanto è sottile il filo che divide la leggenda dalla realtà? Cosa si intende per Tut-mania? Com’è nata la “maledizione” della sua mummia? Un incontro a cura di Massimiliano Franci e Valentina Santini per parlare del faraone, ma anche e soprattutto del ragazzo Tutankhamon, a cento anni da una delle scoperte archeologiche più celebrate di tutti i tempi.
Egitto. Per il centenario della scoperta della Tomba di Tutankhamon il Consiglio supremo delle Antichità apre mostre archeologiche e d’arte, accompagnate da visite guidate, attività e laboratori artistici sull’arte della mummificazione e della scrittura nell’antico Egitto
4 novembre 1922-2022: per il centenario della scoperta della tomba di Tutankhamon il settore Musei del Supremo Consiglio delle Antichità dell’Egitto celebra l’anniversario con una serie di mostre archeologiche e d’arte, ed eventi che includono visite guidate didattiche, attività e laboratori artistici didattici sull’arte della mummificazione e della scrittura nell’antico Egitto, sulla tomba del Faraone bambino e sul suo corredo funerario.

Due statue del faraone bambino che furono scoperte tra undici statue nel nascondiglio del tempio di Karnak esposte al Cairo nella mostra “Tutankhamon e la sua famiglia” (foto ministry of tourism and antiquities)

Mummia di giovane donna, forse la madre di Tutankhamon esposta al Cairo nella mostra “Tutankhamon e la sua famiglia” (foto ministry of tourism and antiquities)
“Al museo Egizio di Tahrir al Cairo”, annuncia il professor Moamen Othman, capo del settore dei musei al Consiglio supremo delle antichità, “apre la mostra “Il centenario della scoperta della tomba del re Tutankhamon: Tutankhamon e la sua famiglia”, con 18 reperti appartenenti al re Tutankhamon, che non sono stati trovati all’interno della sua tomba, alcuni dei quali sono esposti per la prima volta. Tra questi la mummia di giovane donna, probabilmente la madre del re Tutankhamon (la regina Kyia?), quattro statue del faraone bambino che furono scoperte tra undici statue nel nascondiglio del tempio di Karnak, una serie di anelli recante il nome del re e una piccola lastra di maiolica incisa su entrambi i lati con i suoi nomi. E ancora un gruppo di scarabei col nome della regina Ankhesenamon, moglie del re Tutankhamon, una statua del re Akhenaten con la moglie Kyia, scoperta ad Amarna, un vaso canopo di Kyia, la madre di Tutankhamon, e la testa di una statua del re Amenhotep III scoperta nel nascondiglio di Karnak e la testa di una statua della regina Tiye, moglie del re Amenhotep III e madre del re Akhenaten, fu scoperta nel tempio di Hathor a Serabit el-Khadem nel Sinai”.
Il museo nazionale della Polizia nella Cittadella del Cairo organizza la mostra fotografica “Le armi del piccolo faraone”, aperta fino al 20 novembre 2022, con alcune immagini delle armi del re Tutankhamon, mettendo in luce le sue armi preziose e rarissime.
Il museo Tell Basta a Zagazig nel Delta centro-orientale aprendo la mostra d’arte di fotografie “Treasures of the Golden King”, che include un gruppo di fotografie d’archivio di alcuni dei possedimenti della tomba di Tutankhamon, e proseguirà per un mese.

Vasi canopi esposti al museo della Mummificazione a Luxor (foto ministry of tourism and antiquities)
Al museo della Mummificazione di Luxor apre la mostra archeologica “Vasi canopi”, che comprende quattro vasi canopi in alabastro che conservavano rispettivamente il fegato, l’intestino, i polmoni e lo stomaco del defunto. Continua fino all’11 novembre 2022.
Al museo di Arte antica egizia di Luxor apre la mostra archeologica “The Golden King Tut”, che proseguirà fino al 18 novembre 2022, con la statua del dio Amon nel corpo di re Tutankhamon, cinque stampi di mattoni rossi con il cartiglio del Re Tutankhamon, una statua in alabastro del re Tutankhamon in forma di Sfinge. Inaugurerà la mostra d’arte sul corredo funerario del re Tutankhamon intitolata “The Golden Mask”, con dipinti e fotografie di studenti di scuole e università, di belle arti e educazione artistica.
Torino. Al museo Egizio per il ciclo “Incontri con gli autori” Christina Riggs dialoga con Christian Greco sul suo nuovo libro “Vedo cose meravigliose. Come la Tomba di Tutankhamon ha plasmato cento anni di storia”
Quando fu scoperta nel 1922 – in un Egitto appena diventato indipendente dall’Impero Britannico – la tomba di Tutankhamon, vecchia di 3300 anni, produsse un’enorme onda d’urto in tutto il mondo. Da un giorno all’altro il nome del “faraone bambino” divenne familiare, dando vita a un’ossessione internazionale che dura ancora oggi. Dalla cultura pop alla politica, dal turismo all’economia della cultura, è impossibile immaginare gli ultimi cento anni senza Tutankhamon. Eppure gran parte della storia del ritrovamento della tomba e delle molte vicende che seguirono rimane sconosciuta. Martedì 12 luglio 2022, alle 18, in presenza nella sala Conferenze del museo Egizio (ingresso libero fino ad esaurimento posti: si entra in sala dalle 17.40), e on line in diretta streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Museo Egizio e sulla pagina Facebook de IlLibraio.it, nuovo appuntamento del ciclo “Incontri con gli autori”: Christina Riggs in dialogo con il direttore Christian Greco ci parlerà del suo nuovo libro, edito da Bollati Boringhieri, “Vedo cose meravigliose. Come la Tomba di Tutankhamon ha plasmato cento anni di storia”. La conferenza è in lingua italiana.

La maschera funeraria di Tutankhamon: uno dei tesori trovati da Carter e Carnarvon nella tomba del giovane faraone

Howard Carter e Lord Carnarvon davanti all’ingresso della Tomba di Tutankhamon (KV62) nella Valle dei Re a Tebe Ovest
Chi si ricorda che Jacqueline Kennedy fu la prima ad accogliere il giovane faraone in America? Che un revival di Tutankhamon negli anni Sessanta ha contribuito a salvare gli antichi templi della Nubia egizia? O che la grande mostra di Tutankhamon al British Museum, nel 1972, rimane il maggior successo di sempre del museo? Ma non tutto ciò che riguarda il “Re Tut” luccica: le esposizioni dei suoi tesori negli anni Settanta andavano mano nella mano con gli eccessi del capitalismo e la politica della guerra fredda; i suoi resti sono stati sfruttati in nome della scienza e il racconto della scoperta della sua tomba ha escluso gli archeologi egiziani – che pure ne sono stati protagonisti. Christina Riggs intreccia le avvincenti analisi storiche con i racconti delle vite toccate o, come la sua, cambiate per sempre dall’incontro con Tutankhamon. La storia del giovane faraone che ne emerge è nuova e audace, e ha tanto da dirci sul nostro mondo quanto sul suo. Perché l’archeologia, nello stesso modo di molte altre discipline, non è affatto un sapere neutrale: si alimenta invece delle convinzioni e degli interessi della cultura che l’ha prodotta. La storia del rinvenimento e della notorietà della tomba di Tutankhamon riflette gli squilibri di potere fra gli Stati coinvolti e le tante contraddizioni che ne derivano: ipocrisie e infingimenti, cupidigia e ambizione, nazionalismi e velleità neoimperiali. L’ombra scura celata dietro l’ammaliante splendore della maschera del faraone bambino.

Copertina del libro “Vedo cose meravigliose. Come la tomba di Tutankhamon ha plasmato cento anni di storia” di Christina Riggs

Christina Riggs
Christina Riggs insegna History of Visual Culture all’università di Durham ed è una specialista di storia dell’archeologia e dell’arte, in particolare dell’antico Egitto. Tra le sue pubblicazioni: Ancient Egyptian Magic. A Hands-on Guide (2020), Photographing Tutankhamun. Archaeology, Ancient Egypt, and the Archive (2019), e Egypt (2017).
“Tutankhamon. L’ultima mostra”: solo il 9, 10 e 11 maggio in esclusiva al cinema il film, un racconto straordinario con immagini ad altissima definizione, a cento anni dalla scoperta della tomba del faraone che ha rivoluzionato la storia dell’archeologia

È il 26 novembre 1922 quando l’archeologo ed egittologo britannico Howard Carter, eseguito un piccolo foro nell’intonaco di copertura di una parete sotterranea, getta per la prima volta lo sguardo nella camera sepolcrale della tomba del faraone Tutankhamon. La stanza è stracolma di oggetti e praticamente intatta e si appresta ad entrare nella leggenda. Oggi quello di Tutankhamon è un nome entrato nell’immaginario collettivo mondiale: per tutti racchiude quanto di più imponente e misterioso possano evocare l’Antico Egitto, le sue piramidi, la leggenda della maledizione del faraone. Pochi, però, associano la sua celebrità a una convergenza di fatti unici e soprattutto all’ostinazione di quell’archeologo inglese che ne scoprì la tomba proprio negli anni in cui mezzi di comunicazione di massa cominciavano a rivoluzionare completamente le nostre vite.
Per celebrare il centenario di quella rivoluzionaria scoperta che cadrà nel 2022, solo il 9, 10, 11 maggio arriva al cinema il docu-film “Tutankhamon. L’ultima mostra”, diretto da Ernesto Pagano e prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital. Per la prima volta gli spettatori cinematografici avranno così un’opportunità straordinaria: incontrare il faraone, rivivendo sul grande schermo quei momenti unici e seguendo in esclusiva lo spostamento di 150 oggetti del tesoro di Tutankhamon per la più grande mostra internazionale mai dedicata al Golden Boy che il fotografo Sandro Vannini ha seguito in esclusiva mondiale: l’ultima mostra in assoluto dedicata al tesoro perché per volere del governo egiziano ora questo patrimonio immenso diverrà inamovibile e potrà essere visitato solo nella sua sede del Cairo. A guidare lo spettatore attraverso la scoperta, la voce di Manuel Agnelli, sin da giovanissimo appassionato di Antico Egitto e rimasto folgorato dalla visita della tomba di Tutankhamon nel 1996. “Ho provato subito un grande entusiasmo nell’accettare di prendere parte a questa avventura perché in realtà, da piccolo, avrei voluto fare l’archeologo”, spiega Manuel Agnelli. “Poi ho avuto l’occasione di visitare i luoghi che avevo studiato. Così lavorare al film è stato come un cerchio che si chiudeva. E poi Tutankhamon è diventato una sorta di rockstar e, come succede alle rockstar, le persone si immaginano di provare le tue emozioni, di conoscere la tua vita… Quello che affascina di lui è proprio il mistero. Per questo forse è bene che non sia mai svelato, mai sconfitto. È il mistero che rende Tutankhamon così tanto evocativo e poetico”. La colonna sonora del film è firmata da Marco Mirk. “Tutankhamon. L’ultima mostra” è prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital. La Grande Arte al Cinema è un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital. Per il 2022 la Grande Arte al Cinema è distribuita in esclusiva per l’Italia da Nexo Digital con i media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it e in collaborazione con Abbonamento Musei.

Il docu-film offre un accesso esclusivo ad alcuni dei luoghi che ancor oggi rappresentano il cuore pulsante della leggenda di Tutankhamon, proprio a partire dai primi istanti che segnarono la scoperta della celebre tomba. “Fra il profondo silenzio, la pesante lastra si sollevò. La luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: l’effige d’oro del giovane re fanciullo”, annotò Howard Carter. Scopriremo questa storia attraverso i dipartimenti dell’area restauro del nuovo Grand Egyptian Museum di Giza, ancora chiuso al pubblico, e il museo Egizio di piazza Tahrir del Cairo, dove – in occasione dell’ultima tournée internazionale organizzata per la mostra “KING TUT. Treasures of the Golden Pharaoh” – osserveremo a pochi centimetri di distanza gli oggetti del tesoro del faraone e i passaggi più impegnativi e poco noti del backstage della mostra, come lo spostamento dell’imponente Statua del Guardiano del Re in legno dipinto e dorato, mai più mossa da quando Carter l’aveva inviata da Luxor al Cairo alla fine degli anni ’20.

Grazie a uno dei più ricchi archivi fotografici privati del mondo dedicati al tesoro e grazie a materiali fotografici e cinematografici originali raccolti tra il Metropolitan Museum di New York e il Griffith Institute di Oxford, gli spettatori potranno rivivere i momenti più emozionanti della scoperta di Carter, l’eco della celebre maledizione di Tutankhamon, i frammenti della storia del giovane faraone: un ragazzino elevato al rango di semidio, morto prematuramente e accompagnato in una tomba di fortuna per intraprendere il viaggio attraverso l’eternità insieme al suo ricchissimo corredo funerario. Dopo un regno effimero, Tutankhamon morì nel 1824 a.C. e venne ben presto dimenticato. Ma per un intreccio di casualità, 3342 anni dopo la sua sepoltura, il suo nome è diventato, tra quello dei faraoni dell’antico Egitto, l’unico capace di travalicare ogni confine, guadagnando una forma di eternità del tutto inattesa: quella della celebrità. Il racconto storico permetterà di arrivare anche all’epoca contemporanea quando il celebre archeologo Zahi Hawass, ministro delle Antichità Egizie fino al 2011, trasformò il Golden Boy in un ambasciatore d’Egitto nel mondo. Fu in quegli anni che per la prima volta venne fatta una TAC alla mummia del faraone per indagarne le cause della morte: proprio alle scansioni di quelle TAC è stato concesso l’accesso esclusivo in occasione del docu-film.

Saranno le fotografie ad altissima risoluzione di Sandro Vannini, fotografo tra i più prolifici del tesoro di Tutankhamon e unico ad aver avuto acceso al tesoro liberato dalle sue vetrine prima della partenza della tournée della mostra “KING TUT. Treasures of the Golden Pharaoh”, a raccontare come gli oggetti danneggiati nel corso della Rivoluzione del 2011 abbiano recuperato le loro fattezze originarie grazie al sapiente lavoro dei restauratori: il lavoro di Vannini è basato principalmente su tecnologie digitali sofisticate e d’avanguardia che, applicate alla ricostruzione virtuale, alla fotografia e alle riprese video, rappresentano la nuova frontiera della narrazione e della descrizione dei Patrimoni Artistici e Culturali. Attraverso le spettacolari e rivoluzionarie fotografie di Vannini si snoda anche la ricostruzione di stralci della vita e del rituale funebre del faraone della XVIII dinastia. Secondo gli egizi, l’eternità di un uomo finirà soltanto quando non ci sarà più nessuno al mondo a pronunciare il suo nome. Ma la maschera d’oro di Tutankhamon e il suo nome rimangono e rimarranno ben incisi e vivi nella memoria dell’umanità. E continueranno ad essere pronunciati ad alta voce, come accade in questo film.
Torino. Al museo Egizio quinto appuntamento del ciclo “Nel laboratorio dello studioso”: protagoniste la dea Anuket e le altre divinità venerate sull’isola Elefantina di Aswan nella mostra curata da Paolo Del Vesco “Un santuario portatile per la dea Anuket”

È dedicato alla dea Anuket e alle altre divinità venerate sull’isola Elefantina di Aswan il quinto appuntamento di “Nel laboratorio dello studioso”, il ciclo di mostre bimestrali dedicato all’attività scientifica condotta da curatori ed egittologi del dipartimento Collezione e Ricerca del Museo Egizio di Torino. La nuova mostra, dal titolo “Un santuario portatile per la dea Anuket”, è debuttata il 14 gennaio 2022 all’Egizio. Al centro dell’esposizione un piccolo santuario in legno, risalente al tempo del faraone Ramses II (ca. 1279-1213 a.C.), dedicato alla dea Anuket e ad altre divinità venerate nell’importante centro religioso di Elefantina, presso Aswan, nell’Egitto meridionale. L’ottimo stato di conservazione, la presenza di un portico con due colonne sulla facciata e le decorazioni sulle pareti, tra cui una scena con navigazione fluviale della barca sacra della dea Anuket, sono alcuni degli elementi che rendono il manufatto un oggetto unico nel suo genere.


L’archeologo Paolo Del Vesco, curatore al museo Egizio di Torino (foto museo Egizio)
La mostra è stata curata da Paolo Del Vesco, curatore e archeologo del museo Egizio dal 2014, con esperienze di scavo in Italia, Siria, Arabia Saudita, Egitto e Sudan. In particolare, Del Vesco ha partecipato alle missioni archeologiche del museo Egizio a Saqqara e a Deir el-Medina e ha collaborato alla realizzazione delle mostre “Missione Egitto 1903-1920. L’avventura archeologica M.A.I. raccontata” (2017- 2018) e “Anche le statue muoiono. Conflitto e patrimonio tra antico e contemporaneo” (2018) e delle nuove sale dell’Egizio “Alla ricerca della vita. Cosa raccontano i resti umani?” (2021). Sono previste due visite guidate da un’ora con il curatore della mostra: la prima il 25 gennaio 2022 e la seconda il 1° marzo 2022, entrambe alle 16.30. La partecipazione è consentita a un massimo di 25 persone con prenotazione online; il costo è di 7 euro a persona (escluso il biglietto d’ingresso). La mostra si conclude il 20 marzo 2022.

Il santuario in scala ridotta proviene dal sito di Deir el-Medina, il villaggio che durante il Nuovo Regno ospitava gli artigiani che realizzavano le tombe della Valle dei Re e delle Regine, e apparteneva ad un certo Kasa, un membro di questa particolare comunità. Lo stesso Kasa, suo figlio Nebimentet e altri loro familiari sono raffigurati sulle pareti esterne del piccolo santuario, mentre si prodigano in offerte in onore della dea Anuket, dal caratteristico copricapo svasato di piume di struzzo, faceva parte, insieme al dio a testa di ariete Khnum e alla dea Satet, della triade divina venerata nell’area di Elefantina. La devozione verso queste tre divinità era particolarmente sviluppata poiché si credeva che esse garantissero e controllassero il fenomeno naturale in assoluto più importante per la prosperità della civiltà egiziana: la piena annuale del Nilo e la conseguente inondazione dei campi.


Le due tele di Lorenzo Delleani del 1871 con il museo Egizio e il museo di Scienze naturali (foto museo egizio)
Oggetti di questo tipo sono estremamente rari. Per altri esempi di santuari lignei in scala ridotta, ma appartenenti ad epoca diversa e comunque privi del portico frontale a colonne, bisogna scomodare il ricchissimo corredo funebre del faraone Tutankhamon. La particolarità e la bellezza del piccolo santuario della dea Anuket, che arrivò a Torino con la collezione Drovetti intorno al 1824, colpì anche il pittore Lorenzo Delleani: nel suo dittico del 1871, intitolato “I Musei” ha ritratto lo scorcio di una sala dell’Egizio dell’epoca, riproducendo in primo piano proprio questo oggetto. Un dettaglio che i visitatori possono scorgere all’inizio del percorso di visita del museo Egizio, nelle sale dedicate alla storia della collezione, dove il dipinto è attualmente in esposizione.

A far da corollario al santuario sono esposte alcune stele che testimoniano la vita religiosa della comunità di Deir el-Medina. Spiccano fra queste una stele dedicata al sovrano divinizzato Amenhotep I e a sua madre, la regina Ahmose Nefertari, considerati numi tutelari del villaggio, una stele dedicata ad una manifestazione della dea Hathor ed una realizzata in onore della dea serpente Meretseger, “colei che ama il silenzio”. Altri oggetti in mostra ci parlano poi di culti legati ad una sfera più domestica e familiare: piccole stele e busti che testimoniano, ad esempio, la devozione verso gli antenati, o figurine femminili in terracotta impiegate in rituali connessi con la fertilità, con la protezione della maternità e la cura di punture di scorpioni o morsi di serpenti.








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