“Veleni e magiche pozioni. Grandi storie di cure e delitti”: prorogata la mostra al museo nazionale Atestino di Este (Pd). Tre incontri di approfondimento e visite guidate

La locandina della mostra “Veleni e magiche pozioni. Grandi storie di cure e delitti” al museo Atestino di Este prorogata al 29 marzo 2020
C’è ancora tempo. Per una visita. La risposta del pubblico ha convinto gli organizzatori a prorogare la mostra “Veleni e magiche pozioni. Grandi storie di cure e delitti”, proposta dal Polo museale del Veneto, dall’università di Ferrara e dalla Città di Este, al museo nazionale Atestino di Este. Doveva chiudere il 2 febbraio, si potrà visitare fino al 29 marzo 2020 (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2019/09/16/dalloppio-usato-gia-nel-neolitico-alle-ricette-di-paracelso-alla-moderna-cosmesi-al-museo-atestino-di-este-apre-la-mostra-veleni-e-magiche-pozioni-grandi-storie-di-cure-e-delitti/). Curata da Federica Gonzato, direttore del museo nazionale Atestino, e da Chiara Beatrice Vicentini, docente di Storia della farmacia e del farmaco all’università di Ferrara, la mostra è nata con l’intento di proporre al pubblico un percorso multidisciplinare, articolato fra archeologia, scienza e curiosità, alla scoperta del mondo delle pozioni, che dall’antichità ad oggi hanno accompagnato l’uomo nel suo percorso: rimedi che possono guarire o, talvolta nelle mani sbagliate, portare a un esito letale.
La mostra svela i segreti di veleni e rimedi dall’antichità ad oggi, attraverso prospettive diverse: dalle testimonianze archeologiche alle espressioni artistiche, passando attraverso i racconti di antichi codici, di streghe e pozioni magiche. Le fonti storiche sono accostate alla moderna ricerca scientifica, che ne spiega le reali funzioni e smaschera false credenze. L’affascinante mondo dei veleni e della farmacopea viene raccontato nelle varie epoche, ricostruendo il percorso di questo fondamentale aspetto della vita sociale, mostrando oggetti legati all’esperienza del nostro quotidiano ma anche ad un mondo magico.
Una mostra intrigante, ricca di preziosi materiali espositivi e di conoscenze, cui sono correlati tre appuntamenti di approfondimento. Venerdì 21 febbraio 2020, alle 18, aperitivo a tema ideato dagli Chefs del ristorante Incalmo di Este, preceduto da visita guidata alla mostra a cura della Direzione. Prenotazione obbligatoria. Venerdì 28 febbraio 2020, alle 18, “La cosmesi: il veleno per la bellezza”, ricerche storiche e scientifiche condotte dall’università di Ferrara. A cura di Chiara Beatrice Vicentini e Stefano Manfredini. Domenica 8 marzo 2020, alle 15.30, “Paleo-avanguardie: l’arte al femminile”. Guida alla mostra e laboratorio di pittura paleolitica. Le domeniche mattina, escluse quelle a ingresso gratuito, alle 10.30, visita guidata esclusiva “Only for you”. Prenotazione obbligatoria e accesso con biglietto intero – nessuna applicazione di agevolazioni, riduzioni o gratuità a norma di legge.
A Comacchio aprile è il mese dei profumi: al museo del Delta Antico nuovo percorso olfattivo e mostra “Collezione Magnani, portaprofumi nel tempo”. Incontro “Alla scoperta dei profumi antichi dai dati archeologici”
Aprile a Comacchio è il mese dei profumi e il museo del Delta Antico inaugura un nuovo percorso olfattivo chiamato “Il profumo del tempo”. Apre il 12 aprile 2019 con la mostra “Collezione Magnani, portaprofumi nel tempo” che sarà in esposizione fino al 6 gennaio 2020. A corredo, un ciclo di incontri di approfondimento sul tema delle fragranze nel mondo antico, tra cui il 16 aprile 2019 l’evento “Alla scoperta dei profumi antichi dai dati archeologici”, in collaborazione con l’università di Ferrara e il Museo di Este. È oramai noto che il profumo e i suoi contenitori sono stati per secoli riservati a poche persone privilegiate che, anche attraverso questi minuscoli oggetti, intendevano ostentare la loro ricchezza e il loro amore per il bello o per il “meraviglioso”. Questi straordinari manufatti rappresentano la passione di Monica Magnani, collezionista “onnivora” di portaprofumi antichi – noti anche come scent bottles – che è iniziata con l’acquisto di un piccolo oggetto d’argento proveniente da una nobile famiglia veneziana. Quello che poi è stato scoperto essere una perfume box tedesca del XVII secolo ha fissato i parametri che caratterizzano gli oltre 850 flaconi della sua collezione: l’antichità, l’insolito e le misure, tutte inferiori ai 10 centimetri. Fiorita nel tempo con meticolosa e appassionata ricerca, scoperta, scelta e studio, la raccolta spazia dai “balsamari” dei primi secoli dopo Cristo ai pezzi dei primi ‘900, passando per qualche rarissimo esemplare del XVII e XVIII secolo, fino alla grande varietà che ha caratterizzato la produzione di tutto l’800, tra cui le chatelaines indossate ai balli o utilizzate per i minuscoli pegni d’amore francesi, o per i vetri di Murano e Boemia o, ancora, per i tanti souvenirs del Grand Tour.
L’olfatto è il più spirituale di tutti i sensi. È proprio questa caratteristica spirituale a consentire al profumo di testimoniare negli spazi vuoti un’impressione della presenza. Inoltre, l’uso dei profumi getta luce sugli aspetti più complessi della società, quali gli scambi commerciali, le conoscenze scientifiche, le abitudini rituali, il lusso, i rapporti interpersonali e la comunicazione tra le persone. Gli spunti offerti dal percorso di essenze create per il museo Delta Antico, sono occasione per parlare, con un altro linguaggio, della storia e delle genti vissute nei secoli passati. Il percorso olfattivo del museo Delta Antico si arricchisce ora di due nuove fragranze che si aggiungono alle tre già presenti nel museo, per esso create appositamente. La creatrice delle due nuove essenze è Laura Bosetti Tonatto, “naso” di fama internazionale. In questa ottica, la sezione “diffusa” del museo dedicata ai profumi si avvale altresì di una preziosa esposizione temporanea di contenitori per profumo che sono parte dell’ampia collezione di Monica Magnani. Si tratta di piccoli oggetti di lusso sorprendenti per varietà e qualità artigianale, prodotti in un arco di tempo che va dall’antichità all’epoca moderna. Essi aprono finestre su simbologie, riferimenti culturali e cura personale e sono anche di stimolo per ritrovare nell’esposizione del museo i preziosi balsamari che caratterizzano l’epoca antica e romana. Ad approfondimento della storia dei profumi e delle sue valenze culturali, grazie anche alla ricerca scientifica, l’incontro del 16 si avvale dell’apporto degli specialisti dell’Università di Ferrara che, tra l’altro, hanno contribuito alla realizzazione del percorso del museo.

L’Ospedale degli Infermi, a Comacchio, prestigiosa e monumentale sede del nuovo museo del Delta antico
Appuntamento a Comacchio a Palazzo Bellini venerdì 12 aprile 2019, alle 16, per la presentazione di due nuove essenze del percorso olfattivo “Il profumo del tempo nel Museo Delta Antico”, un progetto realizzato in collaborazione con l’università di Ferrara, Master di II livello in Scienza e tecnologia cosmetiche: Cosmast e Sistema Museale di Ateneo dell’Università di Ferrara. Fragranze di Laura Bosetti Tonatto e introduzione alla mostra “Collezione Magnani nel Museo Delta Antico: portaprofumi nel tempo. Suggestioni e legami con la storia e il territorio di Comacchio”. Seguirà la visita guidata al museo a cura di Caterina Cornelio e Monica Magnani. Martedì 16 aprile 2019, alle 15.30, a Palazzo Bellini, “Alla scoperta dei profumi antichi dai dati archeologici”, incontro a cura dell’università di Ferrara – dipartimento di Scienze della vita e biotecnologie, Sezione farmaco e prodotti della salute e il Dipartimento di Fisica e Scienze della Terra, in collaborazione con il MIBACT – Polo Museale del Veneto – Museo Nazionale Atesino di Este. Programma: Federica Gonzato e Stefano Buson: “Aromi e profumi: non solo questione di pelle!”; Stefano Manfredini e Silvia Vertuani: “Il profumo del terzo millennio”; Chiara Beatrice Vicentini, Negar Eftekhari e Carmela Vaccaro: “Fragranze ricostruite attraverso lo studio di residui in balsamari antichi del Museo Atesino di Este”.
“Storia del profumo, profumo della storia”: all’Archeologico di Fratta Polesine un’affascinante mostra racconta tremila anni di profumi dall’età greco-romana alla grande profumeria di oggi. Da reperti unici ai manifesti liberty. Prevista anche un’esperienza olfattiva
Tremila anni di profumi, attraverso i loro contenitori: da quelli preziosissimi in alabastro, pasta vitrea o ceramica decorata dell’età greca e romana, come aryballoi, alabastra e lekythoi, a quelli più recenti, dove cominciano a “pesare” i marchi della grande profumeria planetaria di oggi. Insieme a oggetti, libri, antichi formulari e farmacopee, strumenti multimediali ed esperienze sensoriali. Ecco l’originale mostra “Storia del Profumo, profumo della storia” che il Comune di Fratta Polesine, l’università di Ferrara e il Polo museale veneto con la fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo propongono al museo Archeologico nazionale nelle barchesse di Villa Badoer a Fratta Polesine (Rovigo) dal 17 settembre 2016 al 26 marzo 2017. Si scopre così che la storia, quella con la S maiuscola, non è fatta solo di battaglie, incoronazioni e altri grandi eventi. È fatta anche di profumi. Chissà, ad esempio, se la Storia sarebbe stata la stessa nel caso in cui Cleopatra non avesse usato i suoi mitici unguenti profumati! La mostra, curata da Federica Gonzato con Chiara Beatrice Vicentini, Silvia Vertuani e Stefano Manfredini, affronta diversissime storie, tutte incentrate sul profumo e sull’arte profumiera. L’esposizione è arricchita da prestiti concessi dai musei Archeologici nazionali di Venezia, Adria, Portogruaro e dal museo Correr. La mostra è resa possibile grazie alla collaborazione nel progetto scientifico e come prestatori di accademia italiana di Storia della Farmacia, Sistema museale di ateneo e CosMast dell’università di Ferrara, biblioteca comunale Ariostea di Ferrara, centro studi etnografici “Vittorino Vicentini”, fondazione Musei civici di Venezia-Museo del Profumo e del Costume di Palazzo Mocenigo. La parte interattiva della mostra è stata realizzata con il contributo economico e tecnico di: AmbrosiaLab, Cura Marketing GmbH Innsbruck, ViaVai, Mavive, The Merchant of Venice.

I quattro curatori della mostra “Storia del profumo”: Federica Gonzato, Chiara Beatrice Vicentini, Silvia Vertuani e Stefano Manfredini
Quattro i campi d’indagine in cui si articola la mostra, come spiegano i quattro curatori. Si parte dalla ricerca archeologica, l’analisi delle fonti storiche e delle testimonianze iconografiche lungo i secoli, fino ai messaggi pubblicitari e alla studio della produzione odierna di aromi e profumi (tradizione e innovazione), approfondendo il tema grazie all’apporto scientifico e didattico fornito dalla collaborazione con laboratori specialistici, corsi di specializzazione post laurea specialistici e dipartimenti universitari. “Punto di partenza”, scrive Gonzato, “è il patrimonio archeologico del Mediterraneo orientale e la ricostruzione delle tecniche utilizzate a cavallo fra antico e medio Bronzo (II millennio a.C.) per la produzione di essenze, fra cui gli aromi da resina di pino, rosmarino, alloro, mirto, anice e bergamotto, piante tipiche di Cipro e del Mediterraneo, ricostruendo la storia delle tecniche e del gusto olfattivo attraverso i secoli fino ad oggi”. In questo compito – continuano gli archeologi – “ci guidano i reperti archeologici e le fonti storiche e linguistiche, a partire dalle tavolette in Lineare B, che ricordano la produzione di olii profumati ad suo cultuale offerti a divinità, e a seguire altre fonti classiche, quali il Trattato degli odori di Teofrasto, testo base della profumeria antica, le testimonianze di Plinio il Vecchio nella Naturalis Historia o quelle conservate in Dioscuride in De materia medica”.
Obiettivo dei curatori è “presentare il tema in riferimento alle varie epoche storiche, lungo il medioevo fino all’età odierna, ricostruendo il percorso di questo fondamentale aspetto della vita sociale attraverso i codici e le conoscenze relative a erbe aromatiche (ma anche curative) lungo i secoli. I profumi di oggi, infatti, provengono da una lunghissima tradizione che, nonostante i cambiamenti di tecniche di produzione o di modalità di conservazione ed uso, non hanno dimenticato le loro origini e determinate profumazioni, come ad esempio il bergamotto, sopravvivono e continuano ad essere utilizzate senza perdere la loro freschezza, manifestando così l’esistenza di un patrimonio culturale comune che dall’antichità giunge fino a noi”. Nell’antichità come oggi, i profumi erano commerciati in lussuosi e costosi contenitori, che, oltre a sottolineare la preziosità del contenuto, rappresentavano anche un espediente per attrarre l’acquirente. “Per questo abbiamo ritenuto opportuno inserire una sezione dedicata ai manifesti pubblicitari della Belle Epoque. I legami, chiaramente visibili, fra l’industria profumiera di oggi e la produzione di olii essenziali nel Mediterraneo antico conferma la persistenza di un gusto olfattivo comune che dal Mediterraneo centro-orientale si diffuse a partire dal II millennio a.C. e ancor oggi costituisce la base di alcune fragranze particolarmente apprezzate ed utilizzate in Europa. Non dobbiamo dimenticare, infatti, che il profumo è uno strumento di comunicazione sociale: attraverso il profumo è possibile comunicare una particolare immagine di sé e, allo stesso modo il profumo altrui può costituire una specifica informazione nelle relazioni sociali, utilizzando un codice ben conosciuto all’interno della stessa cultura”. Lo studio dei profumi, e quindi degli odori – concludono Gonzato, Vicentini, Vertuani e Manfredini, “è uno studio di storia della cultura e del comportamento, della medicina, dell’igiene, del culto e dell’immaginario erotico. Tramite i reperti esposti in mostra si propone una lettura attraverso i secoli di un prodotto che ha fortemente influenzato la nostra cultura, i commerci, la letteratura e la ricerca medica”.
Nella sezione base la “Storia del profumo”, in collaborazione con Mavive, Museo del Profumo e del Costume, Palazzo Mocenigo Venezia, si va dalla preistoria all’età romana, percorrendo l’antropologia dell’olfatto e il rapporto tra profumo e società. Si arriva alla cultura bizantina e ai profumi d’Oriente e Occidente. Una sezione è dedicata a Venezia e alle sue fragranze. Sezioni dedicate ai segreti dell’arte profumatoria, alla cosmetica nel Rinascimento, all’Acqua di Colonia. Dai profumi raccontati dalle fonti archeologiche e dai reperti si passa al mondo dei profumi nella pubblicità con tanto materiale del Liberty che comprendono 13 quadri Manifesto pubblicitario, da quelli della ditta Migone 1898 fino ai saponi profumati 1895 ai calendarietti profumati Bertelli, dal 1904 al 1939.
La mostra non offre solo reperti e documenti rari, ma garantisce anche esperienze coinvolgenti. Come cimentarsi in “nasi”, alla scoperta delle diverse essenze, immaginando le loro composizioni. Si potranno annusare essenze diverse, tutte d’origine vegetale. Compresa quella della mitica Rosa Centifolia, varietà che coltivata a Grasse, in Provenza, offre la fragranza che rende unico Chanel n.5. La maison parigina ha l’opzione sull’intera produzione della famiglia Muol, miglior produttore di Centifolia, per i prossimi 100 anni. Per ottenere 1,5 kg di essenza vengono sacrificate centinaia di migliaia di rose, per l’esattezza una tonnellata di petali, per un controvalore economico a molti zeri. L’olio essenziale della rosa di Taif è il più costoso al mondo e se ne producono solamente 16 kg all’anno al costo di oltre 50mila euro al kg. La produzione è destinata in gran parte al re della Arabia Saudita. Nulla di nuovo in questo: i profumi e l’arte profumiera hanno sempre affascinato le famiglie reali. Questa passione contagiò tra le tante Caterina Sforza e Caterina dé Medici, ma soprattutto Isabella d’Este marchesa di Mantova, che nella città lombarda frequentava il suo rinomato laboratorio di profumeria, componendo lei stessa le preziose essenze. Venezia era una capitale dei profumi. Qui venivano fatte arrivare le essenze più rare, provenienti da paesi lontani. Qui operavano celebri essenzieri: qui, non a caso, venne edito I Notandissimi Secreti de l’Arte Profumatoria. Correva l’anno 1555 ed era per l’Occidente il primo ricettario ufficiale dell’arte cosmetica.
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