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Nuoro. Al museo Archeologico nazionale aperta la mostra “Isole e idoli”, oltre 70 opere conta reperti archeologici e opere dei maestri moderni per comprendere come il potere simbolico e mitico delle figure arcaiche, custodite entro i confini dell’insularità, si sia rigenerato, a distanza di secoli, nelle forme del moderno

Quale legame profondo unisce un’isola ai suoi simulacri? E come hanno assorbito e interpretato tale legame i maestri del Novecento in viaggio fra Mediterraneo e Mari del Sud? La mostra “ISOLE E IDOLI”, a cura di Chiara Gatti e Stefano Giuliani col contributo di Matteo Meschiari, dal 27 giugno 2025 al 16 novembre 2025, che inaugura la stagione estiva del museo Archeologico nazionale “Giorgio Asproni” di Nuoro, nasce per rispondere a queste domande e per comprendere come il potere simbolico e mitico delle figure arcaiche, custodite entro i confini dell’insularità, si sia rigenerato, a distanza di secoli, nelle forme del moderno.

“Hurlou” (1957) bronzo di Jean Arp da collezione Città di Locarno (foto esseci)

Una selezione di oltre 70 opere conta reperti archeologici in arrivo dai maggiori musei di archeologia della Sardegna, dal Menhir Museum di Laconi e dai Musei della Bretagna, oltre al prestito eccezionale concesso dal dipartimento di Antichità greche, etrusche e romane del Musée du Louvre di Parigi. Accanto a questi, le opere dei maestri moderni giungono da importanti collezioni europee, fra cui la National Gallery Prague (per le sculture lignee di Gauguin), la Galleria d’arte moderna di Milano, il Musée départemental Maurice Denis, il museo della Città di Locarno, la Fondation Giacometti e gli Archives Henri Matisse, cui si aggiungono l’Archivio Florence Henri e collezioni private italiane come Diffusione Italia International Group srl e la collezione di stampe di Enrico Sesana.

Statua Menhir maschile da Bau Caddore (2800-2500 a.C.) conservato al museo della Statuaria Preistorica della Sardegna di Laconi (foto nicola castangia)

In bilico fra neolitico e alba del Novecento, fra archeologia ed avanguardia, fra gli idoli cicladici e le sculture lignee che Gauguin intagliò nei suoi anni di Tahiti, il percorso fluttua fra passato e presente in cerca di ritorni, sentimenti condivisi, eredità genetiche, spinte effusive destinate a riaffiorare a fasi alterne, come nei cicli geologici, e a guidare le mani degli autori tese a plasmare forme affini. Non, dunque, l’idea del viaggiatore che, esplorando, trova, assorbe e replica. Ma il concetto, più vitale, che l’antico e il moderno si tocchino al di fuori del tempo e dello spazio, fortissimamente nutriti da una medesima necessità: rappresentare l’altrove attraverso statue, steli, monoliti che personifichino l’invisibile in terra. Un affondo dedicato alla Sardegna preistorica offre, infine, un approfondimento sul mondo dell’idolo in terra sarda, articolato intorno a quattro nuclei tematici principali: il toro (simbolo maschile associato al culto del potere e della fertilità), la Dea Madre (figura femminile legata alla nascita e alla continuità della vita), il “capovolto” (rappresentazione dell’aldilà e del rovesciamento rituale), e le statue menhir antropomorfe, veri idoli scolpiti nella pietra e destinati a dominare il paesaggio come presenze eterne.

“Tramonto su Port-de-Bouc” (1904) litografia di Francis Picabia da collezione privata (foto esseci)

L’allestimento, curato dall’architetto Giovanni Maria Filindeu, organizza l’insieme delle opere esposte in una forma spaziale che richiama la configurazione di un arcipelago formato da piccoli raggruppamenti tematici. A guidare l’articolazione degli elementi, sia a parete che a pavimento, sono l’uso intenzionale e critico del colore e la scelta dei materiali. In particolare, il celenit (un aggregato di fibre di legno e cemento) utilizzato per le basi espositive, oltre all’impiego della sabbia lavata, legante naturale ed evocativo, i cui toni algidi sposano la palette estiva delle trame che disegnano mappe metafisiche.

“Donne al lago” (1927) pittura e tempera su carta di Giuseppe Biasi dalla collezione d’arte della Fondazione di Sardegna (foto fondazione banco sardegna)

Ponendosi criticamente come una riflessione sui concetti odierni di alterità, primitivismo e sulle loro ricadute nel cuore del dibattito postcoloniale – esteso ben oltre la storia dell’arte – la mostra affonda dentro ragioni antropologiche connaturate alla presenza di figure totemiche nei circoscritti perimetri di un’isola e spiega quanto maestri del calibro di Gauguin, Pechstein, Miró, Arp o Matisse, nel corso dei loro viaggi, abbiano rielaborato tale convivenza, proiettando le loro stesse icone statuarie nella dimensione assoluta del sacro.

“Il cantastorie parla” (1894) xilografia di Paul Gauguin da collezione privata (foto esseci)

Partendo dalla prima “fuga” di Gauguin verso la Bretagna, nel 1886, secondo un concetto di isola come luogo ideale, immune dalle derive del mondo civilizzato, il percorso narra l’esperienza di Jean Arp, che collezionava statuette cicladiche, irretito dal loro magnetismo concentrato in un pugno, e di Max Pechstein approdato nel 1914 nell’arcipelago di Palau, dove visse a contatto con le comunità locali sull’isola di Angaur e vi ritrasse volti maschili solenni come divinità. “Vedevo gli idoli scolpiti in cui una trepidante pietà e il timore reverenziale di fronte all’imperscrutabile potere della natura avevano impresso speranza, paura e soggezione, davanti al loro ineluttabile destino”. Joan Miró, nei suoi appunti quotidiani, evocava le statue Moai dell’Isola di Pasqua, come riferimento potente per nuove forme scultoree, riconoscendo in esse l’incarnazione di uno spirito ancestrale. E ancora, Alberto Giacometti che aveva trovato la propria isola fra i massi erratici del Maloja, fece di ogni suo ritratto un idolo, un custode del tempio, inginocchiato al cospetto dell’immateriale.

Idolo schematico in marmo della cultura di Keros-Syros (Antico Cicladico II, 2700-2300 a.C.) conservato al Louvre di Parigi (foto musée du louvre)

“Non serve – scrive Chiara Gatti nel suo testo – il revisionismo postcoloniale per affermare che, nella loro statura ieratica, non vi sia nulla di primitivo, esotico, conturbante. È astrazione allo stato puro. Sono dee madri, pietose e grandiose allo stesso tempo, come prefiche egizie, come offerenti etrusche, come ancelle rubate alla pittura vascolare greca. E i loro sguardi che scrutano nel vuoto, immersi in un’attesa casoratiana, ricordano l’immobilità disarmata della Melencolia di Dürer, allegoria dell’intelletto umano che medita sul destino del cosmo”. Scrive Matteo Meschiari nel suo testo a catalogo: “Il punto è cercare di capire non tanto la sociologia, la filosofia e la geopolitica dell’essere e vivere l’isola, quanto in che modo la geomorfologia Terra-Mare contenga in sé dei fossili di pensiero mitico, in che modo l’incontro tra roccia e acqua sia una specie di campo morfogenetico in grado di generare mito. Gli stereotipi concettuali legati all’isola sono un filtro oscurante: esclusione, separatezza, solitudine, naufragio, arroccamento, prigione, esilio, confino, sono solo i più diffusi, ma appena ci spostiamo in culture Ocean-centered come quella vichinga o quella polinesiana, ci rendiamo conto che l’Occidente è impastoiato in un paradigma coloniale geocentrico che dà sempre priorità alle terre, uno sguardo continentale che perpetua un modello geografico egemonico dove il mare è il vuoto. Per chi vive in mare, al contrario, l’acqua è il centro del mondo, le sue mappe indicano paesaggi sommersi e moti di correnti, mentre le isole, soprattutto quelle oceaniche, sono piccole pause, zone di sospensione nell’immensità salata, e l’arcipelago è un iperoggetto bucherellato tenuto assieme dal dinamismo delle acque, dal pieno del mare”.

Porto Torres. In presenza e on line, il convegno internazionale “Navigium Isidis: i culti orientali a Turris Libisonis tra portualità e scambi culturali”: due giorni di incontri, dibattiti e momenti formativi, con oltre trenta studiosi tra esperti dei culti egizi e orientali, epigrafisti, archeologi

Alla fine dell’età Repubblicana e per tutta la durata dell’Impero, si assiste in tutte le province alla diffusione dei culti orientali, fra i quali quello di Iside (con Serapide e Arpocrate) proveniente dall’Egitto tolemaico o quello mitraico ben più distante di origine persiana. Fautori della diffusione di tali culti sono, in primis, i mercatores e navicularii responsabili del commercio nel Mediterraneo e i legionari impegnati nelle frequenti campagne di conquista in Oriente. L’impatto culturale dell’Egitto tolemaico a Roma e nelle province fu rilevante e ben testimoniato dalla presenza di numerosi isei e serapei nei maggiori centri abitati e, soprattutto, nei principali porti e approdi del Mediterraneo. In questo scenario, l’importante Colonia Iulia Turris Libisonis (l’odierna Porto Torres, in provincia di Sassari) custodisce testimonianze di tale fenomeno culturale, fra cui due arae, una di Iside e una di Bastet; si tratta di reperti che innescano utili riflessioni e dibattiti sul ruolo politico e culturale della città, a fronte di nuove indagini e scoperte in situ atte a delineare gradualmente la sua estensione urbanistica. Il Convegno quindi si propone di affrontare la tematica del culto di Iside e dei culti orientali a Turris Libisonis, ma con il precipuo intento di fornire un utile aggiornamento sulle ricerche di ambito archeologico, museale e di navigazione antica che coinvolgono il sito e la Sardegna settentrionale.

porto-torres_convegno-navigium-isidis_locandinaMartedì 5 e mercoledì 6 marzo 2024, in sala “Filippo Canu” a Porto Torres è in programma il convegno internazionale “Navigium Isidis: i culti orientali a Turris Libisonis tra portualità e scambi culturali”. Il Comune di Porto Torres – assessorato alla Cultura e il Centro Studi di Egittologia e Civiltà Copta “J.F.Champollion” con sede a Genova e il Cairo hanno organizzato l’evento in collaborazione con la direzione regionale Musei Sardegna e la soprintendenza ABAP per le Province di Sassari e Nuoro con l’obiettivo di promuovere e valorizzare lo studio della Colonia Iulia Turris Libisonis e dei suoi rapporti con l’Egitto e il Mediterraneo Orientale, evidenziando il ruolo chiave dell’antica città di Porto Torres nel commercio e nella diffusione dei culti orientali durante l’epoca imperiale. All’intensa due giorni di incontri, dibattiti e momenti formativi, ospitati nella sala congressi “Filippo Canu”, in corso Vittorio Emanuele II, prenderanno parte oltre trenta studiosi tra esperti dei culti egizi e orientali, epigrafisti, funzionari archeologi della soprintendenza e docenti universitari provenienti da tutta la Sardegna e dal resto d’Italia. Il congresso, che potrà essere seguito in diretta sulla pagina Youtube del Comune di Porto Torres,  sarà articolato in quattro sezioni: “Culto isiaco e i culti orientali”, martedì 5 dalle 10.30 alle 13.20; “Archeologia, urbanistica e storia del sito”, martedì 5 dalle 14.30 alle 17.30; “Rotte, Commerci, Navigazione e Relitti”, mercoledì 6 dalle 10 alle 13; “Museologia, reperti e monumenti”, mercoledì dalle 14.30 alle 17.40.

porto-torres_convegno-navigium-isidis_locandina.bisL’appuntamento, oltre a delineare un quadro completo delle prerogative che ruotano intorno ai culti orientali, costituirà un’importante occasione per apprendere i risultati dei più recenti studi che coinvolgono il sito di Turris Libisonis e la Sardegna settentrionale. Il convegno è aperto al pubblico e, per l’occasione, l’Antiquarium Turritano di via Ponte Romano, il pomeriggio del 5 marzo 2024, inviterà tutti i partecipanti a prendere parte a visite guidate nel museo e nell’area termale del complesso archeologico limitrofo. Per i più piccoli, inoltre, sono state pensate iniziative apposite. Dalle 17 alle 18.30 si svolgeranno i due laboratori riservati a 30 bambine e bambini dai 5 ai 10 anni: “Coloriamo le maschere romane” a cura di Alessandra Carrieri e “Giochiamo con gli amuleti egizi” curato da Angela Demontis. La richiesta di partecipazione è stata massiccia tanto che in poche ore è stato raggiunto il numero massimo dei partecipanti ammessi. L’evento sottolinea ancora una volta la centralità del territorio turritano nella grande area del Mediterraneo che unisce popoli, culture e tradizioni. Un legame che ha portato il Comune di Porto Torres ad aderire al circuito internazionale de “La Rotta dei Fenici”, uno dei quarantasette itinerari culturali internazionali riconosciuti dal Programma del Consiglio d’Europa grazie al quale i luoghi di antica origine diventano le tappe di un viaggio lungo tutto il Mediterraneo attraverso il quale scambiare conoscenze ed esperienze e valorizzare, in chiave turistica e sostenibile, i patrimoni culturali, naturalistici e archeologici dei Paesi aderenti alla Rotta.

PROGRAMMA MARTEDÌ 5 MARZO 2024. Alle 9.30, saluti istituzionali: Massimo Mulas, sindaco del Comune di Porto Torres; Bruno Billeci, soprintendente ABAP per le province di Sassari e Nuoro; Francesco Muscolino, direttore regionale Musei della Sardegna; Gavino Mariotti, magnifico rettore dell’università di Sassari. PRIMA SEZIONE: “Culto isiaco e i culti orientali”, presiede Giacomo Cavillier. Alle 10.30, breve introduzione del presidente; 10.40, Stefano Giuliani, “Il Pantheon di Turris Libisonis”; Alberto Gavini, “Culti orientali a Porto Torres”; Enrico Dirminti, “L’iconografia di Iside su sigilli egiziani ed egittizzanti dai contesti fenici e punici di Sardegna”; 11.40, pausa caffè; 12, Gianluigi Marras, “Regina Coeli: Iside e Maria”; Rubens D’Oriano, “Sincretismo e tolleranza religiosa nell’antichità mediterranea: una lezione di saggezza del passato”; Giacomo Cavillier, Rosanna Volpe, “Il Progetto “Iside” e le origini del culto nell’Egitto faraonico e tolemaico”; 13, discussione; 13.20, pausa pranzo. SECONDA SEZIONE: “Archeologia, urbanistica e storia del sito”, presiede Gabriella Gasperetti. Alle 14.30, breve introduzione del presidente; 14.40, Gianluigi Marras, “Turris Libisonis e il suo territorio: nuove acquisizioni e prospettive”; Nadia Canu, Antonio Ibba, “Il foro della Colonia Iulia Turris Libisonis: status quaestionis, suggestioni, prospettive della ricerca”; Patrizia Tomassetti, Gabriella Gasperetti, Antonella Pandolfi, Daniela Deriu, “Porto Torres. Ponte Romano: gli scavi della carreggiata, i materiali ritrovati e il progetto di restauro”; 15.40, pausa caffè; 16, Gabriella Gasperetti, Alessandra La Fragola, Patrizia Tomassetti, “Le scoperte e i nuovi progetti nel settore occidentale di Turris Libisonis”; Rossella Colombi, “Trent’anni di indagini nel territorio di Turris: un bilancio”; Enrico Petruzzi, “Porto Torres. Archeologia urbana, digitalizzazione dei dati e pianificazione urbanistica”; 17, discussione e conclusione dei lavori.

PROGRAMMA MERCOLEDÌ 6 MARZO 2024. TERZA SEZIONE: “Rotte, Commerci, Navigazione e Relitti”, presiede Rubens D’Oriano. Alle 10, breve introduzione del presidente; 10.10, Pascal Arnaud, “Tra fiume e mare: appunti sui porti fluvio-marittimi”; Gabriella Gasperetti, “Tracce della navigazione antica nel golfo dell’Asinara”; Paola Ruggeri, “Un Navigium Isidis nel mare di Tibula, nel Golfo dell’Isola di Ercole? Lu Romasinu e la Cencrea del Golfo di Salamina secondo Apuleio, con un’incursione a Sabratha”; 11.10, pausa caffè; 11.30, Nadia Canu, Luca Sanna, “Nuove acquisizioni sul fronte del Riu Mannu: gli scavi preventivi del PIT fluviale al Ponte Romano di Porto Torres”; Alessandra La Fragola, “Iside e ‘gli altri’ in età romana: nuove riflessioni su vecchi ritrovamenti nelle acque del nord Sardegna”; Giovanni Meloni, Alessandro Porqueddu, “Archeologia subacquea nelle Bocche di Bonifacio: le prospettive di ricerca nell’Arcipelago della Maddalena”; 12.30, discussione; 13, pausa pranzo. QUARTA SEZIONE: “Museologia, reperti e monumenti”, presiede Stefano Giuliani. Alle 14.30, breve introduzione del presidente; 14.40, Alessandro Teatini, “I sarcofagi decorati della colonia di Turris Libisonis”; Vincenzo di Giovanni, “Un Adriano portatore di pace da Turris Libisonis?”; Federica Doria, Manuela Puddu, “Le raffigurazioni di Bes al Museo Archeologico di Cagliari”; 15.40, pausa caffè; 16, Elisabetta Grassi, “Verso un museo per tutti. Esperienze di accessibilità al Museo Sanna di Sassari”; Pietro Alfonso, “Analisi e riflessioni su un frammento di statua di tipo demetriaco dal Museo di Alghero”; Antonio Cosseddu, “Comunicare l’archeologia. Linguaggi e strumenti nei musei sardi”; Alessandra D.T. Carrieri, “Dal recupero alla musealizzazione: problemi conservativi dei legni imbibiti”; 17.20, discussione; 17.40, conclusione dei lavori e saluti finali del Comune di Porto Torres e del Centro Studi Champollion.

Napoli. Prorogata di una settimana, fino al 19 settembre, la mostra “Sardegna isola megalitica”. Exploit di pubblico: 110mila visitatori in meno di tre mesi

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Il Pugilatore, uno dei Giganti di Mont’e Prama, è il testimonial della mostra “Sardegna isola megalitica” (foto valentina cosentino)

Una settimana di bonus. Sette giorni in più regalati per chi non è ancora riuscito a visitare la grande mostra “Sardegna Isola Megalitica. Dai menhir ai nuraghi: storie di pietra nel cuore del Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Napoli. L’esposizione, che dal 10 giugno 2022 quando è stata aperta ha già contato 110mila visitatori, doveva chiudere l’11 settembre 2022. Invece è stata prorogata al 19 settembre.  “Sardegna isola megalitica” segna così un vero e proprio exploit per l’unica tappa italiana del percorso internazionale, che ha coinvolto il museo nazionale per la Preistoria e Protostoria di Berlino, il museo statale Ermitage di San Pietroburgo e il museo Archeologico nazionale di Salonicco. Nelle altre tre sedi, gli ingressi complessivi alla mostra sono stati 245mila, cui si aggiungono oggi i 110mila del museo Archeologico nazionale di Napoli, confermando il successo della programmazione partenopea della mostra curata da Federica Doria, Stefano Giuliani, Elisabetta Grassi, Manuela Puddu e Maria Letizia Pulcini, con il coordinamento di Bruno Billeci e Francesco Muscolino. Nel comitato scientifico figurano Manfred Nawroth, Yuri Piotrovsky, Angeliki Koukouvou e Paolo Giulierini. Promossa dalla Regione Autonoma della Sardegna-assessorato del Turismo, Artigianato e Commercio, con il museo Archeologico nazionale di Cagliari, la Direzione regionale Musei della Sardegna e, per la tappa partenopea, il museo Archeologico nazionale di Napoli, l’esposizione ha ottenuto il patrocinio del MAECI e del MIC e si avvale della collaborazione della Fondazione di Sardegna e del coordinamento generale di Villaggio Globale International.

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Visitatori alla mostra “Sardegna isola megalitica” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto valentina cosentino)

Il pubblico ha così apprezzato il percorso espositivo che, con quasi 200 reperti provenienti dai musei di Cagliari, Nuoro e Sassari, racconta le antichissime culture megalitiche della Sardegna, tra cui anche quella nuragica, richiamando l’attenzione su aspetti spesso poco noti, seppur affascinanti, della preistoria sarda: dalle sepolture delle “domus de janas”, di epoca neolitica ed eneolitica, alle iconiche riproduzioni statuarie di “dee madri”, talvolta veri e propri capolavori artistici. Focus, ancora, sulle incredibili architetture dei nuraghi, che hanno caratterizzato l’Età del Bronzo nell’isola, sulle cosiddette “tombe di giganti” e sui contatti, a volte imprevedibili, tra civiltà soltanto geograficamente lontane.

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Tra i bronzetti esposti alla mostra “Sardegna isola megalitica” questa figura di donna seduta con il figlio (età del Ferro), conservato al museo Archeologico nazionale di Cagliari (foto mann)

Tra i prestiti più importanti vi sono: i famosi bronzetti nuragici raffiguranti donne, uomini, guerrieri e animali; le spade votive; i modellini di edifici e navi; i monili e il vasellame e, ovviamente, presenza eccezionale, una delle celebri sculture in pietra dei Guerrieri di Mont’e Prama, sulla cui datazione vi è ancora ampio dibattito tra gli studiosi. Per facilitare questo viaggio nella storia, l’esposizione è arricchita da ricostruzioni e approfondimenti grafici e multimediali, creando anche un legame con la Sezione Preistoria e Protostoria del Mann.

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Anche l’experience Nuragica è prorogata al 19 settembre 2022 (foto valentina cosentino)

La proroga della mostra sino alla festività di San Gennaro è pensata, in particolare, per offrire alle scuole la possibilità di scoprire la cultura isolana tra antichi reperti e nuove tecnologie. Anche l’experience Nuragica, presentata a corredo del percorso archeologico, sarà fruibile sino al 19 settembre. Confermata anche la partnership con i siti della rete Extramann per proporre un itinerario integrato fra l’esposizione sulla Sardegna e interessanti attrazioni turistiche partenopee.