Archivio tag | Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia

Parre (Bg). All’Antiquarium apre “Orobia” con il convegno “Abitare in montagna nell’età del Ferro. Le case alpine tra ricerca e valorizzazione”, dedicato a Raffaella Poggiani Keller, figura cardine nelle ricerche dell’Oppidum degli Orobi. Ecco il programma

Sabato 30 agosto 2025, alle 10, all’Antiquarium di Parre (Bg), in piazza San Rocco, la settimana edizione di “Orobia” apre con il convegno “Abitare in montagna nell’età del Ferro. Le case alpine tra ricerca e valorizzazione”, dedicato alla dott.ssa Raffaella Poggiani Keller, figura cardine nelle ricerche dell’Oppidum degli Orobi e nella sua valorizzazione. Il convegno ripercorrerà la storia di queste particolari abitazioni attraverso esempi dalla Lombardia, dal Trentino Alto Adige e dal Veneto, con novità dagli scavi archeologici, risultati delle ricerche e ricostruzioni per finalità didattiche ed educative rivolte ai diversi tipi di pubblico. Il programma. Dopo i saluti istituzionali, intervengono: Maria Gioia Migliavacca (università di Verona) su “La casa alpina: caratteristiche funzionali e convenzioni culturali”; Umberto Tecchiati (università di Milano) su “La Casa delle Botti e delle Ruote: scavo di un edificio incendiato del V sec. a.C. nella piana di Rosslauf a Bressanone (Bz)”; Cinzia Bettineschi (università telematica Pegaso), Luigi Mognini (università Ca’ Foscari Venezia) su “Spazi abitati, spazi vissuti: la casa al Bostel tra quotidianità, identità e costruzione sociale”; Serena Solano (Sabap di Bergamo e Brescia) su “Di pietra e di legno: abitare in Valcamonicatra età del Ferro e romanizzazione”; Riccardo Mantoan e Mattia Pizzighello (Nea Archeologia soc. coop.) su “La casa alpina: la ricostruzione della struttura C2 del Bostel di Rotzo (Vi)”.

Cividate Camuno (Bs). Al film “I misteri della grotta Cosquer” di Marie Thiry il “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm”: è stato il più votato dal pubblico della prima edizione del Civitas Camunnorum Archeofilm”, il festival internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente

La consegna del “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” al film “I misteri della grotta Cosquer” di Marie Thiry il “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm”: è stato il più votato dal pubblico della prima edizione del Civitas Camunnorum Archeofilm” (foto firenze archeofilm)

La prima edizione del Civitas Camunnorum Archeofilm, il festival internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente, organizzato nel parco archeologico del Teatro e Anfiteatro, da soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, Archeologia Viva – Giunti Editore, Firenze Archeofilm, Comune di Cividate Camuno, Assocamuna Imprenditori, si è chiuso con la consegna del premio “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” assegnato al film “I misteri della grotta Cosquer” di Marie Thiry, che è stato quello più votato dal pubblico. Erano sette i film in concorso al Civitas Camunnorum Archeofilm, che ha visto la collaborazione e il patrocinio di Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Comunità Montana di Valle Camonica, direzione regionale Musei nazionali Lombardia, museo Archeologico nazionale della Valle Camonica, Comune di Breno, Comune di Capo di Ponte, Limes Farm.

Frame del film “La Grotte Cosquer, un chef d’oeuvre en sursis / La grotta Cosquer, un capolavoro in pericolo” di Marie Thiry

Il film “I misteri della grotta Cosquer / The Mysteries of Cosquer Cave” di Marie Thiry (Francia, 56’). A più di 35 metri sotto il mare, nel Parco Nazionale dei Calanchi, si nasconde l’ingresso di uno dei più grandi capolavori dell’arte rupestre: la grotta Cosquer. Poco nota, in quanto accessibile solo ai subacquei, questa incredibile grotta custodisce dipinti di 27.000 anni. Oggi è però minacciata dall’innalzamento delle acque. Il film ripercorre l’incredibile storia di una delle grotte dipinte più importanti d’Europa.

Cividate Camuno (Bs). Al via al parco archeologico del Teatro e dell’Anfiteatro la prima edizione del “Civitas Camunnorum Archeofilm”, il festival internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente: 7 film in concorso per il “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” e 3 conversazioni con gli archeologi

Al via a Cividate Camuno (Bs) la prima edizione del “Civitas Camunnorum Archeofilm”, il festival internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente, organizzato dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, Archeologia Viva, Firenze Archeofilm, Comune di Cividate Camuno, Assocamuna imprenditori, con la collaborazione e il patrocinio di Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Comunità Montana di Valle Camonica, direzione regionale Musei nazionali Lombardia, museo Archeologico nazionale della Valle Camonica, Comune di Breno, Comune di Capo di Ponte, Limes Farm. Appuntamento dal 21 al 23 agosto 2025, alle 20.45, nel parco archeologico del Teatro e dell’Anfiteatro di Cividate Camuno. Ingresso libero e gratuito. In caso di maltempo il festival si svolgerà al Cinema Teatro Giardino a Breno. In programma sette film che concorrono per il “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” assegnato al film più votato dal pubblico. E tre conversazioni con archeologi condotte da Piero Pruneti direttore di “Archeologia Viva”..

Il film “Tutankhamon, i segreti del faraone: un re guerriero” di Stephen Mizelas

PROGRAMMA GIOVEDÌ 21 AGOSTO 2025. Alle 20:45, apertura di “Civitas Camunnorum Archeofilm 2025” con un concerto di colonne sonore da classici cinematografici eseguito dalla Camunian Young Orchestra. Segue il film “Tutankhamon, i segreti del faraone: un re guerriero / Toutankhamon, les secrets du pharaon: un roi guerrier” di Stephen Mizelas (Regno Unito, 50’). Tutankhamon è uno degli ultimi faraoni della XVIII dinastia. Il suo favoloso tesoro, scoperto intatto quasi un secolo fa, ne ha fatto il faraone più famoso e più studiato della storia. Il corredo della sua tomba è una fonte inestimabile di informazioni sull’antico Egitto, ma anche su questo giovane re, il cui regno è ancora un mistero per gli archeologi. Chi era veramente? Un fragile re-bambino o un signore della guerra? Morì di malattia o venne ucciso in battaglia? Tre oggetti con cui il faraone riposa aiutano gli archeologi a rivelare il suo vero volto… Quindi la conversazione con Serena Solano soprintendenza ABAP BG BS e direttore parchi archeologici Valle Camonica romana. Chiude il film “L’uomo di Val Rosna” di Stefano Zampini (Italia, 19’). Un viaggio nelle ultime giornate dell’Uomo di Val Rosna, cacciatore paleolitico vissuto 14.000 anni fa. Il cortometraggio ne racconta la vita quotidiana, tra caccia, rituali di gruppo e momenti unici: il più antico intervento dentistico conosciuto, la trapanazione di una carie su un dente del giudizio. In un crepuscolo di luce e silenzio, il suo viaggio termina con una sepoltura onorata da una pietra dipinta, simbolo di rispetto e memoria ancestrale.

Frame del film “La Grotte Cosquer, un chef d’oeuvre en sursis / La grotta Cosquer, un capolavoro in pericolo” di Marie Thiry

PROGRAMMA VENERDÌ 22 AGOSTO 2025. Dalle 16 alle 20, apertura straordinaria con visite guidate a cura del Museo. Alle 20.45, apre il film “I misteri della grotta Cosquer / The Mysteries of Cosquer Cave” di Marie Thiry (Francia, 56’). A più di 35 metri sotto il mare, nel Parco Nazionale dei Calanchi, si nasconde l’ingresso di uno dei più grandi capolavori dell’arte rupestre: la grotta Cosquer. Poco nota, in quanto accessibile solo ai subacquei, questa incredibile grotta custodisce dipinti di 27.000 anni. Oggi è però minacciata dall’innalzamento delle acque. Il film ripercorre l’incredibile storia di una delle grotte dipinte più importanti d’Europa. Segue la conversazione con ArcheoMilla, archeologa e divulgatrice (@archeomilla). Quindi il film “The time they spent here” di Edward Owles (Regno Unito, 10’). Qual è la magia dell’arte rupestre? Due archeologi di lunga data con sede a Tanum, in Svezia, cercano di capire quale sia il metodo migliore per registrare e catalogare le incisioni rupestri svedesi risalenti all’età del Bronzo. Sotto esame anche le differenze tra documentazione digitale e analogica… Chiude il film “Pompei 3D, una storia sepolta” di Maria Chiffi (Italia, 26’). L’obiettivo del film-documentario è quello di ricreare in 3D, luoghi, ambienti e situazioni esattamente come erano in origine, allo scopo di condurre i visitatori/spettatori in una sorta di “viaggio nel tempo” e poter rivivere virtualmente uno dei siti archeologici più importanti della storia.

Frame del film “Al tempo dei dinosauri / Au temps des dinosaures” di Pascal Cuissot

PROGRAMMA SABATO 23 AGOSTO 2025. Alle 10, visita guidata a Cividate romana e medievale a cura di Guide Turistiche della Valle Camonica; alle 16, visita guidata al parco archeologico del Santuario di Minerva a Breno a cura del direttore Serena Solano. Alle 20.45, apre il film “Al tempo dei dinosauri / Au temps des dinosaures” di Pascal Cuissot (Francia, 52’). Negli ultimi vent’anni, la scoperta di nuove specie di dinosauri e mostri marini ha cambiato il panorama paleontologico. In un viaggio attraverso il pianeta, il pubblico imparerà a conoscere comportamenti e caratteristiche precedentemente inaspettati. Questa prova esclusiva è combinata con realistiche immagini 3D in un documentario ambizioso e spettacolare. Una visione elettrizzante ben lontana tuttavia dal mondo di Jurassic Park! Segue la conversazione con Emanuele Mariotti, archeologo direttore dello scavo di San Casciano dei Bagni (università per Stranieri di Siena e Comune San Casciano dei Bagni). Quindi il film “Come un fulmine nell’acqua. I bronzi di San Casciano dei Bagni” di Eugenio Farioli Vecchioli, Brigida Gullo (Italia, 56’). Il racconto degli scavi del santuario etrusco-romano di San Casciano dei Bagni (Si), premiati come la scoperta archeologica dell’anno. Dal 2020 al 2022, la vasca sacra, cuore del santuario, ha restituito oltre 200 manufatti in bronzo e più di 5000 monete, ma soprattutto ci ha consegnato il racconto fedele di un passato solo apparentemente lontano dal nostro presente, che ci parla ancora di salute e fede. Chiude la serata e il festival la cerimonia di premiazione con l’attribuzione del “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” al film più votato dal pubblico.

Capo di Ponte (Bs). Al MUPRE – museo nazionale della Preistoria della Valle Camonica la mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: esposti per la prima volta i reperti che, insieme alle incisioni rupestri, raccontano le vicende di Dos dell’Arca dal Neolitico fino alla romanizzazione. Il punto sulle indagini archeologiche in corso

capo-di-ponte_mupre_mostra-4000-anni-al-dos-dell-arca_locandinaA Capo di Ponte (Bs) sul versante orientale della Valle Camonica c’è una collinetta denominata “Dos dell’Arca” dove, nel 1957, l’alpinista e studioso Gualtiero Laeng per primo segnalò la presenza di strutture e reperti preistorici. Le indagini condotte dall’università di Pavia (Progetto Quattro Dossi, 2016-2023) hanno offerto nuovi spunti di riflessione sulla frequentazione di questo dosso e degli altri tre con cui era in relazione. Fino al 22 giugno 2025, al MUPRE – museo nazionale della Preistoria della Valle Camonica di Capo di Ponte (Bs), la mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”, a cura di Paolo Rondini, Alberto Marretta, Maria Giuseppina Ruggiero, espone per la prima volta i reperti che, insieme alle incisioni rupestri, raccontano le vicende di Dos dell’Arca dal Neolitico fino alla romanizzazione, lungo 4000 anni di storia, e fa il punto sulle indagini archeologiche in corso a Dos dell’Arca che – insieme agli altri tre dossi vicini (Piè, Fondo Squaratti e Quarto Dosso) – presenta rilevanti tracce di frequentazione umana dal Neolitico all’età del Ferro ed è tra i contesti più interessanti per la ricerca archeologica e per l’arte rupestre del territorio camuno. L’esposizione, frutto della collaborazione tra la direzione regionale Musei nazionali Lombardia, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia e l’università di Pavia, è un viaggio alla scoperta di relazioni e contatti dentro e fuori la Valle Camonica e ruota attorno al binomio archeologia e arte rupestre. E non poteva essere diversamente in un territorio famoso in tutto il mondo per le sue incisioni, divenute patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 1979.

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Scavi archeologici nel sito di Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) dell’università di Pavia (foto unipv)

Segnalato per la prima volta nel 1957 da Gualtiero Laeng, naturalista che ha legato il suo nome alla scoperta dell’arte rupestre camuna nel 1909, Dos dell’Arca fu oggetto di ulteriori indagini archeologiche nel 1962, con la campagna di scavi guidata da Emmanuel Anati. I reperti emersi nel corso degli scavi, datati tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (II-I millennio a.C.), fanno parte dal 2014 dell’esposizione permanente del MUPRE. Tra il 2016 e il 2023, a distanza di oltre 60 anni, sono state condotte nuove ricerche in concessione ministeriale dirette dall’università di Pavia con il “Progetto Quattro Dossi”, che gettano nuova luce sulla vita di questo dosso e degli altri tre con cui era in relazione: Pié, Fondo Squaratti e il Quarto Dosso.

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La mostra “4000 anni a Dos dell’Arca” al MUPRE – museo nazionale della Preistoria della Valle Camonica di Capo di Ponte (Bs) (foto drm-lombardia)

Il percorso espositivo si articola in tre vetrine, ognuna delle quali dedicata ad una delle tre epoche principali di frequentazione dell’area.

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: piccola ascia in pietra verde levigata (Neolitico medio-recente) (foto drm-lombardia)

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: frammento della roccia 21 che presenta un’area (macula) con tracce di incisione (foto drm-lombardia)

Vetrina 1: reperti del Neolitico tardo-età del Rame (4300-3500 a.C.). La vetrina espone, insieme a raschiatoi e lame in selce, una piccola ascia in pietra verde levigata. Questo reperto è di speciale interesse perché, essendo un prodotto importato, è la prova di contatti e scambi con altre genti. Il frammento della roccia 21, invece, presenta un’area (macula) con tracce di incisione: testimonianza che in quest’epoca le popolazioni che frequentavano l’area si dedicavano anche alla pratica dell’incisione sulle superfici rocciose.

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Mostra “4000 anni al Dos dell’Arca”: la vetrina dedicata all’Età del Bronzo (foto drm-lombardia)

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: ceramica ad impasto dell’Età del Bronzo medio-recente) (foto drm-lombardia)

Vetrina 2: reperti dell’età del Bronzo Medio e Recente (1650-1250 a.C.). In questo periodo l’attività principale è la metallurgia: ne sono testimonianza ritrovamenti quali le scorie di fusione e gli strumenti da metallurgo (forme di fusione per ascia e pendaglio circolare) qui esposti. Tra i manufatti ceramici, che talora portano segni di combustione, si contano tipologie diverse: accanto a una tradizione locale si trovano ceramiche tipiche delle culture che occupavano la pianura (in particolare il gruppo “palafitticolo-terramaricolo”), le cui genti risalivano le valli alla ricerca di materie prime. In questa fase, Dos dell’Arca è dunque teatro di attività produttive ed è coinvolto in relazioni, forse di scambio, anche a medio-lungo raggio.

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: spirale in bronzo (media età del Ferro) (foto drm-lombardia)

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: fondo di boccale con iscrizione in alfabeto camuno (età del Ferro) (foto drm-lombardia)

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: denario in argento (dritto) (metà I sec. a.C.) (foto drm-lombardia)

Vetrina 3: reperti dell’età del Ferro (fine del VI sec. a.C. / I sec. a.C.). Alla fine del VI sec. a.C., dopo secoli di abbandono, la frequentazione di Dos dell’Arca riprende: nel punto più elevato, il “Bastione”, viene costruito un altare rettangolare in blocchi di granito e arenaria presso il quale vengono compiuti rituali come l’accensione di fuochi, il consumo di carni e libagioni. I principali manufatti rinvenuti sono vasi per conservare e consumare bevande: tra questi, i boccali “tipo Breno” a profilo sinuoso decorati o dipinti di rosso sembrano rivestire un ruolo speciale. Nei secoli successivi le attività rituali proseguono, ma cambia la tipologia di manufatto: si afferma a partire dal III sec. a.C. il boccale tipo “Dos dell’Arca”, a volte iscritto con lettere nel locale alfabeto preromano. Tra i rinvenimenti, si contano anche oggetti metallici (laminette e ornamenti in bronzo), sempre riferiti ad attività di culto. Verso la fine del I sec. a.C. Il sito viene abbandonato e le attività di culto trasferite più a valle. In quest’epoca l’intera Valle Camonica è interessata da un processo di romanizzazione, ovvero di progressivo assorbimento – da parte delle popolazioni locali – di usi, costumi, pratiche e linguaggio romani, come testimonia il ritrovamento della moneta romana d’argento qui esposta.

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Esempi di arte rupestre a Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto unipv)

IL LUOGO E LA SUA STORIA. Dos dell’Arca, la piccola collina ubicata sul versante orientale della Valle Camonica, a Capo di Ponte, poco a nord della Chiesa delle Sante (442 m/slm), presenta forma ovale, irregolare, con i fianchi scanditi da balze di arenaria. L’aspetto e la posizione vicina al torrente Re di Tredenus devono aver attirato l’attenzione delle antiche comunità, che l’hanno frequentata e ne hanno inciso le rocce. La frequentazione di Dos dell’Arca inizia nel Neolitico Recente/Tardo (4300-3500 a.C.) epoca alla quale rimandano alcuni livelli che hanno restituito frammenti di vasi decorati nello stile “tipo Breno” e manufatti in selce e una piccola ascia in pietra verde levigata; resti di cereali e legumi attestano l’agricoltura. I limitati dati sull’età del Rame (3500-2200 a.C.) paiono indicare che in questo periodo il sito fosse visitato sporadicamente. L’arte rupestre mostra la presenza di figure geometriche/astratte, tipiche del Neolitico Tardo/prima età del Rame. Tra 3000-2200 a.C. in Valle sono attivi i santuari megalitici connotati da stele e massi-menhir incisi e a Capo di Ponte, sul versante occidentale, c’è quello di Cemmo.

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Scavi archeologici a Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto unipv)

Durante il Bronzo Medio e Recente (1650-1250 a.C.), il dosso è interessato da interventi strutturali: il pianoro sommitale (il “Bastione”) è cinto da tratti murari, tra cui un muraglione di grandi blocchi di arenaria e granito (lungo 30 m e largo fino a 3,5 m), che chiude il lato nord. La struttura svolgeva all’esterno la funzione di fortificazione e all’interno di sostegno di nuovi piani di uso che talora coprono rocce incise in precedenza. L’attività principale è la metallurgia documentata da scorie di fusione, resti di focolari e strumenti da metallurgo. La ceramica, oltre a manufatti di tradizione locale, mostra contatti con le culture di pianura, in particolare con il gruppo “palafitticolo-terramaricolo”. I reperti, che si aggiungono a quelli degli scavi del 1962, testimoniano che le genti risalivano le valli alla ricerca di materie prime.

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Panorama del sito di Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto drm-lombardia)

Dopo sei secoli di abbandono, la frequentazione riprende alla fine del VI sec. a.C. (età del Ferro). Sul lato occidentale del “Bastione”, sulla Roccia 50 con incisioni geometriche/astratte, è costruito un altare rettangolare di pietra su cui si svolgono rituali: accensione di fuochi, consumo di carni e libagioni. Tra i vasi per conservare e consumare bevande, i boccali “tipo Breno” sembrano rivestire un ruolo speciale. Simili attività proseguono nei secoli seguenti, quando il protagonista è il boccale tipo “Dos dell’Arca”, a volte iscritto con lettere nel locale alfabeto preromano. Il fianco del “Bastione” è dotato di terrazzamenti colmati dagli scarichi delle attività cultuali che ora comprendono anche laminette e ornamenti in bronzo. La vita procede fino al tardo I sec. a.C. quando, con la romanizzazione della Valle Camonica, qui sancita dal rinvenimento di una straordinaria moneta romana d’argento, il sito è abbandonato e le attività di culto sembrano proseguire, con aspetti simili, nell’area de “le Sante”, poche centinaia di metri più a valle.

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Rilievi e analisi sul sito archeologico di Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto unipv)

LE INDAGINI ARCHEOLOGICHE. La prima segnalazione dell’area è del 1957, quando Gualtiero Laeng individua resti di fortificazioni in pietra e reperti preistorici. Nel 1962, Emmanuel Anati effettua una campagna di scavi e interpreta il dosso come sede di un villaggio. Oltre a 11 rocce incise, individua una serie di strutture, tra cui un muraglione in pietra e quelli che interpreta come resti di capanne, datati sulla base dei reperti tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (II-I millennio a.C.). Secondo E. Anati, il dosso era stato la sede di un villaggio, da lui definito “castelliere”. L’attenzione verso il sito riprende tra il 2016 e il 2023 con il “Progetto Quattro Dossi”, diretto dall’università di Pavia, che conduce in concessione di ricerca 5 campagne di scavo e 7 di documentazione dell’arte rupestre. Le indagini hanno riguardato un’ampia area archeologica che ha incluso, oltre a Dos dell’Arca, anche i colli di Pié, Fondo Squaratti e il Quarto Dosso. Attraverso 5 campagne di scavo e 7 di documentazione dell’arte rupestre, è stato notato che essi condividono caratteristiche geomorfologiche, reperti e strutture (a Fondo Squaratti) e – soprattutto – rocce incise con temi e stili comuni.

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Rilievo 3D del sito di Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto unipv)

L’attività di indagine sul campo è stata organizzata in modo che la documentazione e lo studio dell’arte rupestre fosse condotta in contemporanea e dal medesimo team che scavava e studiava i resti archeologici. Gli studi hanno così potuto evidenziare l’assenza di rapporti diretti e coevi tra le incisioni e le strutture rinvenute a Dos dell’Arca. L’intervallo cronologico tra le fasi di incisione e quelle di altro uso del luogo sembrano indicare che le due attività fossero separate e indipendenti. Lungo i 4000 anni di storia, dal Neolitico fino alla romanizzazione, le antiche comunità hanno occupato la collina alternando l’utilizzo degli spazi per vivere, per svolgere attività artigianali o di culto alla pratica di incidere le superfici rocciose.

 

Trieste. Al dipartimento di Studi umanistici il convegno “Eredità di chi e per chi? Archeologia storia e memoria dei luoghi” per un momento di riflessione sulla funzione delle eredità, materiali e immateriali, per le comunità di riferimento. Ecco il programma della due giorni di incontri

trieste_università_convegno-di-chi-e-per-chi-Archeologia-storia-e-memoria-dei-luoghi_locandinaNell’ambito delle iniziative promosse durante “La Settimana Europea della Mobilità”, il dipartimento di Studi umanistici dell’università di Trieste organizza il convegno “Eredità di chi e per chi? Archeologia storia e memoria dei luoghi”, in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, il museo civico di Storia naturale di Trieste, il Comune di Duino Aurisina, il Gruppo Speleologico Flondar, l’Ordine degli Architetti di Trieste. Appuntamento venerdì 20 e sabato 21 settembre 2024 a Trieste, al dipartimento di Studi umanistici (Aula 5) in via Lazzaretto Vecchio 8. L’incontro si pone come un momento di riflessione sulla funzione delle eredità, materiali e immateriali, per le comunità di riferimento. L’obiettivo è quello di individuare nuove strategie che accomunino la ricerca alla valorizzazione del patrimonio culturale, per favorire nuovi processi di partecipazione, coesione sociale, sviluppo sostenibile.

PROGRAMMA VENERDÌ 20 SETTEMBRE 2024.  Alle 9.30, apertura dei lavori e saluti istituzionali; 10, Emanuela Murgia (università di Trieste) “Il parco del Villaggio”: un difficile percorso di valorizzazione tra storia e memoria al Villaggio del Pescatore (Ts); 10.25, Alessandra Marin (università di Ferrara) “Gestire il patrimonio per governare il territorio, fra conservazione e innovazione”; 10.50, Michele Morabito (Istituzione Parco Nazionale della Pace, Museo Storico della Resistenza di Sant’Anna di Stazzema) “Storia e memoria dei luoghi. Dall’oblio al Marchio Europeo”; 11.15, pausa caffe. Alle 11.30, Franco Marzatico, Luca Gabrielli (Provincia autonoma di Trento, UMSt soprintendenza per i beni e le attività culturali) “Dal produttore al consumatore: conservazione dei segni del passato e trasmissione della memoria al futuro, esperienze in Trentino”; 11.55, Serena Solano (soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia), Carlo Cominelli (Cooperativa Sociale K-Pax – Breno) “Intorno a Minerva. Il contatto culturale fra mondo antico e contemporaneità. Eredità e identità per il luogo delle spine”; 12.20, Fulvio Cozza (università per Stranieri di Siena) “L’archeologia al Bagno Grande. Una “nuova” eredità per San Casciano dei Bagni (Si)”; 12.45, discussione; 13.15, pausa pranzo. Alle 15.30, visita al sito paleontologico del Villaggio del Pescatore, a cura di Deborah Arbulla (museo civico di Storia naturale di Trieste) e di Lorenzo Consorti (CNR ISMAR, Trieste); visita al Villaggio del Pescatore e al museo locale, chiesa di San Giovanni in Tuba e Mitreo, a cura del Gruppo Speleologico Flondar

PROGRAMMA SABATO 21 SETTEMBRE 2024. Alle 9.30, Roberto Micheli (soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio del Friuli Venezia Giulia) “Un monumento effimero di terra e di acqua. Palù di Livenza, un sito archeologico invisibile tra ricerca, tutela e valorizzazione”; 9.55, Marina Lo Blundo (parco archeologico di Ostia antica) “Melting pot di ieri e di oggi: iniziative di archeologia pubblica a Ostia antica nell’ambito del Marchio del Patrimonio Europeo”; 10.20, Francesco Sirano (parco archeologico di Ercolano) “Ercolano. Costruzione e decostruzione di un’eredità condivisa”: 10.45, pausa caffe. Alle 11, Emanuela Stortoni, Marta Brunelli, Elia Bevilacqua (università di Macerata) “Archeologia per una ‘comunità di patrimonio’: il caso di Tifernum Mataurense (Sant’Angelo in Vado – PU)”; 11.25, Flavia Pastò (Politecnico di Milano) “Paesaggio come custode di memorie e palinsesto di epoche passate”; 12, discussione e conclusioni.

Roma. Al Complesso del San Michele la giornata di studi “Il Geoportale Nazionale per l’Archeologia. Primo bilancio e prospettive”, in presenza e on line, a sei mesi dall’accessibilità del GNA realizzato dall’Istituto Centrale per l’Archeologia

roma_ica_il-geo-portale-nazionale-per-l-archelogia_primo-bilancio_locandinaSi avvicina l’appuntamento con “Il Geoportale Nazionale per l’Archeologia. Primo bilancio e prospettive”, venerdì 26 gennaio 2024, dalle 9.30 alle 16.30, nella sala conferenze della Biblioteca delle Arti nel Complesso del San Michele a Roma, la giornata dedicata a presentarvi l’impatto di questi primi sei mesi di vita del portale e a condividerne, grazie agli interventi dei principali attori che lo hanno reso possibile e che lo stanno implementando, le prospettive future. L’ingresso sarà consentito fino all’esaurimento dei posti, ma sarà fruibile in diretta anche online sul canale YouTube dell’Istituto centrale per l’archeologia (https://www.youtube.com/@istitutocentraleperlarcheo6112). Il Geoportale segna una tappa importante all’interno di un lungo percorso di studio e di progettazione svolto dall’Istituto centrale per l’archeologia in sinergia con importanti istituzioni di ricerca e tutela del patrimonio culturale. La piattaforma è stata realizzata grazie alla collaborazione delle soprintendenze del ministero della Cultura e al contributo di altri enti di ricerca e degli archeologi che hanno partecipato alla sperimentazione.

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Una schermata del Geoportale nazionale per l’Archeologia (foto ica)

Il Geoportale nazionale per l’Archeologia, realizzato dall’Istituto Centrale per l’Archeologia come punto di raccolta e condivisione dei dati esito delle indagini archeologiche condotte sul territorio italiano, è online dal 10 luglio 2023, accessibile a tutti all’indirizzo https://gna.cultura.gov.it. A sei mesi dalla pubblicazione, è parso opportuno compiere una prima riflessione “a consuntivo”, dando voce all’ICA ma soprattutto agli altri attori e testimoni del percorso, in una giornata di studio e confronto anche sulle prospettive. Nell’occasione, si presenterà un’ulteriore novità: finalmente, tutti gli interventi archeologici sul territorio saranno inseriti direttamente da coloro che hanno condotto le indagini sul campo e saranno pubblicati in tempo reale nel Geoportale, permettendo di condividere subito i nuovi dati con tutti gli utenti. Il portale, nato con l’obiettivo di offrire una carta archeologica dinamica, implementabile nel tempo, di accesso libero e di facile consultazione, aperta al riuso e all’integrazione da parte di tutti gli utenti, rappresenta un nuovo strumento che censisce e pubblica in modo uniforme tutte le indagini archeologiche (archeologia preventiva; interventi di tutela; progetti di ricerca archeologica in Italia; progetti di ricerca italiani all’estero).

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Una schermata del sistema ArcheoDb dell’Emilia – Romagna (foto mic-er=

Il programma. I lavori sono articolati in tre sessioni. Ore 9.30-10: INTRODUZIONE AI LAVORI. Intervengono Luigi La Rocca, direttore generale Archeologia Belle arti e Paesaggio – DG ABAP; Carlo Birrozzi, direttore dell’Istituto centrale per il catalogo e la documentazione – ICCD; Simonetta Buttò, già direttore Istituto centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane – ICCU; Elena Calandra, direttore dell’Istituto centrale per l’archeologia – ICA. Ore 10-11.15: STRATEGIE, STRUMENTI E FUNZIONALITÀ. Modera Laura Moro, dirigente del Servizio II della DG ABAP. Intervengono Elena Calandra, “Il GNA: un ambiente collaborativo”; Valeria Boi, ICA, e Ada Gabucci, Francesco Marucci, sviluppatori GNA, “Strumenti per una carta archeologica sostenibile: gli interventi di tutela”; Annalisa Falcone, ICA, e Francesco Mangiacrapa, Pasquale Pagano, CNR-ISTI, “Strumenti per una carta archeologica sostenibile: le indagini di ricerca”; Valeria Acconcia, Domenico Marino, Miriam Taviani, Chiara Travaglini, ICA, “Aspetti editoriali e formazione”. Ore 11.15-11.30: pausa. Ore 11.30-12.30: UNO SGUARDO AL FUTURO. Modera Simonetta Buttò. Intervengono Laura Moro, “Prospettive di integrazione dei dati geografici dei beni culturali”; Paolo Carafa, Sapienza università di Roma, “Lazio Antico. Atlante del Lazio meridionale”; Renata Cantilena, Giacomo Pardini, Federico Carbone, università di Salerno, “Il progetto Coin Finds Hub”; Emanuele Papi, direttore della Scuola Archeologica Italiana di Atene, “Il Geoportale Nazionale per l’Archeologia: il caso di Gortyna”; Ore 12.30-13.30: Discussione e presentazione della sessione poster. Ore 13.30-14.30: pausa. Ore 14.30-16: LA COSTRUZIONE DI UN LINGUAGGIO COMUNE. Modera Carlo Birrozzi. Intervengono Matteo Frassine, soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno Padova e Treviso, e Stefania De Francesco, SABAP per le province di Bergamo e Brescia, “Il progetto RAPTOR”; Mirella Serlorenzi, soprintendenza speciale ABAP di Roma, “Il progetto SITAR”; Ilaria Di Cocco, segretariato regionale MiC per l’Emilia-Romagna, “Il Webgis dei Beni Culturali dell’Emilia-Romagna e ArcheodB”; Maria Luisa Marchi, università di Foggia, “Il progetto Censimento”; Gabriele Gattiglia, Francesca Anichini, università di Pisa, “Il progetto Mappa”. Ore 16–16.30: conclusioni e discussione con Carlo Birrozzi, Simonetta Buttò, Elena Calandra, Laura Moro.

Verona. “L’ARENA E GLI ALTRI. Teatri e anfiteatri romani tra ricerca, tutela e valorizzazione”: giornata di studi – in presenza e on line – sugli edifici di spettacolo degli antichi romani, dall’Arena al Colosseo, da Pola a Brescia, da Libarna a Luni

verona_gran-guardia_l-arena-e-gli-altri_convegno_locandinaUna giornata di studi sugli edifici di spettacolo degli antichi romani. Appuntamento giovedì 27 ottobre 2022, dalle 9 alle 17.30, al Palazzo della Gran Guardia in piazza Bra a Verona, con “L’ARENA E GLI ALTRI. Teatri e anfiteatri romani tra ricerca tutela e valorizzazione”. L’evento, promosso da Comune di Verona e soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona, è aperto alla partecipazione in presenza senza prenotazione o si può seguire in streaming sul canale YouTube de I MUV – I Musei di Verona https://youtube.com/channel/UCYpt_CWPo09yEH1Y5KlqnPQ. Alle 9, registrazione partecipanti; 9.30, saluti istituzionali: Damiano Tommasi, sindaco di Verona; Cecilia Gasdia, sovrintendente Arena di Verona; Alessandro Mazzucco, presidente Fondazione Cariverona; Davide Croff, presidente Cattolica Assicurazioni; Vincenzo Tiné, soprintendente ABAP VR-RO-VI. Dalle 10, primo blocco delle relazioni, modera Patrizia Basso (UniVR): “Verona, Arena” (Vincenzo Tiné, Giovanna Battista, Brunella Bruno, Marco Cofani – SABAP VR-RO-VI); “Roma, Colosseo” (Alfonsina Russo, Barbara Nazzaro, Angelica Pujia, Federica Rinaldi – Parco Archeologico del Colosseo); “Pola, Anfiteatro” (D. Komso, G. Gobic-Bravar, N. Nefat, A. Sardoz – Museo Nazionale dell’Istria); 11, pausa caffè; 11.50, secondo blocco delle relazioni, modera Jacopo Bonetto (UniPD): “Milano, Anfiteatro” (Antonella Ranaldi, Anna Maria Fedeli, Francesco Roncoroni, Attilio Stocchi – SABAP MI); “Brescia, Teatro” (Luca Rinaldi, Serena Solano; Stefano Karadjov, Francesca Bazoli – SABAP BS-BG e Fondazione Brescia Musei); “Trieste, Teatro” (Simonetta Bonomi, Paola Ventura – SABAP FVG); “Libarna, Anfiteatro e Teatro” (Simone Lerma, Alessandro Quercia; Valentina Barberis – SABAP AL-AT-CN e DRM Piemonte); 13, pausa pranzo; 14.30, terzo blocco di relazioni, modera Francesca Ghedini (UniPD): “Ventimiglia, Teatro” (Roberto Leone, Luigi Gambaro, Simona Lanza – SABAP SV-IM); “Luni, Anfiteatro e Teatro” (Alessandra Guerrini, Marcella Mancusi, Antonella Traverso – DRM Liguria); 15.10, presentazione del volume “Arena di Verona. Rinascita di un monumento” di Giovanni Castiglioni e Marco Cofani a cura di Alberto Grimoldi (Politenico di Milano) e Francesca Ghedini (Università di Padova); 15.40, dibattito “Scavare restaurare e riqualificare i teatri antichi oggi” moderato da Massimo Mamoli (direttore de “L’Arena”) con Luigi La Rocca, direttore generale Archeologia Belle arti e Paesaggio-MiC; Massimo Osanna, direttore generale Musei-MiC; Antonio Calbi, sovrintendente Istituto nazionale del Dramma Antico di Siracusa; Stefano Trespidi, vicedirettore artistico Arena di Verona; Gianmarco Mazzi, A.D. Società Arena di Verona. Interventi programmati di Barbara Bissoli (vicesindaca Comune di Verona), Marta Ugolini (assessore Cultura Comune di Verona), Raffaella Gianello (Conservatrice Arena di Verona), Francesca Rossi (direttrice Musei Civici Verona), Matteo Faustini (Presidente Ordine Architetti Verona).

Brescia. A un anno dal rientro trionfale della Vittoria alata è uscito il libro “Necessitano alla Vittoria Alata le cure del restauratore. Studi, indagini e restauro del grande bronzo di Brescia” con gli studi, le indagini e il restauro condotto fra il 2018 e il 2020 all’Opificio delle Pietre di Firenze

La Vittoria alata, capolavoro del I sec. d.C., è conservata dal 2020 nel Capitolium di Brescia, dove fu ritrovata nel 1826 (foto Fotostudio Rapuzzi / fondazione Brescia musei)

È uno dei simboli della città di Brescia. Dopo secoli di oblio, la Vittoria alata fu rinvenuta la sera del 20 luglio 1826, in parte smontata e accuratamente nascosta nell’intercapedine occidentale del Capitolium tra il tempio e il Cidneo, assieme a moltissimi altri pezzi bronzei tra cui la famosa serie di ritratti, per salvarla alle invasioni barbariche. E ancora per essere salvata, stavolta per lo scoppio della Prima guerra mondiale, la Vittoria fu trasferita a Roma lontano dal fronte. A Brescia la Vittoria rientrò nell’aprile 1920, sottolineato con una celebrazione solenne. E un secolo dopo, nel 2020, ecco un altro rientro trionfale a Brescia, dopo un lungo restauro realizzato dagli esperti dell’Opificio delle Pietre dure di Firenze.

Copertina del libro “Necessitano alla Vittoria Alata le cure del restauratore. Studi, indagini e restauro del grande bronzo di Brescia” (Edifir, 2021)

Gli studi, le indagini e il restauro condotto fra il 2018 e il 2020 all’Opificio delle Pietre dure sulla statua bronzea della Vittoria Alata di Brescia, straordinario esempio dell’arte romana del I sec. d.C., sono stati raccolti nel libro, ora in libreria, “Necessitano alla Vittoria Alata le cure del restauratore. Studi indagini e restauro del grande bronzo di Brescia” (Firenze, 2021), a cura di Anna Patera e Francesca Morandini, volume n° 60 della Collana Problemi di conservazione e restauro di Edifir. Il volume presenta i lavori e le analisi svolti durante il restauro della Vittoria Alata di Brescia, restauro che non è solo un intervento su un reperto di grande valore archeologico e artistico ma anche l’occasione di riscoprire il significato della statua nel più ampio panorama dell’archeologia bresciana, e riflettere sui modi e sulle forme di tutela e valorizzazione del patrimonio archeologico. Simbolo della città, l’incantevole figura e la bellezza senza tempo della Vittoria Alata non cessano di affascinare, dopo quasi duemila anni, tutti coloro che hanno l’occasione di ammirarla e che sanno cogliere il grande potere evocatore di questo capolavoro della produzione artistica di età romana. Ma chi osserva la Vittoria Alata oggi, nel tempio rinnovato, non identifica più – o soltanto – l’oggetto meraviglioso prodotto dalla più alta manifattura del I secolo: è portato istintivamente a collegare l’immagine della statua con quella della più nobile identità femminile, una manifestazione della bellezza greca e della forza latina. Una forza femminile, benevola, resiliente, emblema della rinascita di Brescia, che cerca la pace, il rispetto dell’armonia, delle regole, degli equilibri e della concordia civile.

Dopo il restauro a Firenze, Sky Arte ha trasmesso l’interessante documentario ”Vittoria alata. Il ritorno di un simbolo” di Davide Rinaldi (Italia 2020, 29’), che celebra il ritorno in città di una delle più straordinarie statue di epoca romana. E dove, tra gli esperti coinvolti, c’è l’intervento dell’indimenticabile prof. Marcello Barbanera, recentemente scomparso a soli 60 anni (vedi Archeologia in lutto. È morto a 60 anni Marcello barbanera, professore di Archeologia e storia dell’arte greca e romana alla Sapienza di Roma. Si è interessato di storia dell’archeologia, scultura greca, metodologia della storia dell’arte, storia del collezionismo, archeologia della Magna Grecia, museografia. Il ricordo di colleghi, allievi e appassionati | archeologiavocidalpassato). Il complesso intervento, che rientra in un più ampio progetto di valorizzazione dell’opera, è stato possibile grazie all’impegno condiviso di più Istituzioni (Comune di Brescia, Fondazione Brescia Musei, Opificio delle Pietre Dure, Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le provincie di Bergamo e Brescia) che ha consentito lo sviluppo di un progetto organico di conoscenza. Dal restauro, come spesso accade in queste situazioni, sono emerse novità e conferme sull’attribuzione e la cronologia dell’opera che in passato è stato oggetto di alterne valutazioni da parte degli studiosi. In questo volume sono raccolti i contributi di archeologi, storici dell’arte, restauratori ingegneri, chimici, esperti scientifici e in diagnostica dei beni culturali che hanno a vario titolo contribuito alla realizzazione dell’intervento in ottica globale e interdisciplinare.

Cividate Camuno (Bs): aperto il museo Archeologico nazionale della Valle Camonica, una nuova e più adeguata sede per una delle realtà archeologiche più sorprendenti dell’arco alpino, punto di partenza e di arrivo del percorso della Valle Camonica romana

Veduta col drone del nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica (foto drm-lombardia)
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I brevi percorsi che uniscono il museo Archeologico nazionale della Valle Camonica al parco archeologico del teatro e dell’anfiteatro e al parco archeologico del santuario di Minerva (foto drm-lombardia)

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Il parco archeologico del teatro e dell’anfiteatro di Cividate Camuno (Bs) (foto drm-lombardia)

Il gran giorno è arrivato per Cividate Camuno (Bs) e per tutti gli appassionati di archeologia romana: oggi, 11 giugno 2021, apre il nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica. Che a sua volta è punto di partenza e di arrivo del percorso della Valle Camonica romana, che a Cividate Camuno ha come altre tappe lo spazio del foro in parte visibile nell’area archeologica in via Palazzo e il Parco Archeologico del teatro e dell’anfiteatro, e poi spinge a raggiungere, poco lontano, il Parco Archeologico del Santuario di Minerva da cui proviene l’imponente scultura della dea. Nato dalla volontà e dagli sforzi del Comune e della Direzione regionale Musei Lombardia, non avrebbe visto la luce senza la condivisione di intenti con la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia e i contributi di Regione Lombardia e della Comunità Montana di Valle Camonica e soprattutto senza la passione dei tanti cittadini che ne hanno seguito, a vario titolo, la realizzazione sentendolo da subito come proprio. Da una lunga apertura vetrata chi è fuori, sulla piazza, può vedere uno dei capolavori del museo, la statua di Minerva, dal Santuario di Spinera di Breno. Si tratta di una scelta che sottolinea come non ci sia cesura tra “dentro e fuori”, ma una osmosi continua, ribadita anche dall’area archeologica di Porta Castello nel cortile interno dell’edificio. L’area, con una copertura a scorrimento orizzontale che ripropone la città antica attraverso una grafica colorata, non è parte del museo ma è concepita come luogo cerniera, che vive in relazione al Museo, al bar, agli spazi ricreativi annessi.

La Minerva domina una delle sale del nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica a Cividate Camuno (foto drm-lombardia)
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Il poster creato per il nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica a Cividate Camuno (Bs) (foto drm-lombardia)

A quarant’anni dall’inaugurazione avvenuta il 5 luglio 1981, a sei dall’idea di un nuovo museo e tre anni dopo l’avvio ufficiale dei lavori nell’autunno 2018 a Cividate Camuno, antica Civitas Camunnorum, apre le porte il rinnovato museo della Valle Camonica romana, una nuova e più adeguata sede per una delle realtà archeologiche più sorprendenti dell’arco alpino. “Il nuovo museo, collocato nel centro storico, con un percorso razionalizzato ed ampliato rispetto alla vecchia sede, risponde a molteplici esigenze”, interviene Emanuela Daffra, direttore regionale Musei Lombardia del ministero della Cultura: “innanzi tutto a quella di dare spazio ad un patrimonio, quello emerso dagli scavi, in continua crescita; poi a quella di aggiornare i percorsi rispetto all’affinarsi degli studi e ai nuovi orizzonti della disciplina; infine, ma non da ultimo, per avvicinare un pubblico che ha abitudini visive, stili e modelli di conoscenza completamente diversi rispetto agli anni Ottanta ed in continua evoluzione. I luoghi espositivi non sono neutri e sono il basso continuo che guida il dialogo tra oggetti e visitatori”.

La sala dedicata alle Terme del nuovo museo Archeologico nazionale di Cividate Camuno (foto drm-lombardia)
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A Cividate Camuno (Bs) apre il nuovo museo Archeologico nazionale della Valle Camonica (foto drm-lombardia)

Una nuova sede, un nuovo racconto. La nuova sede del museo sorge nel centro storico di Cividate Camuno, in un ex convento, poi sede dell’Incubatore d’Imprese, proprio di fronte alla Chiesa Parrocchiale, nel cuore della Civitas romana e dell’abitato medioevale, come dimostrano i resti rinvenuti nel cortile. È una collocazione che concretizza con evidenza visiva la stratificazione storica del territorio e ne ribadisce la continuità, facendo del museo il centro vivo di una archeologia diffusa, che lo contestualizza e lo spiega. Il progetto architettonico invece si è dovuto confrontare con la rifunzionalizzazione di un immobile inespressivo, manomesso e che non nasceva per fini espositivi. “A scala architettonica, l’azione di progetto ha comportato la trasformazione di una distribuzione paratattica degli ambienti, uffici accessibili da percorsi comuni disposti ad anello su piani sovrapposti, in un percorso sequenziale in cui il visitatore è accompagnato in una narrazione continua attraverso le sezioni del museo”, spiega Ilaria Volta dello studio di architettura Volta di Brescia che ha curato progetto architettonico, museografico e di allestimento. “La trama non è cronologica ma l’approccio è tematico, in accordo con il progetto scientifico. Ogni sezione è connotata da un colore, che ricorre anche nel progetto di allestimento, traducendo le intenzioni del progetto scientifico in un linguaggio nuovo e accogliente. I colori delle sezioni non sono arbitrari, appartengono alla palette Le Corbusier del 1931, con qualche incursione in quella del ‘59 (bianco, nero e oro)”. Al colore è affidato il dialogo tra l’antico e la classicità moderna, in una narrazione senza soluzione di continuità. I colori delle sezioni si armonizzano, secondo la grammatica della tastiera cromatica di Le Corbusier, in accordi tonali con colori-cerniera, che corrispondono alle congiunzioni nel fraseggio del racconto. Le vetrine dell’allestimento si dispongono come scatole “disfatte” nell’atto della sorpresa e della scoperta. Su un nastro colorato i reperti si disvelano e si raccontano nella loro unicità.

La Minerva in marmo pentelico dal santuario di Breno tra i capolavori esposti nel museo Archeologico nazionale della Valle Camonica (foto drm-lombardia)
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Placchetta in bronzo raffigurante una figura schematica su barca solare trainata da uccelli acquatici proveniente dal santuario protostorico di Breno-Spinera (V sec. a.C.): raffigura forse la divinità preromana venerata nel luogo (foto drm-lombardia)

Un incontro di culture, tra continuità e mutamento. Sono esposti i reperti di età romana trovati a Cividate Camuno e nel territorio: materiali degli insediamenti tradizionali, una ricca collezione epigrafica, monumentali elementi architettonici e scultorei, raffinati affreschi dalle domus e ricchi corredi funerari dalle necropoli, con pendenti e amuleti anche in oro e argento, carichi di valenze simboliche. “Il nuovo museo, con rimandi anche ai luoghi vicini, contestualizza i ritrovamenti della Valle Camonica nel quadro più ampio dell’arco alpino, ponendosi così come un museo della romanizzazione delle Alpi”, evidenzia Serena Solano, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Bergamo e Brescia, direttore dei Parchi della Valle Camonica romana e curatore scientifico del progetto. “Il progetto scientifico ha puntato a raccontare l’incontro di culture, nello specifico quella tra Camuni e Romani, illustrando i cambiamenti e le novità insieme agli aspetti di sovrapposizione e continuità. Il fenomeno della romanizzazione di una vallata alpina è declinato nei suoi molteplici aspetti, dalla trasformazione del territorio, allo sfruttamento delle risorse, ai culti, agli insediamenti, agli aspetti della vita quotidiana, agli spazi pubblici, alla sfera funeraria. Il percorso vuole guidare il visitatore alla scoperta della Valle Camonica romana con un linguaggio che utilizza due registri, uno più didascalico e scientifico e uno più immediato, scandito dalle sezioni colorate e ben distinte, con momenti dedicati anche alla scoperta e al gioco per stimolare la curiosità e la voglia di conoscenza, soprattutto dei più piccoli, attraverso il coinvolgimento attivo e il divertimento”.

8 maggio, la Valcamonica riapre ai turisti. E finalmente con un biglietto unico, il Valle Camonica Pass Incisioni, acquistabile on line, si potranno visitare tutti i parchi di arte rupestre, primo sito Unesco d’Italia e primo sito preistorico Unesco del mondo

La Valcamonica è la “Valle dei Segni”, luogo magico dove i diversi Parchi d’arte rupestre sono inseriti in contesti di grande suggestione

8 maggio 2021: la Valcamonica riapre ai turisti i suoi parchi archeologici d’arte rupestre e della romanità. Con una novità: per la prima volta con un biglietto unico, Valle Camonica Pass Incisioni, acquistabile on-line e valido fino al 31 dicembre 2021, sarà possibile visitare tutta la Valle Camonica preistorica, dal 1979 dichiarata Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, che rappresenta un doppio primato, poiché è stato il primo sito italiano e primo sito preistorico in assoluto inserito nella World Heritage List.  Quello del biglietto unico è un traguardo che il territorio della Valle Camonica ha inseguito da decenni, e che viene finalmente raggiunto grazie a un’intesa corale tra tutti gli Enti, con la volontà di superare questo momento drammatico con strumenti integrati e innovativi.

Incisioni rupestri della Riserva di Ceto, Cimbergo e Paspardo in Valcamonica (foto distretto culturale di Valle Camonica)

Acquistando il biglietto unico sui siti web dei luoghi coinvolti e sul sito http://www.musement.com, grazie alla collaborazione con TUI Musement – partner tecnologico del progetto – sarà possibile visitare a Capo di Ponte il parco nazionale delle Incisioni rupestri di Naquane, il parco Archeologico nazionale dei Massi di Cemmo, il parco Archeologico comunale di Seradina-Bedolina (con all’interno la raccolta museale “Battista Maffessoli”), e il museo nazionale della Preistoria della Valle Camonica; a Ceto, Cimbergo e Paspardo la riserva naturale delle Incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo, e il museo didattico della Riserva; a Darfo Boario Terme il parco Archeologico comunale di Luine. Il tutto al prezzo davvero contenuto di 11 euro, comprensivo di diritti di prevendita. Naturalmente sono confermate le gratuità di legge previste per l’ingresso nei parchi nazionali: under 18, studenti universitari, disabili e loro accompagnatore, guide turistiche. Il biglietto Valle Camonica Pass Incisioni è valido fino al 31 dicembre 2021, con possibilità di un solo ingresso per ciascuno dei siti. E per chi desiderasse invece visitare uno solo dei parchi resta la possibilità di acquistare l’accesso presso ogni singola biglietteria. Ma con Valle Camonica Pass Incisioni, oltre che più semplice e più conveniente, la visita è più completa: ogni parco è il tassello differente di un mosaico che di questa diversità complementare vive. Visitando i parchi e i siti archeologici della Valle Camonica dopo questo lungo periodo di chiusura, si potranno scoprire le molte novità preparate per il pubblico: nuovi percorsi, segnaletica rinnovata, informazioni sempre più puntuali e servizi più ricchi. Per rendere davvero unica l’esperienza che la Valle Camonica offre di entrare in una storia lungo 10.000 anni di arte, cultura e civiltà.

Roccia 35 verso Concarena nel parco nazionale delle Incisioni rupestri di Naquane in Valcamonica (foto drm-lombardia)

Era il 1955 quando a Naquane, in comune di Capo di Ponte, venne istituito il primo parco archeologico d’Italia attorno ad alcune rocce ricoperte di incisioni risalenti in prevalenza al primo millennio avanti Cristo. Il progredire delle ricerche ha via via fatto emergere altre aree di grande interesse archeologico, situate in differenti comuni della Valle, poco alla volta organizzate in parchi nazionali (dipendenti cioè dal ministero della Cultura), comunali, sovracomunali e regionali. In questa Valle e su queste rocce sono fissati oltre 10mila anni di civiltà dell’uomo, raccontati attraverso un’infinità di simboli, immagini e scene di vita quotidiana. È la “Valle dei Segni”, luogo magico dove i diversi Parchi d’arte rupestre sono inseriti in contesti di grande suggestione, anch’essi riconosciuti dall’Unesco come Riserva della Biosfera per l’importanza della loro biodiversità.

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Valle Camonica Pass Incisioni: biglietto unico per i siti Unesco di arte rupestre

Un tesoro di valore universale dunque che si potrà visitare nei suoi aspetti essenziali con un biglietto unico, acquistabile on-line, che facilita il turista nel programmare la sua visita e la sua permanenza in Valle. E questo grazie a un Accordo di Valorizzazione siglato nel 2019 tra Regione Lombardia, Direzione regionale Musei Lombardia, Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia e Comunità Montana di Valle Camonica in quanto ente gestore del Gruppo Istituzionale di Coordinamento dei vari enti territoriali che gestiscono il sito Unesco. Da questo Accordo scaturiscono varie iniziative ed attività sul territorio, tra cui uno specifico Protocollo di intesa tra i vari Enti stipulato nel 2020 e volto a dar vita al biglietto unico on-line Valle Camonica Pass Incisioni.