Bologna. Al museo civico Archeologico riapre la grande mostra “Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna”, grazie a Istituzione Bologna Musei ed Electa, e alla solidarietà dei gran musei europei prestatori: biglietti solo on line e ingressi contingentati. In 75 minuti si possono ammirare 1400 oggetti che dialogano con la collezione bolognese

Guerriero proveniente da un acroterio di Cerveteri, conservato al Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen (foto Ole Haupt)
Il viaggio alla scoperta degli Etruschi può riprendere. Proprio da Bologna, dove l’8 marzo 2020 era stato interrotto bruscamente per decreto governativo. Ma ora il coronavirus fa meno paura. Così, come annunciato e in qualche modo promesso alla riapertura del museo civico Archeologico di Bologna, sabato 6 giugno 2020 riprende la grande mostra “Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna”, allestita proprio al museo civico Archeologico di Bologna. L’ambizioso progetto dedicato alla civiltà etrusca – circa 1400 oggetti esposti su oltre 1000 metri quadrati di superficie espositiva – sarà visitabile fino al 29 novembre 2020, grazie all’impegno congiunto di Istituzione Bologna Musei ed Electa e alla disponibilità di tutti i prestatori coinvolti che, con generoso spirito di solidarietà, hanno acconsentito a rendere possibile l’apertura, tra cui il British Museum di Londra, il Musée du Louvre di Parigi, il Musée Royal d’Art d’Histoire di Bruxelles, il Ny Carlsberg Glyptotek di Copenhagen e i Musei Vaticani. L’esposizione è progettata e promossa da Istituzione Bologna Musei | Museo Civico Archeologico, in collaborazione con la Cattedra di Etruscologia e Archeologia italica di Alma Mater Studiorum – Università di Bologna, realizzata da Electa e posta sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica Italiana. Il progetto scientifico è a cura di Laura Bentini, Anna Dore, Paola Giovetti, Federica Guidi, Marinella Marchesi, Laura Minarini (Istituzione Bologna Musei | Museo Civico Archeologico) e Elisabetta Govi, Giuseppe Sassatelli (Cattedra di Etruscologia e Antichità Italiche Alma Mater Studiorum Università di Bologna). Il progetto di allestimento è a cura di Paolo Capponcelli, PANSTUDIO architetti associati.

Una sala della mostra “Etruschi. Viaggio nelle Terre dei Rasna” allestita da Paolo Capponcelli (foto Roberto Serra / Iguana / Electa)
“Abbiamo riaperto i musei, al termine del lockdown, per ridare ai bolognesi, e ora ai turisti, la possibilità di visitarli, e fare apprezzare loro il nostro patrimonio artistico e scientifico”, dichiara Matteo Lepore, assessore alla Cultura e Promozione della città del Comune di Bologna. “La notizia dell’apertura della mostra ‘Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna’ è per noi molto importante perché aggiunge ai nostri percorsi culturali un itinerario di qualità, dando la possibilità di vivere la storia degli Etruschi attraverso opere provenienti da tutto il mondo. Ringrazio l’Istituzione Musei, i dipendenti del museo Archeologico ed Electa per questo importante accordo raggiunto”. E Roberto Grandi, presidente Istituzione Bologna Musei, commenta: “Siamo felici di offrire ai turisti e ai bolognesi l’esperienza unica di un viaggio nel tempo e nello spazio abitato dalle popolazioni etrusche. Aprire la mostra per questi 6 mesi è stato possibile, in primo luogo, perché i 60 musei ed enti prestatori hanno ritenuto che la grande qualità dell’esposizione giustificasse la concessione per un tempo così lungo di opere spesso tra le più significative delle loro collezioni. Siamo certi che questo sforzo congiunto di tante importanti istituzioni italiane e internazionali verrà ripagato da una presenza di pubblico numerosa che testimonia la curiosità e l’interesse per una civiltà che si è sviluppata dall’Italia meridionale fino al nostro territorio”. Sottolinea a sua volta Maurizio Ferretti, direttore Istituzione Bologna Musei: “Le condizioni di sostenibilità per riaprire in sicurezza la mostra sono state create grazie a uno sforzo straordinario sia del Comune di Bologna che di Electa. Si tratta di una disponibilità non scontata cui va riconosciuto un valore particolare, in ragione della sofferenza che il settore degli eventi espositivi sta attraversando in questo momento. Se si è riusciti a condividere questo percorso, lo si deve alla consapevolezza condivisa da tutte le parti del valore eccezionale di questa mostra. Si tratta davvero di una opportunità unica per scoprire un periodo di storia del territorio italiano poco conosciuta, attraverso un percorso ricco di informazioni e di cose sorprendenti da vedere”.

La sezione etrusca del museo civico Archeologico di Bologna (foto Matteo Monti / Istituzione Bologna Musei)
Informazioni per la visita. La mostra è visitabile con orari di apertura rimodulati: lunedì, mercoledì, giovedì dalle 10 alle 19; venerdì dalle 14 alle 22; sabato e domenica, dalle 10 alle 20; chiuso martedì non festivo; ultimo ingresso un’ora prima della chiusura. Al fine di garantire la visita in sicurezza, vengono attuate le seguenti disposizioni: acquisto del biglietto solo online tramite il circuito VivaTicket https://www.vivaticket.com/it/ticket/etruschi-viaggio-nelle-terre-dei-rasna/138252; modalità di recupero biglietti prenotati: per i possessori di biglietto open richiesta prenotazione senza costi aggiuntivi (tramite call center 051 7168807) o eventuale accesso diretto previa disponibilità posti per i possessori di biglietto non open richiesta prenotazione a pagamento (tramite call center 051.7168807); obbligo di indossare la mascherina durante la visita; contingentamento in slot per l’ingresso frazionato dei visitatori; predisposizione di percorsi distinti in entrata e in uscita; dotazione di gel igienizzanti a disposizione dei visitatori. Il tempo della visita è predefinito con un limite di 75 minuti. É disponibile il servizio di audioguide, con sanificazione dei dispositivi dopo ogni utilizzo. Il servizio di guardaroba non è disponibile (i visitatori sono pregati di presentarsi con il minimo di accessori personali, evitando bagagli, nonché borse e zaini voluminosi). Il servizio di bookshop è attivo.

Attizzatoio a forma di mano dalla tomba delle Hydriae di Meidias, conservato al museo Archeologico nazionale di Populonia (foto Polo museale della Toscana)
La mostra. L’esposizione conduce i visitatori in un itinerario attraverso le terre degli Etruschi e mostra come non esista una sola Etruria, ma molteplici territori che hanno dato esiti di insediamento, urbanizzazione, gestione e modello economico differenti nello spazio e nel tempo, tutti però sotto l’egida di una sola cultura, quella etrusca. Non c’è migliore metafora che quella del viaggio, per spaziare in un vasto territorio compreso tra le nebbiose pianure del Po fino all’aspro Vesuvio, attraverso paesaggi appenninici e marini, lungo strade e corsi fluviali. La prima parte del percorso offre un momento di preparazione al viaggio, facendo conoscere ai visitatore i lineamenti principali della cultura e della storia del popolo etrusco, attraverso oggetti e contesti archeologici fortemente identificativi. Così preparato, il visitatore può affrontare la seconda sezione, dove si compie il viaggio vero e proprio nelle terre dei Rasna, come gli Etruschi chiamavano se stessi. La mostra dialoga naturalmente con la ricchissima sezione etrusca del museo civico Archeologico, che testimonia il ruolo di primo piano di Bologna etrusca, costituendo, quindi, l’ideale appendice al percorso di visita dell’esposizione temporanea. Accompagna la mostra il catalogo Electa con saggi introduttivi di Giuseppe Sassatelli, Vincenzo Bellelli, Roberto Macellari, Marco Rendeli, Alain Schnapp e Giuseppe Maria Della Fina; saggi dedicati alle singole sezioni di mostre; un approfondimento sui musei etruschi italiani e un importante apparato di schede dedicate alle opere in mostra.
Durante il periodo della sospensione di apertura, l’esplorazione dei temi della mostra è proseguita online con iniziative digitali. Sulla pagina Facebook del museo civico Archeologico sono state presentate notizie e curiosità relative al mondo affascinante degli Etruschi e ai reperti esposti, mentre per il canale YouTube del museo Giuseppe Sassatelli, docente universitario e membro del comitato scientifico, ha curato un’introduzione al percorso espositivo.
Nell’ambito del festival multimediale #laculturanonsiferma promosso dall’assessorato alla cultura e paesaggio della Regione Emilia-Romagna e coordinato dall’Istituto per i Beni Artistici Culturali e Naturali della Regione Emilia-Romagna, Lepida TV ha inoltre prodotto un documentario video alla scoperta della mostra con le archeologiche del museo Laura Minarini e Marinella Marchesi, trasmesso in diretta streaming sulla piattaforma digitale http://www.lepida.tv e sul canale 118 del digitale terrestre. Clicca qui per vedere il video.
Dieci anni di scavi nel centro di Reggio Emilia raccolti nel volume “La città che si rinnova. Gli scavi di Palazzo Busetti e Piazza della Vittoria a Reggio Emilia”: un’occasione per conoscere meglio la città antica

Coppa in terra sigillata di età sigillata con bollo del produttore e scene di battaglia, scoperta in piazza della Vittoria, conservata ai musei civici di Reggio Emilia

Copertina del libro “La città che si rinnova. Gli scavi di Palazzo Busetti e Piazza della Vittoria a Reggio Emilia”
Nel II sec. a.C. a Reggio Emilia si beveva vino greco proveniente dall’isola di Rodi; almeno uno degli acquedotti rinvenuti nell’area dell’ospedale portava acqua a un edificio termale posto sulla via Emilia (rinvenuto sotto Palazzo Busetti); una strada obliqua frequentata almeno fino al V secolo d.C. partiva direttamente dalla via Emilia modificando l’assetto del comparto urbano nord-occidentale della città; nell’area di piazza della Vittoria sorgeva un altro importante quartiere residenziale e che nel medioevo la città era popolata di torri e punto di convergenza di maestranze di scuola antelamica: sono alcuni dei risultati eccezionali, che hanno arricchito le conoscenze sulle origini della città romana di Reggio Emilia frutto degli scavi archeologici dell’ultimo decennio. Ora tutto in un volume: “La città che si rinnova. Gli scavi di Palazzo Busetti e Piazza della Vittoria a Reggio Emilia”. La pubblicazione sarà presentata venerdì 18 gennaio 2019, alle 18, ai Musei Civici di Reggio Emilia. Intervengono Luca Vecchi, sindaco di Reggio Emilia; Annalisa Capurso, archeologa della soprintendenza Archeologia, Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; ed Elisabetta Farioli, direttrice dei Musei Civici di Reggio Emilia. Presenta il volume il prof. Sandro De Maria, già ordinario di Archeologia Classica nell’università di Bologna. Modera Roberto Macellari, archeologo dei musei civici di Reggio Emilia, alla presenza dei curatori Marco Podini e Anna Losi. Il volume è pubblicato da Grafiche Step editrice (Parma, 2018) grazie al finanziamento di Gigli Costruzioni srl (che ha realizzato gli scavi di Palazzo Busetti) e di Fontanili Srl, Pellicciari Srl e Siria Ceramiche Srl.
Gli scavi effettuati tra il 2010 e il 2015 nel centro storico di Reggio Emilia, e in particolare quelli in piazza della Vittoria, a palazzo Busetti e in via del Carbone, motivati da importanti interventi di riqualificazione urbana, hanno offerto agli archeologi la straordinaria opportunità di indagare in maniera estensiva il tessuto urbano antico. Non accadeva dai primi anni ’80, dal tempo del grande cantiere del Credito Emiliano dove aveva sede il foro di Regium Lepidi. Queste ricerche, unite alle straordinarie scoperte effettuate nella cripta della Cattedrale e alle altre indagini archeologiche condotte in ambito urbano negli ultimi anni, hanno apportato sostanziali elementi di novità per la conoscenza della città antica. Vista la complessità dei cantieri e gli inevitabili disagi da essi determinati, l’amministrazione comunale ha ritenuto doverosa un’immediata restituzione alla comunità dei risultati delle ricerche archeologiche che vengono ora presentate in modo organico e divulgativo nel volume “La città che si rinnova”. La pubblicazione restituisce alla comunità forse il frutto più importante – immateriale e perpetuo – di interventi di questo tipo: la conoscenza più approfondita del nostro passato e delle nostre radici. Grazie all’apporto di diverse competenze e all’osservazione di ampi spaccati cronologici in più settori urbani, i curatori hanno ricostruito la storia -o forse più “storie”- della città, dei suoi abitanti e dei suoi monumenti, dalle origini ai nostri giorni.
Il volume è articolato in quattro sezioni, le prime tre con ordinamento cronologico e la quarta dedicata ai più recenti e aggiornati metodi della ricerca archeologica. Punto di partenza sono le indagini condotte sotto Palazzo Busetti, posto nel punto di intersezione fra la Via Emilia e Via Crispi. Sono emersi nuovi dati sulle origini e sulle prime frequentazioni dell’area in cui è sorta la città, rivelando una presenza preromana di matrice etrusco-italica a Reggio Emilia e una realtà etnica composita, attestata da ceramiche di manifattura gallica rinvenute in associazione con materiali romano-repubblicani. Di grande interesse per la topografia della città romana è stata la scoperta, nell’angolo sud-ovest di Palazzo Busetti, di una via obliqua diretta a nord-ovest e accuratamente pavimentata, che, partendo dalla via Emilia, usciva dal centro cittadino per proseguire verosimilmente in direzione del porto fluviale della Brescello romana. Questo asse viario spezza la rigida ortogonalità della pianificazione urbana impostata, fin dal II sec. a.C., sulla via consolare. La strada obliqua ha fortemente condizionato l’urbanistica del settore nord-occidentale della città, rappresentandone un asse di sviluppo in senso nord-ovest. Ha proiettato il proprio condizionamento ben oltre la fine del mondo antico, svolgendo la funzione di collegamento tra la Cattedrale e la prima sepoltura, extra moenia, del patrono della città, il vescovo Prospero.
L’assetto viario antico del comparto nord-occidentale ha indubbiamente condizionato la topografia urbana di questa parte della città. I recenti scavi di piazza della Vittoria testimoniano, in particolare, l’adeguamento dell’edilizia privata all’asse della via obliqua, tanto in età repubblicana quanto in quella imperiale. Di notevole importanza risulta la scoperta di una domus sorta in corrispondenza di un edificio precedente e parimenti orientato, testimoniando un’occupazione di questa zona già a partire dal I sec. a.C. La planimetria di questa abitazione, che è stato possibile leggere in maniera pressoché completa (caso quasi unico nella documentazione dell’edilizia residenziale romana di Regium Lepidi), ha reso possibile una proposta ricostruttiva articolata ipoteticamente su due livelli. Uno degli aspetti più significativi degli scavi di piazza della Vittoria è rappresentato dalla completezza della documentazione di scavo, dalle fasi più antiche – a partire dall’età protostorica – a quelle più recenti, di epoca medievale e moderna. Le indagini delle stratigrafie tardoantiche e altomedievali hanno documentato una manifesta continuità di vita anche in questo settore urbano, testimoniando la presenza di abitazioni tarde e di varie aree produttive. Sopra la domus, ad esempio, è stata documentata l’esistenza di una capanna con grande sostegno ligneo centrale, costruita prevalentemente in materiale deperibile. Numerose sono inoltre le strutture legate ad attività artigianali riconducibili alla presenza di forni fusori, calcare, fosse di scarico.

Lastra con figura di Profeta che tiene un rotulus, simbolo dell’Antico Testamento (prima metà XIII sec.), riutilizzato come archivolto (inizi XVI sec.), da via del Carbone, oggi ai musei civici di Reggio Emilia
Di particolare rilevanza appare la fase medievale (X-XIII sec.) che in questo settore, mostra la presenza di una città turrita, con case che gareggiavano fra loro in altezza assecondando l’ostentazione di potere e ricchezza dei propri abitanti. Di queste abitazioni sono emerse tracce significative dei muri di fondazione, tutti di notevole spessore e orientati sempre secondo l’antica via obliqua. La costruzione della Cittadella per volontà di Luigi Gonzaga, con l’abbattimento delle torri e l’interruzione e/o deviazione della via obliqua, segnerà la fine dello sviluppo continuo di questo settore urbano. Il sedime del nuovo parcheggio interrato insisteva per circa tre quarti della sua estensione sull’invaso del fossato meridionale del fortilizio. La Cittadella sarà poi abbattuta a partire dal 1848 e con le relative macerie sarà riempito il fossato che la recingeva, ricucendo così i fili interrotti di un’espansione della città e dando nuovo impulso al naturale sviluppo verso nord-ovest.
La stretta connessione fra archeologia e riqualificazione, esplicita nel titolo stesso dell’opera, ha dato vita a un’esemplare modello di collaborazione fra istituzioni pubbliche (il Comune, le Soprintendenze) e soggetti privati che hanno perseguito l’ambizioso progetto di rappresentare l’archeologia in modo nuovo e vicino alla sensibilità contemporanea. Il necessario coronamento di questo percorso è stata la restituzione degli approfondimenti finalizzati alla ricostruzione della storia di un quartiere che fu strategico fra antichità e medioevo per la sua ubicazione lungo una strada diretta a nord ovest. Possiamo ben definirlo l’area nord della Reggio romana, il cui naturale e sino ad allora mai interrotto sviluppo venne bruscamente a congelarsi nel XIV secolo in occasione della costruzione della Cittadella, vero e proprio vulnus nella storia urbanistica di Reggio, per riprendere il suo corso a distanza di cinque secoli in età postunitaria. Questo volume restituisce ai reggiani il risultato di un’operazione di cura oltre che un significativo invito a rispecchiarsi nelle radici più antiche. I segni del passato emersi mentre si ridava nuova vita a luoghi della città vicini alla decadenza legano l’antichità al presente e al futuro.
Reggio Emilia, per i 90 anni di Anas, la mostra fotografica “Mi ricordo la strada” con immagini storiche della Via Emilia, amarcord tra gli anni ’50 e ’60 del Novecento, arricchisce la mostra archeologica “On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017”
Per due giorni Roadshow #Congiunzioni, promosso in occasione dei 90 anni di Anas e realizzato dalla stessa Azienda, ha fatto tappa a Reggio Emilia, il 27 e 28 aprile 2018, proponendo la mostra fotografica “Mi ricordo la strada”, a cura di Emilia Giorgi e Antonio Ottomanelli, con una sezione dedicata alla Via Emilia dell’Italia del Boom economico del secondo dopoguerra. La proposta di Anas si associa perciò alla grande mostra archeologica “On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017”, dedicata alla strada consolare e al suo fondatore Marco Emilio Lepido, a cura di Luigi Malnati, Roberto Macellari e Italo Rota, in corso al Palazzo dei Musei Reggio Emilia fino al 1° luglio 2018, di cui l’Anas ha reso possibile anche la Guida alla visita, quale arricchimento attraverso una dimensione definibile – in maniera non più di tanto paradossale – di “archeologia del contemporaneo”. La mostra “On the road, Via Emilia 187 a.C. – 2017”, articolata in 400 reperti, diversi dei quali di assoluta importanza storico-archeologica, offre al pubblico un racconto su due livelli: il “sotto”, ovvero la storia antica di questa colossale opera viaria, e il “sopra”, ovvero l’attualità della Via Emilia. Le immagini “storiche” che Anas propone a corredo della grande esposizione giungono a completare quel progetto culturale e allestitivo, contribuendo in maniera significativa alla sua declinazione nel Contemporaneo.
In realtà le immagini fotografiche che Anas propone appartengono anch’esse al registro del ricordo, ma ad un ricordo che permane ancora nella memoria di molti. Offrono un intenso amarcord sulla Via Emilia nel secondo dopoguerra, tra gli anni ’50 e ’60 del Novecento. Ci riportano ad una Via Emilia calcata da biciclette e cavalli, rade auto e motociclette per arrivare fino alla Fiat 600 del boom economico che solca un’Emilia fiancheggiata da cartelloni pubblicitari che fotografano consumo e benessere. Nel racconto è tutto il territorio che si specchia in una strada operosa che diviene essa stessa paesaggio e sfondo, luogo di passaggio e costruzione, che ritrae operai al lavoro, uomini in completo affacciati sull’uscio delle porte, chiese che sorgono ai bordi della strada, case cantoniere come benevole vedette di un’Italia in perenne corsa e trasformazione. Quell’Italia che arriva fino a noi, con le varianti alla statale pensate per alleggerire il traffico dai centri abitati e il nuovo ponte sul fiume Po. Immagini in bianco e nero di un “altro ieri” che ha creato l’oggi.

Modello di carro romano da trasporto merci e derrate (carrus) in mostra a Reggio Emilia (foto Graziano Tavan)
La lunga linea da Est a Ovest, che sembra segnare la rotta del Sole sulla Terra, la Via Emilia, percorsa dal 187 avanti Cristo dai legionari del console Marco Emilio Lepido, da mercanti in viaggio dal Mediterraneo o dal resto d’Europa, da coloni stanziali con i loro attrezzi e raccolti, da viandanti in cerca di fortuna e cavalieri coperti di gloria, ancora oggi – inossidabile al tempo – è luogo di identità, di lavoro e di vita per chi la percorre e per chi la abita, è cerniera fisica e simbolica tra i due mondi che l’Italia unisce e a cui l’Italia appartiene: il Mare Nostrum e il Vecchio Continente, con i loro popoli, le loro culture, i loro scambi. È così importante e funziona così bene, la Via Emilia, che è stata affiancata, quasi “clonata”, in una serie di altri landmark delle comunicazioni nazionali: la ferrovia storica, l’autostrada, la ferrovia Alta velocità. E oggi, inanellando le città che sono nate con lei 2200 anni fa e ancor prima, la Via consolare ospita un fiume di mezzi, pubblici, privati, commerciali, a motore, elettrici, a “propulsione umana” come la bicicletta. I rilevamenti dell’Anas, per dare un’idea precisa dell’importanza della Via Emilia per la mobilità, evidenziano numeri impressionanti: 136mila auto e 9200 camion, in media, ogni giorno dell’anno. Un traffico paragonabile a quello del Grande Raccordo Anulare di Roma. Una strada, assai nota anche con la sigla SS9, su cui si muovono la vita e lo sviluppo di un sistema-regione, l’Emilia-Romagna, e di un sistema di portata nazionale e internazionale, quale l’Italia settentrionale. Quell’intuizione di Marco Emilio Lepido, in altre parole, è oggi un asse strategico della mobilità e della logistica italiana.
“Un’occasione preziosa per celebrare”, affermano Ennio Cascetta e Gianni Vittorio Armani, presidente e amministratore delegato di Anas, “il ruolo fondamentale che Anas ha avuto nella modernizzazione del Paese, influenzandone lo sviluppo economico e culturale, dalla data di fondazione dell’Aass nel maggio del 1928 fino all’ingresso nel Gruppo FS Italiane a gennaio del 2018, solo l’ultimo dei passi compiuti nel processo di continua trasformazione di un’azienda che non si è fermata mai”. Ed Elisabetta Farioli, direttore dei Musei Civici di Reggio Emilia: “Con questa importante nuova sezione “On the road. Via Emilia 187 a.C. – 2017” approfondisce ulteriormente la storia ma anche l’attualità della strada consolare voluta da Marco Emilio Lepido e che da lui assume il nome. Allora rappresentava la strada utilizzata dall’esercito per difendere ed espandere i confini dell’Impero ma anche uno dei primi esperimenti urbanistici dell’antichità. I nuclei urbani che si trovavano sull’itinerario erano edificati a una distanza media l’uno dall’altro di circa 25 chilometri, corrispondenti a una giornata di marcia dell’esercito”.
Giochi e spettacoli nel mondo antico. A Reggio Emilia una giornata di studi internazionali sulle nuove scoperte che aprono nuovi scenari nel campo delle indagini sul divertimento nell’antichità

A Reggio Emilia la giornata di studi “Giochi e spettacoli nel mondo antico. Problematiche e nuove scoperte”
Barcellona, Volterra, Reggio Emilia. Ma anche Claterna di Ozzano dell’Emilia, Bologna e Lodi. Luoghi diversi, anche lontani tra loro. Eppure c’è qualcosa che li lega: la scoperta o la riscoperta degli anfiteatri romani e degli apprestamenti per il divertimento dei legionari al fronte, risultati archeologici importanti che aprono nuovi scenari nel campo delle indagini sul divertimento nell’antichità. Da questa premessa muove la giornata di studio “Giochi e spettacoli nel mondo antico. Problematiche e nuove scoperte”, sabato 24 marzo 2018, dalle 9.30 alle 18, alla Fondazione FAR Studium Regiense, in via San Filippo a Reggio Emilia. Promosso da Famiglia Artistica Reggiana Studium Regiense, con la partecipazione di studiosi di prestigiosi atenei italiani e stranieri e di archeologi pubblici e privati (tra cui quelli delle soprintendenze Archeologia, belle arti e paesaggio di Bologna, Mantova e Pisa) questo convegno internazionale, curato da Paolo Storchi (Sapienza Università di Roma – Scuola Archeologica Italiana ad Atene) e organizzato da P. Storchi, E. Badodi e G. Mete, intende presentare le più importanti novità sul tema degli spettacoli e dei giochi nel mondo antico. Curiosità, conferme e sorprese dal “mondo di sotto”, dai nuovi approcci di ricerca, come la geofisica e le ricostruzioni tridimensionali, all’anfiteatro individuato “scendendo in cantina”, dai ludi gladiatori agli agoni atletici, senza dimenticare i proverbi inventati da greci e romani per parlare del “mondo dello spettacolo” e le nuove prospettive dall’America precolombiana.
Ricco il programma che apre alle 9.30, con i saluti di Carlo Baldi (presidente della fondazione FAR Studium Regiense) e delle autorità. Alle 10, iniziano i lavori con la I sessione “Novità dall’Italia. Fra scavi, fonti antiche e nuove tecnologie” moderata da Roberto Macellari (università di Parma). Intervengono: 10.15: C. Calastri (AnteQuem; Archeoimprese), “Archeologia di cantina: la scoperta dell’anfiteatro di Bologna”; 10.35: R. Curina, M. Molinari, C. Negrelli (soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Ferrara e Reggio Emilia), “Dalla fotografia aerea allo scavo archeologico: il teatro romano di Claterna”; 10.55: E. Sorge (soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Pisa e Livorno), “La scoperta dell’anfiteatro di Volterra”; 11.15: R. Tosi (università di Bologna), “I Proverbi antichi riguardo gli spettacoli ed i giochi”. Dopo il coffee break, 11.55: P. Blockley; G. Mete (Ra.Ga srl), M. Camorani (G.S.T. srl), P. Storchi (Sapienza università di Roma-Scuola Archeologica Italiana ad Atene), “Elementi di novità dal Reggiano”; 12.15: D. Dininno (università di Pisa), “Il Circo Massimo nell’ambito urbanistico della Regio XI”; 12.35: L. Marsicano, S. Onofri (Sapienza università di Roma), M. Montanari (Open History Map), “Interagire con il passato: il caso del circo di Massenzio”. Pausa pranzo.
Nel pomeriggio, la II sessione “Nuove prospettive nella ricerca italiana”, moderata da Stefano Maggi (università di Pavia). Intervengono: 14.15: M. Bianchini (università della Campania L. Vanvitelli), “Il ruolo dell’opus caementicium nel processo evolutivo dell’architettura anfiteatrale”; 14.35: G. Legrottaglie (università Cattolica di Milano), “L’anfiteatro di Milano fra città e ager”; 14.55: M. Balbo (università di Torino), P. Storchi (Sapienza università di Roma-Scuola Archeologica Italiana ad Atene), “Divertirsi nelle campagne. Il curioso caso dell’Ager Saluzzensis”; 15-15: S. De Francesco, S. Jorio (soprintendenza Archeologica per le province di Lodi, Cremona e Mantova ), G. Mete (museo Archeologico di Laus Pompeia), “L’anfiteatro di Laus Pompeia, tra scavo e geofisica”; 15.35: D. Iacobone (Politecnico di Milano), “Il destino degli anfiteatri dopo l’antichità, nuovi dati”. Segue la III sessione “Principali novità dalle Province dell’Impero e fuori dal mondo romano”, moderata da Damiano Iacobone (Politecnico di Milano). Intervengono: 16.15: T. Wilmott (English Heritage), “Anfiteatri e campi militari in Britannia”; 16.35: T. Hufschmid (University of Basel), “Giochi e svago nella Svizzera romana”; 16.55: D. Bomgarder (university of Winchester), “Una rilettura del concetto di anfiteatro nel mondo romano”; 17.15: J. Sales-Carbonell (universitat de Barcelona), “Ipotesi di riconoscimento dell’anfiteatro di Barcino”; 17.35: G. Carosi (Sapienza università di Roma), “Edifici da spettacolo in area maya, un’analisi topografica”. Alle 17.55, saluti e brindisi di fine lavori.
Archeologie “alibi”: l’università di Bologna approfondisce l’archeologia degli archivi e dei depositi attraverso il caso Reggio Emilia e Modena

L’aula “Giorgio Prodi” ospita l’incontro “Archeologie alibi: Reggio Emilia e Modena” promosso dall’università di Bologna
Il termine tecnico è archeologie “alibi”: si tratta dell’insieme delle pratiche archeologiche che non avvengono sul campo, ma rappresentano comunque una componente fondamentale nel percorso di conoscenza e di valorizzazione per tutti quei siti che abbiano alle spalle una lunga storia di indagini, scavi, interventi di recupero e musealizzazione. “Si tratta in particolare”, spiegano all’università di Bologna, “di un’archeologia degli archivi, custodi della documentazione prodotta, e dei depositi, custodi dei reperti. Questa preziosa mole di dati non in situ viene oggi riscoperta e riletta stratigraficamente per essere utilmente organizzata in nuovi archivi digitali, le cui potenzialità – in particolare quelle derivanti dall’archeologia virtuale che consente di produrre modelli tridimensionali – si configurano come interfacce per la gestione dei dati della ricerca, dai dati primari ai metadati e paradati”. Proprio “Archeologie alibi: i casi di Modena e Reggio Emilia” è il titolo del quinto appuntamento della serie “Discorsi sul Metodo”, dedicato al tema delle archeologie “alibi”, promosso nell’ambito dell’accordo di collaborazione didattico-scientifica di recente sottoscritto tra l’Istituto Centrale per l’Archeologia e il Dipartimento di Storie Culture Civiltà dell’Alma Mater Studiorum di Bologna, e si pone all’inizio di una serie di iniziative dedicate proprio alle archeologie “alibi” curate dagli organizzatori in varie sedi, in Italia e all’estero.
Appuntamento venerdì 23 Marzo 2018, alle 10.30, nell’aula “Giorgio Prodi” dell’università di Bologna, in piazza San Giovanni in Monte 2, a Bologna. Ingresso libero. Ai saluti istituzionali di Nicolò Marchetti, direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici; Antonella Coralini, dipartimento di Storia Culture Civiltà; Elena Calandra, direttore dell’Istituto Centrale per l’Archeologia / Dirigente ad interim del Servizio II – Scavi e tutela del patrimonio archeologico, Direzione Generale Archeologia, belle arti e paesaggio; seguono gli interventi: Luigi Malnati, soprintendente Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, su “Conoscenza, tutela, conservazione: il ruolo dei musei archeologici civici e di quelli di Stato nel dopo riforma Franceschini”; Fiamma Lenzi, Istituto per i Beni Culturali della Regione Emilia Romagna, su “L’Istituto per Beni Culturali, le politiche regionali e i musei civici: il distretto emiliano”.

Il manifesto della mostra “On the road. La Via Emilia, 187 a.C. – 2017” al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia
Si entra poi nel caso specifico di Reggio Emilia. Elisabetta Farioli, direttore dei musei civici di Reggio Emilia, interviene su “I Musei Civici di Reggio Emilia e l’eredità dell’antico”; Roberto Macellari, responsabile delle collezioni Archeologiche dei musei civici di Reggio Emilia, su “La lezione di Don Gaetano”; Georgia Cantoni, responsabile comunicazione dei musei civici di Reggio Emilia, su “Tra conoscenza ed emozione: comunicare e condividere la Storia per connettersi al futuro”; Giada Pellegrini, responsabile Educazione del settore Archeologia dei musei civici di Reggio Emilia, su “Educare all’antico / educare al futuro”; Annalisa Capurso, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, su “On the Road: dietro le quinte di una mostra”.

Il manifesto della mostra “Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità” al Foro Boario di Modena dal 25 novembre 2017 all’8 aprile 2018
Per il caso Modena, intervengono: Francesca Piccinini, direttore dei musei civici di Modena, su “I progetti di ricerca dei Musei Civici di Modena: risultati e prospettive”; Cristiana Zanasi, funzionario archeologo dei musei civici di Modena, su “Le ricerche di pre-protostoria”; Silvia Pellegrini, funzionario archeologo dei musei civici di Modena, su “L’età romana, dalla Carta Archeologica a Mutina Splendidissima”; Donato Labate, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, su “Modena e territorio: l’impegno della Soprintendenza. Un bilancio”. Chiude la discussione coordinata da Elena Calandra e Antonella Coralini.
“Tutto è contemporaneo, attualità dell’antico. Dialoghi intorno a On the road – Via Emilia 187 a.C.-2017”: al via a Reggio Emilia un ciclo di incontri con esperti, da Eva Cantarella ad Andrea Carandini, seguito dalla visita guidata alla mostra sulla Via Emilia e da un “light simposium”

A Reggio Emilia al via il ciclo di incontri “Tutto è contemporaneo, attualità dell’antico. Dialoghi intorno a On the road – Via Emilia 187 a.C.-2017”
Prima un approfondimento con storici dell’antichità, geografi, architetti, latinisti, esperti d’arte, archeologi, poi una visita guidata speciale della mostra “On the road. Via Emila 187 a.C.-2017” al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, e per finire un “light simposium” a cura di ArcheoCucina. Reggio Emilia lancia “Tutto è contemporaneo, attualità dell’antico. Dialoghi intorno a On the road – Via Emilia 187 a.C.-2017”, un ciclo di incontri tra marzo e maggio per avvicinare in modo originale il pubblico alla mostra aperta al Palazzo dei Musei fino all’8 luglio 2018 (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/01/14/on-the-road-la-mostra-di-reggio-emilia-propone-una-riflessione-sulla-storia-della-via-emilia-e-sul-suo-fondatore-sul-significato-della-strada-nella-contemporaneita-in-un-itinerari/). Tutti gli incontri si tengono alle 18 nella Sala del Tricolore in piazza Prampolini n.1 a Reggio Emilia. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. La visita guidata alla mostra inizia alle 19.30. Al termine, il light simposium.
Il ciclo “Tutto è contemporaneo, attualità dell’antico. Dialoghi intorno a On the road – Via Emilia 187 a.C.-2017” inizia venerdì 16 marzo 2018 con Eva Cantarella su “Tra passato e presente: i conflitti di generazione”. La storica dell’antichità e del diritto antico dialoga con Tommaso Ricci, caporedattore cultura del Tg2 RAI. “Eva Cantarella”, spiegano i promotori, “entra subito in medias res, per dirla all’antica, trattando un tema – quello dei conflitti generazionali – che ci sembra appartenere solo all’oggi ma che l’illustre studiosa dimostra essere invece una costante della storia”. Quante volte leggiamo sui giornali che i disagi e i crimini tra le mura di casa derivano dalla crisi della famiglia, una crisi tutta moderna? Come se la famiglia fosse sempre stata un luogo di riparo, di protezione da una società ostile. Ma è davvero così? Eva Cantarella, che al tema ha dedicato il recente, fortunato studio “Come uccidere il padre. Genitori e figli da Roma a oggi” (Feltrinelli Editore) sfata, dati alla mano, questa nostra errata sensazione. “Con gli strumenti di studiosa del diritto e della storia antica, che le sono propri, ricostruisce costumi e abitudini delle famiglie romane, risalendo fino alle origini della civiltà che ha creato i fondamenti della nostra cultura giuridica. Dimostra così che, a partire dai Sette Re di Roma, a metà dell’ottavo secolo a.C., fino al sesto secolo d.C. e alla stesura del Corpus iuris civilis di Giustiniano, il potere di vita e di morte dei padri sui figli è assoluto e l’uccisione del padre appartiene con impressionante frequenza alla realtà sociale di ogni famiglia romana. Cantarella si interroga sulla natura ansiogena e conflittuale dei rapporti tra padri e figli nell’antica Roma e, con una ricerca che guarda al passato per parlare del presente, mostra che le famiglie infelici non appartengono solo al nostro tempo. Da Cicerone a Ovidio, da Seneca a Giustiniano, racconta le norme che regolavano l’abbandono dei figli, la facoltà di venderli come schiavi o addirittura di ucciderli, evocando episodi di sconcertante violenza. Quella che svela è una storia tanto sconosciuta quanto decisiva per le nostre radici culturali, che ci spinge a riflettere sul carattere atavico e profondamente umano dello scontro tra le generazioni”.

L’architetto Italo Rota curatore della mostra “On the road. Via Emila 187 a.C.-2017” a Reggio Emilia
Il ciclo continua venerdì 23 marzo 2018, con Franco Farinelli dell’università di Bologna. Geografo, presidente dell’Associazione dei Geografi italiani, Farinelli parlerà de “L’invenzione dello spazio”. Venerdì 6 aprile 2018, tocca all’architetto milanese Italo Rota, architetto milanese, che a Reggio Emilia ha curato l’allestimento della mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C.-2017” con Luigi Malnati e Roberto Macellari. L’architetto, cui si devono – tra l’altro – la promenade del Foro Italico a Palermo (2005), il tempio indù di Lord Hanuman, il padiglione Ciudades de Agua per l’Expo di Saragozza del 2008, l’allestimento del Triennale Design Museum nel 2007, e il Museo del Novecento a Milano inaugurato nel dicembre 2010, dimostrerà come “Tempo e memoria sono oggetti”. Venerdì 13 aprile 2018, sarà la volta del latinista Ivano Dionigi, già Magnifico rettore dell’Alma Mater Studiorum dell’università di Bologna, con “Tra notum e novum. Il destino della parola”. Invece è da confermare l’incontro di venerdì 4 maggio 2018, con Andrea Viliani, curatore di molti musei di Arte dal Castello di Rivoli al MamBo di Bologna, dal Centro di ricerca sulla contemporaneità a Trento al museo Madre di Napoli. Gran finale venerdì 11 maggio 2018 con Andrea Carandini, in un incontro promosso dalla delegazione Fai di Reggio Emilia e da Insieme per i Musei di Reggio Emilia. Il grande archeologo, famoso per i suoi scavi e le ricerche sul Palatino di Roma, oggi presidente del Fondo per l’Ambiente Italiano, dialogherà su “La casa degli Aemilii Scauri a Roma”.
“On the road”: in cammino sulla via Emilia. Nella mostra di Reggio Emilia, si va dalla sala Regium Lepidi 3D al tracciato in epoca preromana, ai miliari fino alla descrizione dell’itinerario da Gades a Roma

Frammento del fregio dalla Basilica Emilia con costruttori di città, conservato al museo nazionale Romano (su concessione del ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo)
Strada come viaggio della vita, scrive Jack Kerouac nel suo On the road, come luogo di partenza-arrivo-ripartenza, perché l’andare è importante quanto la meta. “Strada, è quanto mai il caso della via Emilia”, sottolinea il sindaco di Reggio Emilia, Luca Vecchi, “in cui è facile tornare, e fermarsi, abitare, incontrare, fondere idee, culture, invenzioni, oggetti, soprattutto popoli e persone”. E allora, dopo esserci fatti un’idea sommaria della mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017” aperta fino al 1° luglio 2018 al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/01/14/on-the-road-la-mostra-di-reggio-emilia-propone-una-riflessione-sulla-storia-della-via-emilia-e-sul-suo-fondatore-sul-significato-della-strada-nella-contemporaneita-in-un-itinerari/), accogliamo l’invito del primo cittadino reggiano e iniziamo il nostro cammino lungo la via Emilia, seguendo l’allestimento dell’esposizione curata da Luigi Malnati, Roberto Macellari e Italo Rota. Nell’atrio del Palazzo dei Musei ci accoglie il portale Aemilio’s Road che, evocando la facciata di un tempio romano, esibisce il particolare del fregio della Basilica Aemilia in Roma, dove viene rappresentato Marco Emilio Lepido come costruttore di città. Superato il portale, prima di affrontare il percorso vero e proprio della mostra, scopriamo le collezioni storiche conservate tutte al piano terra del Palazzo dei Musei.
È qui infatti che si aprono il chiostro dei marmi romani (allestito in forma di giardino archeologico agli inizi del XX Secolo per ospitare i numerosi reperti architettonici romani rinvenuti nella necropoli di San Maurizio) e il portico dei marmi, dove sono esposti in sequenza i monumenti funerari riportati alla luce dal XV Secolo ad oggi fra Villa Ospizio e San Maurizio, vera e propria Via Emilia dei defunti, che ogni viandante avrebbe percorso in arrivo o in uscita da Regium Lepidi. E non dimentichiamo l’installazione in “realtà aumentata”, predisposta dalla Duke University, della ricostruzione della città romana Regium Lepidi 3D, la cui tecnologia è stata implementata, grazie al sostegno del Lions Club Reggio Emilia Host, proprio in occasione dell’avvio del progetto “2200 anni lungo la Via Emilia”. La “Sala Regium Lepidi 3D”, è stata infatti inaugurata l’8 aprile 2017 per dar vita a un museo virtuale permanente all’insegna della Cyber Archeologia. Oggi come allora, immersi nell’architettura dell’antica Regium Lepidi, quando i romani ne percorrevano le strade in toga e calzari, si può vivere un’esperienza unica, che consente una full immersion nella città antica grazie a sofisticate apparecchiature all’avanguardia come i caschi immersivi Oculus Rift, le postazioni olografiche di Z-space, le proiezioni 3D di Dreamoc, i QR code in realtà aumentata e la visualizzazione stereo-immersiva del paesaggio archeologico.

Il soprintendente Luigi Malnati illustra la stele etrusca trovata in via Saffi a Bologna (foto Graziano Tavan)
Un’indicazione stradale, SS 9, la moderna via Emilia, ci distoglie dalla Regium Lepidi virtuale e ci invita a salire al primo piano dove comincia il percorso vero e proprio della mostra con la prima sezione “La Via Emilia prima della Via Aemilia”. Sulla parete l’attualità della via Emilia è sottolineata dal testo di “Canzone per un’amica” di Francesco Guccini: “Lunga e diritta correva la strada, l’auto veloce correva, la dolce estate era già cominciata, vicino a lui sorrideva”; mentre la presenza della grande balena fossile rinvenuta nel Reggiano pone il tema delle grandi trasformazioni del territorio della regione. E poi c’è la grande stele etrusca in arenaria (475 – 450 a.C.) con la raffigurazione di un carro, scoperta recentemente durante gli scavi della soprintendenza in via Saffi a Bologna. Insieme con altri reperti provenienti dal Reggiano documenta il tracciato stradale in età preromana, con particolare riferimento al primo Millennio a.C., quando si manifesta una primo utilizzo del percorso che attraversa il territorio da Est a Ovest nella fascia di media pianura, vettore di una cultura scritta che fa del territorio reggiano uno dei più precocemente interessati dalla diffusione della scrittura di tutta l’Italia settentrionale.

Il cippo miliario della via Emilia con nome di Marco Emilio Lepido e distanza da Roma, Castel San Pietro Terme, conservato al museo Archeologico di Bologna (foto Graziano Tavan)
La via consolare romana la incontriamo al secondo e al terzo piano dove, nel cubo vetrato dello scalone monumentale del Palazzo dei Musei, alcuni importanti reperti introducono il tema della Via Emilia, a cominciare dal grande cippo miliare proveniente dal museo Archeologico di Bologna, che riporta una esplicita intestazione a Marco Emilio Lepido, ed è quindi una delle rare tangibili testimonianze del console costruttore di strade. Tutto l’ambiente è caratterizzato dalla partizione in misure e numeri riferiti alla lunghezza della strada, alle sue ortogonalità, alle distanze tra le città, ai tempi di percorrenza secondo una grafica ben individuata che accompagnerà tutto il percorso espositivo come imprescindibile riferimento alla geografia della strada e all’ambiente che la circonda. È qui che incontriamo alcuni degli “oggetti” che caratterizzano una strada, come il carro qui riproposto in una ricostruzione in scala 1:1, o i morsi in bronzo dei cavalli, fino ai modellini dei moderni mezzi di locomozione.

Modello di carro romano da trasporto merci e derrate (carrus) in mostra a Reggio Emilia (foto Graziano Tavan)
“Nell’antica Roma esistevano numerose tipologie di carro”, spiegano gli archeologi curatori, “ognuno con caratteristiche differenti in base al loro utilizzo. Una prima distinzione va fatta tra i mezzi utilizzati per il trasporto di persone e quelli adibiti al carico di merci: i carri per il trasporto di persone a loro volta si differenziavano tra mezzi leggeri e veloci, utilizzati da un numero esiguo di passeggeri e per coprire brevi tratte (calessi e carrozze) e carri utilizzati per viaggi lunghi, che potevano trasportare più passeggeri (diligenze)”. Calessi sono il cisium, il covinnus e l’essedum, monoassi a due ruote con telaio senza copertura, trainati da un cavallo, per un passeggero con conducente. Il carpentum era invece una carrozza monoasse, con copertura ad arco, trainata da due animali, per due-tre passeggeri. Tra i carri pesanti c’era il reda, a due assi, trainato da due cavalli, per viaggi di lunga durata: poteva trasportare 4 passeggeri o mille libbre di carico (3,25 quintali). Per lunghi viaggi veniva utilizzata anche la carruca dormitoria, a due assi, trainato da quattro animali, con telaio robusto coperto da un tendone in cuoio con finestrelle. I sei passeggeri potevano contare su vere e proprie cuccette. Tra i carri agricoli, famoso era il plaustrum, con due ruote piene, molto lento. Più agile, ma sempre con due ruote piene, era il sarracum, usato nei campi. Infine c’era il carrus, come quello ricostruito in mostra, destinato al trasporto di merci e derrate, ma anche a trasporti militari: con quattro ruote a otto raggi, e trainato da muli, aveva un pianale chiuso da fiancate lisce o da una piccola ringhiera per trattenere il carico fino a 600 libbre (circa 20 quintali).

La scultura dell’agrimensore proveniente dal museo della Civiltà romana di Roma esposta a Reggio Emilia
Il percorso della mostra ci porta poi a conoscere uno dei quattro vasi in argento iscritti (databili al 330 d.C.), quasi un’imitazione in piccola scala delle pietre miliari, scoperti nel 1852 presso la fonte termale delle Aquae Apollinares a Vicarello (Bracciano), mai uscito prima d’ora dal museo nazionale Romano: riporta inciso un itinerario con le stazioni e le relative distanze dell’intero percorso da Gades, l’odierna Cadice, a Roma, un viaggio di 1835-1842 miglia romane (circa 2700 chilometri). Completano questa sezione, caratterizzata da un lungo murales che mette in dialogo la via Emilia con le altre direttrici di collegamento che in tempi recenti l’hanno affiancata, ma non soppiantata (ferrovia storica, ferrovia Alta velocità, autostrada, perfino rotte aeree), la scultura dell’agrimensore proveniente dal museo della Civiltà romana di Roma e un rarissimo esempio di modello di lituo in bronzo da Sant’Ilario d’Enza (Reggio Emilia), che era l’insegna dell’augure, magistrato/sacerdote addetto alle fondazioni urbane e al tracciamento delle strade. “Presso gli antichi romani”, spiegano i curatori, “l’agrimensore, detto gromaticus, era un tecnico specializzato, una sorta di ingegnere che svolgeva compiti civili e militari, come la misurazione dei terreni pubblici, la suddivisione dell’agro da assegnarsi ai coloni, la definizione della pianta dell’accampamento legionario. L’agrimensore si chiamava gromaticus perché usava la groma, uno strumento utilizzato per tracciare sul terreno allineamenti ortogonali”. Il lituo, invece, era il bastone ritorto e senza nodi impugnato dagli auguri nei riti più sacri, come la definizione del perimetro e delle partizioni del templum, il settore della volta celeste all’interno della quale si potevano trarre gli auspici. Il lituo, come la maggior parte degli strumenti liturgici, fu acquisito dai romani dalle insegne sacerdotali di antica origine etrusca. E proprio da un contesto caratterizzato da strade etrusche, pavimentate e orientate secondo le disposizioni della più antica disciplina religiosa, proviene il frammento di modello di lituo in bronzo del VI-V sec. a.C., esposto in mostra.
(2 – continua; precedente post il 14 gennaio 2018)
“On the road”: la mostra di Reggio Emilia propone una riflessione sulla storia della via Emilia e sul suo fondatore, sul significato della strada nella contemporaneità, in un itinerario che va dalle popolazioni preromane, ai romani, all’avvento del Cristianesimo e Medioevo. Oltre 400 reperti, molti inediti, “messi in scena” con la mediazione di spezzoni di celebri film peplum e il concorso della multimedialità e della tecnologia digitale
Immaginate di essere un centurione romano che marcia al fianco dei legionari agli ordini del console: loro stanno andando a consolidare la sicurezza della Gallia Cisalpina. I Boi sono stati gli ultimi a cadere nell’ultimo scorcio del III sec. a.C. A pochi decenni dalle decisive battaglie di Cremona (200 a.c.) e Mutina (194 a.C.) è ora più facile raggiungere velocemente la pianura Padana: c’è un’asse rettilineo che si incunea come una spada affilata nel cuore della Cisalpina, da Rimini a Piacenza. È la via Emilia, voluta dal console Marco Emilio Lepido nel 187 a.C. Da allora sono passati 2200 anni e noi, come gli antichi legionari, possiamo ancora percorrere fisicamente quella via consolare il cui nome e tracciato rimasti sono così peculiari da dare il nome all’intera regione, l’Emilia-Romagna. Ma possiamo scegliere anche un percorso virtuale che ci permette di conoscere i segreti della via Emilia, la sua costruzione, le sue strutture, i suoi servizi, ma anche le città sorte lungo il suo tracciato e le popolazioni che le abitavano. È quanto proposto dalla mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017” aperta fino al primo luglio 2018 in una città simbolo, Reggio Emilia, che ha preso il nome dal console che tracciò la via Emilia, Marco Emilio Lepido appunto, il quale giocò un ruolo da protagonista anche nel dare forma istituzionale al Forum che da lui prese il nome, Forum o Regium Lepidi.

Lo straordinario ritratto del console Marco Emilio Lepido proveniente dal museo Archeologico nazionale di Luni (foto Carlo Vannini)

La presentazione della mostra “On the road”: da sinistra, l’architetto Italo Rota, il soprintendente Luigi Malnati, il ministro Graziano Delrio, il sindaco di Reggio Emilia Luca Vecchi, la vicepresidente dell’Emilia Romagna Ottavia Soncini, e il direttore dei civici musei Elisabetta Farioli
“On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017”, curata da Luigi Malnati, Roberto Macellari e Italo Rota, è promossa dai Musei Civici del Comune di Reggio Emilia, dal Segretariato regionale del ministero dei Beni e delle Attività culturali e Turismo (Mibact) per l’Emilia-Romagna unitamente alla stessa soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara in collaborazione con la Regione Emilia-Romagna e la Fondazione Pietro Manodori, con il contributo Art Bonus di Credem e Iren, il patrocinio di Anas, sponsor CarServer. Nell’ambito del progetto di promozione della cultura e del territorio “2200 anni lungo la Via Emilia”, Reggio Emilia – con la grande mostra “On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017” propone specificamente una riflessione sulla storia della via Emilia e sul suo fondatore, sul significato della strada nella contemporaneità, in un itinerario che include Età Romana, pre-Romana (Etruschi, Celti, Liguri), avvento del Cristianesimo e Medio Evo, Contemporaneità. Reggio è l’unica città emiliana che conserva nel proprio nome il ricordo del fondatore (eponimo), ma anche della strada su cui si impostava l’intero popolamento della regione che, a sua volta, da essa avrebbe preso nome. Particolare attenzione è dedicata perciò alla riscoperta della figura di Marco Emilio Lepido, il geniale costruttore che, sgominati i Celti e i Liguri, decise la costruzione di una lunghissima strada che collegava le colonie di Rimini e Piacenza, ma anche alla sua fortuna nel corso dei secoli.

Nella suggestiva immagine da satellite dell’Italia si riconosce subito il rettilineo della via Emilia
“C’è tanto di noi in questa On the road “, ha detto il sindaco Luca Vecchi all’inaugurazione, “mostra archeologica in chiave dichiaratamente contemporanea, dedicata a una strada nata come linea di confine tra la civiltà romana e altre popolazioni e divenuta ben presto sistema di connessione e integrazione fra persone, luoghi, città, merci, culture diverse. Edmondo Berselli, a millenni dalla loro fondazione, ha scritto delle città emiliane che sono tanto simili tra loro e quanto sono diverse le une dalle altre: è lo stesso effetto Via Emilia giunto intatto sino a noi, ovvero il saper convivere nelle diversità, connettendole”. E l’architetto Italo Rota, curatore dell’allestimento: “La Via Emilia è per me uno dei grandi gesti dell’umanità. Non a caso è uno dei pochi luoghi perfettamente distinti dai satelliti, e forse non a caso la sua direttrice coincide con tante rotte aeree. Le strade evolvono, possono scomparire senza lasciare traccia: non la Via Emilia, che esiste, vive nei territori che attraversa, si moltiplica senza cambiare percorso ed è nel contempo una miniera di antichi reperti. L’archeologia è materia difficile. Abbiamo pensato di proporre questo grande scenario, che rappresenta una cosa astratta quale la linea della Strada nello spazio e nel tempo, declinando accanto a essa in miniature i luoghi di vita, lavoro, viaggio, che raccontano ai visitatori un luogo antico, contemporaneo, molteplice”.

La statua 3D di Marco Emilio Lepido posta in piazza del Monte, sulla via Emilia, nel cuore di Reggio Emilia
“On the road – Via Emilia 187 a.C. – 2017” è articolata in più sedi: quella principale è al Palazzo dei Musei di Reggio Emilia, alla quale si affiancano il Palazzo Spalletti Trivelli del gruppo bancario Credem e il Museo Diocesano. Ma anche non si possono dimenticare altri luoghi pertinenti, fra cui la sede del Municipio, dove è stata restaurata la scultura settecentesca di Marco Emilio Lepido, che accoglie il visitatore ai piedi dello scalone d’onore. E una riproduzione 3D del monumento dedicato al console, realizzata con stampanti digitali e in polistilene è stata collocata nel cuore di Reggio Emilia, in piazza del Monte, sulla Via Emilia e da qui indica la sede espositiva di Palazzo dei Musei. Proprio al Palazzo dei Musei, l’allestimento su tre piani, a cura dello stesso architetto Italo Rota, si pone l’ambizioso obiettivo di restituire alla sensibilità contemporanea i preziosi reperti archeologici esposti – più di 400: della città, della regione e prestati da grandi istituzioni nazionali, quali il museo nazionale Romano e il museo della Civiltà romana di Roma, il museo Archeologico di Bologna e il museo Archeologico nazionale di Luni – nella ferma convinzione che l’antico non possa non essere oggi osservato se non con occhi contemporanei. Persone, vicende storiche, società romana vengono restituite in raffinati display che ricostruiscono in piccola scala i principali ambienti di vita dell’antica strada romana valorizzando e contestualizzando i materiali archeologici originali, “messi in scena” anche tramite la mediazione di spezzoni di celebri film peplum e il concorso della multimedialità e della tecnologia digitale.

Il prezioso bicchiere da Vicarello (Bracciano) con la più antica rappresentazione figurata di una strada (su concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo – Museo Nazionale Romano)
Per tutta l’età romana e fino alla caduta dell’impero, la strada ha costituito un elemento fondamentale di coesione e collaborazione tra le città che attraversava, veicolo indispensabile per persone, merci e idee. Le diverse popolazioni che avevano abitato la regione dalla protostoria proprio attraverso la via Emilia vennero incluse via via nel modello culturale e civile portato da Roma, che successivamente poté essere adottato anche dalle popolazioni che da tutte le parti dell’impero e da oltre il limes confluirono in Emilia. La mostra è l’occasione per presentare le novità provenienti dagli scavi degli ultimi venti anni a Reggio Emilia e nel suo territorio, ma anche per illustrare col prestito di reperti molto significativi l’itinerario della strada. Tra le opere esposte, alcune hanno lasciato per la prima volta la loro sede originaria, come il bicchiere d’argento da Vicarello (Bracciano) del museo nazionale Romano, con la più antica rappresentazione figurata di una strada; il ritratto di Marco Emilio Lepido da Luni; la stele etrusca con la raffigurazione di un carro dal recente scavo di via Saffi a Bologna; o il fregio d’armi di età romana repubblicana di Piacenza. È tempo dunque di conoscere meglio la Via Emilia. “Camminiamo, idealmente e realmente, lungo la via Emilia: quale luogo migliore per avere consapevolezza di noi stessi e per farci conoscere?”, è l’invito del sindaco di Reggio Emilia, Vecchi. E allora mettiamoci in cammino… on the road.
(1 – continua)
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