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Nell’anno del bicentenario della sua fondazione (1824-2024), il museo Egizio di Torino approda per la prima volta al cinema con “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio”, nelle sale italiane solo per due giorni, il 12 e 13 marzo, con la partecipazione straordinaria del Premio Oscar Jeremy Irons, che guida il pubblico in un viaggio alla scoperta dei tesori di una delle civiltà più affascinanti della storia antica

torino_egizio_film-uomini-e-dei-le-meraviglie-del-museo-egizio_locandinaNell’anno del bicentenario della sua fondazione, il museo Egizio di Torino approda per la prima volta al cinema con “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio”, il film evento che è stato presentato in anteprima alla 41esima edizione del Torino Film Festival e che arriverà nelle sale italiane solo per due giorni, il 12 e 13 marzo 2024 (elenco cinema su nexodigital.it). Prodotto da 3D Produzioni, Nexo Digital e Sky in collaborazione con il museo Egizio e diretto da Michele Mally, che firma il soggetto con Matteo Moneta, autore della sceneggiatura.

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Il premio Oscar Jeremy Irons durante sul set del film “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio” di Michele Mally (foto di Francesco Prandoni)

Il film vede la partecipazione straordinaria del Premio Oscar Jeremy Irons, che guida il pubblico in un viaggio alla scoperta dei tesori di una delle civiltà più affascinanti della storia antica. Completa il viaggio visivo la colonna sonora originale, composta ed orchestrata dal pianista e compositore Remo Anzovino ed eseguita dall’autore con l’Orchestra Sinfonica Accademia Naonis diretta da Valter Sivilotti, in uscita su etichetta Nexo Digital e distribuzione Believe nel 2024. Spiega Remo Anzovino: “La sfida era scrivere una colonna sonora che parlasse di una cultura di cui non conosciamo la musica. Comporre per “Uomini e Dei. Le Meraviglie del Museo Egizio” è stato davvero un viaggio spirituale alla scoperta del profondo significato che la morte aveva nell’Antico Egitto, ossia l’inizio di una nuova vita. In piena sintonia con il regista Michele Mally, l’uso della tecnica del corale a 4 parti bachiano – applicato sia alle sezioni della orchestra sia al pianoforte solo -, di movimenti fugati e di passaggi atonali, mi ha permesso di orientare il suono, per contrasto stilistico, verso il mistero che le immagini e il racconto sullo schermo suggeriscono. Ringrazio il maestro Valter Sivilotti e l’Orchestra Sinfonica Accademia Naonis per avere splendidamente diretto e interpretato la mia musica”. La Grande Arte al Cinema è un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital. Per il 2024 la Grande Arte al Cinema è distribuita in esclusiva per l’Italia da Nexo Digital con i media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it e in collaborazione con Abbonamento Musei.

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Christian Greco, direttore del museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

Reperti, studi scientifici e il dietro le quinte del Museo sono narrati in maniera corale non solo dalla presidente del museo, Evelina Christillin, e dal direttore Christian Greco, ma anche da alcuni dei curatori del museo come Cédric Gobeil, Beppe Moiso, Susanne Töpfer, Paolo Del Vesco, Federico Poole, Johannes Auenmüller, Enrico Ferraris, Alessia Fassone, Tommaso Montonati, dalle  restauratrici Cinzia Oliva, Roberta Genta, Paola Buscaglia del Centro di Conservazione e Restauro de La Venaria Reale, dall’antropologo Pieter Ter Keurs, dal direttore dipartimento Egizio del Louvre Vincent Rondot, dal capo del dipartimento Egitto e Sudan del British Museum Daniel Antoine, dai curatori del British Museum Ilona Regulski e Marcel Maree, dalla direttrice del Ägyptisches und Papyrussammlung di Berlino Friederike Seyfried, dalla direttrice generale museo Egizio del Cairo Sabah Abdel Razik Saddik, dal Ceo di Ima Solutions Sarl Benjamin Moreno. Dal Louvre di Parigi al British Museum di Londra fino all’Ägyptisches Museum di Berlino: sono solo alcune delle importanti istituzioni museali mondiali da cui provengono i membri del comitato scientifico del Museo, che vanta oltre 90 collaborazioni scientifiche con musei, atenei e centri di ricerca internazionali.

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Bernardino Drovetti, al centro, tra le rovine di Tebe nel 1818 (foto museo egizio)

Le collezioni custodite a Torino comprendono oltre 40mila reperti, che hanno una natura antiquaria – in quanto legati al collezionismo e al criterio di raccolta reperti di Bernardino Drovetti, diplomatico piemontese al servizio del governo francese che vendette a Carlo Felice di Savoia il primo nucleo delle collezioni del Museo per 400mila lire dell’epoca – e una natura archeologica, legata a campagne di scavo archeologico promosse da Ernesto Schiaparelli e Giulio Farina in Egitto all’inizio del Novecento. Con oltre un milione di visitatori nel 2023, il museo Egizio è il più antico al mondo dedicato alla civiltà degli antichi Egizi. Al museo Egizio di Torino dei 40mila reperti custoditi, 12mila sono esposti su 4 piani. Sfingi, statue colossali, minuscoli amuleti, sarcofagi, raccontano quasi 4000 anni di storia antica. Tra i reperti celebri nel mondo ci sono il Papiro dei Re, noto all’estero come la Turin King List, l’unica lista che sia giunta fino a noi che ricostruisce il susseguirsi dei faraoni, scritta a mano su papiro, o il Papiro delle Miniere, una delle più antiche carte geografiche conosciute. E ancora sculture come la statua del sacerdote Anen, quella di Ramesse II, quella della cosiddetta Iside di Copto, oltre al ricco corredo funebre di Kha, sovrintendente alla costruzione delle tombe dei faraoni che insieme alla moglie Merit sarà tra i protagonisti di tutto il racconto.

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Statuetta in legno della dea Tauret, dedicata dal disegnatore Parahotep, venerata in ambito domestico, proveniente da Deir el Medina, e conservata al museo Egizio di Torino (foto graziano tavan)

“La strada per Menfi e per Tebe passa da Torino” scrisse Jean-François Champollion che nel 1824, due anni dopo aver decifrato i geroglifici, venne nella capitale sabauda. Ma perché proprio a Torino, nel 1824, si decise di aprire un museo che non aveva uguali al mondo, dedicato a una civiltà ancora in via di svelamento? Chi fu il primo a vedere nelle Alpi il profilo delle piramidi? Per scoprire le origini del museo in “Uomini e dei. Le meraviglie del museo Egizio” risaliremo così il corso del Nilo sulle tracce dei suoi grandi esploratori ed archeologi del passato: Donati, Drovetti, Schiaparelli. Visiteremo i luoghi da cui provengono i principali reperti delle collezioni torinesi, da Giza a Luxor fino all’antico villaggio di Deir el-Medina, abitato dagli scribi e dagli artigiani delle tombe della Valle dei Re e delle Regine. E viaggeremo a ritroso nel tempo, alla metà del 1500, quando i sovrani del Piemonte, i Savoia, per dare prestigio alla loro capitale riscrissero il mito delle origini egizie di Torino, sovrapponendo il toro, simbolo della città, col dio Api, che aveva le sembianze di toro ed era venerato nell’antico Egitto. Attraverso i sarcofagi e gli oggetti del corredo funebre della tomba di Kha e Merit racconteremo invece il viaggio dell’architetto Kha nell’Oltretomba, dal momento della mummificazione ai funerali, fino al giudizio di fronte ad Osiride e alla vita nell’Aldilà, seguendo le pagine del Libro dei Morti.

Torino. All’Accademia delle Scienze presentazione del documentario “Il grande viaggio” di Giulio Cavallini, sulla Collezione Drovetti, acquistata dai Savoia, che avrebbe creato il museo Egizio più antico al mondo, nel 1824. Intervengono Mori, Greco, Roccati e Donatelli

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Due secoli fa in queste settimane stavano arrivando a Torino le casse con i reperti archeologici che avrebbero creato il museo Egizio più antico al mondo, nel 1824.  Migliaia di statue, papiri, mummie, oggetti della vita quotidiana della Collezione Drovetti, fortemente voluta dall’Accademia delle Scienze e acquistata dal re Carlo Felice di Savoia per una cifra enorme: 400mila lire piemontesi. La celebre collezione egizia di Torino, la seconda per importanza al mondo, si costituisce infatti proprio con l’atto d’acquisto della Collezione Drovetti. Giunti a Torino, i reperti vennero sistemati al pian terreno dell’attuale sede, il palazzo dell’Accademia delle Scienze. Il museo fu ufficialmente inaugurato l’8 novembre 1824. “L’acquisto della Collezione Drovetti”, afferma il direttore Christian Greco, “fu un investimento incredibile, una visione strategica, fu capire che questa città e questo palazzo per sempre sarebbero diventati il centro dell’egittologia internazionale”.

Curiosità e retroscena di questo evento straordinario sono raccontati nel documentario “Il grande viaggio” a cura di Silvia Rosa-Brusin, per la regia di Giulio Cavallini, che sarà presentato giovedì 14 dicembre 2023, alle 17.30, nella Sala dei Mappamondi dell’Accademia delle Scienze di Torino, nell’incontro “Il racconto del grande viaggio”. Prenotazione obbligatoria. Per riservare un posto in sala clicca QUI. Intervengono il presidente dell’Accademia delle Scienze Massimo Mori, il direttore del museo Egizio Christian Greco e gli egittologi Alessandro Roccati, accademico, e Laura Donatelli. Dopo la proiezione verranno intervistati dalla giornalista Silvia Rosa-Brusin e risponderanno alle domande del pubblico. In Sala sarà esposto il Catalogo originale della Collezione Drovetti.

Torino. La Compagnia di San Paolo lancia il concorso internazionale di progettazione “Museo Egizio 2024” per ampliamento e rinnovamento della corte interna del Palazzo del Collegio dei Nobili in vista delle celebrazioni del bicentenario del Museo Egizio nel 2024

torino_egizio_corte-interna-palazzo-dei-nobili_concorso_foto-museo-egizioPubblicato sulla piattaforma Concorrimi dell’Ordine degli Architetti di Milano il concorso internazionale di progettazione “Museo Egizio 2024”. E il cronoprogramma è strettissimo: il 26 settembre 2022, è il termine ultimo per la ricezione delle proposte di candidatura; il 14 ottobre 2022, il termine per la pubblicazione dei nominativi dei Concorrenti finalisti ammessi alla seconda Fase del Concorso; il 12 dicembre 2022, il termine ultimo per la ricezione delle proposte progettuali (Progetti di Fattibilità Tecnica ed Economica e altri elaborati); il 20 gennaio 2023, il termine ultimo indicativo per la proclamazione del vincitore. La Fondazione Compagnia di San Paolo, nell’ambito della pluriennale collaborazione istituzionale con la Fondazione Museo delle Antichità Egizie di Torino, indice un concorso per acquisire prestazioni progettuali integrate per consentire l’ampliamento e il rinnovamento della corte interna del Palazzo del Collegio dei Nobili e la conseguente riorganizzazione degli spazi in vista delle celebrazioni del bicentenario del Museo Egizio nel 2024.

torino_egizio_pannello-collezione_foto-museo-egizioCon oltre 10mila mq di percorso espositivo e 11mila reperti esposti nelle sue sale, il Museo Egizio è la seconda collezione di antichità egizie nel mondo nonché la più importante al di fuori dell’Egitto. Il Museo fu fondato nel 1824 dal re Carlo Felice con l’acquisizione di una collezione di 5628 reperti egizi riunita da Bernardino Drovetti, console di Francia in Egitto. La sede del Museo è da allora nel palazzo che nel XVII secolo l’architetto Garove aveva costruito come scuola dei Gesuiti, noto come “Collegio dei Nobili”, e che nel XVIII secolo era diventato sede dell’Accademia delle Scienze. Il percorso museale, dedicato esclusivamente all’arte e alla cultura dell’Egitto antico, si articola in quattro piani coprendo un arco temporale che va dal 4000 a.C. al 700 d.C. Il Museo è tra i luoghi della cultura italiani più visitati a livello nazionale e internazionale.

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La colossale statua di Seti II domina la Galleria dei Re del museo Egizio di Torino (foto Graziano Tavan)

Connubio tra architettura barocca e contemporanea, il progetto contribuirà a rinnovare l’immagine del Museo Egizio e di Torino mostrando la possibilità di integrare tradizione e innovazione. La realizzazione della copertura consentirà di trasferire nella corte i servizi al pubblico, quali bookshop, caffetteria e biglietteria, creando così uno spazio di aggregazione polifunzionale. Dalla nuova corte, inoltre, sarà possibile accedere liberamente al Tempio di Ellesija, donato dall’ Egitto allo stato italiano come ringraziamento per la sua partecipazione alla missione UNESCO nel salvataggio dei templi nubiani. Inoltre, la copertura del cortile interno valorizzerà ulteriormente il Giardino Egizio, all’interno della corte, creando così un ottimo connubio tra natura, verde e spazi ibridi e polifunzionali. Nel suo complesso, il progetto consentirà alla città di fruire di un’agorà, ideata concettualmente come una piazza coperta, a pochi passi dalla vicina piazza Carignano, accessibile da cittadini e turisti, compatibilmente agli orari di apertura del Museo. Il piano ipogeo potrà essere destinato a un nuovo e significativo ampliamento del percorso museale, offrendo così al pubblico ulteriori possibilità di fruizione della collezione museale. Il progetto è di straordinaria rilevanza non solo per il Museo e le sue collezioni, ma per l’intera Torino, che riconosce nell’Egizio un presidio di cultura e conoscenza aperto e inclusivo per i cittadini e per i tanti visitatori. La Compagnia di San Paolo e la Fondazione Museo delle Antichità Egizie guardano al progetto come a un’opportunità straordinaria per favorire la rigenerazione culturale della città e offrire un nuovo segno architettonico incastonato nel cuore barocco di Torino.

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Il direttore del museo Egizio di Torino, Christian Greco (foto museo Egizio)

“La Fondazione Compagnia ha individuato nella progettazione della realizzazione della copertura della corte interna e della riqualificazione del piano ipogeo l’intervento che più valorizza il proprio ruolo rispetto alle celebrazioni del 2024”, dichiara Alberto Anfossi, segretario generale della Fondazione Compagnia di San Paolo. “Pertanto, la nostra Fondazione sarà il soggetto che procederà attraverso una rigorosa procedura concorsuale di ambito internazionale alla selezione di un progetto da offrire con spirito di mecenatismo al Museo”. E la presidente e il direttore del Museo Egizio, Evelina Christillin e Christian Greco: “Siamo molto grati alla Compagnia di San Paolo per gli strumenti e la metodologia innovativa messi a disposizione del Museo Egizio, con l’obiettivo di accompagnarlo e sostenerlo in un nuovo percorso di trasformazione. Consapevoli che per offrire al pubblico e agli studiosi una visione più moderna del Museo e dell’archeologia, serva attrarre i migliori talenti internazionali l’Egizio si pone obiettivi sempre più alti nel campo della ricerca, dell’accessibilità e dell’inclusione. E proprio in questa direzione va il progetto della copertura della corte barocca, che si trasformerà in una nuova agorà accessibile gratuitamente a tutti. Con un progetto a cavallo tra archeologia, botanica e digitalizzazione, porteremo il paesaggio del Nilo nel centro di Torino, nella corte e poi nell’ipogeo del Museo dove i visitatori grazie alle moderne tecnologie digitali si ritroveranno letteralmente immersi nell’antichità e nella storia”.

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La corte interna del Palazzo del Collegio dei Nobili sarà ristrutturata per il progetto “Museo Egizio 2024” (foto museo egizio)

“Da molti anni”, spiega Maria Cristina Milanese, presidente dell’Ordine degli Architetti di Torino, “gli Ordini degli Architetti utilizzano e promuovono i concorsi di architettura come gli strumenti più efficienti per garantire qualità del progetto e la scelta dei progettisti. Avere un partner come la Fondazione Compagnia di San Paolo, che riconosce nella qualità del progetto, una procedura concorsuale da attuare, così come è stato anche per il concorso della Cavallerizza, ed essere parti integranti di un processo internazionale di miglioramento di un luogo straordinario come il Museo Egizio, vanto per la nostra città e riconosciuto in tutto il mondo, non può che essere fonte di soddisfazione del lavoro svolto in questi anni e di crescita da parte della committenza. Il concorso, inoltre, essendo lo strumento che garantisce qualità e trasparenza, restituisce la centralità al progetto”. Gli ambienti del piano terra riguardano una superficie di circa 925 mq ed introdurranno i visitatori al percorso espositivo assolvendo ad alcune funzioni, al momento distribuite in diversi ambienti e piani del Palazzo quali bookshop, lounge, info point, caffetteria, spazio conferenze oltre alla biglietteria, desk per visite guidate, audioguide e guardaroba. È prevista inoltre la progettazione della riqualificazione dell’atrio ipogeo di 1355 mq circa, che diventerà l’inizio del percorso museale.

Torino. Al museo Egizio sesto appuntamento del ciclo “Nel laboratorio dello studioso”: protagonista il Libro dei Morti di Baki e il suo restauro nella mostra curata da Sara Demichelis e Susanne Töpfer “Il Libro dei Morti di Baki. Lo Scriba del Signore delle Due Terre”

L’ingresso della nuova mostra del ciclo “Nel laboratorio dello studioso” al museo Egizio di Torino dedicata a “Il Libro dei Morti di Baki” (foto museo egizio)
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Susanne Töpfer, responsabile della collezione papirologica del museo Egizio di Torino

Per circa due secoli i frammenti del Libro dei Morti di Baki sono rimasti custoditi nei depositi del museo Egizio, ora dopo una lunga e complessa opera di restauro e ricomposizione, iniziata nel 2014, più della metà del papiro è stata riportata a nuova vita. Fino al 5 giugno 2022, il Libro dei Morti di Baki è protagonista del sesto appuntamento (il secondo del 2022) de “Nel laboratorio dello studioso”, il ciclo di mostre che accompagna i visitatori dietro le quinte del museo Egizio di Torino, alla scoperta dell’attività scientifica condotta dai curatori ed egittologi del Dipartimento Collezione e Ricerca del museo. Sotto i riflettori dell’esposizione, dal titolo appunto “Il Libro dei Morti di Baki. Lo Scriba del Signore delle Due Terre”, curata da Sara Demichelis, egittologa della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Torino, e da Susanne Töpfer responsabile della Collezione Papiri del museo Egizio, c’è il papiro funerario di Baki, ma anche l’opera di  restauro avvenuta  sotto la direzione di Sara Demichelis e Elisa Fiore Marochetti della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Torino,  in collaborazione con il museo Egizio, l’Archivio di Stato di Torino e l’Istituto di Archeologia orientale del Cairo.

Frammenti del Libro dei Morti di Baki sotto la lente di ingrandimento nella mostra “Il Libro dei Morti di Baki. Lo Scriba del Signore delle Due Terre” al museo Egizio di Torino (foto museo egizio)

Il restauro ha preso le mosse dall’analisi di migliaia di frammenti, sottoposti poi a pulitura e consolidamento preliminare. I frammenti sono stati poi trasferiti dal museo Egizio al Laboratorio di Restauro dell’Archivio di Stato di Torino, dove si è perfezionato il riconoscimento dei testi e la ricostruzione delle vignette. I restauratori sono quindi intervenuti per consolidare e giuntare i frammenti. Gli insiemi ricostruiti, più della metà del papiro originario, sono stati infine posizionati tra due lastre di vetro. Alcuni dei frammenti del papiro si trovano oggi al Cairo, perché nel 1917 una missione archeologica francese ha lavorato alla tomba di Baki a Deir el-Medina, e lì sono stati rinvenuti altri frammenti del Libro dei Morti.

Panoramica sul sito archeologico di Deir el-Medina a Tebe Ovest (foto museo egizio)

Deir el-Medina, a cui è dedicata una delle sale più importanti del museo Egizio, è l’antico villaggio di fronte all’attuale Luxor, dove abitavano le maestranze specializzate nella costruzione e nella decorazione delle tombe regali nella Valle dei Re e in quella delle Regine. Proprio a Deir el-Medina il proprietario del papiro, Baki, sotto il regno di Seti I, che salì al trono intorno al 1690 a. C. ed era padre di Ramses II, diresse i lavori della tomba regale. Baki ricoprì un ruolo di primo piano nella comunità di Deir el-Medina, come si evince anche dal complesso funerario della sua famiglia. Si tratta di due cappelle realizzate all’interno di piccole piramidi in mattoni crudi, davanti alle quali un pozzo funerario dava accesso a cinque ambienti sotterranei. La tomba era stata già depredata nell’antichità quindi del corredo funerario che accompagnava la sepoltura rimangono pochi oggetti: una statua funeraria a nome di Baki, tre statuine a nome della moglie, e i frammenti del Libro dei Morti, giunto a Torino nel 1824 già in pessime condizioni di conservazioni. Il papiro faceva parte di quella collezione di antichità egizie riunita dal console Bernardino Drovetti in Egitto due secoli fa, acquistata poi da Carlo Felice di Savoia, che ne fece il nucleo fondante della collezione del museo Egizio.

Bernardino Drovetti, al centro, tra le rovine di Tebe nel 1818 (foto museo egizio)
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Pannello didattico della mostra “Il Libro dei Morti di Baki. Lo Scriba del Signore delle Due Terre” (foto museo egizio)

Molti papiri della collezione Drovetti arrivarono a Torino in pessimo stato di conservazione. Il papiro con il Libro dei Morti di Baki era frantumato in migliaia di piccoli pezzi, coperti di polvere e terra, schiacciati e ripiegati. I frammenti del papiro, nel corso degli anni, furono riposti in modo disordinato dentro scatole e cartelline e mescolati con altri non pertinenti. Solo una parte del capitolo 148 era stata ricostruita nel corso del 1800, ma se ne era persa la connessione con l’insieme originario. Le porzioni allora ricomposte sono ben riconoscibili perché l’esposizione alla luce e agli agenti inquinanti ne hanno alterato in modo irreparabile i colori. Come è noto, il Libro dei Morti è costituito da una raccolta di formule magiche, incantesimi ma anche preghiere e inni agli dei. Grazie al Libro dei Morti di Baki abbiamo oggi un’idea più chiara di quale fosse la sequenza testuale adottata nei papiri funerari di Deir el-Medina. Il papiro di Baki è, per motivi stilistici, riconducibile all’opera della bottega del pittore Pay, capostipite di una dinastia di artisti, che si occupò delle tombe più celebri del villaggio, tra cui quella regina Nefertari, moglie di Ramesse II.

“Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”: nell’ultima clip del museo Egizio protagonista Torino e Bernardino Drovetti (1776-1852), l’avventuroso diplomatico che raccolse la ricca collezione di antichità egizie, ammirata all’apertura del museo Egizio nel 1824

Ultima tappa, Torino. Il viaggio proposto dal museo Egizio tocca Torino con l’ultima delle otto clip del progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri” in collaborazione con il Centro Studi Piemontesi e il patrocinio della Regione Piemonte. “Vi porteremo in giro per il Piemonte per raccontarvi storie di uomini audaci e appassionati di antico Egitto”, spiegano al museo. “Toccheremo tutte le province piemontesi, incontreremo le storie di personaggi vissuti tanto tempo fa: numismatici, viaggiatori, archeologi, architetti e collezionisti che, “parlando” in piemontese (sottotitolata in italiano), racconteranno perché c’è un museo Egizio proprio a Torino!”. L’ottava puntata è dedicata a Torino e Bernardino Drovetti (1776-1852), l’avventuroso diplomatico che raccolse una ricca collezione di antichità egizie, e all’apertura del museo Egizio nel 1824. La tappa è raccontata in piemontese da Albina Malerba, direttrice del Centro studi piemontesi.

Il diplomatico Bernardino Drovetti da Barbania (To) (foto museo Egizio)

A Torino, nel 1824, viene inaugurato il museo Egizio. La domanda sorge spontanea: come arriva in Piemonte tanta ricchezza? Perché la capitale sabauda diventa custode di una collezione di antichità egizie che ancora oggi è considerata tra le più importanti al mondo? La storia è lunga, potremmo intrattenere nipoti e pronipoti, perché inizia nel ‘600 e attraversa il ‘700 con i primi viaggiatori che anche dal Piemonte partono alla scoperta dell’Egitto, terra dei faraoni e di mistero di cui si fantasticano le meraviglie. Ma il culmine del racconto è nell’800, con l’arrivo di oltre 8mila oggetti: statue monumentali, bronzi, papiri, stele, sarcofagi, mummie, vasi, amuleti e monete, un immenso tesoro acquistato da un re, Carlo Felice, appassionato di arte e di cultura, ma più di tutto impegnato a risollevare il prestigio del casato e della capitale sabauda. Ma chi aveva raccolto una collezione così vasta in Egitto? Il merito è di un altro piemontese, Bernardino Drovetti, nato a Barbania (To). Sedotto dalle idee illuministe che arrivano d’Oltralpe, nel 1796 entra nelle fila dell’esercito francese al seguito di Napoleone Bonaparte. È intraprendente e fa carriera fino a sbarcare in Egitto come console generale di Francia. Consapevole del crescente interesse europeo per le antichità egizie, Drovetti ne raccoglie in gran quantità e qualità, dedicandosi a ricerche e scavi, convinto che saranno molto apprezzate in Europa. La vicenda dell’acquisto della collezione è tutt’altro che semplice. Drovetti considera l’interesse della Francia, dell’Inghilterra, del Regno di Baviera e della Russia ma in cuor suo desidera che queste ricchezze che ha faticosamente raccolto trovino dimora in Piemonte, la sua terra natale. Nel 1823, dopo lunghe trattative, Drovetti riesce nel suo intento. Il re Carlo Felice di Savoia firma il contratto e l’intera collezione viene ceduta per la cifra di 400mila lire piemontesi. Il viaggio dall’Egitto è un’avventura da romanzo d’appendice (feuilleton). Nell’inverno del 1823 gli oggetti raggiungono Genova via mare, poi varcano le Alpi per arrivare finalmente a Torino su carri trainati da decine di cavalli e di buoi. L’antico Egitto giunse così nella capitale sabauda e i faraoni trovarono casa nel palazzo barocco che ospitava già la Reale Accademia delle Scienze, ancora oggi sede del museo Egizio. Nei primi giorni di novembre del 1824, il museo Egizio apre le porte al pubblico, dapprima solo agli studiosi e otto anni più tardi a tutti i cittadini siano essi nobili, borghesi o semplici curiosi, visitatori di ogni età che ora come allora scelgono Torino sedotti dal fascino irresistibile dell’antico Egitto.

“Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”: nella seconda clip del museo Egizio protagonista Alessandria e Carlo Vidua conte di Conzano, grande viaggiatore, che convinse il re Carlo Felice ad assicurarsi la collezione che costituì il nucleo fondante del museo Egizio di Torino

Dopo Cuneo, Alessandria. Il viaggio proposto dal museo Egizio di Torino tocca Alessandria con la seconda delle otto clip del progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri” in collaborazione con il Centro Studi Piemontesi e il patrocinio della Regione Piemonte. “Vi porteremo in giro per il Piemonte per raccontarvi storie di uomini audaci e appassionati di antico Egitto”, spiegano al museo. “Toccheremo tutte le province piemontesi, incontreremo le storie di personaggi vissuti tanto tempo fa: numismatici, viaggiatori, archeologi, architetti e collezionisti che, “parlando” in piemontese (sottotitolata in italiano), racconteranno perché c’è un museo Egizio proprio a Torino!”. La seconda puntata è dedicata ad Alessandria e a Carlo Vidua raccontata in piemontese da Giovanni Tesio dell’università del Piemonte Orientale “Amedeo Avogadro”. Il conte, originario di Casale Monferrato, fu uno dei più intrepidi viaggiatori dell’Ottocento! Grazie alla sua opera di persuasione, il re Carlo Felice di Savoia si assicurò la collezione che costituì il nucleo fondante del museo Egizio di Torino.

Carlo Fabrizio Vidua, conte di Conzano (Alessandria) (foto museo egizio)

Talvolta il destino di un uomo si può intuire dai suoi giochi d’infanzia. Siamo in provincia di Alessandria verso la fine del ‘700, a pochi chilometri da Casale Monferrato. Nel giardino di una elegante dimora nobiliare, c’è un bambino intento a scavare, convinto che così raggiungerà gli antipodi della terra: è Carlo Fabrizio Vidua, Conte di Conzano (1785-1830). Bibliofilo, collezionista e archeologo, spinto da una insaziabile fame di conoscenza, Vidua diventerà il più intrepido viaggiatore dell’800. E sarà grazie alla sua caparbietà e alla sua opera persuasiva che il re Carlo Felice di Savoia si aggiudicherà la collezione che costituisce il nucleo fondante del museo Egizio. “Il gusto di viaggiare è il più bello di tutti i gusti, soprattutto nei paesi ricchi di ruine e di memorie grandi” scrisse Vidua poco prima di partire per l’Egitto, un paese che accende la sua curiosità grazie alle descrizioni dello zar Alessandro I, conosciuto durante un viaggio in Russia e con cui intrattiene un vivace scambio intellettuale. Nella terra dei faraoni rimane un anno e mezzo, viaggiando dalla foce del Nilo alla Nubia; descrive la grandiosità dell’Egitto con parole e disegni e, desideroso di non separarsi più da tanta meraviglia, raccoglie una piccola collezione da portare in Italia a testimonianza della civiltà più affascinante che abbia mai visto. Al Cairo incontra monsieur Drovetti, console generale di Francia, che gli illustra la sua ineguagliabile collezione di antichità egizie. Ne comprende immediatamente l’importanza. Con il supporto di un gruppo di nobili eruditi e progressisti piemontesi, si spende affinché la capitale sabauda si assicuri tanta ricchezza di storia, di arte, di archeologia, di bellezza. “Questo patrimonio mi sta moltissimo a cuore”, scrive Vidua. “Desidero che i forestieri non possano più dire: Torino è una città forte, regolare… ma non c’è quasi niente da vedere”. Nel 1824, il Conte di Conzano vede avverarsi il suo sogno, la felice intuizione di un coltissimo visionario che assicura a Torino milioni di visitatori che da allora non smettono di affollare le sale del museo Egizio.

“Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri”: nella prima clip del museo Egizio protagonista Cuneo e Giulio Cordero di San Quintino, lo studioso che trasferì e ordinò la collezione a Torino

Parte da Cuneo il viaggio proposto dal museo Egizio di Torino con la prima delle otto clip del progetto “Dalle Alpi alle Piramidi. Piccole storie di piemontesi illustri” in collaborazione con il Centro Studi Piemontesi e il patrocinio della Regione Piemonte. “Vi porteremo in giro per il Piemonte per raccontarvi storie di uomini audaci e appassionati di antico Egitto”, spiegano al museo. “Partiremo da Cuneo per toccare tutte le province piemontesi, incontreremo le storie di personaggi vissuti tanto tempo fa: numismatici, viaggiatori, archeologi, architetti e collezionisti che, “parlando” in piemontese (sottotitolata in italiano), racconteranno perché c’è un museo Egizio proprio a Torino!”.

Giulio Cordero di San Quintino da Mondovì (Cuneo) (foto museo egizio)

Cuneo è legata alla figura di Giulio Cordero di San Quintino (1778-1857), lo studioso che trasferì e ordinò la collezione a Torino. A raccontare in piemontese letterario la storia e la vita di Giulio Cordero (“e anche le sue emozioni, almeno verosimili, non essendoci testimonianze a riguardo”, ricorda il direttore Christian Greco) è Albina Malerba, direttrice del Centro Studi Piemontesi. Originario di Mondovì, dove nasce nel 1778, è tra i protagonisti della nascita del museo Egizio e della sua apertura al pubblico. Nel 1823 il Cordero fu chiamato a far parte di una commissione di accademici incaricati di redigere l’inventario della raccolta di antichità egiziane di Bernardino Drovetti, acquistata da re Carlo Felice di Savoia, e di curarne il trasporto e il trasferimento da Livorno a Torino: erano più di 300 casse colme di reperti insieme alla colossale statua di Seti II, alta più di 5 metri per cinque tonnellate di peso, che giunse nella capitale sabauda su due carri di artiglieria trainati da 16 cavalli. Giulio Cordero fu incaricato anche di trovare una sede adatta all’esposizione della ricca collezione. Nel 1824 aveva già catalogato più di 8mila oggetti posti nell’ex Collegio dei Nobili, dove era stato da studente, ora Reale Accademia delle Scienze. Lì nello stesso anno, il 1824, aprì il museo Egizio, il primo di antichità egizi del mondo, sotto lo sguardo soddisfatto di Giulio Cordero di San Quintino che, in occasione della visita a Torino di Jean François Champollion, che da poco aveva decifrato i geroglifici, respinse la richiesta dello studioso francese di tagliare i lunghi papiri per facilitarne la lettura. Grazie a lui i preziosi papiri sono ancora a Torino, integri.