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Fotografia in lutto. Si è spento a 91 anni Mimmo Jodice, un gigante della fotografia, voce poetica di Napoli. Cordoglio di tutta la città. Il ricordo commosso di enti culturali, istituzioni, ex allievi. Il ministro Giuli: “ha saputo raccontare con la luce l’anima nascosta delle città, dei volti, delle rovine, della memoria”

Fotografie di Mimmo Jodice con i Corridori dalla Villa dei Papiri sulle pareti della stazione Museo della Metro di Napoli (foto anm na)

Quegli sguardi fissi, quegli occhi, quei movimenti che vengono dal passato e ti accompagnano verso l’uscita della stazione Museo della metropolitana di Napoli e ti preparano alle emozioni che ti aspettano, in superficie, al museo Archeologico nazionale di Napoli. Quelle immagini che fanno “parlare” l’Antico sono scatti memorabili del fotografo Mimmo Jodice: un patrimonio universale le sue foto, oggi ancora più prezioso. Domenico Mimmo Jodice si è spento a 91 anni il 28 ottobre 2025 a Napoli, nella sua Napoli dove erano nato, nel rione Sanità, il 29 marzo 1934. Lascia la moglie Angela, e i figli Barbara e Francesco. Napoli piange il suo figlio che ha fatto conoscere la città fuori dagli stereotipi. Grande il cordoglio di enti culturali, istituzioni, ex allievi, comuni cittadini. Per tutti il sindaco Gaetano Manfredi e tutta l’amministrazione comunale di Napoli esprimono “profondo cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia e voce poetica della città. Con la sua arte, Jodice ha saputo raccontare Napoli al di là dei cliché, restituendone l’anima più autentica”.  Giovedì 30 ottobre 2025, dalle 12 alle 16.30, per volontà del sindaco e della famiglia, la camera ardente sarà allestita al Maschio Angioino, luogo simbolico e caro all’artista, che ha ospitato la sua ultima grande mostra “Napoli Metafisica”.

L’annuncio della morte di Mimmo Jodice da parte di RaiNews

Mimmo Jodice è stato uno dei più grandi fotografi di sempre. Autodidatta, si avvicina alla fotografia negli anni ’50. Negli anni ’60 Jodice ha collaborato con artisti come Andy Warhol, Joseph Beuys, Sol LeWitt, Michelangelo Pistoletto e Alberto Burri. Dal 1970 al 1994 ha insegnato fotografia all’Accademia di Belle arti di Napoli. Nel 1970 la sua prima mostra nazionale Nudi dentro cartelle ermetiche alla galleria il Diaframma di Milano, con presentazione di Cesare Zavattini. Negli anni successivi si susseguono le mostre personali nei musei di tutto il mondo: Philadelphia Museum of Art 1995; Maison Européenne de la Photographie 1998; museo di Capodimonte 1998; Galleria nazionale d’Arte moderna e contemporanea 2000; Massachusetts College of Art and Design 2001; Moscow House of Photography 2004; Museu de Arte de Sao Paulo 2004; MART 2004; Bassano Fotografia 2013. Nel 2001 la Galleria d’Arte moderna di Torino gli ha dedicato un’esauriente Retrospettiva 1965/2000. Nel 2002 vince il Premio Flauto d’Argento. Nel 2003 è il primo fotografo a ricevere il Premio “Antonio Feltrinelli” dell’Accademia nazionale dei Lincei. Nel 2006 l’università Federico II gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Architettura. Nel 2007 espone alla Fondazione Forma di Milano l’importante retrospettiva “Perdersi a guardare – Trenta anni di fotografia in Italia” che verrà poi esposta l’anno successivo ad Arles e di cui l’Editore Contrasto pubblica il libro omonimo in italiano, inglese e francese. Il museo d’Arte contemporanea di Napoli (MADRE) nel 2016 decide di dedicare una grande retrospettiva sul lavoro del fotografo. Tra i lavori che restano nella storia della fotografia le Vedute di Napoli e la serie Anamnesi, le foto ai capolavori del museo Archeologico nazionale di Napoli. “Con Mimmo Jodice scompare un maestro indiscusso della fotografia italiana e internazionale”, dichiara il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, “un uomo di rara sensibilità che ha saputo raccontare con la luce l’anima nascosta delle città, dei volti, delle rovine, della memoria. Il suo sguardo era insieme antico e radicalmente moderno, capace di rendere visibile l’invisibile. La nostra amicizia, maturata durante la mia presidenza al Maxxi, era nutrita dalla comune convinzione che le arti riescano a trovare un senso compiuto quando vengono poste al servizio della società. È esattamente l’ideale che il maestro Jodice perseguì lungo l’intero arco della sua inarrivabile carriera. A sua moglie Angela e alla sua famiglia va il mio caloroso abbraccio”.

Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, con il fotografo Mimmo Jodice (foto da profilo FB de luca)

Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania: “Addio a Mimmo Jodice, uno dei grandi maestri della fotografia italiana del secondo Novecento e dell’età contemporanea. Legato intimamente a Napoli, in particolare al Rione Sanità, dov’era nato e cresciuto, ne ha rappresentato le problematiche e le contraddizioni sociali. È stato un grande innovatore delle tecniche e delle forme espressive. La macchina fotografica per Mimmo Jodice era un mezzo per raccontare la natura umana andando oltre il tempo e lo spazio. È stato un artista a tutto tondo, un grande intellettuale che ha dato lustro a Napoli e alla Campania a livello mondiale. Nel 2016, la Regione Campania, prodotta dal Museo Madre, gli aveva dedicato la prima monografia retrospettiva, come tributo ad una lunghissima carriera artistica. È una grave perdita per la nostra comunità. Facciamo le nostre condoglianze ai suoi familiari. Lo ricorderemo sempre con grande gratitudine ed affetto”.

Atleti dalla Villa dei Papiri, 1986: foto di Mimmo Jodice dei capolavori conservati al Mann

Museo Archeologico nazionale di Napoli. “Da ragazzo vivevo nella Sanità e lavoravo in una libreria a Port’Alba (…). Quando la libreria chiudeva per la pausa, mangiando il mio panino, mi fiondavo al Museo Archeologico. Lì trascorrevo la mia ora di pausa, conversando con la -mia- scultura. Ogni giorno sceglievo con chi parlare, un dialogo muto, intenso con uno degli Atleti, oppure con la Venere in Bikini o ancora con le Danzatrici. A seconda delle mie infelicità, paure o difficoltà, sceglievo colui o colei per confidare la mia vita difficile” (Mimmo Jodice per il libro “MANN che Storia”, “La Repubblica Napoli”, marzo 2022). Grazie a Mimmo Jodice, fotografo di fama internazionale che ha sempre conservato semplicità e coerenza, pur avendo segnato pagine indimenticabili della storia dell’arte. Il direttore generale del Mann, Francesco Sirano, lo ricorda così: “Mimmo Jodice ha dedicato al nostro Museo delle fotografie indimenticabili: tra queste, i celebri scatti dei capolavori della Villa dei Papiri sono la rappresentazione tangibile del valore universale dell’arte. Il perdersi a guardare di Mimmo Jodice rappresenta l’esito di un percorso rigoroso di studio attraverso uno sguardo onesto e acutissimo, appassionato di Napoli”.

Foto di Mimmo Jodice sulla copertina del libro “MANN che Storia” (“La Repubblica Napoli”, marzo 2022)

Paolo Giulierini, già direttore del Mann: “Addio Maestro, addio Mimmo. Scegliemmo uno dei tuoi capolavori per raccontare otto anni di riscatto. Non poteva essere altrimenti. E su quella scala del Museo, quel giorno che mi avevano estromesso, tu c’eri a metterci la faccia”.

Fotografie di Mimmo Jodice con le Danzatrici dalla Villa dei Papiri sulle pareti della stazione Museo della Metro di Napoli (foto anm na)

Anm Napoli. Con le immagini tratte dalla collezione delle Stazioni dell’Arte di Metro Linea 1, Museo e Municipio, rendiamo omaggio a Mimmo Jodice, grande maestro della fotografia italiana, scomparso il 28 ottobre 2025. Le accompagniamo con le sue stesse parole, tratte da una toccante intervista del 2015 in cui raccontava il suo profondo dialogo con la statuaria antica: “Ho dialogato con loro, ho cercato innanzitutto di rendere queste espressioni, queste facce, non come pezzi di marmo o di bronzo […] Prima di scattare una foto aspetto un tempo lungo, per cercare di capire che cosa stanno guardando questi occhi. La cosa che mi interessa di più è riuscire a cogliere i sentimenti. Tutto cambierà, ma queste immagini sono l’eternità, un modo di essere, come siamo stati e come saremo”.

Il fotografo napoletano Domenico Mimmo Jodice (foto paerco)

Il parco archeologico di Ercolano esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia contemporanea e testimone sensibile della bellezza e della memoria del nostro patrimonio. Con il suo sguardo unico, Jodice ha saputo restituire attraverso l’obiettivo l’anima senza tempo dei siti e reperti archeologici, tra cui spiccano quelli ercolanesi, intrecciando presente e passato in immagini che sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo. La sua arte, capace di cogliere silenzi, dettagli e prospettive, ha dato nuova voce ai luoghi della cultura, contribuendo a rafforzare il legame tra la comunità e le sue radici. Il Parco di Ercolano si unisce al dolore della famiglia, del mondo della fotografia e di quanti hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzare la sua opera. Le sue immagini restano testimonianza viva e continueranno a ispirare le generazioni future.

La Piscina Mirabilis di Pozzuoli vista da Mimmo Jodice (pafleg)

Parco archeologico dei Campi Flegrei. Se n’è andato Mimmo Jodice, maestro della fotografia. Il suo sguardo innovativo, che si è posato anche sui monumenti dei Campi Flegrei, ha contribuito a rivoluzionare il mondo della fotografia. Il parco archeologico dei Campi Flegrei si stringe al cordoglio.

Mimmo Jodice col direttore Eike Schmidt al museo di Capodimonte (foto museo capodimonte)

Museo e real bosco di Capodimonte. Il direttore Eike Schmidt, i dipendenti e tutti i collaboratori del museo e real bosco di Capodimonte salutano il maestro Mimmo Jodice, immensa figura di artista e grande napoletano. “Nel porgere il nostro più profondo cordoglio alla famiglia e alla comunità artistica”, dichiara il direttore Schmidt, “non possiamo che rinnovare la nostra riconoscenza per il legame speciale che l’indimenticabile Maestro ha avuto con Capodimonte, testimoniato da importanti donazioni tra le quali la sua amata camera oscura. Caro Maestro, il Centro che porterà il suo nome sarà come voleva dedicato alla formazione dei giovani. Un impegno sacro preso con Lei e con la Sua famiglia che onoreremo con orgoglio”.

“Attesa” di Mimmo Jodice nella mostra opsitata al museo MADRE di Napoli

La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e il museo Madre ricordano Mimmo Jodice. “In anni in cui il la fotografia era prevalentemente strumento per indagini documentaristiche”, scrive la storica dell’arte Olga Scotto di Vettimo, “Mimmo Jodice (Napoli, 1934) sperimenta le potenzialità stesse del mezzo fotografico, conducendo la sua ricerca all’interno di un ambito di ascendenza concettuale. Il nudo, il ritratto e l’oggetto banale diventano il pretesto per interrogare la tecnica e il linguaggio fotografico, mettendo in secondo piano ogni dato emozionale e interpretativo. In tal modo, Jodice sperimenta e decostruisce, combina elementi astratto-cubisti con quelli figurativi, interviene sulla carta attraverso il collage e lo strappo e, ancor prima, nella camera oscura, imponendo movimento e potenzialità a soggetti statici”. Il museo MADRE di Napoli ha conferito a Mimmo Jodice il suo primo “Matronato alla carriera” nel 2014, in riconoscimento della sua eccellente carriera artistica. Inoltre, nel 2016, il museo ha ospitato la più grande retrospettiva a lui dedicata, intitolata “Attesa, 1960-2016”, che presentava più di cento opere.

Festa Teatrale per il giorno onomastico del Teatro di San Carlo: scenoigrafia di Carosi su foto di Jodice (foto teatro san carlo)

Il Teatro di San Carlo di Napoli si unisce al cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice. Con la sua opera ha saputo raccontare Napoli, la sua luce e la sua memoria, restituendo alla fotografia una profonda dimensione poetica e civile. La sua ricerca artistica, segnata da sensibilità e visione, ha contribuito in modo indelebile alla cultura del nostro tempo. Il Teatro di San Carlo ricorda con riconoscenza un Maestro che ha onorato la nostra città con la sua arte e il suo sguardo unico sul mondo. Il 4 novembre 1987, la scenografia di Mauro Carosi fu basata su un celebre scatto di Mimmo Jodice in occasione dello spettacolo firmato da Roberto De Simone per il 250° anniversario del Teatro.

SCABEC. Ci lascia Mimmo Jodice, maestro che con il suo sguardo ha saputo trasformare l’antico in visione contemporanea. Grazie Maestro.

Villa Jovis a Capri: Opera 43, 1984, di Mimmo Jodice (musei di capri)

Musei di Capri. Con profonda tristezza apprendiamo la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia italiana contemporanea. Nel 2010 la Certosa di San Giacomo ha accolto la sua mostra “Figure del mare”. La visione del mare come luogo del vuoto, il silenzio, la sospensione del tempo, la persistenza del passato nel presente, frammenti di corpi e di volti di sculture della classicità restituiti dal mare.

Mostra “Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana” al museo delle Civiltà (foto muciv)

Il MUCIV-Museo delle Civiltà si stringe alla famiglia di Mimmo Jodice nel ricordo di un grande artista della fotografia. Attorno a colui che ha ispirato coloro che hanno deciso di fotografare il mondo grazie ai suoi generosi insegnamenti, alla sua visione tanto estetica quanto etica. Dalla Napoli antropologica e popolare a quella surreale e metafisica, dalle immagini in cui ridà vita a architetture, sculture e paesaggi dell’archeologia alle immagini dei vuoti delle megalopoli contemporanee. Jodice celebra un umanesimo paziente e sapiente, riuscendo a dare rappresentazione al tempo oltre che allo spazio, in un’”attesa” che non ha fine. Nel suo mare Mediterraneo continueremo a ricordarlo tra gli echi e le memorie della mostra “Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana”. Grazie, Mimmo.

Mimmo Jodice al Mart di Rovereto in occasione della presentazione della mostra: Mimmo Jodice. Dalla collezione “i Cotroneo” (foto Mart, Jacopo Salvi, 2016)

MART di Rovereto. Ci uniamo al cordoglio del mondo dell’arte per la scomparsa di Mimmo Jodice, artista a cui siamo molto legati e di cui conserviamo splendide opere. Fanno parte del patrimonio del Mart le fotografie del celebre ciclo “Mediterraneo”, alcune delle quali inserite nella mostra “Sport. Le sfide del corpo”, e sei opere appartenenti alla serie “Isolario Mediterraneo” che Jodice stesso decise di donarci. La nostra vicinanza va oggi ai familiari di Mimmo Jodice e in particolare al figlio Francesco a cui mandiamo un caloroso abbraccio.

Omaggio di Udine Musei al maestro Mimmo Jodice (foto da FB)

Udine Musei. Siamo vicini alla famiglia di Mimmo Jodice. Ci stringiamo attorno ad Angela, Barbara e Francesco. Oggi accendiamo con riconoscenza le luci sulla sua opera, le sue visioni e i suoi valori.

Occhi dalla collezione Mediterraneo di Mimmo Jodice (dal profil FB di laura noviello)

L’archeologa Laura Noviello: “Il “genio” di saper “scrivere con la luce”, il fotografare di Mimmo Jodice: di restituire al passato una contemporaneità viva di carne ferita e sangue. E al nostro quotidiano vivere un passato che è puro, eterno presente. Mimmo, un meraviglioso napoletano. Ci pensavo attraversando la metro, che i corridori ercolanensi mi guardavano accanto alle Danaidi nei tunnel cingolati di ferro, in mezzo alla folla. “Eccolo il genio”, e mentre tornavo in superficie davanti all’apparizione dell’Antro cumano con i suoi tagli straordinari di luce. Ai miei occhi ho sempre avuto peplophorai e amazzoni da lui ritratte, tanto che sabato davanti a quella ercolanense, ancora una volta, ho rivisto il suo occhio e il volto ferito. Non ho talento negli elogi pubblici, ma rivedo anche la mia prima, piccola agenda, costellata di sue foto vesuviane e in me è tutta la gratitudine immensa davanti alla costruzione di un universo complesso e stratificato di senso e significati. Se viviamo in questo tempo che è tutti i tempi insieme, danzando con le Danaidi e tra i corridori al Museo come in metro e ovunque a Napoli, è anche grazie a chi, come Mimmo, ha saputo cogliere e rendere tangibile questo straordinario miracolo che ci è dato. Ha lasciato un segno, uno sguardo, un modo di raccontare la terra campana: flegrea e vesuviana come nessun altro. D’altronde parlando di Napoli diceva e non a torto: “Se fossi nato a Milano o a Zurigo non avrei fatto il fotografo”. Inutile anche argomentarne il perché. A lui tutta la nostra viva e meravigliata gratitudine. Grazie Maestro”.

Il fotografo Mimmo Jodice con l’archeologo Giuliano Volpe (foto da FB)

L’archeologo Giuliano Volpe: “Un grande dispiacere per la perdita di Mimmo Jodice, grande fotografo con una sensibilità particolare per l’archeologia, il patrimonio culturale ma soprattutto per le persone. La sua celebre fotografia con la testa di Demetra tenuta con la sua stessa mano mentre la fotografava, è la copertina di un mio libro: Mimmo me la donò gratuitamente e generosamente, l’ho mostrata migliaia di volte in tante occasioni perché per me ha sempre rappresentato l’essenza del nostro patrimonio, bello, ricco, danneggiato e soprattutto bisognoso di una iniziativa dal basso, come quella mano. Una foto diventata anche simbolo del Rione Sanità, dove era nato e al quale è restato sempre legato, come presidente onorario della Fondazione San Gennaro e grande sostenitore del progetto di Antonio Loffredo. Grazie caro Mimmo, persona generosa, disponibile, colta, sensibile, le tue splendide foto resteranno immortali”.

Demetra, Opera III, Ercolano: foto di Mimmo Jodice (da profilo FB di caterina greco)

L’archeologa Caterina Greco: “Nessuno come lui ha saputo rendere contemporanea l’arte antica”.

Mimmo Jodice in Calabria (foto da profilo FB di Mirella Stampa Barracco)

Fondazione Napoli Novantanove. “Ci piace ricordare il nostro caro amico Mimmo Jodice”, scrive Mirella Stampa Barracco, “a cui ci legava affetto, stima e una profonda riconoscenza per quanto aveva fatto per la nostra Fondazione: dalla foto dell’Arco di Trionfo violato nel 1989 al magnifico album di 40 foto in Calabria rappresentazione in chiave moderna di un percorso del Grand Tour. Ci mancherà molto non solo a noi ma a tutti quelli come lui che hanno visto, sognato un mondo migliore. Grazie Mimmo”.

Gibellina in uno scatto di Mimmo Jodice (da profilo FB orestiadi)

La 𝗙𝗼𝗻𝗱𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗢𝗿𝗲𝘀𝘁𝗶𝗮𝗱𝗶 di Gibellina (Tp) ricorda con profonda gratitudine Mimmo Jodice, fotografo e testimone poetico del Novecento, la cui ricerca ha saputo trasformare lo sguardo in pensiero, la realtà in memoria. Con il suo lavoro ha raccontato l’Italia, Napoli, il Mediterraneo, il tempo e le sue assenze, rendendo la fotografia un linguaggio di conoscenza e coscienza civile. Alla fine degli anni Settanta Jodice arrivò a Gibellina, nella valle del Belìce, “𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎 𝑎𝑑𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑎𝑡𝑎” segnata dal sisma del 1968. Di quell’esperienza scrisse: “Ho cercato in quella terra addolorata gli spazi deserti, le architetture ancora in costruzione, la fantasmaticità dei luoghi, la ferita del paesaggio ancora aperta”. Da quell’incontro nacquero immagini potenti, tra memoria e rinascita, e un legame profondo con la visione di Ludovico Corrao, fondatore di Gibellina nuova e della Fondazione Orestiadi. Nel 1981 accompagnò Joseph Beuys a Gibellina, documentando quella visita in una serie di scatti raccolti nel volume “Joseph Beuys. Natale a Gibellina” immagini che ancora oggi raccontano la potenza del dialogo tra arte e ferita, distruzione e speranza. Oggi la Fondazione Orestiadi rende omaggio a un artista che ha saputo leggere l’anima dei luoghi e restituirla in luce.

Volti dall’antico di Mimmo Jodice (foto da profilo FB di Koch)

Roberto Koch, presidente della Fondazione Forma per la Fotografia: “Se ne è andato Mimmo Jodice il grande e insostituibile Mimmo e lascia la sua adorata Angela e i figli Barbara e Francesco con tutti i nipoti. Lascia a tutti noi e al mondo le sue meravigliose foto come questa di Anamnesi che ho amato montare a Torino e a Udine. Lo piange tutta Napoli e tutto il mondo della fotografia. Lo abbiamo amato e continueremo ad amarlo con le sue foto ma con una grande tristezza”.

Lucia Valenzi con Mimmo Jodice (da FB)

Lucia Valenzi dell’omonima fondazione di Napoli: “Ci uniamo al cordoglio per la morte del grande maestro Mimmo Jodice. La sua preziosa opera ha percorso e sperimentato le espressioni più alte della fotografia dalla indagine sociale degli anni 60 e 70 alle città “metafisiche” di tutto il mondo, senza mai staccarsi dalla realtà di Napoli. Un pensiero particolarmente dolente va alla amatissima Angela, mentre ricordiamo la sua generosità arrivata anche a me e alla Fondazione Valenzi con le foto della mostra “La Napoli di Maurizio” e la testimonianza nel film “La Giunta”.

“Carta d’Identità” di Mimmo Jodice (foto da profilo FB mazzolini)

Monica Mazzolini dell’accademia d’arte Vittorio Marusso in omaggio e ricordo di Mimmo Jodice propone un testo del 2022 in cui analizzava tre fotografie scelte tra quello che è il suo vasto ed importante archivio. Fotografia 1. Appassionatosi alla fotografia nei primi anni ‘60 dimostra fin da subito attenzione alla sperimentazione ed alle possibilità espressive del linguaggio fotografico. Napoli è una città in cui gli artisti s’incontrano e Mimmo Jodice è attento osservatore oltre che attivo partecipante agli eventi (tra gli altri frequenta Andy Warhol, Vito Acconci, Joseph Beuys). È in questo clima dinamico che si pone il quesito sul senso della fotografia, sul significato della relazione che intercorre tra realtà e rappresentazione. Una delle fotografie che gli permettono di provare a rispondere a queste domande è: “Carta d’identità” (1978). Mimmo Jodice dopo aver fotografato e stampato il suo documento d’identità applica una sua fotografia sulla fotografia. Se la vedessimo dal vero osserveremmo un’immagine identica, che copre quella sottostante, proprio in corrispondenza dello spazio per la fototessera. Un passaggio che dona tridimensionalità all’oggetto – elemento mancante nella riproduzione non cartacea – aggiungendo un ulteriore livello concettuale. Immaginando di osservare dal vero “Carta d’identità” sorgono spontanee alcune domande. Partendo dall’assunto che nulla più di ogni altra è in grado di rappresentare l’identità di una persona se non il documento che dal punto di vista legale ne è la prova, quanto è reale questa fotografia, quanto è reale quest’autoritratto, quanto la fotografia è ingannevole?

Dal reportage “Gli Esclusi” di Mimmo Jodice (foto da profilo FB di mazzolini)

Fotografia 2. Mimmo Jodice negli anni ‘70 si occupa di un progetto, per quegli anni molto attuale, riguardante la documentazione fotografica all’interno degli ospedali psichiatrici. In effetti molti sono stati i reportage (tra questi “Morire di Classe” e “Gli esclusi”) che hanno messo in luce le problematiche e hanno dato un contributo fondamentale alla nascita del movimento d’opinione pubblica con la conseguente approvazione della legge 180/1978 fortemente voluta da Franco Basaglia. Mimmo Jodice fotograferà l’ospedale psichiatrico di Napoli che come tutte queste strutture è un non-lieux, un nonluogo citando Marc Augé. La sua è stata un’indagine antropologica e poetica allo stesso tempo. Osservando la fotografia qui di seguito si ritrovano molti degli elementi sopra descritti: lo sguardo fisso in avanti e l’attenzione all’inquadratura, alla geometria, alla composizione, ai vuoti e pieni. La grata – elemento parte dell’architettura di contenimento che separa il mondo dei sani da quello dei malati, il mondo libero da quello dei reclusi, il fuori dal dentro, l’essere umano e la disumanizzazione – divide l’immagine, volutamente asimmetrica per creare dinamismo, in sei spazi all’interno dei quali sono collocate parti del corpo, frammenti, che in questo modo vengono messi in evidenza. Ed il gomito, fuoriuscendo, crea un effetto trompe-l’œil che permette una maggiore tridimensionalità all’immagine ed accentua il desiderio di evasione. Vengono sottolineati in questo modo la postura, gli occhi e la condizione psicologica di quest’uomo che silenziosamente attende e chiede. Cosa aspetta? Cosa chiede? Cosa o chi guarda? Vuoto, silenzio, attesa, frammento, enigma, saranno concetti ripresi in seguito da Mimmo Jodice che, dopo una fase dedicata alla sperimentazione concettuale ed al reportage, enfatizza la cifra stilistica in cui: “le mie immagini sono i miei pensieri”.

“Alba Fucens” di Mimmo Jodice (dal profilo FB di mazzolini)

Fotografia 3. La scultura è stata una tra i primi soggetti della fotografia quale rappresentazione neutra ed oggettiva delle forme plastiche. Tuttavia è anche espressione autonoma, con un ruolo interpretativo, come accade per le fotografie di Mimmo Jodice dedicate alla statuaria. Simulacri delle radici culturali del Mediterraneo diventano immagini che trasfigurano il reale ed inducono a guardare con occhi diversi evidenziando la capacità di sopravvivenza rispetto al tempo dei classici che risultano sempre attuali. Jodice nella fase di stampa enfatizza gli elementi che durante lo scatto sono stati catturati, sottolinea i dettagli, accentua il contrasto dei toni. I suoi progetti sono caratterizzati da almeno tre passaggi: prima pensati poi iniziati in fase di ripresa e portati a termine in camera oscura. Attraverso fotografie come Alba fucens (2008) egli descrive la cultura Mediterranea ed il mondo antico. Ma la sua è un’interpretazione che si serve della relazione tra luce e ombra e del concetto di frammento. La parte per il tutto. Un’immagine parziale in grado di restituire la “pienezza di un tutto”. Parziale perché una parte della testa è mancante, rovinata dal tempo. Un’estetica del frammento che non patisce l’assenza di altri elementi corporei, il loro equilibrio, l’armonia, la proporzione. Parte di corpo che sottolinea la dicotomia tra perfezione e imperfezione mostrando segni che assomigliano a cicatrici, fratture. Sono corpi mutilati che mostrano la fragilità e la caducità di eroi e divinità ma anche la precarietà dell’uomo che li ha creati. Fotografie che cuciono il passato e la memoria con il presente facendoli coesistere ed allontanandoci dal concetto di tempo. La fotografia in bianco e nero, fortemente espressiva, diventa uno strumento che trasforma, carica di emozione ogni singola immagine e supera il reale. Lo sfondo scuro e la luce, sapientemente dosata, il mosso – una vibrazione ottenuta in camera oscura con il movimento della testa dell’ingranditore – evidenziano la forma ed esaltano quell’inquietudine tipica. È questo un messaggio che si può trasporre anche al nostro tempo così incerto? Io ho la mia opinione, lascio a voi la domanda aperta. Un viaggio nel tempo che partendo da lontano conduce lo spettatore in un mondo in cui convivono elementi profondamente umani: vita e morte, ieri e oggi, luce e buio, equilibrio tra bellezza e fragilità. Grazie Maestro!

Mario Beltrambini con Mimmo Jodice al SI FEST 2007 (foto Mario Beltrambini)

Mario Beltrambini, vice presidente Associazione Savignano Immagini APS: “Ci ha lasciato un altro grande, Mimmo Jodice. È difficile accettare che, uno dopo l’altro, stiano andando via coloro che hanno costruito le fondamenta della nostra idea di fotografia, della nostra sensibilità, del nostro sguardo sul mondo. Quanta verità nelle sue parole, che oggi risuonano ancora più forti: “Tutto il mio lavoro poggia su un inoppugnabile principio: la fotografia è una forma d’arte”. Grazie per la bellezza e per la luce che ci hai insegnato a vedere. Riposa in pace, Maestro”.

L’artista Costabile Giariglia Senseria: “Un pensiero per Mimmo Jodice, la cui fotografia ha segnato la mia vita a Napoli durante gli anni di studio all’Accademia di Belle Arti. Ci lascia Mimmo Jodice, artista che per interi decenni ha segnato la fotografia italiana e influenzato lo sguardo internazionale sul nostro Paese. Con le sue immagini ha costruito un lessico visivo capace di raccontare Napoli non come semplice sfondo, ma come organismo vivo: una città bella e ferita, luminosa e popolare, attraversata da tensioni sociali e da una stratificazione culturale unica. Le opere di Jodice non si limitano a descrivere: istituiscono un contesto. Le sue fotografie non mostrano Napoli com’è, ma ciò che Napoli fa vedere quando la si guarda con un pensiero. Architetture sospese, archeologia del presente, corpi e volti, mare e pietra: tutto, nelle sue immagini in bianco e nero, appare come luogo di un dialogo tra classico e contemporaneo, tra storia e mito, che tende sempre verso un’infinita bellezza stilistica e compositiva”.

Bimbo con la cascettella di Mimmo Jodice (dal profilo FB di parlato)

Accorata la testimonianza della giornalista Lucilla Parlato: “Nel 1969 iniziò infatti la lunga e proficua collaborazione con il gallerista napoletano e con altri galleristi napoletani, come Lia Rumma. Jodice si ritrovò a confrontarsi con le avanguardie di allora che attraversavano Partenope con disinvoltura: da Andy Warhol a Robert Rauschenberg, da Joseph Beuys, a Gino De Dominicis. E ancora Giulio Paolini, Josef Kosuth, Vito Acconci, Mario Merz, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Hermann Nitsch… a stretto contatto con questo mondo stimolante, Jodice si scoprì particolarmente sensibile alle emergenze scaturite in quegli anni. Altrettanto naturale fu dunque la ricerca sulle radici e la collaborazione con Roberto De Simone. Forse è quello il momento in cui il giovane Mimmo diventa Mimmo Jodice. Il momento in cui Napoli diventa definitivamente centrale ma mai scontata, mai banale. Anche quando fotografa altro e altrove. Anche quando fotografa ora e qui: una città mai oleografica, sospesa, sorpresa, inattesa. La sua Napoli metafisica. Lucente come una statua greca. Spesso vuota e silente. È questo, sopra tutti gli altri, il motivo per cui lo amavo. Per quella sua capacità di trasformare il brutto in bello, l’indicibile in visibile, le lamiere e i tubi innocenti che picchettavano i ruderi post terremoto in bellezza. Quasi una magia. Nella città di oggi, degli Jago, degli Jorit, ho sempre scritto che era l’unica J che contava. L’unica che rimarrà solida nel tempo. Fu bello qualche anno fa ritrovarcelo fuori al Mann, dove si lottava per difendere il ruolo benefico per il museo e per la città dell’allora direttore Paolo Giulierini. Perché poi Jodice, a differenza di tanti fotografi tronfi e dimenticabili, è sempre stato anche un militante: col sorriso, la presenza discreta e il dito sul click. Mai invasivo, sempre incisivo, esempio di classe innata e senso della bellezza, anche nel brutto. Esempio di come si sta al mondo. È doveroso per me ricordare che Andrea Maresca ed io gli dobbiamo l’ispirazione finale per le cascettelle: è anche grazie alla sua foto che nacque il disegno che ha impreziosito il libro che recupera e racconta questa vecchia e dimenticata tradizione dei bambini di Napoli prima che Halloween si mangiasse la nostra identità. Quel bimbo con la cascettella di cartone che poi siamo stati un po’ tutti noi, bambini di Napoli, in giro per le strade. Grazie di tutto grande Mimmo. Non potremo mai dimenticarti. Anche perché le tue foto, il tuo sguardo, sono ormai ancorati per sempre alle nostre anime, assetate di bellezza e di occhi migliori dei nostri, capaci di offrire visioni altre e alte di questa città che amiamo e che ce fa suffrì. Sei luce che ci ha lasciato luce. Grazie davvero”.

Mirella Armiero con Mimmo Jodice (da FB)

La giornalista Mirella Armiero: “Aveva un modo tutto suo di dire agli amici: ti voglio bene. Mimmo Jodice era un uomo speciale, partecipe e generoso. Napoli gli deve molto, anche perché l’ha liberata dalla rappresentazione folklorica e l’ha resa metafisica”.

La giornalista Stella Cervasio: “Se fossi stata ancora in servizio, pur in un’epoca di giornalismo scadente e che pare senza prospettive, avrei ricordato Mimmo Jodice, che mi ha sempre accolto – lui e la sua bella famiglia – nella sua casa e nel suo studio con la cordialità e l’affetto di chi sa che un giornalista è un osservatore e un critico ma anche un vecchio amico. Mimmo Jodice era una persona che sapeva stare nel cuore delle persone, con le sue maniere di grande gentiluomo e con le sue immagini indimenticabili. Ad Angela, Barbara, Francesco un grande abbraccio da chi ha avuto la fortuna di incontrarli nella sua vita lavorativa e affettiva”.

Pasquale Raicardo con MImmo Jodice (foto FB)

Il giornalista Pasquale Raicaldo: “Che grande privilegio è stato conoscere Mimmo Jodice, vivere per qualche tempo dilatato i suoi spazi, leggere il mondo attraverso i suoi occhi. A Procida 2022 – Capitale italiana della Cultura una sua mostra straordinaria – “Abitare metafisico” – e poi le tante interviste con il privilegio di un racconto sempre intenso, mai banale, accompagnati da Angela, la compagna di una vita: nei loro sguardi il senso di un amore che è stato e sarà piena sintonia. L’ultima intervista qualche giorno fa, ancora non uscita. La terra gli sia lieve”.

Patrizio Paoletti, ex allievo: “Ho appreso con profonda commozione della scomparsa di Mimmo Jodice. Sono stato suo studente tra il 1978 e il 1983: insieme abbiamo fotografato i vicoli di Napoli, le luci e le ombre che li abitano. Da lui ho imparato a vedere l’invisibile — a passare dalla scena del teatro alla scena della vita, e a riconoscere come questa si formi prima di tutto nella nostra mente. È così che possiamo trasformare la realtà intorno a noi. Ricordo con nitidezza le ore passate in camera oscura: il silenzio, l’attesa, e poi la magia dell’immagine che prendeva vita sulla carta. In quell’attimo sospeso, come lui amava dire, il tempo si fermava. Era il tempo della verità, della visione, della nascita di un mondo possibile. Grazie Mimmo, maestro di sguardo e di luce. Hai insegnato a generazioni di uomini e donne che la fotografia non è un atto tecnico, ma un atto di coscienza. Il tuo “tempo sospeso” continuerà a parlarci, come una finestra aperta sull’eterno”.

Ercolano. Al parco archeologico ultimo sabato per le Terme Suburbane, l’apertura serale “Una Notte al Museo” fino al 25 novembre

Panoramica dell’antica Herculaneum (foto paerco)

Ultimo sabato, quello del 1° novembre 2025, per visitare al parco archeologico di Ercolano le Terme Suburbane. Mentre l’iniziativa “Una Notte al Museo”, prosegue fino a martedì 25 novembre 2025 i visitatori potranno approfittare dell’offerta dell’apertura serale del martedì e giovedì.

Le Terme Suburbane di Ercolano (foto paerco)

TERME SUBURBANE. Sabato 1° novembre 2025, visite dalle 9 alle 16, per il turno di visita delle 16, l’ultimo accesso consentito è alle 15.30. Un’apertura straordinaria e imperdibile, con visite guidate all’interno del cantiere di restauro e di ambienti mai aperti al grande pubblico. Le Terme Suburbane, un complesso termale di epoca romana sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C., sono state ritrovate a seguito della campagna di scavi archeologici del XX secolo dell’antica Ercolano.  Edificate all’inizio del I secolo d.C. per volere di Marco Nonio Balbo come dono alla città, nel loro genere sono uno degli edifici termali meglio conservati al mondo. Dopo la prima delicata fase di lavori di messa in sicurezza e restauro propedeutici alla futura riapertura permanente riaprono in occasione del progetto di Visita alle Terme Suburbane di Ercolano i primi affascinanti ambienti oggetti di intervento. Accesso da corso Resina e da via dei Papiri Ercolanesi. È necessario presentarsi in biglietteria 15 minuti prima dell’orario prenotato. Per la Visita alle Terme Suburbane di Ercolano si consiglia di indossare abiti comodi ed è richiesto l’uso di scarpe chiuse e basse ed è obbligatorio indossare i dispositivi di sicurezza (caschetto e cuffia) forniti dal Parco al momento della visita, dato il percorso in area di cantiere. Il percorso è sconsigliato a persone con problemi di deambulazione e/o con patologie che potrebbero essere influenzate dal contesto di visita. I minori di 18 anni dovranno essere accompagnati da un adulto. Gli animali non sono ammessi alla visita alle Terme essendo un’area di cantiere.

L’Antiquarium di Ercolano illuminato per le visite serali (foto paerco)

UNA NOTTE AL MUSEO. Il martedì e il giovedì, dalle 20.30 alle 23.30 (ultimo ingresso 22.30), fino al 25 novembre 2025, sono accessibili il Padiglione della Barca e l’Antiquarium, offrendo un’opportunità straordinaria di ammirare in una luce diversa due degli spazi più evocativi dell’intero sito, negli orari serali di tali aperture l’area archeologica non è visitabile. Per l’occasione, i partecipanti troveranno in loco un professionista del Parco disponibile per chiarimenti, curiosità e preziosi approfondimenti sulle collezioni.

Dettaglio della lancia militare, rinvenuta sull’antica spiaggia di Ercolano, conservata nel Padiglione della Barca del parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Il Padiglione della Barca consente un tuffo nell’universo marinaresco dell’antica Ercolano, attraverso reperti eccezionali come argani, remi, corde, pesi e ami da pesca, testimoni del forte legame della città con il mare. Fiore all’occhiello del Padiglione è la lancia militare, ritrovata sull’antica spiaggia: un manufatto unico, probabilmente parte della flotta inviata da Plinio il Vecchio in soccorso della popolazione durante la catastrofica eruzione.

Legni antichi carbonizzati, mobili, utensili e strumenti conservati nell’Antiquarium del parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Accanto, l’Antiquarium si presenta come uno scrigno della vita quotidiana romana, con focus unici al mondo: la collezione di legni antichi, tra cui mobili, utensili e strumenti, carbonizzati ma perfettamente conservati grazie all’assenza di ossigeno nel flusso piroclastico che sommerse la città. Inoltre, il patrimonio eccezionale dei preziosi ori di Ercolano, simbolo del gusto e del lusso degli antichi abitanti.

#domenicalmuseo. Nella prima domenica di ottobre il Colosseo con 19.015 ingressi torna al primo posto della classifica assoluta, seguito da Pompei (16.795 ingressi) e da Foro romano e Palatino (14.410 ingressi)

Sono stati circa 250mila gli ingressi domenica 5 ottobre 2025, giornata di apertura gratuita in occasione della #domenicalmuseo di agosto, l’iniziativa del ministero della Cultura che prevede l’accesso libero nei luoghi della cultura statali nella prima domenica del mese. La classifica assoluta vede il ritorno al primo posto del Colosseo (19.015 ingressi), seguito da Pompei (16.795 ingressi), seguito da Foro romano e Palatino (14.410 ingressi).

Visitatori in coda nella #domenicalmuseo per entrare al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto sergio siano)

Ecco i numeri relativi a parchi e musei archeologici. Colosseo – Anfiteatro Flavio 19.015 ingressi; area archeologica di Pompei 16.795; Foro Romano e Palatino 14.410; Pantheon – Basilica di Santa Maria ad Martyres 12.536; museo Archeologico nazionale di Napoli 5.200; Terme di Caracalla 3.621; parco archeologico di Ercolano 2.547; Villa Adriana 2.387; Grotte di Catullo e museo Archeologico di Sirmione 2.341; museo e area archeologica di Paestum 2.211; museo Archeologico di Venezia 2.138; Terme di Diocleziano 2.089; Palazzo Massimo 1.862; Palazzo Altemps 1.768; museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria 1.568; museo nazionale Etrusco di Villa Giulia 1.498; museo Archeologico nazionale di Taranto 1.166; necropoli dei Monterozzi e museo Archeologico nazionale di Tarquinia 781; anfiteatro campano – Santa Maria Capua Vetere 719; museo dell’Arte salvata 696; museo Archeologico nazionale di Sperlonga e Villa di Tiberio 620; museo Archeologico nazionale Mario Torelli e parco archeologico di Venosa 526.

Ercolano. Il parco archeologico, nella #domenicalmuseo con tante proposte per i visitatori, fa il bilancio della quinta edizione de Gli ozi di Ercole, tra sold out e una straordinaria partecipazione del pubblico

A Ercolano la #domenicalmuseo del 5 ottobre 2025 chiude idealmente un fine estate che per il parco archeologico è stata particolarmente generosa con il successo straordinario della quinta edizione de Gli Ozi di Ercole. Con la domenica con ingresso gratuito del 5 ottobrei visitatori potranno tornare a vivere la bellezza del sito di Ercolano e delle attività culturali del parco archeologico; già sold out le prenotazioni per la visita alle Terme Suburbane.

Dettaglio della lancia militare, rinvenuta sull’antica spiaggia di Ercolano, conservata nel Padiglione della Barca del parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Tra le proposte per la #domenicalmuseo con il parco archeologico accessibile fino alle 19.30 (ultimo ingresso alle 18): il Padiglione della Barca, custode di reperti che testimoniano l’intenso legame di Ercolano con il mare e l’Antiquarium, scrigno della vita quotidiana romana, di recente luogo di custodia degli antichi mobili e arredi in legno unici al mondo e dei i preziosi Ori di Ercolano; la visita guidata a Villa Sora a cura del Gruppo Archeologico Vesuviano; a Villa Campolieto la mostra “Dall’uovo alle mele. La civiltà del cibo e i piaceri della tavola” (ingresso a pagamento).

L’attrice Sonia Bergamasco (foto paerco)

L’attrice Imma Villa (foto paerco)

Con tre giornate di sold out e una straordinaria partecipazione di pubblico, si sono conclusi Gli Ozi di Ercole, la rassegna culturale che da un quinquennio anima il Parco Archeologico di Ercolano intrecciando memoria classica e linguaggi del presente. L’edizione 2025, intitolata “Corpo mitico”, ha portato il pubblico in un viaggio affascinante tra archetipi immortali e sensibilità contemporanee, restituendo al mito tutta la sua forza evocativa e la sua capacità di interrogare il nostro tempo. Il format di quest’anno, che alternava dialoghi a momenti di spettacolo con interpreti e protagonisti della scena nazionale e internazionale, ha incontrato un consenso unanime, trasformando ogni appuntamento in un’occasione di riflessione ed emozione condivisa. Grande novità di questa edizione è stata la cornice suggestiva dell’Antica Spiaggia di Herculaneum, utilizzata per la prima volta come palcoscenico di eventi. Un tempo affacciata sul mare che lambiva la città, la spiaggia si è rivelata spazio ideale per accogliere incontri, performance e musica, aggiungendo alla rassegna un fascino unico e potente. Con ospiti d’eccezione e interpretazioni memorabili – tra cui quelle di Imma Villa, Sonia Bergamasco e Federica Fracassi – Gli Ozi di Ercole ha ancora una volta dimostrato come il mito, tra parole e suoni, possa diventare esperienza viva e collettiva.

Francesco Sirano, direttore delegato del parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Gennaro Carillo, direttore artistico de “Gli Ozi di Ercole” (foto paerco)

“Con Gli Ozi di Ercole”, dichiara il funzionario delegato alla direzione del parco archeologico, Francesco Sirano, abbiamo confermato la vocazione del Parco a essere luogo dove conservazione, valorizzazione e ricerca scientifica di alto livello si intrecciano in un vivido e coinvolgente dialogo tra passato e presente. Il pubblico ha premiato questa impostazione con entusiasmo e partecipazione triplicando le presenze rispetto agli anni precedenti. Abbiamo potuto constatare come rigore degli studi e divulgazione sono combinabili attraverso l’achimia che si crea tra il sito e   l’energia del teatro, della musica e della poesia”. E il direttore artistico Gennaro Carillo sottolinea: “Il mito è un patrimonio inesauribile di storie e immagini, continuamente riscritto dalle epoche che lo attraversano. Quest’anno abbiamo riflettuto sul corpo e sulle sue metamorfosi, tema antico ma anche profondamente contemporaneo, che ha trovato nell’Antica spiaggia di Ercolano la cornice più evocativa. Gli ozi di Ercole sono un festival con una fisionomia peculiare e ben definita, la cui originalità e importanza sono ormai ampiamente riconosciute, come si evince dall’ottimo riscontro presso la stampa nazionale. Distinguersi nel panorama dei festival, vista la ricchezza dell’offerta di settembre, non era affatto un risultato scontato”.

Ercolano. Per le GEP 2025 “La casa che vorresti”, un viaggio tra le domus guidati dagli archeologi alla scoperta della vita privata dell’antica città. E il sabato ingresso serale a 1 euro

Il 27 e 28 settembre 2025 il parco archeologico di Ercolano aderisce alle GEP 2025 con un’iniziativa che porta i visitatori dentro le mura domestiche dell’antica città vesuviana. Il programma, dal titolo evocativo “La casa che vorresti”, propone un viaggio tra gli edifici privati di Ercolano, dove ogni abitazione diventa testimone di storie, trasformazioni e mutamenti sociali. Non solo dimore, ma veri e propri specchi dei gusti e delle mode di un’epoca che, poco prima dell’eruzione del Vesuvio, aveva già conosciuto cambiamenti e rifunzionalizzazioni. Le visite si svolgeranno la mattina, dalle 9 alle 13, con turni a cadenza oraria (9, 10, 11, 12) per un massimo di 25 persone ciascuno, previa prenotazione su ercolano.coopculture.it. Ogni percorso, della durata di un’ora, sarà condotto dai funzionari del Parco, che guideranno i visitatori alla scoperta della vita privata dell’antica città in un’esperienza coinvolgente. L’attività è gratuita, inclusa nel biglietto di ingresso al sito, previa prenotazione su ercolano.coopculture.it. I partecipanti dovranno presentarsi all’ingresso dell’area archeologica dieci minuti prima dell’orario di visita prenotato. È un’occasione unica: le case di Ercolano, straordinariamente diverse l’una dall’altra, raccontano l’evoluzione urbanistica, sociale ed economica di una comunità a cui è stato concesso dalla storia di poter rivivere dopo una tremenda distruzione, l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Un’opportunità imperdibile per riscoprire il sito da un punto di vista inedito e sorprendente.

Ercolano illuminata di sera per le visite durante “I Venerdì di Ercolano” (foto paerco)

Apertura straordinaria serale sabato 27 settembre 2025 con turno di visita dalle 20 alle 22: ingresso simbolico a 1 euro (escluse le gratuità previste per legge). Uscita obbligatoria dall’area archeologica entro le 22.30 e deflusso completo con uscita dal Parco entro le 23, un’apertura straordinaria serale nella quale si ripropone il format de “I venerdì di Ercolano”, con performance di teatro, arte e musica. I visitatori potranno esplorare liberamente l’area archeologica illuminata di sera, passeggiando tra le strade, le botteghe e le sontuose domus dell’antica Herculaneum, approfondendo la conoscenza del sito grazie all’applicazione Ercolano Digitale, scaricabile gratuitamente sul posto. Attraverso un itinerario dedicato all’evento, l’app fornirà contenuti didattici e accompagnerà i visitatori lungo un percorso arricchito da performance di danza, interventi teatrali e musicali, ideati per dialogare in modo inedito e suggestivo con il patrimonio archeologico.

Ercolano. Apertura straordinaria al pubblico – con visite accompagnate – delle Terme Suburbane, l’edificio termale meglio conservato in tutto l’impero romano, oggetto di un grande cantiere di restauro – giunto ad una fase molto avanzata ma ancora in corso

I preziosi interni delle Terme Suburbane di Ercolano (foto paerco)

Il parco archeologico di Ercolano apre le porte a un evento straordinario: ambienti mai aperti delle Terme Suburbane tornano a vivere mostrandosi nel loro splendore al grande pubblico da domenica 14 settembre 2025, alle 10, al 30 novembre 2025. Una attesissima riapertura, fortemente voluta de Francesco Sirano, funzionario delegato alla direzione del Parco. In attesa della futura riapertura permanente, l’edificio termale  meglio conservato in tutto l’impero romano, oggetto di un grande cantiere di restauro – giunto ad una fase molto avanzata – apre al pubblico a lavori in corso grazie ad un articolato progetto di restauro e valorizzazione, realizzato  grazie alla Programmazione finanziata ai sensi dell’articolo 1, commi 9 e 10, della legge 190 del 2014 (legge di stabilità 2015) annualità 2021-2023 – Fondi del Parco Archeologico di Ercolano del Bilancio 2022 e del Bilancio 2023-2024-2025 per un importo complessivo di 5.281.408,63 di euro nell’ambito del partenariato pubblico-privato con il Packard Humanities Institute, attivo sul sito dal 2001. Le Terme Suburbane, incastonate tra l’antico arenile e la cinta muraria della città, originariamente bagno privato della famiglia dei Nonii Balbi, fu successivamente ampliato e messo a disposizione della comunità, rappresentano uno degli edifici pubblici più affascinanti e importanti di Ercolano. Tra i suoi elementi di straordinario pregio si segnalano i sontuosi pavimenti marmorei, le decorazioni in stucco e pittura, le porte lignee originali ancora conservate e il rarissimo sistema di riscaldamento “a samovar” per le piscine calde.

Veduta esterna delle Terme suburbane di Ercolano accessibili dall’area sacra di Marco Nonio Balbo o direttamente dal mare (foto Graziano Tavan)

Apertura al pubblico dal 14 settembre al 30 novembre 2025, le Terme Suburbane saranno visitabili con un biglietto aggiuntivo per contribuire alla raccolta fondi per i restauri del Parco con visite accompagnate nei giorni di sabato e domenica, in turni di visita dalle 9 alle 18 (dal 18 ottobre ultimo turno alle 15) con turni cadenzati ad ogni ora alla scoperta di questo meraviglioso luogo e del cantiere di restauro. L’iniziativa si svolge grazie a un finanziamento derivante dalle Attività progettuali incluse nella l. 132. del 18/11/2019 secondo cui i proventi derivanti dalla vendita dei biglietti di ingresso prodotti dagli Istituti e dai Musei dotati di autonomia speciale, al netto della corrispondente quota destinata al rispettivo funzionamento, possono essere destinati alla remunerazione delle prestazioni svolte dal personale coinvolto in specifici progetti locali presso i predetti Istituti e Musei, al fine di migliorarne la fruibilità e la valorizzazione.

 

Ercolano (Na). Al via la quinta edizione de “Gli Ozi di Ercole – Corpo mitico”, la rassegna culturale del parco archeologico che intreccia mito, corpo e scena, per la prima volta sull’Antica spiaggia. Tre serate tra mito, teatro e musica, con aperture straordinarie serali: ecco il programma

Francesco Sirano, direttore delegato del parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

 

Gennaro Carillo, direttore artistico de “Gli Ozi di Ercole” (foto paerco)

 

L’effetto visivo del mare con la nuova illuminazione per le visite serali dell’antica spiaggia di Ercolano (rendering con fotoinserimento HCP)

Al via sull’antica spiaggia di Herculaneum la quinta edizione de “Gli Ozi di Ercole”, la rassegna culturale del parco archeologico di Ercolano che intreccia mito, corpo e scena, quest’anno dedicata al tema “Corpo mitico”. Dall’11 al 13 settembre 2025, il festival accompagnerà il pubblico in un affascinante viaggio nei miti che parlano del corpo umano, delle sue forme e delle sue trasformazioni volute e non volute attraverso racconti mitologici e rappresentazioni artistiche alla scoperta di archetipi immortali e pulsioni terrene, tra parole antiche e visioni contemporanee, esplorando il mito come corpo e il corpo nel mito. La rassegna, ideata da Francesco Sirano, delegato alla direzione del Parco e da poco più di un mese designato quale nuovo direttore del Mann  e curata da  Gennaro Carillo che ne è direttore artistico, è promossa dal parco archeologico di Ercolano e, per la prima volta, si svolgerà nella suggestiva cornice dell’Antica Spiaggia  del Parco di Ercolano: un luogo unico, un tempo incorniciato dal mare e oggi da un muro di lava formatosi nell’eruzione del 79 d.C., simbolo potente di limite e passaggio; “ultima spiaggia” per chi cercava scampo, oggi diventa spazio di incontro e riflessione. Di qui, anche la scelta di confrontarsi con il tema del mare, con i miti – antichi e moderni – che lo fanno desiderare e temere al massimo grado. Alle parole si affiancheranno letture sceniche affidate a interpreti di primo piano del teatro e del cinema italiani, per restituire voce e presenza ai racconti mitici. Le serate dell’11 e del 13 settembre 2025 si concluderanno con percorsi sonori in sintonia con lo spirito di ricerca e apertura della rassegna. Tre serate tra mito, teatro e musica, con aperture straordinarie serali dell’Antica spiaggia del parco archeologico di Ercolano, illuminazione artistica e lezioni-spettacolo. Intero serata: 10 euro; ridotto serata: 5 euro (18-25 anni non compiuti, cittadini UE). Abbonamento intera rassegna: 15 euro. Ingresso gratuito: minorenni, persone con disabilità e accompagnatore, abbonati al parco archeologico di Ercolano (con prenotazione).

L’attrice Imma Villa (foto paerco)

 

La cantante Maria Pia De Vito (foto paerco)

LA PRIMA SERATA: DALLA PRESENTAZIONE ALLA SCENA. Giovedì 11 settembre 2025, alle 19.30, la presentazione ufficiale: un momento di apertura e racconto del programma, che sarà subito seguito dall’avvio delle performance della serata inaugurale. Alle 20, il pubblico entrerà nel cuore del tema con “Titono e la Sibilla. Narrazioni mitiche delle metamorfosi corporee”, con la classicista Cristiana Franco e l’attrice Imma Villa. Un dialogo tra studio e interpretazione teatrale che esplorerà la metamorfosi come condizione del vivente, dal mito di Ovidio ai simboli contemporanei. Dioniso, archetipo della vita indistruttibile e dio dalle identità multiple, sarà il filo rosso per riflettere sulla trasformazione come possibilità di sopravvivenza, desiderio di mutamento o illusione di eternità. Dal racconto antico, in cui i corpi si trasformano in animali, piante o pietre, si arriverà alle inquietudini attuali: corpi che diventano macchine, identità ibride, tatuaggi e chirurgia come linguaggi del sé. Alle 21:30, la musica prenderà il testimone con “Linha de Passe”, progetto della cantante Maria Pia De Vito insieme a Roberto Taufic (chitarra) e Roberto Rossi (batteria). Un viaggio sonoro che intreccia la tradizione musicale brasiliana, quella napoletana e il jazz, rivelando affinità profonde: melanconia, lirismo, fatalismo e una comune radice poetica.

L’attrice Sonia Bergamasco (foto paerco)

 

Federica Fracassi, voce narrante (foto paerco)

SECONDA SERATA VENERDÌ 12 SETTEMBRE 2025. Alle 20, L’antica spiaggia. Storie di tempeste e naufragi con Sonia Bergamasco e Gennaro Carillo. Un viaggio nel mare come immagine del deinon: terribile e meraviglioso al tempo stesso. Da Omero a Lucrezio, da Conrad a Melville, il mare appare come fauci spalancate pronte a inghiottire, abisso che suscita terrore e fascinazione, sublime che annienta ma al contempo rivela la fragilità e la grandezza umana. L’incontro è dedicato a coloro per i quali il naufragio non è metafora ma esperienza reale, e a chi ogni giorno salva vite dall’annegamento. Alle 21.30, Corpo, umano con Vittorio Lingiardi (voce narrante), Federica Fracassi (voce recitante), regia di Gianni Forte. Una riflessione sul corpo oggi, smembrato dalla medicina, sottratto alle relazioni autentiche dalla vita online, strumentalizzato dalla politica. Lingiardi lo riporta al centro della scena attraverso un racconto che intreccia scienza, mito, letteratura e arte, dando voce agli organi del corpo come parti di un’unica narrazione vitale.

La prof.ssa Laura Pepe, latinista e grecista (foto paerco)

 

Il cantante Roberto Colella (foto paerco)

TERZA SERATA SABATO 13 SETTEMBRE 2025. Alle 20, Dioniso al muro con Laura Pepe e Francesco Sirano. Il mito non solo come racconto, ma come immagine: icone, affreschi, bassorilievi che continuano a guardare e a inquietare. Dioniso, figura centrale anche nell’Ercolano antica, porta con sé Arianna, l’estasi, l’enthousiasmos, il confine sottile tra follia e benedizione divina. Alle 21.30, Roberto Colella in concerto con Arcangelo Michele Caso (violoncello). Un concerto intimo e vibrante nella cornice degli Scavi di Ercolano. Le canzoni di Colella raccontano storie di vita, amore e resistenza, trasformando il silenzio delle pietre in emozione viva. Un’occasione unica per ascoltare musica in un luogo dove il tempo sembra essersi fermato.

#domenicalmuseo. Nella prima domenica di settembre Pompei con 17.670 ingressi torna al primo posto della classifica assoluta, seguito dalla Reggia di Caserta (14.987 ingressi) e dal Colosseo (14.113 ingressi)

Sono stati circa 230mila gli ingressi domenica 7 settembre 2025, giornata di apertura gratuita in occasione della #domenicalmuseo di agosto, l’iniziativa del ministero della Cultura che prevede l’accesso libero nei luoghi della cultura statali nella prima domenica del mese. La classifica assoluta vede il ritorno al primo posto di Pompei (17.670 ingressi), seguito dalla Reggia di Caserta (14.987 ingressi) e dal Colosseo (14.113 ingressi).

Al museo Archeologico nazionale di Napoli più di 4mila ingresi per la #domenicalmuseo (foto sergio siano / mann)

Ecco i numeri relativi a parchi e musei archeologici. Area archeologica di Pompei 17.670 ingressi; Colosseo – Anfiteatro Flavio 14.113; Pantheon – Basilica di Santa Maria ad Martyres 12.020; Foro Romano e Palatino 9.979; museo Archeologico nazionale di Napoli 4.262; museo e area archeologica di Paestum 3.174; parco archeologico di Ercolano 3.148; Terme di Caracalla 2.739; Terme di Diocleziano 2.673; Villa Adriana 2.530; area archeologica di Ostia antica 2.226; museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria 1.924; Grotte di Catullo e museo Archeologico di Sirmione 1.505; museo Archeologico di Venezia 1.452; Palazzo Massimo 1.351; Palazzo Altemps 1.220; museo nazionale Etrusco di Villa Giulia 1.098; Villa dei Quintili e Santa Maria Nova 863; Mausoleo di Cecilia Metella e Chiesa di San Nicola 821; musei nazionali di Cagliari 792; parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia – Necropoli dei Monterozzi e museo Archeologico nazionale di Tarquinia 783; museo Archeologico nazionale di Taranto 740; museo Archeologico nazionale di Sperlonga e Villa di Tiberio 671; Museo delle Civiltà 602; museo Archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia 513; Anfiteatro campano – Santa Maria Capua Vetere 513; parco archeologico di Cerveteri e Tarquinia – Necropoli della Banditaccia e museo nazionale Archeologico Cerite a Cerveteri 470.

Ercolano (Na). Al via “Una notte al Museo”: ogni martedì e giovedì aperture serali del Padiglione della Barca e dell’Antiquarium

Dettaglio della lancia militare, rinvenuta sull’antica spiaggia di Ercolano, conservata nel Padiglione della Barca del parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Nuova offerta serale del parco archeologico di Ercolano con l’iniziativa “Una notte al Museo”: da martedì 26 agosto 2025, ogni martedì e giovedì sera (dalle 20.30 alle 23.30, ultimo ingresso alle 22.30) saranno eccezionalmente accessibili il Padiglione della Barca e l’Antiquarium, due tra gli spazi più suggestivi del sito. Un’opportunità unica per ammirare reperti straordinari in un’atmosfera serale, diversa e suggestiva. Durante queste aperture serali, l’area archeologica non sarà visitabile. “Con Una notte al Museo”, afferma il funzionario delegato alla direzione del Parco Francesco Sirano, “vogliamo offrire la possibilità di ammirare il Padiglione della Barca e l’Antiquarium in un’atmosfera diversa, che rende ancora più emozionante la scoperta di reperti unici al mondo. Il nostro obiettivo è quello di rendere il patrimonio sempre più accessibile, diversificando le occasioni di visita e creando nuove opportunità per cittadini, turisti e famiglie. Questi spazi raccontano la vita quotidiana e il rapporto con il mare degli antichi abitanti di Ercolano: visitarli di sera, in una luce particolare, diventa un’esperienza di grande fascino che unisce conoscenza e suggestione. Invitiamo quindi tutti a partecipare e a scoprire il Parco non solo durante le ore diurne, ma anche in queste serate speciali, che arricchiscono il calendario culturale dell’estate 2025”. Biglietti: intero 5 euro, ridotto 18-25 anni 2 euro, gratuito per i minorenni (i minori di 12 anni devono essere accompagnati da un adulto) e per tutti i soggetti che sono esenti a norma di legge. Sono attivi abbonamenti e formule di visita agevolate, pensate per le famiglie, i giovani e gli over 65, che permettono di vivere il Parco tutto l’anno con grande flessibilità. Parcheggi gratuiti disponibili presso: Scuola Rodinò (via IV Novembre), Scuola Iovino Scotellaro (traversa via IV Novembre), Villa Favorita (corso Resina).

Legni antichi carbonizzati, mobili, utensili e strumenti conservati nell’Antiquarium del parco archeologico di Ercolano (foto paerco)

Un patrimonio unico da scoprire. Il Padiglione della Barca custodisce reperti che testimoniano l’intenso legame di Ercolano con il mare: argani, remi, corde, pesi e ami da pesca. Il fiore all’occhiello è la lancia militare, rinvenuta sull’antica spiaggia, un reperto eccezionale che probabilmente faceva parte della flotta inviata da Plinio il Vecchio in soccorso della popolazione durante l’eruzione del Vesuvio. Accanto, l’Antiquarium si presenta come uno scrigno della vita quotidiana romana, di recente luogo di custodia di legni antichi carbonizzati, mobili, utensili e strumenti rimasti intatti per secoli. A completare il percorso, i preziosi Ori di Ercolano, simbolo del gusto e del lusso degli abitanti dell’epoca.

Archeologia in lutto. È morto a 95 anni l’archeologo Giuseppe Maggi, direttore per anni del museo Archeologico nazionale di Napoli, a lungo responsabile degli scavi di Ercolano, e protagonista di alcune delle più straordinarie scoperte della archeologia vesuviana. Il cordoglio di colleghi e allievi  

L’archeologo Giuseppe Maggi, morto a 95 anni, già direttore del Mann e degli scavi di Ercolano (foto paerco-mann)

“Sono un archeologo che ha fatto importanti scoperte soprattutto a Ercolano. Ho guidato mostre di Pompei in molti paesi, compresi gli Stati Uniti”: così si definiva sul suo profilo di X il grande archeologo Giuseppe Maggi, direttore per anni del museo Archeologico nazionale di Napoli, a lungo responsabile degli scavi di Ercolano, e protagonista di alcune delle più straordinarie scoperte della archeologia vesuviana. Giuseppe Maggi il 23 agosto 2025 si è spento nella sua casa di Rione Alto, a Napoli, all’età di 95. Collaboratore di Amedeo Maiuri, si definiva “abusivo dell’Archeologia” perché glottologo di formazione. Di qui anche la definizione di gentiluomo (irriverente) dell’archeologia che ora la sua Napoli, e non solo, piange. Il cordoglio e i ricordi sono rimbalzati sul web gonfiandosi di ora in ora come un fiume in piena, commuovendo la moglie Clelia e le figlie Claudia, Roberta e Barbara: “Ringraziamo tutti quelli che hanno avuto un affettuoso pensiero per il nostro amato Peppino”.

Un giovane Giuseppe Maggi mostra le sue scoperte a Ercolano (foto profilo FB)

Tra i primi a unirsi al cordoglio per la scomparsa di Giuseppe Maggi, il parco archeologico di Ercolano e il museo Archeologico nazionale di Napoli, figura di rilievo nel panorama archeologico e istituzionale: “Maggi ha dedicato con passione e competenza la sua carriera alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio. Resta indelebile il lavoro svolto presso l’Antica spiaggia di Ercolano, luogo simbolico che oggi porta anche il segno del suo impegno e della sua visione scientifica”. In un pensiero condiviso, Francesco Sirano, funzionario delegato alla direzione del parco archeologico di Ercolano e Massimo Osanna, direttore generale Musei, ricordano la sua figura come quella di un professionista appassionato: “La memoria di Giuseppe Maggi rimarrà parte integrante della storia dei luoghi dove ha prestato servizio, così come del più ampio mondo dell’archeologia italiana, e a lui va la riconoscenza di quanti hanno avuto la fortuna di collaborare con lui”.

Susy Martire con Giuseppe Maggi (foto profilo FB)

“Oggi per me è stato davvero difficile lavorare…”, scrive col cuore Susy Martire, presidente delle Guide turistiche della Campania. “Appena letta la notizia le lacrime scorrevano da sole e ho dovuto con grande fatica mandarle giù… Giuseppe Maggi era una di quelle persone che entrano nella tua vita troppo tardi… Prima era un nome sui libri che studiavo ma poi è diventata una persona che mi voleva bene e che era sempre felice di vedermi. Nel 2014 ha accolto l’appello mio e di Laura Noviello per la catena umana intorno Pompei. Un momento in cui c’erano i crolli e il Grande Progetto Pompei non era ancora partito. Poi nel 2017 lui e l’indimenticabile Luigi Necco avevano raccolto il mio appello per sostenere Paolo Giulierini in un altro momento storico cruciale. Lui che aveva cambiato la storia di Ercolano scoprendo l’antica spiaggia sembrava sapesse sempre quando il vento stava cambiando. Per il suo carattere fin troppo sincero spesso ha subìto il torto di essere volutamente “dimenticato”… Ma era una di quelle persone toste che la vita non piega mai, neanche quando ci si mette di impegno. Mi dispiace che negli ultimi anni non abbia potuto realizzare il progetto della mostra al Mann che stava preparando a causa di sopravvenuti problemi di salute che lo avevano allontanato da tutti noi… Sono convinta che ora stia già discutendo con Don Amedeo e con Luigi che gli avrà fatto gli onori di casa, in una casa che non è più su questa Terra ma in un altrove in cui entrambi vivranno per sempre… soprattutto nel mio cuore. Ciao Peppino, Tvb”.

Laura Noviello con Giuseppe Maggi (foto profilo FB)

“Giornate come questa sono davvero difficili da digerire”, ammette Laura Noviello, “figlia del Vesuvio”, archeologa musicale dell’università di Padova. “Si vorrebbero le parole migliori e ci si ritrova senza neanche un verso, con tutto il dolore e la vergogna del mondo. Conobbi Peppe, l’archeologo padre di Ercolano, che avevo forse 15 anni e una vita che confondeva ancora terra vesuviana, archeologia e sogno. Lo cercai come si fa con i miti e lui, senza pensarci due volte, divenne una delle guide migliori che potessi desiderare. Facile si può dire, vero, ma non è solo questione di ruolo. Lui scelse di esserci e di credere in un futuro consegnando nelle mani dei più giovani conoscenze, amore e presenza. Scelse di consegnare anche nelle mani di un’anonima sedicenne cresciuta tra Ercolano e Pompei una vita vissuta a contatto con gli intellettuali e le persone più influenti e famose del pianeta, nell’ultima stagione “epica” di un’Archeologia ormai profondamente diversa. La sua traduzione dell’Odissea arrivata per posta in un giorno di marzo mentre ero in clinica e i suoi libri su Don Amedeo, Ercolano. Tassello dopo tassello costruiva un percorso di studi in cui lui forse credeva molto più di me. E decise di esserci, unico archeologo che ricopriva e aveva ricoperto i più importanti ruoli istituzionali – anche quando decidemmo di organizzare la più grande e simbolica manifestazione popolare che Pompei abbia visto nell’ultimo decennio (ahimè). Portammo 1000 persone da tutta Italia ad abbracciare il sito archeologico che cadeva a pezzi assieme a qualsiasi possibilità di futuro e lui era con noi, a tenermi la mano, davanti a chiunque, pure la BBC che conosceva bene. C’era nei dibattiti pubblici che organizzammo poi sull’immonda gestione dei “beni culturali” e in ogni iniziativa possibile organizzata per riunire le due Ercolano, quella che aveva portato alla luce lui e quella nostra, che gli scavi non li ricordava nemmeno più. Unico tra i “maestri” ad essersi fatto “tramite” per promuovere e preservare una continuità, anche nell’Archeologia vesuviana, così orfana, frammentata e sminuzzata fino al midollo, che non conosce scuole. I ricordi di quasi quindici anni di amicizia sono difficili da sviscerare e forse neanche ha troppo senso farlo qui ed ora, resta un senso profondo di gratitudine per ciò che è stato e un senso di timore per ciò che sarà. Aver avuto una guida come lui è un privilegio che porterò dentro per tutta la vita. La vita, spesso, ci porta lontano da ciò che coltiviamo come unica possibile realtà ideale e onirica, e così è stato anche per me. Mi commuove ricordare i nostri ultimi scambi sull’esperienza di tirocinio nei depositi del “suo” museo e sulla laurea che sarebbe arrivata. Difficile recuperare altre parole. Che la terra ti sia lieve, Peppe. Grazie per tutto ciò che sei stato per me e la terra che così profondamente abbiamo amato. Ti voglio bene”.

Giuseppe Maggi nel giorno del suo 90mo compleanno (foto profilo FB)

Maddalena Venuso, professoressa con esperienza da archeologa a Napoli e Pompei: “Fu il primo a credere in me, a presentarmi Valeria Sampaolo e a introdurmi nel mondo del lavoro che amavo. Ci siamo rivisti alcuni anni fa alla presentazione di un romanzo scritto da mio figlio. Ci scrivevamo spesso da allora… Tre giorni fa pensai di chiamarlo, ho rimandato a causa dell’isolamento telefonico temporaneo. A Dio, professore carissimo! Al mio rientro rileggerò i due libri che mi donasti e che conservo come un tesoro. Grazie per avermi permesso di sfiorare la tua vita e condiviso il tuo immenso sapere”.

Il ricordo di Cristiana Barandoni di Giuseppe Maggi (foto profilo FB)

“Quando stamani ho appreso la notizia della morte di Giuseppe Maggi è stato un colpo al cuore”, scrive Cristiana Barandoni, archeologa Cnr con specializzazione in diagnostica non invasiva e policromia antica. “Ci ho messo tutto il giorno prima di riuscire a scrivere questo post. Ci siamo conosciuti nel 2010 quando iniziai ad interessarmi a Ercolano. All’inizio il nostro rapporto fu molto formale, io una studentessa e lui un archeologo che aveva fatto la storia. Col tempo è nata una amicizia profonda e salda. Non muovevo un passo senza chiedere a lui e ricordo la sua gioia quando gli dissi che il tema della mia specializzazione sarebbe stato proprio Ercolano. Non ha mai smesso di credere in me, mi ha sempre spronata ad andare avanti, anche quando avevo perso la speranza e la voglia ma lui, con quello sguardo un po’ canzonatorio e malizioso ma pieno di affetto, era lì. Mi è sempre stato vicino anche quando lavoravo al Mann di cui ricordava con piacere i vecchi tempi e mi parlava come se anch’io avessi vissuto una stagione così bella dell’archeologia. Un uomo d’altri tempi, un signore che ha sempre aiutato e fatto crescere i suoi “ragazzi”. Gli devo molto, senza i suoi consigli ma soprattutto il suo incoraggiamento non avrei saputo affrontare momenti difficili del mio percorso professionale e di studi. Grazie a lui mi sono innamorata di Ercolano così tanto. Ogni volta che tornerò nel nostro luogo del cuore non mancherò di ringraziarti. Un giorno ci rivedremo e io ti racconterò quello che non ho fatto in tempo adesso. Ciao Beppe”.

Un giovane Giuseppe Maggi con alcuni studenti stranieri a Ercolano (foto profilo FB)

Alfredo Scardone, presidente del Gruppo storico Oplontino: “Purtroppo il professore Giuseppe Maggi non è più tra noi. Esprimo il mio personale dispiacere e quello di tutto il Gruppo Storino Oplontino per la perdita di questo grande uomo di cultura che tanto ha dato anche alla scoperta e al recupero della storia dell’antica Oplontis. Grazie professore, che la terra ti sia lieve”.

Il ricordo di Diego Nuzzo dello zio Giuseppe Maggi (foto profilo FB)

Infine il ricordo di Diego Nuzzo, nipote di Giuseppe Maggi: “Il grande archeologo, lo scopritore di mondi sconosciuti, il comunicatore instancabile, il polemista mai pago, l’uomo dalla cultura enciclopedica, magnetico e magmatico come la lava con cui aveva tanta confidenza, il conferenziere che stupiva dagli Stati Uniti alla Svezia quando parlava davanti a uditori rapiti in un inglese impeccabile e raffinatissimo della sua Ercolano. Che fatica averlo avuto come zio, il fratello maggiore di mia madre, il patriarca della famiglia, ma che bello aver scambiato con lui lunghissime chiacchierate, a volte anche discussioni che avrebbero potuto sfociare in litigate furibonde visto il suo piglio da censore inflessibile; ma poi mostrava il suo lato di uomo dalla simpatia travolgente, dall’eloquio forbito, più sarcastico che ironico, inventore di calembour irresistibili e raccontatore di storielle che più che piccanti erano decisamente oscene. Lui si divertiva. Si divertiva con le parole e a volte, raramente, anche con le persone, a patto che fossero da lui ritenute degne di stare al suo livello. Che era un livello alto, di studioso di statura internazionale, laureato a vent’anni e subito gettato nell’agone dell’archeologia, quella vera, di editor acribiosissimo per più case editrici, in grado di fare le pulci a scrittori titolati. Non si trattava di ceto o di censo, di titoli nobiliari o accademici ma di un quid di imponderabile che era spesso legato alla simpatia. Poteva stimare un custode più di un rettore. E questo me lo ha sempre fatto risultare amabile…”.