Marzabotto. Denise Tamborrino confermata alla direzione del museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” e area archeologica di Kainua per il triennio 2024-’27: “Realizzerò il riallestimento dell’intero museo Etrusco”

L’architetto Denise Tamborrini confermata direttore del museo nazionale Etrusco ““Pompeo Aria” (foto drm-er)
Denise Tamborrino confermata alla direzione del museo nazionale Etrusco di Marzabotto e dei luoghi della cultura statali del territorio bolognese a partire dal 1° gennaio 2024 per il triennio 2024-2027, un mandato importante durante il quale sarà realizzato il riallestimento dell’intero museo Etrusco. “Un passo importante”, commenta il direttore regionale Giorgio Cozzolino, “per mantenere una continuità scientifica di alto profilo professionale. Grazie infatti alle competenze dell’architetta Tamborrino si sono potuti attuare molti interventi e collaborazioni al museo e l’area archeologica di Kainua e l’ex chiesa di San Mattia che hanno contribuito ad aumentare del 22%, rispetto al 2022, il flusso dei visitatori dell’anno appena concluso”. Direttrice già dal 2015 delle sedi bolognesi dell’ex chiesa di San Mattia, dell’ex chiesa di San Barbaziano e del complesso di Torre Jussi a Castel d’Aiano, Tamborrino ha anche ricoperto l’incarico di direttrice del museo nazionale Etrusco di Marzabotto dal 2020 al 2023. Nell’ultimo triennio, la sua attività di direzione ha promosso un approccio multidisciplinare innovativo nella lettura e valorizzazione del patrimonio culturale, con una serie di collaborazioni e progetti con importanti istituzioni pubbliche e private del territorio, tra cui il dipartimento Storia culture e civiltà dell’università di Bologna, la Fondazione Golinelli, il Festival Danza Urbana e l’associazione Fontanamix. “È per me un piacere e una sfida poter continuare a dirigere i siti statali nel territorio della città metropolitana di Bologna, luoghi straordinari che consentono al pubblico di fare esperienza con molteplici aspetti del patrimonio culturale dall’archeologia al paesaggio all’arte contemporanea”, interviene Denise Tamborrino. “Grazie a questa continuità, il triennio 2024-2027 vedrà la realizzazione del nuovo riallestimento dell’intero museo Etrusco, con un’attenzione particolare ai temi dell’accessibilità, il progetto di riqualificazione paesaggistica “Kainua. Manuale d’uso” che propone un approccio innovativo nella gestione delle aree archeologiche e il progetto “Under the Same Sky” ad opera di Eva Marisaldi, vincitore del Piano dell’Arte Contemporanea 2022-2023 e che vedrà una importante collaborazione con il Metropolitan Museum di New York. All’ex chiesa di San Mattia, sarà prevista, tra le varie attività, l’attivazione di una residenza d’artista a cui accedere tramite bando per la realizzazione di opere site specific che andranno a costituirne la collezione. Il 2024 vedrà, inoltre, la fine del cantiere all’ex chiesa di San Barbaziano con una presentazione pubblica alla comunità dei lavori e del progetto culturale di prossima realizzazione”.

L’architetto Denise Tamborrini (da FB)
Denise Tamborrino (1977) è architetta e storica dell’architettura. Dopo la laurea in Progettazione Architettonica all’università di Ferrara (2003), è dottore di ricerca in Storia dell’Architettura e Urbanistica (2007) allo IUAV-Istituto Universitario Architettura Venezia. Nel 2021 si perfeziona in Antropologia Museale e dell’Arte all’università di Milano –Bicocca. Dal 2006 al 2012 è docente a contratto in Storia dell’Architettura alla Facoltà di Ingegneria dell’università di Bologna, sedi di Bologna e Ravenna, ed ha al suo attivo collaborazioni con la Facoltà di Architettura dell’università di Ferrara. Nel 2012 a Detroit ha presieduto, in collaborazione, una sessione tematica all’interno del 65° meeting annuale della SAH (Society of Architectural Historians) dal titolo: “Not the Jesuits: “other” Counter-Reformational architecture”. È membro di CAA-College Art Association, EAHN-European Architectural History Network, e SAH-Society of Architectural Historians. Dal 1° gennaio 2012 è funzionario architetto per il ministero della Cultura. Alla direzione regionale per i Beni culturali dell’Emilia-Romagna si è occupata di tematiche legate alla tutela e pianificazione paesaggistica e progetti speciali di valorizzazione. Dal 5 novembre 2015 è direttrice dell’ex chiesa di San Mattia a Bologna, dell’ex chiesa di San Barbaziano a Bologna e del Complesso di Torre Jussi a Castel D’Aiano, musei non autonomi non aventi qualifica dirigenziale della direzione regionale Musei Emilia-Romagna. Dal novembre 2020 è anche direttrice del museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” e area archeologica di Kainua a Marzabotto. Durante l’attività di direzione, ha curato ed organizzato numerose mostre, eventi e progetti, tra cui il progetto ZERO (Weak Fist) dell’artista Patrick Tuttofuoco, che ha vinto la prima edizione del bando Italian Council, promosso dalla direzione generale Arte e Architettura Contemporanee edil progetto “ArcheoMinecraft. Costruisci una città come farebbe un etrusco”, menzione speciale al Premio Gianluca Spina per l’Innovazione Digitale nei Beni e Attività culturali 2022. Dal 2019 al 2022 è stata membro del comitato tecnico scientifico per l’Arte e l’Architettura contemporanee del ministero della Cultura in qualità di vicepresidente e membro supplente del Consiglio superiore Beni culturali e paesaggistici.
Iraq. Scoperta una “taverna” con un antico frigorifero di 5000 anni fa a Tell al-Hiba, l’antica Lagash, una delle più importanti città-stato della Mesopotamia, dalla missione delle università di Pisa e della Pennsylvania nell’ambito del Lagash Archaeological Project

La cella frigorifera di 5mila anni fa scoperta a Tell al-Hiba, l’antica Lagash, dalla missione diretta da Sara Pizzimenti dell’università di Pisa (foto unipi)
Scoperta a Lagash, in Iraq, quella che potrebbe essere una taverna del 2700 a.C.: una zona pranzo all’aperto con panchine, un forno, contenitori per la conservazione, antichi resti di cibo e persino un frigorifero di 5000 anni fa, denominato “zeer”, termine arabo che identifica la tecnica del “vaso nel vaso” per conservare bevande e alimenti. È l’eccezionale risultato – di cui dà notizia UnipiNews – raggiunto dagli archeologi dell’università di Pisa impegnati, assieme ai colleghi dell’università della Pennsylvania, negli scavi del Lagash Archaeological Project. Un tesoro, quello ritrovato a fine 2022 dall’équipe guidata dalla professoressa Holly Pittman della University of Pennsylvania e dalla professoressa Sara Pizzimenti del Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Ateneo pisano, che si nascondeva a soli 50 cm dalla superficie e che oggi ci consegna uno spaccato di quella che doveva essere la vita quotidiana di una delle più importanti città-stato della Mesopotamia: Tell al-Hiba (l’antica Lagash).

Una vista degli scavi archeologici nel sito di Lagash, nel sud dell’Iraq (foto unipi)
“Il ritrovamento fatto a Lagash è in grado di gettare nuova luce sullo studio dell’alimentazione e della cucina dell’antica Mesopotamia, finora principalmente conosciuta e approfondita attraverso i testi, che tuttavia non coprono i periodi più antichi del Sumer”, spiega Sara Pizzimenti, professoressa associata di Archeologia e Storia dell’Arte del Vicino Oriente Antico di UniPi. “All’interno di quello che era un luogo pubblico per la produzione, distribuzione e consumo dei pasti, che doveva probabilmente avvenire all’interno del grande cortile con banchette, sono state ritrovate, infatti, un centinaio di ciotole contenenti resti di cibo, assieme ai dispositivi per la conservazione di bevande e alimenti. La taverna di Lagash è di conseguenza un tassello importante per ricostruire le conoscenze nel campo della produzione e distribuzione alimentare, economia alla base delle prime società complesse della storia dell’uomo”.

Tell al Hiba, l’antica Lagash, nel sud Iraq: l’area di scavo 2022 vista dal drone (foto lagash archaeological project)
Tell al-Hiba si trova a 24 km a est della città di Shatra, nel governatorato del Dhi Qar, nel sud dell’Iraq. Con i suoi più di 400 ettari di estensione, Lagash è una delle città-stato più antiche e più grandi della Mesopotamia meridionale e capitale dell’omonimo stato. Occupata a partire dal quinto millennio a.C. e in gran parte abbandonata attorno al 2300 a.C., è stata uno dei più importanti snodi commerciali della regione, sede di un’intensa e variegata produzione artigianale, e con immediato accesso a terreni agricoli. Fino al Lagash Archaeological Project, iniziato nel 2019, gli scavi si erano sempre concentrati sull’architettura religiosa e sulla comprensione delle élite. Con il nuovo progetto, invece, l’attenzione degli archeologi si è concentrata sulle aree non elitarie della città, così da poter conoscere meglio quale fosse la vita nell’antica città mesopotamica. La scoperta della taverna getta quindi nuova luce sulla vita quotidiana di un quartiere popolare sumerico probabilmente legato ad attività artigianali di produzione ceramica.

L’assiriologo danese Thorkild Jacobnsen a Tell Asmar nel 1931/31 (foto di Alchetron 29 giugno 2018 / LAP)
135 anni di scavi archeologici. Le prime esplorazioni archeologiche a Tell al-Hiba risalgono alla fine del XIX secolo (1887), ma è solo nel 1953, grazie al ritrovamento di un’iscrizione da parte dell’assiriologo danese Thorkild Jacobnsen e di Fuad Safar, che si è stati in grado di indentificare il sito con l’antica Lagash. La città è stata per la prima volta intensivamente investigata grazie alle cinque campagne di scavo (1968-1976) di un progetto congiunto del Metropolitan Museum of Art e dell’Institute of Fine Arts di New York sotto la direzione di Donald Hansen. Seguiranno altre due campagne, nel 1984 (UCLA) e nel 1990 (UPENN), quest’ultima interrotta dallo scoppio della prima guerra del Golfo.

Tell al Hiba (antica Lagash) nel Sud Iraq: il team della campagna di scavo dell’autunno 2022 diretta dalla professoressa Sara Pizzimenti dell’università di Pisa (al centro) (foto lagash archaeological project)
Le ricerche ripartiranno solo nella primavera del 2019, con un primo progetto congiunto tra l’università della Pennsylvania e quella di Cambridge, seguito da una seconda campagna nel novembre 2021. Ma è dalla terza campagna, iniziata a marzo 2022, che entra in scena anche l’università di Pisa con un gruppo di archeologi guidati dalla professoressa Sara Pizzimenti che, nella quarta stagione di scavi (autunno 2022), diverrà direttore sul campo e condurrà alla scoperta di quella che si presume essere un’antica taverna di 5000 anni fa.
Ferrara. Al museo Archeologico nazionale aperta la mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo”, culmine delle celebrazioni Spina100: racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica

Ricostruzione di un’abitazione di Spina (foto università di zurigo)

Le Valli di Comacchio che conservano le tracce dell’antica città etrusca di Spina (foto http://www.rivadelpo.it)
“L’impresa archeologica più importante nell’ambito dell’Italia settentrionale preromana”: così Nereo Alfieri, primo direttore del museo Archeologico di Ferrara, chiosò nel 1960 l’epica vicenda degli scavi di Spina, che andavano allora chiudendosi dopo una stagione assai intensa di scoperte e ritrovamenti, campagne di scavo e trafugamenti, clamore mediatico e partecipazione popolare. Nella tarda primavera del 1922, durante le bonifiche dei bacini lagunari attorno a Comacchio, tra operai al lavoro e trincee colme di acque di risalita, riemerse dall’oblio la ricca città portuale degli Etruschi fondata in prossimità del delta del Po alla fine del sesto secolo a.C., sommersa per secoli dalle acque dolci e dal fango e perduta alla conoscenza diretta degli uomini. Solo le fonti antiche e i poeti (Boccaccio e Carducci, per fare qualche nome) ne conservarono memoria fino a cento anni fa.

Locandina della mostra “Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara dal 22 dicembre 2022 al 23 aprile 2023

Presentazione della mostra “Spina etrusca”: da sinistra, Massimo Osanna, Vittorio Sgarbi e Giorgio Cozzolino (foto drm-emilia-romagna)
Dopo un secolo dall’impresa archeologica, il museo Archeologico nazionale di Ferrara, diretto da Tiziano Trocchi, nato per Spina e inaugurato nel 1935, intende celebrare questa ricorrenza con una mostra ospitata nei saloni di Palazzo Costabili, che – inaugurata il 22 dicembre 2022 – rimarrà aperta al pubblico fino al 23 aprile 2023: “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo” (nel video, la presentazione ufficiale con Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura; Giorgio Cozzolino, direttore regionale Musei Emilia-Romagna; Massimo Osanna, direttore generale Musei; Monica Miari, soprintendente ABAP-BO reggente; Cristina Ambrosini, responsabile Cultura della Regione Emilia-Romagna; Marco Gulinelli, assessore alla Cultura del Comune di Ferrara; Giuseppe Sassatelli, presidente dell’istituto nazionale di Studi etruschi ed italici e presidente del comitato scientifico della mostra). La mostra racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica, porto dalla strategia aggressiva a controllo delle rotte verso occidente. La mostra rappresenta il culmine delle iniziative per le celebrazioni del centenario, coordinate dalla direzione generale Musei in stretta collaborazione con la direzione regionale Musei Emilia-Romagna e il museo Archeologico nazionale di Ferrara, d’intesa con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara, con la partecipazione di Regione Emilia-Romagna, delle amministrazioni comunali di Ferrara e Comacchio e delle università di Ferrara, Bologna e Zurigo.

Allestimento della mostra “Spina etrusca” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)
L’allestimento sceglie di affidarsi in modo consistente al linguaggio delle tecnologie di ricostruzione dei paesaggi e dei contesti antichi per dare vita a una narrazione di forte suggestione. Al di là dell’indubbio splendore materico dei reperti esposti – con importanti prestiti dai principali musei archeologici italiani e prestigiosi materiali provenienti dal Metropolitan Museum of Art di New York, alla cui presenza in mostra ha contribuito anche la Regione Emilia-Romagna -, la mostra intende suggerire ai visitatori il significato del grande porto di Spina per gli Etruschi del V secolo a.C. e per i cittadini “mediterranei” del 2022.

Ceramiche esposte nella mostra “Spina etrusca: un grande porto del Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)
Col tragitto per mare dal Pireo fino al delta del Po, su imbarcazioni percorse da marinai, cariche di contenitori di vino e profumi, ricche di raffigurazioni mitiche ben note agli Etruschi, comincia il percorso espositivo, accompagnato dalle narrazioni mitologiche che ambientavano qui, alla foce dell’Eridano (antico nome del fiume Po), le tristi vicende di Fetonte e di Icaro, degli eroi greci civilizzatori per antonomasia, Diomede ed Eracle. Il profilo di Spina, per chi vi approdava dal mare, si mostrava coi dossi e le depressioni delle sue necropoli, ancora evocati nella rappresentazione delle carte geografiche del Salone d’Onore del museo, e dichiarava nelle scelte del rituale funebre la complessità della comunità che vi abitava.

Corredi dalla necropoli di Spina (foto drm-emilia-romagna)

Bronzetto esposto nella mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)
Gli spineti si facevano seppellire con ricchi corredi di materiali ceramici e bronzei di provenienza eterogenea, che evocavano analoghe scelte nel rituale condivise con le élites aristocratiche degli altri grandi centri etruschi della Penisola. È una rete complessa di echi, di rimandi, somiglianze ed evocazioni quelle che si dipana tra gli oggetti delle tombe da Spina e da Pisa, Adria o Cerveteri. Ma la vita quotidiana degli spineti si muoveva tra l’abitato, con le sue costanti esigenze di manutenzione e adattamento all’ambiente lagunare, e il porto, fulcro dell’attività commerciale ed economica della città e dei suoi dintorni. Mercanti, anfore e marinai, rumori di sartie e di magazzini, prezzi e contrattazioni in più lingue. Anche testimonianze di culto, per pregare e ringraziare di un viaggio pericoloso giunto a destinazione. Il richiamo all’attualità, evocata con discrezione per associazione di funzioni e significati, senza mai sottintendere confronti impossibili, invita il visitatore a immaginare la storia “organica” che sfugge ai metodi di ricerca della disciplina archeologica: gli uomini, i rumori, gli odori che dovevano seguire il percorso dei bellissimi capolavori di ceramica attica oggi esposti in museo. Due mari, Tirreno e Adriatico, due porti, e lo stesso privilegio: come ci tramandano Dionigi e Strabone, entrambe le città etrusche di Spina e Pyrgi (Cerveteri), a cui la mostra dedica un’intera sezione, ebbero l’onore di costruire un donario nel santuario panellenico di Delfi.

Preziose ceramiche a figure rosse dagli scavi di Spina (foto drm-emilia-romagna)
L’incredibile mobilità che connota la comunità spinete si riflette nella pluralità delle provenienze degli oggetti delle necropoli e nella molteplicità culturale ed etnica della compagine cittadina, frequentata da persone che parlavano e scrivevano in lingue differenti. La mostra non trascura di raccontare anche di una mobilità più recente, che testimonia i fenomeni di dispersione del patrimonio emerso dalle valli di Spina in diversi musei italiani e stranieri. Il prestigioso prestito dei vasi del Metropolitan Museum of Art di New York si fa portavoce di questo racconto e porta luce sulla presenza internazionale di Spina in numerose esposizioni museali. Il viaggio per mare dalle coste della Grecia si conclude con un percorso che termina a Ferrara, nel momento della scoperta della necropoli di Valle Trebba e nella conseguente decisione di dar vita al Regio Museo di Spina, oggi Museo archeologico nazionale di Ferrara. La mostra che celebra a Ferrara il centenario della scoperta di Spina segue dopo quasi vent’anni l’ultima grande esposizione dedicata alla città etrusca e vuole narrare il volto di un centro nodale nei traffici mediterranei e adriatici di età classica.

Hydria etrusca a figure nere del Pittore del Vaticano 238 dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto drm-emilia-romagna)
Nella seconda metà del 2023 la mostra “Spina etrusca” sarà ospitata dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, ultima tappa del suo viaggio. “Un grande motivo di orgoglio”, commenta il direttore Valentino Nizzo, “di cui dobbiamo ringraziare la direzione regionale musei dell’Emilia Romagna e la Direzione generale Musei del MiC. Cercheremo di onorare adeguatamente l’impegno rendendo omaggio a Spina e a ciò che rappresenta nell’archeologia, nell’arte, nella storia e nel mito”.
Museo di Aidone. Samonà: “Gli Argenti di Morgantina resteranno per sempre in Sicilia”. È uno degli effetti dell’accordo di collaborazione siglato fra il museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo e il Metropolitan Museum di New York che prevede lo scambio di reperti tra i due musei

Gli argenti di Morgantina al museo di Aidone (foto regione siciliana)
“Gli Argenti di Morgantina resteranno per sempre in Sicilia, al museo di Aidone”. È questo uno degli effetti dell’accordo di collaborazione siglato nei giorni scorsi fra il museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo, diretto da Caterina Greco, e il Metropolitan Museum di New York, diretto da Max Hollein. Lo annuncia l’assessore regionale Alberto Samonà: “Un’intesa che ho fortemente voluto e che modifica il punto della Convenzione sottoscritta nel febbraio del 2006, in base al quale i preziosi argenti ogni quattro anni venivano trasferiti da Aidone al museo newyorkese, e apre ad una prestigiosa collaborazione fra i due musei. In base alla nuova convenzione, siglata ai sensi dell’articolo 67, comma 1, lettera d) del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, il Metropolitan e il Salinas danno vita a uno scambio di reperti, grazie al quale nel museo siciliano, per tre anni, saranno esposte opere appartenenti alle collezioni del Met e in cambio, i visitatori del museo di New York, per un tempo di pari durata, potranno scoprire, con opere del Salinas, la ricchezza del patrimonio culturale siciliano. L’accordo, inoltre, è parte di un duraturo programma di cooperazione culturale su beni archeologici e altre opere d’arte, che il museo Salinas e il Met intendono consolidare anche mediante l’organizzazione di iniziative comuni e progetti di collaborazione, quali mostre, conferenze e ricerche scientifiche. In pratica, dopo la collaborazione con il museo dell’Acropoli di Atene, siglata nei mesi scorsi sempre su mio impulso, per il museo archeologico regionale ha inizio, in questo modo, una nuova prestigiosa sinergia con un altro fra i principali musei del mondo”.

Un vasi di ceramica cipriota arcaica che sarà esposto al museo di Aidone proveniente dal Met di New York (foto regione siciliana)
Grazie all’accordo, firmato dalla direttrice del museo Archeologico regionale “A. Salinas”, Caterina Greco, e dal direttore del Metropolitan Museum of New York, Max Hollein, in Sicilia arriveranno dal museo newyorkese alcuni reperti particolarmente significativi: si tratta di quattro rari esemplari di ceramica greca, di produzione cipriota e di età arcaica (750-600 a.C.). In cambio, a New York giungeranno dal Salinas alcuni materiali selinuntini (un’arula in terracotta, una lucerna arcaica in marmo, un rilievo figurato), la cui esposizione presso uno dei più importanti musei del mondo costituirà una prestigiosa occasione di conoscenza e comunicazione dell’archeologia della Sicilia.

Le autorità intervenute alla consegna ufficiale del “Reperto Fagan”: da sinistra, il direttore del museo dell’Acropoli di Atene, Nikolaos Stampolidis; il primo ministro della Repubblica Greca Kyriakos Mitsotakis; l’assessore dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà; la direttrice del museo Archeologico regionale “A. Salinas” di Palermo, Caterina Greco; la ministra della Cultura Lina Mendoni (foto museo acropoli atene)
“L’accordo siglato fra il Metropolitan Museum di New York e il Museo Salinas di Palermo – commenta Samonà – è un grande risultato per la Sicilia, perché non soltanto realizza la nostra volontà di mantenere gli Argenti di Morgantina ad Aidone, ma dà vita a una prestigiosa collaborazione scientifica e culturale fra il nostro Museo Salinas e il Met (uno dei più importanti musei al mondo). Come ebbi a dire mesi fa, infatti, la via maestra è proprio la politica degli scambi culturali – che sta già dando effetti molto positivi con la Grecia e i suoi musei – che è la grande opportunità dei prossimi anni: ciò consente di far conoscere al mondo il nostro patrimonio culturale e permette di avviare collaborazioni che porteranno effetti positivi alla Sicilia per la ricerca, la valorizzazione e la promozione dei musei e dei parchi archeologici dell’Isola”.
Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, nell’ambito della Festa etrusca, anteprima esclusiva del documentario “L’anello di Grace” che svela tutti i segreti (editi e inediti) del celeberrimo “Golden Chariot”, trafugato 120 anni fa e oggi al Met. Ecco il programma della due giorni “etrusca”: rievocazioni, incontri e tavole rotonde, visite guidate
L’anteprima esclusiva del documentario “L’anello di Grace” che svela tutti i segreti (editi e inediti) del celeberrimo “Golden Chariot” del Metropolitan Museum di New York a 120 anni dal suo avventuroso trafugamento rappresenta uno dei momenti clou della seconda Festa etrusca al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma nell’ambito delle Giornate Europee del Patrimonio, la più estesa e partecipata manifestazione culturale d’Europa che quest’anno affronta il tema “Patrimonio culturale sostenibile: un’eredità per il futuro”. Sabato 24 e domenica 25 settembre 2022 ecco dunque la seconda edizione di Festa Etrusca, il Festival Archeostorico itinerante dedicato alla divulgazione della cultura etrusca. Occasione di incontro, divertimento e scambio culturale tra i molteplici operatori del settore e il pubblico dei visitatori. Due giorni di animazione culturale a Villa Giulia con tantissime attività. Tutte gratuite, comprese nel costo del biglietto. Un’area espositiva con libri di settore e realtà attive nella divulgazione archeologica e nella promozione del patrimonio culturale; tavole rotonde con studiosi ed esperti del settore; attività di approfondimento: incontri con i protagonisti dell’archeologia, presentazioni di novità editoriali, laboratori per bambini e ragazzi; attività di valorizzazione: rievocazioni storiche e laboratori didattici sul mondo etrusco, visite guidate in collaborazione con il Museo.
“L’anello di Grace”. Sabato 24 settembre 2022, alle 21, nella splendida e interamente rinnovata sala della Fortuna del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, sarà proiettato in anteprima mondiale il documentario del regista e giornalista Dario Prosperini. La proiezione sarà introdotta e moderata dalla giornalista Silvia Lambertucci (ANSA), con interventi del direttore del museo Valentino Nizzo e di alcuni dei protagonisti del documentario. “L’anello di Grace” ricostruisce con testimonianze inedite e di prima mano le vicende di un trafugamento senza precedenti nella storia del nostro paese: quello della Biga Etrusca di Monteleone di Spoleto, considerata una delle opere più importanti del Metropolitan Museum of Art di New York. In occasione dei 120 anni dal ritrovamento, il regista e giornalista Dario Prosperini ripercorre le tappe di una delle vicende più drammatiche e discusse della storia della tutela archeologica nel nostro paese, ricca di misteri, omissioni e colpi di scena. Documenti rimasti a lungo inediti rivelano per la prima volta la catena di connivenze anche illustri e insospettabili che, dopo una trattativa durata mesi, consentirono l’esportazione illecita negli Stati Uniti di uno dei monumenti dell’arte etrusca, prodotto a Vulci nel VI secolo a.C. È così emerso un nuovo quadro indiziario che ha convinto il comune di Monteleone a tentare di riaprire la procedura giudiziaria internazionale per ottenerne la restituzione. Tra i protagonisti delle vicende narrate nel documentario figurano Guglielmo Berattino, storico e scrittore di Ivrea, incappato in un segreto inconfessabile nascosto in un vecchio faldone, e Grace Filder, un’affascinante e avventurosa contessa inglese il cui anello dai poteri magici ci ha condotto laddove la vita e la morte continuano a parlarsi, rivelando forse un’ulteriore e del tutto inaspettata pagina della storia millenaria del “capitano” che portò con sé nella sua ultima dimora, nascosta tra le cime più selvagge dell’Umbria, lo splendido carro etrusco.

La biga etrusca di Monteleone di Spoleto trafugata dall’Italia 120 anni fa e ora esposta al Met di New York come Golden Chariot (foto etru)
Al confine tra un noir e una spy story, la vicenda costituisce uno degli episodi più emblematici delle gravissime ferite inferte al patrimonio culturale italiano, ancor più significativa se si considera che la scoperta ebbe luogo a pochi mesi dall’approvazione della prima legge di tutela del nostro paese, fortemente caldeggiata dal fondatore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Felice Barnabei, uno dei pochi che all’epoca si impegnò attivamente per la restituzione del carro. Il “Golden Chariot”, com’è soprannominato oltreoceano, è un reperto di valore inestimabile, sia per la conservazione che per la fattura: sui tre pannelli che lo compongono sono raffigurate le gesta dell’eroe omerico Achille. Il carro, decorato a sbalzo con intarsi in avorio, oltre alla qualità artistica, dimostra la capacità degli Etruschi di padroneggiare il linguaggio simbolico, figurativo e tecnico dei Greci. “L’anello di Grace” è un’immersione nella bellezza, ma soprattutto è un omaggio alla ricerca delle verità potenzialmente nascoste in un cimitero, in una tomba e, soprattutto, in un anello. La ricerca e la ricostruzione delle vicende che hanno interessato le sorti del nostro patrimonio culturale e ne hanno determinato la conservazione e il godimento da parte dei cittadini sono quanto mai doverose per restituirne dignità e grandezza e per offrire alle nuove generazioni “un’eredità per il futuro”, così come le Giornate europee del Patrimonio 2022 invitano a promuovere e sostenere e così come, indirizzando molte delle proprie iniziative culturali al pubblico dei più giovani, hanno avuto in animo di fare gli organizzatori di “Festa etrusca! La Storia si racconta”.

Rito etrusco a “Festa etrusca! La storia si racconta” (foto etru)
Rievocazioni storiche. Sabato 24 settembre 2022, alle 16, “Dall’Etruria al Venetorum Angulus. Viaggio alla scoperta dei Veneti Antichi e delle loro relazioni con gli Etruschi” a cura dell’associazione Suliis as Torc; alle 17, “Sulle melodie del tempo Anthase e Nuzinai”, auleta e danzatrice guideranno all’interno del museo alla scoperta della musica degli etruschi. Suoni e danze per celebrare una Festa etrusca a lungo attesa. Massimo 20 persone, a cura di Herentas – i passi del tempo; alle 18, “Un banchetto…di 2500 anni fa”, rievocazione storica di un banchetto etrusco a cura di Suodales, Suliis as torc, Herentas, Simmachia Ellenon, Katolophyromai. Domenica 25 settembre 2022, alle 11, “Non solo miele”, didattica sull’apicoltura nel mondo antico, presentazione del progetto sperimentale di un apiario storico a Isola Vicentina (Vi) a cura dell’associazione Suliis as Torc; alle 12, “Conosciamo gli Etruschi”, alla scoperta del mondo degli etruschi attraverso gli allestimenti didattici di Festa Etrusca a cura dell’associazione Suodales; alle 12.30, “Sulle melodie del tempo Anthase e Nuzinai”, auleta e danzatrice guideranno all’interno del museo alla scoperta della musica degli etruschi. Suoni e danze per celebrare una Festa etrusca a lungo attesa. A cura di Herentas – I passi del tempo; alle 15, “Nella bottega di Efesto. La metallurgia nell’età del ferro, dai minerali ai processi di lavorazione” a cura dell’associazione Suliis as Torc; alle 16, “Case per il presente, tombe per l’eternità” Vel Thansinas, maestro costruttore, illustrerà le tecniche edilizie utilizzate dalla civiltà etrusca attraverso una visita rievocativa all’interno del museo. Massimo 25 persone. A cura dell’associazione Suodales; alle 16, “Incontri di culture: l’alba dell’Occidente”, lezione-evento con il direttore Valentino Nizzo.
Programma istituzionale. Sabato 24 settembre 2022, alle 16, “Valorizzazione del patrimonio storico-artistico del popolo etrusco in Toscana in chiave turistica” e presentazione della guida “Toscana Etrusca. Un viaggio contemporaneo in una terra millenaria” (Edizioni Giorgio Mondadori – Cairo Editore). Intervengono: Francesco Tapinassi (direttore Toscana Promozione), Clara Svanera (giornalista e curatrice della guida), Marta Coccoluto (direttrice parco archeologico Baratti/Populonia). Introduce e modera: Simona Sanchirico (fondazione Dià Cultura); alle 17, “Dialoghi diagonali sul patrimonio culturale e dintorni”. Riflessioni a partire dal libro “Posgarù” di Daniele Manacorda. Insieme all’autore intervengono Enrico Zanini (università di Siena) e Paola Porretta (università di Roma Tre). Introduce e modera Valentino Nizzo (museo nazionale Etrusco di Villa Giulia); alle 18, “Dall’archeologia allo storytelling: la mia roadmap per affrontare le nuove sfide della comunicazione culturale” a cura di Elisa Bonacini (archeologa ed esperta di comunicazione); alle 21, “L’anello di Grace”. Presentazione e proiezione in anteprima assoluta del documentario di Dario Gasperini che svela tutti i segreti (editi e inediti) del celeberrimo “Golden chariot” del Metropolitan Museum di New York a 120 anni dal suo avventuroso trafugamento. Domenica 25 settembre 2022, alle 10, Valtrend editore presenta il libro “Sulle rotte di Ulisse. Da Itaca a Troia tra mito e realtà” di Angelo Pellegrino; alle 11, MMC editore presenta il libro “Roma enigmistica” (Dagli antichi Romani ai sommi Pontefici, dall’Urbe ai giorni nostri. Quando il fascino del gioco di parole svela le verità nascoste della storia) seconda edizione – di Federico Mussano; alle 12, Arbor Sapientiae editore presenta i libri “Tra le pendici del Quirinale e il Campo Marzio. In memoria di Emilio Rodriguez Almeida” a cura di Antonio Pizzo e Riccardo Montalbano e “Felice Barnabei. La villa pompeiana di P. Fannius Synistor scoperta presso Boscoreale”; alle 15, Aurora Raimondi Cominesi (università di Newcastle, museo nazionale delle Antichità di Leida) presenta “Domitian”, un progetto di gioco che vede protagoniste due mostre e la città di Roma. Alle 15.30, l’associazione Chissà DOVE presenta “La guerra degli Elefanti su un piatto da Capena”, un podcast di Silvia Amigoni. Intervengono Fabiana Grasso (associazione Chissà DOVE), Maurizio Amoroso (Entertainment Game Apps, Ltd.); alle 16, presentazione e proiezione dei documentari “Alla scoperta delle meraviglie di Alatri” e “Lanuvino come Antonino” (un racconto animato alla scoperta della vita dell’imperatore Antonino in compagnia di una giovane lanuvina) a cura di Luca Attenni (direttore del museo Diffuso di Lanuvio e del museo civico di Alatri); alle 17, Campi di Carta edizioni presenta il libro “Le strane fontane di Roma” di Bruno Gossetti; alle 18, “Arrivederci Festa Etrusca” a cura di Maurizio Amoroso (EGA – Entertainment Game Apps Ltd.) con Valentino Nizzo (museo nazionale Etrusco di Villa Giulia).

Gli straordinari corredi delle tombe principesche di Palestrina esposti a villa Poniatowski (foto etru)
Viste guidate. Sabato 24 settembre 2022, alle 21.30, visita guidata “La collezione Castellani (e la mostra fotografica “Le strade di casa. Anatomia di una comunità”) a cura di Maria Paola Guidobaldi; alle 21.30, visita guidata “Alla scoperta di Vulci” a cura di Vittoria Lecce. Visite a Villa Poniatowski a partire dalle 20.30 a cura di Antonietta Simonelli e Luca Mazzocco (la villa chiude alle 22.30). Domenica 25 settembre 2022, alle 10.30, visita guidata Villa Giulia, il Ninfeo e lo Zodiaco a cura di Vittoria Lecce; alle 17, visita guidata Villa Giulia, il Ninfeo e lo Zodiaco a cura di Maria Paola Guidobaldi. Massimo 25 persone. È gradita la prenotazione via email a info@festaetrusca.info o in loco fino ad esaurimento posti.
Roma. In Curia Iulia esposta la copia della testa del guerriero A con il colore originario e il video del Met per il 50mo della scoperta dei Bronzi di Riace. Il video del convegno

La copia in bronzo della testa del Guerriero A dei Bronzi di Riace con i colori originali (foto mic)
I bronzi di Riace come non li avete mai visti: a colori. Ne abbiamo parlato qualche giorno fa per annunciare il convegno, in presenza e diretta streaming, “1972-2022 A 50 ANNI DALLA SCOPERTA DEI BRONZI DI RIACE. Una nuova ricostruzione a colori delle sculture antiche”, la presentazione di un video del Met e della copia della testa del guerriero A con il colore originario (vedi Roma. I Bronzi di Riace come non li avete mai visti: a colori. In Curia Iulia convegno, in presenza e diretta streaming, “1972-2022 A 50 ANNI DALLA SCOPERTA DEI BRONZI DI RIACE. Una nuova ricostruzione a colori delle sculture antiche”. Presentazione di un video del Met e della copia della testa del guerriero A con il colore originario | archeologiavocidalpassato).

La copia della testa del Guerriero A dei Bronzi di Riace è esposta in Curia Iulia fino al 18 luglio 2022 (foto mic)
La riproduzione in bronzo della testa del guerriero A (copia perfetta in bronzo della testa della statua del guerriero A, uno dei due celebri Bronzi di Riace, straordinarie opere d’arte del V sec. a.C. conservate al MArRC) e il video della mostra del The Metropolitan Museum of Art di New York “Chroma Ancient Sculpture in Color” saranno visibili al pubblico che visiterà il parco archeologico del Colosseo fino al 18 luglio 2022: un’opportunità per promuovere anche la visita al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria.

Studi preliminari e ipotesi per la ricostruzione dei Bronzi di Riace con i colori originali (foto mic)
La riproduzione della testa, realizzata con l’ausilio di nuove e sofisticate tecnologie – laser scanner con una scansione millimetrica e rilievo 3D – ha lo scopo di mostrare al pubblico il colore originario della statua, esente cioè dagli effetti del tempo e dell’ossidazione, proponendo anche la presenza di colori. L’incontro è stato promosso dalla Direzione generale Musei, dal parco archeologico del Colosseo e dal museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, in collaborazione con il Met di New York.
Roma. I Bronzi di Riace come non li avete mai visti: a colori. In Curia Iulia convegno, in presenza e diretta streaming, “1972-2022 A 50 ANNI DALLA SCOPERTA DEI BRONZI DI RIACE. Una nuova ricostruzione a colori delle sculture antiche”. Presentazione di un video del Met e della copia della testa del guerriero A con il colore originario


Il logo per il Cinquantesimo dei Bronzi di Riace 1972-2022
I Bronzi di Riace come non li avete mai visti: a colori. Il 12 luglio 2022, alle 17, nella Curia Iulia al Foro Romano, la Direzione generale Musei, il parco archeologico del Colosseo, il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, in collaborazione con il Metropolitan museum di New York celebrano i 50 anni dalla scoperta dei Bronzi di Riace con il convegno “1972-2022 A 50 ANNI DALLA SCOPERTA DEI BRONZI DI RIACE. Una nuova ricostruzione a colori delle sculture antiche”. L’incontro scientifico sarà introdotto da Massimo Osanna, direttore generale Musei, seguito dagli interventi di Carmelo Malacrino, direttore del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria e di autorevoli studiosi di scultura antica, quali il Prof. Salvatore Settis, già direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa e Accademico dei Lincei, e il prof. Vinzenz Brinkmann, capo dipartimento di Antichità della Liebieghaus Skulpturensammlung di Francoforte sul Meno. L’evento è gratuito, potrà essere seguito in presenza con prenotazione al seguente link https://www.eventbrite.com/…/biglietti-1972-2022-a-50…. È possibile seguire il convegno in diretta streaming online sul canale YouTube del PArCo www.youtube.com/parcocolosseo.

Locandina della mostra “Chroma. Ancient Sculpture in Color” al Metropolitan museum di New York dal 5 luglio 2022 al 26 marzo 2023
Al termine degli interventi e prima delle conclusioni di Salvatore Settis, sarà anche proiettato il video che il Metropolitan museum di New York ha prodotto, appositamente per questa occasione, sulla mostra “Chroma Ancient Sculpture in Color”, inaugurata nel museo americano lo scorso 5 luglio e dedicata alla policromia delle sculture antiche. Nell’ambito dell’esposizione newyorchese un particolare rilievo hanno proprio due copie perfette in bronzo delle statue di Riace, realizzate sempre con le stesse sofisticate tecnologie.

La testa del guerriero A dei Bronzi di Riace e la sua riproduzione “a colori” (foto mic)
Per celebrare questo importante anniversario sarà esposta la copia perfetta in bronzo della testa della statua del guerriero A, uno dei due celebri Bronzi di Riace, straordinarie opere d’arte del V sec. a.C. custodite nel museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria. La testa in bronzo è stata realizzata dallo stesso archeologo tedesco prof. Vinzenz Brinkmann, fra i massimi esperti al mondo di policromia dell’antichità. La riproduzione della testa, realizzata con l’ausilio di nuove e sofisticate tecnologie (laser scanner con una scansione millimetrica e rilievo 3D) ha lo scopo di mostrare al pubblico il colore originario della statua, privata cioè dagli effetti del tempo e dell’ossidazione, proponendo anche la presenza di colori. La riproduzione in bronzo della testa e il video della mostra saranno visibili nella Curia Iulia fino al 18 luglio 2022.

Agosto 1972: il ritrovamento dei Bronzi di Riace da parte del sub Stefano Mariottini

Carmelo Malacrino, direttore del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto MArRC)
“Sono passati esattamente cinquant’anni da quel memorabile 16 agosto 1972, quando furono scoperti i Bronzi di Riace, due magnifiche statue in bronzo risalenti alla metà del V secolo a.C. Cinquant’anni in cui questi due eroi venuti dal mare sono diventati tra le sculture antiche più celebri al mondo, capaci di attrarre folle estasiate di ammiratori”, commenta Carmelo Malacrino, direttore del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria. “Oggi i Bronzi di Riace sono anche icone di un intero territorio, la Calabria. Una regione che quest’anno vuole festeggiarli con un programma diffuso di eventi, per far scoprire tanti aspetti della sua cultura millenaria: arte e paesaggio, borghi e identità enogastronomiche, minoranze linguistiche e tradizioni artigianali. Desidero ringraziare il direttore generale Musei, Massimo Osanna, e la direttrice del parco archeologico del Colosseo, Alfonsina Russo, per aver voluto organizzare questo incontro, nel quale valorizzazione e ricerca si fondono nella promozione della cultura”.

I Bronzi di Riace esposti in una speciale sala del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto MArRC)
“L’incontro alla Curia Iulia al Foro Romano rappresenta un momento rilevante nell’ambito delle celebrazioni dei 50 anni dal ritrovamento dei Bronzi di Riace”, interviene Massimo Osanna, direttore generale Musei, “perché evidenzia l’importanza dell’approccio interdisciplinare e della collaborazione scientifica internazionale, contribuendo in maniera significativa e innovativa ad una migliore conoscenza e fruizione di queste straordinarie sculture venute dal mare”. E prosegue: “Ringrazio la direttrice Alfonsina Russo e tutto lo staff del parco archeologico del Colosseo per l’organizzazione di questo incontro, e gli studiosi e i musei che stanno attivando nuove sinergie, anche in vista di una più ampia promozione all’estero del patrimonio culturale conservato nei musei italiani”. E Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo, commenta: “Mai nessuna scoperta archeologica ha avuto eco maggiore di quella dei Bronzi di Riace e questo anniversario suggella lo spirito di cooperazione internazionale e il ruolo della Cultura in grado di connettere Paesi e Istituzioni anche lontani. Sono onorata che il parco archeologico del Colosseo e il suo pubblico internazionale possano con questa iniziativa contribuire a promuovere questo importante evento e le celebrazioni che si svolgeranno al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria”.
“Tutankhamon. L’ultima mostra”: solo il 9, 10 e 11 maggio in esclusiva al cinema il film, un racconto straordinario con immagini ad altissima definizione, a cento anni dalla scoperta della tomba del faraone che ha rivoluzionato la storia dell’archeologia

È il 26 novembre 1922 quando l’archeologo ed egittologo britannico Howard Carter, eseguito un piccolo foro nell’intonaco di copertura di una parete sotterranea, getta per la prima volta lo sguardo nella camera sepolcrale della tomba del faraone Tutankhamon. La stanza è stracolma di oggetti e praticamente intatta e si appresta ad entrare nella leggenda. Oggi quello di Tutankhamon è un nome entrato nell’immaginario collettivo mondiale: per tutti racchiude quanto di più imponente e misterioso possano evocare l’Antico Egitto, le sue piramidi, la leggenda della maledizione del faraone. Pochi, però, associano la sua celebrità a una convergenza di fatti unici e soprattutto all’ostinazione di quell’archeologo inglese che ne scoprì la tomba proprio negli anni in cui mezzi di comunicazione di massa cominciavano a rivoluzionare completamente le nostre vite.
Per celebrare il centenario di quella rivoluzionaria scoperta che cadrà nel 2022, solo il 9, 10, 11 maggio arriva al cinema il docu-film “Tutankhamon. L’ultima mostra”, diretto da Ernesto Pagano e prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital. Per la prima volta gli spettatori cinematografici avranno così un’opportunità straordinaria: incontrare il faraone, rivivendo sul grande schermo quei momenti unici e seguendo in esclusiva lo spostamento di 150 oggetti del tesoro di Tutankhamon per la più grande mostra internazionale mai dedicata al Golden Boy che il fotografo Sandro Vannini ha seguito in esclusiva mondiale: l’ultima mostra in assoluto dedicata al tesoro perché per volere del governo egiziano ora questo patrimonio immenso diverrà inamovibile e potrà essere visitato solo nella sua sede del Cairo. A guidare lo spettatore attraverso la scoperta, la voce di Manuel Agnelli, sin da giovanissimo appassionato di Antico Egitto e rimasto folgorato dalla visita della tomba di Tutankhamon nel 1996. “Ho provato subito un grande entusiasmo nell’accettare di prendere parte a questa avventura perché in realtà, da piccolo, avrei voluto fare l’archeologo”, spiega Manuel Agnelli. “Poi ho avuto l’occasione di visitare i luoghi che avevo studiato. Così lavorare al film è stato come un cerchio che si chiudeva. E poi Tutankhamon è diventato una sorta di rockstar e, come succede alle rockstar, le persone si immaginano di provare le tue emozioni, di conoscere la tua vita… Quello che affascina di lui è proprio il mistero. Per questo forse è bene che non sia mai svelato, mai sconfitto. È il mistero che rende Tutankhamon così tanto evocativo e poetico”. La colonna sonora del film è firmata da Marco Mirk. “Tutankhamon. L’ultima mostra” è prodotto da Laboratoriorosso e Nexo Digital. La Grande Arte al Cinema è un progetto originale ed esclusivo di Nexo Digital. Per il 2022 la Grande Arte al Cinema è distribuita in esclusiva per l’Italia da Nexo Digital con i media partner Radio Capital, Sky Arte, MYmovies.it e in collaborazione con Abbonamento Musei.

Il docu-film offre un accesso esclusivo ad alcuni dei luoghi che ancor oggi rappresentano il cuore pulsante della leggenda di Tutankhamon, proprio a partire dai primi istanti che segnarono la scoperta della celebre tomba. “Fra il profondo silenzio, la pesante lastra si sollevò. La luce brillò nel sarcofago. Ci sfuggì dalle labbra un grido di meraviglia, tanto splendida era la vista che si presentò ai nostri occhi: l’effige d’oro del giovane re fanciullo”, annotò Howard Carter. Scopriremo questa storia attraverso i dipartimenti dell’area restauro del nuovo Grand Egyptian Museum di Giza, ancora chiuso al pubblico, e il museo Egizio di piazza Tahrir del Cairo, dove – in occasione dell’ultima tournée internazionale organizzata per la mostra “KING TUT. Treasures of the Golden Pharaoh” – osserveremo a pochi centimetri di distanza gli oggetti del tesoro del faraone e i passaggi più impegnativi e poco noti del backstage della mostra, come lo spostamento dell’imponente Statua del Guardiano del Re in legno dipinto e dorato, mai più mossa da quando Carter l’aveva inviata da Luxor al Cairo alla fine degli anni ’20.

Grazie a uno dei più ricchi archivi fotografici privati del mondo dedicati al tesoro e grazie a materiali fotografici e cinematografici originali raccolti tra il Metropolitan Museum di New York e il Griffith Institute di Oxford, gli spettatori potranno rivivere i momenti più emozionanti della scoperta di Carter, l’eco della celebre maledizione di Tutankhamon, i frammenti della storia del giovane faraone: un ragazzino elevato al rango di semidio, morto prematuramente e accompagnato in una tomba di fortuna per intraprendere il viaggio attraverso l’eternità insieme al suo ricchissimo corredo funerario. Dopo un regno effimero, Tutankhamon morì nel 1824 a.C. e venne ben presto dimenticato. Ma per un intreccio di casualità, 3342 anni dopo la sua sepoltura, il suo nome è diventato, tra quello dei faraoni dell’antico Egitto, l’unico capace di travalicare ogni confine, guadagnando una forma di eternità del tutto inattesa: quella della celebrità. Il racconto storico permetterà di arrivare anche all’epoca contemporanea quando il celebre archeologo Zahi Hawass, ministro delle Antichità Egizie fino al 2011, trasformò il Golden Boy in un ambasciatore d’Egitto nel mondo. Fu in quegli anni che per la prima volta venne fatta una TAC alla mummia del faraone per indagarne le cause della morte: proprio alle scansioni di quelle TAC è stato concesso l’accesso esclusivo in occasione del docu-film.

Saranno le fotografie ad altissima risoluzione di Sandro Vannini, fotografo tra i più prolifici del tesoro di Tutankhamon e unico ad aver avuto acceso al tesoro liberato dalle sue vetrine prima della partenza della tournée della mostra “KING TUT. Treasures of the Golden Pharaoh”, a raccontare come gli oggetti danneggiati nel corso della Rivoluzione del 2011 abbiano recuperato le loro fattezze originarie grazie al sapiente lavoro dei restauratori: il lavoro di Vannini è basato principalmente su tecnologie digitali sofisticate e d’avanguardia che, applicate alla ricostruzione virtuale, alla fotografia e alle riprese video, rappresentano la nuova frontiera della narrazione e della descrizione dei Patrimoni Artistici e Culturali. Attraverso le spettacolari e rivoluzionarie fotografie di Vannini si snoda anche la ricostruzione di stralci della vita e del rituale funebre del faraone della XVIII dinastia. Secondo gli egizi, l’eternità di un uomo finirà soltanto quando non ci sarà più nessuno al mondo a pronunciare il suo nome. Ma la maschera d’oro di Tutankhamon e il suo nome rimangono e rimarranno ben incisi e vivi nella memoria dell’umanità. E continueranno ad essere pronunciati ad alta voce, come accade in questo film.
“Gli Argenti di Morgantina potranno restare in Sicilia”: l’assessore regionale Alberto Samonà annuncia di aver ricevuto una lettera del direttore del Met dove spiega che ritiene “obsoleto” l’accordo del 2006 e che sia meglio sospendere questo scambio per la fragilità dei reperti, e auspica una rinnovata collaborazione tra il Metropolitan e il “Salinas” di Palermo


Alberto Samonà, assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana
Gli Argenti di Morgantina potranno restare in Sicilia. Il Metropolitan Museum di New York, infatti, ha fatto sapere di non volere indietro i preziosi reperti che ogni quattro anni, in base a un accordo del 2006, venivano trasferiti da Aidone al museo newyorkese. Lo annuncia Alberto Samonà, assessore regionale alla Cultura e all’identità siciliana: “Ho ricevuto una lettera dal direttore del Metropolitan Museum, Max Hollein, nella quale definisce “obsoleto l’accordo del 2006”, aderendo, in pratica, alla richiesta che avevamo avanzato anche di recente, di far restare gli Argenti nel museo Archeologico di Aidone, in cui sono esposti”. E continua: “Nella lettera indirizzatami, Max Hollein scrive di ritenere che sia meglio sospendere questo scambio, vista anche l’importanza degli Argenti per il Museo nel quale sono ospitati e per la fragilità degli stessi. Aspetti, questi, che avevamo evidenziato lo scorso mese di gennaio in una nostra lettera inviata al ministero della Cultura”. Il direttore del Met inoltre, nella nota, si è detto disponibile a una modifica dell’accordo, che passi da una rinnovata partnership che coinvolga il Metropolitan e il museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo, diretto da Caterina Greco, finalizzata a sancire una collaborazione fra le due istituzioni “attraverso prestiti che possano far conoscere ai visitatori del Museo statunitense la ricchezza del patrimonio culturale siciliano”. Molto positivo il commento dell’assessore regionale: “Accolgo con grande soddisfazione la lettera del direttore del Metropolitan Museum di New York che viene incontro alle richieste del Governo regionale, tenendo conto delle mutate condizioni storiche e riconoscendo la legittima esigenza del museo di Aidone a mantenere gli Argenti di Morgantina. Una disponibilità per cui ringrazio il direttore Max Hollein e in virtù della quale si gettano le basi per una prestigiosa collaborazione scientifica e culturale fra il Met e il nostro museo Salinas. Ritengo, infatti, che la politica degli scambi culturali, che sta già dando effetti molto positivi con la Grecia e i suoi musei, sia la grande opportunità dei prossimi anni, per valorizzare al meglio il nostro patrimonio culturale e dar vita a iniziative comuni, in grado di garantire una vetrina di vasta risonanza internazionale alla Sicilia e ai nostri musei e parchi archeologici”.







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