Verona. Al museo Archeologico al Teatro Romano apre la mostra “Animali nel mondo antico” con oggetti dalle collezioni civiche e nuovi ritrovamenti

Locandina della mostra “Animali nel mondo antico” al museo Archeologico al Teatro romano di Verona dal 25 ottobre 2022 al 1° ottobre 2023
“Animali nel mondo antico” è il tema affrontato dalla nuova mostra al museo civico Archeologico al Teatro Romano di Verona, allestita nella sala dedicata alle esposizioni temporanee dal 25 ottobre 2022 al 1° ottobre 2023, curata da Margherita Bolla e Brunella Bruno, frutto della collaborazione tra l’assessorato alla Cultura – Direzione Musei, e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza. L’esposizione intende illustrare alcuni aspetti dell’affascinante tema degli animali nel mondo antico, presentando non solo oggetti del MATR normalmente non esposti al pubblico e provenienti in gran parte dalle collezioni confluite nel Museo nel corso del tempo, ma anche – grazie alla collaborazione con la Soprintendenza – dedicando una vetrina a un ritrovamento molto interessante avvenuto in anni recenti nella città di Verona.

Cavallino in bronzo “testimonial” della mostra “Animali del mondo antico” al museo Archeologico al Teatro romano (foto muv-sabap-vr)
La mostra prende avvio da alcune piccole ma preziose testimonianze relative al ruolo degli animali nell’antico Egitto, in particolare all’uso di mummie di specie diverse come offerte agli dei nei luoghi di culto, attestato dai contenitori rimasti, in questo caso in bronzo. Più ampia ed articolata la documentazione presentata sul mondo classico, in cui gli animali avevano un ruolo importante sia in ambito mitologico e religioso in quanto compagni di importanti divinità (basti pensare alla civetta di Atena/Minerva o all’aquila di Giove), sia in ambito sociale come simboli di prestigio (il cavallo), ma anche all’interno della casa e altrove come decorazioni raffinate, o nell’abbigliamento personale sotto forma ad esempio di fibule, e così via.

Statuetta di cavallo marino di età romana imperiale dalla collezione di Jacopo Verità conservato al museo Archeologico al Teatro romano di Verona (foto muv)
Un’attenzione particolare è riservata ai serpenti, che potevano avere nel mondo classico un significato positivo, ad esempio come animali curativi nel culto di Esculapio, dio della medicina. Viene così introdotto il ritrovamento avvenuto pochi anni fa a Verona, in via Oberdan (all’esterno delle mura), con la scoperta di un edificio romano, che subì un grave incendio fra il III e il IV secolo d.C. Il crollo del soffitto, avvenuto per la combustione, sigillò in due ambienti adiacenti un gruppo di lucerne e un gruppo di statuette in bronzo, probabilmente costituenti il larario della casa, fra le quali una interessante figura di dea seduta, con diversi serpenti.

Elemento in bronzo di applicazione a testa di grifone, con orecchie equine e becco di rapace (foto muv)
L’esposizione si chiude con l’illustrazione di creature fantastiche, raffigurate di frequente nel mondo antico (ad esempio sfingi e grifoni), e con una sezione dedicata al fascino che questi esseri esercitarono nelle epoche successive all’antichità, producendo imitazioni e rielaborazioni.
Verona. Al museo Archeologico al Teatro romano la mostra “Vasi antichi” alcuni dei pezzi più suggestivi della raccolta di ceramiche preromane, un’ottantina di vasi dal VII al IV secolo a.C. circa, normalmente non esposte al pubblico. Focus sui buccheri etruschi

Prima domenica al museo a tu per tu con la ceramica preromana conservata nei depositi. Il fascino del bucchero etrusco al museo Archeologico al teatro romano di Verona, nella sala dedicata alle esposizioni temporanee, la nuova mostra sui “Vasi antichi”, a cura di Margherita Bolla, che dedica un focus speciale alle ceramiche etrusche. La mostra, inaugurata sabato 23 ottobre 2021 dall’assessore comunale alla Cultura Francesca Briani e dalla responsabile allestimenti e valorizzazione del museo Archeologico al Teatro romano Margherita Bolla, e che si potrà visitare fino al 2 ottobre 2022, presenta alcuni dei pezzi più suggestivi della raccolta di ceramiche preromane, un’ottantina di vasi dal VII al IV secolo a.C. circa, che compongono una parte della ricca collezione del museo Archeologico veronese, normalmente non esposta al pubblico. Orari, dal 23 ottobre 2021 al 2 ottobre 2022, da martedì a domenica dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso alle 17.30), chiuso il lunedì. Biglietto intero 4,50 euro; biglietto ridotto gruppi (superiore a 15 persone), agevolazioni, persone oltre 60 anni, 3 euro; biglietto ridotto scuole (dalle primarie alle secondarie di secondo grado) e ragazzi (8-14 anni, solo accompagnati), 1 euro. Ingresso gratuito: persone oltre 65 anni residenti nel Comune di Verona; persone con disabilità e loro accompagnatori; con VeronaCard. Da ottobre a maggio, prima domenica del mese tariffa unica ad 1 euro. Prenotazione visite guidate e percorsi didattici – Segreteria didattica dei Musei Civici – Cooperativa Le Macchine Celibi. Dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16 – il sabato dalle 9 alle 13. Tel. 045 8036353 – 045 597140, segreteriadidattica@comune.verona.it.

L’assessore Francesca Briani e la curatrice Margherita Bolla all’inaugurazione della mostra “Vasi antichi” al museo Archeologico al Teatro romano di Verona (foto comune di vr)
“Dopo la pandemia e i danni subiti nel nubifragio dell’agosto 2020, che ne ha costretto la chiusura per i lavori di sistemazione”, ricorda l’assessore Briani, “il museo Archeologico al Teatro Romano ha riaperto, nell’aprile di quest’anno 2021, ai numerosi visitatori, soprattutto stranieri, desiderosi di approfondire la conoscenza della città. Questa mostra rappresenta un altro significativo momento nel percorso di piena ripresa culturale di Verona, un’occasione per ricordare, ancora una volta, l’importanza del mecenatismo per l’ampliamento delle raccolte museali e il ricco patrimonio custodito negli archivi dei civici musei. L’ottantina di vasi in mostra, mai esposti prima al pubblico, fanno infatti parte dell’ampia collezione custodita dal museo Archeologico”. E la curatrice Bolla sottolinea: “L’esposizione è dedicata alla valorizzazione di una collezione del museo Archeologico normalmente non esposta al pubblico, che potrà essere ammirata per un anno. Si tratta di una delle tante tappe del programma di valorizzazione del patrimonio conservato in questo Museo. La ceramica, che richiede grande perizia tecnica e sapienza artigianale, offre numerosi spunti anche per lo svolgimento di percorsi didattici, che possono riprendere in presenza dopo la forzata interruzione a causa della pandemia”.

Di particolare impatto la vetrina dedicata alle “ceramiche nere degli Etruschi”, con un vaso monumentale, parte di un gruppo di vasi in bucchero donato al Museo di Verona nell’Ottocento da Bernardino Biondelli (nato a Zevio nel 1804), linguista di fama, archeologo, curatore delle collezioni numismatiche del Comune di Milano per più di trent’anni. Questa tipologia di manufatti, chiamati anche buccheri, si distinguono grazie al tipico colore nero che si trova sia sulla superficie, più o meno compatta e lucente, sia nel corpo ceramico. Non si tratta infatti in questo caso di vernice sovrapposta alle pareti del vaso, ma di un particolare procedimento di cottura in assenza di ossigeno per impedire le trasformazioni chimiche di ossidazione che facevano assumere la tipica colorazione aranciata ai minerali di ferro contenuti nell’argilla. La parola “bucchero” non è etrusca, ma di origine spagnola, e designava una ceramica di colore nero di produzione sudamericana importata nel XVII secolo, molto simile alle ceramiche etrusche che presero dunque il suo nome. L’invenzione del bucchero etrusco si deve alla volontà di creare oggetti che potessero assomigliare ai costosi servizi in bronzo, di colore metallico e lucenti, ma che fossero meno costosi. L’uso di crateri, brocche, calici e mestoli in bronzo era infatti previsto durante i banchetti degli esponenti più ricchi della società etrusca, che molto probabilmente aveva assimilato questa abitudine dai Greci, con i quali da secoli intrattenevano rapporti commerciali.
Oderzo. “La necropoli di Opitergium”, giornata di studi on line intorno alla mostra “L’anima delle cose” con la partecipazione di autorevoli studiosi italiani ed esteri

La mostra “L’Anima delle cose. Riti e corredi dalla necropoli romana di Opitergium”, promossa e organizzata da Oderzo Cultura in collaborazione con il Polo Museale del Veneto e con la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, da poco prorogata fino al 31 maggio 2021, diventa anche l’occasione per un ulteriore arricchimento dal punto di vista scientifico e culturale. Martedì 25 maggio 2021, “La necropoli di Opitergium”, giornata di studi on line intorno alla mostra “L’anima delle cose” sulla tematica dell’esposizione: appuntamento di grande interesse per la partecipazione di autorevoli studiosi italiani ed esteri. Vediamo il programma.

Programma. Alle 10, apertura dei lavori e saluti istituzionali: Maria Teresa De Gregorio, presidente di Oderzo Cultura; Maria Scardellato, sindaco del Comune di Oderzo; Fabrizio Magani, soprintendente Archeologia, Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso. Dalle 10.30 alle 12.30, Prima Sessione. Modera: Marta Mascardi, Oderzo Cultura. Interventi: Marta Mascardi (Oderzo Cultura – museo Archeologico “Eno Bellis”) su “Il progetto espositivo”, Margherita Tirelli (già soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto) su “Spolia dalla necropoli opitergina: monumenta”, Giovannella Cresci Marrone (università Ca’ Foscari di Venezia) su “Spolia dalla necropoli opitergina: scripta”, Maria Cristina Vallicelli (soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso) su “I recinti funerari della necropoli opitergina: dallo scavo alla valorizzazione”, Luca Zaghetto (archeologo) su “Lo strano secchio da via Spiné”, Elisa Possenti (università di Trento) su “Sepolture altomedievali di Oderzo: status quaestionis e problemi aperti”. Dopo la pausa pranzo, dalle 14 alle 16, Seconda Sessione. Modera: Maria Cristina Vallicelli (soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso). Interventi: Bruno Callegher (università di Trieste) su “Davvero “Obolo per Caronte”? Tombe con più monete nella Venetia et Histria”, Véronique Dasen (Université de Fribourg/ERC Locus Ludi) su “Play and toys in funerary contexts”, Margherita Bolla (Musei Civici di Verona) su “Strumenti scrittori in contesti funerari dell’Italia del Nord. Riflessioni a partire dal caso di Oderzo”, Cecilia Rossi (soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna) su “L’ombra dei gesti. Dal dato materiale alla ricostruzione del rito”. Alle 16, Tavolo di discussione e chiusura dei lavori. Modera: Margherita Tirelli già soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto.
Al museo Archeologico al Teatro Romano di Verona la mostra “Il fascino dei vetri romani” con oggetti da scavi sul territorio (necropoli di Raldon) e da raccolte confluite al museo

Vetri romani esposti nella mostra “Il fascino dei vetri romani” al museo Archeologico del Teatro Romano di Verona
“Il fascino dei vetri romani” al museo Archeologico al Teatro Romano di Verona. La mostra, a cura di Margherita Bolla, è promossa dal Comune di Verona – Assessorato alla Cultura – Direzione Musei civici, ed è realizzata in concomitanza con l’esposizione “Carlo Scarpa. Vetri e disegni 1925-1931”, in corso al museo di Castelvecchio. Un’occasione per vedere dal vivo i parallelismi che intercorrono fra le opere dell’architetto veneziano e gli antichi vasi che, per molti aspetti, sono stati i modelli ispiratori di molte creazioni vetrarie del Novecento. Di particolare interesse, dunque, visitare entrambe le esposizioni per trovare i riscontri che legano questi differenti periodi storici e la rispettiva produzione vetraria. “Il fascino dei vetri romani” è il ventesimo appuntamento di una serie di esposizioni temporanee realizzate, a partire dal 1998, con i materiali appartenenti alle collezioni restaurate del Museo. I vetri – in parte provenienti dal territorio, in parte appartenenti a raccolte confluite nel Museo – sono presentati al pubblico nei rinnovati spazi dell’Archeologico, in una esposizione che va ad integrare la collezione degli oggetti romani in vetro presenti nell’allestimento permanente del Museo. I vetri antichi, e romani in particolare, hanno sempre suscitato grande interesse, per l’eleganza e la funzionalità delle forme e per la valenza estetica delle colorazioni. L’esposizione ne illustra le molteplici funzioni: recipienti per balsami e profumi, vasi per alimenti liquidi e solidi, ma anche contenitori per le ossa cremate dei defunti e oggetti di ornamento. Una sezione è poi dedicata agli oggetti scoperti in una necropoli romana scavata nel territorio veronese – a Raldon – nel Settecento, un’altra a vetri di pregio prodotti e usati a Roma in ambito cristiano.
A quarant’anni dalla prima esperienza, torna a Verona il grande cinema archeologico grazie ad Archeologia Viva con Verona Archeofilm: nove titoli e l’incontro con Francesca Ghedini

La presentazione di Verona Archeofilm: da sinistra, il direttore artistico Dario Di Blasi, l’assessore alla Cultura Francesca Briani, e il direttore artistico di Schermi d’Amore Paolo Romano (foto Graziano Tavan)
Trentatré anni dopo l’ultima edizione (patrocinata dalla Regione Veneto) e quarantaquattro anni dopo la prima edizione (a cadenza biennale) partita quasi in sordina al teatro Romano di Verona, torna nella città di Giulietta il grande cinema archeologico con il Verona Archeofilm, che si è concretizzato grazie ad Archeologia Viva / Firenze Archeofilm, che ha fornito il supporto scientifico, e al Comune di Verona / Area Cultura e Turismo, che ha garantito il supporto tecnico-logistico. Il risultato è – per quest’anno – un mini-festival cinematografico di Archeologia, Arte e Ambiente con nove titoli per una giornata tra passato e presente. E con un impegno, ribadito dal direttore artistico Dario Di Blasi, dall’assessore alla Cultura e Turismo Francesca Briani, e da Margherita Bolla direttore del museo Archeologico al Teatro Romano di Verona, che a questa prima edizione – una sorta di anteprima-assaggio – già dall’anno prossimo avrà una durata più consona a un festival cinematografico – almeno tre giorni – e una location prestigiosa, cioè quel teatro Romano che questo festival l’ha visto nascere quasi mezzo secolo fa. E così il Verona Archeofilm si viene a inserire a pieno titolo nella Città di Verona, “il cui tessuto archeologico”, sottolinea l’assessore Briani, “è il principale scenario urbano e rappresenta da sempre la sua più forte attrattiva culturale e turistica. Il nuovo e prestigioso appuntamento – continua – va ad aggiungersi ai due Festival storici di Verona dedicati al cinema, e cioè Schermi d’Amore, che ha riaperto i battenti proprio quest’anno dopo otto anni di assenza, e Corti per Piccoli, che tra pochi mesi festeggerà i primi vent’anni di attività”. Sull’opportunità di proporre il Verona Archeofilm in una location prestigiosa e più attinente ai contenuti proposti interviene anche il direttore artistico di Schermi d’Amore, Paolo Romano: “Ricordo ancora le prime edizioni al teatro Romano: c’era un’atmosfera speciale”.
Tutto in una giornata: nove film e un incontro speciale. Appuntamento al teatro Ristori di Verona martedì 22 ottobre 2019, con due sezioni: una pomeridiana, dalle 16.30; l’altra serale, dalle 21. Ingresso libero. “Sono particolarmente contento poter riportare a Verona il grande cinema archeologico che proprio da questa città ha mosso i primi passi”, spiega il direttore artistico Dario Di Blasi. “La rassegna veronese alla fine degli anni ’70 del secolo scorso fu tra le prime del genere a livello europeo: solo Parigi era partita un anno prima. E poteva contare, tra gli organizzatori, personaggi come Valerio Massimo Manfredi e Giuseppe Orefici, archeologi e comunicatori che negli anni sarebbero diventati famosi mostrando tutto il loro valore”. La formula scelta per Verona Archeofilm è quella classica di Firenze Archeofilm, dal cui archivio Dario Di Blasi ha scelto i film a carattere storico-archeologico tra i migliori a livello mondiale presentati alla rassegna internazionale fiorentina che fa da capofila al festival diffuso per la valorizzazione dei territori locali. “L’antica Pompei, i misteri di Tutankhamon, il labirinto del Minotauro, i secoli bui del Medioevo, la battaglia di Canne, i segreti di Verona sotterranea”, riassume Di Blasi, “sono alcuni dei grandi temi che sfileranno sullo schermo del teatro Ristori”. E nel tardo pomeriggio, all’interno della programmazione filmica, ci sarà l’incontro speciale con l’archeologa classica Francesca Ghedini, professore emerito dell’università di Padova, che parlerà di “Verona e non solo: architettura e potere nel mondo romano” intervistata da Piero Pruneti, direttore della rivista Archeologia Viva.
Il programma di martedì 22 ottobre 2019. Sezione del pomeriggio, dalle 16.30 alle 19. Apre il film “Malagne gallo-romana” di Philippe Axell (Belgio, 18′). L’Archeopark di Malagne è sorto intorno ai resti di un’imponente villa gallo-romana ed è impegnato nella rievocazione del passato. Ecco come dopo anni di studio, le terme di Malagne sono state ricostruite e “restituite” dal computer. Segue “Tutankhamon, i segreti del faraone: un re guerriero / Toutankhamon, les secrets du pharaon: un roi guerrier” di Stephen Mizelas (Regno Unito, 50′). Tutankhamon è uno degli ultimi faraoni della XVIII dinastia. Il suo favoloso tesoro, scoperto intatto quasi un secolo fa, ne ha fatto il faraone più famoso e più studiato della storia. Il corredo della sua tomba è una fonte inestimabile di informazioni sull’antico Egitto, ma anche su questo giovane re, il cui regno è ancora un mistero per gli archeologi. Chi era veramente? Un fragile re-bambino o un signore della guerra? Morì di malattia o venne ucciso in battaglia? Tre oggetti con cui il faraone riposa aiutano gli archeologi a rivelare il suo vero volto… Alle 18, incontro/intervista con Francesca Ghedini, professore emerito di Archeologia all’università di Padova, su “Verona e non solo: architettura e potere nel mondo romano”. Segue il film “Alla scoperta di Verona sotterranea. Il sito archeologico di Corte Sgarzerie” di Davide Borra (Italia, 15′). I resti romani dell’imponente Capitolium di Verona vengono descritti grazie al racconto in prima persona di Scipione Maffei in costume d’epoca. La descrizione dell’area archeologica di Corte Sgarzerie passa attraverso una complessa stratificazione architettonica. Il video è frutto di un grande lavoro di computer grafica e ricostruzioni virtuali. Quindi “Apud Cannas”, regia e supervisione 3D di Francesco Gabellone (Italia, 16′). La battaglia di Canne, la “battaglia per eccellenza”, studiata dai militari di ogni tempo per una strategia bellica che ha fatto scuola, viene da molti descritta con notevoli differenze di vedute. In questo film animato, su base 3D, lo studio diretto delle fonti viene coniugato con l’uso delle tecnologie per la rappresentazione e la comunicazione di quegli eventi, i protagonisti, le condizioni politiche e sociali di contesto. Chiude il pomeriggio il film “Vivere tra le rovine / Living amid the ruins” di Isılay Gürsu (Turchia, 14′). Il film esamina la complessa relazione tra archeologia e società contemporanea, concentrandosi su come le comunità che abitano vicino ai siti archeologici siano influenzate dal contesto in cui vivono. Il cortometraggio conduce lo spettatore nell’antica regione della Pisidia, sulla catena montuosa del Tauro nel sud-ovest della Turchia.

Una scena del film “Creta, il mito del Labirinto / Crète, le mythe du Labyrinthe” di Mikael Lefrançois, Agnès Molia
Il programma della sera, dalle 21 alle 23. Apre il film “Creta, il mito del Labirinto / Crète, le mythe du Labyrinthe” di Mikael Lefrançois, Agnès Molia (Francia, 26′). Creta, tra il 3000 e il 1400 a.C., fu la culla della prima grande civiltà del mondo greco: i minoici. Primo popolo europeo a padroneggiare la scrittura, hanno costruito sontuosi edifici dall’architettura complessa e monumentale. I miti greci sono stati a lungo sfruttati per spiegare queste strutture, fino ai recenti scavi che hanno infine portato alla decodificazione di questi edifici. Segue il film “Il misterioso vulcano del Medioevo / Le mystérieux volcan du Moyen-Âge” di Pascal Guérin (Francia, 52′). Il film mette in primo piano il lavoro minuzioso di ricerca, perseveranza, collaborazione e intuizione, degli scienziati che hanno dedicato tanti anni alla ricerca di questo misterioso vulcano. Questa scoperta sarebbe fondamentale per comprendere come le eruzioni vulcaniche, hanno trasformato il clima del pianeta e gli ecosistemi in cui viveva la società… Quindi il film “Alla ricerca dei secoli bui / W poszukiwaniu Sredniowiecza” di Jakub Stepnik (Polonia, 8′). Il film è la storia del lavoro degli archeologi che hanno scavato la fortezza medievale di Kłodnica, nella Polonia orientale. Un’opportunità per narrare la bellezza della professione dell’archeologo e l’intimità del contatto con i reperti che tornano fra le mani dopo mille anni. Chiude la prima edizione di Verona Archeofilm “La casa di Giulio Polibio a Pompei” di Alessandro Furlan (Italia, 12′). La casa di Giulio Polibio rivive oggi grazie alla messa in video di un grande studio interdisciplinare coordinato dal Laboratorio di Ricerche Applicate della Soprintendenza Archeologica di Pompei sulla base dei diari di scavo della casa, stilati negli anni ’70, e di altri dati analitici e sperimentali.
Verona romana. Seconda parte della visita guidata del nuovo museo Archeologico al Teatro romano alla scoperta non solo dei ritrovamenti tesori romani ma anche dei tesori dei monaci Gesuati e dei segreti del colle di san Pietro
Il nuovo museo Archeologico al Teatro romano di Verona è una continua scoperta non solo delle testimonianze della Verona romana ma anche dei segreti del colle dove si sistemarono i monaci Gesuati dediti alla cura degli infermi con la produzione e distribuzione gratuita di medicinali. Essi producevano infatti profumi e liquori e furono anche detti “padri dell’acquavite”. La scelta di questo luogo non fu casuale: sotto il colle di San Pietro c’era una fonte molto ricca di acqua necessaria proprio per l’attività dei monaci. Dunque dopo aver fatto la conoscenza nel precedente post del quinto livello dell’ex convento dei Gesuati, da dove inizia il percorso del nuovo allestimento, che affronta – lo ricordiamo – le caratteristiche della città romana, dai quartieri residenziali alle necropoli, fino ai grandi edifici pubblici, i monumenti che ancora oggi rendono famosa Verona: l’Arco dei Gavi, l’Arena e il teatro romano (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/07/16/verona-romana-boom-di-visitatori-al-nuovo-museo-archeologico-al-teatro-romano-un-balcone-sulla-citta-iniziamo-la-visita-guidata-del-primo-piano-dalla-citta-romana-alle-necropoli-ai-grandi-monumenti/); oggi cerchiamo di scoprire gli altri ambienti del museo continuando la nostra breve visita guidata. Dal quinto livello si scende al piano sottostante, quello del chiostro, attraverso la curva dell’elegante scalone in pietra che ricalca in parte un percorso romano.

Applicazione in bronzo raffigurante il dio Oceano o un Tritone destinata a decorare la corazza della statua dell’imperatore
Alla fine dello scalone il visitatore entra nel nuovo cortile coperto, dove si ammirano sculture in pietra e bronzo che ornavano i luoghi pubblici della città. Le troviamo all’interno delle grandi vetrine passanti che dividono la corte coperta dalla sala affacciata sul teatro. “Verona”, ricorda Margherita Bolla, direttore del museo, “è tra le città romane dell’Italia settentrionale con il maggior numero di resti di sculture in bronzo, rari perché normalmente il bronzo era rifuso per realizzare altri oggetti”. Invece in età imperiale le sculture in pietra erano realizzate in pregiato marmo bianco, di origine non locale. Prima, fino ai primi decenni del I sec. d.C., qualche volta era impiegata la “pietra gallina”, un tufo ricavato da cave nelle immediate vicinanze della città. Mentre il calcare, pietra tipica delle sculture in ambito funerario, proveniva dalla Valpolicella.
Si entra quindi nel refettorio, dedicato alle grandi sculture romane rinvenute a Verona, per poi accedere alla sezione riservata alla “Scultura di collezione” testimonianza del gusto, della passione per l’antico e dell’amore per la propria città di personaggi veronesi eminenti, come i Giusti, Jacopo Muselli, Gaetano Pinali. “Il collezionismo di materiale archeologico”, continua Bolla, “è stato un fenomeno particolarmente vivo a Verona dal Rinascimento all’Ottocento, con acquisizioni da Roma, dall’Italia, dalla Grecia e dalla Turchia (attraverso il commercio antiquario veneziano). Alcune delle raccolte sono confluite, per donazione o acquisto, nel patrimonio pubblico”. Nel refettorio, al cui è stato sistemato un mosaico trovato in un’antico edificio romano di Verona, con figure di pesci e grandi felini inserite in tre cerchi, è esposta una selezione di queste sculture, purtroppo quasi tutte prive del luogo di ritrovamento, tra cui una riproduzione romana della Venere di Fidia presente nel frontone del Partenone di Atene.

La prima cella monastica conserva i vetri soffiati con reperti di bottiglie, bicchieri, piatti, vasi, anfore
Sul corridoio di collegamento si aprono tre celle del convento dei Gesuati, con una meravigliosa vista sulla città, destinate in origine al riposo dei singoli monaci. Oggi vi sono esposti oggetti di piccole dimensioni, provenienti dal territorio e di collezione: bronzetti preromani e romani, di grande valore scientifico per lo studio dei culti antichi e per la conoscenza degli arredi delle domus (il Museo possiede una raccolta di bronzi fra le maggiori dell’Italia settentrionale); oggetti legati alla vita quotidiana, come vetri dai meravigliosi colori, lucerne, recipienti. Nella prima cella vi sono vetri soffiati con reperti di bottiglie, bicchieri, piatti, vasi, anfore, ecc. Nella seconda cella vi sono bronzetti di divinità greche e romane, tenute in casa per adorazione. Nella terza cella vi sono bronzetti di lari, ovvero piccole statuette in bronzo degli antenati domestici, che venivano adorate e tenute per protezione dai componenti della famiglia. Dopo le celle e lo spazio riservato alle mostre temporanee, il corridoio si allarga in una sala che espone una grande statua romana di oratore con testa di Antonio Canova, una statua di Giove, un pozzo con baccanti e una statua di Diana proveniente da Efeso (Turchia).

L’ex chiesa di San Girolamo con soffitto ligneo del Cinquecento: presenta mosaici policromi e in bianco e nero provenienti dal Veronese
La visita prosegue nel chiostro, quattro loggiati con serie di arcate e volte a crociera, dove sono state risistemate iscrizioni e stele, con numerosi esempi di scultura funeraria, opera di botteghe di lapicidi che in epoca romana lavoravano il calcare locale, tratto dalle cave site in Valpolicella. Dal chiostro si entra nella chiesa del convento (con affreschi e un pregevole soffitto ligneo cinquecentesco), che ospita la sezione dedicata ai mosaici, in bianco e nero e policromi, da Verona e dai dintorni. La chiesa di San Girolamo fu realizzata dai Gesuati che giunsero sotto il colle intorno al 1430. La facciata della chiesa con una bifora si trova allineata al muraglione della scarpata. Pertanto la chiesa é accessibile da due entrate laterali, una collegata al chiostro e l’altra alla grande terrazza. Sull’altare della chiesa è sistemato un trittico dipinto raffigurante la Madonna con bambino fra S. Pietro e S. Giacomo di Giovanni Francesco Caroto (1508). Dalla chiesa si passa alla Grande Terrazza, un eccezionale balcone su Verona, riaperta al pubblico nel 2002 con un allestimento che è rimasto invariato; vi sono esposte, all’aperto, lapidi funerarie (nell’area verso il colle) ed elementi architettonici (nell’area verso il teatro), a integrazione di quanto visto all’interno del museo.
Il percorso museale si conclude al piano inferiore, che accoglie are e lapidi dedicate agli dei romani venerati nel Veronese ed elementi architettonici di grande raffinatezza. È in questa sezione che si apre una specie di pozzo dove, con un po’ di difficoltà, si può intravedere una grande opera di ingegneria idraulica operata dai romani sul colle di San Pietro a tutela del sottostante teatro affacciato sul fiume Adige, opera scoperta dalle ricerche archeologiche dell’area teatrale tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Per eliminare il pericolo di infiltrazione di acqua piovana venne infatti scavata dai romani una profonda intercapedine lungo il perimetro della cavea con scarico direttamente in Adige ai lati dell’edificio scenico. Sempre in quest’ultima sezione si passa attraverso l’ex oratorio dei Gesuati. In questo piccolo luogo di preghiera è posto un pregiato Crocefisso in legno, rinascimentale; ai lati sono la Madonna e San Giovanni (tavole lignee ritagliate, del Settecento). Nel pavimento è stato inserito un mosaico tardo romano, a più colori, con riquadri decorati da cesti e vasi. Infine lungo le pareti ci leggono iscrizioni sacre latine.

Le arcatelle del loggiato superiore del teatro romano di Verona che sorprendono il visitatore all’uscita del percorso museale
La visita del museo termina qui (da dove avremmo cominciato il percorso – sconsigliato – se avessimo scelto le scale, anziché l’ascensore). Ma non sono terminate le emozioni. All’uscita dal convento ci si trova davanti un affaccio unico: sotto di noi la cavea del teatro romano, sulla nostra destra le arcate delle logge che chiudevano in alto le gradinate del teatro (recuperate dagli scavi ottocenteschi di Andrea Monga), davanti a noi l’ansa dell’Adige che chiude la Verona romana con in primo piano il ponte Pietra, uno dei due ponti realizzati dai romani per attraversare il fiume. Solo questo panorama vale un ingresso al museo archeologico del teatro romano di Verona. Buona visita.
Verona romana. Boom di visitatori al nuovo museo Archeologico al Teatro romano un balcone sulla città. Iniziamo la visita guidata del primo piano: dalla città romana alle necropoli ai grandi monumenti pubblici: l’Arco dei Gavi, l’Arena, il Teatro

L’eccezionale panorama sulla città di Verona che si gode dal rinnovato museo Archeologico al Teatro Romano di Verona
Boom di visitatori al rinnovato museo Archeologico al teatro Romano di Verona: dal 28 maggio, giorno dell’inaugurazione, al 30 giugno sono stati più di 20mila. “Dopo tre anni di chiusura per i lavori di restauro e ampliamento, è stato un vero successo”, dichiara il sindaco Flavio Tosi, “grazie anche alla tariffa promozionale di 1 euro che l’amministrazione comunale ha scelto di applicare per festeggiare la restituzione al pubblico di questo storico museo. Un dato importante, questo degli ingressi, in poco più di un mese dalla riapertura e in un periodo ancora non pienamente turistico: moltissimi infatti sono stati i veronesi che hanno potuto scoprire o riscoprire uno spazio espositivo collocato in un contesto straordinario, che lo rende davvero unico”. Ora il complesso museale, dopo articolati lavori di riqualificazione con fondi POR della Regione del Veneto e con il contributo di Fondazione Cariverona, si presenta significativamente ampliato negli spazi espositivi (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/05/25/verona-il-28-maggio-riapre-il-museo-archeologico-al-teatro-romano-totalmente-rinnovato-e-ampliato-nuovi-reperti-e-una-vista-privilegiata-sulla-citta/). L’edificio del museo sorge sul fianco del colle di San Pietro a picco sopra il Teatro Romano. Tale collocazione è un elemento fondamentale ed eccezionale della visita: lo splendido panorama del teatro e della città dall’alto consente infatti di porre immediatamente in relazione quanto esposto con il contesto esterno. La direttrice Margherita Bolla conferma che il successo del nuovo museo Archeologico al Teatro Romano è attestato anche dalle note lasciate dai visitatori nel libro delle firme e dalle manifestazioni di gradimento comunicate al personale presente nel museo. Il Museo si pone dunque come una delle mete imperdibili a Verona anche per i cittadini più piccoli, che qui potranno divertirsi durante le tappe previste dal Summer Camp dell’estate 2016 organizzato nei diversi Musei Civici e rivolto a bambini delle scuole primarie (Visite guidate, segreteria didattica e summer camp dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 13 e dalle 14 alle 16 tel. +39 045 8036353 – fax +39 045 597140 segreteriadidattica@comune.verona.it).

Il rinascimentale palazzetto Fontana ingresso ufficiale al Teatro Romano e al museo archeologico di Verona
Per chi non ha ancora avuto modo di scoprire i tesori della Verona romana, ecco una piccola visita guidata al nuovo museo Archeologico al Teatro Romano di Verona. Si accede dal rinascimentale palazzetto Fontana sorto sulla struttura scenica del teatro. L’edificio, interamente restaurato, prevede due piani dedicati alla didattica con un allestimento che permette anche attività di laboratorio per le scolaresche. Una volta usciti da palazzo Fontana si apre davanti a noi il teatro romano dominato dai bastioni dell’ex convento dei Gesuati, ora sede del museo a strapiombo sulla cavea romana. Sulla destra la chiesetta dei santi Siro e Libera (X-XIV sec.). Saliti gli spalti del teatro romano, si può scegliere di raggiungere le sale espositive con un ascensore o con una panoramica scalinata che costeggia il teatro. Il consiglio è di procedere con l’ascensore e utilizzare le scale per l’uscita. Il percorso museale attraversa tre piani espositivi. Il primo, situato al quinto livello dell’ex convento, è uno spazio quadrato che si affaccia sul chiostro dei Gesuati; il secondo corrisponde al piano sottostante, quello del chiostro, e si compone del nuovo cortile coperto, dell’ex-refettorio e di una serie di stanze minori tra cui tre celle monastiche; il terzo, ancora inferiore, è costituito dalla sala delle iscrizioni (già portineria del convento).

Il chiostro dell’ex convento dei Gesuati attorno al quale si sviluppa il rinnovato museo Archeologico al Teatro romano
La struttura del complesso permette percorsi differenti, ma quello privilegiato inizia dal piano superiore del convento, con una sintetica introduzione alla Verona romana e alle residenze che vi si trovavano, spesso dotate di arredi lussuosi, come la pregiata fontanella in marmo ornata da teste di Tritoni. I visitatori sono via via condotti nella quotidianità della Verona di due millenni orsono. Apre la sezione “Abitare a Verona” con le testimonianze delle residenze private che si svilupparono in città nei primi secoli dell’età imperiale: qui ci sono gli arredi, a volte di grande raffinatezza; mentre i pavimenti a mosaico sono esposti al piano inferiore, nella chiesetta di San Gerolamo e nel refettorio. Segue la sezione dedicata alle “Necropoli”, scoperte al di fuori delle mura di Verona, lungo le vie consolari. “I più abbienti”, ricorda il direttore Margherita Bolla, “acquistavano le aree meglio visibili dalla strada e costruivano monumenti di varie dimensioni e forme, indicando i nomi dei defunti e dei proprietari su lastre di pietra” che, nel nuovo museo, hanno trovato posto nel chiostro e nella grande terrazza. Il rito di cremazione era quello più diffuso nel Veronese dal I secolo alla metà circa del III secolo d.C. Particolarmente interessante è la cosiddetta tomba del medico, rinvenuta in via Paradiso, l’attuale via G. Trezza. “Era una costruzione a pianta rettangolare in laterizi, con una nicchia su ogni lato”, spiega Bolla. “Purtroppo il corredo è probabilmente incompleto perché la tomba era stata violata in antico. Comunque la qualità e la quantità degli oggetti rimasti indicano il buon livello economico della famiglia, probabilmente derivato proprio dall’esercizio della medicina. Ma è un segnale di ricchezza anche la presenza di materiale di importazione, come l’ambra del Baltico che attraverso l’Ungheria raggiungeva Aquileia dove veniva lavorata e venduta nel Nord Italia”.
Nella successiva sezione, “Gli edifici pubblici”, si tocca con mano la monumentalità di Verona. Uno storico plastico, realizzato in scala 1:10 dall’intagliatore Luigi Sughi, nel 1813, sulla base dei disegni di ricomposizione dell’arco, ormai demolito, e dei rilievi grafici dei blocchi superstiti, eseguiti da Giuseppe Barbieri, ci introduce alla conoscenza dell’Arco dei Gavi. Il monumento fu costruito dall’architetto Lucius Vitruvius Cerdo, nella prima metà del I sec. d.C. sulla via Postumia, in asse con l’attuale corso Castelvecchio, oltre 500 metri fuori dalla città che iniziava a Porta Borsari. A commissionare l’arco fu la potente famiglia dei Gavi, celebrata con iscrizioni e statue (perdute) poste nelle nicchie. L’arco, che ebbe grande fama nel Rinascimento, fu demolito nel 1805 sotto il dominio francese, perché d’intralcio alla circolazione, e ricostruito solo nel 1932, dove lo ammiriamo oggi, a fianco di Castelvecchio, poco distante dal sito originale.
Un altro plastico “storico” annuncia la sezione dedicata all’anfiteatro romano, “L’Arena”, tra i maggiori in Italia per dimensioni, costruito nel I sec. d.C. fuori dalle mura della città e destinato a combattimenti tra gladiatori e cacce ad animali feroci o esotici. “L’anfiteatro, realizzato con calcare bianco e rosato della Valpolicella, laterizi, ciottoli di fiume e schegge in tufo”, ricorda la direttrice, “è composto dall’arena ellittica al centro e dalle gradinate che poggiano su serie di ambienti a volta”. Sulla grande terrazza del museo, che incontreremo più avanti, sono conservate colonne forse del porticato che coronava le gradinate, e un’iscrizione di Licinia. Qui invece è esposto quel poco che è rimasto delle sculture che ornavano l’anfiteatro: alcune avevano funzione onoraria, altre ricordavano i giochi (come un pugile in bronzo e un gladiatore in tufo; altre statue ancora avevano funzione decorativa o religiosa, come la testa femminile che potrebbe rappresentare Diana, dea della caccia venerata negli anfiteatri.
Completa la sezione dedicata agli edifici pubblici la presentazione de “Il Teatro romano” nei suoi vari aspetti: la struttura architettonica, i documenti sugli spettacoli e i reperti dagli scavi, le sculture che celebravano personaggi eminenti; poi la grande varietà di raffinate sculture decorative, destinate in parte alla sospensione in parte a integrare l’architettura. Progettato poco dopo la fondazione di Verona (quindi dopo la metà del I sec. a.C.) e realizzato in età augustea, il grande complesso del teatro occupava tutto il colle di San Pietro con una serie di terrazze e si collegava sulla sommità del colle con un tempio di cui non conosciamo la dedica. Dopo il suo abbandono, numerosi edifici civili e religiosi furono costruiti sopra le rovine del teatro di cui però non si perse mai la memoria.
Conclude il percorso al piano superiore una sezione dedicata al santuario di Iside e Serapide, luogo di culto situato nella zona del complesso teatrale dove erano venerate le due divinità di origine egizia insieme al figlio Arpocrate, la versione greco-romana di Horus. Nel santuario, attivo soprattutto dal II sec. d.C., vennero collocati diversi altari votivi. “Negli scavi effettuati nel teatro”, ricorda Bolla, “sono venuti alla luce diverse sculture in pietre originarie dell’Egitto e in marmo bianco”. Abbiamo così completato il quinto livello dell’ex convento dei Gesuati, e primo piano del percorso del nuovo museo Archeologico al Teatro romano di Verona. La visita guidata continua in un prossimo post.
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