Canino (Vt). Al museo della Ricerca archeologica conferenza del direttore degli scavi Marco Pacciarelli (università Federico II di Napoli) su “SCAVI 2020-2022 nella necropoli di Ponte Rotto. Nuove conoscenze sulle origini e la società di Vulci”: riconosciuta per la prima volta un’organizzazione topografica per gruppi familiari
In occasione della conclusione della campagna di scavo 2022 presso la Necropoli di Ponte Rotto a Vulci, il prof. Marco Pacciarelli presenta al pubblico i risultati. Appuntamento venerdì 21 ottobre 2022, alle 17.30, al museo della Ricerca archeologica di Canino (Vt), nel Complesso del San Francesco, con la conferenza “SCAVI 2020-2022 nella necropoli di Ponte Rotto. Nuove conoscenze sulle origini e la società di Vulci”. Con il relatore prof. Marco Pacciarelli dell’università “Federico II” di Napoli interverranno Simona Carosi della soprintendenza dell’Etruria meridionale e Carlo Casi direttore del Parco di Vulci. Ingresso libero.

Veduta da drone della necropoli di Ponte Rotto a Vulci (foto sabap-etru-mer)
Il programma di scavo archeologico condotto tra 2020 e 2022 dal dipartimento di Studi umanistici dell’università di Napoli Federico II (direttore del Dipartimento: Andrea Mazzucchi; direttore dello scavo: Marco Pacciarelli), in collaborazione con la competente Soprintendenza (SABAP per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale) e con la Fondazione Vulci (nelle persone rispettivamente di Simona Carosi e Carlo Casi) è ricco di novità. Le oltre cento tombe indagate a Ponte Rotto dal 2020 offrono infatti una grande quantità di nuove conoscenze, sia quantitative che relativamente ai rituali funerari. Lo scavo ha permesso di esplorare scientificamente un ampio settore della necropoli di Ponte Rotto, celebre per eccezionali sepolture come la tomba François e il tumulo della Cuccumella. Per la prima volta è stato possibile riconoscere un’organizzazione topografica per gruppi familiari, che si formano nella fase primigenia detta villanoviana (IX e VIII secolo) e continuano a svilupparsi nella fase orientalizzante (fine VIII e VII secolo a.C.). Questi gruppi utilizzano con sorprendente continuità gli stessi appezzamenti per due-tre secoli, dunque per non meno di dieci generazioni. Nella fase villanoviana i resti ossei cremati dei defunti, prelevati dalla pira, erano deposti entro urne cinerarie coperte da una scodella e sepolte verticalmente in pozzetti cilindrici. Si è scoperto che per alcuni bambini le urne, piuttosto piccole, erano invece sistemate in posizione orizzontale.

Lo scavo di una sepoltura a inumazione nella necropoli di Ponte Rotto a Vulci (foto sabap-etru-mer)
La comunità sepolta a Ponte Rotto mantiene un tenace attaccamento al rito della cremazione ancora fino alla fase orientalizzante, quando appaiono nuovi tipi tombali tra cui quello a cassetta di lastre litiche. Lo scavo ha permesso però di scoprire anche un significativo numero di sepolture a inumazione entro fossa, relative a individui che non seguono il rito tradizionale della cremazione e che perlopiù non sono accompagnati da manufatti di particolare pregio. Lo studio dei resti scheletrici, molto ben conservati, offrirà prospettive di conoscenza del tutto nuove. La studiosa Carmen Esposito, che si è laureata alla “Federico II” e ha conseguito il dottorato all’università di Belfast, condurrà analisi volte a ricavare il DNA antico, che permetterà di accertare il sesso e i rapporti di parentela, e anche di indagare il profilo genetico di questa comunità. Da altre analisi (anche sui resti cremati) si otterranno gli isotopi dello stronzio, considerati affidabili indicatori dell’area di nascita e dunque anche della mobilità degli individui. Da tutto ciò si potranno finalmente ricavare solidi elementi scientifici sulle origini e sulla composizione della prima società etrusca.
Fermo. Le ricerche dell’università Federico II di Napoli e della soprintendenza hanno individuato un abitato dell’Età del Bronzo sul colle Girfalco

Tracce dell’abitato dell’Età del Bronzo scoperto sul colle Girfalco di Fermo (foto unina)
Nuove scoperte a Fermo: un abitato dell’Età del Bronzo. Dal 18 al 31 luglio 2022 si è svolta una campagna di scavo archeologico sul fianco orientale del colle Girfalco a Fermo, nei pressi dell’abside della cattedrale di S. Maria Assunta. Lo scavo è stato condotto in regime di concessione ministeriale dal dipartimento di Studi umanistici dell’università di Napoli “Federico II” – Monte Sant’Angelo, diretto da Marco Pacciarelli, in stretta collaborazione con la soprintendenza per le provincie di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata (funzionario responsabile Federica Grilli).

Frammento ceramico con la decorazione incisa o intagliata tipica della c.d. cultura appenninica (foto unina)
Le ricerche hanno permesso di mettere in luce e indagare una sezione stratigrafica in posto nella quale sono stati riconosciuti diversi strati, in prevalenza riferibili a un abitato della fase 3 della media Età del Bronzo (XIV secolo a.C.), e in parte forse al Neolitico (VI-inizi IV millennio a.C.). Gli strati hanno restituito molti frammenti ceramici, alcuni dei quali recanti la decorazione incisa o intagliata tipica della c.d. cultura appenninica, oltre a manufatti in selce e ossidiana, a resti di ossa animali, a carboncini, a semi, il cui studio permetterà, insieme all’analisi dei campioni pollinici e dei residui del contenuto organico dei vasi, di ottenere un’articolata ricostruzione dell’ambiente e delle attività economiche.

Lo scavo archeologico sul colle Girfalco di Fermo (foto unina)
Le indagini hanno consentito di accertare la presenza di un abitato stabile dell’Età del Bronzo (e forse del Neolitico) sul colle del Girfalco – sito strategico di eccezionale rilevanza dal quale è possibile controllare un territorio molto vasto – che finora era stata solo ipotizzata in base al rinvenimento, avvenuto in passato, di frammenti ceramici in giacitura secondaria.
Vulci. Da giugno a novembre l’area archeologica è interessata da campagne di scavo e ricerca di sei università, italiane e straniere. Ecco il ricco programma

Veduta da drone di un’area di scavo nel parco archeologico e naturalistico di Vulci (foto sabap etru-mer)
Un’estate a Vulci all’insegna della ricerca archeologica, su concessione del ministero della Cultura: impegnate sei università, italiane e straniere. Si è cominciato già dal mese di giugno 2022 col progetto “Understanding Urban Identities”, a cura del dipartimento di Studi storici dell’università di Göteborg (Svezia), diretto da Kristian Göransson e Serena Sabatini. ‘Conoscere le identità urbane’, è il significato del progetto che, infatti, già dal 2018 (in collaborazione con la British School at Rome, il parco archeologico naturalistico di Vulci e la soprintendenza) ha voluto indagare la conformazione della città. I saggi eseguiti nell’area urbana di Vulci e immediatamente all’esterno della cinta muraria, in zona Porta Ovest, avevano fatto ipotizzare che la zona urbana potesse essere occupata da strutture di tipo non monumentale, forse domestiche e/o produttive.

Prospezioni geo-fisiche nell’area archeologica del parco di Vulci (foto sabap etru-mer)
Tra giugno e luglio 2022 riprende anche il progetto Vulci 3000, della Duke University (USA), condotto da Maurizio Forte. Sulla spinta delle ricerche iniziate nel 2014, nelle quali si è fatto uso di telerilevamento da drone e del georadar, i veri e propri gli scavi si sono concentrati dal 2016 nell’area Sud rispetto al Grande Tempio e alla Domus del Criptoportico, nell’area del Foro, nel settore in cui era presente un’ampia struttura pubblica.

Fossa con urna cineraria dalla necropoli settentrionale di Vulci a Poggio delle Urne (foto uni d’annunzio)
A luglio 2022 entreranno nel vivo gli scavi nella necropoli settentrionale di Vulci, nell’area di Poggio delle Urne, a cura dell’università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara, diretti da Vincenzo D’Ercole e Francesco Gennaro. Le campagne lo scorso anno hanno interessato un’area di 100 mq fra Casaletto Mengarelli a Est e il Casale dell’Osteria a Ovest e hanno portato alla luce ben 25 sepolture ad incinerazione, del tipo a pozzetto circolare e a fossa con risega. Purtroppo molte già danneggiate dai ‘tombaroli’ e dalle attività agricole.
Ad agosto 2022 torna Vulci Cityscape, a cura dell’università di Friburgo e Magonza e con la direzione di Mariachiara Franceschini e Paul Pasieka, per proseguire il percorso avviato. Con le prospezioni del 2020 che hanno condotto a una mappatura geomagnetica concernente una grande area sacra, delle strutture residenziali e produttive, il sistema di fortificazioni interno e la rete stradale. E con gli scavi del nuovo tempio del 2021, che hanno portato alla luce le strutture del podio di epoca arcaica, tracce di un precedente utilizzo del pianoro e persino fasi romane di occupazione e uso dell’area.

Scavo delle sepolture a cremazione villanoviane nella necropoli di Ponte Rotto a Vulci (foto unina)
Settembre e ottobre 2022 vedranno l’università di Napoli “Federico II” impegnata nel progetto “All’origine di Vulci”. Marco Pacciarelli sarà a capo delle indagini nella necropoli orientale, in località Ponte Rotto; a cui un enorme contributo già è stato dato con le campagne del 2020 e 2021. Sono state analizzate ben 58 sepolture scavate nella roccia di travertino locale di epoche diverse e più di 40 presentano resti della cremazione del defunto deposti in un’urna fittile, spesso ornata con motivi geometrici incisi.
Infine, fra ottobre e novembre 2022, si chiuderà con “Sustainable Vulci” dell’University College London (Londra), sotto la direzione di Corinna Riva, che già aveva voluto approfondire Vulci nel contesto mediterraneo, al centro delle rotte commerciali e degli scambi culturali. Anche facendo ricorso all’archeometria sulla ceramica e alla geo-archeologia.
Lo scorso dicembre un convegno dal titolo “Vulci. Work in progress”, del quale presto saranno pubblicati gli atti, ha per la prima volta riunito coloro che effettuano le ricerche sul campo nella importante metropoli etrusca e ha dato voce alle novità della ricerca archeologica, comprese quelle che provengono dalle aree della necropoli settentrionale in località Poggio Mengarelli e Osteria, indagate direttamente dalla Soprintendenza e da Fondazione Vulci.
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