Archivio tag | Marco Pacciarelli

Padova. A Palazzo Liviano presentazione del libro “L’VIII secolo a.C. in Veneto” di Vanessa Baratella e del libro “Padova 800 a.C.” a cura di Vanessa Baratella e Massimo Vidale

L’VIII secolo a.C. in Veneto e a Padova in particolare lunedì 19 maggio 2025, alle 16.45, al museo di Scienze archeologiche e d’Arte di Palazzo Liviano a Padova, quando – a cura del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova – verranno presentati due libri: “L’VIII secolo a.C. in Veneto. Tipocronologia ed aspetti culturali sulla base delle evidenze funerarie” di Vanessa Baratella (Sap libri), interviene Marco Pacciarelli (università di Napoli “Federico II”); e il libro “Padova 800 a.C. Storia di un laboratorio e dei suoi metallurghi” a cura di Vanessa Baratella e Massimo Vidale (edizioni Antilia), interviene Cristiano Iaia (università di Torino).

Copertina del libro “L’VIII secolo a.C. in Veneto. Tipocronologia ed aspetti culturali sulla base delle evidenze funerarie” di Vanessa Baratella

L’VIII secolo a.C. in Veneto. Tipocronologia ed aspetti culturali sulla base delle evidenze funerarie. L’VIII secolo a.C. rappresenta un momento di cruciale importanza sul piano storico, sociale, politico ed economico per il Veneto preromano: è infatti in questo preciso orizzonte cronologico che i centri veneti sono coinvolti nel cosiddetto fenomeno della protourbanizzazione. Tale fenomeno si manifesta attraverso un processo di selezione e la concentrazione del popolamento in siti di notevoli dimensioni e densamente abitati – come Este, Padova, Gazzo Veronese, Oderzo e Concordia –, nei quali emergono in modo evidente strutture sociali di tipo gentilizio-clientelare. In concomitanza con l’affermazione del modello protourbano si attesta in tutto il Veneto l’adozione di un preciso repertorio di forme e decorazioni, che si discosta in modo evidente da quello tipico delle ultime fasi del Bronzo Finale e che viene definito, per l’appunto, veneto. Gli studi e le ricerche sul Veneto preromano si sono susseguiti sin dalla fine dell’Ottocento e hanno avuto sostanziale continuità fino ai primi vent’anni del Novecento. Dopo una lunga interruzione, dagli anni ’60 del Novecento l’interesse per il tema ha ripreso consistenza, attraverso la pubblicazione di fondamentali studi sulla cronologia relativa e assoluta e l’edizione di importanti contesti, tra i quali i sepolcreti del centro di Este. A seguito dell’ormai imponente mole di dati a disposizione per questo orizzonte, derivanti sia delle ricerche ottocentesche che dagli scavi più recenti, sorge ad oggi l’esigenza di una loro sistematizzazione, attraverso lo studio tipologico e cronologico dei materiali ed il loro inquadramento culturale, ai fini di un’analisi organica ed esaustiva delle occorrenze fino ad oggi note. Questo volume si propone, pertanto, di illustrare i risultati dello studio delle evidenze funerarie edite provenienti dalle necropoli venete e datate, in letteratura, all’VIII secolo a.C.; a questo ampio campione è stata affiancata una selezione di sepolture provenienti dai nuclei di necropoli di Este Fondo Rebato e Fondo Capodaglio ex-Nazari, contesti di fondamentale importanza che, ad oggi, risultano ancora pressoché del tutto inediti. Questo lavoro ha permesso di ottenere la formalizzazione di una tipologia di tutti i materiali (manufatti ceramici e diverse categorie di oggetti in bronzo – armi, ornamenti, vasellame in lamina –) e di proporne un inquadramento cronologico. La ricerca di confronti e parallelismi per i tipi individuati, volta alla definizione delle traiettorie di comunicazione e scambio con le comunità coeve, è stata condotta a medio ed ampio raggio, ovvero sia in contesti italiani – in primis di ambito villanoviano e golasecchiano – sia in quelli centroeuropei ed europei occidentali, nelle aree coinvolte dall’orizzonte di Hallstatt. Infine, l’applicazione del metodo statistico-combinatorio al fine dell’elaborazione di una tabella di associazione ha aperto la strada ad una nuova riflessione sulle potenzialità informative del campione analizzato: alcuni aspetti peculiari del rituale funerario veneto della prima età del Ferro, tra i quali, su tutti, la pratica delle riaperture delle tombe, giocano un ruolo particolarmente rilevante nella possibilità di identificare e definire fasi e sotto fasi dell’orizzonte in esame.

Copertina del libro “Padova 800 a.C. Storia di un laboratorio e dei suoi metallurghi” a cura di Vanessa Baratella e Massino Vidale

Padova 800 a.C. Storia di un laboratorio e dei suoi metallurghi. Questo progetto si è protratto per quasi tre anni (dallo scavo, alle analisi e alla pubblicazione dei risultati), e si è cercato di rispondere a molte domande sull’archeologia di Padova antica: si potevano datare con tecniche radiometriche i primi livelli abitativi di Padova? Dove si fabbricavano le ceramiche usate nei primi tempi della città? I vasi conservavano tracce di quanto gli antichi mangiavano e bevevano? Come erano organizzati il lavoro dei lapicidi e dei metallurghi, e i reticoli commerciali che tali attività sostenevano? La sfida è stata quella di cercare le tracce del sorgere di una intera città con uno scavo dilazionato nel tempo e in assoluto riduzionista, essendo il cuore dei dati incentrato su due metri cubi di deposito archeologico, nel quale erano tuttavia celati un sorprendente insieme di vasi ceramici e resti di installazioni e pratiche metallurgiche. I dati di scavo e lo studio formale dei reperti, sia artificiali sia biologici, sono stati integrati con una nutrita serie di approfondimenti analitici.

Graffignano (Vt). Al Castello Baglioni apre la mostra “LUNGO IL TEVERE. Testimonianze archeologiche dai territori di Graffignano e di Sipicciano al Castello Baglioni” con i più recenti rinvenimenti archeologici del territorio, nucleo di un Antiquarium articolato tra le sedi di Graffignano e di Sipicciano (di prossimo allestimento)

graffignano_castello-baglioni_mostra-lungo-il-tevere_locandinaAl Castello Baglioni di Graffignano (Vt) sabato 2 dicembre 2023, alle 16.30, apre la mostra “LUNGO IL TEVERE. Testimonianze archeologiche dai territori di Graffignano e di Sipicciano al Castello Baglioni”. La soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale e l’amministrazione comunale di Graffignano, con il sostegno della Provincia di Viterbo e il contributo di sponsor locali, hanno organizzato all’interno del Castello Baglioni un’esposizione dedicata ai più recenti rinvenimenti archeologici del territorio, nucleo di un Antiquarium articolato tra le sedi di Graffignano e di Sipicciano (di prossimo allestimento). La mostra si articola in tre sezioni dedicate: alla Preistoria, con l’abitato del Casone; all’Età Romana, con la villa di campo la Noce e il complesso produttivo di Pian delle Frasche; alla fine dell’Evo Antico, con alcune novità sulla presenza ostrogota nel comprensorio; e infine al Medioevo e al Rinascimento, illustrato dalle testimonianze restituite dallo stesso Castello Baglioni, dove proprio in questa occasione i reperti faranno ritorno.

Marco Pacciarelli (università di Napoli “Federico II”), responsabile scientifico per la sezione dedicata al Casone, coadiuvato da Pasquale Miranda e Valentina Musella, presenterà i risultati dell’abitato dell’Età del Bronzo, indagato nel 2012 e oggetto di una recente pubblicazione (P. Miranda, V. Musella, L’abitato dell’età del bronzo del Casone di Graffignano e la facies di Belverde-Mezzano, Universitätsforschungen zur prähistorischen Archäologie, Bonn 2021): tra i materiali esposti figurano anche alcuni oggetti restaurati grazie alla liberalità di Archeomatica. Per l’Età Romana, i risultati delle indagini in concessione nel complesso residenziale in località Campo la Noce saranno curate da Francesca Letizia Rizzo (CNR ISPC), coadiuvata da Francesco Borsari e Simone Caglio. La stessa studiosa, che ha curato nel 2017 l’esposizione del complesso residenziale di Poggio la Guardia, inserita nell’attuale percorso di visita, presenterà nuovi dati sulla presenza ostrogota nel territorio partendo dalla nota fistula di Teodato. Cinzia Zegretti, con il supporto di Sergio Pregagnoli e Damiano Paoletti, illustreranno invece le testimonianze del complesso produttivo di Pian delle Frasche, indagato nel 2012 nell’ambito di un intervento di archeologia preventiva. Al prof. Giuseppe Romagnoli e alla sua équipe (Francesca Alhaique, Luca Brancazi, Flavia Marani, Lavinia Piermartini) è affidata la responsabilità scientifica della sezione più recente, in cui saranno illustrati gli aspetti della vita quotidiana nel Castello Baglioni, attraverso l’esposizione dei contesti rinvenuti all’interno della struttura nel corso dei lavori di restauro eseguiti a partire dal 2009.

Una parte dei reperti ceramici era già stata restaurata grazie al contributo del comune di Graffignano ed esposta nel 2020 a Viterbo a cura dello stesso Giuseppe Romagnoli (“Graffignano. Frammenti di vita quotidiana dai butti del Castello Baglioni”, museo della Ceramica della Tuscia, Viterbo 2020). Questa mostra è l’occasione per presentare al pubblico un nuovo nucleo di reperti restaurati grazie al contributo della soprintendenza per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale, nell’ambito di un finanziamento destinato ai depositi dell’Istituto e al patrimonio culturale in essi conservato. Parte del percorso espositivo sarà invece costituito da pannelli didattici (storia del territorio in epoca antica e tardo antica, notizie sui complessi di Campo la Noce e di Pian delle Frasche) confidando, con il reperimento di ulteriori fondi, di poter al più presto ampliare l’offerta culturale alla cittadinanza e al mondo scientifico attraverso l’esposizione dei materiali restituiti da questi contesti.

Padova. Al Liviano giornata di studi dedicata al progetto “La Prima Fonderia di Padova Preromana. The earliest foundry of Pre-roman Padua. I primi risultati”. Ecco il programma

padova_liviamo_prima-fonderia-di-padova-preromana_giornata-di-studi_locandinaRiscoprire i gesti degli antichi vasai. È quanto si propone il progetto “La prima fonderia di Padova preromana” che comprende un sistematico approfondimento delle tecniche usate dai vasai che, nell’VIII secolo a.C., operavano nella prima Padova. Martedì 6 dicembre 2022, dalle 9.30, in sala Sartori, al Palazzo Liviano, in piazza Capitaniato 7 a Padova, appuntamento con la prima giornata di studi dedicata al progetto “La Prima Fonderia di Padova Preromana. The earliest foundry of Pre-roman Padua. I primi risultati”, occasione di scambio e dibattito sul tema. La giornata è promossa dal dipartimento Beni culturali dell’università di Padova (scuola di specializzazione in beni archeologici, corso di dottorato in storia, critica e conservazione dei beni culturali) ed è aperta a dottorandi, specializzandi, studenti e a tutti gli interessati.

padova_prima-fonderia-di-padova-preromana_valentina-famari_foto-dbc-unipd

Valentina Famari sta sperimentando al LASeRT del dipartimento Beni culturali dell’università di Padova diverse tecniche per la costruzione dei vasi trovati nella fonderia di Padova preromana (foto dbc-unipd)

Ricco il programma. Alle 9.30, i saluti istituzionali di Massimo Vidale. Quindi prima sessione con chairman Giovanni Leonardi. Alle 10, Marco Pacciarelli su “La prima siderurgia nel Mediterraneo centrale”; 10.50, Michele Cupitò e David Vincenzutto su “Padova pre e protourbana: processi formativi, trasformativi e riconsiderazione del problema dell’estensione e della demografia dell’abitato”. Dopo la pausa caffè, alle 12 riprende Mauro Rottoli su “L’alimentazione vegetale nell’età del Ferro dell’Italia settentrionale tra tradizione e innovazione”; 12.30, Gilberto Artioli su “Archaeometric evaluation of metallurgical activities”. Nel pomeriggio, dopo la pausa pranzo, seconda sessione con chairman Silvia Paltineri. Alle 14.30, Paolo Michelini, Mariangela Ruta Serafini su “Lo scavo di tutela presso la Questura di Padova (Riviera Ruzante), 2000-2001”; 15, Vanessa Baratella su “Microscavo in laboratorio di una sequenza di strutture produttive di VIII sec. a.C. dall’ambiente artigianale del sito della Questura di Padova (Riviera Ruzante)”; Andrea Giunto e Francesca Adesso su “Le tante facce della ceramica: analisi delle tecniche di realizzazione del vespaio fittile e ricostruzione 3D dei suoi vasi”; 16.10, Sofia Manfrin su “Il campione archeozoologico del sito della Questura di Padova (Riviera Ruzante)”; 16.40, Elena Mercedes Pérez Monserrat e Lara Maritan su “Analisi archeometriche della ceramica del sito della Questura di Padova (Riviera Ruzante)”; 17, Valentina Famari su “Repliche sperimentali del vaso del sole”.

Canino (Vt). Al museo della Ricerca archeologica conferenza del direttore degli scavi Marco Pacciarelli (università Federico II di Napoli) su “SCAVI 2020-2022 nella necropoli di Ponte Rotto. Nuove conoscenze sulle origini e la società di Vulci”: riconosciuta per la prima volta un’organizzazione topografica per gruppi familiari

canino_museo_scavi-necropoli-ponte-rotto_locandinaIn occasione della conclusione della campagna di scavo 2022 presso la Necropoli di Ponte Rotto a Vulci, il prof. Marco Pacciarelli presenta al pubblico i risultati. Appuntamento venerdì 21 ottobre 2022, alle 17.30, al museo della Ricerca archeologica di Canino (Vt), nel Complesso del San Francesco, con la conferenza “SCAVI 2020-2022 nella necropoli di Ponte Rotto. Nuove conoscenze sulle origini e la società di Vulci”. Con il relatore prof. Marco Pacciarelli dell’università “Federico II” di Napoli interverranno Simona Carosi della soprintendenza dell’Etruria meridionale e Carlo Casi direttore del Parco di Vulci. Ingresso libero.

vulci_necropoli-ponte-rotto_veduta-da-drone_foto-sabap-etru-mer

Veduta da drone della necropoli di Ponte Rotto a Vulci (foto sabap-etru-mer)

Il programma di scavo archeologico condotto tra 2020 e 2022 dal dipartimento di Studi umanistici dell’università di Napoli Federico II (direttore del Dipartimento: Andrea Mazzucchi; direttore dello scavo: Marco Pacciarelli), in collaborazione con la competente Soprintendenza (SABAP per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale) e con la Fondazione Vulci (nelle persone rispettivamente di Simona Carosi e Carlo Casi) è ricco di novità. Le oltre cento tombe indagate a Ponte Rotto dal 2020 offrono infatti una grande quantità di nuove conoscenze, sia quantitative che relativamente ai rituali funerari. Lo scavo ha permesso di esplorare scientificamente un ampio settore della necropoli di Ponte Rotto, celebre per eccezionali sepolture come la tomba François e il tumulo della Cuccumella. Per la prima volta è stato possibile riconoscere un’organizzazione topografica per gruppi familiari, che si formano nella fase primigenia detta villanoviana (IX e VIII secolo) e continuano a svilupparsi nella fase orientalizzante (fine VIII e VII secolo a.C.). Questi gruppi utilizzano con sorprendente continuità gli stessi appezzamenti per due-tre secoli, dunque per non meno di dieci generazioni. Nella fase villanoviana i resti ossei cremati dei defunti, prelevati dalla pira, erano deposti entro urne cinerarie coperte da una scodella e sepolte verticalmente in pozzetti cilindrici. Si è scoperto che per alcuni bambini le urne, piuttosto piccole, erano invece sistemate in posizione orizzontale.

vulci_necropoli-ponte-rotto_scavo-sepoltura-inumato_foto-sabap-etru-mer

Lo scavo di una sepoltura a inumazione nella necropoli di Ponte Rotto a Vulci (foto sabap-etru-mer)

La comunità sepolta a Ponte Rotto mantiene un tenace attaccamento al rito della cremazione ancora fino alla fase orientalizzante, quando appaiono nuovi tipi tombali tra cui quello a cassetta di lastre litiche. Lo scavo ha permesso però di scoprire anche un significativo numero di sepolture a inumazione entro fossa, relative a individui che non seguono il rito tradizionale della cremazione e che perlopiù non sono accompagnati da manufatti di particolare pregio. Lo studio dei resti scheletrici, molto ben conservati, offrirà prospettive di conoscenza del tutto nuove. La studiosa Carmen Esposito, che si è laureata alla “Federico II” e ha conseguito il dottorato all’università di Belfast, condurrà analisi volte a ricavare il DNA antico, che permetterà di accertare il sesso e i rapporti di parentela, e anche di indagare il profilo genetico di questa comunità. Da altre analisi (anche sui resti cremati) si otterranno gli isotopi dello stronzio, considerati affidabili indicatori dell’area di nascita e dunque anche della mobilità degli individui. Da tutto ciò si potranno finalmente ricavare solidi elementi scientifici sulle origini e sulla composizione della prima società etrusca.

Fermo. Le ricerche dell’università Federico II di Napoli e della soprintendenza hanno individuato un abitato dell’Età del Bronzo sul colle Girfalco

fermo_colle-girfalco_scavi-archeologici_scoperte-età-del-bronzo_tracce-abitato_foto-unina

Tracce dell’abitato dell’Età del Bronzo scoperto sul colle Girfalco di Fermo (foto unina)

Nuove scoperte a Fermo: un abitato dell’Età del Bronzo. Dal 18 al 31 luglio 2022 si è svolta una campagna di scavo archeologico sul fianco orientale del colle Girfalco a Fermo, nei pressi dell’abside della cattedrale di S. Maria Assunta. Lo scavo è stato condotto in regime di concessione ministeriale dal dipartimento di Studi umanistici dell’università di Napoli “Federico II” – Monte Sant’Angelo, diretto da Marco Pacciarelli, in stretta collaborazione con la soprintendenza per le provincie di Ascoli Piceno, Fermo e Macerata (funzionario responsabile Federica Grilli).

fermo_colle-girfalco_scavi-archeologici_scoperte-età-del-bronzo_ceramica-incisa_foto-unina

Frammento ceramico con la decorazione incisa o intagliata tipica della c.d. cultura appenninica (foto unina)

Le ricerche hanno permesso di mettere in luce e indagare una sezione stratigrafica in posto nella quale sono stati riconosciuti diversi strati, in prevalenza riferibili a un abitato della fase 3 della media Età del Bronzo (XIV secolo a.C.), e in parte forse al Neolitico (VI-inizi IV millennio a.C.). Gli strati hanno restituito molti frammenti ceramici, alcuni dei quali recanti la decorazione incisa o intagliata tipica della c.d. cultura appenninica, oltre a manufatti in selce e ossidiana, a resti di ossa animali, a carboncini, a semi, il cui studio permetterà, insieme all’analisi dei campioni pollinici e dei residui del contenuto organico dei vasi, di ottenere un’articolata ricostruzione dell’ambiente e delle attività economiche.

fermo_colle-girfalco_scavi-archeologici_scoperte-età-del-bronzo_fasi-ricerche_foto-unina

Lo scavo archeologico sul colle Girfalco di Fermo (foto unina)

Le indagini hanno consentito di accertare la presenza di un abitato stabile dell’Età del Bronzo (e forse del Neolitico) sul colle del Girfalco – sito strategico di eccezionale rilevanza dal quale è possibile controllare un territorio molto vasto – che finora era stata solo ipotizzata in base al rinvenimento, avvenuto in passato, di frammenti ceramici in giacitura secondaria.

Vulci. Da giugno a novembre l’area archeologica è interessata da campagne di scavo e ricerca di sei università, italiane e straniere. Ecco il ricco programma

vulci_parco-archeologico-naturalistico_ricerche-archeologiche_foto-da-drone_sabap-etru-mer

Veduta da drone di un’area di scavo nel parco archeologico e naturalistico di Vulci (foto sabap etru-mer)

Un’estate a Vulci all’insegna della ricerca archeologica, su concessione del ministero della Cultura: impegnate sei università, italiane e straniere. Si è cominciato già dal mese di giugno 2022 col progetto “Understanding Urban Identities”, a cura del dipartimento di Studi storici dell’università di Göteborg (Svezia), diretto da Kristian Göransson e Serena Sabatini. ‘Conoscere le identità urbane’, è il significato del progetto che, infatti, già dal 2018 (in collaborazione con la British School at Rome, il parco archeologico naturalistico di Vulci e la soprintendenza) ha voluto indagare la conformazione della città. I saggi eseguiti nell’area urbana di Vulci e immediatamente all’esterno della cinta muraria, in zona Porta Ovest, avevano fatto ipotizzare che la zona urbana potesse essere occupata da strutture di tipo non monumentale, forse domestiche e/o produttive.

vulci_parco-archeologico-naturalistico_ricerche-archeologiche_georadar_sabap-etru-mer

Prospezioni geo-fisiche nell’area archeologica del parco di Vulci (foto sabap etru-mer)

Tra giugno e luglio 2022 riprende anche il progetto Vulci 3000, della Duke University (USA), condotto da Maurizio Forte. Sulla spinta delle ricerche iniziate nel 2014, nelle quali si è fatto uso di telerilevamento da drone e del georadar, i veri e propri gli scavi si sono concentrati dal 2016 nell’area Sud rispetto al Grande Tempio e alla Domus del Criptoportico, nell’area del Foro, nel settore in cui era presente un’ampia struttura pubblica.

vulci_poggio-delle-urne_fossa-con-urna-cineraria_foto-uni-d-annunzio

Fossa con urna cineraria dalla necropoli settentrionale di Vulci a Poggio delle Urne (foto uni d’annunzio)

A luglio 2022 entreranno nel vivo gli scavi nella necropoli settentrionale di Vulci, nell’area di Poggio delle Urne, a cura dell’università “Gabriele D’Annunzio” di Chieti-Pescara, diretti da Vincenzo D’Ercole e Francesco Gennaro. Le campagne lo scorso anno hanno interessato un’area di 100 mq fra Casaletto Mengarelli a Est e il Casale dell’Osteria a Ovest e hanno portato alla luce ben 25 sepolture ad incinerazione, del tipo a pozzetto circolare e a fossa con risega. Purtroppo molte già danneggiate dai ‘tombaroli’ e dalle attività agricole.

vulci_cityscape-2022_locandina-scaviAd agosto 2022 torna Vulci Cityscape, a cura dell’università di Friburgo e Magonza e con la direzione di Mariachiara Franceschini e Paul Pasieka, per proseguire il percorso avviato. Con le prospezioni del 2020 che hanno condotto a una mappatura geomagnetica concernente una grande area sacra, delle strutture residenziali e produttive, il sistema di fortificazioni interno e la rete stradale. E con gli scavi del nuovo tempio del 2021, che hanno portato alla luce le strutture del podio di epoca arcaica, tracce di un precedente utilizzo del pianoro e persino fasi romane di occupazione e uso dell’area.

vulci_necropoli-oriemtale-ponte-rotto_sepolture-a-cremazione_scavo_foto-unina

Scavo delle sepolture a cremazione villanoviane nella necropoli di Ponte Rotto a Vulci (foto unina)

Settembre e ottobre 2022 vedranno l’università di Napoli “Federico II” impegnata nel progetto “All’origine di Vulci”. Marco Pacciarelli sarà a capo delle indagini nella necropoli orientale, in località Ponte Rotto; a cui un enorme contributo già è stato dato con le campagne del 2020 e 2021. Sono state analizzate ben 58 sepolture scavate nella roccia di travertino locale di epoche diverse e più di 40 presentano resti della cremazione del defunto deposti in un’urna fittile, spesso ornata con motivi geometrici incisi.

Infine, fra ottobre e novembre 2022, si chiuderà con “Sustainable Vulci” dell’University College London (Londra), sotto la direzione di Corinna Riva, che già aveva voluto approfondire Vulci nel contesto mediterraneo, al centro delle rotte commerciali e degli scambi culturali. Anche facendo ricorso all’archeometria sulla ceramica e alla geo-archeologia.

vulci_work-in-progress_convegno_locandinaLo scorso dicembre un convegno dal titolo “Vulci. Work in progress”, del quale presto saranno pubblicati gli atti, ha per la prima volta riunito coloro che effettuano le ricerche sul campo nella importante metropoli etrusca e ha dato voce alle novità della ricerca archeologica, comprese quelle che provengono dalle aree della necropoli settentrionale in località Poggio Mengarelli e Osteria, indagate direttamente dalla Soprintendenza e da Fondazione Vulci.

“Archeologia ferita”: al museo Archeologico nazionale di Napoli gli “stati generali” sulla lotta al traffico illecito e alla distruzione dei beni culturali. Due giorni di confronto tra magistrati, forze dell’ordine, giuristi, esperti e grandi musei internazionali. All’archeologo veneto Giancarlo Garna il premio “Person of the year 2017”

La statuetta in marmo di “Zeus in trono” restituita all’Italia dal Paul Getty Museum e ora al museo Archeologico nazionale di Napoli

Al museo Archeologico nazionale di Napoli il seminario “Archeologia ferita”

Due giorni a Napoli per parlare di “Archeologia ferita”: sono gli “Stati generali” sulla lotta al traffico illecito e alla distruzione dei beni culturali convocati dalla direzione del museo Archeologico nazionale di Napoli, uno dei maggiori musei archeologici al mondo, contenitore di molti reperti di Pompei, Paestum, Ercolano, che lanciando questa iniziativa, che non ha eguali in Italia, vuole sottolineare anche il suo  ruolo di  “capofila” in questo delicato settore della salvaguardia dei beni culturali, come testimonia la “restituzione” avvenuta a luglio dello Zeus, proveniente probabilmente dal parco archeologico sommerso di Baia, da parte del Getty Museum (Usa) (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/08/01/zeus-in-trono-torna-a-casa-al-mann-di-napoli-la-statuetta-in-marmo-era-stata-trafugata-negli-anni-ottanta-e-comprata-dal-paul-getty-museum-nel-1992-che-ora-lha-restituita/). Dal furto di opere al saccheggio dei siti e degli scavi archeologici, dal traffico di reperti durante i conflitti armati al terrorismo e alla contraffazione, fino all’uso di documenti falsi che accompagnano i beni. Tutto questo si riassume in un fenomeno ben preciso: traffico illecito nel mondo dell’arte, un “mercato” che vale 8 miliardi di dollari l’anno. Contrastare questo “mercato” significa quindi salvaguardare l’identità culturale dei popoli e di preservare il patrimonio dell’umanità. L’appuntamento nella Sala della Meridiana del Mann martedì 14 e mercoledì 15 novembre 2017 per un confronto di enorme interesse per la salvaguardia del patrimonio tra magistrati, forze dell’ordine, giuristi, esperti e grandi musei internazionali (dagli Stati Uniti alla Giordania, presenti anche l’Ermitage di San Pietroburgo, il Getty Museum di Los Angeles e il museo del Bardo di Tunisi), con il coinvolgimento  dell’università di Napoli Federico II,  attraverso la collaborazione con la prof. Daniela Savy, docente di Diritto europeo dei Beni culturali. “L’Università Federico II è stata  doppiamente coinvolta in questo seminario”, spiega Daniela Savy, membro del Comitato scientifico dell’Osservatorio giuridico sulla tutela del patrimonio culturale dell’Università degli Studi Roma Tre, “con il dipartimento di Giurisprudenza, diretto dal professore Lucio De Giovanni, per l’approfondimento della normativa, nazionale ed internazionale, posta a tutela del patrimonio culturale e per lo studio della normativa de iure condendo sui nuovi reati in materia. Ed anche con il dipartimento di Studi Umanistici, diretto dal professor Edoardo Massimilla, per l’apporto fondamentale degli storici dell’arte e degli archeologi esperti nelle dinamiche connesse alla materia”.

I carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale operativi in Iraq

Come è noto la domanda di arte e antichità proviene da Paesi ricchi e sviluppati. In questi Stati è evidente un sistema forse non adeguato ad assicurare un’azione di monitoraggio delle reti o dei luoghi dove gli scambi illegali maggiormente si realizzano. L’offerta deriva per lo più dai paesi in via di sviluppo e dai paesi sotto assedio, ma non solo. Spesso l’offerta clandestina nasce da Paesi come l’Italia estremamente ricchi di patrimonio archeologico.  “Nel quadro del perfezionamento della riforma dei musei autonomi condotta dalla ministero e dalla DG Musei”, spiega Paolo Giulierini, direttore dell’Archeologico di Napoli, “il Mann ribadisce il suo ruolo di Istituto pubblico di caratura internazionale pronto al confronto con i principali attori del dibattito archeologico mondiale sui temi scottanti legati al patrimonio culturale e si rende protagonista della ricerca nazionale contribuendo per quanto di sua competenza alla realizzazione di un sistema di salvaguardia del cultural heritage mondiale. Il Mann è lieto di ospitare grandi musei con i quali ha impostato protocolli di collaborazione come il Getty e l’Ermitage, e di musei che si affacciano sul Mediterraneo, condividendo di questi ultimi i problemi e le esperienze”. Al seminario si confronteranno i rappresentati del MiBACT e di prestigiosi musei internazionali, il nucleo antitraffico illecito di Roma, la Procura della Repubblica di Napoli, funzionari del Mann, archeologi e giornalisti esperti in materia con lo scopo di raccogliere le esperienze, e fare il punto sullo stato dell’arte a livello di istituzioni nazionali e organizzazioni internazionali quali Onu, Unione europea, Consiglio d’Europa, Icom, Unidroit. Obiettivo dei due giorni di studio è quello di formulare proposte per contribuire ad un miglioramento del sistema di lotta al traffico illecito.

Il Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri di Cosenza nel 2016 ha sequestrato più di 3mila reperti: tra essi in aumento il fenomeno dei falsi

Il programma di martedì 14 novembre 2017. Alle 9.30, saluti di Paolo Giulierini, direttore del Mann; Luigi De Magistris, sindaco di Napoli; Armando Rossi, presidente del consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli; Gaetano Manfredi, rettore dell’università di Napoli Federico II; Edoardo Massimilla, direttore del dipartimento di Studi umanistici, università di Napoli Federico II; Lucio De Giovanni, direttore del dipartimento di Giurisprudenza, università di Napoli Federico II; Guglielmo Trupiano, direttore del centro Europe Direct della Commissione europea presso il Centro Interdipartimentale Lupt dell’università di Napoli Federico II; Mariella Utili, segretario regionale del MiBACT per la Campania. Alle 10.30, introduzione “Una premessa storica. Scavi e mercato artistico a Napoli tra Sette e Ottocento: legislazione e prassi, dispersione e circolazione” con Andrea Milanese, responsabile dell’Archivio storico del Mann e Paola D’Alconzo, università di Napoli Federico II. A seguire la prima sessione di lavori “Normativa e tutela”, presiede Giovanni Melillo, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Napoli. Relatori: Tiziana Coccoluto, vice capo di Gabinetto vicario del MiBACT sul tema “Nuovi delitti, nuove indagini” e Carlo Longobardo, università di Napoli Federico II che parlerà de “La tutela penale dei beni culturali tra tecniche di tutela ed esigenze di riforma”.  Alle 12, Luca Lupària, università Roma Tre e condirettore dell’Osservatorio giuridico sulla tutela del patrimonio culturale, su “Accertamento dei reati e problemi processuali inerenti il traffico illecito”; Daniele Amoroso, università di Cagliari parlerà de “La Convenzione Unidroit del 1995 sui beni culturali rubati o illecitamente esportati”; Daniela Savy, università di Napoli Federico II e membro del Comitato scientifico dell’Osservatorio giuridico sulla tutela del patrimonio culturale, “La disciplina dell’Unione Europea in tema di traffici illeciti”. Alle 15, la seconda sessione di lavori sarà su “La prassi in tema di lotta al traffico illecito e distruzione dei beni culturali”. Presiede Maria Vittoria Marini Clarelli, direttore del Servizio circolazione della direzione generale Archeologia Belle Arti e Paesaggio. Relatori: Carmela Capaldi, università di Napoli Federico II “Scavi clandestini e traffici illeciti nel Regno delle due Sicilie”; Vincenzo Piscitelli, procuratore aggiunto a Napoli “Prassi in tema di tutela penale” e il colonnello Alberto Deregibus, vice comandante del nucleo Carabinieri Tutela del Patrimonio culturale di Roma. Alle 16, tavola rotonda con Giuliano Volpe, università di Foggia e presidente del Consiglio superiore dei Beni culturali e paesaggistici del MiBACT che incontrerà Valeria Sampaolo, conservatore capo del Mann; Luigia Melillo, responsabile dell’ufficio Relazioni internazionali e dell’ufficio Restauro del Mann; Marco Pacciarelli, università di Napoli Federico II; e Sandro Garrubbo, comunicazione e marketing del museo Salinas di Palermo.

All’archeologo veneto Giancarlo Garna il premio “Person of the Year 2017”

A Viterbo il master in Archeologia giudiziaria

Il programma di mercoledì 15 novembre 2017. Alle 10, la terza sessione del convegno si aprirà con una tavola rotonda sul tema “Il ruolo dei musei nella lotta al traffico illecito e alla distruzione dei beni culturali”. Apertura dei lavori di Alessandro Benzia, direttore degli uffici di Diretta collaborazione del ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. A seguire Fabio Isman, giornalista e scrittore (critico de Il Messaggero) incontrerà Andrej Nikolaevic’ Nikolaev, deputy head of the Department of the East, Museo dell’Ermitage (Russia); Claire Lyons, curator of Antiquities, J.P. Getty Museum (USA); Massimo Osanna, direttore generale del parco archeologico di Pompei e docente università Federico II di Napoli; Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco del archeologico di Paestum; Francesca Spatafora, direttore del museo Salinas e del Polo regionale di Palermo per i parchi e musei Archeologici. Alle 12, tavola rotonda con Paolo Giulierini che incontra Moncef Ben Moussa, conservateur en chef du musée national du Bardo (Tunisia), e Khalil Mahmoud Khalil, direttore del museo Archeologico di Amman (Giordania). Il convegno si concluderà con il premio “Person of the year 2017” dell’osservatorio internazionale archeomafie all’archeologo Giancarlo Garna, che, dal 2012, partecipa alla missione archeologica italiana nel Kurdistan irakeno, con il progetto archeologico regionale Terra di Ninive dell’università di Udine, diretto da Daniele Morandi Bonacossi. L’archeologo, bellunese di nascita ma padovano d’adozione da trent’anni, è stato premiato “per il suo impegno nella tutela del patrimonio culturale nelle aree di crisi e di guerra e la costante opera di sensibilizzazione della categoria e dell’opinione pubblica”.  Infatti è noto il suo impegno per portare all’attenzione dell’opinione pubblica cosa sta avvenendo al patrimonio archeologico in Paesi disastrati dalla guerra come la Siria e l’Iraq. Attualmente lavora per l’università di Udine con cui ha partecipato in passato alle missioni archeologiche a Mishrifeh (Siria) nel 1999 e a Palmira dal 2009 al 2010. Consegnerà il premio Tsao Cevoli, direttore del master in Archeologia giudiziaria e crimini contro il patrimonio culturale del Centro Studi Criminologici di Viterbo.