Pompei dall’alto. Aperta al pubblico la Torre di Mercurio per uno sguardo mozzafiato sulla città antica: è la torre di guardia (I sec. a.C.) meglio conservata e più alta della cinta muraria

Il panorama mozzafiato sulla città antica di Pompei dalla Torre di Mercurio (foto parco archeologico di pompei)
Uno sguardo sulla città antica di Pompei dal suo punto più alto, la Torre di Mercurio. Da venerdì 23 dicembre 2022 è possibile accedere a gruppi contingentati su una delle più integre torri di guardia di Pompei, che agli inizi del I secolo a.C. furono inserite nella cinta muraria per migliorare il controllo della città. La torre di Mercurio è il luogo più alto del sito da cui, attraverso una vista mozzafiato su tutto il settore nord-occidentale della città antica, se ne può comprendere la posizione strategica tra il Vesuvio, il mare e la valle del Sarno. La struttura si sviluppa su 3 livelli, incluso il piano terreno, con un ampio terrazzo merlato, che consentiva il camminamento della ronda lungo la cinta. “Le indagini archeologiche, coordinate dal prof. Marco Fabbri dell’università Tor Vergata”, spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel, “hanno mostrato che dove ora si trova la torre, fino al IV sec. a.C. c’era una porta della città, che fu poi obliterata. È un dato che apre prospettive stimolanti non solo sull’impianto urbano della Pompei più antica, ma anche sullo spazio all’esterno delle mura. Sarebbe interessante capire dove questa strada portava e se lungo essa, come era uso in antico, si trovavano delle tombe di quei periodi”.

La Torre di Mercurio, inglobata nella cinta muraria di Pompei, dopo i recenti restauri (foto parci archeologico di pompei)

Il camminamento di ronda dalla Torre di Mercurio dopo i recenti restauri (foto parco archeologico di pompei)
La Torre di Mercurio è stata oggetto di un recente intervento di restauro e valorizzazione che sta interessando tutto il settore settentrionale delle fortificazioni di Pompei, al termine del quale sarà poi possibile visitare anche il tratto superiore che univa la torre di Mercurio con la successiva. I blocchi in particolare delle murature, costituiti da diversi materiali, lapidei e tufacei, hanno richiesto importanti interventi di messa in sicurezza e conservativi. In quest’area sono stati inoltre riaperti due saggi già condotti nel 1927-29 da Amedeo Maiuri, allo scopo di sondare le fasi più antiche della fortificazione della città e il suo impianto urbanistico. Particolarmente interessanti sono le tracce dei solchi delle macchine da guerra utilizzate per difesa durante l’attacco di Silla dell’89 a.C., emerse lungo il camminamento di ronda.

La sommità della Torre di Mercurio inserita nella cinta muraria di Pompei 8foto parco archeologico di pompei)
Pompei si dotò, già a partire dal VI secolo a.C., di una fortificazione, che fu rafforzata e integrata più volte nel corso del tempo fino al I secolo a.C. Tuttavia non sempre riuscirono a garantire protezione, come avvenne durante l’assedio di Silla che portò alla presa della città e alla riduzione a colonia romana. Proprio in questo tratto di mura tra Porta Ercolano e Porta Vesuvio sono visibili i segni dei proiettili lanciati dalle catapulte dell’esercito di Silla. In questa occasione vennero effettuati numerosi rifacimenti della cortina esterna, danneggiata nelle precedenti vicende storiche e, soprattutto, furono aggiunte al circuito delle fortificazioni una serie di torri di guardia, poste ad intervalli più o meno regolari, a cavallo della cortina. Con il consolidarsi dell’autorità di Roma e il venire meno di pericoli esterni, la funzione difensiva delle fortificazioni andò diminuendo d’importanza e le mura acquistarono un valore monumentale e simbolico, urbanistico piuttosto che strategico.
“Patrimonio e Tecnologia. La rinascita di Pompei” è il tema dell’incontro a Palazzo Farnese di Roma, sede dell’ambasciata francese in Italia. Dall’esempio di Pompei si affronta l’applicazione del digitale nella conservazione dei Beni culturali
Il patrimonio fa parte degli elementi costituenti dell’identità della Francia e dell’Italia. Rappresenta anche una sfida importante per i due Paesi. La Francia è il 4° paese in numero di siti classificati al patrimonio mondiale dell’Unesco e l’Italia il 1°. Sono anche al 1° posto per la Francia e al 5° per l’Italia delle destinazioni più frequentate dai turisti internazionali. Non è un caso, quindi, che sia la Francia sia l’Italia abbiano sviluppato spiccate competenze di conservazione, restauro, valorizzazione e mediazione del patrimonio. Di qui l’interessante tema dell’incontro “Patrimonio e Tecnologia. La rinascita di Pompei” affrontato nell’ambito dei “Dialoghi del Farnese” e del ciclo “Patrimonio e Innovazione”, promosso da Christian Masset, ambasciatore di Francia in Italia, a Palazzo Farnese, sede dell’ambasciata francese a Roma, lunedì 17 giugno 2019 alle 18.30. Interverranno personalità di spicco dei due Paesi: Hélène Dessales, archeologa, professoressa all’Ecole Normale Supérieure, responsabile del progetto ENS/Centre Jean Bérard sulla Villa di Diomede; Massimo Osanna, archeologo, direttore generale del Parco Archeologico di Pompei, professore all’università di Napoli; Marco Fabbri, archeologo, professore all’università di Roma “Tor Vergata”; e François Fouriaux, dell’École française de Rome. Modera Fabio Cappelli, caporedattore Cultura e spettacoli Rainews24. L’apporto delle tecnologie, in particolare del digitale, alla conoscenza e alla valorizzazione del patrimonio è ormai decisivo. L’applicazione della ricostruzione 3D ai beni culturali, dal singolo oggetto ai più importanti siti archeologici, suppone di riunire delle competenze pluridisciplinari per raccogliere i dati, confrontarli agli archivi, restituire i risultati presso gli studiosi e il pubblico. Di questo processo complesso renderanno conto i relatori partendo dall’esempio di Pompei e dallo sforzo recente per far rinascere questo patrimonio eccezionale. In questi mesi sono stati organizzati diversi incontri italo-francesi sui temi del patrimonio comune ad entrambi i Paesi e sulle ultime innovazioni tecnologiche, didattiche e sociali relative al patrimonio. Il ciclo “Patrimonio e innovazione” si svilupperà anche attraverso varie iniziative a Firenze, Genova e Milano.
Hélène Dessales è archeologa e docente all’Ecole Normale Supérieure, responsabile del progetto ENS/Centre Jean Bérard sulla Villa di Diomede. Ha scritto la sua tesi nel 2002 su «La mise en scène de l’eau dans l’habitat urbain romain : l’exemple de Pompéi» nella rivista Revue Archéologique nel 2005. Tra il 2000 e il 2003 è membro della Scuola Francese di Roma, Sezione Antichità. Dal 2012 al 2013, ha fatto parte della delegazione del CNRS a del Centro Jean Bérard di Napoli. Ha contribuito alla diffusione delle sue ricerche su Pompei presso la sede di attraverso numerosi congressi nazionali e internazionali ma anche articoli scientifici, trasmissioni di articoli scientifici, documentari televisivi (“Pompei. Acqua e fuoco”, Arte, 2015) e radio (“Les Mystères de Pompéi”, France Inter, 2011).
Massimo Osanna è direttore generale del parco archeologico di Pompei e professore in archeologia all’università di Napoli. È stato direttore della Scuola di Specializzazione in archeologia (2002 – 2007) e direttore della Scuola di specializzazione in beni Archeologico (2009-2014). Ha anche insegnato come insegnante-ricercatore ospitato all’ENS di Parigi (2013-2014). Tra il 2003 e il 2010 è stato co-direttore della nel sito dell’ex Taurianum. In seguito è diventato consulente scientifico della Comune di Ascoli Satriano (Puglia) e della soprintendenza per i Beni archeologici di Puglia. Dal 2008 è membro del Centro Studi Internazionale dell’antica religione greca. In qualità di membro del Comitato Scientifico, è responsabile della serie di monografie “Archeologia e arti antiche” dell’École Normale Supérieure di Pisa. Massimo Osanna fa anche parte della commissione di esperti per la valutazione di l’Unità comune di ricerca “Archeologia delle società mediterranee” sotto la supervisione degli istituzioni e organizzazioni francesi: l’università Paul Valéry, Montpellier 3; il CNRS e l’università Paul Valéry, Montpellier 3, ministero della Cultura.
Marco Fabbri è professore associato all’università di Roma Tor Vergata, dove insegna Topografia di Roma e dell’Italia antica e Metodologia e tecnica della ricerca Archeologica. In Italia ha diretto scavi in diverse regioni e ha partecipato a numerosi progetti di ricerca sulla pianificazione territoriale e urbanistica e sulla valorizzazione del patrimonio storico-archeologico. Nel 2018 è stato Professeur invité all’École Pratique des Hautes Études de Paris. Negli ultimi anni è stato co-direttore delle indagini sull’acropoli di Gabii (Roma) e del Progetto internazionale CHORA (Laboratori di Archeologia in Basilicata). Attualmente dirige a Pompei la ricerca “Promoenia” sulle fortificazioni e coordina le attività di scavo e documentazione di una vasta area della Regio V.
François Fouriaux è archeologo topografo-geomatico all’Ecole Française de Rome, il quale ha collaborato al progetto “Organizzazione, gestione e trasformazione di un’area suburbana: la porta Ercolano di Pompei, tra spazio funebre e spazio commerciale”. Attualmente impegnato in un progetto riguardante la Necropoli di Porta Nocera a Pompei, offrirà, attraverso il suo intervento, una panoramica sulle tecnologie per l’acquisizione delle informazioni 3D utilizzate e la loro importanza per tale progetto.
Comacchio inaugura il nuovo museo del Delta antico: 2mila reperti per raccontare la storia del delta del Po, del territorio e degli insediamenti, dall’antichità al Medioevo. Notevoli i tesori da Spina e il carico della nave romana del I sec d.C.

L’Ospedale degli Infermi, a Comacchio, prestigiosa e monumentale sede del nuovo museo del Delta antico
Le Giornate Fai di primavera 2017 a Comacchio, nel Ferrarese, saranno particolarmente significative. Sabato 25 marzo 2017, alle 11, si inaugura alla presenza del ministro Dario Franceschini, e grazie all’intensa collaborazione tra il Comune di Comacchio, la soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio e Ferrara e il Polo Museale dell’Emilia-Romagna, il nuovo museo del Delta antico, che trova spazio nell’antico Ospedale degli Infermi di Comacchio, bellissima e preziosa testimonianza del riformismo pontificio settecentesco. Eretto tra il 1778 e il 1784 dalla comunità comacchiese su impulso di papa Clemente XIV, l’ospedale era stato concepito come luogo a carattere “sacro”, come tuttora evoca l’austero prospetto anteriore in stile neoclassico, realizzato dall’architetto ferrarese Antonio Foschini, che richiama l’immagine di una cattedrale, ed è stato attivo nella sua funzione nosocomiale fino alla metà degli anni Settanta del Novecento. Qui oltre 2mila reperti archeologici raccontano la storia dell’antica foce del Po, l’evoluzione del territorio e degli insediamenti umani, terra che, con i numerosi canali navigabili e le vie di terra, è stata nei secoli un importante snodo di commerci e di civiltà tra il Mediterraneo e l’Europa continentale.
Oggi, grazie a un sofisticato intervento di restauro architettonico, l’Ospedale degli Infermi, inserito nel centro storico di Comacchio, diventa il palcoscenico ideale per accogliere ed esporre il grande patrimonio archeologico del territorio, dall’antichità al Medioevo. L’allestimento è organizzato in quattro sezioni: ripercorrerà, anche grazie a reperti finora mai esposti in pubblico, l’evoluzione delle civiltà preistoriche, dall’antica città di Spina all’età romana, nonché l’origine del centro di Comacchio. I reperti, in buona parte restaurati per l’occasione, sono valorizzati da innovativi ausili digitali che creano percorsi visivi, uditivi e anche olfattivi di sicuro impatto per i visitatori. “Di particolare rilievo”, sottolineano gli organizzatori, “le sezioni dedicate alla città etrusca di Spina, con gli oggetti provenienti dall’abitato e i ricchi corredi delle tombe, al mondo romano, alla nascita di Comacchio nell’alto medioevo come emporio commerciale e sede vescovile. Nel museo è stato trasferito, con un nuovo suggestivo allestimento, il prezioso carico della nave romana di Comacchio, un’autentica Pompei del mare che è uno spaccato del mondo globalizzato dell’impero romano”. Il museo del Delta Antico rientra nel Protocollo d’intesa siglato tra il Comune di Comacchio e il Mann (museo Archeologico nazionale di Napoli), che prevede un impegno alla reciproca promozione tra i due musei cittadini, allo scambio di reperti per la realizzazione di esposizioni, alla condivisione di esperienze e pratiche virtuose in ambito scientifico e nella gestione di strutture museali, inaugurando di fatto un nuovo modello virtuoso di collaborazione tra grandi musei e piccole realtà espositive come Comacchio, importante per lo studio degli equilibri europei in tempi in cui le vie mediterranee di contatto e commercio non si erano interrotte come si pensava.
Breve visita guidata. Apre il percorso la sezione dedicata al territorio che studia i cambiamenti dell’ambiente del delta nel corso dei millenni, dalla formazione della pianura padana sino ai giorni nostri, caratterizzati da cicli alterni di glaciazioni e di invasioni marine, ambienti diversissimi dalle praterie alle tundre, alle foreste, alle lagune, sino all’insediamento umano e alle modificazioni naturali e artificiali dell’ambiente in epoca storica. Segue la sezione dell’età del Bronzo finale e primo Ferro espone i rinvenimenti archeologici più antichi della zona, che evidenziano insediamenti umani e reperti simili a quelli di Frattesina (Rovigo), centro ben conosciuto per i commerci tra il Mediterraneo e l’Europa continentale in quest’epoca, che precede in questo ruolo Adria e Spina. A questi tempi remoti nell’immaginario greco risale il mito della caduta di Fetonte nell’antico Eridano e della ricerca dell’ambra. Il percorso porta poi a scoprire l’età arcaica e classica, caratterizzata dalla vicenda della città etrusca di Spina, porto commerciale e avamposto etrusco per il commercio verso l’Oriente mediterraneo. Interessanti i rapporti di Spina con Atene e la civiltà greca e con le popolazioni etrusche, venete, celtiche. E si arriva all’età romana quando l’area deltizia entra nell’orbita di Ravenna, sede della flotta imperiale adriatica. Una terra di produzioni agricole e industriali, di allevamento del pesce e produzione del sale, e ancora una volta centro fondamentale di collegamento via acqua e terra tra Roma e il nord Italia, l’Adriatico e le regioni balcaniche. È in questa sezione che incontriamo la nave romana, eccezionale ritrovamento a Valle Ponti, testimonianza dell’epoca di Augusto e del mondo globalizzato di Roma. Chiude il percorso museale l’età tardo medievale che vede sorgere una serie di insediamenti lungo la costa nord adriatica, protetti da fiumi e lagune, in una zona contesa tra Goti, Bizantini e Longobardi.
L’inaugurazione. Appuntamento sabato 25 marzo 2017 alle 11 in piazzetta Trepponti a Comacchio per la presentazione ufficiale del museo Delta Antico, alla presenza del ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Dario Franceschini , del sindaco Marco Fabbri, dell’assessore alla cultura Alice Carli, e del vice presidente Fai Marco Magnifico. Alle 12 all’Ospedale degli Infermi, l’inaugurazione del museo, con il taglio del nastro e la benedizione dell’arcivescovo di Ferrara mons. Luigi Negri. Alle 19, davanti all’Ospedale degli Infermi, spettacolo piro-teatrale “Pioggia di fuoco” curato da Made Eventi. Infine sabato 25 e domenica 26, alcuni degli spazi più suggestivi del centro storico di Comacchio si trasformano in un vero palcoscenico in stile antica Roma, grazie alle scenografie dell’associazione archeologica Sperimentale Legio I Italica di Villadose (Rovigo): l’arena di Palazzo Bellini ospita un accampamento di legionari, l’antica pescheria una sorta di antica cucina, mentre sulla piazzetta Trepponti lo spazio per esibizioni di combattimento tra gladiatori. In occasione delle Giornate Fai di primavera, il museo Delta Antico è visitabile gratuitamente, con ingressi di gruppi di 20 persone ogni 15 minuti, con accompagnamento di una guida. La struttura sarà aperta sabato 12-18.30 e 20-24. Domenica invece, l’orario sarà continuato, dalle 10 alle 22. I residenti del Comune di Comacchio potranno accedere al museo del Delta Antico gratuitamente fino a fine aprile. Sarà necessario presentarsi alla biglietteria con un documento valido di identità.
Egitto Pompei. Seconda tappa del progetto: alla Palestra Grande di Pompei si materializza la dea Sekhmet. Itinenario egizio negli scavi: dal tempio di Iside alle domus con affreschi egittizzanti

Questa statua della dea Sekhmet, proveniente da Karnak e conservata al museo Egizio di Torino, è protagonista agli scavi di Pompei
Tre sedi diverse (Torino, Pompei, Napoli) e tre enti diversi (Museo Egizio, soprintendenza speciale di Pompei, museo Archeologico nazionale – Mann) – si era detto – per un unico grande progetto espositivo (Egitto Pompei) con un unico comun denominatore: l’Antico Egitto (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/03/01/egitto-passione-antica-da-torino-a-pompei-a-napoli-tre-sedi-per-un-grande-progetto-espositivo-egitto-pompei-grazie-alla-collaborazione-inedita-tra-enti-diversi-legizio/ È questo infatti il tema di una prestigiosa mostra, articolata in tre luoghi e quattro tempi, che racconta influssi e innesti spirituali, sociali, politici e artistici originati da culti ed elementi di stile nati o transitati per la terra del Nilo, che si inserisce in una più ampia riflessione di approfondimento sulle relazioni di Pompei con le grandi civiltà affacciate sul Mediterraneo. La prima tappa al museo Egizio di Torino dove dal 5 marzo e fino al 4 settembre c’è la mostra “Il Nilo a Pompei. visioni d’Egitto nel mondo romano”. E ora siamo arrivati alla seconda tappa. Da Torino agli scavi di Pompei dove dal 20 aprile al 2 novembre per il progetto “Egitto Pompei” si riaprono gli spazi recentemente restaurati della Palestra Grande a cura di Massimo Osanna e Marco Fabbri con Simon Connor.
Una volta entrati nella Palestra Grande dall’ingresso di Porta Anfiteatro, siamo accolti da sette monumentali statue raffiguranti Sekhmet, esaltate dallo scenografico allestimento di Francesco Venezia. Le sette riproduzioni della divinità egizia dalla testa leonina sono insieme alla magnifica statua seduta del faraone Thutmosi I, tutte appartenenti ad uno dei periodi di massimo splendore della storia dell’antico Egitto: la XVIII dinastia (XVI-XIV sec. a.C.). Gli eccezionali prestiti, provenienti dalla collezione permanente del museo Egizio di Torino, suggellano e ribadiscono l’unità di intenti e di collaborazione tra il museo torinese, la soprintendenza Pompei e il museo Archeologico nazionale di Napoli (Mann). Le imponenti sculture in granito, oltre a rappresentare il potere faraonico al tempo della XVIII dinastia, sono una testimonianza straordinaria del mondo della mitologia egizia. Sekhmet, come altre divinità femminili, ha una natura ambivalente, contraddistinta da forze contrapposte. Figlia del sole, propaga sulla terra calore, distruzione e malattie, ma allo stesso tempo, se placata con rituali e preghiere, è in grado di garantire la pace e la prosperità.
La mostra continua con un’emozionante video-installazione originale di Studio Azzurro che evoca gli scambi culturali, religiosi ed economici intercorsi tra Pompei e l’Egitto dalla fine del II sec. a.C. Il percorso espositivo si arricchisce inoltre di un “itinerario egizio”: dal tempio di Iside, tra i maggiori e meglio conservati edifici pompeiani – oggetto per l’occasione di un intervento di riallestimento con postazioni multimediali di realtà immersiva – alle numerose domus decorate con motivi egittizzanti, come quella di Loreio Tiburtino tornata di recente a risplendere e quella dei Pigmei riaperta in occasione della mostra. Il 28 giugno, al Museo Archeologico di Napoli, la terza tappa del progetto con l’inaugurazione di una nuova sezione del percorso di visita delle collezioni permanenti con reperti archeologici, affreschi e capolavori di artigianato ispirati alla cultura egizia.
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