Bologna. A Palazzo Marescalchi, sede Sabap, per GEP 2025, “Dialoghi con il territorio. Scavi e ricerche delle Soprintendenze di Bologna e di Modena Reggio Emilia e Ferrara”: i risultati dei più recenti interventi di scavo e ricerca condotti sulle province di competenza
Nell’ambito delle Giornate Europee del Patrimonio 2025 la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le provincie di Modena Reggio Emilia e Ferrara organizzano un incontro con i funzionari archeologi referenti per il territorio e con professionisti e studiosi esterni, nel corso del quale verranno presentati i risultati dei più recenti interventi di scavo e ricerca condotti sulle province di competenza: “Dialoghi con il territorio. Scavi e ricerche delle Soprintendenze di Bologna e di Modena, Reggio Emilia e Ferrara”. Appuntamento venerdì 26 Settembre, alle 16, nel Salone d’Onore di Palazzo Marescalchi, sede Sabap-Bo, in via IV Novembre 5 a Bologna. Ingresso libero fino ad esaurimento dei posti disponibili. Dopo i saluti istituzionali di Francesca Tomba, soprintendente ABAP per la Città metropolitana di Bologna, e di Eugenia Valacchi, soprintendente ABAP per le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, introduce e modera Valentina Manzelli, archeologa SABAP e referente area funzionale Educazione e Ricerca. Intervengono Sara Campagnari, Monica Miari (archeologhe SABAP), Angelo Di Michele (Coop. Archeologia), su “Bologna, Villa Cassarini: indagini ai margini dell’abitato protostorico”; Vanessa Poli (archeologa SABAP), Paola Poli (libera professionista), Valentina Santi (SAP Società Archeologica S.r.l.), su “Valsamoggia (BO), il sito pluristratificato di via Chiesaccia”; Carolina Ascari Raccagni (Archeologa SABAP), Nicola Cassone (GEA), Flavia Amato, Marco Bruni (liberi professionisti), su “Ca’ Bianca Nuova e il copparese in epoca romana”; Valentina Di Stefano (archeologa SABAP), Laura Cerri (libera professionista), su “Nuova campagna di prospezioni geofisiche nel sito di Maccaretolo a San Pietro in Casale (BO): analisi preliminari e prospettive di ricerca”; Annalisa Capurso (archeologa SABAP), Nicoletta Raggi, Cristian Tassinari (TECNE S.r.l.), su “Il rustico di via Elsa Morante a Villanova di Castenaso (BO): scavo e valorizzazione di un sito ad orientamento anomalo lungo la via San Vitale”.
Comacchio (Fe). Al museo Delta Antico il concerto “Suoni antichi. Visioni future” con narrazioni del direttore Marco Bruni per la rassegna “Sonate al Chiaro di Luna”
Per “Sonate al Chiaro di Luna”, rassegna di concerti nei luoghi più caratteristici e storici del comune di Comacchio (Fe), mercoledì 9 luglio 2025, alle 21.30, al museo Delta Antico, il concerto “Suoni antichi. Visioni future”, un viaggio sonoro tra musica classica, jazz e contemporanea, con il pianoforte di Federico Rubin accompagnato da giovani talenti e dalla narrazione del direttore del museo Delta Antico, Marco Bruni. La rassegna di concerti estivi prende il nome dalla celebre “Sonata per pianoforte n. 14 in Do diesis minore” di Ludwig van Beethoven, più nota appunto come “Sonata al Chiaro di Luna” per le sue sonorità descrittive e suggestive. Così come Beethoven dedicò quest’opera alla contessa Giulietta Guicciardi di cui era stato innamorato, questa rassegna promossa dall’Amministrazione Comunale in sinergia con la Civica Scuola di Musica, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna, vuole essere un omaggio alla bellezza e un’opportunità di divulgazione ed educazione musicale, con un programma legato alle atmosfere classiche ma che strizza l’occhio alla contemporaneità e ai linguaggi più moderni.
Comacchio (Fe). Al museo Delta Antico presentazione del libro – intervista “Dialogando con l’archeologia”, scritto da Luciano Boccaccini in dialogo con Stella Patitucci Uggeri, professore emerito di Archeologia cristiana e medievale dell’università di Cassino

Sabato 15 marzo 2025, alle 18.30, al museo Delta antico di Comacchio (Fe), presentazione del libro – intervista “Dialogando con l’archeologia”, scritto da Luciano Boccaccini in dialogo con Stella Patitucci Uggeri, professore emerito di Archeologia cristiana e medievale dell’università di Cassino. Intervengono Emanuele Mari, assessore alla Cultura del Comune di Comacchio; Marco Bruni, direttore del museo Delta Antico. . Evento gratuito su prenotazione al museo Delta Antico. Per info e prenotazioni: tel. 0533-311316, info@museodeltaantico.com

Copertina del libro – intervista “Dialogando con l’archeologia” di Luciano Boccaccini in dialogo con Stella Patitucci Uggeri
Dialogando con l’archeologia. Lo scrittore ha percorso, in chiave di intervista, le tappe più significative della lunga esperienza archeologica di Patitucci, erede del prof. Nereo Alfieri nell’ambito degli scavi e degli studi sulla città di Spina. Il libro è articolato in sei distinti capitoli e spazia dalla nascita della città di Spina, alla scoperta del Delta di età romana, alla Comacchio in età tardoantica e bizantina, terminando con un focus sulla vita di Patitucci e su quella del compianto marito Giovanni Uggeri. Studiosa e docente in diverse Università italiane, ultima della quali la Sapienza di Roma, al suo attivo ha ben 250 saggi scientifici e 10 monografie relative sia all’archeologia cristiana e medievale, sia all’archeologia classica. Dal 2022 dirige la Rivista di Topografia Antica – Journal of Ancient Topography, fondata nel 1991 dal marito Giovanni Uggeri, anch’egli autorevole archeologo e docente di Topografia Antica alla Sapienza. Il lavoro di questa coppia di studiosi appassionati ha segnato in maniera indelebile la storia dell’antica città di Spina e ha contribuito alla ricerca e agli studi dell’insediamento umano nel Delta del Po. Lo scrittore, Luciano Boccaccini, giornalista pubblicista, è autore di una cinquantina di pubblicazioni di carattere letterario, storico e sociologico relative soprattutto a Comacchio, che intendono far conoscere e valorizzare il patrimonio di questo particolare territorio.
Rovigo. A Palazzo Roncale, l’incontro “Archeologia in Polesine. Progetti in corso, novità, prospettive”: novità sul progetto di ricerca e valorizzazione di alcune aree archeologiche in provincia di Rovigo sostenuto dalla Fondazione Cariparo. Ecco il programma
Sabato 1° febbraio 2025, alle 9, a Palazzo Roncale a Rovigo, la Fondazione Cariparo ospita l’incontro “Archeologia in Polesine. Progetti in corso, novità, prospettive” che presenterà risultati e prospettive del progetto di ricerca e valorizzazione di alcune aree archeologiche di grande rilievo situate in provincia di Rovigo. Un progetto ambizioso, sostenuto dalla Fondazione Cariparo, che vede coinvolti la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, l’università di Padova, l’università Sapienza di Roma, l’università Ca’ Foscari di Venezia, la direzione regionale Musei nazionali Veneto, il CPSSAE di Rovigo e il Comune di Ariano nel Polesine. Un intervento che ha un forte valore scientifico e può contribuire alla valorizzazione culturale e turistica di tutta l’area polesana. L’ingresso è gratuito, fino ad esaurimento posti, previa registrazione al seguente link: https://fondazionecariparo.it/…/archeologia-in…/
IL PROGRAMMA. INTRODUZIONE. Alle 9, saluti istituzionali e introduzione alla giornata: Giuseppe Toffoli, vice presidente, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo; Andrea Rosignoli, soprintendente, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Daniele Ferrara, direttore, direzione regionale Musei nazionali Veneto. PROGETTI IN CORSO PER L’ARCHEOLOGIA IN POLESINE: 9.30, Paolo Bellintani, Andrea Cardarelli, Wieke De Neef, Paola Salzani, “Progetto Prima Europa – Frattesina e Grignano Polesine”; 9.50, Michele Cupitò, David Vicenzutto, Wieke De Neef, Paola Salzani, “Progetto Prima Europa – Villamarzana”; 10.10, Giovanna Gambacurta, Silvia Paltineri, Giovanna Falezza, “Progetto San Basilio: l’abitato etrusco”; 10.30, Jacopo Bonetto, Caterina Previato, Jacopo Turchetto, Wieke De Neef, Giovanna Falezza, “Progetto San Basilio: il vicus romano”; 10.50, pausa caffè. ARCHEOLOGIA PUBBLICA IN POLESINE: RICERCA E DIVULGAZIONE: 11.20, Raffaele Peretto, “Monitorare il territorio: gruppi archeologici attivi nella ricerca e il ruolo del CPSSAE”; 11.40, Enrico Maragno, “Quarant’anni di ricerche e divulgazione del Gruppo Archeologico di Villadose”; 12.10, Alberta Facchi, Marco Bruni, Maria Letizia Pulcini, “I Musei nazionali e locali: Adria, Fratta Polesine, San Basilio”; 12.30, Chiara Vallini, “Il Museo dei Grandi Fiumi oggi: eredità ed evoluzione”. PRESENTE E FUTURO DELL’ARCHEOLOGIA IN POLESINE: 12.50, Giovanna Falezza, Paola Salzani, “Archeologia in Polesine: dal presente al futuro”. Conclusione lavori.
Comacchio (Fe). In sala polivalente la conferenza “Spina. Ricerche nel porto etrusco”: l’università di Bologna parla delle ultime novità emerse nella campagna di scavo 2024 appena conclusa

Cosa hanno ritrovato gli archeologi durante la campagna di scavo appena terminata? Quali nuove informazioni possiamo sapere su Spina etrusca? Per conoscere questo e molto altro, appuntamento sabato 26 ottobre 2024, alle 18, in sala polivalente San Pietro, via Agatopisto 7, a Comacchio (Fe), nell’incontro, gratuito ma su prenotazione obbligatoria (0533/311316, info@museodeltaantico.com), “Spina. Ricerche nel porto etrusco”, pensato per divulgare le ultime novità emerse sul campo. Dopo i saluti istituzionali dell’assessore alla Cultura del Comune di Comacchio, Emanuele Mari, parteciperanno: Andrea Gaucci, direttore della missione di scavo dell’università di Bologna; la funzionaria archeologa della Soprintendenza Carolina Ascari Raccagni; e Marco Bruni, direttore del museo Delta Antico nonché i membri dell’équipe di scavo Carlotta Trevisanello, Giorgia Bandini, Laura Sofia di Giorno e Léonard Gournay.

L’area archeologica del porto etrusco di Spina nelle valli di Comacchio (foto unibo)
Dal 2020 la Cattedra di Etruscologia è attiva presso il sito della città portuale di Spina con l’obiettivo di indagare l’area interessata dall’antico abitato. Scopo ultimo è comprendere l’articolazione urbana dell’insediamento ed eventualmente individuare manifestazioni pubbliche e sacre che permettano di comprenderne gli aspetti più istituzionali. Negli anni 2020-2021, grazie anche al progetto europeo VALUE, è stato possibile avviare una serie di indagini non invasive che hanno consentito la mappatura di un’area di 30 km2 attorno al sito archeologico. Ricognizioni di superficie, prospezioni geofisiche e rilievi tramite UAV (anche con sensore multispettrale), assieme a tutta la documentazione d’archivio disponibile, offrono ora un quadro aggiornato del palinsesto archeologico dell’area, che va dal periodo etrusco fino all’età contemporanea. Particolare attenzione è stata data agli aspetti ambientali e di cambiamento del paesaggio, fortemente condizionato dall’attività del fiume Po e più recentemente dalle bonifiche. Dal 2022, accanto alle indagini non invasive, si è avviato lo scavo archeologico di un settore periferico del nucleo abitativo, con l’obiettivo di comprendere l’ambiente attorno alla città etrusca, il suo cambiamento nel tempo e il rapporto fra questo e le infrastrutture urbane. La Missione rientra nel più ampio progetto EOS – Etruscans on the Sea della Cattedra di Etruscologia e antichità italiche. La missione archeologica ha il supporto del Comune di Comacchio, del Consorzio di Bonifica Pianura di Ferrara. Collaborano inoltre l’Université de Strasbourg e il CNRS (Dr. Ferréol Salomon), la British School at Rome (Dr. Stephen Kay).
Comacchio (Fe). Al museo Delta antico “L’arte degli antichi vasai”, una serata dedicata all’arte della ceramica antica col direttore Marco Bruni e il ceramista Roberto Paolini

Vi siete mai chiesti come si dipingeva un vaso greco? Quali strumenti si utilizzavano? Quali erano le procedure di asciugatura e cottura? Le risposte venerdì 4 ottobre 2024, alle 18.30, al museo Delta antico di Comacchio (Fe) con “L’arte degli antichi vasai”, una serata dedicata all’arte della ceramica antica. Un dialogo a due voci tra il direttore del Museo, Marco Bruni, e l’artista Roberto Paolini, ceramista e ceramografo di fama internazionale che, durante la serata, mostrerà dal vivo aspetti e curiosità delle diverse produzioni ceramiche ricreando per i presenti alcuni capolavori dell’antichità. Un focus particolare sarà dedicato proprio alle ceramiche greche che hanno reso famosa la nostra città etrusca di Spina. Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria: 0533.311316, info@museodeltaantico.com.
Comacchio (Fe). Al museo Delta Antico per le “Sonate al chiaro di Luna” concerto per voce, pianoforte e immagini “Tra le vie del Delta”: musica e mitologia, storia e archeologia
Le “Sonate al chiaro di luna” approdano al museo Delta Antico di Comacchio (Fe). Mercoledì 26 giugno 2024, alle 21.30, “Tra le vie del Delta”, concerto per voce, pianoforte e immagini. Accesso all’area dalle 20.30. Ingresso gratuito senza prenotazione fino ad esaurimento posti. All’interno del prestigioso edificio che ospita il Museo Delta Antico, musica e mitologia, storia e archeologia si fonderanno in un unicum di alto respiro. Il pianista Elia Filippini e il soprano Veronica Agata Tanzi, coadiuvati dal direttore del Museo Marco Bruni, accompagneranno il pubblico in un viaggio musicale attraverso la scoperta dei reperti di epoca etrusca, greca e romana custoditi nel Museo. Il concerto è organizzato dalla civica scuola di Musica di Comacchio e dal Comune di Comacchio, con il patrocinio della Regione Emilia-Romagna e IAT Comacchio e Lidi.
Comacchio (Fe). Per GEA 2024, “Ritorno alla Pieve: inaugurazione del nuovo percorso di visita all’area archeologica di Santa Maria in Padovetere”: speciali visite guidate all’area archeologica normalmente non accessibile al pubblico
In occasione delle Giornate Europee dell’Archeologia 2024 “Ritorno alla Pieve: inaugurazione del nuovo percorso di visita all’area archeologica di Santa Maria in Padovetere”: speciali visite guidate all’area archeologica di Santa Maria in Padovetere, in strada Fiume snc a Comacchio (Fe), normalmente non accessibile al pubblico. L’evento è promosso dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara e del Comune di Comacchio per inaugurare insieme il nuovo percorso di visita all’interno del sito archeologico.
Venerdì 14 giugno 2024, alle 10.30, all’area archeologica di Santa Maria in Padovetere, inaugurazione del nuovo percorso di visita e racconto delle scelte progettuali. A seguire visita guidata all’area archeologica. Programma. Saluti istituzionali: Francesca Tomba, soprintendente ABAP BO-MO-RE-FE; Pierluigi Negri, sindaco Comune di Comacchio; Aida Morelli, presidente Parco Delta del Po Emilia-Romagna. Intervengono: Mattia Bonassisa, Sara Campagnari (soprintendenza ABAP BO-MO-RE-FE); Marco Bruni, direttore museo Delta Antico di Comacchio; Roberto Vitali, presidente Village for All V4A. Visita guidata con Carolina Ascari Raccagni (soprintendenza ABAP BO-MO-RE-FE). Evento gratuito con ingresso libero. Iniziativa all’aperto, si consiglia un abbigliamento comodo e un cappello per il sole. Per info: Museo Delta Antico di Comacchio Tel. 0533 311316 https://journees-archeologie.eu/c-2024/lg-it/Italia/fiche-initiative/20672/Area-archeologica-di-Santa-Maria-in-Padovetere
Sabato 15 e domenica 16 giugno 2024, ore 10, 11, 17, 18: all’area archeologica di Santa Maria in Padovetere. Ciclo di visite guidate in occasione dell’inaugurazione del nuovo percorso di visita all’area archeologica di Santa Maria in Padovetere. Visite per un massimo 30 partecipanti per turno. Evento gratuito con prenotazione obbligatoria. Iniziativa all’aperto, si consiglia un abbigliamento comodo e un cappello per il sole. Per prenotazioni e info: Museo Delta Antico di Comacchio Tel. 0533 311316, https://journees-archeologie.eu/c-2024/lg-it/Italia/fiche-initiative/20491/Area-archeologica-di-Santa-Maria-in-Padovetere
Roma. Il museo nazionale Etrusco pubblica on line “Rasna. Una serie etrusca”, un video-racconto in 19 puntate, di e con Valentino Nizzo, per capire attraverso gli Etruschi e gli altri popoli con i quali hanno dialogato, in primis i Greci e poi i Romani, a corollario della mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo”. Ecco i primi tre episodi: la Grande Etruria, Ulisse ed Eracle, Caere/Pyrgi e Delfi

Locandina della mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia dal 10 novembre 2023 al 7 aprile 2024
Il progetto era di pubblicare la serie video contestualmente al periodo di apertura della mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma fino al 7 aprile 2024. Poi una serie di imprevisti ha prolungato l’attesa. Ma da qualche settimana è iniziata la pubblicazione on line di “Rasna. Una serie etrusca”, 19 video, lanciati con trailer sulle pagine Facebook e Instagram del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, e in forma integrale sul canale YouTube ufficiale MuseoEtruTv. I video, a cura e con Valentino Nizzo, fino a dicembre 2023 direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, sono lunghi mediamente intorno ai 10 minuti ciascuno. In occasione del Centenario della scoperta di Spina, questo video-racconto per capitoli che parte dalla celebre città portuale nel delta del Po allargando poi lo sguardo dalla pianura padana e dall’Adriatico fino al Tirreno e all’intero Mediterraneo, è un modo per capire attraverso gli Etruschi e gli altri popoli con i quali hanno dialogato, in primis i Greci e poi i Romani, anche una parte fondamentale della nostra attuale storia.

Valentino Nizzo, già direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, docente all’università L’Orientale di Napoli (foto etru)
“I video sono stati girati in un pugno di giorni (potrei dire ore) dello scorso mese di ottobre”, ricorda Nizzo, “tra Roma, Pyrgi, Ferrara e Comacchio, nel pieno dell’allestimento della mostra e quando ancora non sapevo che presto l’esperienza di Villa Giulia sarebbe finita. L’intento è stato quello di produrre una serie di contenuti didattici che andassero oltre l’effimera durata dell’esposizione”. Tutti i video sono integralmente sottotitolati in Italiano e in inglese in modo da garantirne la massima accessibilità. “Molte istituzioni e persone hanno contribuito con grande disponibilità alla realizzazione del progetto e sono ricordate alla fine di ciascun video. Mi piace menzionare la mia prima casa, il museo Archeologico nazionale di Ferrara, il museo del Delta antico di Comacchio e lo splendido Parco del Delta, il Comune di Comacchio, il Castello di Santa Severa e il museo del Mare e della Navigazione antica. Oltre al personale tutto del Museo di Villa Giulia (in particolare Anna Tanzarella che ha mantenuto le redini del progetto) e delle altre istituzioni coinvolte, devo ringraziare Tiziano Trocchi, Marco Bruni e Flavio Enei per la loro squisita ospitalità. I video sono stati prodotti dalla Michbold di MIchele Boldi e realizzati con grande competenza e sensibilità artistica da Nicola Nottoli che ha sapientemente valorizzato le riprese effettuate da Maurizio Cinti e una parte dei contenuti elaborati per la mostra. Prezioso e instancabile – conclude Nizzo – è stato il supporto di Alessandra Felletti e Flavia Amato”. E allora iniziamo a guardare “Rasna. Una serie etrusca” con i primi tre episodi.
“1. LA GRANDE ETRURIA”. L’Italia fu un tempo etrusca. Parte da qui il racconto di “Rasna. Una serie etrusca”, la narrazione pensata per incorniciare i grandi temi entro cui si muove la mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo”, ultima tappa delle celebrazioni per il Centenario della scoperta di Spina. Quanto era estesa la Grande Etruria? Quale eredità ci resta della cultura etrusca? Dalla Villa di papa Giulio III, Valentino Nizzo, curatore della mostra e già direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, inaugura la serie di 19 approfondimenti tematici che raccontano la storia pre-romana della nostra Penisola, quella in cui si è formata la nostra identità culturale e sociale.

Mappa dei territori etruschi in Italia (foto etru)
“Prima della dominazione romana, la potenza etrusca si estendeva ampiamente per terra e per mare. I nomi dei due mari, superiore e inferiore, da cui l’Italia è cinta a guisa di un’isola, offrono una testimonianza della loro potenza, perché l’uno le popolazioni italiche chiamarono mare Tosco, nome comune all’intera gente, e l’altro Adriatico dalla colonia etrusca di Adria. I Greci li chiamano pure Tirreno e Adriatico. Si stabilirono tra le terre che si estendono tra entrambi i mari, fondando dapprima dodici città nella regione, tra l’Appennino e il mar Tirreno, e poi mandando al di là dell’Appennino altrettante colonie quante erano le città di origine. Occuparono così tuta la regione al di là del Po, fino alle Alpi, eccettuato l’angolo abitato dai Veneti all’estremità del mare Adriatico. Così Tito Livio nel I sec. a.C. all’epoca di Augusto, testimonia quella che era la Grande Etruria. Quasi tutta l’Italia fu un tempo sotto il dominio degli Etruschi, ricordava Catone nelle Origini, nel II secolo a.C., e Polibio nello stesso periodo ricordava che per conoscere la potenza che un tempo ebbero gli Etruschi, bisogna guardare alle due grandi pianure che essi dominarono; la padana e la campana. Queste testimonianze ci servono a ricordare quello che l’archeologia ha dimostrato da tempo essere una realtà, cioè quanto la presenza degli Etruschi, o come li chiamavano i Greci Tirreni, sia stata pervasiva in tutta la nostra penisola, lasciando un’eredità inestimabile sia dal punto di vista materiale, come attestano gli straordinari capolavori esposti qui nel museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, sia dal punto di vista immateriale, poiché attraverso i romani molto della cultura degli Etruschi è arrivato fino ai nostri giorni. E poi c’è un altro tema immateriale importante: il fascino che gli Etruschi hanno esercitato dal Rinascimento fino all’epoca contemporanea, inducendo in più fasi della nostra storia molti artisti a ispirarsi alla loro arte.

Villa Giulia a Roma vista da drone (foto etru)
“Negli anni in cui veniva realizzata Villa Giulia, tra il 1550 e il 1555 da papa Giulio III Ciocchi del Monte, originario di Arezzo, venivano alla luce capolavori dell’arte etrusca come la Chimera e la Minerva di Arezzo e l’Arringatore di Perugia, che stupirono per la loro qualità artistica, estetica, e per la presenza di iscrizioni etrusche. Lo stesso vale per Cosimo I de’ Medici che istituì il Granducato di Etruria, nominando se stesso Magnus dux Etruriae. Probabilmente anche Giulio III era orgoglioso del passato etrusco da cui proveniva e di cui era idealmente erede, essendo aretino. Alle mie spalle, nel celebre Ninfeo di Villa Giulia, realizzato dall’Ammannati sotto la supervisione di Vasari e Michelangelo, due fontane descrivono altrettanti fiumi. A sinistra il Tevere, caratterizzato dalla lupa capitolina, indicava la sede dove il pontefice aveva assunto il soglio di San Pietro, e l’altra, l’Arno, caratterizzato da un leone, indicava la sua terra di origine in prossimità del fiume che segna quelli che sono i due confini ideali dell’Etruria propria, l’Arno e il Tevere. Etruria che però, come testimonia Livio, nel passo che ho citato, andava ben oltre. Andava fino alla pianura Padana e, come sappiamo, fino anche a quella campana, fino agli estremi limiti meridionali della Campania, ai confini con l’attuale Calabria, dove poi sarebbe stata fondata Poseidonia e ancor prima era sorta Pontecagnano nell’agro picentino. L’Italia dunque fu un tempo etrusca e la mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto del Mediterraneo” ci consente di approfondire la storia attraverso quello che è il racconto del porto più importante fondato dagli Etruschi sull’Adriatico intorno al 520 a.C.
“Spina, una città che ha vissuto tre, quattro secoli, collocandosi in una posizione strategica alla foce del Po, su quel mare Adriatico che Tito Livio riteneva avesse preso il nome di una colonia etrusca, Adria, che però i Greci come Spina ritenevano una città greca, al punto che veniva ammessa, Spina, come poche altre città quali Cerveteri, in quel santuario delfico che agli occhi dei Greci indicava il luogo dove soltanto la grecità poteva trovare ospitalità.

Locandina della mostra “Spina 100. Dal mito alla scoperta” al museo del Delta antico dal 1° giugno al 16 ottobre 2022
“Questo racconto espositivo, iniziato a Comacchio, per il centenario della scoperta di Spina nel 1922, e proseguito poi presso il museo Archeologico nazionale di Ferrara, si conclude qui al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, allargando lo sguardo dalla pianura Padana e da Spina e dall’Adriatico anche al Tirreno e all’intero Mediterraneo. Un modo per raccontare la storia dell’Italia preromana, quella nella quale le identità etniche che ancora oggi caratterizzano le nostre peculiarità regionali hanno cominciato a formarsi. Un modo quindi per capire attraverso gli Etruschi e gli altri popoli con i quali hanno dialogato, in primis i Greci e poi i Romani, un pezzo della nostra attuale storia”.
“Con l’entrata in scena dei Greci il gioco si fa serio e la storia si tinge dei colori del mito”, spiega Valentino Nizzo. “O, almeno, la storia come la intendevano i Greci che si attribuivano attraverso le imprese di Eracle e Ulisse il merito di aver civilizzato un Occidente selvaggio di nome e di fatto, come attesta il mitico fratello di Latino, Agrio il Selvaggio, nato dall’amore fugace di Ulisse con Circe. Ma questo è solo l’inizio…”.
“2. LA SCOPERTA DELL’OCCIDENTE: ULISSE ED ERACLE”. Il secondo episodio di “Rasna. Una serie etrusca” ci descrive il mondo occidentale con gli occhi dei Greci. Un mondo ancora nebuloso, barbaro, che possiamo leggere attraverso la lente di ingrandimento del racconto mitologico. Sono gli episodi delle peregrinazioni di Ulisse e quelli dei viaggi di Eracle per il compimento delle sue celebri fatiche, narrati dalle fonti e cristallizzati nelle raffigurazioni dei vasi, ad offrire lo spunto per raccontare la visione, all’epoca condivisa, del mondo occidentale.

L’itinerario di Ulisse da Troia a Itaca (foto etru)
“Circe, figlia di Helios, figlio di Hyperion, partorì in unione a Odisseo, paziente, Agrios e Latino perfetto e forte. Telegono generò grazie ad Afrodite d’oro. Essi molto lontani nel recesso delle isole sacre su tutti i Tirreni illustrissimi regnavano”. Esiodo nella Teogonia, alcuni versi finali, descrive quello che è il mondo occidentale. Siamo probabilmente prima della colonizzazione che Omero farà nell’Odissea delle peregrinazioni di Ulisse in Occidente. O almeno siamo in un momento in cui cominciano a definirsi quegli orizzonti occidentali che diventeranno celebri in letteratura grazie all’Odissea di Omero. Il mondo che descrive Esiodo, se appunto può essere riferito alla sua epoca, cioè la fine dell’VIII secolo a.C., quel brano è il primo momento dei contatti tra il mondo greco e quello occidentale. È un mondo ancora nebuloso, in cui si può dire che Latino e Agrios, il selvaggio, figli di Circe e Ulisse, regnano sui Tirreni nelle isole sacre dell’estremo Occidente. C’era quindi una fusione tra il mondo latino, quello tirrenico. Almeno questo è il modo in cui i Greci interpretavano popoli che vivevano molto lontani. Alcuni ritengono questo brano un po’ più recente e lo spostano al 600 a.C., ma questi sono dettagli di un mondo nel quale si comincia a ragionare su la discendenza, le parentele, quelle relazioni genetiche che agli occhi dei Greci erano fondamentali per intessere rapporti politici, commerciali ed economici.

Vaso per attingere l’acqua con Ulisse che acceca Polifemo, proveniente dalla necropoli della Banditaccia di Cerveteri, e conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
“Un altro aspetto che era fondamentale agli occhi dei Greci era la civilizzazione di un Occidente che era di loro grande interesse economico, ma che appariva barbaro, barbaro come un ciclope poteva apparire: un essere mostruoso da un occhio solo in quell’isola, sacra volendo, come l’Eea di Circe, che la Sicilia, dove viveva in una grotta, non aveva mai conosciuto Polifemo il piacere del vino, e Ulisse, imprigionato nella grotta, glielo farà conoscere, e questo è l’espediente che lo renderà celebre per la sua intelligenza, offrendogli del vino e inducendolo a bere, farà sì che Polifemo rimarrà ebbro, ubriaco, perché non sapeva che il vino dovesse essere bevuto, come facevano i greci, allungato con l’acqua. Il gigante, ebbro, addormentato, fa in tempo poco prima a dire a Ulisse che lo mangerà per ultimo come premio. Ma Ulisse aveva già previsto tutto: con un palo arroventato acceca il suo unico occhio, ma lo lascia vivo in modo che nei giorni seguenti, facendo uscire le pecore dalla grotta, possa dare a Ulisse e ai suoi compagni superstiti l’espediente per scappare. Aggrappati, nascosti sotto le pecore, come si vede nella pisside dalla Tomba della Pania (Chiusi). Questo vaso, quindi, rappresenta quell’idea di civiltà attraverso il vino che è un elemento che ricorre in tutti i miti dei Greci in rapporto con questo mondo occidentale da civilizzare.

Collezione Castellani: vaso con le fatiche di Ercole conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
“Ma non è solo Ulisse l’esploratore dell’Occidente, i cui figli diventano addirittura i fondatori di città importanti. Telegono si dice avesse fondato Cerveteri, e altri eroi discendenti più o meno diretti di Ulisse furono fondatori di città in Italia. Un altro eroe civilizzatore, il semidio per eccellenza, è Eracle. In alcune sue imprese aveva attraversato l’Occidente e l’aveva civilizzato. Nella più famosa, quella contro Gerione, il mostro tricorpore e tricefalo, lo aveva portato verso quelle colonne d’Eracle che segnavano il limite estremo d’Occidente: in Spagna, dove oggi è Gibilterra e non lontano Cadice. Lì viene mandato per rapire le mandrie di Gerione e sconfiggere questo essere, sì mostruoso, ma eroico quanto lui. Qui lo si vede in due vasi databili tra il 560 a.C. e il 520. C’è una generazione che li distanzia. C’è un’evoluzione stilistica. Qui Eracle combatte con l’arco, qui combatte con la tradizionale clava. In entrambi i casi si vede l’inizio del soccombere di Gerione, colpito in un occhio da una freccia qui, colpito dalla clava in quest’altro vaso. Eracle poi porterà con sé le mandrie attraverso la nostra penisola. Il primo a descrivere in modo completo questi miti è Stesicoro, un poeta di Imera, un poeta lirico di cui si conservano molti frammenti ma la cui importanza era maggiore di quanto oggi noi immaginiamo, soprattutto in un Occidente indigeno che conosceva molto bene i miti dei greci e li utilizzava anche per i propri scopi. Stesicoro descriveva la Gerioneide e descriveva evidentemente il passaggio di Eracle in Italia lungo la nostra penisola, prima tra i Liguri e poi nell’Etruria. Probabilmente già nella Gerioneide si descrive anche il passaggio di Eracle nel territorio di Cerveteri, dove avrebbe fatto scaturire delle sorgenti d’acqua, perché questa è una delle caratteristiche ricorrenti nel mito di Eracle in Occidente. Proprio dalle parti di Pyrgi, tra Pyrgi e Cerveteri. E poi a Roma, altri miti collocavano appunto l’impresa di Eracle, che portò alla fondazione del suo culto presso l’ara massima. Descritto da Virgilio nell’Eneide il suo incontro appunto con l’essere mostruoso Caco, che viveva in una grotta ai piedi dell’Aventino. Eracle, in un’altra fatica, l’undicesima rispetto alla decima di Gerione, doveva di nuovo tornare in Occidente per recuperare i pomi delle Esperidi. Il mito è controverso. Ricordiamo che un altro autore greco, Pisandro, è quello che ha codificato le dodici fatiche di Eracle facendocele conoscere come oggi sono celebri. Ma ci fu un lungo lavorio per codificarle. L’undicesima fatica infatti ha delle varianti. Una di queste dice che prima di arrivare presso le Esperidi, collocate nell’Africa settentrionale dove Atlante reggeva sul proprio capo la volta celeste, si sarebbe fermato in un luogo emblematico per l’Occidente greco: le foci del Po, dove avrebbe dovuto affrontare un essere mostruoso che, come tutte le divinità connesse all’acqua, aveva la caratteristica di modificarsi, di avere delle repentine metamorfosi. Qui in questa anforetta è raffigurato Triton, ma potrebbe trattarsi di Nereo, e quel Nereo che diciamo costituisce una tappa mostruosa lungo il percorso di civilizzazione di Eracle verso i pomi delle Esperidi. Eracle però era venerato, ammirato agli occhi soprattutto del mondo aristocratico di VI secolo, perché era il dio, l’uomo che era riuscito a diventare dio, superando le dodici fatiche e aiutando gli dei dell’Olimpo contro i giganti nello scontro avvenuto nella piana di Flegra, i Campi Flegrei. Così come venne localizzato in una seconda fase dello sviluppo del suo mito.

Hydria Ricci (530 a.C.), scoperta nella necropoli della Banditaccia a Cerveteri, e conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: dettaglio con il rito di sacrificio nei confronti di una divinità, probabilmente Dioniso (foto etru)
“E qui vediamo invece nell’Hydria Ricci, uno dei vasi più belli tra quelli prodotti da maestranze della Grecia ionica in Etruria, il premio ricevuto da Eracle: l’eterna giovinezza e l’eterna vita tra gli dei dell’Olimpo. Qui lo si vede mentre sale sul carro trionfale guidato dalla sua sposa per l’eternità. Ebe, l’incarnazione della giovinezza, lo sta letteralmente portando tra gli dei dell’Olimpo come premio per le sue fatiche, lui che in terra non aveva avuto una fine gloriosa. E in questo stesso vaso, si chiude il cerchio con quello che abbiamo visto rappresentato nel mito di Polifemo, una straordinaria scena che mostra come i Greci ritenevano dovessero essere compiuti i rituali di offerta delle carni e del vino. Vi è un Dioniso, o un sacerdote, che indica un poderoso grappolo d’uva e tutta una serie di adepti al culto che stanno preparando le carni per il sacrificio. Saper bere vino, saper sacrificare, erano agli occhi dei Greci degli elementi fondamentali di civiltà. Gli Etruschi li avevano recepiti, erano idealmente ancor più greci dei Greci nella loro vita quotidiana. E lo affermano in un vaso prodotto da greci, ma per le loro esigenze, nel quale probabilmente una delle possibili interpretazioni in questa scena di sacrificio è coinvolto anche Icario o Malleus, uno dei pirati Tirreni che avevano rapito Dioniso. Ma è anche quello che lo aveva riconosciuto nel famoso mito della trasformazione dei pirati Tirreni in delfini. E colui il quale Dioniso decide di salvare e colui al quale probabilmente Dioniso insegna tutta quella sapienza che renderà gli Etruschi meritevoli di avere thesauroi a Delfi e di dialogare alla pari con i Greci”.
“L’etnocentrismo, anzi, potremmo forse dire impropriamente attualizzando, lo “snobismo” dei Greci è un dato ben noto che non si preoccuparono mai di nascondere più di tanto”, spiega Valentino Nizzo. “Eppure, nonostante questo e l’inevitabile conflittualità che spesso caratterizzò i loro rapporti, fecero alcune rare eccezioni, proprio con gli Etruschi di Cerveteri e con quelli di Spina. Tanto straordinarie quanto significative se si riflette con attenzione sulla documentazione disponibile, seppure tormentata dallo stato lacunoso e frammentario che la caratterizza. Perché Pyrgi venne definita da Servio metropolis degli Etruschi? Quale ruolo ebbero i thesauroi etruschi a Delfi? In che modo questi temi si intrecciano col più ampio dibattito sull’origine degli Etruschi? Questo ed altro potete trovarlo nel terzo episodio”.
“3. CAERE/PYRGI. LA METROPOLIS DEGLI ETRUSCHI E DELFI”. Siamo giunti alla terza puntata di “Rasna. Una serie etrusca” ed entriamo nel vivo dei rapporti fra Greci ed Etruschi. Al centro troviamo la dibattuta questione sull’origine degli Etruschi con tesi diversificate e complesse sulle quali si è andata costruendo la tradizione di questo popolo, a metà tra narrazione del mito e trasmissione della storia condivisa. I Greci hanno certamente contribuito alla costruzione dell’immagine degli Etruschi: da barbari pirati a popolo degno di essere ammesso al santuario di Delfi. Di queste e altre storie ci racconta Valentino Nizzo direttamente dal museo Archeologico nazionale di Ferrara. Il viaggio verso la conoscenza del mondo etrusco è cominciato e ci porterà nel cuore del Mediterraneo dove le relazioni commerciali e culturali ne hanno decretato fama e grandezza.

Ipotesi di ricostruzione dell’area santuariale di Pyrgi con i templi A e B (foto sabap vt)
“Il più importante commentatore antico dell’Eneide, Servio, nello spiegare un passaggio di Virgilio “Pyrgi Veteres”, aggiunge una frase molto interessante sulla quale si è soffermata la critica. “Questa fortezza fu nobilissima al tempo in cui gli Etruschi esercitavano la pirateria. Infatti fu la loro metropoli. L’uso della parola metropoli non è mai fatto a caso nel mondo antico: indica la città madre, il punto di origine di un intero popolo. Quindi questa affermazione collega direttamente Pyrgi, il santuario portuale di Cerveteri, con le tradizioni sulle origini degli Etruschi che sappiamo sono molto diversificate. Giovanni Colonna ha spiegato l’uso del termine collegandolo a due possibili versioni di questa tradizione. La prima è quella di ascendenza erodotea che ricollegava l’origine degli Etruschi alla Lidia e alla loro emigrazione forzata in seguito a una carestia, verso Occidente. Tuttavia Erodoto li faceva approdare nel paese degli Umbri, quindi sull’Adriatico, dove sorgeva già al suo tempo la città di Spina. Alla fine del V secolo e nel corso del IV, però, questa tradizione viene spostata dall’Adriatico al Tirreno: il punto di approdo dei profughi Tirreni dalla Lidia diventa appunto la spiaggia di Cerveteri. Questa è una sorta di occidentalizzazione del mito originario, della provenienza orientale degli Etruschi, che pone l’accento su una città particolarmente rilevante, non solo a quel tempo o anche prima, ma agli occhi dei Siracusani che potrebbero aver elaborato questa versione, Pyrgi e Cerveteri risultavano senza dubbio importanti. E questa tradizione continuava dicendo che questo Tirreni, approdati nelle spiagge di Cerveteri, avrebbero poi conquistato Cerveteri, che si chiamava Agilla ed era stata precedentemente fondata dai Pelasgi. In questo modo la tradizione si collegava con la versione di Ellanico, quella delle migrazioni, questa volta dei Pelasgi: dalla Grecia, prima a Spina, poi nel centro Italia a Cortona, chiamata Croton erroneamente, e poi la loro irradiazione nell’Etruria propria.

Il santuario di Apollo a Delfi in Grecia (foto graziano tavan)
“C’è un’altra però versione del mito un po’ più complessa, che dà agli Etruschi un’origine autoctona, dice che sono originari della nostra penisola e il luogo di origine sarebbe proprio l’area di Cerveteri. Anche se forse, questa è la tesi di Colonna, sarebbero arrivati lì dalla Sardegna, ma il discorso è lungo e complesso. A noi interessa evidenziare un aspetto importante della costruzione delle tradizioni, legato all’importanza che agli occhi dei Greci gli Etruschi assumono all’indomani della battaglia di Aleria, nel mare sardo, quando compiono un atto indegno di un popolo civile, quello della lapidazione dei prigionieri focei superstiti alla sconfitta che gli Etruschi avrebbero subito di fronte ad Aleria, in Corsica. Nel luogo dove vennero lapidati, Erodoto infatti dice che più tardi tutti gli esseri che passavano per quel luogo in cui giacevano i Focei divenivano storpi monchi e invalidi. Ugualmente le greggi, gli animali da tiro e gli uomini. Gli Agilei allora mandarono a interrogare l’oracolo di Delfi volendo riparare il fallo, e la Pizia ordinò loro di far compiere quelle cerimonie che gli Agilei compiono ancora oggi. Essi infatti offrono sacrifici funebri grandiosi e celebrano in onore dei morti un agone ginnico ed equestre. Nascono quindi in seguito a questo atto indegno dei giochi, dei sacrifici, evidentemente in onore di divinità che sono probabilmente le stesse collegate a quell’Apollo che aveva espresso il suo parere. Infatti noi sappiamo che anche in un settore del santuario di Pyrgi era venerato un Apollo con funzione oracolare, anche se era un Apollo etrusco, Suri, un Apollo infero, legato anche all’idea che il sole tramonta proprio in quel mare, sul quale Pyrgi si affaccia. Il santuario di Delfi era certamente il santuario più importante della Grecia. Era il luogo dove si andava a consultare la divinità per tramite della Pizia, prima di imprese come la fondazione di una colonia. Lo sappiamo fin dalla fine dell’VIII secolo e questo faceva sì che i sacerdoti di Delfi esercitassero un’influenza molto importante, alla quale corrispondevano anche doni e decime rilevanti. Tuttavia non si andava soltanto a consultare Apollo per la fondazione di città, ma anche in seguito ad atti negativi come la lapidazione dei Focei o, la tradizione ci ricorda e lo mostra uno splendido vaso di Spina da Valle Pega, anche Oreste, dopo l’uccisione di Clitennestra, sua madre, andò a consultare l’oracolo di Delfi per conoscere il modo in cui poteva espiare quel terribile peccato.

Cratere a volute attico a figure rosse della Tomba 57C di Valle Pega, conservato nel museo Archeologico nazionale di Ferrara, attribuito al Pittore di Kleophon, 430 a.C.. Nel registro superiore: sacrificio in onore di Apollo. Nel registro inferiore: danza orgiastica di satiri e menadi forniti di tirso e fiaccole e alcune con nebrls (foto drm-er)
“Qui vediamo in un altro monumentale cratere da Valle Pega, la scena di una processione, la consacrazione di un toro offerto ad Apollo che attende, seduto idealmente all’interno del tempio, cinto da due grandi tripodi. Il tripode era l’oggetto più caratteristico del santuario di Delfi, e ai piedi di uno di questi tripodi scorgiamo una pietra rotonda che potrebbe essere il celebre omphalos, l’ombelico che “apriva” una porta verso la terra dalla quale uscivano i vapori che consentivano alla Pizia di entrare in contatto con la divinità. Questi due vasi quindi ci mostrano uno scenario fatto di rituali, fatto di dialoghi con la divinità. Ci consentono di entrare nei luoghi più sacri della grecità. E il fatto che un popolo che per una parte della loro storia i Greci considerarono barbaro, fatto di pirati senza scrupoli, sia ammesso a consultare la Pizia e per suo tramite Apollo, indica l’assoluta rilevanza che agli occhi dei Greci avevano almeno a partire dalla seconda metà del VI secolo a.C. gli Etruschi, grazie al pagamento di cospicue decime dovute anche alle ricchezze che accumulavano con il commercio e forse anche con la pirateria. Gli Etruschi, infatti, si erano potuti comprare uno spazio sacro, un thesauròs a Delfi, nel quale offrire le proprie le proprie decime alla divinità e avere una sorta di precedenza nella consultazione di Apollo. Un onore unico tra i cosiddetti barbari che ebbero città come Cerveteri, e poi anche Spina. E questo la dice lunga quindi dei rapporti tra i Greci e i Tirreni, della loro evoluzione e del significato che questi popoli e queste città dovettero avere agli occhi dei Greci, al punto da indurli a riflettere sulle loro origini e sul perché, in epoche evidentemente anche molto lontane e precoci, tutto ciò era stato possibile. E questi vasi ci offrono uno squarcio di quel mondo greco. Sono vasi prodotti ad Atene che raccontano di una Grecia che per gli Etruschi evidentemente era molto vicina, al punto da volerli con sé nelle loro tombe e ancor prima nelle loro case”.
Comacchio (Fe). La collezione del museo Delta Antico si è arricchito di 160 nuovi reperti dall’antica città etrusca di Spina, recuperati dalle Forze dell’Ordine tra il 1924 e il 1965

Al museo Delta Antico di Comacchio 160 nuovi reperti da Spina recuperati dalle Forze dell’Ordine tra il 1924 e il 1965 (foto comune di comacchio)
La collezione del museo Delta Antico di Comacchio (Fe) si è arricchito di ben 160 nuovi reperti. Si tratta di vasi, unguentari, crateri e coppe provenienti dall’antica città etrusca di Spina frutto di recuperi effettuati dalle Forze dell’Ordine dal 1924 al 1965. I reperti sono giunti al museo Delta Antico il 6 febbraio 2024 seguito della sottoscrizione di un protocollo d’intesa tra il Comune di Comacchio e la direzione regionale Musei Emilia-Romagna. Tali reperti arricchiscono la sezione etrusca della collezione museale che può vantare già una ricca esposizione di pregio. Il museo Delta Antico prosegue così il suo percorso di crescita ponendosi come punto di riferimento nel panorama culturale, archeologico e museale e registrando un continuo aumento di visitatori sia italiani che stranieri.

Foto di gruppo alla presentazione dei 160 nuovo reperti al museo Delta Antico: il primo a sinistra, Marco Bruni, direttore del museo Delta Antico; al centro, Emanuele Mari, assessore alla Cultura; e Tiziano Trocchi, direttore del museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto comune di comacchio)
“È un altro momento storico per il nostro Museo”, dichiara l’assessore alla Cultura, Emanuele Mari, “che si arricchisce di ben 160 reperti di alto valore scientifico, che segue quello del maggio 2022 quando sono giunti a Comacchio i vasi attici e i corredi delle tombe n. 579 e 19C, per complessivi 64 reperti. Questi risultati sono il frutto della proficua collaborazione tra i musei di Comacchio e Ferrara, che continuerà anche nel prossimo futuro”. E il direttore del museo Delta Antico Marco Bruni osserva: “Il Museo deve essere una realtà dinamica, in continua evoluzione. Lavoriamo per ampliare la nostra collezione e per far conoscere sempre più la storia di Comacchio e del suo territorio”.

Al museo Delta Antico di Comacchio 160 nuovi reperti da Spina recuperati dalle Forze dell’Ordine tra il 1924 e il 1965 (foto comune di comacchio)
“Siamo particolarmente soddisfatti di questo nuovo risultato”, aggiunge il direttore del museo Archeologico nazionale di Ferrara Tiziano Trocchi, “che vede ancora rafforzarsi i rapporti di collaborazione positiva e costruttiva tra museo Archeologico nazionale di Ferrara e museo Delta Antico, tra la direzione regionale Musei Emilia Romagna e il Comune di Comacchio, nel comune intento di valorizzare al meglio il patrimonio archeologico straordinario che l’antica Spina etrusca ci ha restituito, portandolo a conoscenza di un pubblico sempre più vasto”.


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