Aquileia (Ud). Al museo Archeologico nazionale presentazione del libro “Afrodite. La verità della dea” di Mariangela Galatea Vaglio in dialogo con l’epigrafista Francesca Benvegnù
Giovedì 6 marzo 2025, alle 17.15, il museo Archeologico nazionale di Aquileia ospita la scrittrice Mariangela Galatea Vaglio per la presentazione del suo ultimo libro “Afrodite. La verità della dea” (Giunti 2024) in dialogo con l’epigrafista Francesca Benvegnù. Partecipazione gratuita. Prenotazione consigliata a museoaquileiaeventi@cultura.gov.it, 0431 91016.

Copertina del libro “Afrodite: la verità della dea” di Mariangela Galatea Vaglio (Giunti)
Afrodite. La verità della dea. Pensiamo di conoscere bene Afrodite, o Venere per gli antichi Romani. Cosa può avere da dirci che non sappiamo una divinità vanitosa e frivola, dea della bellezza e dell’amore, moglie fedifraga di Efesto, amante di Ares e Hermes? Tuttavia, questa altro non è che una minima parte della verità, e Afrodite non è molto contenta di essere sempre stata sottovalutata e raccontata in modo sbagliato. Per questo motivo, ha deciso di prendere la parola e di narrare la sua versione della storia. Mariangela Galatea Vaglio rielabora con creatività e originalità i miti su Afrodite, dando finalmente voce a una dea fino a questo momento guardata in modo superficiale, e con uno stile coinvolgente e ironico racconta tutte le epoche in cui è stata venerata, i suoi appassionanti amori umani e divini, i suoi scontri con le altre divinità. Quella di Afrodite è una vicenda lunga come la storia del mondo e le sue tante vite sono tutte accomunate da una sola cosa: la volontà di essere libera, come il suo potere di antica dea e forza primordiale della natura richiede, e di combattere per l’amore.

Mariangela Galatea Vaglio (foto FB)
Originaria di Trieste, Mariangela Galatea Vaglio è laureata in Lettere classiche e dottore di Ricerca in Storia antica. Insegnante e giornalista pubblicista, ha all’attivo collaborazioni con Il Gazzettino, Il Sole 24 ore e l’Espresso. Collabora con la rivista di archeologia pubblica Archeostorie, dove cura la sezione “Archeotales”. In passato ha collaborato con Spinoza, Giornalettismo e con il portale Tech Economy. È molto conosciuta in rete per il suo blog: “Il Nuovo Mondo di Galatea”, nato nel 2006 e oggi seguito da più di 3.700.000 contatti, con una media mensile di circa 30.000 visite. Nel 2018 pubblica “Teodora. La figlia del Circo” per Sonzogno e nel 2020 “Cesare. L’uomo che ha reso grande Roma” per Giunti.; nel 2021 esce “Teodora. I demoni del potere” per le edizioni Piemme e, ancora per Giunti, nel 2022, “I lupi di Roma” e, nel 2024, “Afrodite. La verità della dea”.
Firenze. A tourismA 2023 anteprima di “Aquilea una guida” di Elena Commessatti, sostenuta da Fondazione Aquileia e PromoTurismoFVG per offrire un nuovo racconto della città

La copertina del libro “Aquileia una guida” di Elena Commessatti (editrice Odos)
L’appuntamento per l’anteprima è un po’ distante da Aquileia, ma in un posto speciale – Firenze – per un’occasione speciale – tourismA 2023. Sabato 25 marzo 2023, alle 16.30, verrà infatti presentata a Firenze nell’ambito di Tourisma – il salone dell’archeologia e del turismo culturale che si tiene al Palazzo dei Congressi di Firenze, la nuova guida sulle meraviglie di Aquileia, scritta da Elena Commessatti, edita dalla libreria turistica editrice Odòs nell’ambito della collana incentro. Aquileia una guida è realizzata con il sostegno di Fondazione Aquileia e PromoTurismoFVG, sarà distribuita nelle librerie di tutta Italia dal 29 marzo e verrà presentata al museo Archeologico nazionale di Aquileia, sabato 15 aprile 2023. Aquileia una guida è un lungo racconto dentro un format identico per tutta la collana, con quattro sezioni principali – ‘Ritratto di città’, ‘Visioni d’autore’, ‘Passeggiate lente’, ‘Il meglio di’ – in cui fanno irruzione le Top 5 in stile Nick Hornby di High Fidelity, cioè i ‘Luoghi del cuore’ di artisti, giornalisti, scrittori che hanno vissuto la città o la vivono, per nascita o per adozione. Hanno offerto la propria classifica dei luoghi del cuore di Aquileia: l’illustratore Francesco Tullio Altan, inventore della Pimpa e la moglie Mara Chaves; Sonia Bergamasco e Cesare Bocci gli attori protagonisti del film La scelta di Maria dedicato al milite ignoto; Luigi (Gigi) Delneri storico calciatore e allenatore; Emilio Rigatti, insegnante e scrittore; Sara Zamparo, Anna Sairu, Raffaella Grasselli, Antonella Comelli e Francesca Benvegnù, guide turistiche poliglotte profonde conoscitrici di Aquileia.

Panorama con papaveri e basilica (foto N. Oleotto)
A firmare le oltre duecentocinquanta pagine dedicate ad Aquileia è Elena Commessatti, scrittrice e giornalista letteraria, si occupa di biografie dimenticate, come quella dell’inventore Arturo Malignani, e di luoghi invisibili che fa vivere in radio (Rai) come sceneggiatrice e conduttrice. Dopo un master in Tecniche della Narrazione alla Scuola Holden, ha vissuto alcuni anni tra redazioni e uffici stampa a Milano. Ha una predilezione per la serialità: la saga noir I libri di Agata Est, dedicata alla vicenda del “Mostro di Udine”, e il format di passeggiate slow Udine “genius loci”. Per Odòs è direttrice editoriale della collana incentro, di cui ha inventato il format, e autrice. Qualche anno dopo Udine una guida, è ora tornata per raccontare Aquileia. Collabora alle pagine culturali del “Messaggero Veneto” dal 1995. Dal 2007 è la voce narrante dell’azienda di furniture design Moroso.

L’infilata delle sale del museo Archeologico nazionale di Aquileia (foto A. Chemollo)
Oltre alle ‘Passeggiate lente’, le guide incentro si caratterizzano per un’accurata ricerca delle fonti, come si legge nelle sezioni ‘incentro alla storia’ e ‘Visioni d’autore’, dove si prendono in considerazione i tanti personaggi che hanno vissuto e raccontato la città. Fedele alla struttura del manuale di viaggio classico, la guida incentro porta con sé lo sguardo preparato e laterale dell’autore che accompagna il turista in tanti rivoli e suggestioni, scoperte e camminate, racconti tra letteratura, musica, teatro, cinema che fanno del libro uno strumento di servizio con un’originale visione d’autore. Le guide incentro hanno formato tascabile, veste grafica accattivante, 16 pagine di fotografie e mappa allegata (42×30 cm) dove sono riportati alberghi e ristoranti/caffè/bar e alberghi in cui fermarsi (segnalati con un puntino colorato) e ogni Passeggiata lenta riporta un close-up sulla parte della piantina da consultare.

Le colonne del foro di Aquileia a veduta d’uccello (foto G. Baronchelli)
“Tanto nel racconto di Aquileia, riconosciuta patrimonio Unesco dal 1998, che vuol dire dell’Umanità, è responsabilità per chi scrive”, così si legge nella prefazione di Elena Commessatti, l’autrice insider de Aquileia una guida, “Perché Aquileia è un mito, e vive in più periodi risorgendo dalle sue rovine come una fenice in una girandola di palingenesi, ma mito rimane, e allora bisogna saperlo spiegare al lettore, senza inganni. Perché Aquileia è una città per la maggior parte invisibile, e allora bisogna volerla raccontare, perché chi ci cammina sopra usi gli occhi della fantasia e si fidi di te. Perché Aquileia vive, certo, ma vive ancora sottoterra e tanto c’è ancora da fare. E allora bisogna saperla evocare, suggerendo i colori giusti, dentro una lunga storia che comincia ancora prima della sua fondazione del 181 a.C., arriva fino a ora e continuerà anche dopo di noi. Le guide incentro propongono un viaggio, assieme agli autori, ricco di aneddoti, leggende, fascinazioni personali che creano percorsi inconsueti e attenti anche al “sentimento” dei luoghi, sempre alla ricerca del genius loci. Sono guide slow per un turista non lento ma esigente che si prende il tempo giusto davanti alle cose belle”.

Ciclovia Alpe Adria tra Grado e Aquileia (foto N. Brollo)
“Abbiamo voluto offrire al visitatore e ai cittadini di Aquileia un nuovo racconto della città”, sottolinea Roberto Corciulo, presidente della Fondazione Aquileia, “uno sguardo accurato e inedito sul suo patrimonio storico e artistico ma anche sulle eccellenze enogastronomiche e sulla bellezza del paesaggio. È stato un lavoro di squadra che ha coinvolto per molti mesi la Fondazione Aquileia e PromoTurismoFVG, con la collaborazione del Comune di Aquileia, del museo Archeologico nazionale, della Basilica di Aquileia e di molti aquileiesi che hanno accolto e accompagnato la scrittrice alla scoperta del territorio”.

Vendemmia di un vigneto storico nell’area archeologica delle Grandi Terme e del Teatro romano di Aquileia (foto N. Oleotto)
“Aquileia negli ultimi anni è cambiata”, dichiara il sindaco di Aquileia, Emanuele Zorino. “La sua grande eredità culturale è sempre più valorizzata e molteplici sono le novità per chi si accinge a scoprirla. Aquileia, luogo dell’anima, andava raccontata quindi con parole nuove ma soprattutto emozionali nell’ottica di riuscire a rendere il compendio del nostro patrimonio unitamente alle tante esperienze che si possono vivere sul nostro territorio. Per questo di concerto con tutti gli enti abbiamo deciso di promuovere la realizzazione di questa guida che è il contenitore della bellezza, della natura, e dei saperi e dei sapori che ad Aquileia un visitatore può scoprire”.
Archeologia in lutto. È morta a 65 anni per un improvviso malore Alessandra Toniolo, impegnata in attività di scavo, schedatura dei materiali, allestimento musei e mostre: rigorosa dalla catalogazione alla sperimentazione come nel recupero della cucina degli antichi

Era il 1997. Alessandra mi invitò, come giornalista del Gazzettino, a Chioggia per vedere in anteprima la sua “creatura”: il museo civico della Laguna Sud “San Francesco fuori le Mura”. Quello era proprio il suo ambiente di lavoro, tra archeologia subacquea e della laguna e il recupero della cucina nel mondo antico. Alessandra Toniolo, archeologa, specializzata in Archeologia Classica all’università di Pisa, dal 1980 era impegnata con la Soprintendenza Archeologica del Veneto in attività di scavo, di schedatura dei materiali, di allestimento musei e mostre o al Progetto Archeologia Subacquea delia Laguna e del Mare di Venezia. Da lì cominciò una frequentazione e un’amicizia che andò avanti per molti anni. Alessandra Toniolo è morta, a 65 anni, il 23 dicembre 2021 per un improvviso malore a Padova, dove risiedeva. Vedova del giornalista Maurizio Refini (già caporedattore centrale de Il Gazzettino, esperto di motori, scomparso anche lui per un improvviso malore nel 2007 a soli 66 anni), lascia il figlio Giacomo, 31 anni, il fratello Antonio e le sorelle Marina e Alberta. È stata proprio quest’ultima, docente universitaria a Barcellona, ad annunciarlo attraverso un post pubblicato nel gruppo Facebook di Pieve di Soligo, città del Piave dove Alessandra era nata: “Con immenso dolore comunico agli amici e conoscenti di Pieve che stamattina ci ha lasciato mia sorella Alessandra – scrive -. Sandra (come veniva chiamata, ndr) è cresciuta e ha trascorso la sua prima gioventù a Pieve, prima di trasferirsi in modo definitivo a Padova, ove ha lavorato e vissuto fino ad ora. Sicuramente molte persone si ricordano di lei, della sua energia vitale e del suo sorriso”. Proprio il suo sorriso era contagioso. “Alessandra Toniolo lascia questa terra che ora le sia lieve”, la ricorda su Facebook l’archeologa Francesca Benvegnù dell’associazione culturale Studio D archeologia didattica museologia. “Rimane nella nostra storia e ancor di più in quella degli studi. Dalla catalogazione alla sperimentazione con il suo consueto rigore anche in cucina. Grazie per averci dato tanto”. Alessandra Toniolo aveva curato una serie di importanti pubblicazioni riguardanti in particolare le ricerche di reperti e ritrovamenti in territorio veneto. Ricordiamo, tra gli altri, “Le anfore di Altino” (1991), edito dalla Società Archeologica Veneta di Padova, che ora ricorda la divulgatrice scomparsa con profonda stima, amicizia e gratitudine.
A tu per tu con gli artisti delle tombe della Valle dei Re e delle Regine nel villaggio di Deir el-Medina. Nella mostra a Jesolo “Egitto. Dei, faraoni, uomini” l’eccezionale ricostruzione della tomba di Pashed, caposquadra degli artigiani all’epoca di Ramses II

Il logo della mostra “Egitto. Dei, faraoni, uomini” che Jesolo ospita dal 26 dicembre 2017 al 15 settembre 2018: prorogata al 30 settembre 2018
Il nostro viaggio alla scoperta dell’Antico Egitto sta per concludersi. Abbiamo attraversato il Mediterraneo incrociando le navi di quei popoli che trafficavano con la terra dei faraoni. Abbiamo solcato il Nilo ammirando le grandi città che erano sorte lungo le sue sponde. Abbiamo fatto la conoscenza con i signori di queste terre, i faraoni, e con le divinità che sovrintendevano a questo mondo. Infine, con gli imbalsamatori, ci siamo inoltrati nel mondo dell’aldilà, il regno di Osiride. È tempo di conoscere chi ha permesso agli antichi egizi di raggiungere nel modo migliore l’Oltretomba, con la realizzazione di tombe che nella maggioranza dei casi sono anche dei capolavori artistici: stiamo parlando degli artigiani specializzati in grado di esaudire i desiderata dei loro committenti. Siamo nella sesta sala della mostra “Egitto. Dei, faraoni, uomini” aperta non più fino al 15 ma fino al 30 settembre 2018, nello Spazio Aquileia di Jesolo: un viaggio nello spazio e nel tempo che ti porta a tu per tu con la grande civiltà del Nilo.
Le tombe dei sovrani del Nuovo Regno furono costruite da manodopera specializzata che risiedeva nel villaggio circondato da mura di Deir el-Medina, sulla riva occidentale del Nilo, di fronte alla città di Luxor, in una piccola valle del deserto roccioso. L’attuale nome arabo significa “il monastero della città”, retaggio dell’occupazione copta che trasformò il tempio della dea Hator in un luogo sacro al cristianesimo. Ma il villaggio, come suggerito dai dati archeologici, risale al tempo del faraone Thutmosi I (1504 – 1492 a.C.), e si sviluppò notevolmente 150 anni più tardi con Horemheb (1323 – 1245 a.C.), quando aumentò vistosamente il numero degli artigiani richiesti dalle nuove tecniche decorative applicate alle tombe reali. Il sito fu poi abbandonato sotto il regno di Ramses XI (1099 – 1069 a.C.), ma non venne meno il suo valore sacro, come dimostrano i riusi di tombe e l’occupazione copta.
Il villaggio di Deir el-Medina in età ramesside era fiancheggiato ad Ovest, sul crinale roccioso, dalla necropoli principale, e a Est, sul pendio della collina di Gurnat Murrai, da un altro cimitero, probabilmente secondario. Qui vissero gli artigiani impiegati nella costruzione delle tombe reali nelle vicine valli dei Re e delle Regine. Il villaggio era chiamato dai suoi abitanti in diversi modi: pa-demi (“il villaggio”), set-maat (“il luogo della Verità”), o ancora pa-kher (“la necropoli”), espressioni che indicavano le necropoli reali, includendo il villaggio come unità amministrativa.

Un dettaglio delle pareti affrescate della tomba di Pashed ricostruita a Jesolo (foto Graziano Tavan)
“Gli artigiani chiamati a realizzare le monumentali sepolture della XVIII, XIX e XX dinastia, facevano parte della cosiddetta Squadra della Tomba”, spiega l’egittologa Elisa Fiore Marochetti. “La squadra era divisa in due equipaggi, chiamati di destra e di sinistra, secondo delle modalità mutuate dalla nautica. Ogni equipaggio era comandato da un capo, designato dal visir o dal re stesso su sua proposta. Il caposquadra rappresentava la squadra dinanzi alle autorità, doveva sorvegliare il lavoro degli operai ed era incaricato di distribuire loro le razioni di cibo, che costituivano la paga. Si occupava dell’attrezzatura e dei materiali necessari ai lavori. Presiedeva inoltre le questioni legali nella corte, dirimeva le dispute. Conosciamo il nome di almeno 31 capisquadra dalla XIX alla XXI dinastia, cioè in un arco di tempo di 270 anni. Tra questi capisquadra a noi noti c’è Pashed, il cui nome significa il Salvatore, il quale visse nel XIII secolo a.C. Pashed – continua Marochetti – fu caposquadra dell’equipaggio di sinistra durante la prima parte del regno di Ramses II (XIX dinastia). La carica di caposquadra in realtà l’assunse in età avanzata, dopo essere stato Servitore della sede della Verità dell’Ovest, un lungo titolo per dire che aveva iniziato come artigiano a Deir el-Medina; e prima ancora, Servitore nel recinto di Amon nella città meridionale, cioè Tebe”.
Pashed possedeva una tomba al limite del villaggio (quella che oggi conosciamo come la Tomba 3), e una seconda cappella (la numero 326). La tomba affrescata di Pashed fu individuata nel 1834 da un gruppo di soldati di leva dell’esercito egiziano: quindi ben settant’anni prima che il grande egittologo italiano Ernesto Schiaparelli portasse alla luce – era il 1905 – il villaggio di Deir el-Medina. La ricostruzione di quella tomba, che l’artista scozzese Robert Hay visitò subito dopo la scoperta nel 1834 e ne riportò su tavole di disegno le ricche pareti affrescate, è ora possibile vederla nella mostra di Jesolo.

L’archeologa Francesca Benvegnù dentro la tomba di Pashed, ricostruita a Jesolo (foto Graziano Tavan)
“La ricostruzione della tomba di Pashed, presentata da Cultour Active”, spiega l’archeologa Francesca Benvegnù, “è un vero e proprio capolavoro, progettato e realizzato dalle mani sapienti di Gianni Moro, artigiano di Motta di Livenza (Tv) che ha lavorato accanto a egittologi del Cairo e del museo Egizio di Torino. Essa riproduce fedelmente, con una struttura di 5 metri per 2,50 metri, la camera sepolcrale, il relativo corridoio di accesso e i minuziosi dipinti nelle pareti, rinvenuti nella necropoli di Deir el-Medina. Dal corredo funerario rinvenuto nella sua sepoltura si conservano un papiro-libro dei morti oggi al British Museum di Londra, una stele al museo del Cairo e un rilievo al museo Egizio di Firenze“.

La volta della tomba di Pashed con le formule in geroglifico del LIbro dei Morti (foto Graziano Tavan)
Nella mostra di Jesolo una gigantografia riproduce l’ambiente e l’ingresso della tomba di Pashed a Deir el-Medina, cosicché il visitatore ha l’impressione/emozione di trovarsi proprio nel villaggio degli artisti dei faraoni e di varcare la soglia che porta alla tomba. A questo punto – come fanno notare gli archeologi che curano le visite guidate – bisogna immaginare di scendere una ripida scala (che ovviamente non poteva essere riprodotta nel contenitore jesolano) la quale porta all’appartamento sotterraneo. “Dopo un’anticamera non decorata”, chiarisce Benvegnù, “si accede alla camera sepolcrale con le pareti in mattoni crudi rivestiti di stucco e dipinti a tempera”. È questa piccola meraviglia che abbiamo la possibilità di ammirare a Jesolo. La tomba è famosa non solo per i suoi colori vivaci e brillanti, ma anche per il contenuto spirituale e religioso delle formule del Libro dei Morti, illustrate nella volta della tomba, dove “si allude alla unione di Osiride e Ra – spiega Marochetti – secondo una concezione religiosa funeraria che si afferma tra la fine della XVIII e l’inizio della XIX dinastia”.

Pashed rappresentato nella sua tomba inginocchiato sotto una palma dum beve l’acqua del Nilo (foto Graziano Tavan)
La tomba è decorata con magnifiche pitture parietali che raffigurano il viaggio dell’artigiano verso l’Aldilà e Osiride, ma anche scene domestiche dove il defunto è rappresentato con sua moglie, i figli, i nipoti, suoceri e perfino gli amici più cari. “Nella tomba sono ben rappresentati i genitori di Pashed, Menna e Huy”, fa notare Benvegnù. “Con loro c’è un altro artigiano, Nefersekheru, forse amico di Menna. Sulla parete Nord possiamo vedere la figlia di Pashed. È ritratta nuda, ha la treccia tipica delle bambine. È raffigurata ai piedi del padre in atto di adorazione. Il titolare della tomba lo troviamo inginocchiato sotto una palma dum, mentre beve l’acqua del Nilo: un gesto simbolico, come fa capire il capitolo 62 del Libro dei Morti, contenuto nel testo in geroglifico che vediamo alle sue spalle, dove è spiegata la formula per bere l’acqua nell’Aldilà”.
(6 – continua; precedenti post 12 e 17 aprile, 23 maggio, 22 giugno, 5 luglio 2018)
Week end con Pashedu. A Padova da aprile a giugno, visite guidate a tema alla mostra “Padova alla scoperta dell’Antico Egitto” con la ricostruzione della tomba di Pashedu, uno degli artigiani-artisti sotto Ramses II
“Week end con Pashedu”. Sono quelli proposti da Cultour Active per rendere più ricca e interessante la visita alla mostra “Padova alla scoperta dell’antico Egitto” con la ricostruzione a grandezza naturale della celebre tomba egizia di Pashedu, artigiano e artista sotto il faraone Ramses II (XIX dinastia, XIII secolo a.C.), mostra aperta a Palazzo Zuckermann fino al 19 giugno (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/03/24/padova-alla-scoperta-dellantico-egitto-a-palazzo-zuckermann-ricostruita-la-tomba-affrescata-di-pashedu-scoperta-nel-villaggio-operaio-di-deir-el-medina-uno-degli-artisti-che-sotto-ramses-i/).
La ricostruzione a Padova della tomba di Pashedu è un vero e proprio capolavoro, progettato e realizzato dalle mani sapienti di Gianni Moro, artigiano di Motta di Livenza che ha lavorato accanto a egittologi del Cairo e del Museo Egizio di Torino. Essa riproduce fedelmente, con una struttura di 5 metri per 2,50 metri, la camera sepolcrale, il relativo corridoio di accesso e i minuziosi dipinti nelle pareti, rinvenuti nella necropoli di Deir el-Medina. A Padova, nella collezione del museo Archeologico, si conserva invece un ushabti (statuina, letteralmente “intervistato”, che a chiamata doveva lavorare per il defunto nell’aldilà nei campi di Osiride) che proviene da Deir El Medina, il villaggio in cui visse e fu sepolto Pashedu, e che trova corrispondenza in un analogo ushabti ora conservato al museo Egizio di Torino. La ricostruzione della tomba di Pashedu restituisce uno spaccato sulla cultura dell’antico Egitto, che si integra con quanto esposto nelle sale dei musei civici di piazza Eremitani: il museo Archeologico ospita infatti una collezione significativa, costituita da circa 180 reperti, tra cui spiccano proprio quelli legati alla figura dell’illustre egittologo padovano Giovanni Battista Belzoni.
In concomitanza con la mostra vengono dunque proposte alcune visite guidate tematiche per ogni fine settimana di aprile, maggio e giugno. Sabato 16 aprile, sabato 7 maggio, sabato 28 maggio viene proposta la visita “I colori dell’arte nell’antico Egitto”. Domenica 17 aprile, domenica 8 maggio, domenica 29 maggio ci si soffermerà su “I simboli del potere. dei, faraoni, scribi…”. Sabato 23 aprile, sabato 21 maggio, domenica 12 giugno sarà la volta de “Il mondo dell’oltretomba nell’antico Egitto”. Domenica 24 aprile, domenica 22 maggio, domenica 5 giugno scopriremo i segreti de “L’arte della mummificazione”. Sabato 14 maggio, sabato 4 giugno faremo la conoscenza di “Deir el Medina. il villaggio degli operai dei faraoni”, dove si trova la tomba di Pashedu. Infine lunedì 25 aprile , domenica 15 maggio, sabato 11 giugno il focus sarà sulla figura di un grande padovano “Giovanni Battista Belzoni, la vita straordinaria del primo egittologo”. Tutte le visite avranno inizio alle 16.30 a Palazzo Zuckermann e comprenderanno sempre anche la visita alle sale egizie del vicino museo Archeologico in piazza Eremitani. Costi: 5 euro per visita guidata con esperto archeologo, più biglietto ingresso 5 euro / ridotto 1 euro. Info e prenotazioni: Francesca Benvegnù, segreteria@cultouractive.com oppure cell. 3929048069.












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