Per la Festa dei musei 2018 giornata-evento al museo Archeologico nazionale di Altino: si presenta l’esposizione temporanea su Altino tardo antica e altomedievale, anteprima della futura nuova sezione del museo, accompagnata dalla colazione medievale alla scoperta dei sapori dei secoli bui
Quanto lontano e quanto vicino è il Medioevo nei nostri piatti? La domanda viene spontanea studiando i ricettari dei cuochi medievali. Ma prima ancora di avere la risposta, l’osservazione che fa Antimo, medico bizantino, nel De observatione ciborum (511 d.C.), fondamentale trattato di dietetica (“A noi, invece, che ci nutriamo con cibi vari, con numerose ghiottonerie e bevande diverse, conviene controllarci, in modo che l’eccesso non ci faccia male, e che diminuendo le quantità, restiamo in salute”), non sembra che siano passati 15 secoli! Comunque, per scoprire quanto lontano e quanto vicino è il Medioevo in cucina l’appuntamento è al museo Archeologico nazionale di Altino domenica 20 maggio 2018, quando, in occasione della Festa dei musei e nell’ambito dell’Anno europeo del patrimonio, per la prima volta sarà illustrato al pubblico un nutrito nucleo di testimonianze archeologiche di Altino nell’età tardoantica e alto medioevale: oggetti di prestigio e di uso quotidiano, nonché le tracce materiali della cristianità, risalenti ai secoli dal IV al VII d.C. “Grazie alla collaborazione della prof.ssa Elisa Possenti”, spiega Francesca Ballestrin, archeologa del museo di Altino, “è stato possibile esporre temporaneamente un nucleo di reperti archeologici molto significativi per la storia di Altino nei secoli compresi tra il IV e il VII d.C., una sorta di anteprima di quanto in futuro sarà compreso nella sezione tardoantica e altomedievale del Museo”. Si comincia alle 11, con la colazione medievale proposta dall’associazione Companatiche (costo 13 euro; è richiesta la prenotazione a companatiche@gmail.com), cui seguirà alle 12 la conversazione su Altino medievale con Elisa Possenti, docente di Archeologia Cristiana e Medievale all’università di Trento.
Scopriamo sapori e saperi della colazione medievale con le protagoniste, Francesca Lamon e Marta Sperandio, responsabili di Companatiche. “Il Medioevo non concepisce il fatto che si possano portare le vivande in successione una dopo l’altra come oggi avviene”, spiegano. “Così sulla tavola troviamo i vassoi dai quali ogni convitato prenderà la propria porzione e affida al galateo di ognuno la capacità di comportarsi con… giusta equità. Dietro questo tipo di servizio c’è una idea forte: ognuno deve decidere che cosa vuole mangiare, ognuno deve seguire il proprio desiderio. È un po’ il sistema moderno del buffet perché ognuno ha una propria “complessione”, come dicevano i medici medievali, e così il piatto viene composto autonomamente e ciascuno sceglie il vino a seconda dell’estro momentaneo, magari allungandolo con acqua o scaldandolo o raffreddandolo”. Ma tutti devono stare al proprio posto e non tutti ricevono le stesse pietanze. “C’è una gerarchia anche a tavola”, continuano: “chi sta nei posti con poca visibilità e di scarso prestigio riceve un cibo più modesto rispetto a chi siede alla prima mensa, vicino al padrone di casa”. In coda di taula arrivano “piccoli pesci e altre quisquilie, mentre alla prima mensa se ne servivano di magnifici”.
Il pane rappresenta l’alimento basilare della dieta medievale. Così si assaggia la focaccia di farine di grano tenero locali che, nel Medioevo, la si usava al posto dei piatti: il “piatto” di pane ci ricorda molto la pizza. Con la focaccia un profumato prosciutto cotto in crosta, che conserva i succhi e i profumi di erbe e spezie. Maestro Martino (sec. XV) nel suo “De arte coquinaria” così ci racconta la ricetta del prosciutto cotto: “Pianta il coltello in mezzo del presutto, et ponilo al naso; se ‘l coltello ha bono odore il presutto è bono, et così per lo contrario. Et se tu lo voi cocere et che duri più tempo cotto, togli di bon vino biancho, overo aceto, et altrettanta acqua, ma meglio serrebe senza acqua; et nel dicto vino fa’ bollire il presutto tanto che sia mezo cotto. Et dapoi levalo dal focho, et lassa el presutto nel brodo che sia fredo. Et dapoi caccialo fore, et in questo modo serà bono et durarà un bono tempo”. Nel menù medievale non mancano le verdure o meglio “le erbe”, che devono mantenere il colore desiderato sia alle erbe, come prezzemolo e basilico, sia alle foglie: biete, spinaci… Companatiche faranno assaggiare la salsa di senape con le spezie. Carne e pesce sono sempre accompagnati con una salsa appropriata. Le salse sono importanti per dare sapore e aiutare a digerire. “Oggi”, intervengono Francesca e Marta, “ci limitiamo a preparane solo poche come le salse verdi per i bolliti. Nel Medioevo erano invece tantissime, spesso a base di frutta (prugne secche, uva passa, more, ciliege), agro-dolci, sempre legate da mandorle pestate o da mollica di pane e ovviamente, speziate”.
I medici medievali consigliano di mangiare la frutta fresca e la verdura cruda all’inizio del pranzo perché l’acidità della frutta “apre lo stomaco” e, non essendo cotta, si ha tutto il tempo per digerirla. Dopo le mele, la colazione medievale chiude con le palline dolci. “I dolci medievali europei sono soprattutto biscotti secchi, panpepati, frutta cotta e frittelle ma le varie conquiste, le Crociate e soprattutto gli scambi commerciali tra Oriente e Occidente, contribuiscono alla diffusione della cultura dello zucchero, molto utilizzato nella cultura alimentare del mondo islamico”. Le palline dolci fritte e addolcite con miele, zucchero e confettini ancor oggi si trovano a Napoli come “struffoli” e in Centro Italia come “cicerchiata” perché simili a piccoli ceci. Questa la ricetta araba del 1226: “Per questo piatto si fa una pasta consistente, quando è lievitata se ne prendono pezzi grandi come nocciole e si friggono nell’olio di sesamo. Poi si immergono nello sciroppo e si cospargono con zucchero finemente macinato”.
Altino tardoantica e altomedievale. “Le notizie storiche su Altino tardoantica ritraggono la città come un centro caratterizzato da sistemi di difesa monumentali, popoloso e dotato di numerosi edifici religiosi, tra cui la chiesa episcopale”, spiega Francesca Ballestrin. “La sua importanza è tra l’altro sottolineata dalle fonti scritte che annoverano passaggi ripetuti in città dell’imperatore e della sua corte, almeno fino alla presa e distruzione di Altino da parte di Attila nel 452 d.C. Fonti leggermente più tarde, però, fanno presupporre che almeno fino alla fine del sesto secolo d.C. il centro mantenesse il proprio sistema difensivo e che l’episcopato altinate fosse ancora attivo, fino al trasferimento a Torcello, collocato tradizionalmente entro la metà del VII secolo d.C., ma probabilmente concluso solo agli inizi dell’XI. La presa longobarda della città, invece, dovrebbe risalire ai primi anni di regno del re Rotari, nel 635 o nel 639 d.C.”.
Rispetto alle fonti scritte i dati archeologici su Altino tardoantica e altomedievale sono numericamente molto scarsi e non sono ancora stati localizzati né gli edifici di culto cristiani né la sede del potere pubblico. Le ricerche sul campo finora sono state limitate solo a porzioni di alcune aree urbane e lo sfruttamento agricolo dell’area nei secoli ha probabilmente in parte comportato l’asporto degli strati più superficiali dei depositi archeologici, comprensivi dei livelli tardoantichi e altomedievali. “Dai dati archeologici in nostro possesso”, continua Ballestrin, “si ricava nel complesso l’immagine di una città caratterizzata da un aspetto urbanistico di un certo livello e decoro e da un ruolo istituzionale e militare di rilievo. L’abbandono della necropoli alto imperiale coincise con la realizzazione di nuovi sepolcreti organizzati in piccoli gruppi nelle vicinanze del perimetro urbano. Tra la fine dell’età antica e l’inizio del medioevo Altino probabilmente si caratterizzava come un centro cosmopolita, in contatto con le aree più lontane del Mediterraneo orientale e che mantenne un ruolo di rilievo all’interno della compagine statale bizantina almeno fino a quando si trovò nell’area di cerniera tra i territori longobardi e le rotte che dal Mediterraneo orientale risalivano le coste dell’Adriatico. Tra VIII e XI secolo, infine, Altino fu oggetto di un’intensa attività di spoglio, che disperse quasi totalmente i suoi resti monumentali”.
Che cosa vedremo in questa esposizione temporanea su Altino tardoantica e altomedievale? Gli oggetti presentati sono organizzati in cinque sezioni. Nella prima, “Struttura e militarizzazione della società”, una Testa fittile di membro della famiglia imperiale di età costantiniana (300-360 circa) , alcune fibule in bronzo a testa di cipolla (databili tra la fine del III e gli inizi del V secolo d.C.), guarnizioni di cintura (IV-V secolo d.C.). La seconda sezione illustra la “Cristianizzazione”, testimoniata da simboli della religione, come il chrismon, monogramma di Cristo formato dalle lettere greche Chi (X=CH) e Rho (p=R), su una placca traforata in bronzo (IV-VI sec) o su due lucerne fittili V-VI secolo, o come l’anellino in bronzo con castone decorato da una croce. La terza sezione si sofferma su “Assetto urbanistico ed economico”: troviamo piatti e scodelle in terra sigillata o lucerne di produzione africana. E ancora anfore per il trasporto di salse, vino o conserve di olive di produzione nord-africana. Con la quarta sezione scopriamo “Le necropoli”: la tomba 162 (inizi-prima metà del IV secolo d.C.) dalla necropoli a nord-est dell’Annia, ad esempio, presenta una sepoltura a inumazione con corredo costituito da una coppa in ceramica, una lucerna in ceramica, un balsamario di vetro e un follis (moneta di bronzo coniata per la prima volta in seguito alla riforma di Diocleziano del 294 d.C. inizialmente del peso di 10 gr, ridotto a circa 1,5 gr poco prima del 348 d.C.) del 307 d.C. Mentre la tomba 741 (fine del IV secolo d.C.) è una sepoltura a incinerazione con corredo costituito da un’olletta in ceramica grezza e da un’olletta in ceramica comune, un piccolo rocchetto in bronzo e una moneta del 383-388. più ricca la tomba 8 (IV-inizi V secolo d.C.) dalla necropoli lungo il Sioncello: sepoltura a inumazione con corredo costituito da due orecchini in bronzo (non esposti), una fibula in bronzo, una collana con vaghi in pasta vitrea e ambra, un’olletta in ceramica depurata, un asse spezzato della seconda metà del II sec. a.C. L’esposizione temporanea chiude con la quinta sezione “Gli ultimi secoli” dove spiccano un pettine in osso e ferro a doppia fila di denti (V-VII secolo d.C.); un anello bizantino dell’VIII-X secolo con iscrizione in greco chaire techousa (gioisci di aver partorito); e un medaglione aureo dogale del IX-X secolo d.C.
Festa dei Musei 2018 dedicata ai “Musei iperconnessi: nuovi approcci, nuovi pubblici”. Al Muciv di Roma Eur visite guidate nelle tre sedi. Venerdì “Per terra e per mare” lo staff racconta sei oggetti straordinari per ripercorrere i viaggi e gli spostamenti dell’uomo fra epoche e continenti diversi
In occasione della terza edizione della Festa dei Musei 2018 dedicata al tema “Musei iperconnessi: nuovi approcci, nuovi pubblici” e della Notte europea dei Musei 2018 il Museo delle Civiltà di Roma Eur nel week end 19-20 maggio 2018 propone una serie di visite guidate alle collezioni nelle sue diverse sedi dell’Eur. Museo preistorico etnografico “Luigi Pigorini”: ore 19.30, visita guidata alle collezioni africane a cura di Gaia Delpino; 20.30, visita guidata all’esposizione sullo scavo neolitico del villaggio subacqueo de “La Marmotta”, a cura di Mario Mineo; 21, visita guidata alle collezioni del museo d’arte orientale “G.Tucci, a cura di Gabriella Manna. Museo delle arti e tradizioni popolari “Lamberto Loria”: ore 19, visita guidata alle collezioni del museo, a cura di Francesco Aquilanti; 20, visita guidata agli apparati decorativi del Palazzo delle Tradizioni popolari e del palazzo delle Scienze, a cura di Anna Sicurezza; 21, visita guidata alle collezioni del museo, a cura di Marisa Iori. Museo dell’alto medioevo “Alessandra Vaccaro”: ore 21, visita guidata alle collezioni del museo, a cura di Ilenia Bove.

Cartolina con il carro da vino della campagna romana: un esemplare è al museo delle Arti e delle tradizioni popolari a Roma Eur
Lo staff del MuCiv racconta … “Per terra e per mare”: sei oggetti straordinari per ripercorrere i viaggi e gli spostamenti dell’uomo fra epoche e continenti diversi. Visita guidata tematica, venerdì 18 maggio 2018, alle 16.30. Biglietto ridotto: 5 euro. “Carro da vino della campagna romana”: è il primo dei sei oggetti straordinari, si trova al museo delle Arti e tradizioni popolari “Lamberto Loria”, piano terra, dove si illustrano i sistemi di trasporto. “All’arba quanno spunta er sole d’oro … me sento n’armonia qui drento ar petto e tutt’allegro monto sur caretto” così cantava il carrettiere che giungeva a Roma con il suo carico di botti di vino. Accompagnato da un fedele cagnolino, riparato dalla cappotta aveva viaggiato tutta la notte per rifornire le osterie della città con il vino dei Castelli. Con “Camminando … camminando … l’Uomo è arrivato in [quasi] tutto il mondo. Le orme di Laetoli e altre storie” si passa al secondo piano del museo Preistorico etnografico “Luigi Pigorini”. Dalla sua prima comparsa in Africa, Homo sapiens, raggiunge in “poco” tempo gli altri continenti. Vi giunge camminando, su due piedi, un modo altamente efficiente, e certamente ecosostenibile, per la percorrenza di lunghe distanze. L’andatura bipede ha una storia molto più antica della nostra specie, anzi possiamo dire che è un carattere che condividiamo con tutti i nostri antenati. Le orme di Laetoli (esposte al Pigorini) sono una importante e “parlante” testimonianza di questa modalità di locomozione. Furono trovate in Tanzania e risalgono a circa 3.7 milioni di anni fa. Vengono attribuite ad un gruppo di Australopitechi (Australopithecus afarensis, la specie di cui fa parte anche Lucy) che si muovevano insieme affondando i piedi su un terreno ricoperto di cenere bagnata che si è poi solidificata, “catturando” in modo indelebile il loro passaggio.

Una delle cinque piroghe monossili, rinvenute nel sito neolitico sommerso in località “La Marmotta” presso Anguillara Sabazia nelle acque del lago di Bracciano
Sempre al secondo piano del museo Preistorico etnografico “Luigi Pigorini”, la terza tappa: “Le piroghe della Marmotta. Spostarsi sull’acqua, migrare, colonizzare”. Una delle principali vie di locomozione per spostarsi, migrare, viaggiare nell’antichità, è stata l’acqua dei fiumi, dei laghi e dei mari. La testimonianza archeologica più antica, a nostra disposizione, di questi spostamenti è il ritrovamento di cinque piroghe monossili, rinvenute nel sito neolitico sommerso in località “La Marmotta” presso Anguillara Sabazia nelle acque del lago di Bracciano. La copia 1:1 della prima di queste piroghe, la “Marmotta1”, ha dimostrato di potere affrontare la navigazione più impegnativa, quella per mare. Partendo da Milazzo in Sicilia è stata in grado di navigare anche su ampi tratti di mare aperto alla media oraria di 4 km ora, arrivando, infine, con un tratto di navigazione in Oceano Atlantico, a Lisbona in Portogallo dopo ben 800 km di navigazione nel mediterraneo. La quarta tappa ci porta nella sala Oceania al primo piano del “Pigorini” dove c’è “Sopakarina. Una canoa dell’Oceania”. Osservando le stelle, il Sole, la Luna, le correnti marine, gli uccelli e i venti, i popoli del Pacifico colonizzarono l’Oceania con le proprie imbarcazioni. In questo percorso parleremo della canoa Sopakarina esposta nel nostro museo e usata durante la celebrazione del rito Kula per spostarsi di isola in isola nell’arcipelago Kiriwina unendo in un rapporto di scambi cerimoniali le comunità locali. Passando nella sala America, sempre al primo piano del “Pigorini”, troviamo per la quinta tappa il “Cesto da trasporto nel bacino dell’Orinoco e dell’Amazzonia”. Per trasportare tutti i prodotti ricavati nella foresta tropicale le donne yanomami confezionano particolari ceste che poi portano sulle spalle assicurandone la cinghia sulla fronte. Il cesto è un prolungamento del loro corpo e del loro sé, e come tale, riceve lo stesso motivo pittorico che ne decora la pelle.
L’ultima tappa ci porta al museo dell’Alto medioevo “Alessandra Vaccaro”, sala Castel Trosino, dove possiamo ammirare “Due staffe longobarde”. Da quando l’uomo ha iniziato ad addomesticare i cavalli – circa dal VI millennio a.C. – questo animale è rimasto presente in molti ambiti della vita umana. Nel corso del tempo l’uomo ha ideato equipaggiamenti per cavalcare via via sempre più sofisticati allo scopo di rendere l’uso del cavallo sicuro, confortevole e perfettamente rispondente ai diversi scopi cui l’animale fu destinato: di lavoro, bellici, agricoli, ricreativi, sportivi. Tra le invenzioni che hanno segnato una svolta epocale tanto nell’impiego del cavallo quanto nella locomozione umana rientra senza dubbio quella delle staffe metalliche, destinate all’appoggio del piede.
Alla scoperta di Adria etrusca: pubblicate tutte le tutte le testimonianze scrittorie in lingua etrusca della città di Adria e dei siti del suo territorio. Nella Festa dei Musei si presenta il volume del Corpus Inscriptionum Etruscarum su “Atria et Ager Atrianus” a cura di Andrea Gaucci

Il IV volume del Corpus Inscriptionum Etruscarum dedicato ad Adria e al suo territorio, a cura di Andrea Gaucci
Adria etrusca svela i suoi segreti. Pubblicate finalmente tutte le testimonianze scrittorie in lingua etrusca della città di Adria e dei siti del suo territorio, dagli ultimi decenni del VI sec. a.C. fino al II sec. a.C. quando la città passò gradatamente nella sfera culturale di Roma. Un lavoro, durato anni, che ha letteralmente passato al setaccio il materiale esposto e tutto quello contenuto nei ricchissimi depositi del museo Archeologico nazionale di Adria. L’opera, che viene presentata sabato 19 maggio 2018 fa parte di un più vasto lavoro di raccolta di tutta la documentazione epigrafica dell’Etruria padana coordinato dal prof. Giuseppe Sassatelli inserito all’interno del progetto editoriale del Corpus Inscriptionum Etruscarum, il cui primo volume fu edito nel 1893-1902. L’importante appuntamento, dunque, sabato 19 maggio al museo Archeologico nazionale di Adria che così parteciperà alle iniziative previste nell’ambito della Festa dei musei 2018 e della Notte dei musei 2018, in occasione dell’ Anno Europeo del Patrimonio.
Adria Etrusca: finalmente la spiegazione e la pubblicazione delle iscrizioni sui vasi etruschi del museo che ci rivelano il nome degli antichi abitanti di Adria, l’origine delle loro famiglie, gli Dei da loro onorati, le pratiche di scambio e di commercio con il mondo greco, veneto, celtico e, poi, romano. I testi graffiti sui vasi rinvenuti nell’abitato e nelle sepolture dell’antica città di Adria ci danno una fervida e concreta testimonianza del passato di uno dei più importanti porti dell’Adriatico dalle sue più antiche vicende del VI secolo fino alla completa romanizzazione della comunità nel II-I sec. a.C. Il programma. Dalle 16.30 alle 18.30, Archeonautica, attività di scavo stratigrafico in cassone per bambini e famiglie. Evento per bambini e ragazzi dai 7 ai 12 anni e le loro famiglie, a cura di Street Archaeology. Info costi e prenotazioni: 349 1703284, oppure presso il museo: 0426 21612. Alle 17, presentazione del Corpus di Iscrizioni Etrusche di Adria (CIE Atria et Ager Atrianus, di Andrea Gaucci, Università di Bologna). Evento speciale di Archeologia a due voci a cura delle professoresse Anna Marinetti e Giovanna Gambacurta (università di Venezia Ca’ Foscari). Introduce Giuseppe Sassatelli. Ingresso gratuito all’evento. Seguirà una visita guidata a cura del prof. Gaucci. Dalle 19.30 alle 22.30, apertura straordinaria serale e guida ai depositi del museo, a cura della direzione. Ingresso al costo simbolico di 1 euro.
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