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Castelseprio (Va). Al parco archeologico, nell’area della chiesa di San Giovanni, il team dell’università di Padova ha scoperto un edificio di epoca gota e una sepoltura dell’età del Ferro, e i resti di un edificio del V-VI secolo con silos e tracce di attività artigianali. Visite guidate il 2 novembre

Campagna 2025 dell’università di Padova: veduta zenitale dell’area della chiesa di San Giovanni del parco archeologico di Castelseprio (Va) (foto drm-lom)

Campagna 2025: le indagini archeologiche dell’università di Padova nell’area della chiesa di San Giovanni nel parco archeologico di Castelseprio (Va) riportano alla luce i resti di un edificio di epoca gota e una sepoltura dell’età del Ferro. Trovata anche una stele funeraria romana dedicata a un soldato dell’età imperiale. Continuano a sorprendere le ricerche archeologiche al parco archeologico di Castelseprio, antica città fortificata distrutta nel 1287 durante una guerra con Milano. Nelle scorse settimane sono infatti emersi nuovi ritrovamenti che vanno ad aggiungersi a quelli annunciati la scorsa estate, di grande importanza per datare le origini dell’insediamento.

Alexandra Chavarria Arnau, professopressa di Archeologia medievale (foto unipd)

Le scoperte sono state effettuate dall’équipe dell’università di Padova, diretta dalla professoressa Alexandra Chavarria Arnau e composta da docenti e studenti, da alcuni anni concentrati sul principale edificio di culto dell’antico abitato, la basilica di San Giovanni. Tra i più sorprendenti rinvenimenti troviamo un’iscrizione funeraria romana, riusata per coprire una sepoltura medievale e dedicata a un soldato vissuto in epoca imperiale. Nel Parco erano già stati trovati altri reperti analoghi della stessa epoca. Questa ulteriore scoperta aiuterà gli studiosi a comprendere le ragioni della loro presenza a Castelseprio e nelle zone limitrofe, tema sul quale esiste da diverso tempo un complesso dibattito. Durante gli scavi, l’équipe di Padova ha sempre permesso ai visitatori del Parco di seguire in diretta il lavoro degli archeologi. Nelle prossime settimane, la direzione del parco organizzerà visite guidate e incontri per illustrare le nuove scoperte, a partire dall’iscrizione del soldato romano, già esposta presso l’Antiquarium. La prima data sarà domenica 2 novembre 2025, durante le consuete passeggiate con l’archeologo insieme al direttore del Parco (partecipazione gratuita, prenotazione consigliata: parcoarcheologico.castelseprio@cultura.gov.it).

Il team dell’università di Padova, diretto dalla professoressa Alexandra Chavarria Arnau, impegnato nella campagna 2025 a Castelseprio (Va) (foto drm-lom)

Gli archeologi hanno inoltre portato alla luce i resti di un edificio del V-VI secolo con silos e tracce di attività artigianali, più antichi della costruzione della chiesa, datata ad epoca longobarda, e utili per capire la vita quotidiana delle persone che abitavano queste terre agli inizi del Medioevo. Inaspettata è stata anche la scoperta di una sepoltura dell’età del Ferro: una grande fossa contenente un’urna, frammenti di ceramica e pezzi di metallo fuso, risalente al VI secolo a.C., che conferma quanto antichi siano gli insediamenti in quest’area. Questi ritrovamenti permetteranno di comprendere meglio le fasi più antiche della vita del sito, dove memorie protostoriche, romane e altomedievali si intrecciano in un racconto unico e suggestivo. “Il lavoro di ricerca che stiamo promuovendo nelle aree archeologiche statali della Lombardia sta dando importanti risultati”, afferma il direttore regionale Rosario Maria Anzalone. “Oltre alle ville romane sul Lago di Garda e ai siti della Valle Camonica, un luogo che sta restituendo novità ed evidenze di estremo interesse scientifico è proprio il parco archeologico di Castelseprio. I miei più sentiti complimenti al team di lavoro, nella convinzione che la ricerca sia un pilastro della valorizzazione culturale e – pertanto – con l’auspicio di proseguire su questa strada”.

Campagna 2025 dell’università di Padova: lo scavo nell’area della chiesa di San Giovanni del parco archeologico di Castelseprio (Va) (foto drm-lom)

Il direttore del parco archeologico, Luca Polidoro, sottolinea l’importanza di proseguire gli studi, che continuano a offrire nuove informazioni: “Queste scoperte rappresentano una grande soddisfazione, non solo per il loro valore scientifico, ma anche perché, insieme agli altri ritrovamenti della scorsa estate, confermano la bontà della strategia adottata dalla direzione regionale Musei nazionali Lombardia: investire nella ricerca scientifica e promuovere progetti di scavo, sia condotti dai nostri funzionari sia in concessione ministeriale con le università italiane”. “Castelseprio è una fonte di scoperte straordinaria e ci rende orgogliosi del nostro territorio”, dichiara il sindaco Silvano Martelozzo. “Invito tutti i nostri cittadini a partecipare alle prossime visite guidate con il personale del ministero della Cultura per farsi raccontare tutti i dettagli sulle nuove scoperte”.

Salò (Bs). Al Palazzo della Magnifica Patria il convegno “Le Ville Romane del Lago di Garda” e sabato visite alla Villa Romana di Desenzano del Garda e alle Grotte di Catullo di Sirmione

Venerdì 17 ottobre 2025, al Palazzo della Magnifica Patria di Salò (Bs), il convegno “Le Ville Romane del Lago di Garda”, organizzato dalla direzione regionale Musei nazionali Lombardia con il coordinamento scientifico di Barbara Bianchi e la preziosa collaborazione di Gian Pietro Brogiolo e Flora Berizzi, in collaborazione con il Comune di Salò, gli Atenei di Brescia e Salò e l’associazione Storico-Archeologica della Riviera del Garda. L’incontro si aprirà con i saluti istituzionali alle 9.30. Il giorno seguente sabato 18 ottobre 2025 sarà dedicato alle visite alla Villa Romana di Desenzano del Garda (mattina) e alle Grotte di Catullo di Sirmione (pomeriggio). PER ISCRIVERSI AL CONVEGNO E ALLA VISITA GUIDATA. Il territorio del Garda, caratterizzato dal bacino lacustre e dalle colline moreniche disposte nell’immediato entroterra, conserva numerose testimonianze di edifici residenziali romani costruiti in un arco di tempo compreso tra la fine del I secolo a.C. e i primi decenni del I secolo d.C. e successivamente modificati nel tempo. Le ville situate sulle sponde del lago rivestono un interesse particolare nell’ambito dell’architettura residenziale di età romana per la varietà delle soluzioni architettoniche adottate, per il ricco apparato decorativo, per il lungo excursus cronologico e perché è possibile l’identificazione di alcuni dei loro proprietari. I complessi abitativi dell’entroterra, dotati in taluni casi di estesi impianti produttivi, non solo contribuiscono a completare il quadro insediativo ma concorrono a tratteggiare la complessità delle dinamiche di un territorio dotato di una rete di collegamenti a lungo raggio e particolarmente felice, oltre che per la bellezza del paesaggio, per le opportunità produttive.

17 ottobre 2025, programma del convegno a Salò, Palazzo della Magnifica Patria. Alle 9.30, saluti istituzionali: Sergio Onger (presidente ateneo di Brescia), Andrea Crescini (presidente ateneo di Salò); Carlo Zani (ateneo di Brescia); Rosario Maria Anzalone (direzione regionale Musei nazionali Lombardia); 10, apertura dei lavori. Interventi: Rosario Maria Anzalone (direzione regionale Musei nazionali Lombardia): “Le grandi ville romane del Lago di Garda: strategie di ricerca e obiettivi di valorizzazione”; Elisabetta Roffia (già Ispettore centrale MiC): “In attesa dell’edizione delle Grotte di Catullo. Novità e riconsiderazioni sull’edificio. Problemi aperti e spunti di ricerca sulle ville lacustri gardesane”; Furio Sacchi (università Cattolica del Sacro Cuore di Milano), Barbara Bianchi (direzione regionale Musei nazionali della Lombardia), Sara Lenzi (università Cattolica del Sacro Cuore di Milano) e Luca Polidoro (direzione regionale Musei nazionali della Lombardia): “Tra realtà e finzione: l’ostentazione del marmo e delle pietre colorate in alcune ville romane del Garda”; Guglielmo Strapazzon (Indagini geofisiche): “Oltre lo scavo: indagini geofisiche alla Villa romana di Desenzano del Garda e alle Grotte di Catullo a Sirmione”; Serena Solano (soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le provincie di Bergamo e Brescia): “Nuove ville romane del Garda bresciano: il difficile equilibrio tra conservazione, valorizzazione e sviluppo del territorio”; 13, pausa pranzo; 15, Cristina Bassi (Umst soprintendenza per i Beni e le Attività culturali – Provincia Autonoma di Trento): “I modi del vivere nell’Alto Garda trentino tra utilitas et voluptas”; Vincenzo Tinè (soprintendente SABAP per la città metropolitana di Genova e la provincia di La Spezia), Patrizia Basso (università di Verona), Gianni De Zuccato (già soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza): “La villa di Negrar di Valpolicella fra ricerca e valorizzazione”; Simone Don (museo civico Archeologico della Valtenesi): “Società e ville del Garda alla luce dell’epigrafia”; Gian Pietro Brogiolo (università di Padova, già professore ordinario di Archeologia Medievale): “Dopo la fine delle ville gardesane”; 17.30, tavola rotonda finale aperta non solo ai relatori, ma anche ad altri studiosi partecipanti al convegno: Alexandra Chavarria Arnau (università degli Studi di Padova), Giovanna Falezza (soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza), Raphael Hidalgo Prieto (Universidad Pablo de Olavide Sevilla), Carla Sfameni (CNR – Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale), Fabrizio Slavazzi (università di Milano).

18 ottobre 2025, Visita guidata. Alle 9.30, ritrovo alla Villa Romana di Desenzano del Garda (Bs). Nel corso della mattinata visita alla villa romana di Desenzano del Garda e trasferimento in battello alle Grotte di Catullo per una visita pomeridiana (ore 15). Pausa pranzo libera dalle 13.30 alle 15 circa.

Milano. A Palazzo Litta al via via i talk di “Fuochi”, tre appuntamenti dedicati ai musei. Apre Giovanni Carrada su “Raccontare il museo”. Ecco il programma

Giovedì 2 ottobre 2025, alle 18, a Palazzo Litta a Milano. Al via i talk di “Fuochi”, tre appuntamenti dedicati ai musei, pensati per approfondire temi culturali in maniera leggera e coinvolgente. I tre incontri sono in programma il 2, 16 e 30 ottobre 2025, sempre di giovedì quindi, sempre alle 18, nella Sala Azzurra al primo piano di Palazzo Litta in corso Magenta 24 a Milano. Un viaggio alla scoperta del patrimonio culturale della regione custodito nei musei della Direzione regionale Musei nazionali Lombardia, dei capolavori d’arte e del loro significato. Prima di ciascun appuntamento, alle 17, è possibile partecipare ad una visita accompagnata nelle sale del piano nobile di Palazzo Litta. Il punto ritrovo è nel cortile, presso la portineria.

Giovedì 2 ottobre 2025, alle 18: “PERCHÈ NON PARLI?”. Raccontare il museo con Giovanni Carrada. Autore televisivo, Giovanni Carrada ha lavorato con un grande maestro della divulgazione scientifica come Piero Angela ed è autore di libri e progetti culturali. Si parlerà di come progettare allestimenti efficaci dal punto di vista del pubblico, analizzando il senso profondo del museo, oggi “risorsa per l’anima”.

Giovedì 16 ottobre 2025, alle 18: “DALLA TAVOLA ALLA STORIA”. Cultura e alimentazione con Maddalena Fossati. Nella Giornata Mondiale dell’Alimentazione, incontreremo Maddalena Fossati, direttrice della storica rivista La Cucina Italiana. In dialogo con l’agronomo Nicola Castoldi, si discuterà di tradizioni alimentari e di produzioni di eccellenza nei luoghi della cultura. Emblematici i casi di Certosa di Pavia, con il podere di riso e granturco, e delle Grotte di Catullo a Sirmione, con l’oliveto storico.

Giovedì 30 ottobre 2025, alle 18: “COSE NOSTRE”. Beni culturali e criminalità con Alberto Nobili. L’ultimo talk vede protagonista Alberto Nobili, ex-magistrato già sostituto procuratore presso la Procura di Milano. Sarà l’occasione per discutere su come le mafie si servono dei beni culturali e le strategie in atto per contrastare le pratiche illecite. Tra il 2022 e oggi sono state eseguite centinaia di “verifiche dell’interesse culturale” su opere d’arte confiscate.

Cividate Camuno (Bs). Al film “I misteri della grotta Cosquer” di Marie Thiry il “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm”: è stato il più votato dal pubblico della prima edizione del Civitas Camunnorum Archeofilm”, il festival internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente

La consegna del “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” al film “I misteri della grotta Cosquer” di Marie Thiry il “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm”: è stato il più votato dal pubblico della prima edizione del Civitas Camunnorum Archeofilm” (foto firenze archeofilm)

La prima edizione del Civitas Camunnorum Archeofilm, il festival internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente, organizzato nel parco archeologico del Teatro e Anfiteatro, da soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, Archeologia Viva – Giunti Editore, Firenze Archeofilm, Comune di Cividate Camuno, Assocamuna Imprenditori, si è chiuso con la consegna del premio “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” assegnato al film “I misteri della grotta Cosquer” di Marie Thiry, che è stato quello più votato dal pubblico. Erano sette i film in concorso al Civitas Camunnorum Archeofilm, che ha visto la collaborazione e il patrocinio di Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Comunità Montana di Valle Camonica, direzione regionale Musei nazionali Lombardia, museo Archeologico nazionale della Valle Camonica, Comune di Breno, Comune di Capo di Ponte, Limes Farm.

Frame del film “La Grotte Cosquer, un chef d’oeuvre en sursis / La grotta Cosquer, un capolavoro in pericolo” di Marie Thiry

Il film “I misteri della grotta Cosquer / The Mysteries of Cosquer Cave” di Marie Thiry (Francia, 56’). A più di 35 metri sotto il mare, nel Parco Nazionale dei Calanchi, si nasconde l’ingresso di uno dei più grandi capolavori dell’arte rupestre: la grotta Cosquer. Poco nota, in quanto accessibile solo ai subacquei, questa incredibile grotta custodisce dipinti di 27.000 anni. Oggi è però minacciata dall’innalzamento delle acque. Il film ripercorre l’incredibile storia di una delle grotte dipinte più importanti d’Europa.

Cividate Camuno (Bs). Al via al parco archeologico del Teatro e dell’Anfiteatro la prima edizione del “Civitas Camunnorum Archeofilm”, il festival internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente: 7 film in concorso per il “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” e 3 conversazioni con gli archeologi

Al via a Cividate Camuno (Bs) la prima edizione del “Civitas Camunnorum Archeofilm”, il festival internazionale del Cinema di Archeologia Arte Ambiente, organizzato dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia, Archeologia Viva, Firenze Archeofilm, Comune di Cividate Camuno, Assocamuna imprenditori, con la collaborazione e il patrocinio di Regione Lombardia, Provincia di Brescia, Comunità Montana di Valle Camonica, direzione regionale Musei nazionali Lombardia, museo Archeologico nazionale della Valle Camonica, Comune di Breno, Comune di Capo di Ponte, Limes Farm. Appuntamento dal 21 al 23 agosto 2025, alle 20.45, nel parco archeologico del Teatro e dell’Anfiteatro di Cividate Camuno. Ingresso libero e gratuito. In caso di maltempo il festival si svolgerà al Cinema Teatro Giardino a Breno. In programma sette film che concorrono per il “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” assegnato al film più votato dal pubblico. E tre conversazioni con archeologi condotte da Piero Pruneti direttore di “Archeologia Viva”..

Il film “Tutankhamon, i segreti del faraone: un re guerriero” di Stephen Mizelas

PROGRAMMA GIOVEDÌ 21 AGOSTO 2025. Alle 20:45, apertura di “Civitas Camunnorum Archeofilm 2025” con un concerto di colonne sonore da classici cinematografici eseguito dalla Camunian Young Orchestra. Segue il film “Tutankhamon, i segreti del faraone: un re guerriero / Toutankhamon, les secrets du pharaon: un roi guerrier” di Stephen Mizelas (Regno Unito, 50’). Tutankhamon è uno degli ultimi faraoni della XVIII dinastia. Il suo favoloso tesoro, scoperto intatto quasi un secolo fa, ne ha fatto il faraone più famoso e più studiato della storia. Il corredo della sua tomba è una fonte inestimabile di informazioni sull’antico Egitto, ma anche su questo giovane re, il cui regno è ancora un mistero per gli archeologi. Chi era veramente? Un fragile re-bambino o un signore della guerra? Morì di malattia o venne ucciso in battaglia? Tre oggetti con cui il faraone riposa aiutano gli archeologi a rivelare il suo vero volto… Quindi la conversazione con Serena Solano soprintendenza ABAP BG BS e direttore parchi archeologici Valle Camonica romana. Chiude il film “L’uomo di Val Rosna” di Stefano Zampini (Italia, 19’). Un viaggio nelle ultime giornate dell’Uomo di Val Rosna, cacciatore paleolitico vissuto 14.000 anni fa. Il cortometraggio ne racconta la vita quotidiana, tra caccia, rituali di gruppo e momenti unici: il più antico intervento dentistico conosciuto, la trapanazione di una carie su un dente del giudizio. In un crepuscolo di luce e silenzio, il suo viaggio termina con una sepoltura onorata da una pietra dipinta, simbolo di rispetto e memoria ancestrale.

Frame del film “La Grotte Cosquer, un chef d’oeuvre en sursis / La grotta Cosquer, un capolavoro in pericolo” di Marie Thiry

PROGRAMMA VENERDÌ 22 AGOSTO 2025. Dalle 16 alle 20, apertura straordinaria con visite guidate a cura del Museo. Alle 20.45, apre il film “I misteri della grotta Cosquer / The Mysteries of Cosquer Cave” di Marie Thiry (Francia, 56’). A più di 35 metri sotto il mare, nel Parco Nazionale dei Calanchi, si nasconde l’ingresso di uno dei più grandi capolavori dell’arte rupestre: la grotta Cosquer. Poco nota, in quanto accessibile solo ai subacquei, questa incredibile grotta custodisce dipinti di 27.000 anni. Oggi è però minacciata dall’innalzamento delle acque. Il film ripercorre l’incredibile storia di una delle grotte dipinte più importanti d’Europa. Segue la conversazione con ArcheoMilla, archeologa e divulgatrice (@archeomilla). Quindi il film “The time they spent here” di Edward Owles (Regno Unito, 10’). Qual è la magia dell’arte rupestre? Due archeologi di lunga data con sede a Tanum, in Svezia, cercano di capire quale sia il metodo migliore per registrare e catalogare le incisioni rupestri svedesi risalenti all’età del Bronzo. Sotto esame anche le differenze tra documentazione digitale e analogica… Chiude il film “Pompei 3D, una storia sepolta” di Maria Chiffi (Italia, 26’). L’obiettivo del film-documentario è quello di ricreare in 3D, luoghi, ambienti e situazioni esattamente come erano in origine, allo scopo di condurre i visitatori/spettatori in una sorta di “viaggio nel tempo” e poter rivivere virtualmente uno dei siti archeologici più importanti della storia.

Frame del film “Al tempo dei dinosauri / Au temps des dinosaures” di Pascal Cuissot

PROGRAMMA SABATO 23 AGOSTO 2025. Alle 10, visita guidata a Cividate romana e medievale a cura di Guide Turistiche della Valle Camonica; alle 16, visita guidata al parco archeologico del Santuario di Minerva a Breno a cura del direttore Serena Solano. Alle 20.45, apre il film “Al tempo dei dinosauri / Au temps des dinosaures” di Pascal Cuissot (Francia, 52’). Negli ultimi vent’anni, la scoperta di nuove specie di dinosauri e mostri marini ha cambiato il panorama paleontologico. In un viaggio attraverso il pianeta, il pubblico imparerà a conoscere comportamenti e caratteristiche precedentemente inaspettati. Questa prova esclusiva è combinata con realistiche immagini 3D in un documentario ambizioso e spettacolare. Una visione elettrizzante ben lontana tuttavia dal mondo di Jurassic Park! Segue la conversazione con Emanuele Mariotti, archeologo direttore dello scavo di San Casciano dei Bagni (università per Stranieri di Siena e Comune San Casciano dei Bagni). Quindi il film “Come un fulmine nell’acqua. I bronzi di San Casciano dei Bagni” di Eugenio Farioli Vecchioli, Brigida Gullo (Italia, 56’). Il racconto degli scavi del santuario etrusco-romano di San Casciano dei Bagni (Si), premiati come la scoperta archeologica dell’anno. Dal 2020 al 2022, la vasca sacra, cuore del santuario, ha restituito oltre 200 manufatti in bronzo e più di 5000 monete, ma soprattutto ci ha consegnato il racconto fedele di un passato solo apparentemente lontano dal nostro presente, che ci parla ancora di salute e fede. Chiude la serata e il festival la cerimonia di premiazione con l’attribuzione del “Premio Civitas Camunnorum Archeofilm” al film più votato dal pubblico.

Desenzano del Garda (Bs). Alla Villa Romana e Antiquarium la musica incontra la storia con “Echi antichi tra le mura della villa romana”

luisa prandina all’arpa (foto drm-lombardia)

Susanna Bertuccioli all’arpa (foto drm-lombardia)

Andrea Oliva al flauto (foto drm-lombardia)

“Echi antichi tra le mura della villa romana”: mercoledì 16 luglio 2025, alle 21, alla Villa Romana e Antiquarium di Desenzano del Garda (Bs) un’esperienza unica dove la musica incontra la storia. Tra mosaici millenari e atmosfere senza tempo, ci si lascia incantare dal suono magico di Luisa Prandina & Susanna Bertuccioli, arpe, e di Andrea Oliva, flauto. Un viaggio sonoro che riecheggia l’anima dell’antica Roma, nel cuore di una delle località più affascinanti del Lago di Garda; un momento fuori dal tempo perfetto anche per chi ama arte, bellezza e luoghi instagrammabili. Ingresso gratuito. Un’occasione imperdibile per turisti, visitatori e amanti della cultura. Info e prenotazioni: drm-lom.villadesenzano@cultura.gov.it, 030.9143547.

Archeologia in lutto. Si è spenta l’archeologa medievista Paola Marina De Marchi, già funzionaria della soprintendenza Archeologica della Lombardia e appassionata direttrice del parco archeologico di Castelseprio

L’archeologa medievista Paola Marina De Marchi (foto sami)

Archeologia in lutto. Prima di Pasqua si è spenta Paola Marina De Marchi, già funzionaria della soprintendenza Archeologica della Lombardia e appassionata direttrice del parco archeologico di Castelseprio. Tutto lo staff del Parco e della direzione regionale Musei nazionali Lombardia la ricorda con affetto: “Brillante, arguta, studiosa attenta e sempre pronta a intraprendere nuove sfide, grazie a lei il nostro Parco ha conosciuto una straordinaria crescita”. Si unisce al cordoglio il personale della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Como Lecco Monza-Brianza Pavia Sondrio Varese: “Marina ha indissolubilmente legato il suo nome alla tutela e alla valorizzazione di Castelseprio, che anche grazie al suo contributo è stato dichiarato sito UNESCO, e di altri importanti siti quali Lomello e Arsago Seprio e alla valorizzazione della Via Carolingia. Allieva di Otto von Hessen, ha dedicato molti suoi studi al periodo longobardo con una attenzione meticolosa alla cultura materiale, dalla produzione all’uso dei manufatti, e alla contestualizzazione storica dei dati archeologici. La sua immensa competenza, la sua viva curiosità, il suo spiccato umorismo e la sua grande umanità hanno arricchito chi ha avuto la fortuna di lavorare con lei”. Anche la SAMI ricorda con affetto Marina De Marchi: “Il suo lavoro ha contribuito significativamente alla comprensione dell’Italia alto-medievale, grazie a ricerche sui diversi siti archeologici (fra i quali Castelseprio, Varese) e sulle necropoli di epoca longobarda. Marina De Marchi, inoltre, ha anche sempre supportato i giovani studiosi, condividendo il suo immenso sapere e lasciando, quindi, un’impronta importante nel campo dell’archeologia medievale”.

L’archeologa medievista Paola Marina De Marchi a Castelseprio (foto sabap-co-lc-mb-pv-so-va)

Marina De Marchi, medievista, ha studiato e pubblicato in particolare manufatti longobardi ed altomedievali e i loro contesti anche a scala territoriale e organizzazione sociale, collaborando quindi con numerosi musei lombardi e università (Milano, Brescia, Bergamo, Varese, Arsago Seprio, Padova), affiancandosi inoltre a numerosi scavi riguardanti contesti cimiteriali (Leno, Pava, Monselice, Montichiari), castellani (Monte Barro, Castelseprio), di edifici di culto (Noli, Castelseprio, Torba). Ha partecipato alla organizzazione di mostre dedicate ai Longobardi, tra queste I Longobardi in Lombardia (1978), Il futuro dei Longobardi (Brescia, 2001), Bizantini, Croati e Carolingi. Alba e tramonto di regni e imperi (Brescia, 2002). Ha partecipato a numerosi seminari e convegni. Da sola o in collaborazione con altri studiosi ha curato, tra le altre, le pubblicazioni: Castelseprio e Torba. Storia delle ricerche e aggiornamenti (Mantova, SAP 2013), con M. Palazzo, La Basiica di Santa Maria Maggiore di Lomello: l’architettura e il ciclo decorativo in stucco (Firenze, Edifir, MiBACT, 2014), Più recentemente con G.P. Brogiolo, I Longobardi a nord di Milano. Centri di potere tra Adda e Ticino, IV Incontro per l’Archeologia barbarica 4, Cairate (Varese), (Mantova Sap 2020). È stata conservatore al civico museo Archeologico di Milano, ha diretto i Musei di Varese, ed infine ha diretto e gestito l’area archeologica di Castelseprio, portandola al riconoscimento di sito Patrimonio dell’Umanità-UNESCO.

Capo di Ponte (Bs). Al MUPRE – museo nazionale della Preistoria della Valle Camonica la mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: esposti per la prima volta i reperti che, insieme alle incisioni rupestri, raccontano le vicende di Dos dell’Arca dal Neolitico fino alla romanizzazione. Il punto sulle indagini archeologiche in corso

capo-di-ponte_mupre_mostra-4000-anni-al-dos-dell-arca_locandinaA Capo di Ponte (Bs) sul versante orientale della Valle Camonica c’è una collinetta denominata “Dos dell’Arca” dove, nel 1957, l’alpinista e studioso Gualtiero Laeng per primo segnalò la presenza di strutture e reperti preistorici. Le indagini condotte dall’università di Pavia (Progetto Quattro Dossi, 2016-2023) hanno offerto nuovi spunti di riflessione sulla frequentazione di questo dosso e degli altri tre con cui era in relazione. Fino al 22 giugno 2025, al MUPRE – museo nazionale della Preistoria della Valle Camonica di Capo di Ponte (Bs), la mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”, a cura di Paolo Rondini, Alberto Marretta, Maria Giuseppina Ruggiero, espone per la prima volta i reperti che, insieme alle incisioni rupestri, raccontano le vicende di Dos dell’Arca dal Neolitico fino alla romanizzazione, lungo 4000 anni di storia, e fa il punto sulle indagini archeologiche in corso a Dos dell’Arca che – insieme agli altri tre dossi vicini (Piè, Fondo Squaratti e Quarto Dosso) – presenta rilevanti tracce di frequentazione umana dal Neolitico all’età del Ferro ed è tra i contesti più interessanti per la ricerca archeologica e per l’arte rupestre del territorio camuno. L’esposizione, frutto della collaborazione tra la direzione regionale Musei nazionali Lombardia, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Bergamo e Brescia e l’università di Pavia, è un viaggio alla scoperta di relazioni e contatti dentro e fuori la Valle Camonica e ruota attorno al binomio archeologia e arte rupestre. E non poteva essere diversamente in un territorio famoso in tutto il mondo per le sue incisioni, divenute patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 1979.

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Scavi archeologici nel sito di Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) dell’università di Pavia (foto unipv)

Segnalato per la prima volta nel 1957 da Gualtiero Laeng, naturalista che ha legato il suo nome alla scoperta dell’arte rupestre camuna nel 1909, Dos dell’Arca fu oggetto di ulteriori indagini archeologiche nel 1962, con la campagna di scavi guidata da Emmanuel Anati. I reperti emersi nel corso degli scavi, datati tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (II-I millennio a.C.), fanno parte dal 2014 dell’esposizione permanente del MUPRE. Tra il 2016 e il 2023, a distanza di oltre 60 anni, sono state condotte nuove ricerche in concessione ministeriale dirette dall’università di Pavia con il “Progetto Quattro Dossi”, che gettano nuova luce sulla vita di questo dosso e degli altri tre con cui era in relazione: Pié, Fondo Squaratti e il Quarto Dosso.

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La mostra “4000 anni a Dos dell’Arca” al MUPRE – museo nazionale della Preistoria della Valle Camonica di Capo di Ponte (Bs) (foto drm-lombardia)

Il percorso espositivo si articola in tre vetrine, ognuna delle quali dedicata ad una delle tre epoche principali di frequentazione dell’area.

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: piccola ascia in pietra verde levigata (Neolitico medio-recente) (foto drm-lombardia)

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: frammento della roccia 21 che presenta un’area (macula) con tracce di incisione (foto drm-lombardia)

Vetrina 1: reperti del Neolitico tardo-età del Rame (4300-3500 a.C.). La vetrina espone, insieme a raschiatoi e lame in selce, una piccola ascia in pietra verde levigata. Questo reperto è di speciale interesse perché, essendo un prodotto importato, è la prova di contatti e scambi con altre genti. Il frammento della roccia 21, invece, presenta un’area (macula) con tracce di incisione: testimonianza che in quest’epoca le popolazioni che frequentavano l’area si dedicavano anche alla pratica dell’incisione sulle superfici rocciose.

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Mostra “4000 anni al Dos dell’Arca”: la vetrina dedicata all’Età del Bronzo (foto drm-lombardia)

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: ceramica ad impasto dell’Età del Bronzo medio-recente) (foto drm-lombardia)

Vetrina 2: reperti dell’età del Bronzo Medio e Recente (1650-1250 a.C.). In questo periodo l’attività principale è la metallurgia: ne sono testimonianza ritrovamenti quali le scorie di fusione e gli strumenti da metallurgo (forme di fusione per ascia e pendaglio circolare) qui esposti. Tra i manufatti ceramici, che talora portano segni di combustione, si contano tipologie diverse: accanto a una tradizione locale si trovano ceramiche tipiche delle culture che occupavano la pianura (in particolare il gruppo “palafitticolo-terramaricolo”), le cui genti risalivano le valli alla ricerca di materie prime. In questa fase, Dos dell’Arca è dunque teatro di attività produttive ed è coinvolto in relazioni, forse di scambio, anche a medio-lungo raggio.

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: spirale in bronzo (media età del Ferro) (foto drm-lombardia)

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: fondo di boccale con iscrizione in alfabeto camuno (età del Ferro) (foto drm-lombardia)

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Mostra “4000 anni a Dos dell’Arca”: denario in argento (dritto) (metà I sec. a.C.) (foto drm-lombardia)

Vetrina 3: reperti dell’età del Ferro (fine del VI sec. a.C. / I sec. a.C.). Alla fine del VI sec. a.C., dopo secoli di abbandono, la frequentazione di Dos dell’Arca riprende: nel punto più elevato, il “Bastione”, viene costruito un altare rettangolare in blocchi di granito e arenaria presso il quale vengono compiuti rituali come l’accensione di fuochi, il consumo di carni e libagioni. I principali manufatti rinvenuti sono vasi per conservare e consumare bevande: tra questi, i boccali “tipo Breno” a profilo sinuoso decorati o dipinti di rosso sembrano rivestire un ruolo speciale. Nei secoli successivi le attività rituali proseguono, ma cambia la tipologia di manufatto: si afferma a partire dal III sec. a.C. il boccale tipo “Dos dell’Arca”, a volte iscritto con lettere nel locale alfabeto preromano. Tra i rinvenimenti, si contano anche oggetti metallici (laminette e ornamenti in bronzo), sempre riferiti ad attività di culto. Verso la fine del I sec. a.C. Il sito viene abbandonato e le attività di culto trasferite più a valle. In quest’epoca l’intera Valle Camonica è interessata da un processo di romanizzazione, ovvero di progressivo assorbimento – da parte delle popolazioni locali – di usi, costumi, pratiche e linguaggio romani, come testimonia il ritrovamento della moneta romana d’argento qui esposta.

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Esempi di arte rupestre a Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto unipv)

IL LUOGO E LA SUA STORIA. Dos dell’Arca, la piccola collina ubicata sul versante orientale della Valle Camonica, a Capo di Ponte, poco a nord della Chiesa delle Sante (442 m/slm), presenta forma ovale, irregolare, con i fianchi scanditi da balze di arenaria. L’aspetto e la posizione vicina al torrente Re di Tredenus devono aver attirato l’attenzione delle antiche comunità, che l’hanno frequentata e ne hanno inciso le rocce. La frequentazione di Dos dell’Arca inizia nel Neolitico Recente/Tardo (4300-3500 a.C.) epoca alla quale rimandano alcuni livelli che hanno restituito frammenti di vasi decorati nello stile “tipo Breno” e manufatti in selce e una piccola ascia in pietra verde levigata; resti di cereali e legumi attestano l’agricoltura. I limitati dati sull’età del Rame (3500-2200 a.C.) paiono indicare che in questo periodo il sito fosse visitato sporadicamente. L’arte rupestre mostra la presenza di figure geometriche/astratte, tipiche del Neolitico Tardo/prima età del Rame. Tra 3000-2200 a.C. in Valle sono attivi i santuari megalitici connotati da stele e massi-menhir incisi e a Capo di Ponte, sul versante occidentale, c’è quello di Cemmo.

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Scavi archeologici a Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto unipv)

Durante il Bronzo Medio e Recente (1650-1250 a.C.), il dosso è interessato da interventi strutturali: il pianoro sommitale (il “Bastione”) è cinto da tratti murari, tra cui un muraglione di grandi blocchi di arenaria e granito (lungo 30 m e largo fino a 3,5 m), che chiude il lato nord. La struttura svolgeva all’esterno la funzione di fortificazione e all’interno di sostegno di nuovi piani di uso che talora coprono rocce incise in precedenza. L’attività principale è la metallurgia documentata da scorie di fusione, resti di focolari e strumenti da metallurgo. La ceramica, oltre a manufatti di tradizione locale, mostra contatti con le culture di pianura, in particolare con il gruppo “palafitticolo-terramaricolo”. I reperti, che si aggiungono a quelli degli scavi del 1962, testimoniano che le genti risalivano le valli alla ricerca di materie prime.

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Panorama del sito di Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto drm-lombardia)

Dopo sei secoli di abbandono, la frequentazione riprende alla fine del VI sec. a.C. (età del Ferro). Sul lato occidentale del “Bastione”, sulla Roccia 50 con incisioni geometriche/astratte, è costruito un altare rettangolare di pietra su cui si svolgono rituali: accensione di fuochi, consumo di carni e libagioni. Tra i vasi per conservare e consumare bevande, i boccali “tipo Breno” sembrano rivestire un ruolo speciale. Simili attività proseguono nei secoli seguenti, quando il protagonista è il boccale tipo “Dos dell’Arca”, a volte iscritto con lettere nel locale alfabeto preromano. Il fianco del “Bastione” è dotato di terrazzamenti colmati dagli scarichi delle attività cultuali che ora comprendono anche laminette e ornamenti in bronzo. La vita procede fino al tardo I sec. a.C. quando, con la romanizzazione della Valle Camonica, qui sancita dal rinvenimento di una straordinaria moneta romana d’argento, il sito è abbandonato e le attività di culto sembrano proseguire, con aspetti simili, nell’area de “le Sante”, poche centinaia di metri più a valle.

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Rilievi e analisi sul sito archeologico di Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto unipv)

LE INDAGINI ARCHEOLOGICHE. La prima segnalazione dell’area è del 1957, quando Gualtiero Laeng individua resti di fortificazioni in pietra e reperti preistorici. Nel 1962, Emmanuel Anati effettua una campagna di scavi e interpreta il dosso come sede di un villaggio. Oltre a 11 rocce incise, individua una serie di strutture, tra cui un muraglione in pietra e quelli che interpreta come resti di capanne, datati sulla base dei reperti tra l’età del Bronzo e l’età del Ferro (II-I millennio a.C.). Secondo E. Anati, il dosso era stato la sede di un villaggio, da lui definito “castelliere”. L’attenzione verso il sito riprende tra il 2016 e il 2023 con il “Progetto Quattro Dossi”, diretto dall’università di Pavia, che conduce in concessione di ricerca 5 campagne di scavo e 7 di documentazione dell’arte rupestre. Le indagini hanno riguardato un’ampia area archeologica che ha incluso, oltre a Dos dell’Arca, anche i colli di Pié, Fondo Squaratti e il Quarto Dosso. Attraverso 5 campagne di scavo e 7 di documentazione dell’arte rupestre, è stato notato che essi condividono caratteristiche geomorfologiche, reperti e strutture (a Fondo Squaratti) e – soprattutto – rocce incise con temi e stili comuni.

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Rilievo 3D del sito di Dos dell’Arca a Capo di Ponte (Bs) (foto unipv)

L’attività di indagine sul campo è stata organizzata in modo che la documentazione e lo studio dell’arte rupestre fosse condotta in contemporanea e dal medesimo team che scavava e studiava i resti archeologici. Gli studi hanno così potuto evidenziare l’assenza di rapporti diretti e coevi tra le incisioni e le strutture rinvenute a Dos dell’Arca. L’intervallo cronologico tra le fasi di incisione e quelle di altro uso del luogo sembrano indicare che le due attività fossero separate e indipendenti. Lungo i 4000 anni di storia, dal Neolitico fino alla romanizzazione, le antiche comunità hanno occupato la collina alternando l’utilizzo degli spazi per vivere, per svolgere attività artigianali o di culto alla pratica di incidere le superfici rocciose.

 

Castelseprio (Va). Scoperto un cimitero medievale riservato a giovani e giovanissimi nell’area della chiesa di San Paolo nel parco archeologico dove sono in corso le nuove indagini archeologiche. Ecco i primi risultati

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Area di scavo nei pressi della chiesa di San Paolo nel parco archeologico di Castelseprio (Va) (foto drmn-lom)

Potrebbe essere un cimitero riservato a giovani o giovanissimi quello riportato alla luce dalle ricerche archeologiche accanto alla chiesa di San Paolo nel parco archeologico di Castelseprio (Va), secondo una consuetudine non inusuale nel Medioevo. Grazie a un finanziamento della direzione generale Musei (ministero della Cultura), sono riprese infatti le indagini archeologiche al parco archeologico di Castelseprio sotto la guida scientifica della direzione regionale Musei nazionali Lombardia, diretta da Rosario Maria Anzalone. Indagato il cimitero medievale presso la chiesa di San Paolo. La campagna di scavi, condotta da archeologi dello Studio Ar.Te. Archeologia e Territorio sotto la direzione di Luca Polidoro, funzionario archeologo della direzione regionale Musei nazionali Lombardia, è in corso dall’inizio di ottobre 2024. È stata indagata un’area di circa 20 mq nell’avancorpo della chiesa di San Paolo.

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Le imponenti vestigia della chiesa di San Paolo nel parco archeologico di Casteseprio (Va) (foto drmn-lom)

Malgrado l’imponenza delle strutture, la chiesa di San Paolo è uno degli edifici del Parco sino ad oggi meno indagati dal punto di vista archeologico. Si ipotizza che sia stata costruita attorno all’XI secolo e frequentata sino ai primi decenni del XVIII secolo, venendo definitivamente abbandonata circa alla metà del Settecento. L’ultima campagna di scavo condotta presso la chiesa è stata svolta tra il 2013 e il 2014 dalla soprintendenza per i Beni archeologici della Lombardia, sotto la direzione scientifica del funzionario archeologo Francesco Muscolino. In questa occasione è stato possibile appurare l’esistenza di un’area cimiteriale sviluppata davanti all’ingresso. Furono rinvenute 13 sepolture a inumazione contenenti i resti di circa 20 individui, quasi tutti di giovane o giovanissima età. La scarsità dei reperti associati alle tombe, tuttavia, ha reso complessa la loro datazione. Si può ipotizzare che l’uso cimiteriale dell’area sia cominciato probabilmente già nell’Alto Medioevo, prima della realizzazione della chiesa di San Paolo e sia terminato entro l’inizio dell’età moderna, poiché nei verbali delle visite pastorali svoltesi a partire dal XVI secolo non vi è menzione delle sepolture.

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Area di scavo nei pressi della chiesa di San Paolo nel parco archeologico di Castelseprio (Va) (foto drmn-lom)

Con questa nuova campagna di scavo sono proseguite le indagini sull’area, completando lo scavo di un ambiente quadrangolare, già individuato nelle indagini del 2013-2014, posto davanti all’ingresso della chiesa, con accesso mediante scale da Sud e da Ovest. Questa struttura pare essere un’aggiunta successiva all’edificio di culto, forse un avancorpo coperto.

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Sepoltura medievale scoperta nell’indagine archeologica nei pressi della chiesa di San Paolo nel parco archeologico di Castelseprio (Va) (foto drmn-lom)

Le ricerche, inoltre, hanno permesso di individuare un altro settore dell’area cimiteriale indagata nel 2013-2014. Sono state portate alla luce altre 20 sepolture circa, con inumazioni di bambini, ragazzi e qualche adulto. Si potrebbe quindi ipotizzare che nei pressi della chiesa di San Paolo esistesse, almeno in una determinata fase del Medioevo, una zona sepolcrale riservata tendenzialmente ad individui di giovane e giovanissima età. L’uso di seppellire adolescenti e bambini in zone separate rispetto agli adulti non deve stupire: si tratta infatti di una prassi e diffusa in diverse epoche e aree geografiche. Le indagini, inoltre, hanno permesso di individuare resti di strutture di un impianto più antico, precedente alla chiesa e al cimitero: ad ora non è però possibile avanzare ipotesi interpretative e cronologiche.