Napoli. Al museo Archeologico nazionale partita la seconda fase esecutiva del restauro del Mosaico di Alessandro: si comincia con il consolidamento degli antichi strati di preparazione. Osanna: “Un intervento inedito dal punto di vista scientifico, che ancora una volta ha unito i termini di tutela e valorizzazione”

Tecnici e responsabili al via delal seconda fase esecutiva del restauro del mosaico di Alessandro al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Questa mattina, mercoledì 3 luglio 2024, al museo Archeologico nazionale di Napoli, è iniziata la seconda fase esecutiva del restauro del Mosaico di Alessandro. I lavori, la cui conclusione è prevista nei primi mesi del 2025, contempleranno il consolidamento degli strati preparatori originari del mosaico e la realizzazione di un nuovo supporto. Il capolavoro, che risale al I sec. a.C. e proviene dalla Casa del Fauno di Pompei, ha dimensioni straordinarie: pesa circa sette tonnellate ed è composto da quasi due milioni di tessere di dimensioni millimetriche, disposte su una superficie di 5.82 x 3.13 metri. L’opera sarà nuovamente movimentata per essere collocata in posizione orizzontale, completando così l’intervento di restauro della superficie musiva.

Si discute all’avvio della seconda fase esecutiva del restauro di Alessandro al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
La movimentazione sarà eseguita dallo stesso sistema meccanico che, già presente in situ, lo scorso ottobre ha permesso, con un’operazione di notevole impegno, il distacco del mosaico dalla parete dove era stato collocato nel 1916. Analogamente a quanto accaduto durante la prima movimentazione, saranno naturalmente monitorati in tempo reale gli spostamenti e le sollecitazioni sull’opera. Negli ultimi mesi di lavoro è stato possibile indagare approfonditamente gli strati preparatori originari del manufatto, verificandone lo stato di conservazione e completando il quadro di conoscenze in nostro possesso sino ad oggi.

Gli strati preparatori che supportano il grande mosaico di Alessandro al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
“Avviamo una nuova fase di lavoro per restaurare il mosaico di Alessandro”, commenta il direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna: “Un intervento inedito dal punto di vista scientifico, che ancora una volta ha unito i termini di tutela e valorizzazione. Anche nei prossimi mesi, il cantiere trasparente permetterà al pubblico di seguire l’intervento, accompagnando il percorso verso la nuova collocazione e fruibilità dell’opera”.
Ostia antica. In un pozzo davanti al tempio di Ercole nell’Area Sacra scoperti ceramiche, lucerne, vetri, marmi, ossa animali e noccioli di pesca: oggetti utilizzati nella vita imperiale e legati ai rituali del culto. I complimenti del ministro Sangiuliano, le osservazioni del direttore del parco D’Alessio

Veduta d’insieme degli oggetti scoperti nel pozzo davanti alla scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)

La scalinata del tempio di Ercole nel l’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Ecco ceramiche di varia tipologia, anche miniaturistiche; e poi lucerne, frammenti di contenitori in vetro, lacerti di marmo, ossa animali combuste e noccioli di pesca, sicuramente utilizzati in specifici rituali sacri all’interno dell’area archeologica. Nuovi frammenti archeologici di oggetti utilizzati nella vita imperiale e legati ai rituali del culto emergono dagli scavi nell’Area Sacra del Parco archeologico di Ostia antica. La scoperta, dopo il recupero di due frammenti dei Fasti Ostienses venuti alla luce l’anno scorso, è avvenuta nel corso di un recente intervento, attuato con fondi CIPE, e finalizzato alla risistemazione generale dell’area per la sua prossima riapertura al pubblico con il restauro dei templi e il ripristino delle canalizzazioni che garantivano lo smaltimento delle acque meteoriche.

L’esplorazione del pozzo davanti alla scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)

L’esplorazione del pozzo davanti alla scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Durante lo svuotamento di un pozzo, posto davanti alla scalinata del tempio di Ercole, profondo circa 3 metri e ancora pieno d’acqua, è emersa una cospicua quantità di reperti databili in gran parte tra la fine del I e il II d.C., molto ben conservati in quanto immersi in un fango povero d’ossigeno. L’attività di ricerca nel sito è stata coordinata dal responsabile scientifico dell’intervento, Dario Daffara, mentre l’esplorazione del pozzo e lo scavo dei sedimenti sono stati condotti dall’archeologo Davide I. Pellandra e da Mario Mazzoli e Marco Vitelli dell’Associazione A.S.S.O. (Archeologia Subacquea Speleologia Organizzazione), ente del terzo settore specializzato in scavi e rilevamenti in zone e luoghi sotterranei a valenza storica e archeologica. Affidati alle cure dell’Ufficio Restauro del Parco, i legni sono ora in corso di studio e consentiranno di fare nuova luce sulla suppellettile in uso nei santuari romani d’età imperiale.
“Ostia antica è una meraviglia”, dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Rappresenta uno dei più importanti siti archeologici della nostra Nazione, all’interno del quale ci sono grandi valori e soprattutto c’è una grande storia, la storia dell’antica Roma. In questo momento in Italia sono attivi tantissimi scavi. In Legge di Bilancio, abbiamo voluto rifinanziare le attività di scavo perché, coerentemente con l’articolo 9 della Costituzione, c’è da tutelare ma anche da valorizzare. Faccio i complimenti a chi sta lavorando a questi scavi e a chi consente di riportare alla luce testimonianze molto importanti, che sono la geografia identitaria della nostra Nazione”.

La statua di Cartilio Poplicola nel riallestimento del museo Ostiense (foto parco ostia antica)
“L’intervento di restauro si è rivelato un’occasione unica di studio e di approfondimento della conoscenza sulle funzioni e sulle attività che si svolgevano nel santuario”, afferma il direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna: “un momento importante per fare ricerca in un’area che al momento della sua scoperta, negli anni 1938-40, restituì opere di scultura identitarie per Ostia antica e che saranno ospitate nel Museo Ostiense di prossima riapertura: la statua di Cartilio Poplicola, il busto di Asclepio e il rilievo dell’aruspice Fulvius Salvis con scena di pesca miracolosa di una statua di Ercole da parte di pescatori ostiensi. Ancora una volta la ricerca, nelle sue varie forme, si conferma elemento chiave per coniugare le diverse istanze legate, oltre che alla tutela, alla valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale”.

Il tempioi dell’Ara rotonda nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
“Il progetto di restauro dell’Area Sacra, redatto dallo Studio Strati e diretto dall’architetto del Parco Valeria Casella”, sottolinea il direttore del parco archeologico di Ostia antica, Alessandro D’Alessio, “consentirà a breve di riaprire al pubblico uno dei complessi più antichi e suggestivi di Ostia, permettendo ai visitatori di accedere alla cella del Tempio di Ercole, finora interdetta. Verranno inoltre ricollocati i pavimenti del vicino Tempio dell’Ara Rotonda, del quale si sta anche ricostruendo la copertura”.

Le cassettine con i materiali rinvenuti nel pozzo disposte sui gradini della scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
I nuovi reperti sono stati rinvenuti nell’Area Sacra, importante santuario ostiense sorto a partire dal III secolo a.C. nei pressi della sorgente chiamata Aqua Salvia, lungo l’antico tracciato della cosiddetta Via della Foce. All’interno del complesso, dominato dalla mole del tempio di Ercole e occupato da due altri edifici di culto minori come il tempio Tetrastilo (o di Esculapio) e quello dell’Ara Rotonda, i sacerdoti predicevano l’esito delle spedizioni militari ai generali in procinto di partire per le campagne militari. Si trattava dunque di un culto oracolare.

Ossa combuste rinvenute nel pozzo disposte sui gradini della scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Il ritrovamento di ossa combuste conferma in primo luogo lo svolgimento nel santuario di sacrifici animali (maiali e bovini, certamente), mentre le ceramiche comuni, anch’esse recanti tracce di fuoco, indicano che la carne veniva cotta e consumata durante i banchetti in onore della divinità. I resti di uno o più pasti rituali furono gettati nel pozzo, gli ultimi verosimilmente quando se ne era ormai dismessa la funzione.

Imbuto/calice in legno rinvenuto nel pozzo disposte sui gradini della scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)

Imbuto/calice in legno rinvenuto nel pozzo disposte sui gradini della scalinata del tempio di Ercole nell’Area Sacra di Ostia antica (foto parco ostia antica)
Fra i reperti più significativi rinvenuti c’è un oggetto in legno lavorato, a forma di imbuto o di calice, non comune e incredibilmente moderno, la cui funzione è ancora da chiarire. Oltre al calice-imbuto, decorato con una serie di leggere incisioni e cerchi concentrici all’interno (in prossimità del foro che lo attraversa), sono stati recuperati altri reperti dotati di modanature “a incastro” e costolature esterne, che fanno pensare a innesti reciproci e che sono complessivamente riferibili a un elemento cilindrico vagamente simile a un tubolo.
Pompei. Negli ambienti servili della villa suburbana di Civita Giuliana scoperti gli attrezzi di un carpentiere che amplia le conoscenze sulla vita degli ultimi. L’attuale finanziamento dello scavo volge al termine, ma gli scavi in collaborazione con la Procura continueranno grazie a fondi della legge di Bilancio
Al primo sguardo si vedono ceste, una lunga corda, pezzi di legno e una sega con lama: sono attrezzi di un carpentiere ritrovati, come sono stati lasciati duemila anni fa, in un ambiente servile della villa di Civita Giuliana, appena fuori le mura di Pompei, sigillati dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Ma il legno e gli altri materiali, con cui quegli oggetti erano stati realizzati, non ci sono più “in originale”. Rimangono però in calco. Pompei continua a stupirci. Non si è infatti ancora fatto in tempo a metabolizzare il ritrovamento del sacrarium blu (vedi Pompei. Nell’insula 10 della Regio IX scoperto un sacrarium, una piccola stanza con pareti blu impreziosite dalle figure delle quattro stagioni e dalle allegorie dell’agricoltura e della pastorizia. Il ministro Sangiuliano in visita ai nuovi cantieri di scavo | archeologiavocidalpassato) che Pompei ci restituisce un’altra emozione.

La stanza con gli attrezzi da carpentiere scoperti in un ambiente servile della villa suburbana di Civita Giuliana a Pompei (foto parco archeologico pompei)
Quest’ultima scoperta viene dal quartiere servile della villa di Civita Giuliana, indagata scientificamente sin dal 2017 quando fu strappata agli scavatori clandestini grazie a un accordo tra il Parco Archeologico di Pompei e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata: un ambiente, conservato in maniera eccezionale come gli altri due scoperti nello stesso settore con i letti degli schiavi, dove è stato possibile realizzare i calchi di mobili e altri oggetti di materiali deperibili: legno, tessuti, corde (vedi Pompei. Nella lussuosa villa suburbana di Civita Giuliana scoperto l’arredo di una seconda stanza assegnata agli schiavi che permette di ricostruire la vita quotidiana degli ultimi. Zuchtriegel: “In autunno, alla riapertura dell’antiquarium di Boscoreale, racconteremo in diretta il prosieguo dello scavo” | archeologiavocidalpassato).

Dettaglio dell’ambiente A, stanza abitata da schiavi, della villa suburbana di Civita Giuliana: si vedono le anfore negli angoli, i due armadi e, davanti, la panca (foto mic)
La tecnica dei calchi, sperimentata in maniera sistematica sin dal 1863 con la realizzazione dei primi calchi delle vittime dell’eruzione del Vesuvio nel 79 d.C., è unica al mondo in quanto frutto della dinamica specifica dell’evento catastrofico: persone o oggetti travolti e coperti dalla “corrente piroclastica”, una nube ardente di cenere e gas tossici, sono rimasti lì per secoli. Ma mentre la cenere si è solidificata, formando uno strato molto solido noto come “cinerite”, il materiale organico quali corpi umani, animali o oggetti lignei, si sono decomposti, lasciando un vuoto nel terreno. Questi vuoti possono essere riempiti di gesso durante lo scavo, per riottenere, dall’impronta in “negativo”, la forma originale. Una tecnica che ha portato a risultati straordinari nella villa di Civita Giuliana, dai calchi di due vittime e di un cavallo a quelli dei letti modesti del quartiere servile.
Ora, un’ulteriore stanza amplia lo spaccato di vita degli ultimi, poco documentata nelle fonti letterarie. L’ambiente contiene un letto, ma anche attrezzi di lavoro e quello che sembra un telaio, forse di un altro letto, smontato: si riconoscono, inoltre, ceste, una lunga corda, pezzi di legno e una sega con lama, che sembra non tanto diversa dalle seghe tradizionali usate fino a poco tempo fa. Individuato persino un pezzo della corda, sempre come impronta nel sottosuolo, che la teneva sotto tensione.

Il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano con il direttore del Parco Gabriel Zuchtriegel in visita agli scavi di Pompei (foto parco archeologico pompei)
L’attuale finanziamento dello scavo volge verso il suo termine, ma il Parco insieme alla Procura hanno annunciato di voler proseguire le indagini, attingendo al finanziamento di una campagna di scavi previsto nella Legge di Bilancio dal ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che ieri si è recato a Pompei per un sopralluogo. Anche perché i punti da chiarire a Civita Giuliana sono ancora tanti, non solo a livello scientifico, ma anche in termini giuridici. “Le continue scoperte sugli usi e costumi della vita quotidiana degli antichi romani rese possibili dalle indagini scientifiche nella villa di Civita Giuliana nei pressi del Parco archeologico di Pompei”, ha dichiarato il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, “ci rafforzano nella convinzione di proseguire a finanziare le attività di scavo. I nuovi ambienti recentemente rinvenuti e resi noti oggi danno preziosa testimonianza del passato di una grande civiltà e rendono onore alla professionalità della ricerca archeologica che a Pompei è tornata più attiva che mai. Ringrazio la Procura di Torre Annunziata per la collaborazione prestata, che ha permesso di preservare la Villa di Civita Giuliana dall’attività criminale dei trafficanti d’arte e di intraprendere un percorso di ricerca capace di questi importanti risultati”.

Gabriel Zuchtriegel e Massimo Osanna nella Casa del Giardino, Regio V, a Pompei (foto parco archeologico di pompei)
“La scommessa degli ultimi anni di puntare nuovamente sulle campagne di scavo archeologico si sta rivelando vincente”, interviene il direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna. “La collaborazione ormai pluriennale con la Procura della Repubblica di Torre Annunziata continua a produrre i suoi frutti, non solo nella lotta per la legalità, ma anche in termini di arricchimento delle conoscenze: basti pensare al rinvenimento straordinario del carro della sposa, in questa stessa area, nel 2019. Cruciali in questo senso la costante attenzione del Ministero in ottica di finanziamenti dedicati, la consolidata cooperazione istituzionale e il circolo virtuoso che collega scavi, studi e ricerca a tutela e valorizzazione del sito”. E il direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel: “Si tratta di un esempio virtuoso di sinergia tra il ministero della Cultura, il Parco e la Procura della Repubblica di Torre Annunziata, un’operazione di grande valore scientifico ma anche culturale. Vogliamo sviluppare questo luogo eccezionale facendolo diventare un luogo accessibile per tutti, un nodo nella rete della Grande Pompei, tra la città antica, le ville e i poli museali di Boscoreale, Oplonti e Stabia. Lo stanziamento nel Bilancio dello Stato per nuovi scavi a Pompei e in altri parchi nazionali voluto dal Ministro Sangiuliano ci aiuterà a continuare questa affascinante impresa archeologica”.

Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei, e Nunzio Fragliasso, procuratore FF di Torre Annunziata, nel 2021 al rinnovo del protocollo di intesa per il contrasto al saccheggio e al traffico di reperti archeologici (foto parco archeologico di pompei)
Per il Procuratore della Repubblica di Torre Annunziata, Nunzio Fragliasso: “Si tratta dell’ennesimo, eccezionale ritrovamento nel sito archeologico di Civita Giuliana, frutto della collaborazione sinergica tra la Procura della Repubblica di Torre Annunziata e il Parco Archeologico di Pompei, in attuazione del protocollo sottoscritto dai due Enti, che, coniugando le ricerche archeologiche con le attività investigative, si è rivelato un formidabile strumento per il contrasto alle attività clandestine di scavo e la restituzione alla collettività di reperti e testimonianze di eccezionale valore storico e culturale. È fondamentale che gli scavi archeologici a Civita Giuliana continuino, in quanto, sulla scorta di recenti acquisizioni info-investigative, vi è fondato motivo di ritenere che, proseguendo nelle ricerche, possano essere rinvenuti ulteriori, importanti, reperti già intenzionati dai tombaroli ma non depredati da questi ultimi”.
Pompei. Nell’Insula dei Casti Amanti, aperta al pubblico per visite dall’alto su passerelle sopraelevate, scoperti disegni di gladiatori realizzati da bambini prima dell’eruzione del Vesuvio. Zuchtriegel: “Ciò ci fa riflettere sull’esposizione a forme estreme di violenza, anche di bambini piccoli”

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: Alberto Angela mostra i disegni a carboncino realizzatid a bambini (foto parco archeologico pompei)

L’insula dei Casti Amanti a Pompei con le passerelle per una veduta dall’alto (foto parco archeologico pompei)
Il segno a carboncino è semplice, la resa delle persone è semplice, stilizzata, infantile, opera certamente di bambini, ma è il soggetto che apre a riflessioni: quei disegni rappresentano gladiatori e cacciatori: dipinti da bambini piccoli con il carboncino sui muri di un cortile di servizio, nella Casa del Cenacolo colonnato su via dell’Abbondanza a Pompei. La scoperta, illustrata in anteprima nello Speciale “Meraviglie” di Alberto Angela andato in onda su Rai1 (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2024/05/25/pompei-su-rai-1-speciale-di-meraviglie-su-pompei-le-nuove-scoperte-alberto-angela-accompagna-i-telespettatori-alla-scoperta-degli-ultimi-affascinanti-ritrovament/), è avvenuta nell’insula dei Casti Amanti nell’ambito di un progetto di restauro, scavo e accessibilità e che da oggi, 28 maggio 2024 è visitabile “dall’alto” grazie a un sistema di passerelle sospese (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2024/05/27/pompei-apre-al-pubblico-linsula-dei-casti-amanti-dal-28-maggio-un-percorso-sopraelevato-consentira-una-visione-inedita-dallalto-delle-strutture-e-del-cantiere-di-scavo-e-restauro/): qui il parco archeologico di Pompei è impegnato in un progetto di ricerca interdisciplinare per valorizzare i tanti dati nuovi.

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: disegni a carboncino realizzatid a bambini. Si vede una mano e un gladiatore (foto parco archeologico pompei)
Questi disegni aiutano a capire meglio l’infanzia ai tempi degli antichi romani: l’esposizione a forme estreme di violenza, anche di bambini piccoli (si stima tra 5 e 7 anni), non sembra essere un problema solo dei giorni nostri, tra videogiochi e social media – con la differenza che nell’antichità il sangue sparso nell’arena era vero e che pochi ci vedevano un “problema”, con tutte le possibili ricadute sullo sviluppo psico-mentale dei bambini pompeiani.

Casa del Cenacolo colonnato a Pompei: disegni a carboncino realizzatid a bambini. Si vedono gladiatori, cinghiali e rapace (foto parco archeologico pompei)
Come scrivono gli autori di un testo pubblicato oggi sull’E-Journal degli Scavi di Pompei https://pompeiisites.org/e-journal-degli-scavi-di-pompei/, “Pompei ci offre la possibilità non solo di studiare le espressioni complesse di una civiltà antica, ma anche di entrare nei meccanismi di formazione e autoriproduzione che di generazione in generazione l’hanno tramandata e tramutata. È quasi come se potessimo gettare uno sguardo sull’inconscio dell’impero, sulla sua subcultura sommersa di cui parlano ancora le migliaia di graffiti e disegni a carboncino sui muri della città antica. A volte sono i più piccoli ad averci lasciato una traccia del loro percorso di formazione culturale e sentimentale. È questo il caso del cortile della Casa del Secondo Cenacolo Colonnato, dove nell’ambito di nuovi scavi finalizzati a una migliore fruizione e conservazione delle strutture emerse durante precedenti campagne di scavo (la facciata è stata scavata nel 1912, la parte retrostante tra il 1982 e il 2005), è stato possibile documentare una serie di disegni a carboncino sui muri di quello che doveva essere un cantiere in piena attività al momento dell’eruzione, con diversi ponteggi montati e pareti ancora da intonacare. Nonostante la sontuosa facciata dell’abitazione su Via dell’Abbondanza, il contesto sociale che si percepisce all’interno degli ambienti della casa è tutt’altro che agiato; anzi, si respira un’atmosfera di precarietà, in cui possiamo immaginare i bambini abbandonati a se stessi per intere giornate, mentre i genitori badavano ai loro affari. Non è certo il contesto in cui possiamo immaginare la presenza di schiavi pedagoghi o balie come nei palazzi dei ricchi, per esempio nell’antica domus di Giulio Polibio situata poco oltre”.
“Sembra lecito ipotizzare, sulla base della testimonianza letteraria”, scrive il direttore Gabriel Zuchtriegel, “che la presenza di bambini durante questi spettacoli fosse usuale. I disegni dalla Casa del Cenacolo Colonnato confermano questa ipotesi: quello che vediamo è una testimonianza diretta dell’incontro tra un’anima ancora infantile, molto ricettiva e piena di fantasia, e il crudele passatempo dell’epoca, che oltre a giochi gladiatori e cacce con gli animali, prevedeva anche la messa in scena di esecuzioni di criminali e schiavi, presumibilmente nell’intervallo (ludi meridiani) tra la venatio matutina e i ludi gladiatori del pomeriggio. Come accadeva ancora fino all’Ottocento anche in molti Paesi europei, a nessuno all’epoca sarebbe venuto in mente di impedire ai più piccoli l’accesso ai giochi e alle esecuzioni pubbliche, che dovevano servire anche da insegnamento di corretto comportamento sociale, in una società nella quale l’azione penale era cronicamente carente, a cominciare dalla mancanza di funzioni assimilabili a quelle del pubblico ministero e della polizia giudiziaria di oggi. L’impressione è, tuttavia, che in molti casi prevaleva il divertimento su ragionamenti di questo genere; tanto è vero che a partire dal II sec. d.C. pare che si sia sviluppato un vero e proprio ‘mercato’ di condannati a morte, i quali venivano comprati dai lanisti per essere inseriti negli spettacoli. Resta da chiedersi se, nel ricostruire la cultura classica nelle sue infinte sfaccettature, non bisognerebbe tenere maggiormente conto della precoce esposizione a forme estreme di violenza che emerge dal dossier archeologico, epigrafico e letterario. Diversi studi recenti hanno evidenziato un legame tra una precoce esposizione a immagini e film violenti e alti livelli di aggressività in età adolescenziale e adulta. Forse un giorno – conclude Zuchtriegel – saremo in grado di comprendere quanto questi fenomeni abbiano impattato sulla società romana di duemila anni fa. Anche per questo si auspica che il dialogo tra antichistica e psicologia riprenda con nuova linfa, sperando che il presente contributo possa essere un piccolo spunto di lavoro in tal senso”.

Casa dei Pittori al lavoro a Pompei: quadretto singolare con la rappresentazione di un piccolo bambino incappucciato e mantello di viaggiatore (foto parco archeologico pompei)
Oltre ai disegni dei bambini, per il cui studio il Parco ha avviato una collaborazione con il dipartimento di Neuropsichiatria infantile dell’università “Federico II” a Napoli, sono stati documentati i resti di due vittime, una donna e un uomo, morti nei lapilli del Vesuvio davanti al portone chiuso della Casa dei Pittori al lavoro (chiamata così in virtù del fatto che si stava ridipingendo al momento dell’eruzione); all’interno della casa, è venuto alla luce un piccolo cubicolo (“camera da letto”), allestito come studiolo in prossimità del tablinum (sala di ricevimento) della casa. Tra le scene mitologiche un quadretto singolare, senza confronti del repertorio vesuviano, con la rappresentazione di un piccolo bambino incappucciato, forse un figlio deceduto dei proprietari.
Da oggi 28 maggio 2024 – come si diceva – è possibile accedere al cantiere tutti i giorni dalle 10.30 alle 18, attraverso un percorso che, interamente “accessibile”, va ad implementare l’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti”, e include un elevatore per il raggiungimento delle passerelle sospese anche ai diversamente abili. Il percorso dall’alto consentirà una visione innovativa e globale dell’intera insula, nonché dell’architettura delle case romane con l’alternarsi di ambienti vari adibiti ad usi diversi, dal produttivo al commerciale all’abitativo, oltre che dell’attività di cantiere in atto, nell’ottica di una rinnovata e migliore fruizione al pubblico. L’ingresso, da via dell’Abbondanza, sarà contingentato allo scopo di garantire un’ottimale accessibilità e fruizione in sicurezza del percorso, anche in considerazione delle attività in essere al livello archeologico.
“Periodicamente e sempre di più, Pompei ci rivela nuove scoperte meravigliose e si conferma uno straordinario scrigno di tesori”, dichiara il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano. “Ecco perché noi in legge di bilancio abbiamo espressamente rifinanziato gli scavi a Pompei, dove adesso sono attivi tantissimi cantieri, che giorno dopo giorno portano all’attenzione generale nuove meraviglie. Dopo la conclusione del Grande Progetto Pompei noi vogliamo dare un assetto organico, un assetto stabile a questo meraviglioso sito che ogni giorno fa registrare decine di migliaia di visitatori”.

Il percorso sopraelevato nell’Insula dei Casti Amanti a Pompei è inserita nell’itinerario senza barriere architettoniche “Pompei per Tutti” (foto parco archeologico pompei)
“Con l’itinerario di visita facilitato Pompei per tutti, avviato nel 2016 e da allora oggetto di progressive implementazioni e sviluppi, nonché con le nuove campagne di scavo che negli ultimi anni hanno regalato al mondo incredibili sorprese, è stato inaugurato un nuovo approccio, inclusivo e coinvolgente, alla valorizzazione del sito”, aggiunge il direttore generale dei Musei, Massimo Osanna. “L’apertura di oggi, traguardo di un cantiere complesso e importante, avviato in seno al Grande Progetto Pompei, appare in questo senso assai significativa. Offre infatti il valore aggiunto dell’accessibilità e della piena inclusione di tutti i visitatori, anche rispetto a tutte quelle attività dietro le quinte, quali gli interventi di scavo e restauro propri di un cantiere, che sono rese visibili a tutti senza barriere”.
Roma. All’Istituto Centrale per il Restauro presentazione delle opere d’arte rimpatriate dagli Stati Uniti d’America dal Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, tra cui 600 reperti archeologici
Martedì 28 maggio 2024, alle 11, a Roma, all’Istituto Centrale per il Restauro, nella sala conferenza Ex Carcere Femminile in via di San Michele 25, si svolgerà la presentazione delle opere d’arte rimpatriate dagli Stati Uniti d’America dal Comando Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale. Tra le opere recuperate figurano 600 reperti archeologici (arco temporale IX secolo a.C. – II secolo d.C.), 14 beni numismatici (un Tetradramma da Naxos, una moneta in argento e dodici monete archeologiche in oro), 4 beni d’antiquariato (dipinti olio su tela), 2 pergamene manoscritte e un copioso materiale bibliografico (oltre 1000 documenti). Nel corso della presentazione interverranno il Comandante dei Carabinieri Tutela del Patrimonio Culturale, Gen. D. Francesco Gargaro; il Capo dell’Unità per la Lotta al Traffico delle Antichità della Procura di Manhattan, Col. Matthew Bogdanos; il Comandante Unità Mobili e Specializzate dell’Arma dei Carabinieri, Gen. C.A. Massimo Mennitti; l’Ambasciatore degli Stati Uniti a Roma, Jack Markell; l’Executive Associate Director of U.S. Homeland Security Investigations, Katrina Berger. Saranno presenti, tra gli altri, il direttore generale Musei del MiC Massimo Osanna e il direttore generale Archeologia, Belle arti e Paesaggio del MiC, Luigi La Rocca. Concluderà il Sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi.
Castello di Baia (Na). Al museo Archeologico dei Campi Flegrei apre la mostra “La pittura della voce. L’alfabeto prima e dopo Cuma”: 35 reperti da tutta Italia esplorano il mondo dell’alfabeto e del suo impatto sui processi culturali nel mondo antico
Da dove arrivava quell’alfabeto giunto circa 2700 anni fa sulle rive cumane e portato in dote dalle genti provenienti dalla Grecia? Quali conseguenze culturali, sociali e politiche ebbe questo approdo sulle comunità locali? Cosa successe dopo? Verso quali strade e forme si diressero i caratteri portati dall’Eubea? Queste domande, affascinanti e cruciali per comprendere l’evoluzione della cultura e della società dell’Italia antica trovano risposta in una serie di oggetti, provenienti dai più importanti musei archeologici italiani, recanti iscrizioni di varia natura, redatte con alfabeti diversi ma strettamente interconnessi, esposti nella mostra “La pittura della voce. L’alfabeto prima e dopo Cuma” che apre lunedì 6 maggio 2024, alle 16, al Castello di Baia, sede del museo Archeologico dei Campi Flegrei, e resterà aperta al pubblico fino al 30 giugno 2024. Interverranno Massimo Osanna (direttore generale Musei) e Rosanna Romano (direttore generale per le politiche culturali e il turismo, Regione Campania). La mostra nasce da un progetto condiviso tra il parco archeologico dei Campi Flegrei e l’università della Campania “Luigi Vanvitelli” di un progetto coordinato dal direttore del Parco, Fabio Pagano, e da Matilde Civitillo e Carlo Rescigno, docenti dell’Università “Vanvitelli”. L’intento è quello di ribadire il ruolo centrale dei Campi Flegrei come centro propulsore di importanti innovazioni culturali nel mondo antico, di riflettere sui cambiamenti innescati nel momento in cui la scrittura ha iniziato a essere lo strumento essenziale per tramandare la memoria, ma anche di porsi domande sul ruolo della scrittura nel mondo di oggi e in quello di domani.

L’acropoli di Cuma nell’area archeologica del parco (foto parco campi flegrei)
Il museo Archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia sarà il palcoscenico di un’affascinante esplorazione nel mondo dell’alfabeto e del suo impatto sui processi culturali nel mondo antico. “Abbiamo voluto raccontare l’introduzione dell’alfabeto greco a Cuma e ricordare la centralità dei Campi Flegrei come ponte di contatto tra mondi e vettore di innovazione culturale”, spiegano al Parco. “Per farlo ci siamo affidati a 35 splendidi reperti, provenienti da importanti musei Archeologici italiani, per la prima volta in mostra insieme nel museo Archeologico dei Campi Flegrei nel Castello di Baia. Un viaggio tra le righe nelle culture dell’Italia antica”.
Roma. A Castel Sant’Angelo aperta “Interno Pompeiano”, la prima grande mostra dedicata al progetto fotografico di Luigi Spina che, durante il lockdown, ha indagato gli interni di oltre centoventi domus a Pompei


Il fotografo Luigi Spina e il direttore generale Musei Massimo Osanna all’inaugurazione della mostra “Interno Pompeiano” a Castel Sant’Angelo (foto dms-roma)
Castel Sant’Angelo a Roma ospita la prima grande mostra dedicata al progetto fotografico di Luigi Spina, “Interno Pompeiano”. La campagna, che ha permesso al fotografo di indagare gli interni di oltre centoventi domus a Pompei, nasce durante la chiusura al pubblico del parco archeologico di Pompei, allora diretto dal prof. Massimo Osanna, per la pandemia. Il corpus di oltre 1450 scatti ha dato vita in primis al progetto editoriale “Interno Pompeiano” di 5 Continents Editions, un libro di quasi 300 fotografie a colori in grande formato, con saggi, oltre che dello stesso Spina, di Massimo Osanna, Gabriel Zuchtriegel, Carlo Rescigno e Giuseppe Scarpati. Nasce da qui la mostra “Interno Pompeiano” (dal 23 aprile al 16 giugno 2024), realizzata dalla direzione Musei statali di Roma – guidata dal direttore generale Massimo Osanna – in collaborazione con la direzione generale Musei e il parco archeologico di Pompei.

Interno Pompeiano: Casa dei Ceii a Pompei (foto luigi spina)

L’allestimento della mostra “Interno Pompeiano” a Castel Sant’Angelo (foto luigi spina)
Attraverso 60 fotografie a colori di grande formato, stampate su carta fine art, la mostra racconta la condizione unica che ha consentito a Spina di “abitare” Pompei e “vivere” nelle sue case, potendo così seguire il modellarsi della luce naturale nell’arco delle giornate, e cogliere le sfumature nei molteplici ambienti dei suoi scatti. Come evidenzia il direttore generale Musei prof. Massimo Osanna, “Pompei è stata raccontata, rappresentata, narrata milioni di volte, eppure continua sempre ad offrire nuove angolazioni e punti di vista: questa mostra, in particolare, è un esempio di come, attraverso l’uso della fotografia, sia possibile ritrarre le domus pompeiane in un modo inedito, creando un’atmosfera di magia e rara suggestione. Si tratta di un’esposizione di grande impatto, che andrà, nei prossimi mesi, a implementare e arricchire l’offerta culturale di un altro sito straordinario, quale Castel Sant’Angelo. Come direzione generale Musei – conclude Osanna – ci siamo già attivati, inoltre, affinché il Castello diventi tappa inaugurale di un percorso più ampio, che porterà la magia di Pompei, letta attraverso l’obiettivo di Spina, anche in altri luoghi della cultura del nostro Paese”.

Luigi Spina nella Casa dei Ceii a Pompei durante la campagna fotografica (foto monica romano)

L’allestimento della mostra “Interno Pompeiano” a Castel Sant’Angelo (foto luigi spina)
Con una fotocamera Hasselblad H6D-100c con le ottiche, senza l’ausilio di alcuna luce artificiale, immerso in una Pompei deserta e silenziosa, Spina cattura vedute che portano dall’interno alla natura e viceversa: la ricerca del fotografo si sofferma su colonne intonacate, scorci inconsueti e prospettive che includono il paesaggio circostante. Osservando da vicino i mosaici, percorrendo peristili, riscoprendo ogni particolare delle pitture parietali, Spina ha poi selezionato sessanta interni: fotografie dove le domus riemergono in una visione inedita, in un equilibrio ambientale che restituisce da una parte la dimensione della presenza umana, dall’altra la vastità dell’Impero romano, rievocando allo stesso tempo l’antica tragedia di Pompei. Nei suoi scatti le case riprendono vita – come la Casa di Marco Lucrezio su Via Stabiana, quella del Poeta Tragico col celeberrimo mosaico “cave canem”, e la Casa di Orione dal poliedrico mosaico da cui prende il nome e ne narra il mito – nelle loro incomparabili tonalità di rosso sinopsis, giallo tenue, verde delicato e azzurro polveroso; i pavimenti a mosaico, con motivi decorativi e pietre preziose, risaltano accanto ai dipinti murali dai paesaggi paradisiaci e scene di vita quotidiana; gli interni fanno mostra del loro splendore, in un crogiolo dove architettura e pittura diventano simbolo del culto dell’abitare dimore perfette. La mostra ha come obiettivo quello di presentare al pubblico una nuova estetica visiva della città romana e dei suoi monumenti, seguendo la via della luce e del trascorrere del tempo.

Interno Pompeiano: la Casa della Caccia antica a Pompei (foto luigi spina)

Il fotografo Luigi Spina autografa il suo libro “Canova. Quattro tempi” (foto 5 continents editions)
Luigi Spina (Santa Maria Capua Vetere, 1966) ha svolto numerose indagini fotografiche che hanno un filo conduttore: la ricerca della bellezza. Questo leitmotiv sottolinea la pluralità della sua azione creativa, che lo ha portato a esplorare vari ambiti, tra cui gli anfiteatri, il senso civico del sacro, i legami tra arte e fede, le antiche identità culturali, il confronto con la scultura classica, con la decennale e silenziosa immersione sensitiva tra i marmi della collezione Farnese del museo Archeologico nazionale di Napoli e poi la straordinaria ricerca a colori sul Foro Romano, l’ossessiva ricerca sul mare, le cassette dell’archeologo sognatore (Giorgio Buchner), la tormentata e tattile ricerca sui gessi canoviani fino alle molteplici indagini sul paesaggio. Ha realizzato oltre 22 libri fotografici di ricerca personale e prestigiose campagne fotografiche per enti e musei. Tra i più significativi riconoscimenti alla sua attività, la rivista “Matador” (La Fábrica, Madrid) gli ha dedicato la cover e il servizio centrale del numero T, mentre nel 2020 “Artribune” l’ha insignito del titolo di miglior fotografo dell’anno. Nel 2022 è stato tra i finalisti del 73° Premio Michetti per l’Arte Contemporanea e vincitore del Premio Digital Michetti. Nel 2023 ha ricevuto il Premio Amedeo Maiuri. Alcune sue opere sono conservate ed esposte, in permanenza, al museo nazionale Romano di Palazzo Altemps, Roma; Musei Capitolini, Roma; Aeroporto di Capodichino, Napoli; museo Archeologico nazionale di Napoli; museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria; Fondazione Michetti, Francavilla al Mare; Accademia Tadini, Lovere.
Baia (Na). Al Castello aragonese, sede del museo Archeologico nazionale dei Campi Flegrei, presentazione del libro “Toccare Terra – Approdi e Conoscenze”, atti del primo convegno di archeologie flegree
Appuntamento il 24 aprile 2024, alle 10.30, nella sala conferenze del Castello di Baia, sede del museo Archeologico dei Campi Flegrei, per la presentazione del libro “Toccare Terra – Approdi e Conoscenze”. Atti del primo convegno di archeologie flegree. Tappa conclusiva del lungo e stimolante percorso del progetto “Terra” promosso all’interno del POC della Regione Campania. Intervengono il prof. Massimo Osanna (direttore generale Musei) e al prof. Luca Cerchiai (università di Salerno).

Copertina del libro “Toccare Terra. Approdi e Conoscenza”
“Toccare Terra. Approdi e Conoscenze” è la pubblicazione degli atti di un convegno svoltosi al museo Archeologico dei Campi Flegrei nel dicembre 2021, tappa conclusiva di un progetto che ha condotto il parco archeologico dei Campi Flegrei a interrogarsi sul concetto di terra. Il convegno nasce dall’esigenza di creare un’opportunità, all’interno della cornice di una istituzione giovane, per rappresentare la complessità della ricerca archeologica condotta negli ultimi decenni nel territorio flegreo. L’incontro di studi ha avuto come primo obiettivo quello di restituire la vivacità del dibattito e la varietà degli attori e per consolidare il ruolo del Parco come vettore di trasmissione tra i protagonisti nella produzione degli studi e le comunità di potenziali interessati. L’approdo (dell’archeologia sul campo) diventa conoscenza, si confronta e si specchia negli approdi che hanno segnato le principali tappe della presenza umana nella terra flegrea, definendo contatti, a volte generando conflitti, plasmando nuovi paesaggi e modi di interpretare il reale.
Napoli. Durante la ripulitura delle “Grotte a finte rovine” della Villa Floridiana scoperte due distinte fasi edilizie: pilastri del I sec. d.C. raddoppiati successivamente e rivestiti in pietra lavica e intonaco in finta opera reticolata. Sangiuliano: “Nuova luce sul Vomero in età romana”. Osanna: “Probabile presenza di una villa romana”

Strutture di età romana nel giardino di Villa Floridiana al Vomero a Napoli (foto mic)
Durante i recenti lavori di ripulitura delle “Grotte a finte rovine” della Villa Floridiana nel quartiere Vomero, a Napoli, sono avvenute importanti scoperte archeologiche. Le grotte, risalenti al XIX secolo, sono state oggetto del progetto di ricerca NesIS (Neapolis Information System) che punta a realizzare la carta archeologica dei quartieri dell’area occidentale di Napoli e mirato a verificare la presenza di preesistenze di epoca romana nell’area, a cura dei professori Marco Giglio e Gianluca Soricelli, in collaborazione con la direzione regionale Musei della Campania e con la partecipazione di studenti dell’università di Napoli “L’Orientale”. Terminato l’intervento di messa in sicurezza, le attività di ricerca proseguiranno con realizzazione del rilievo tridimensionale, fotogrammetrico e di virtual tour del complesso a cura della professoressa Angela Bosco e del dottor Rosario Valentini de “L’Orientale”.

Pilastri di età romana con pietra lavica a Villa Floridiana al Vomero a Napoli (foto mic)
I lavori di pulizia delle superfici murarie, finalizzati alla preparazione dell’area per il rilievo mediante laser scanner, hanno portato alla scoperta di due distinte fasi edilizie: la prima risalente al I secolo d.C., con il rinvenimento di una serie di pilastri in opera vittata con blocchetti tufacei. Alla base di uno di questi pilastri è stato rinvenuto un lacerto di rivestimento in cocciopesto. Alla fase successiva, quando le strutture più antiche sono integrate in una sorta di finto rudere, appartengono i raddoppi dei pilastri, realizzati con blocchetti di tufo, nonché il rivestimento in pietra lavica e intonaco in finta opera reticolata. Nella fase conclusiva dell’intervento, inoltre, sono state individuate porzioni del rivestimento ottocentesco in pietra lavica. Le attività di pulizia hanno anche restituito frammenti di materiale ceramico (cosiddetta sigillata africana, anfore ecc.).

Pilastri di età romana con blocchetti di tufo e intonaco a Villa Floridiana al Vomero a Napoli (foto mic)
“Queste scoperte archeologiche arricchiscono la conoscenza del quartiere Vomero in Età romana”, ha affermato il ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, “e offrono nuovi spunti di ricerca per ricostruire la storia della città e le forme di occupazione della fascia collinare occidentale di Napoli. In pochi mesi, con grande impegno, siamo riusciti a dare decoro alla Villa Floridiana. Mi sono recato personalmente più volte a verificare lo stato di avanzamento delle opere e altro faremo affinché questo luogo torni allo splendore che merita”. E il direttore generale Musei del MiC, Massimo Osanna: “L’intensa attività di lavori di messa in sicurezza, restauro e valorizzazione della Floridiana, iniziata lo scorso ottobre, è stata accompagnata sin da subito da un importante progetto di ricerca volto a conoscere la storia e la topografia del luogo in età antica. Grazie alla collaborazione con le università “Orientale” e del Molise, sono già emersi nuovi importanti dati che documentano la probabile presenza di una villa romana, i cui resti sono stati riutilizzati in parte per la realizzazione delle ‘Grotte a finte rovine’ del giardino ottocentesco (1817-1819) progettate dall’architetto Antonio Niccolini. Una nuova stagione per uno dei più bei giardini storici d’Italia, caratterizzata da un approccio che coniuga conoscenza, manutenzione, restauro e fruizione per rendere questo luogo sempre più aperto e accessibile alla comunità e al pubblico in aumento”.

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