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Ariano nel Polesine (Ro). Con gli scavi archeologici a San Basilio riprende anche il “Progetto San Basilio. Alla riscoperta del passato”: si inizia con “Scavi aperti” al sabato, poi “Conferenze. Il venerdì archeologico” e “Laboratori didattici dagli etruschi ai romani”

ariano-nel-polesine_san-basilio_scavi-aperti_2024_sito-etrusco-unipd_locandinaA San Basilio di Ariano nel Polesine sono tornati gli archeologi per la campagna di ricerche 2024 (vedi Padova. Nella giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità” presentati i risultati e le anticipazione della stagione 2024 del progetto “Prima Europa. La protostoria nel Polesine” a Frattesina e Villamarzana, e del progetto “San Basilio”. Ecco le voci dei protagonisti | archeologiavocidalpassato), a cominciare dalla San Basilio preromana con il team dell’università di Padova coordinati da Silvia Paltineri (vedi Esclusivo. A pochi giorni dall’avvio della campagna 2024 al sito preromano di San Basilio ad Ariano nel Polesine (Ro) l’archeologa Silvia Paltineri anticipa gli obiettivi delle nuove ricerche e fa il punto sulle scoperte fin qui acquisite nel centro del delta, primo grande approdo dei greci e luogo di incontro con Etruschi padani e Veneti tra VI e V sec. a.C. | archeologiavocidalpassato), e già tornano gli appuntamenti con un ricco programma di incontri con gli archeologi nei mesi di maggio e giugno. “Progetto San Basilio. Alla riscoperta del passato”: grazie al contributo della fondazione Cariparo, la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, il museo Archeologico nazionale di Adria e il Comune di Ariano nel Polesine hanno dato vita a un progetto congiunto con le università di Padova e Venezia per la ripresa delle indagini archeologiche volte alla riscoperta del sito dell’antica San Basilio. Un luogo che fu in epoca antica importantissimo crocevia di genti e commerci trovandosi a breve distanza dal fiume Po e dal mare Adriatico.

ariano-nel-polesine_san-basilio_scavi-aperti_2024_locandinaSi comincia con “Scavi aperti”, la giornata dedicata al pubblico sullo scavo dell’antica San Basilio, realizzato in collaborazione tra il dipartimento di Studi umanistici dell’università Ca’ Foscari di Venezia e il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova. Un programma di cinque incontri, al sabato mattina dalle 10 alle 12, aperti al pubblico pensati per mostrare e raccontare le diverse attività di scavo che interessano il sito archeologico. Il primo appuntamento è in programma sabato 4 maggio 2024: sarà possibile accedere allo scavo etrusco condotto dall’università di Padova. L’appuntamento è alle 9.45 in via San Basilio 12, località San Basilio, Ariano nel Polesine (Ro). E per unire l’utile al dilettevole, oltre alla visita sarà offerta una degustazione di degustazione di prodotti tipici del territorio. Per info e prenotazioni contattare la proloco di Ariano del Polesine: cel. 392.9259875, mail presidente.prolocoariano@gmail.com. Gli altri appuntamenti sono: 10 maggio 2024, scavo etrusco condotto dall’università di Padova; 1° giugno 2024, scavo romano dell’università di Padova, scavo etrusco dell’università Ca’ Foscari di Venezia; 8 giugno 2024, scavo romano dell’università di Padova; 22 giugno 2024, scavo etrusco dell’università Ca’ Foscari di Venezia.

ariano-nel-polesine_san-basilio_conferenze-2024_locandina“Conferenze. Il venerdì archeologico”: si potranno ascoltare in prima persona i racconti dei protagonisti dalle 18.30 alle 20, al termine verrà offerto un’apericena organizzato in loco; è consigliata la prenotazione al 392.9259875. Si inizia il 10 maggio 2024 al centro turistico culturale San Basilio ad Ariano nel Polesine con l’incontro con il prof. Jacopo Turchetto dell’università di Padova. Per le altre conferenze ci si sposta nel giardino delle scuole di Ariano nel Polesine (in caso di maltempo si va nella vicina sala Cultura in via Matteotti 42 ad Ariano nel Polesine): il 17 maggio 2024, incontro con la prof.ssa Silvia Paltineri dell’università di Padova; il 7 giugno 2024, incontro con la prof.ssa Caterina Previato dell’università di Padova; il 21 giugno 2024, incontro con la prof.ssa Giovanna Gambacurta dell’università Ca’ Foscari di Venezia.

ariano-nel-polesine_san-basilio_laboratori-didattici-2024_locandina“Laboratori didattici dagli etruschi ai romani” per toccare con mano l’antica San Basilio. I laboratori didattici sono rivolti ai circoli didattici del territorio e prevedono sia un approccio diretto di manipolazione guidata con reperti originali si attività con riproduzioni di manufatti e contesti archeologici per sperimentare da vicino la storia del territorio.

Padova. Nella giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità” presentati i risultati e le anticipazione della stagione 2024 del progetto “Prima Europa. La protostoria nel Polesine” a Frattesina e Villamarzana, e del progetto “San Basilio”. Ecco le voci dei protagonisti

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Professori, funzionari. direttori, dottorandi e specializzandi protagonosti della giornata di studio “Archeologia in Polesine” al Palazzo Bo di Padova (foto graziano tavan)

padova_palazzo-bo_giornata-di-studi-archeologia-in-polesine-tra-protostoria-e-romanità_locandinaCi siamo. Sta per aprirsi la nuova stagione di ricerche archeologiche nel Medio Polesine (Frattesina di Fratta Polesine, Villamarzana: entramni nel progetto “Prima Europa. La protostoria nel Polesine”) e nel Delta del Po (San Basilio di Ariano nel Polesine: progetto “San Basilio”) che impegneranno università (Padova, Venezia, Roma La Sapienza), musei (Fratta Polesine, Adria), soprintendenze (Sabap Verona Rovigo Vicenza), enti locali (Fratta Polesine, Villamarzana, Ariano nel Polesine), sponsor (fondazione Cariparo) in un impegno corale straordinario che sta dando frutti eccezionali tanto che si può dire che il Polesine si stia rivelando un vero laboratorio per conoscere dinamiche culturali, economiche, sociali e potenzialità delle popolazioni protostoriche non solo a livello padano-adriatico ma con implicazioni che coinvolgono territori dal Baltico al Levante. Una importanza sottolineata dalla giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità” promossa dall’università di Padova – dipartimento Beni culturali a Palazzo Bo a Padova (vedi Padova. A Palazzo Bo giornata di studio “Archeologia in Polesine tra protostoria e romanità. Risultati in progress dei progetti Prima Europa e San Basilio”, con la presentazione delle ricerche a Frattesina, Villamarzana e San Basilio | archeologiavocidalpassato). Con alcuni dei protagonisti vediamo come ci offrirà la stagione di ricerca 2024 in Polesine.

Jacopo Bonetto, del dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, spiega ad archeologiavocidalpassato.com il senso della giornata patavina: “La giornata di oggi, 17 aprile, vuole essere una giornata di sintesi, di punto di arrivo, ma anche di ripartenza di quelle che sono le numerose e differenziate attività che l’università di Padova insieme all’università di Venezia, alla soprintendenza, al ministero, ai Comuni, agli enti territoriali, stanno conducendo nella vasta area del Polesine. È una giornata di studi che raccoglie i frutti dell’impegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo che ha deciso di investire in questo contesto, e investire nelle risorse culturali. È stata messa sul terreno una squadra molto ricca, molto variegata – appunto di universitari, funzionari di soprintendenza, direttori di museo, sindaci, soggetti del parco del Delta del Po -, e tutti assieme abbiamo dato vita a questi tre grandi cantieri di lavoro. Uno presso il sito arcinoto di Frattesina, uno presso il sito meno noto ma comunque di grande potenzialità di Villamarzana, per quanto riguarda la protostoria; e poi il contesto di San Basilio, anche questo noto da tempo, ma anche questo meritevole di approfondimenti. E da due anni e per i prossimi due almeno ci sono squadre di archeologi, formate da docenti, ricercatori, funzionari, ma anche molti studenti, molti dottorandi, che si alternano sul campo alla ricerca. La giornata di oggi presenta appunto i risultati delle campagne 2022-2023 con tutto quello che hanno portato di novità. Quindi grandi novità sulle fasi protostoriche ma anche grandi novità sulla fase di romanizzazione, di età romana, di tardo-antica che il sito di San Basilio sta restituendo. E credo che i risultati già a vedere le prime relazioni o a capire anche solo i titoli degli interventi siano veramente importanti”.

Sulla campagna 2024 a Frattesina dell’università La Sapienza di Roma con il CPSSAE, interviene per archeologiavocdalpassato.com Paolo Bellintani (Cpssae):

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Il professor Andrea Cardarelli (Sapienza università Roma) dirige gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

“Nella prossima campagna di ricerca Medio Polesine nel progetto Prima Europa per quanto riguarda Frattesina procederemo con una nuova campagna archeologica nel mese di settembre 2024 in particolare dedicata allo scavo della fornace che abbiamo individuato nel 2023, probabilmente dedicata alla produzione di vetro. Mentre tra luglio e ottobre 2024 procederemo al rilievo magnetometrico del sito di Campestrin di Grignano Polesine, nel sito della lavorazione dell’ambra, che ancora ha bisogno di chiarire questi aspetti prima di procedere in una seconda fase del progetto a nuove indagini archeologiche stratigrafiche anche in questo sito”.

Michele Cupitò del dipartimento Beni culturali dell’università di Padova, sintetizza per archeologiavocidalpassato.com le ricerche a Villamarzana 2024:

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Momenti di scavo nell’area con presenza di impianti produttivi nel sito protostorico di Villamarzana (Ro) (foto graziano tavan)

“La campagna di scavo 2024 a Villamarzana inizierà il 9 settembre e ci tratterremo sul sito per un mese, per quattro settimane, nell’ambito delle quali abbiamo intenzione di portare a compimento almeno una parte dello scavo che abbiamo aperto e di ampliare il settore per cercare di comprendere meglio le caratteristiche del tessuto abitativo – la forma delle case, le dimensioni delle case, se sono case, perché potrebbero anche essere strutture diverse. Come al solito il tutto si farà in collaborazione con la soprintendenza e con la direzione regionale Musei, in particolare con il museo di Fratta Polesine, soprintendenza di Verona naturalmente, e parteciperanno studenti, dottorandi, specializzandi, assegnisti: quindi lo “zoccolo duro” dell’università, che è quello che appunto più di tutto ci consente di lavorare. Parallelamente andremo avanti con il laboratorio allestito a Villamarzana per lo studio dei materiali, per gli aspetti archeobotanici e archeozoologici; e naturalmente proseguiremo anche con lo studio parallelo al laboratorio sul campo. L’obiettivo è di chiudere il 2024 – le attività di campo 2024, comprese l’estensione delle prospezioni geofisiche – con una messe di dati sufficiente per poter scrivere una storia – non più lineare, perché sarà complessa – ma un po’ più chiara di questo momento fondamentale della fine, dell’ultimo scorcio del Bronzo Finale nel Medio Polesine e in particolare a Villamarzana”.

Maria Letizia Pulcini, direttore del museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, affronta per archeologiavocidalpassato.com il concetto di archeologia pubblica, declinato nelle sue diverse accezioni:

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Maria Letizia Pulcini illustra le attività di ufficio stampa del museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine per il progetto “Prima Europa” (foto graziano tavan)

“Nel 2022 la direzione regionale Musei del Veneto, cui afferisce il museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, ha stipulato con la soprintendenza ABAP per le province di Verona Rovigo e Vicenza un accordo per le attività di valorizzazione e di ricerca che sono la mission del nostro ufficio. E proprio grazie a questa convenzione siamo riusciti ad avere un ruolo attivo all’interno del progetto “Prima Europa. La protostoria del Polesine” con un ruolo di coordinamento proprio per quanto riguarda le attività di valorizzazione e divulgazione e le attività di ricerca, perché comunque all’interno del progetto è prevista anche una fase di studio dei materiali scavati negli anni ’70-’80, in particolar modo, e che sono conservati nel museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine. Quindi noi ci siamo occupati del coordinamento delle varie figure coinvolte negli scavi del 2023 e poi anche dei prossimi scavi del 2024, e anche della progettazione e della realizzazione dell’aspetto comunicativo delle rubriche social, ma abbiamo svolto anche attività di ufficio stampa, ovviamente sempre in collaborazione con tutti gli altri partner coinvolti nel progetto Prima Europa e poi anche nelle attività di divulgazione con l’organizzazione degli open day, le attività per le scuole e anche la conferenza finale che c’è stata a novembre 2023 in cui abbiamo riportato i primi risultati delle indagini di scavo”.

Giovanna Gambacurta, dell’università Ca’ Foscari di Venezia, introduce per archeologiavocidalpassato.com il progetto “San Basilio” 2024 che ha restituito evidenze dagli etruschi ai romani: “Comincia anche quest’anno una campagna di scavi a San Basilio di Ariano nel Polesine.

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“Scavi aperti”: visite guidate allo scavo di San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto unive)

È una campagna che comincerà con gli studenti dell’università Ca’ Foscari di Venezia il 27 maggio e si concluderà il 22 giugno 2024. Nell’ambito di questa campagna abbiamo anche delle occasioni di visita “scavi aperti”: una il 1° giugno, una il 22 giugno, quindi in fase inziale e in fase finale degli scavi, e pensiamo di andare ad approfondire alcune tematiche che abbiamo cercato di mettere in luce negli anni precedenti, e cioè la problematica della funzione di alcune aree ancora poco sicure nella loro strutturazione. Forse aree di lavorazione all’aperto, aree con dei focolari, aree con accensione di fuochi, e forse di andare ad aprire dei saggi laddove delle indagini geo-magnetiche ci danno indicazioni di possibili evidenze importanti che non abbiamo ancora cominciato a sondare. Quindi è un’idea ancora un po’ in costruzione che stiamo perfezionando in questi giorni per approfondire quello che è la ricerca su San Basilio e che lo sarà anche almeno nei prossimi anni”.

Caterina Previato, del dipartimento Beni culturali dell’università di Padova, per archeologiavocidalpassato.com si sofferma sullo scavo “romano” a San Basilio 2024:

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Nuovo edificio scoperto a San Basilio (Ariano nel Polesine, Ro) con foto da drone a sensori multispettrali (foto unipd)

“Le ricerche sull’insediamento romano di San Basilio riprenderanno il 13 maggio 2024 per continuare per 5 settimane, quindi fino a circa metà giugno, e nello specifico quest’anno continueremo a indagare la cosiddetta Villa romana, già oggetto di ricerche da due anni, con l’obiettivo di comprenderne meglio la funzione e soprattutto di indagare tutte le sequenze stratigrafiche ancora non toccate dagli scavi del passato. Inoltre si aprirà un nuovo grande saggio di scavo che interesserà un edificio finora del tutto sconosciuto che è stato recentemente individuato grazie a delle prospezioni geofisiche condotte da una collega dell’università di Bamberg Wieke de Neef. E questa sarà probabilmente la scoperta più importanti, l’obiettivo più importante di quest’anno proprio perché è un edificio che finora non si conosceva e che apparentemente dovrebbe essere molto ben conservato”.

Sulla promozione del sistema Delta del Po nel progetto “San Basilio” parla ad archeologiavocidalpassato.com Alberta Facchi, direttore del museo Archeologico nazionale di Adria:

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Il percorso ad anello del Centro turistico culturale San Basilio ad Ariano nel Polesine (foto drm-veneto)

“Il museo Archeologico nazionale di Adria è promotore del progetto fin dalla sua prima fase, nel 2018, quando quattro amiche – Maria Cristina Vallicelli della soprintendenza, io del museo Archeologico nazionale di Adria, Giovanna Gambacurta dell’università di Venezia, e Silvia Paltineri dell’università di Padova – ebbero così l’idea di ricominciare con gli scavi a San Basilio ma anche affiancare agli scavi una parte di disseminazione, di conoscenza dei risultati in realtà ripercorrendo le tappe di quelle che erano stati i vecchi scavi di San Basilio degli anni ’70 che avevano avuto un rapporto con la comunità molto stretto fin dall’inizio. Quindi in tutti questi anni, ormai si tratta di 6 anni – c’è stata la pausa del lock-down – alla ricerca si sono affiancati incontri, conferenze, e visite allo scavo: il primo anno siamo riusciti a offrire a tappeto a tutte le classi del delle scuole di Ariano nel Polesine e a moltissime delle scuole di Adria proprio la visita agli scavi. E queste attività hanno sempre affiancato la ricerca. Il museo di Adria non è che abbia avuto un ruolo di coordinatore perché i lavori sono sempre andati avanti parallelamente. Però diciamo che è un fratello maggiore e si sta cercando di fare adesso – questa forse è la cosa più importante – è la rete che si è venuta a creare tra il museo di Adria e il centro turistico culturale di San Basilio e l’area archeologica musealizzata di San Basilio. E si sta costituendo come una rete organizzata che potrebbe comprendere anche Loreo. Quindi il sistema di siti da visitare di stampo archeologico nel Delta del Po comincia a essere veramente interessante e articolato.  Importante. E questa giornata ha dimostrato quanto l’archeologia del Delta del Po sia importante”.

Chiude i nostri interventi Giovanna Falezza, della soprintendenza ABAP di Verona Rovigo e Vicenza, illustra ad archeologiavocidalpassato.com la nuova musealizzazione dell’area archeologica di San Basilio:

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La nuova illuminazione dell’area archeologica di San Basilio (foto drm-veneto)

“Un tassello importante di San Basilio archeologica è l’area archeologica valorizzata: nasce dopo gli scavi degli inizi Duemila e poi migliorata con la creazione della grande copertura a campata unica del 2014. Ma grazie prima a un corposo finanziamento Interreg Value e poi negli ultimi anni con ulteriore supporto della fondazione Cariparo siamo riusciti a terminare la sua valorizzazione. Quindi è stato ultimato il restauro, sistemati alcuni problemi di dilavamento che si erano verificati negli ultimi anni con una completa sistemazione con i ghiaini e parziale ricostruzione delle evidenze, una nuova pannellistica, e da ultimo l’illuminazione che permette una efficace, anche emotivamente coinvolgente, fruizione anche nelle ore serali dell’area archeologica”.

Padova. Al Liviano la conferenza internazionale “Limes Numidicus. Researches along the Roman frontier of Algeria”, in presenza e on line. Due giornate sull’archeologia e il paesaggio delle aree limitanee dell’Algeria romana su due scale differenti: dalle ricerche che il Dipartimento Beni Culturali sta conducendo sul sito di Gemellae sul limes romano, alle tematiche della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale della Numidia romana

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Conferenza internazionale “Limes Numidicus. Researches along the Roman frontier of Algeria”: appuntamento a Padova il 29 e il 30 novembre 2023, in sala Sartori al Palazzo Liviano dell’università di Padova in piazza Capitaniato 7. Le due giornate si focalizzano sull’archeologia e il paesaggio delle aree limitanee dell’Algeria romana a due scale differenti. La prima giornata sarà dedicata alle ricerche che il Dipartimento Beni Culturali sta conducendo sul sito di Gemellae, importante caposaldo del tratto del limes romano che si appoggia alle propaggini del pre-Sahara nell’area degli Ziban / Oued Djedi, a Sud dell’attuale Biskra (la Vescera romana); la seconda giornata prevede interventi di più ampio respiro da parte di docenti algerini delle facoltà di Architettura e di Archeologia, degli Enti algerini di ricerca e dei rappresentanti della scuola inglese e tedesca, incentrati sulle tematiche della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale della Numidia romana. Sono invitati a partecipare i dottorandi, gli specializzandi, gli studenti e tutti gli interessati. La conferenza può essere seguita anche on line su ZOOM https://unipd.zoom.us/j/81974942733.

PROGRAMMA 29 NOVEMBRE 2023DBC’s researches at the site of Gemellae: 14.30, apertura; 14.40, Paola Zanovello, Jacopo Turchetto (università di Padova) “The site of Gemellae: the historical and topographic framework”; 15, Andrea Meleri (università di Padova) “Gemellae 1857-1977: 120 years of researches”; 15.20, Jacopo Turchetto, Caterina Previato (università di Padova) “The urbanistic organisation”; 15.40, Caterina Previato (università di Padova) “Construction techniques, materials and their supply”; 16, pausa; 16.30, Emanuela Faresin, Francesca Adesso, Giuseppe Salemi (università di Padova) “Gemellae: from invisible to visible. Virtual reconstractionproposals”; 16.50, Giovanni Cagnoni (università di Padova) “From historical researches to current participatory valorization projects”; 17.10, Armando De Guio (università di Padova) “How to marry a Berber princess … or a Berber shepherd: flying into the future in the blue Baradez’s skies”; 17.30, discussion.

PROGRAMMA MATTINO 30 NOVEMBRE 2023 – Researches in Roman Numidia: 9, Alan Rushworth (The Archaeological Practice Ltd in Newcastle upon Tyne) “The Limes Gemellensis: current knowledge and questions”; 9.20, Yacine Rabah Hadji (Université d’Alger 2) “Archaeological sites in the Limes Numidiensis, some questions and thoughts”; 9.40, Steve Bödecker (LVR Bonn), Eckhard Deschler-Erb (University of Cologne) “The ‘fabrica’ of the legionary fortress of Lambaesis; the re-discovered documentation of unpublished excavations of 1972/1973: first results and outlook”; 10, Yasser Nassim Benzagouta, Meriem Seghiri (CRAT, Algerie) “New technologies as means to preserve Heritage in the face of natural and anthropogenic risks”; 10.20, discussion; 11, pausa; 11.30, Souad Slimani, Hanane Kherbouche (Université de Constantine 2) “L’eau et le Limes dans le Hodna”; 11.50, Ahecine Zineddine Saouli, Aomar Dali, Rachida Dali (Université de Biskra) “Heritage protection plans (PPMVSA) as a strategy of protecting Roman sites alongside the Limes in Algeria”; 12.10, Fatima Zohra Bahloul (Université de Batna 1) “The Roman forum of Timgad: a new survey and preliminary analysis”; 12.30, discussion.

PROGRAMMA POMERIGGIO 30 NOVEMBRE – Roman ambiences: new perspectives: 15, Azeddine Belakehal (Université de Biskra) “Reading Roman ambiences from antique visual resources”; 15.20, Hana Djouadi (Université de Biskra) “Roman baths: Ambiences and architectural devices”; 15.30, Asma Achraf Zendagui (Université de Biskra) “Roman domestic ambiences: State of the art”; 15.40, Manal Ghenai (Université de Biskra) “The Roman forum’s ambiences: The cinematographic imagination”; 15.50, Racha Mokrane (Université de Biskra) “The dome as a symbol of the Divine light: Virtual restitution of the Authentic Ottoman Ketchaoua mosque’s dome in Algiers”; 16, Ouiem Guergueb (Université de Biskra) “Locational interrelations between Berber collective granary citadels and Roman forts in the Aurès massif”; 16.10, Dorsaf Zid (ENAU Tunis) “Survivals of Antique ambiences in the place of the Roman basins in Gafsa, Tunisia”; 16.20, Nour Ben Dali (ENAU Tunis) “Roman sacred buildings in the Maghreb: ambiences related specificities”; 16.30, pausa; 17, tavola rotonda e discussione finale.

Esclusivo. Il prof. Andrea Cardarelli (Sapienza università) e l’archeologo Paolo Bellintani (CPSSAE) fanno un bilancio della campagna di scavo 2023 nel villaggio protostorico di Frattesina di Fratta Polesine (Ro): le scoperte, l’ambiente, la posizione strategica, la storia degli scavi, le necropoli, le prospettive del progetto “Prima Europa. La protostoria nel Polesine”

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Villaggio protostorico di Frattesina: veduta da drone dell’area di scavo nella campagna 2023 (foto uniroma/cpssae)

Oggi lo definiremmo un grande centro abitato a vocazione artigianale per la produzione di manufatti in metallo e oggetti in vetro anche con materiale da riciclo, un importante snodo commerciale, tra emporio e centro intermodale: parliamo del popoloso villaggio protostorico di Frattesina di Fratta Polesine, nel medio Polesine, fiorente tremila anni fa lungo l’asse del Po di Adria e a un passo dal corso dell’Adige, nodo strategico sulla via dell’ambra dal Nord Europa e i prodotti preziosi ed esotici dall’Egeo e il Vicino Oriente.

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Villaggio protostorico di Frattesina (Ro): l’area di scavo interessata dalla campagna 2023 (foto graziano tavan)

“Tra il II e il I millennio a.C.”, scrive Paolo Bellintani, archeologo del CPSSAE, che segue gli scavi di Frattesina, “il Polesine fu per la prima volta punto d’incontro tra Mediterraneo e continente europeo alla testa del Mare Adriatico, prima di Adria e Spina, di Ravenna e Aquileia e poi di Venezia. Le tracce di questo passato fatto di uomini, idee e merci in viaggio lungo la “via dell’ambra” che dal Baltico giungeva fino all’Egeo e alle coste levantine sono ora “palinsesti archeologici” fatti di terra, cocci, strumenti e ornamenti in bronzo, vetro, ambra, avorio ecc. sepolti sotto spessi depositi alluvionali. Le ricerche archeologiche hanno permesso di esplorare una parte di questo grande patrimonio culturale e di renderlo pubblico grazie soprattutto a due musei Archeologici nazionali (quelli di Adria e Fratta Polesine) e uno dei più grandi musei civici regionali: il museo dei Grandi Fiumi di Rovigo”.

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Il professor Andrea Cardarelli (Sapienza università Roma) dirige gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

Sabato 18 novembre 2023, al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine, alle 16.15, con la conferenza “Prima Europa. La protostoria del Polesine. Risultati del secondo anno di indagini”, i protagonisti delle ricerche archeologiche presentano alle comunità locali i risultati raggiunti nel corso delle campagne di scavo condotte nell’estate 2023 a Frattesina e a Villamarzana. Evento gratuito con prenotazione obbligatoria (vedi Fratta Polesine (Ro). Al museo Archeologico nazionale la conferenza “Prima Europa. La protostoria del Polesine. Risultati del secondo anno di indagini” promosso da soprintendenza, università di Padova e Roma, e CPSSAE nell’ambito del progetto “Prima Europa” finanziato dalla Fondazione Cariparo. Parleranno tutti i protagonisti delle ricerche. Per i bambini un laboratorio speciale | archeologiavocidalpassato).

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L’archeologo Paolo Bellintani del CPSSAE segue gli scavi nel sito del villaggio protostorico di Frattesina (Ro) (foto graziano tavan)

Archeologiavocidalpassato.com ha seguito gli ultimi giorni della campagna 2023 a Frattesina raccogliendo un primo bilancio da Andrea Cardarelli dell’università Sapienza di Roma e Paolo Bellintani del CPSSAE, gli archeologi che hanno condotto le ricerche nell’ambito del progetto finanziato dalla Fondazione Cariparo “Prima Europa. La protostoria del Polesine”, col coinvolgimento della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, il dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, il dipartimento di Scienze dell’Antichità dell’università La Sapienza di Roma e il CPSSAE in sinergia con il museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine (Ro) e l’amministrazione comunale di Fratta Polesine.

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La posizione strategica del villaggio protostorico di Frattesina lungo il Po di Adria 3mila anni fa (foto uniroma/cpssae)

Innanzitutto vediamo perché 3mila anni fa Frattesina è nata proprio lì, lungo il Po di Adria. “Il successo di Frattesina e probabilmente anche il motivo della sua nascita”, spiega Cardarelli, “è legato alla posizione strategica che questo abitato aveva. Si colloca lungo il Po, non distante da quello che doveva essere il delta dell’epoca e quindi facilmente raggiungibile dal mare, e in prossimità anche di un’altra via d’acqua, quella dell’Adige, il cui corso antico si avvicinava moltissimo al Po di Adria. E quindi questo consentiva di sfruttare le rotte che dalle Alpi portavano il rame e dall’area transalpina, l’Europa centrale e poi l’Europa settentrionale, l’ambra. Questo per quanto riguarda i contatti con il Nord. Per quanto riguarda i contatti con il Sud, ovviamente l’Adriatico è una specie di grande canale che finisce con quello che viene chiamato il Caput Adriae. E Frattesina era in una posizione strategica quasi alla fine di questo percorso dell’Adriatico, ma in grado di intercettare in maniera ottimale le rotte appunto che provenivano dalle Alpi e le rotte transalpine. Quindi era proprio un luogo di collegamento. Ce lo confermano i materiali che abbiamo trovato. Qui sono stati trovati avorio di elefante, uova di struzzo, e chiaramente qua non c’erano né elefanti né struzzi in quell’epoca, e quindi dovevano venire dal Mediterraneo orientale, o dall’Egeo forse, o mediante vari passaggi, ma comunque sicuramente materiale esotico. E poi c’era l’ambra e il metallo: e anche questi non sono locali. Quindi sono tutte quante evidenze che ci confermano questo ruolo strategico di emporio di controllo delle rotte commerciali dell’epoca”.

Ma quando è stato scoperto il villaggio protostorico di Frattesina? Spiega ancora Cardarelli: “Frattesina fu scoperta a seguito di lavori agricoli di livellamento del suolo già alla fine degli anni Sessanta del Novecento. Nel corso degli anni Settanta furono fatte ricerche di superficie e poi furono fatti i primi scavi che continuarono nella seconda metà degli anni Ottanta. Poi ci fu una lunga stasi tra gli anni Novanta e il 2014 quando furono riprese le indagini, in particolare soprattutto foto aeree, remote sensing, carotaggi, finestre stratigrafiche, ma non veri e propri scavi. Nel 2020 abbiamo iniziato questo progetto per la conoscenza, per l’approfondimento delle conoscenze di Frattesina anche attraverso gli scavi. Abbiamo prima fatto delle indagini geofisiche che ci hanno indirizzato in maniera molto eclatante, molto evidente rispetto alle strutture sepolte, e quindi siamo andati con una certa sicurezza a indagare le strutture che erano visibili in queste analisi di superficie”.

È il momento di entrare più nel dettaglio per capire come è andata la campagna 2023. Ce ne parla Paolo Bellintani: “La campagna di quest’anno a Frattesina ha potuto mettere in luce una specie di piccolo quartiere, un quartierino – chiamiamolo così – di questo grande villaggio dell’Età del Bronzo del medio Polesine. In particolare nell’area che stiamo esplorando sono emerse due grandi strutture abitative. Una l’abbiamo scoperta quasi integralmente nell’area orientale dello scavo. Di un’altra, praticamente a fianco di questa, abbiamo portato alla luce solo una metà perché l’altra metà è al di sotto della sezione di scavo orientale che speriamo di poter indagare l’anno prossimo. Quindi si tratta di due grandi abitazioni che sono state realizzate al di sopra della colmatura di uno dei grandi canali che attraversavano l’abitato e che sono vissuti per circa metà del periodo di occupazione dell’abitato di Frattesina (XII-X secolo a.C.). Due abitazioni cresciute, edificate al di sopra del grande canale centrale che noi abbiamo in parte indagato nella campagna del 2022. E altre strutture le abbiamo trovate un pochino più a Nord, sulla sponda settentrionale di questo grande canale centrale. Le abbiamo in parte scavate: sono piattaforme, probabilmente per lavorazioni artigianali. Purtroppo non sono emersi elementi utili per capire nell’immediato a cosa servivano queste piattaforme. Speriamo di capirlo meglio attraverso altri tipi di indagine di laboratorio. Comunque non erano strutture pavimentali come quelle che abbiamo qui nelle due grandi abitazioni prima descritte. Lì probabilmente sono piattaforme per lavorazioni artigianali. Altre due importanti situazioni sono emerse nel corso dello scavo di quest’anno: una fornacetta e un piccolo ripostiglio di bronzi”.

Bellintani ha accennato alla scoperta di una fornacetta nella campagna 2023. Ecco la sua descrizione. “Si diceva della fornacetta”, riprende Bellintani. “È una struttura ben evidente nella sua camicia costitutiva creata da una specie di muricciolo in terra pressata che poi appunto si è colorata grazie all’esposizione del fuoco, diventando una sorta di terracotta.

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Campagna 2023 a Frattesina: la fornacetta alla fine dello scavo (foto graziano tavan)

Ora, che siamo alla fine della campagna di scavo, si vede svuotata perché in origine l’abbiano trovata colmata dei residui, dei frammenti di quello che doveva essere la volta di copertura della fornace stessa. Quest’anno ci siamo limitati allo scavo semplicemente degli elementi interni, degli elementi della volta, della colmatura della fornace. L’anno prossimo dovremo invece scavare tutto attorno per capire il piano di posa dove è stata costruita e i piani su cui questa fornace conviveva. Per vedere se ci sono residui ulteriori delle attività di lavorazione della fornace. Parlo di residui di lavorazione perché non sappiamo esattamente a cosa servisse questa struttura. Non abbiamo trovato elementi particolarmente importanti all’interno che dirimessero immediatamente la questione del suo utilizzo. Poteva essere dedicata – come diciamo noi – ad attività pirotecnologiche, cioè attività dove il fuoco diventa l’elemento di trasformazione di particolari materie prime. E sto parlando della metallurgia, che è una delle attività principali di Frattesina. Ma sto parlando, forse con più probabilità, della lavorazione del vetro, perché un’altra grande attività di Frattesina è appunto la lavorazione del vetro e, forse, pensiamo la stessa produzione di vetro da materie prime. Con Ivana Angelini dell’università di Padova stiamo proprio indagando in particolare tutti questi elementi trovati all’interno per capire alcuni dei quali sono vetrificati, quindi vedere magari se si tratta effettivamente di lavorazione del vetro, per vedere se riusciamo a capire meglio le attività di queste pirotecnologie tipiche di Frattesina. In particolare vediamo che la struttura della fornace è in prossimità delle abitazioni, come se le attività di artigianato specializzato non si svolgessero in quartieri specifici dell’abitato, ma piuttosto all’interno dell’abitato stesso, in vicinanza o addirittura negli stessi spazi dove abitavano gli artigiani fonditori del metallo, gli artigiani del vetro, ecc.”.

L’altra scoperta frutto della campagna 2023 è un ripostiglio di bronzi. Ce ne parla ancor Bellintani. “All’inizio della campagna di scavo 2023”, ricorda, “è emerso un piccolo insieme di oggetti di bronzo che gli archeologi chiamano ripostiglio.

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Campagna 2023 a Frattesina: ripostiglio “da fonditore”. Insieme di pezzi di lingotto e frammenti di vari oggetti usurati (armi, ornamenti, strumenti ecc.) probabilmente destinati al riciclaggio (foto uniroma/cpssae)

Si tratta di un insieme di materiali come lingotti o pani, che sono gli elementi che escono dalle zone di prima lavorazione del metallo per essere destinati ai villaggi dove venivano rifusi per essere colati in matrici e assumere le forme di oggetti, strumenti di lavoro, armi, ornamenti, ecc. Insieme a frammenti di lingotti, in particolare alcuni con una forma specifica e particolare tipica di quest’epoca, che abbiamo chiamato pani a piccone proprio per la forma a piccone. In genere li ritroviamo in frammenti stretti e lunghi, con un foro centrale e con le estremità appuntite. E poi panelle tondeggianti, o piano-convesse per la precisione, ma anche un insieme di materiali usurati, frammenti di armi, strumenti, in pessime condizioni come se fossero destinati al riciclaggio. Parliamo di metallo, parliamo di bronzo, una lega di rame e stagno che all’epoca si usava per molte pratiche anche della vita quotidiana. E nella tarda età del Bronzo questo materiale è già abbastanza diffuso. Non è più preziosissimo come nelle origini della metallurgia, però ancora sufficientemente prezioso da non essere sprecato neanche in singole gocce, potremmo dire. E quindi recuperato e tenuto probabilmente dagli stessi artigiani metallurghi come scorta di materiale appunto per la produzione di nuovi oggetti”.

Com’era questo territorio 3mila anni fa? “Intanto c’era un grande fiume, il Po di Adria”, spiega Cardarelli, “che lo costeggiava, e quindi questo era un aspetto importante che fa la differenza dall’attuale visione che noi abbiamo di quest’area. L’abitato era percorso da canali ed era occupato fittamente da case e da strutture produttive. Ora proprio quest’anno alcune di queste case le abbiamo cominciate a intravedere. Sappiamo come erano fatte, e cominciamo ad avere dei dati importanti relativi appunto alla ricostruzione di questo paesaggio antico.

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L’estensione del villaggio protostorico di Frattesina sorto lungo il Po di Adria tremila anni fa (foto uniroma/cpssae)

E quindi dobbiamo immaginare un abitato grande almeno 25 ettari, quindi molto esteso, con decine – probabilmente anche centinaia – di case e di strutture produttive. Demograficamente quindi è abbastanza consistente. Possiamo immaginare molte centinaia, ma forse anche migliaia di abitanti. Quindi un abitato di grande consistenza per l’epoca. E tutto attorno il paesaggio era fiumi, canali, ma anche aree agricole. Sappiamo, dall’analisi delle faune, che c’era l’allevamento dei caprovini, dei suini e dei bovini. C’era anche caccia e pesca. La pesca in particolare orientata anche a pesci di grandi dimensioni, come gli storioni e i lucci che erano abbondanti in quell’epoca nel Po. Poi abbiamo anche fauna selvatica, come cinghiali cervi caprioli. Quindi era integrato l’aspetto dell’allevamento, che era prevalente, da queste altre attività di caccia. Poi sappiamo che coltivavano cereali, leguminose, farro. Questa è un’altra indagine che attualmente stiamo affrontando per comprendere meglio il tipo di colture, già in parte note, e quindi sappiamo che erano già piuttosto evoluti dal punto di vista agricolo e delle tecniche di produzione alimentare”.

Molte informazioni sugli abitanti di Frattesina 3mila anni fa vengono dalle sue necropoli, come spiega Cardarelli. “Frattesina è uno dei pochi insediamenti di cui conosciamo contemporaneamente l’abitato e le necropoli”, sottolinea Cardarelli. “Sappiamo che c’era una grande necropoli a Nord di Frattesina, la necropoli delle Narde che è stata indagata e di cui si conoscono svariate centinaia di tombe. E poi anche a Sud un’altra necropoli, quella di fondo Zanotto. Attualmente abbiamo delle informazioni.

SISTEMAZIONE VELOCE COLORE E  RADDRIZZAMENTO ORIZZONTALE

Allestimento del corredo della tomba 227 dalla necropoli delle Narde al museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine (foto drm-veneto)

Sono necropoli a incinerazione prevalentemente. Quasi esclusivamente a incinerazione. Quindi le ossa cremate dei defunti venivano deposte all’interno di urne accompagnate spesso da oggetti di corredo. E quello che si vede dalle analisi di questi oggetti di corredo è una diversificazione a livello di organizzazione sociale. Quindi vediamo una piramide alla cui estremità sommitale abbiamo poche tombe molto ricche, sia femminili che maschili, e alla base invece tante tombe molto più povere, e in mezzo anche delle situazioni intermedie. Quindi c’è già una diversificazione socio-economica che comincia a intravedersi in maniera significativa. Dal punto di vista della popolazione sappiamo che in particolare a Narde 1 c’è un’aspettativa di vita per l’epoca abbastanza alta. Quindi le condizioni di vita, di sopravvivenza, non erano male: per l’epoca erano piuttosto significative. E in più abbiamo fatto anche delle analisi isotopiche che ci confermano che la maggioranza dei defunti che sono stati cremati e deposti all’interno delle urne erano locali. Cioè erano nati qui e hanno vissuto tutta quanta la loro vita qui, intorno a questo territorio. E ciò nonostante Frattesina fosse un luogo molto aperto, perché sappiamo dei traffici la collegavano sia verso l’Egeo e il Mediterraneo orientale, sia verso le Alpi e l’Europa. Però almeno dal campione che noi abbiamo analizzato, un campione ridotto però non del tutto insignificante, l’evidenza è che si tratta di persone che abitavano qui o perlomeno in questa zona. Ovviamente gli isotopi dello stronzio, con i quali possiamo indagare, ci danno un’evidenza della popolazione in vita, non sappiamo se i loro antenati magari fossero venuti da un’altra parte. Per fare questa analisi bisognerebbe fare l’analisi del DNA, ma purtroppo questo tipo di analisi nelle cremazioni non si può fare perché viene distrutto”.

La campagna 2023 è archiviata. Ci sono prospettive per il 2024? Il prof. Cardarelli è fiducioso. “Come dicevo, Frattesina è uno degli insediamenti più rilevanti della tarda età del Bronzo non solo italiana ma europea. E gli scavi di quest’anno lo hanno ulteriormente dimostrato. Già si sapeva, ma insomma quest’anno sono emerse situazioni che ci confermano in maniera eclatante questo aspetto straordinario: produttivo, artigianale di Frattesina. Le prospettive sono estremamente positive dal punto di vista di quello che si può ancora scoprire. Perché Frattesina è stata indagata, ma è stata indagata per una percentuale molto limitata. Quello che noi abbiamo scoperto quest’anno sono cose importanti. Perché abbiamo capito un po’ come erano fatte le case; abbiamo capito aspetti dell’attività artigianale. Ma tante altre cose sono ancora da scoprire. Si sa molto di più oggi di come era organizzato l’insediamento di Frattesina, ma a livello di dettaglio tutto quanto ciò va ulteriormente indagato. Quindi le prospettive sono estremamente positive. È chiaro che questo significa continuare ad avere un appoggio importante da parte delle istituzioni, da parte delle fondazioni, da parte delle università: tutti quanti i soggetti che sono stati coinvolti in maniera prioritaria in questo progetto, il progetto “Prima Europa” coordinato dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza”.

Vicenza. A Palazzo Leoni Montanari secondo incontro nell’ambito del ciclo “L’archeologia si racconta”: focus di Luca Zamparo su “Collezioni e collezionisti in Veneto” a corollario della mostra “Argilla. Storie di viaggi”

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L’ingresso della mostra “Argilla. Storie di viaggi” alle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari a Vicenza (foto Marco Zorzanello)

Venerdì 17 febbraio 2023, alle 17.30, a Palazzo Leoni Montanari, secondo incontro nell’ambito del ciclo “L’archeologia si racconta”, incontri ad ingresso libero alla scoperta delle storie raccontate dagli antichi vasi in occasione dell’itinerario espositivo “Argilla. Storie di viaggi”. Alle Gallerie d’Italia di Vicenza, museo di Intesa Sanpaolo, le antiche ceramiche greche continuano dunque a parlarci di un tema dal grande fascino: il loro viaggio nei secoli, attraverso il Mediterraneo, fino a luoghi apparentemente lontani come i musei del Veneto. In questo secondo appuntamento, Luca Zamparo approfondirà il tema “Collezioni e collezionisti in Veneto: buone pratiche”. Attraverso un percorso storico e sociale, la conferenza porterà i partecipanti ad indagare le modalità di creazione di una collezione, le motivazioni che portano a collezionare, così come le buone prassi da adottare per non cadere in errore o commettere degli illeciti contro il patrimonio culturale. Il collezionismo, infatti, non è solo una storia di oggetti bensì una storia di uomini e donne intrisa di passioni, ambizioni, desideri e di qualche sconfitta. L’incontro parlerà di passato e, al tempo stesso, si prenderanno in considerazione il presente e il futuro del rapporto umano con l’arte e con la cultura. Luca Zamparo è specializzato in archeologia e museologia e svolge la sua attività di ricerca, didattica e progettazione culturale presso il Dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova.  È curatore dell’esposizione insieme a Monica Salvadori e Monica Baggio.

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Una sala della mostra “Argilla. Storie di viaggi” alle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari a Vicenza (foto Marco Zorzanello)

Il percorso espositivo. A cura di Monica Salvadori, Monica Baggio e Luca Zamparo, la mostra “Argilla. Storie di viaggi”, aperta al pubblico fino al 18 giugno 2023, intende riflettere sul ruolo aggregatore della ceramica greca nell’ambito mediterraneo – fonte di ispirazione, contaminazione, sviluppo -, ovvero sulla capacità degli esemplari figurati ateniesi di interloquire con i pubblici attuali per agevolare la comprensione del ruolo dell’antico come origine del nostro sistema di valori. Il percorso triennale, giunto al secondo appuntamento dopo “Argilla. Storie di vasi”, nasce nell’ambito della collaborazione fra la direzione Arte, Cultura e Beni storici di Intesa Sanpaolo e il Dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, in seno alle ricerche sviluppate dal progetto “MemO. La memoria degli oggetti”. Un approccio multidisciplinare per lo studio, la digitalizzazione e la valorizzazione della ceramica greca e magnogreca in Veneto, sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. L’esposizione consente di ammirare manufatti provenienti dalla collezione Intesa Sanpaolo e da importanti musei archeologici del Veneto: il museo Archeologico nazionale di Adria e il museo Archeologico nazionale di Venezia, il museo civico di Bassano del Grappa, il museo dei Grandi Fiumi di Rovigo e il museo di Scienze archeologiche e d’arte e del Centro d’Ateneo per i Musei dell’università di Padova.

Padova. Al Liviano il prof. Francesco Meo (università del Salento) tiene il seminario “Dalla ricerca archeologica alla valorizzazione di un centro indigeno della Puglia meridionale: il caso di Muro Leccese (Lecce)”: qualche anticipazione

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Francesco Meo sullo scavo a Muro Leccese (foto muro leccese archaeological project)

Lunedì 6 febbraio 2023, alle 9.30, in sala Sartori del Palazzo Liviano (università di Padova), in piazza Capitaniato 7 a Padova, la ricerca archeologica a Muro Leccese è protagonista, con un seminario tenuto da Francesco Meo (università del Salento) nell’ambito del Corso di dottorato in Storia, Critica e Conservazione dei Beni culturali del dipartimento dei Beni culturali dal titolo “Dalla ricerca archeologica alla valorizzazione di un centro indigeno della Puglia meridionale: il caso di Muro Leccese (Lecce)”.

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Frammento di cratere greco trovato a Muro Leccese (foto dgapab)

“Il seminario”, anticipa il prof. Meo, “sarà articolato in due parti. Nella prima, il focus sarà la ricerca archeologica condotta dal dipartimento di Beni culturali dell’università del Salento nel centro messapico di VIII-III secolo a.C. I Messapi sono la popolazione locale che convive con la vicina colonia greca di Taranto e che viene poi sottomessa dai Romani nel III secolo a.C. Ci si soffermerà in particolare sui risultati che gli ultimi anni di scavi archeologici hanno consentito di portare alla luce: un’area residenziale in cui spicca un edificio di 1300 metri quadri e una serie di strutture produttive legate a esso e al quartiere abitativo costruito attorno. Novità di estremo interesse sono quelle emerse nell’ultimo anno perché si sta portando alla luce un edificio sacro che non ha finora confronti con quel territorio. Ma gli scavi hanno restituito anche le tracce della violenta distruzione della città messapica che, nel IV secolo a.C., aveva un’estensione di oltre 100 ettari e controllava la costa più a Est d’Italia, compresa tra Otranto e Castro, ora divenute due rinomate località balneari del Salento”.

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Visita al museo di Borgo Terra a Muro Leccese (foto muro leccese archaeological project)

muro-leccese_parco-archeologico_inaugurazione_locandinamuro-leccese_museo-borgo-terra_inaugurazione_locandina_foto-mlap“Nella seconda parte del seminario – continua Meo – si illustreranno le tappe della valorizzazione del sito pluristratificato che, oltra alla città messapica, vede anche un castello con il suo borgo medievale, numerosi menhir, chiese bizantine di cui una con il più antico ciclo al mondo di affreschi bizantini sul Santo Vescovo, il palazzo di un principe, due chiese barocche di particolare pregio e due conventi cinquecenteschi. Si partirà, pertanto, dalla nascita del Museo di Borgo Terra nel Palazzo del Principe Protonobilissimo nel 2004 passando al suo ampliamento al borgo retrostante, all’apertura dell’ala messapica nel 2017, a quella del parco archeologico messapico nel 2019, fino alle nuove prospettive di valorizzazione e fruizione delle aree attraverso nuovi bandi, alcuni dei quali già vinti, per la messa in rete di tutti i beni di un Paese, Muro Leccese, che ha meno di 5mila abitanti”.

Aquileia. Riapre al pubblico la Domus di Tito Macro, la più grande domus romana di I secolo d.C. dell’Italia settentrionale. Ecco tutti gli orari

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Visite guidate alla Domus di Tito Macro ad Aquileia (foto fondazione aquileia)

Dal 1° febbraio 2023 la Domus di Tito Macro, nell’area archeologica di Aquileia, sarà aperta tutti i giorni al grande pubblico, con ingresso scaglionato ogni 30 minuti, nei seguenti orari: a febbraio, 10-16, durante la settimana; sabato, domenica e festivi fino alle 17; marzo e ottobre, dalle 10 alle 18 tutti i giorni; da aprile a settembre, dalle 10 alle 19 tutti i giorni. Per i visitatori individuali il biglietto è acquistabile: online: clicca qui; al Bookshop della Basilica di Aquileia in piazza Capitolo, 4. Per i gruppi la prenotazione è effettuabile: online: clicca qui; al Bookshop della Basilica di Aquileia in piazza Capitolo, 4. I gruppi potranno inoltre effettuare l’acquisto direttamente al Bookshop Aquileia.

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La domus di Tito Macro nell’area archeologica di Aquileia (foto fondazione aquileia)

La domus di Tito Macro è la più grande domus romana di I secolo d.C. dell’Italia settentrionale. Da dove deriva questo nome? Da un peso di pietra con iscrizione T. MACRI che gli archeologi dell’università di Padova, guidati dal prof. Jacopo Bonetto, hanno scoperto nel corso delle campagne di scavo eseguite tra il 2009 e il 2013. Di questo personaggio non abbiamo altre notizie, ma forse fu proprio lui il proprietario della casa nel momento del suo massimo sviluppo. Un’abitazione davvero enorme: più di 1300 metri quadrati, compresi tra le due strade parallele (cardini) che definivano l’isolato. La domus aveva tutti i comfort: un atrio dotato di pozzo, un’ampia sala da pranzo, un giardino dotato di una fontana zampillante, camere da letto e per il soggiorno, cucina e altri ambienti di servizio. E, tra le botteghe affacciate su uno dei cardini, è stata scoperta anche una panetteria, dotata di forno.

Domus di Tito Macro - Atrio (I sec d.C.)

Ricostruzione 3D dell’atrio della Domus di Tito Macro (I sec d.C.) ad Aquileia (foto fondazione aquileia / Ikon / Nudesign)

La dimora fu indagata parzialmente negli anni ’50 del secolo scorso e, tra il 2009 e il 2015, è stata oggetto degli scavi condotti da parte del Dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, in convenzione con la Fondazione Aquileia e su concessione del MiBACT. Gli scavi hanno permesso di riconoscere, in particolare, la pianta della domus, costruita nel I sec. a.C. e vissuta ininterrottamente fino al VI sec. d.C., e di proporne l’attribuzione a Tito Macro, facoltoso abitante di Aquileia, in base al ritrovamento di un peso di pietra con maniglia di ferro con l’iscrizione T.MACR. Alla casa si accedeva da Ovest, attraverso un atrio sorretto da quattro colonne e dotato di vasca centrale per la raccolta dell’acqua e di un pozzo, parzialmente conservatosi e integrato nella parte mancante. In asse con l’accesso si trovava il tablino, sala da ricevimento del padrone di casa, con ricco pavimento musivo. La parte retrostante della casa gravitava su uno spazio centrale scoperto, il giardino, circondato da un corridoio mosaicato e dotato di una fontana. Su di esso si apriva la grande sala di rappresentanza e, a Sud, il triclinio, affiancato da ambienti di soggiorno e da una stanza da letto (cubicolo). A nord si trovava invece la cucina con bancone in muratura, mentre nella parte orientale sono state riconosciute quattro botteghe, tra le quali anche il negozio di un panettiere con il forno per la panificazione, i cui resti sono rimasti in vista. L’innovativo progetto di valorizzazione e ricostruzione degli ambienti della domus di Tito Macro, promosso dalla Fondazione Aquileia e il cui progetto di copertura è opera del Gruppo di progettazione diretto da Eugenio Vassallo, è stato realizzato attraverso l’utilizzo delle risorse erogate alla Fondazione dalla Regione Friuli Venezia Giulia e mediante il contributo di ALES S.p.A., società in house del MiBACT.

Padova. Giornata di Studi “Mobilità e identità fra VIII e V secolo a.C. in Italia centro-settentrionale”. Ecco il programma

padova_unipd_giornata-di-studi_mobilità-e-identità_locandinaGiornata di studi “Mobilità e identità fra VIII e V secolo a.C. in Italia centro-settentrionale” nell’ambito della Scuola di specializzazione in Beni archeologici e del corso di dottorato in Storia, critica e conservazione dei Beni culturali del Dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova. Appuntamento il 31 gennaio 2023, alle 9.15, nell’aula Nievo di Palazzo Bo, in via VIII Febbraio, 2. Sono invitati a partecipare i dottorandi, gli specializzandi, gli studenti e tutti gli interessati. Alle 9.45, M. Cupitò (università di Padova) su “Dinamiche di mobilità e processi identitari in Veneto al tempo della svolta protourbana: i casi di Este e Padova”; 10.10, A. Marinetti (università Ca’ Foscari di Venezia) su “Mobilità e identità nel Veneto tra VI e V secolo a.C.: i dati dei documenti epigrafici”; 10.35, G. Capasso, V. Baratella, M. Beck De Lotto, L. Bondioli, V. Gallo, M. Vidale (università di Padova), F. Lugli (università di Modena e Reggio Emilia) su “Il problema dell’inumazione nel mondo veneto durante l’età del Ferro tra ritualità e mobilità. Nuovi dati bioarcheologici dalla necropoli patavina del CUS-Piovego”; 11, Pausa caffè; 11.30, F. Marzatico (Provincia autonoma di Trento) su “I Reti: elementi identitari e testimonianze di mobilità”; 11.55, S. Paltineri (università di Padova) su “Identità e mobilità dei Celti d’Italia nell’età del Ferro alla luce dei dati archeologici”; 12.20, P. Solinas (università Ca’ Foscari di Venezia) su “Identità e mobilità dei Celti d’Italia nell’età del Ferro alla luce dei dati epigrafici e linguistici”; 12.55, pausa pranzo; 14, E. Govi (università di Bologna) su “Mobilità e identità in Etruria padana: problemi e prospettive della ricerca archeologica”; 14.25, A. Gaucci (università di Bologna) su “Mobilità e identità in Etruria padana: problemi e prospettive della ricerca epigrafica”; 14.50, A. Naso (università Federico II di Napoli) su “Etruschi fuori d’Etruria: Mediterraneo ed Europa centrale”; 15.15, E. Benelli (università Roma Tre) su “Mobilità e identità in Etruria: il contributo dell’epigrafia”; 15.40, sessione poster: A. Giunto (università di Padova) su “I cinturoni a losanga della prima età del Ferro di Baldaria di Cologna Veneta (Verona). Una rilettura nell’ottica del problema mobilità/identità”; G. A. Garosi, V. Baratella (università di Padova) su “La diffusione dell’iconografia dei fermagli di cintura con decorazione a giorno “tipo 5” di Verucchio tra mondo villanoviano e mondo hallstattiano orientale. Riflessioni sul significato del fenomeno tra meccanismi di mobilità e dinamiche identitarie”; V. Baratella (università di Padova) su “Vasi con decorazione “a pseudo intaglio” a Este e vasi zonati a Bologna. Un riesame del problema nell’ottica del riconoscimento di possibili fenomeni di mobilità”; G. Garatti (università di Pavia), M. Masotti (università di Padova) su “La figurazione del gancio della tomba 48 dalla necropoli di Carceri d’Este tra relazioni veneto-etrusche ed elementi identitari”; 16.10, discussione; 16.30, M. Harari (università di Pavia), conclusioni; 17, chiusura dei lavori.

Padova. Al Liviano giornata di studi dedicata al progetto “La Prima Fonderia di Padova Preromana. The earliest foundry of Pre-roman Padua. I primi risultati”. Ecco il programma

padova_liviamo_prima-fonderia-di-padova-preromana_giornata-di-studi_locandinaRiscoprire i gesti degli antichi vasai. È quanto si propone il progetto “La prima fonderia di Padova preromana” che comprende un sistematico approfondimento delle tecniche usate dai vasai che, nell’VIII secolo a.C., operavano nella prima Padova. Martedì 6 dicembre 2022, dalle 9.30, in sala Sartori, al Palazzo Liviano, in piazza Capitaniato 7 a Padova, appuntamento con la prima giornata di studi dedicata al progetto “La Prima Fonderia di Padova Preromana. The earliest foundry of Pre-roman Padua. I primi risultati”, occasione di scambio e dibattito sul tema. La giornata è promossa dal dipartimento Beni culturali dell’università di Padova (scuola di specializzazione in beni archeologici, corso di dottorato in storia, critica e conservazione dei beni culturali) ed è aperta a dottorandi, specializzandi, studenti e a tutti gli interessati.

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Valentina Famari sta sperimentando al LASeRT del dipartimento Beni culturali dell’università di Padova diverse tecniche per la costruzione dei vasi trovati nella fonderia di Padova preromana (foto dbc-unipd)

Ricco il programma. Alle 9.30, i saluti istituzionali di Massimo Vidale. Quindi prima sessione con chairman Giovanni Leonardi. Alle 10, Marco Pacciarelli su “La prima siderurgia nel Mediterraneo centrale”; 10.50, Michele Cupitò e David Vincenzutto su “Padova pre e protourbana: processi formativi, trasformativi e riconsiderazione del problema dell’estensione e della demografia dell’abitato”. Dopo la pausa caffè, alle 12 riprende Mauro Rottoli su “L’alimentazione vegetale nell’età del Ferro dell’Italia settentrionale tra tradizione e innovazione”; 12.30, Gilberto Artioli su “Archaeometric evaluation of metallurgical activities”. Nel pomeriggio, dopo la pausa pranzo, seconda sessione con chairman Silvia Paltineri. Alle 14.30, Paolo Michelini, Mariangela Ruta Serafini su “Lo scavo di tutela presso la Questura di Padova (Riviera Ruzante), 2000-2001”; 15, Vanessa Baratella su “Microscavo in laboratorio di una sequenza di strutture produttive di VIII sec. a.C. dall’ambiente artigianale del sito della Questura di Padova (Riviera Ruzante)”; Andrea Giunto e Francesca Adesso su “Le tante facce della ceramica: analisi delle tecniche di realizzazione del vespaio fittile e ricostruzione 3D dei suoi vasi”; 16.10, Sofia Manfrin su “Il campione archeozoologico del sito della Questura di Padova (Riviera Ruzante)”; 16.40, Elena Mercedes Pérez Monserrat e Lara Maritan su “Analisi archeometriche della ceramica del sito della Questura di Padova (Riviera Ruzante)”; 17, Valentina Famari su “Repliche sperimentali del vaso del sole”.