Archivio tag | Diomede

Ferrara. Al museo Archeologico nazionale aperta la mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo”, culmine delle celebrazioni Spina100: racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica

ferrara_archeologico_mostra.spina-etruisca_Ricostruzione-di-unabitazione-di-Spina_foto-università-zurigo

Ricostruzione di un’abitazione di Spina (foto università di zurigo)


comacchio_antica-spina-archeologica

Le Valli di Comacchio che conservano le tracce dell’antica città etrusca di Spina (foto http://www.rivadelpo.it)

“L’impresa archeologica più importante nell’ambito dell’Italia settentrionale preromana”: così Nereo Alfieri, primo direttore del museo Archeologico di Ferrara, chiosò nel 1960 l’epica vicenda degli scavi di Spina, che andavano allora chiudendosi dopo una stagione assai intensa di scoperte e ritrovamenti, campagne di scavo e trafugamenti, clamore mediatico e partecipazione popolare. Nella tarda primavera del 1922, durante le bonifiche dei bacini lagunari attorno a Comacchio, tra operai al lavoro e trincee colme di acque di risalita, riemerse dall’oblio la ricca città portuale degli Etruschi fondata in prossimità del delta del Po alla fine del sesto secolo a.C., sommersa per secoli dalle acque dolci e dal fango e perduta alla conoscenza diretta degli uomini. Solo le fonti antiche e i poeti (Boccaccio e Carducci, per fare qualche nome) ne conservarono memoria fino a cento anni fa.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_locandina

Locandina della mostra “Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara dal 22 dicembre 2022 al 23 aprile 2023

 

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_osanna-sgarbi-cozzolino_1_foto-drm-emilia-romagna

Presentazione della mostra “Spina etrusca”: da sinistra, Massimo Osanna, Vittorio Sgarbi e Giorgio Cozzolino (foto drm-emilia-romagna)

Dopo un secolo dall’impresa archeologica, il museo Archeologico nazionale di Ferrara, diretto da Tiziano Trocchi, nato per Spina e inaugurato nel 1935, intende celebrare questa ricorrenza con una mostra ospitata nei saloni di Palazzo Costabili, che – inaugurata il 22 dicembre 2022 – rimarrà aperta al pubblico fino al 23 aprile 2023: “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo” (nel video, la presentazione ufficiale con Vittorio Sgarbi, sottosegretario alla Cultura; Giorgio Cozzolino, direttore regionale Musei Emilia-Romagna; Massimo Osanna, direttore generale Musei; Monica Miari, soprintendente ABAP-BO reggente; Cristina Ambrosini, responsabile Cultura della Regione Emilia-Romagna; Marco Gulinelli, assessore alla Cultura del Comune di Ferrara; Giuseppe Sassatelli, presidente dell’istituto nazionale di Studi etruschi ed italici e presidente del comitato scientifico della mostra). La mostra racconta di una città costruita sull’acqua e votata alla navigazione per mare, potente centro dell’alto Adriatico in dialogo paritario con l’Atene di età classica, porto dalla strategia aggressiva a controllo delle rotte verso occidente. La mostra rappresenta il culmine delle iniziative per le celebrazioni del centenario, coordinate dalla direzione generale Musei in stretta collaborazione con la direzione regionale Musei Emilia-Romagna e il museo Archeologico nazionale di Ferrara, d’intesa con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e per le province di Modena Reggio Emilia e Ferrara, con la partecipazione di Regione Emilia-Romagna, delle amministrazioni comunali di Ferrara e Comacchio e delle università di Ferrara, Bologna e Zurigo.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_allestimento_1_foto-drm-emilia-romagna

Allestimento della mostra “Spina etrusca” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)

L’allestimento sceglie di affidarsi in modo consistente al linguaggio delle tecnologie di ricostruzione dei paesaggi e dei contesti antichi per dare vita a una narrazione di forte suggestione. Al di là dell’indubbio splendore materico dei reperti esposti – con importanti prestiti dai principali musei archeologici italiani e prestigiosi materiali provenienti dal Metropolitan Museum of Art di New York, alla cui presenza in mostra ha contribuito anche la Regione Emilia-Romagna -, la mostra intende suggerire ai visitatori il significato del grande porto di Spina per gli Etruschi del V secolo a.C. e per i cittadini “mediterranei” del 2022.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_allestimento_3_foto-drm-emilia-romagna

Ceramiche esposte nella mostra “Spina etrusca: un grande porto del Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)

Col tragitto per mare dal Pireo fino al delta del Po, su imbarcazioni percorse da marinai, cariche di contenitori di vino e profumi, ricche di raffigurazioni mitiche ben note agli Etruschi, comincia il percorso espositivo, accompagnato dalle narrazioni mitologiche che ambientavano qui, alla foce dell’Eridano (antico nome del fiume Po), le tristi vicende di Fetonte e di Icaro, degli eroi greci civilizzatori per antonomasia, Diomede ed Eracle. Il profilo di Spina, per chi vi approdava dal mare, si mostrava coi dossi e le depressioni delle sue necropoli, ancora evocati nella rappresentazione delle carte geografiche del Salone d’Onore del museo, e dichiarava nelle scelte del rituale funebre la complessità della comunità che vi abitava.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_allestimento_6_foto-drm-emilia-romagna

Corredi dalla necropoli di Spina (foto drm-emilia-romagna)

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_bronzetto_foto-drm-emilia-romagna

Bronzetto esposto nella mostra “Spina etrusca: un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara (foto drm-emilia-romagna)

Gli spineti si facevano seppellire con ricchi corredi di materiali ceramici e bronzei di provenienza eterogenea, che evocavano analoghe scelte nel rituale condivise con le élites aristocratiche degli altri grandi centri etruschi della Penisola. È una rete complessa di echi, di rimandi, somiglianze ed evocazioni quelle che si dipana tra gli oggetti delle tombe da Spina e da Pisa, Adria o Cerveteri. Ma la vita quotidiana degli spineti si muoveva tra l’abitato, con le sue costanti esigenze di manutenzione e adattamento all’ambiente lagunare, e il porto, fulcro dell’attività commerciale ed economica della città e dei suoi dintorni. Mercanti, anfore e marinai, rumori di sartie e di magazzini, prezzi e contrattazioni in più lingue. Anche testimonianze di culto, per pregare e ringraziare di un viaggio pericoloso giunto a destinazione. Il richiamo all’attualità, evocata con discrezione per associazione di funzioni e significati, senza mai sottintendere confronti impossibili, invita il visitatore a immaginare la storia “organica” che sfugge ai metodi di ricerca della disciplina archeologica: gli uomini, i rumori, gli odori che dovevano seguire il percorso dei bellissimi capolavori di ceramica attica oggi esposti in museo. Due mari, Tirreno e Adriatico, due porti, e lo stesso privilegio: come ci tramandano Dionigi e Strabone, entrambe le città etrusche di Spina e Pyrgi (Cerveteri), a cui la mostra dedica un’intera sezione, ebbero l’onore di costruire un donario nel santuario panellenico di Delfi.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_ceramiche_foto-drm-emilia-romagna

Preziose ceramiche a figure rosse dagli scavi di Spina (foto drm-emilia-romagna)

L’incredibile mobilità che connota la comunità spinete si riflette nella pluralità delle provenienze degli oggetti delle necropoli e nella molteplicità culturale ed etnica della compagine cittadina, frequentata da persone che parlavano e scrivevano in lingue differenti. La mostra non trascura di raccontare anche di una mobilità più recente, che testimonia i fenomeni di dispersione del patrimonio emerso dalle valli di Spina in diversi musei italiani e stranieri. Il prestigioso prestito dei vasi del Metropolitan Museum of Art di New York si fa portavoce di questo racconto e porta luce sulla presenza internazionale di Spina in numerose esposizioni museali. Il viaggio per mare dalle coste della Grecia si conclude con un percorso che termina a Ferrara, nel momento della scoperta della necropoli di Valle Trebba e nella conseguente decisione di dar vita al Regio Museo di Spina, oggi Museo archeologico nazionale di Ferrara. La mostra che celebra a Ferrara il centenario della scoperta di Spina segue dopo quasi vent’anni l’ultima grande esposizione dedicata alla città etrusca e vuole narrare il volto di un centro nodale nei traffici mediterranei e adriatici di età classica.

ferrara_archeologico_mostra-spina-etrusca_hydria-etrusca_foto-drm-emilia-romagna

Hydria etrusca a figure nere del Pittore del Vaticano 238 dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto drm-emilia-romagna)

Nella seconda metà del 2023 la mostra “Spina etrusca” sarà ospitata dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, ultima tappa del suo viaggio. “Un grande motivo di orgoglio”, commenta il direttore Valentino Nizzo, “di cui dobbiamo ringraziare la direzione regionale musei dell’Emilia Romagna e la Direzione generale Musei del MiC. Cercheremo di onorare adeguatamente l’impegno rendendo omaggio a Spina e a ciò che rappresenta nell’archeologia, nell’arte, nella storia e nel mito”.

Napoli. Nel giorno del 700mo anniversario dalla morte di Dante il museo Archeologico nazionale presenta la mostra “Divina Archeologia. Mitologia e storia della Divina Commedia nelle Collezioni del Mann”: 56 reperti, in gran parte inediti; due sezioni espositive, tra mito e storia. Progetto di valorizzazione con un podcast dedicato

Locandina della mostra “Divina Archeologia. Mitologia e storia della Divina Commedia nelle Collezioni del Mann” al museo Archeologico nazionale di Napoli dal 29 ottobre 2021 al 10 gennaio 2022

Lo scorso marzo, in occasione del Dantedì 2021 e delle celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Alighieri, il museo Archeologico nazionale di Napoli aveva presentato in anteprima digitale, su Facebook ed Instagram, alcune opere dell’esposizione dedicata a “Divina Archeologia. Mitologia e storia della Divina Commedia nelle Collezioni del Mann” (vedi Napoli. In occasione del Dantedì 2021 il museo Archeologico nazionale presenta on line della mostra “Divina Archeologia” (dal 14 settembre), mitologia e storia della Divina Commedia nelle collezioni del Mann. Giulierini: “Racconteremo Dante e il mondo classico. E anche il rapporto del nostro territorio con Virgilio e l’immaginario del Sommo Poeta” | archeologiavocidalpassato). “Annunciamo nel DanteDì  la data simbolica scelta  per l’inaugurazione della mostra, il 14 settembre 2021”, aveva spiegato il direttore Paolo Giulierini. Il 14 settembre 2021 la mostra “Divina Archeologia. Mitologia e storia della Commedia di Dante nelle collezioni del MANN” non apre (sarà in programma al museo Archeologico nazionale di Napoli dal 29 ottobre 2021 al 10 gennaio 2022: 56 reperti, di cui 40 selezionati dai depositi, manufatti in gran parte poco conosciuti al pubblico o inediti).  Ma in questa data emblematica, il direttore Paolo Giulierini traccia le linee guida dell’esposizione: “Perché Dante al museo Archeologico nazionale di Napoli?  Divina archeologia, che abbiamo voluto annunciare proprio in occasione del 14 settembre, data della morte del Sommo Poeta 700 anni fa, vuole essere un cammino dantesco originale e pieno di scoperte.

napoli_mann_achille e chirone nella basilica di ercolano_foto-giorgio albano

L’affresco da Ercolano con Achille e il centauro Chirone, conservato al Mann (foto Giorgio Albano)

Dante, che fu a Napoli due volte come ambasciatore presso Carlo II d’Angiò, nella Commedia come in altre sue opere ci parla infatti di argomenti e personaggi  rappresentati  negli straordinari reperti del nostro Museo.  Da creature fantastiche, come Cerbero, Medusa, Eracle, Diomede, Ulisse, Teseo, Minosse, il Minotauro, le Arpie,  a personaggi storici, a partire da Virgilio, Cesare, Costantino, Traiano.  E su una volta del museo c’è anche lui, Dante. Tanti sono poi gli spunti per itinerari dedicati, a Napoli e in Campania, dalla tomba di Virgilio, ai Campi Flegrei, fino alla vicina piazza Dante, dalla facciata del duomo alla Biblioteca nazionale di Napoli che custodisce uno dei primi manoscritti della Commedia. La nostra narrazione è arricchita anche da  una serie di podcast che ci condurranno con i loro protagonisti all’interno e all’esterno del Mann”.

Monete conservate al Mann ed esposte nella mostra “Divina Archeologia” (foto mann)

napoli_unina_illuminated-dante-project_logoLa mostra, realizzata con il contributo della Regione Campania, si avvarrà della consulenza scientifica del dipartimento di Studi umanistici dell’università di Napoli “Federico II”, in particolare con il professore Gennaro Ferrante, responsabile scientifico dell’Illuminated Dante Project, e delle collaboratrici Fara Autiero e Serena Picarelli. Al team della “Federico II” sono affidate l’analisi e la scelta delle immagini tratte dai manoscritti medievali della Commedia: queste miniature saranno parte integrante del percorso espositivo, instaurando così un dialogo suggestivo tra il reperto classico ed il mondo al tempo di Dante.  Alighieri ed i suoi contemporanei, infatti, studiavano la classicità quasi esclusivamente grazie alle fonti letterarie e, per questo, l’esposizione creerà una saldatura ideale tra espressioni culturali diverse (vasi, statue, affreschi, monete) che hanno “tradotto”, con il proprio linguaggio, la fortuna millenaria della tradizione mitologica.

Vasi, recuperati dai depositi del Mann, con raffigurati miti ripresi da Dante (foto mann)

L’esposizione, che potremo ammirare nelle sale degli affreschi del Mann, sarà articolata in due sezioni: “I racconti del mito” e “I personaggi del mito e della storia”. Nella prima parte dell’allestimento, a cura di Valentina Cosentino (segreteria scientifica del museo), saranno illustrati cinque miti, legati a cinque personaggi significativi del poema dantesco: Achille, Teseo, Ercole, Enea, Ulisse. La seconda sezione sarà immaginata come una galleria di ritratti dei personaggi reali o fantastici che Dante incontra nel suo viaggio ultraterreno: quattro le “categorie” narrate, con mostri, dei, figure storiche, scrittori.

La presunta tomba di Virgilio a Piedigrotta (Napoli)
dal-maso_cinzia

La giornalista e scrittrice Cinzia Dal Maso

andrea-w-castellanza_regista

Il regista Andrea W. Castellanza

Un allestimento e non solo: il 14 settembre, su Spreaker e sulla pagina Facebook del Mann, viene lanciata la prima delle sei puntate della serie “Divina Archeologia podcast”, promossa dal museo Archeologico nazionale di Napoli e realizzata da Archeostorie e NW.Factory.media. Per questo podcast introduttivo, dedicato a Virgilio, ecco un suggestivo viaggio dal presunto sepolcro del poeta a Piedigrotta, giungendo al Lago D’Averno, a Castel dell’Ovo ed, infine, in un ricongiungimento ideale, alle sale del nostro Istituto: musica e parole in un percorso che si svilupperà in altri cinque racconti, diffusi sulle piattaforme podcast e sui canali del Mann, a partire dall’inaugurazione della mostra. Sei puntate, dunque, che raccontano Dante guardandolo da lontano, dal punto di vista di quegli antichi che lui ha usato come metafore di umani vizi e virtù. Ogni puntata è un filo teso tra le epoche per cogliere continuità, connessioni, diversità, stravolgimenti. I brevi testi evocativi di Cinzia Dal Maso e Andrea W. Castellanza, interpretati da attori di vaglia, sono inseriti in un ambiente sonoro che, ideato e realizzato da Erica Magarelli e Francesco Sergnese con la regia di Paolo Righi, è esso stesso racconto. Il risultato è un vero e proprio “podcast narrativo” dove tutto, parole suoni e musiche, concorre armonicamente allo svolgersi del racconto. Divina Archeologia Podcast si ascolta sul sito web del Mann (www.mannapoli.it) e su tutte le piattaforme podcast.

Roma, Percorsi fuori dal PArCo. Nel sesto appuntamento, il viaggio parte ancora una volta dal Palatino per giungere al museo Archeologico nazionale e Grotta di Tiberio a Sperlonga, alla scoperta – seguendo il Palladio – del mito delle origini di Roma, legato all’arrivo di Enea nel Lazio

L’edificio che ospita il museo Palatino sul colle Palatino a Roma (foto PArCo)

Sesto appuntamento col progetto “Percorsi fuori dal PArCo – Distanti ma uniti dalla storia” che vuole portare i cittadini romani e tutti i visitatori a scoprire i legami profondi e ricchi di interesse, ma non sempre valorizzati, tra i monumenti del Parco e quelli del territorio circostante, raccontando, con testi e immagini, il nesso antico che unisce la storia di un monumento o di un reperto del parco archeologico del Colosseo con un suo “gemello”, situato nel Lazio. Dopo aver raggiunto il Comune di Cori (tempio dei Dioscuri), il parco archeologico di Ostia Antica (tempio della Magna Mater), Prima Porta (villa di Livia Drusilla), il parco archeologico dell’Appia Antica (tenuta di Santa Maria Nova), piazza Navona (stadio di Domiziano) il viaggio virtuale – ma ricco di spunti per organizzare visite reali – promosso dal parco archeologico del Colosseo riparte ancora dal Palatino, precisamente dal museo Palatino, dove si conserva il Palladio, per giungere, dopo un viaggio di quasi 130 chilometri, alla villa di Tiberio a Sperlonga (Lt).

Il Palladio Palatino è esposto all’interno del museo Palatino nella Sala di Augusto perché trovato nell’area della Casa di Augusto (foto PArCo)

Il museo Palatino è il luogo in cui si conserva il Palladio, l’oggetto protagonista di questo itinerario che ci porta a quasi 130 chilometri da Roma. Ma le caratteristiche dell’opera in questione ci spingono altrove, nel Mediterraneo orientale: ci sono invisibili fili che grazie a esso collegano il Palatino a Troia. C’è una tradizione che lega in modo indissolubile la storia di Roma al mito greco: l’arrivo di Enea, fuggito da Troia, in Italia e il suo ruolo di progenitore dei romani. Tra le numerose versioni del mito, Dionigi di Alicarnasso narra che fu proprio Enea a portare in Italia il Palladio, l’immagine sacra di Pallade Atena venerata dai Troiani e considerata il pegno per la difesa della città; altre tradizioni narrano invece che furono Ulisse e Diomede a sottrarre il Palladio e a portarlo in occidente.

Il frammento del volto del Palladio, copia in marmo dell’originale ligneo, conservato al museo Palatino (foto PArCo)
roma_museo-palatino_palladio-palatino_elmo_foto-PArCo

Il profilo del Palladio Palatino mostra la presenza dell’elmo di Atena (foto PArCo)

“Il Palladio, in origine una statua lignea (in greco xoanòn)”, raccontano gli archeologi del PArCo, “era fortemente simbolico anche per i Romani, tanto che il primo imperatore, Augusto, lo conservava nel tempio di Vesta dove, assieme al fuoco sacro, garantiva la salvezza della città. L’imperatore aveva istituito il culto di Vesta anche sul Palatino e alcuni studiosi sostengono che il Palladio fu trasportato in questo secondo tempio, o duplicato per avere due simulacri, uno per ogni tempio. Questa seconda ipotesi è però meno sostenuta. Del Palladio oggi al museo Palatino, probabilmente una copia in marmo della mitica statua lignea, si conserva solo un frammento del volto: ma anche così è evidente la forte influenza orientale dell’opera, che dovette essere realizzata tra il tardo arcaismo e la prima età severa (VI-V sec a.C.). L’occhio a mandorla della dea Atena mostra un disegno delicato; il sopracciglio è allungato, lo zigomo pronunciato, e la chioma ordinata disposta attorno al viso scende sulle tempie e copre parte dell’orecchio, che presenta un forellino per l’inserimento di un orecchino”.

I resti della Villa di Tiberio a Sperlonga (Lt): sullo sfondo la cittadina di Sperlonga e, simile a un’isola, il promontorio del Circeo (foto PArCo)
sperlonga_museo_gruppo-ratto-del-palladio_diomede-palladio-ulisse_foto-PArCo

Ciò che rimane del gruppo scultoreo del Ratto del Palladio conservato al museo di Sperlonga. A sinistra la testa di Diomede e parte del braccio che regge il Palladio. Sulla destra la statua di Ulisse, acefala; la testa è stata rinvenuta ed è esposta nello stesso Museo ma in un altro ambiente (foto PArCo)

Ma esiste una seconda raffigurazione del Palladio tra le sculture antiche del Lazio, fanno sapere gli archeologi del PArCo: “Nel 1957, durante la realizzazione della nuova via Flacca, a poche centinaia di metri dalla cittadina di Sperlonga, i costruttori s’imbatterono in una serie di resti archeologici, che furono presto identificati con la villa di Tiberio, più volte citata dalle fonti antiche ma la cui collocazione era sconosciuta. Durante gli scavi furono rinvenuti dei gruppi scultorei che narrano alcuni episodi delle gesta di Ulisse. Le sculture, tutte di pregevole valore artistico (quello di Scilla riporta le firme di tre scultori rodii, che sono ritenuti autori anche del Laocoonte dei musei Vaticani), erano in antico collocate in un teatro naturale costituito da una grotta resa ancor più suggestiva da una serie di accorgimenti decorativi”.

Gruppo in marmo del “Ratto del Palladio” al museo Archeologico nazionale di Sperlonga: si conserva la testa di Diomede e parte del suo braccio con la mano che afferra con forza e vigoria la statua del Palladio (foto PArCo)

“Il gruppo del Ratto del Palladio – continuano – narra uno degli episodi che incisero sull’esito finale della guerra di Troia, ossia proprio il momento in cui l’immagine sacra di Pallade Atena viene rubata da Ulisse e Diomede, privando così Troia della sua protezione divina. La composizione conservata al museo Archeologico nazionale di Sperlonga immortala uno degli istanti più significativi della narrazione, ossia il balenare degli occhi e il vibrare della lancia, segni tramite i quali il Palladio rivela sé stesso, e impedisce ad Ulisse, che nasconde la spada nel mantello avvolto intorno al braccio, già pronto a sguainarla, la realizzazione del suo piano -dettato dall’invidia- di colpire alle spalle l’amico Diomede e di presentarsi ai Greci come portatore del Palladio”.

Villa di Tiberio, Sperlonga: il suggestivo paesaggio che si può ammirare dalla grande grotta naturale in cui erano collocati i gruppi scultorei (ora conservati nel vicino museo Archeologico nazionale) (foto PArCo)

Il museo Archeologico nazionale di Sperlonga e Grotta di Tiberio si possono visitare dal giovedì alla domenica, dalle 8.30 alle 19.30 (ultimo ingresso alle 19). L’area archeologica: dal giovedì alla domenica, dalle 8.30 alle 16 (invernale), dalle 8.30 alle 19 (estivo). Biglietto: intero 5 euro, agevolato 2 euro (dai 18 ai 25 anni), fatte salve le agevolazioni previste dal regolamento di ingresso ai luoghi della cultura italiani, consultabili nel sito web del ministero della Cultura.

Roma. Il parco archeologico del Colosseo celebra la giornata del Mare promuovendo il progetto “La rotta di Enea”, itinerario culturale che segue il viaggio del mitico eroe da Troia al Lazio. Annunciati convegno sul Tempio di Vesta e una mostra sul Palladio. E nel 2022 convegno su “Le città di Troia, Cartagine e Roma tra mito e storia”

La copertina del libro “Enea. L’ultimo dei Troiani. Il primo dei Romani” (Salerno Editrice)
giornata_del_mare_2021

Giornata nazionale del Mare 2021

Oggi, 11 aprile 2021, è la Giornata nazionale del Mare, istituita in Italia nel 2018. Il parco archeologico del Colosseo celebra la Giornata nazionale del Mare sull’onda grande progetto “La rotta di Enea”, promosso dall’associazione Rotta di Enea (www.aeneasroute.org ), al quale il PArCo partecipa sin dalle fasi di avvio. Il progetto coinvolge un ampio network di istituzioni internazionali presenti nel bacino del Mediterraneo, unite da un itinerario culturale che segue il viaggio del mitico eroe, fuggitivo da Troia in fiamme e poi fondatore della città di Lavinium, mentre il figlio Ascanio fonderà sui Colli Albani Alba Longa e dalla sua stirpe nascerà Romolo, fondatore di Roma e suo primo re. Di questo e molto altro ha parlato recentemente in Curia Iulia Mario Lentano (Università di Siena) a proposito del suo volume “Enea. L’ultimo dei Troiani, il primo dei Romani”, edito da Salerno editrice. Chi non ha avuto la possibilità di seguire l’incontro, è disponibile il podcast Dialoghi in Curia | Enea. L’ultimo dei Troiani, il primo dei Romani – Parco archeologico del Colosseo | Podcast on Spotify.

Ara Pacis (Roma): Enea, con il capo velato, compie un sacrificio agli dei appena giunto a Lavinium; di fronte a lui il figlio Ascanio, in alto a sinistra il tempio dei Penati portati da Troia (foto da http://www.aeneasroute.org)
associazione-rotta-di-enea_logo

Il logo dell’associazione Rotta di Enea

“Un progetto nel nome del mito di Enea”, spiega Giovanni Cafiero, presidente dell’associazione Rotta di Enea, “è un patto tra generazioni per non abbandonare il vecchio Anchise, ma allo stesso tempo per pre-occuparsi del futuro di Ascanio, un progetto di ripresa da un lungo periodo di smarrimento, che ruota intorno a un progetto umanistico comune. Uno smarrimento che ha portato a gravi crisi economiche e ambientali preesistenti, ma apparse più evidenti alla luce dell’emergenza pandemica. La Rotta di Enea costituisce un nuovo itinerario marittimo a tema archeologico, culturale e paesaggistico, che rappresenta – attraverso il mito di Enea e il racconto virgiliano dell’Eneide – la fusione del patrimonio culturale mediterraneo di cui la Roma antica fu erede e che sistematizzò attraverso istituzioni e leggi comuni che hanno costituito il riferimento per tutta l’Europa”.

Mappa della rotta di Enea da Troia alle coste del Lazio (foto associazione Rotta di Enea)

Le tappe del viaggio di Enea. “Leggere l’Eneide – spiega l’associazione Rotta di Enea -vuol dire scoprire le radici mitiche della nostra storia nata intorno al Mediterraneo, culla di civiltà e luogo di incontro fra culture, quasi il liquido amniotico della nostra Europa. La Rotta di Enea, attraverso un itinerario fatto di secoli e di molte soste nel Mediterraneo, è un percorso fisico, attraverso le località toccate dall’eroe troiano in fuga dalla sua città in fiamme in cerca di un nuovo inizio in una terra sconosciuta. È un viaggio ideale, perché parla della storia dell’uomo, sempre pronto a viaggiare, per scelta o per necessità, e a cercare casa dove regnano pace e prosperità, portando con sé affetti e saperi. È una rotta culturale, perché racconta attraverso l’archeologia, la natura, la letteratura, una storia avvincente nella quale tutti possiamo riconoscerci. Il viaggio tocca cinque paesi diversi, ventuno località diverse, tra le quali ben cinque siti Unesco, ma anche molti altri luoghi straordinari ed affascinanti, tutti da scoprire”.

Smontaggio dei ponteggi del cantiere di restauro del Tempio di Vesta (foto PArCo)

Il parco archeologico del Colosseo intende promuovere il patrimonio archeologico e culturale dei paesi coinvolti affacciati sul Mediterraneo, organizzando (dopo la riapertura) una serie di attività ed eventi che ne raccontano storia e leggende, natura e paesaggi. “Il 9 giugno 2021”, spiegano al PArCo, “abbiamo intenzione di proporre un convegno su “Il Tempio di Vesta – Archeologia, Architettura e Restauro” in occasione della conclusione delle attività di manutenzione straordinaria condotte sul monumento tra il 2020 e l’inizio del 2021. Verranno analizzati i diversi aspetti connessi all’evidenza archeologica e i differenti approcci alla conservazione e restauro di inizio Novecento”.

La testa di Atena, il cosiddetto Palladio, conservata al museo Palatino (foto PArCo)

Tra i progetti in cantiere una mostra sul Palladio, la statua in legno (xoanon) di Pallade Atena che aveva il potere di proteggere l’intera città. Ulisse e Diomede la sottrassero ai troiani ed Enea la portò a Roma, dove fu conservata nel Tempio di Vesta nel Foro Romano per secoli. In questa occasione verrà esposto anche il famoso Palladio del museo Palatino. “Si tratta di una testa in marmo greco insulare, proveniente molto probabilmente dall’area del Colle Palatino”, spiegano gli archeologi del PArCo, “che appartiene ad una statua di Atena armata di dimensioni minori rispetto al naturale (circa 1 metro di altezza). La testa è caratterizzata da un elmo liscio che lascia in vista la capigliatura. L’occhio a mandorla, di taglio ionico con sopracciglio allungato, e le ciocche di capelli ondulate ad incorniciare la fronte datano l’originale al periodo tardo arcaico o alla prima età severa (480-450 a.C.). La raffigurazione di Atena armata, di dimensioni ridotte, prende il nome di Palladio, statuetta sacra che aveva il potere di proteggere un’intera città e che, secondo una tradizione, era stata portato a Roma da Enea ed era conservata nel tempio di Vesta nel Foro Romano”. Per il prossimo anno sono in programma altri eventi. Tra questi, una conferenza internazionale su “Le città di Troia, Cartagine e Roma tra mito e storia”, un momento di confronto e di analisi delle più recenti informazioni archeologiche.

Dantedì 2020: il Mann partecipa sui canali social anticipando i contenuti della grande mostra “Divina Archeologia. La mitologia e la storia nella Commedia di Dante”. Messaggio del direttore ai visitatori virtuali

 

Il retro della celebre Tazza Farnese con raffigurazione di Medusa (foto Mann)

“Divina Archeologia. La mitologia e la storia nella Commedia di Dante”, il cui progetto scientifico è stato già presentato al “Comitato Nazionale per le Celebrazioni dei settecento anni dalla morte di Dante Alighieri nel 2021” è la grande mostra in programma al Mann in autunno del 2021. Il 25 marzo 2020, per il primo Dantedì, il museo Archeologico nazionale di Napoli parteciperà alla campagna di comunicazione del MIBACT: utilizzando, sui propri canali social, gli hasthag ufficiali #IoleggoDante e #Dantedì, il Mann intraprenderà un suggestivo viaggio virtuale, tra letteratura ed arte, anticipando i contenuti della mostra. Attraverso le rappresentazioni di vasi, affreschi, statue e rilievi, sarà possibile seguire figure ed immagini della fantasia dantesca, che recepiva con curiosità e profondità la cultura del mondo antico: Cerbero, Diomede, Ulisse, le Arpie, Medusa, Eracle, Minosse e Teseo saranno soltanto alcuni dei personaggi raccontati nel percorso espositivo, che traccerà un curioso itinerario di visita anche grazie alle terzine della Commedia; la mostra rivolgerà uno sguardo attento anche alla città di Napoli, per individuarne i legami con il poeta fiorentino.

Hydria a figure nere (VI sec. a .C.), attribuita al pittore di Edimburgo, con Eracle e Cerbero (foto Mann)

Il 25 marzio 2020, dunque, i fan e i follower dei social del Mann potranno non soltanto ammirare alcuni splendidi reperti, ma anche ritrovare le simmetrie tra i capolavori antichi ed i versi danteschi: tra le opere che saranno presentate al pubblico virtuale del Museo, vi sarà anche l’Hydria a figure nere, attribuita al pittore di Edimburgo, con Eracle e Cerbero (fine VI sec. a.C.); lo splendido vaso sarà naturalmente inserito nell’esposizione dedicata a Dante nel 2021.

Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Graziano Tavan)

Sempre mercoledì 25 marzo 2020 alle 12, in concomitanza con l’appuntamento web lanciato dal Mibact in tutta Italia, il direttore del Mann, Paolo Giulierini, sarà presente sulla pagina Facebook del museo Archeologico nazionale di Napoli con un proprio videomessaggio: una lettura significativa da dedicare al popolo dei social, attendendo il momento in cui tutti usciremo “a riveder le stelle”.