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Roma. Dopo 1800 anni l’acqua è tornata alle Terme di Caracalla con lo Specchio d’acqua inaugurato con la prima di “Rhapsody in blue” di Gershwin con Ccn AterBalletto. Il direttore Mirella Serlorenzi: “Il progetto vuole restituire la percezione, la comprensione, la fruizione del monumento come era in antico ponendo al centro i bisogni di arricchimento culturale dei visitatori”

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Riflessi nello Specchio d’acqua alle Terme di Caracalla a Roma (foto ssabap-roma)

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Lo Specchio d’acqua alle Terme di Caracalla by night a Roma (foto ssabap-roma)

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AterBalletto alle Terme di Caracalla a Roma (foto ssabap-roma)

Dopo oltre mille anni l’acqua, elemento fondativo e vitale di tutti gli impianti termali, torna alle Terme di Caracalla con lo Specchio d’acqua: un intervento di architettura contemporanea promosso dalla Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro. Il progetto nato dalla collaborazione di Mirella Serlorenzi, direttore del sito, con l’architetto Hannes Peer, rende le suggestioni degli ambienti termali con nebulizzazioni, zampilli e giochi di luce che avranno la funzione di evocare le antiche Terme. Lo specchio è stato realizzato dall’impresa Angeloni Angelo, con Daniele Romani e Alessandro Maiocchetti. Cui si aggiunge l’elemento del riflesso delle architetture archeologiche nello Specchio d’acqua. La Soprintendenza Speciale di Roma, sabato 13 aprile 2024, ha voluto festeggiare con la Capitale il ritorno dell’acqua alle Terme Antoniniane regalando ai cittadini un pomeriggio di spettacolo, cultura e bellezza con Aterballetto che ha portato in scena per la prima volta a Roma “Rhapsody in Blue”, una nuova coreografia creata da Iratxe Ansa e Igor Bacovich per il centenario della più famosa partitura di George Gershwin composta nel 1924.

Danzare su uno specchio d’acqua tra le maestose architetture delle Terme di Caracalla sulle musiche di “Rhapsody in blue” di George Gershwin. “Rhapsody in blue”, spiegano I coreografi Iratxe Ansa e Igor Bacovich, “è di per sé un giocattolo fantastico per un coreografo, per un creativo. Essendo così potente, così allegra, così frizzante, è percorsa da varianti di forma costanti, e sembra di attraversare una foresta incantata: nel giro di pochi passi, di pochi minuti, incontri un essere magico, un cielo irreale che cambia di colore sopra di te… ci si muove in questo mondo fantastico, dove la rapsodia regala uno spazio sonoro dove tutto è possibile, dove da ogni angolo fanno capolino elementi sempre nuovi e tu sei continuamente sorpreso. I corpi reagiscono ad input concitati e sempre diversi. Abbiamo giocato con tutto questo, chiudendo gli occhi e sognando nuovi mondi ogni volta che entravamo in contatto con un nuovo tema”.

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“Rhapsody in blue” con AterBalletto alle Terme di Caracalla a Roma (foto ssabap-roma)

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Zampilli nello Specchio d’acqua alle Terme di Caracalla a Roma (foto ssabap-roma)

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Giochi d’acqua nello Specchio alle Terme di Caracalla a Roma (foto ssabap-roma)

Anelli di una storia comune che si riallacciano l’uno all’altro creando una partitura di meraviglia. Le Terme di Caracalla tornano a essere il fulcro di un progetto culturale di ampio respiro che è iniziato sulle note di “Rhapsody in Blue” di George Gershwin. Una magia a passo di danza che si riflette nello Specchio. Lo Specchio è solo l’inizio di una rivoluzione alle Terme di Caracalla che ha l’ambizione di diventare un sito archeologico riprogettato in chiave contemporanea, all’insegna delle migliori pratiche di conservazione, restauro e valorizzazione per rendere il complesso monumentale all’avanguardia nella fruizione culturale della Capitale. Il Soprintendente Daniela Porro ha presentato il progetto insieme al direttore del monumento Mirella Serlorenzi in uno scenario di emozioni evocate dal ritorno dell’acqua alle Terme Antoniniane. Come ha spiegato Serlorenzi il progetto nasce da “un principio inderogabile: restituire la percezione, la comprensione, la fruizione del monumento come era in antico ponendo al centro i bisogni di arricchimento culturale dei visitatori, da qualsiasi parte del mondo essi provengano”. Sulle note di “Rhapsody in blue” diventata geniale coreografia ad opera di Iratxe Ansa e Igor Bacovich e interpretata da Ccn Aterballetto lo Specchio alle Terme di Caracalla svela, come ha aggiunto Serlorenzi: “Una visione ampia e generale che superi il concetto romantico della rovina per restituire agli imponenti resti archeologici il potenziale storico di cui sono portatori mettendo a punto progetti di studio e ricerca di ampio respiro e soprattutto la riconnessione urbanistica con la città”. L’opera è frutto di connessioni e collaborazioni uniche, a cominciare da Cristiano Leone, curatore artistico, Hannes Peer, architetto dello Specchio, Maurizio Pinotti, responsabile tecnico delle Terme, gli architetti Paolo Bornello, Andrea Grandi e Carmelo Garazzo, al paesaggista Beppe Provasi, il tutto con la collaborazione dello staff di Caracalla con Leandro Lentini, Barbara Ciarrocchi e Alba Casaramona e con il contributo di Electa, Rosanna Cappelli, Anna Grandi, Gabriella Gatto, di Francesco Giambrone, sovrintendente del Teatro dell’Opera, Stefano Rossi per l’aiuto nell’allestimento del palco e a Francesco Arena del Teatro dell’Opera per i consigli pratici, dell’Ufficio amministrativo della Soprintendenza con Ebe Pulcini, Daphne Iacopetti e Veronica Pepe, Luca Del Fra e Valentina Catalucci dell’Ufficio stampa e Silvia Agostinetto e Paola Caramadre dell’Ufficio comunicazione.

Roma. Sotto Palazzo della Rovere o dei Penitenzieri, a un passo da San Pietro, scoperto il Teatro di Nerone, noto dalle fonti antiche ma mai ritrovato, dove l’imperatore provava le sue esibizioni artistiche. Dopo gli studi sarà reinterrato

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I resti del Teatro di Nerone scoperti sotto Palazzo della Rovere a Roma (foto fabio caricchia)

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I resti del Teatro di Nerone scoperti sotto Palazzo della Rovere a Roma (foto fabio caricchia)

A Roma, nel cortile di Palazzo della Rovere o dei Penitenzieri, in via della Conciliazione, a un passo dalla basilica di San Pietro, qui dove duemila anni fa c’erano gli Horti di Agrippina, sono venute alla luce le strutture identificabili con il Teatro di Nerone: la ricerca sul campo condotta dalla soprintendenza speciale di Roma, dopo oltre due anni di indagini archeologiche, ha restituito una articolata stratigrafia, che dalla tarda età repubblicana arriva fino al XV secolo. Lo scavo si è svolto inizialmente sotto la direzione scientifica prima dell’archeologo Renato Sebastiani e poi dell’archeologo Alessio De Cristofaro, ed è stato condotto sul campo dall’archeologa Marzia Di Mento. Il Palazzo dei Penitenzieri, di proprietà dell’Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, in parte è stato ceduto alla società Four Season di Bill Gates per la realizzazione di una struttura ricettiva di lusso. Per la loto posizione, i resti archeologici, dopo gli studi necessari, saranno reinterrati per garantire la loro conservazione. I reperti mobili, statue, colonne, elementi architettonici saranno valorizzati all’interno di Palazzo della Rovere.

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I resti del Teatro di Nerone scoperti sotto Palazzo della Rovere a Roma (foto fabio caricchia)

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I resti del Teatro di Nerone scoperti sotto Palazzo della Rovere a Roma (foto fabio caricchia)

“Si tratta di una scoperta di eccezionale importanza”, spiega Daniela Porro soprintendente speciale di Roma, “che testimonierebbe uno straordinario edificio di età giulio claudia, il teatro dove Nerone provava le sue esibizioni poetiche e canore, noto dalle fonti antiche ma mai ritrovato. Di grande interesse anche i rinvenimenti medioevali e moderni, che arricchiscono le conoscenze storiche e topografiche sulla evoluzione di una importante area della città. Ottimi risultati scientifici conseguiti grazie alla proficua collaborazione con l’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme”.

Roma. Per “Il Maggio dei Libri” al via “Letture al Mausoleo”: quattro incontri al mausoleo di Sant’Elena a Tor Pignattara. Ingresso libero

roma_s-elena_letture-al-mausoleo_locandinaQuattro incontri, quattro autori, un monumento unico che caratterizza una periferia storica della città di Roma. In occasione della rassegna “Il Maggio dei Libri”, la soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, presieduta da monsignor Pasquale Iacobone, promuovono la rassegna “Letture al Mausoleo” dal 16 al 26 maggio 2023 al mausoleo di Sant’Elena a Tor Pignattara. L’iniziativa giunta alla seconda edizione amplia l’offerta culturale del sito archeologico coinvolgendo autori e studiosi di grande spessore. Si inizia martedì 16 maggio 2023, alle 18, con Igiaba Scego, finalista al Premio Strega 2023, che presenterà il romanzo “Cassandra a Mogadiscio” edito da Bompiani. Il secondo appuntamento sarà incentrato su “Roma. Il racconto di due città” del professor Daniele Manacorda, edito da Carocci Editore, e si terrà venerdì 19 maggio 2023, alle 17.30. Il percorso culturale prosegue martedì 23 maggio 2023 con il romanzo “Vita degli Anfibi” di Piero Balzoni, proposto al Premio Strega 2023 da Paolo Di Paolo, edito da Alter Ego. L’ultimo incontro si terrà venerdì 26 maggio 2023, alle 17.30, con l’archeologo Enrico Giannichedda che ci condurrà dentro un’archeo inchiesta, ovvero “Il tesoro di Dorak” edito da Edipuglia. Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.

Roma. Al museo Ninfeo giornata di studi, in presenza e on line, “Dallo scavo all’edizione: il museo Ninfeo a confronto” per ripercorrere il lungo percorso di ricerca e valorizzazione del museo Ninfeo di piazza Vittorio Emanuele II nel quartiere Esquilino

roma_ninfeo_dallo-scavo-all-edizione_giornata-di-studio_locandinaMartedì 18 aprile 2023, dalle 9.30 alle 17.30, al museo Ninfeo di Roma, giornata di studio “Dallo scavo all’edizione: il museo Ninfeo a confronto” dedicata a ripercorrere il lungo percorso di ricerca e valorizzazione del museo Ninfeo di piazza Vittorio Emanuele II a Roma nel quartiere Esquilino. La narrazione di questa esperienza sarà l’occasione per una riflessione e un confronto con altri interventi di scavo in luoghi chiave della Capitale quali la Villa dell’Auditorium e le pendici settentrionali del Palatino. L’evento, organizzato dall’Istituto centrale per l’archeologia (ICA) in collaborazione con la soprintendenza speciale di Roma e con il dipartimento di Scienze dell’Antichità – Sapienza università di Roma, sarà ospitato all’interno della sala conferenze dell’ENPAM, incastonata all’interno dell’area archeologica del museo Ninfeo. I lavori saranno presieduti da Elena Calandra, direttore dell’Istituto centrale per l’archeologia, Maria Teresa D’Alessio, professore ordinario di Metodologie della ricerca archeologica della Sapienza Università di Roma e da Mirella Serlorenzi, archeologa della soprintendenza speciale ABAP di Roma, che ha diretto gli scavi e il successivo studio sul Ninfeo di piazza Vittorio Emanuele II. La giornata sarà tramessa in streaming su questa pagina Facebook dell’Istituto centrale per l’Archeologia.

Il programma. Alle 9.30 saluti: Daniela Porro, soprintendenza speciale Archeologia Belle arti e Paesaggio di Roma; Luigi La Rocca, direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio. “Le ragioni della giornata”: introducono Mirella Serlorenzi, soprintendenza speciale Archeologia Belle arti e Paesaggio di Roma; Maria Teresa D’Alessio, Sapienza Università di Roma; Elena Calandra, Istituto centrale per l’archeologia. SESSIONE 1- “Le modalità della ricerca archeologica”, modera: Valeria Boi, Istituto centrale per l’archeologia. Alle 10, Mirella Serlorenzi, SS ABAP di Roma, su “L’esperienza dello scavo di Piazza Vittorio. Storia “critica” dello scavo”; 10.30, Maria Teresa D’Alessio, Sapienza Università di Roma, su “Esperienze a confronto: Lo scavo e le scelte del Museo dell’Auditorium”; 11, discussione; 11.30, pausa. SESSIONE 2 – “Dalle stratigrafie ai contesti: l’elaborazione dei dati di scavo”, modera: Giorgia Leoni, soprintendenza speciale Archeologia Belle arti e Paesaggio di Roma. Alle 11.45, Mirella Serlorenzi, SS ABAP di Roma, Giacomo de Cola, parco archeologico del Colosseo, Luca Giovannetti, Laura Pugliesi, Nicoletta Saviane, archeologi liberi professionisti, su “La stratigrafia e la messa in fase del Museo-Ninfeo”; 12.05, Antonio Ferrandes, Sapienza Università di Roma, et alii, su “I materiali del Museo-Ninfeo: le scelte e le loro ragioni”; 12.30, discussione; 13, pausa pranzo. Pomeriggio: alle 14, Paolo Carafa, Sapienza Università di Roma, su “Esperienze a confronto: Le stratigrafie del Palatino, pendice settentrionale”. SESSIONE 3 – “Restituzione al pubblico, musealizzazione e comunicazione”, modera: Elena Calandra, Istituto centrale per l’archeologia. Alle 14.30, Giorgia Leoni, SSABAP Roma e Simone Boni, INKLINK, su “Il Museo-Ninfeo: la comunicazione”; 15, Simona Salvo, Sapienza Università di Roma, “Esquilino Chiama Roma”, su “La ricerca-azione della convenzione “Esquilino chiama Roma” e il contesto attuale del Rione”; 15.30, discussione; 16, tavola rotonda e discussione finale.

Roma. Aperture straordinarie della piramide di Caio Cestio con visite guidate per tre domeniche, tra febbraio e aprile. Ecco la storia di uno dei monumenti più fotografati della Città eterna  

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La piramide di Caio Cestio innalzata a Roma lungo la Via Ostiense, nel periodo tra il 18 e il 12 a.C. (foto ssabap-roma)

È tra i monumenti più fotografati della Città eterna e dopo il Colosseo è il più iconico. Una piramide a Roma desta stupore e meraviglia anche millenni dopo la sua costruzione. Eppure non era la sola, ma è l’unica superstite di una serie di costruzioni similari presente a Roma nel I sec. a.C., sulla scia della moda egizia che si diffuse dopo la conquista del paese dei Faraoni avvenuta nel 31 a.C. La soprintendenza speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, si impegna per la tutela e la conservazione dell’edificio e per offrire opportunità di visita rivolte ai cittadini. In quest’ottica, si inserisce il piano di aperture straordinarie, curato dalla responsabile dell’Ufficio Valorizzazione Angelina De Laurenzi e dal responsabile del sito, l’archeologo Renato Sebastiani, che si terranno da marzo ad aprile 2023. L’iniziativa è supportata da Anvideas e costituisce un esempio di dialogo positivo tra pubblico e privato. Tre domeniche, tre turni di visita (alle 9.30 – 10-30 – 11.30) per un massimo di venti partecipanti per gruppo, una guida pronta a rispondere a tutti i dubbi e le curiosità sulla Piramide. Le visite guidate gratuite si terranno nelle mattinate di domenica 19 febbraio, domenica 26 marzo e domenica 16 aprile. La prenotazione è obbligatoria compilando l’apposito modulo.

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La piramide di Caio Cestio fu inglobata nelle mura Aureliane realizzate tra il 272 e il 279 (foto ssabap-roma)

Tutto è straordinario nella storia del monumento che caratterizza il paesaggio urbano contemporaneo. Infatti, Caio Cestio, uomo politico romano, membro del collegio sacerdotale degli epuloni, dispose nel testamento che la costruzione del proprio sepolcro, in forma di piramide, avvenisse in 330 giorni. La tomba fu innalzata lungo la Via Ostiense, nel periodo tra il 18 e il 12 a.C., cioè tra l’anno di promulgazione della legge contro l’ostentazione del lusso che impedì di porre all’interno della cella alcuni pregiati arazzi, e quello della morte di Agrippa, genero di Augusto, menzionato tra i beneficiari del testamento. La piramide fu successivamente inglobata nella cinta muraria costruita tra il 272 e il 279 su iniziativa dell’imperatore Aureliano e, sfidando il tempo, è giunta intatta fino ai giorni nostri. In anni recenti, l’edificio è stato sottoposto a un importante restauro che ha fatto tornare a splendere il candido marmo. Il progetto è stato finanziato da un mecenate nipponico che ha chiesto e ottenuto che l’intervento fosse concluso entro 330 giorni richiamando la vicenda del testamento di Caio Cestio.

Roma. Scoperto in piazza Pitagora nel quartiere Parioli un tratto di strada basolata: getta luce sul percorso della Salaria Vetus

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Roma: piazza Pitagora nel quartiere Parioli. Scoperto tratto di strada basolata. Veduta da drone (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

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Tomba romana scoperta in piazza Pitagora nel quartiere Parioli a Roma (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

In piazza Pitagora nel quartiere Parioli di Roma riportati alla luce un tratto di una strada basolata, verosimilmente pertinente alla via Salaria Vetus, e una tomba di età romana. La scoperta durante le indagini archeologiche condotte sotto la direzione della soprintendenza Speciale di Roma nell’ambito dei lavori per la realizzazione della nuova linea in cavo interrato Nomentana-Villa Borghese.

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Il tratto di strada basolata scoperto in piazza Pitagora nel quartiere Parioli a Roma (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

Gli scavi, con la direzione scientifica di Fabrizio Santi, archeologo della soprintendenza Speciale di Roma, coadiuvato da Alba Casaramona e Leandro Lentini, e condotti sul campo dagli archeologi Cesare Baglieri, Angela Conti e Viviana Petraroli della Tethys srl, sono ancora in corso di svolgimento e finalizzati alla corretta individuazione dei reperti antichi, alla loro tutela e a raccogliere dati e informazioni scientifiche, permettendo la prosecuzione dell’opera il più rapidamente possibile.

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Roma: piazza Pitagora nel quartiere Parioli. Scoperto tratto di strada basolata. Veduta da drone (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

“Ancora una volta abbiamo la possibilità di assistere a un ritrovamento di grande rilievo”, ha dichiarato il soprintendente speciale Daniela Porro. E l’archeologo Fabrizio Santi: “Gli studiosi moderni hanno a lungo dibattuto sul percorso della Salaria Vetus: c’è chi ipotizza che, costeggiando la collina dei Parioli in direzione della via Flaminia, proseguisse fino al Tevere, altri invece ritengono che, all’altezza dell’attuale via Rossini all’incrocio con via dei Cavalieri, piegasse verso l’antico centro latino di Antemnae, l’attuale monte Antenne. Questo rinvenimento è importante perché ci aiuta a gettare luce sul tracciato di questa via romana”.

Roma. Apertura straordinaria dell’area archeologica di Grottarossa al VI miglio della via Flaminia che presenta una grande concentrazione di edifici funerari

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Area archeologica di Grottarossa sulla via Flaminia: un mausoleo “a torre” (I secolo a. C.-I secolo d. C.), trasformato in fortilizio a controllo del Tevere nel Medioevo (foto ssabap-roma)

Visite guidate e aperture straordinarie a settembre nei luoghi più affascinanti della via Flaminia. Con una vera novità per settembre 2022: l’apertura straordinaria dell’area archeologica di Grottarossa. La Soprintendenza Speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, ha infatti attivato un progetto di valorizzazione di alcuni dei siti meno conosciuti del XV Municipio curato dall’archeologo responsabile Roberto Narducci e dalla responsabile dell’ufficio valorizzazione Angelina De Laurenzi. Posta al VI miglio dell’antica via Flaminia, che riemerge in più punti tra gli edifici moderni, la piana di Grottarossa presenta una grande concentrazione di edifici funerari, alcuni dei quali di straordinaria monumentalità forse per la vicinanza con l’abitato di Rubrae e con grandiose ville residenziali situate sull’altopiano omonimo. Le indagini compiute dalla Soprintendenza tra il 1980 e il 1989 hanno individuato diversi edifici funerari, un grande complesso residenziale, un impianto tardo antico ed un lungo tratto della via consolare che corre tra i mausolei in parte ancora visibili. Questi sono del tipo “a torre” (I secolo a. C.-I secolo d. C.), trasformato in fortilizio a controllo del Tevere nel Medioevo, a tamburo cilindrico (seconda metà del I secolo a. C.) ed un sepolcro del tipo a “tempietto” (metà II secolo d. C.). Più a nord, sullo stesso lato della Flaminia, si succedono altri monumenti funerari, tra cui quello “a nicchie” per olle cinerarie delimitato da un recinto in laterizio (I secolo d. C.). L’angolo sinistro del frontone del sepolcro “a tempietto” in laterizi sagomati, coronato da una raffinata cornice marmorea, è stato recuperato e ricomposto nell’Antiquarium di Malborghetto che accoglie alcuni materiali testimonianza della ricchezza dell’area e della sua lunga frequentazione fino nel Medioevo, quando il sito divenne una cava per materiali da calcinare. Le visite si terranno sabato 17 settembre 2022 in tre turni: alle 10, alle 11.30 e alle 13 per un massimo di trenta partecipanti. Le visite sono gratuite con prenotazione obbligatoria compilando l’apposito modulo. Prenotazioni al link https://bit.ly/3QpXL6a.

Roma. Scoperto un ponte romano di età imperiale sulla via Tiburtina durante i lavori di allargamento della strada: venuta alla luce la porzione centrale dell’arcata a tutto sesto del ponte

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La porzione centrale dell’arcata a tutto sesto del ponte scoperto sulla via Tiburtina (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

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Il cantiere di scavo sulla via Tiburtina dove è stato scoperto parte di un ponte romano (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

Gli operai e i tecnici della soprintendenza se ne sono subito resi conto: quei blocchi in travertino lavorati erano parte di una struttura antica. I resti di un ponte romano sono venuti alla luce durante le indagini archeologiche condotte sotto la direzione della soprintendenza Speciale di Roma per i lavori del Comune di Roma di allargamento della strada Tiburtina. La struttura, a una prima analisi di epoca imperiale, serviva all’antica Tiburtina ad attraversare il Fosso di Pratolungo.

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Gli incavi rettangolari usati per fissare i blocchi di travertino del ponte (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

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Frammenti del ponte romano scoperto sulla via Tiburtina (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

Gli scavi, condotti con la direzione scientifica di Fabrizio Santi, archeologo della soprintendenza Speciale di Roma, dalle archeologhe Stefania Bavastro e Mara Carcieri della Land srl, hanno messo in luce la porzione centrale dell’arcata a tutto sesto del ponte realizzata con possenti blocchi di travertino messi in opera a secco, fissati tra di loro mediante incavi rettangolari connessi a sporgenze dalle medesime caratteristiche e dimensioni e rinforzati esternamente da uno spesso strato di cementizio.

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Blocchi di travertino del ponte romano scoperto sulla via Tiburtina (foto fabio caricchia / ssabap-roma)

“Roma ci sorprende sempre con la testimonianza della sua storia millenaria – ha dichiarato il soprintendente speciale Daniela Porro – Il ponte appena ritrovato ci mostra i resti di una pregevole opera dell’ingegneria romana e permetterà di comprendere meglio la topografia antica della zona e i suoi sviluppi nel corso dei secoli”.

Milano. Apre alle Gallerie d’Italia la mostra “I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. The Torlonia Marbles. Collecting Masterpieces”: 96 marmi della Collezione Torlonia, la più importante raccolta privata di statuaria classica

milano_gallerie-d-italia_mostra-marmi-torlonia_locandinaLe Gallerie d’Italia in piazza Scala a Milano, museo di Intesa Sanpaolo, presentano dal 25 maggio al 18 settembre 2022 la mostra “I Marmi Torlonia. Collezionare Capolavori. The Torlonia Marbles. Collecting Masterpieces”: 96 marmi della Collezione Torlonia, la più importante raccolta privata di statuaria classica, in una grande esposizione che, con cinque nuove opere restaurate, inaugura il programma espositivo mondiale della Collezione. Martedì 24 maggio 2022, alle 11.30, alle Gallerie d’Italia, presentazione ufficiale della mostra. Intervengono Giovanni Bazoli, presidente emerito Intesa Sanpaolo; Daniela Porro, soprintendente speciale Archeologia Belle arti e Paesaggio di Roma; Alessandro Poma Murialdo, presidente della Fondazione Torlonia; Salvatore Settis, curatore della mostra; Carlo Gasparri, curatore della mostra.

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Capolavori di arte antica nella mostra “I Marmi Torlonia. Collezionare capolavori” nell’allestimento a Villa Caffarelli nei musei Capitolini a Roma (foto Fondazione Torlonia – Bvlgari – Electa)

La mostra conduce in un viaggio a ritroso nel tempo attraverso le vicende dei diversi nuclei collezionistici confluiti nella collezione Torlonia, composta da 620 pezzi tra cui sono stati selezionati statue, sarcofagi, busti, rilievi ed elementi decorativi. I curatori Salvatore Settis e Carlo Gasparri hanno individuato cinque momenti che corrispondono alle sezioni del percorso espositivo: evocazione del museo Torlonia fondato nel 1875 e rimasto aperto fino all’inizio del secolo scorso; sculture provenienti dagli scavi archeologici effettuati nell’Ottocento nelle proprietà Torlonia; marmi provenienti da collezioni settecentesche custoditi a Villa Albani, acquistata nel 1866 dal principe Alessandro Torlonia, e dello Studio dello scultore e restauratore Bartolomeo Cavaceppi; un ricco nucleo proveniente dalla collezione del marchese Vincenzo Giustiniani acquistata dai Torlonia nell’Ottocento; il percorso si conclude con un insieme di opere riunite in raccolte quattro e cinquecentesche. Il museo Torlonia si racconta dunque come una collezione di collezioni, o come un gioco di scatole cinesi, in cui una raccolta racchiudeva in sé pezzi provenienti da collezioni ancor più antiche.

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“Il caprone a riposo” della collezione Torlonia con restauri realizzati da Gian Lorenzo Bernini (foto lorenzo de masi)

All’eccezionalità dei materiali esposti si aggiunge il fatto che essi hanno conservato restauri e integrazioni storiche, riflettendo il gusto e l’uso di epoche in cui i reperti mutili venivano “completati”, nelle parti mancanti, anche ricorrendo all’abilità di famosi scultori del tempo. La mostra racconta così una lunga storia non solo del collezionismo ma delle pratiche di restauro, che si chiude in maniera emblematica con la statua di un Ercole composto da 125 frammenti di marmo. Il restauro ha contribuito in maniera determinante ad aggiungere nuovi indizi storici sulle opere in mostra rivelando, ad esempio, tracce di colore sul Rilievo di Porto del III sec. d.C., confermando la mano di Gian Lorenzo Bernini per la statua del Caprone a riposo. Impressi nella materia che li costituisce, il restauro ha scoperto una stratificazione di segni che oggi, grazie alle nuove osservazioni condotte, si è cercato di decodificare, per poter giungere alla loro piena comprensione e a una corretta datazione. Roma e l’Italia hanno avuto un primato indiscutibile: i musei sono nati dal collezionismo di antichità. E questa storia contemporanea si concluderà con l’individuazione di una sede espositiva permanente per l’apertura di un rinnovato museo Torlonia.

Roma. “La certezza del non ritorno nelle culture nate nella diaspora”: seminario al Drugstore Museum – Circuito Necropoli Portuense, un mix tra archeologia e contemporaneità declinato in un modello gestionale pubblico e partecipato

Il percorso archeologico del Drugstore Museum – Circuito Necropoli Portuense (foto ssabap-roma)

Il Drugstore Museum, in via Portuense 317 a Roma, è un centro nevralgico del fare cultura come elemento di conoscenza e di reciprocità nel contesto delle periferie storiche romane. Un mix tra archeologia e contemporaneità declinato in un modello gestionale pubblico e partecipato. Il Drugstore Museum e il Circuito Necropoli Portuense è il Museo che non c’era che si articola in un percorso territoriale pensato per la periferia storica del quadrante Ovest della città di Roma.

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La Tomba A del sepolcreto al Drugstore Museum di Roma (foto ssabap-roma)

Domenica 10 aprile 2022, dalle 15 alle 18.45, “La certezza del non ritorno – le culture diasporiche”: un nuovo, importante evento al Drugstore Museum, un seminario di grande fascino sulle culture diasporiche, in particolar modo su quella ebraica e delle popolazioni africane a cura di Gianni Morelenbaum Gualberto e i contributi video con la regia di Sara Palma. L’iniziativa è promossa dalla soprintendenza speciale di Roma, diretta da Daniela Porro, con il referente dell’area Patrimonio DEA e Immateriale, Alessio De Cristofaro, in collaborazione con Mujeres nel Teatro. Il seminario “La certezza del non ritorno” analizza il tema delle culture diasporiche. “La diaspora possiede una sua irrimediabile personalità, una sua tragica grandezza rispetto alle migrazioni, alle deportazioni, alle fughe di etnie e popoli, ai nomadismi più o meno spontanei succedutisi nella storia del genere umano: in essa non vi è la possibilità del ritorno, la cui speranza è spesso tenuta in vita simbolicamente, come fattore di aggregazione resistenziale”. Come si costruisce un’identità nella dispersione? Come si preserva una unitarietà nella disgregazione? L’incontro di domenica 10 aprile 2022 a cura di Gianni Morelembaum Gualberto focalizza l’attenzione su questi aspetti isolando due casi studio: la diaspora ebraica e quella degli africani e dei loro discendenti in Europa, Asia e nelle Americhe.

“Nella Diaspora ebraica”, scrive Morelembaum Gualberto, “la più significativa e tragica, l’idea del ritorno era intrinseca, nella sua apparente impossibilità, alla ritualità del credo religioso che, peraltro, ha fatto da collante nel preservare l’unicità dell’esperienza ebraica. Forse persino più irrimediabile l’esperienza vissuta dalla Diaspora degli africani e dei loro discendenti in Europa, in Asia, soprattutto nelle Americhe: segnata quasi indelebilmente per più di tre secoli nella psiche come nel fisico dalla schiavitù, proveniente da luoghi geografici diversi e da contesti sociali tribali spesso ostili fra di loro, è stata privata definitivamente della possibilità di un ritorno in aree in cui si sono sedimentate altre esperienze umane, politiche, etniche, sociali che impediscono una qualsiasi possibilità di riunificazione a popolazioni integrate, se non del tutto assimilate, nei luoghi di schiavitù. Delineare una Wirkungsgeschichte delle due grandi Diaspore storiche (cui, per affinità e entità di risultati, andrebbe affiancata anche la Diaspora armena, dopo il 1375 e dopo il 1915) è ancora oggi impresa ardua, non solo per la loro estesa ramificazione, ma per il numero di sincretismi che hanno prodotto, per l’influenza che in diversi momenti hanno esercitato e esercitano in più ambiti laddove si sono dislocate, per la negoziazione costante fra integrazione e assimilazione, per i rapporti che hanno intrattenuto e continuano a intrattenere, pur fra dinamiche compresse e alterne, fra di esse”. Perché interrogarsi sulle culture nate nella diaspora proprio in questo momento storico? Sicuramente è di fondamentale importanza per tracciare una analisi del patrimonio culturale demoetnoantropologico e per contribuire a dare una lettura critica del presente anche in riferimento ai flussi migratori e alle loro cause, all’esplosione dei conflitti e alle loro conseguenze. Info e prenotazioni: ss-abap-rm.drugstore@beniculturali.it