Siena. Nell’ambito del Digital Heritage apre a Palazzo San Niccolò la mostra “Perceive Isis’ Colours – Il ritorno dei colori del Tempio di Iside”, realizzata dal museo Archeologico nazionale di Napoli e dal CNR ISPC a conclusione del progetto europeo PERCEIVE
Lunedì 8 settembre 2025, alle 14.30, nell’ambito del Digital Heritage 2025 di Siena, a Palazzo San Niccolò (unisi) in via Roma a Siena, si inaugura la mostra “Perceive Isis’ Colours – Il ritorno dei colori del Tempio di Iside”, realizzata dal museo Archeologico nazionale di Napoli e dal CNR ISPC a conclusione del progetto europeo PERCEIVE – Perceptive Enhanced Realities of Coloured Collections through AI and Virtual Experiences, finanziato da Horizon Europe, lanciato al MANN il 6 marzo 2023 (vedi Napoli. Al museo Archeologico nazionale di Napoli presentazione del progetto europeo PERCEIVE il primo incentrato sulla conservazione del colore nell’arte utilizzando Intelligenza Artificiale ed esperienze virtuali. MANN capofila della ricerca internazionale. Giulierini: “Cinque anni di lavoro, premiate le capacità del Museo” | archeologiavocidalpassato). Pensando ai musei del futuro, il direttore generale Musei italiani, Massimo Osanna dice che “Perceive Isis’ Colours dimostra come la ricerca interdisciplinare possa tradursi in nuove forme di comunicazione museale, inclusive, partecipative e accessibili, capaci di unire rigore scientifico e approccio emozionale”.

Cristiana Barandoni all’opera tra le statue della Collezione Farnese del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
“Partendo dalla ricerca sulla policromia nella statuaria classica”, spiega Cristiana Barandoni, coordinatrice del progetto, “la mostra intende indagare non solo le problematiche legate al tema della ricostruzione dei colori delle sculture, ma anche dei contesti pittorici e architettonici all’interno dei quali furono collocate in origine. La scelta di lavorare sul tempio di Iside a Pompei è nata proprio dall’esperienza di ricerca sulla Venere Anadyomene che venne rinvenuta all’interno del portico. Apparteneva al tempio anche una straordinaria scultura della dea Iside, che vedete nell’invito. Per me è stato un grande onore, poter curare assieme ai colleghi Daniele Ferdani, Marcello Massidda, Sofia Pescarin, Marialucia Giacco questa mostra e anche una grande responsabilità, un’opportunità straordinaria di potermi dedicare per oltre un anno a questo monumento che piano piano si è svelato e mi ha aperto le sue porte. La mostra dopo il #DH25 sarà forse spostata al museo Archeologico nazionale di Napoli dove si arricchirà ulteriormente. Altre tappe in Europa sono auspicabili perché non è solo una esposizione ma un nuovo metodo di lavoro e comunicazione della scienza applicata all’archeologia, per approcciare da più punti di vista e prospettive un tema così complesso come la policromia antica. Il materiale ancora da studiare – conclude – è tantissimo e spero di poterlo affrontare con forza e passione”.
“Con Perceive Isis’ Colours restituiamo ai visitatori non solo la bellezza del colore, ma anche la consapevolezza del suo significato culturale e simbolico”, dichiara Costanza Miliani, direttrice del CNR ISPC. “Perceive Isis’ Colours propone ai visitatori un viaggio virtuale nel Tempio di Iside di Pompei, che si snoda in due percorsi, corrispondenti a due sezioni della mostra:– Echoes of Loss, dedicata alla ricerca sulla policromia antica e sulla fragilità dei pigmenti, esemplificata attraverso strumenti interattivi che illustrano il lavoro di diagnostica e ricostruzione digitale; The Gifts of Isis, un’esperienza multi sensoriale che ricostruisce il tempio prima della sua distruzione, restituendo il ruolo rituale e simbolico del colore nel culto isiaco. Attraverso ricostruzioni 3D, intelligenza artificiale, imaging multi spettrale, repliche fisiche e installazioni interattive, la mostra mette in discussione l’immagine stereotipata “in bianco e nero” della scultura antica- che nella percezione comune è sempre in marmo bianco- per suggerire al pubblico una prospettiva “a colori”, più vicina alla realtà storica”.
Scienza, tecnologia e patrimonio culturale. Il progetto PERCEIVE, infatti, ha sviluppato una metodologia che combina lo studio analitico delle tracce di pigmenti, fonti storiche e iconografiche con ricostruzioni digitali ad alta precisione. In questo modo, opere come la Venere Anadiomene tornano a mostrare la vividezza cromatica originaria, offrendo una prospettiva più completa sull’antichità. in La visita alla mostra è accompagnata da un agile catalogo, a cura di Cristiana Barandoni, Marialucia Giacco, Caterina Serena Martucci, Sofia Pescarin, edito da Valtrend Editore, disponibile versione open access all’indirizzo: https://www.valtrend.it/wp content/uploads/2025/09/Preceive-Isis-Colours.pdf.
Archeologia in lutto. È morto a 95 anni l’archeologo Giuseppe Maggi, direttore per anni del museo Archeologico nazionale di Napoli, a lungo responsabile degli scavi di Ercolano, e protagonista di alcune delle più straordinarie scoperte della archeologia vesuviana. Il cordoglio di colleghi e allievi

L’archeologo Giuseppe Maggi, morto a 95 anni, già direttore del Mann e degli scavi di Ercolano (foto paerco-mann)
“Sono un archeologo che ha fatto importanti scoperte soprattutto a Ercolano. Ho guidato mostre di Pompei in molti paesi, compresi gli Stati Uniti”: così si definiva sul suo profilo di X il grande archeologo Giuseppe Maggi, direttore per anni del museo Archeologico nazionale di Napoli, a lungo responsabile degli scavi di Ercolano, e protagonista di alcune delle più straordinarie scoperte della archeologia vesuviana. Giuseppe Maggi il 23 agosto 2025 si è spento nella sua casa di Rione Alto, a Napoli, all’età di 95. Collaboratore di Amedeo Maiuri, si definiva “abusivo dell’Archeologia” perché glottologo di formazione. Di qui anche la definizione di gentiluomo (irriverente) dell’archeologia che ora la sua Napoli, e non solo, piange. Il cordoglio e i ricordi sono rimbalzati sul web gonfiandosi di ora in ora come un fiume in piena, commuovendo la moglie Clelia e le figlie Claudia, Roberta e Barbara: “Ringraziamo tutti quelli che hanno avuto un affettuoso pensiero per il nostro amato Peppino”.
Tra i primi a unirsi al cordoglio per la scomparsa di Giuseppe Maggi, il parco archeologico di Ercolano e il museo Archeologico nazionale di Napoli, figura di rilievo nel panorama archeologico e istituzionale: “Maggi ha dedicato con passione e competenza la sua carriera alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio. Resta indelebile il lavoro svolto presso l’Antica spiaggia di Ercolano, luogo simbolico che oggi porta anche il segno del suo impegno e della sua visione scientifica”. In un pensiero condiviso, Francesco Sirano, funzionario delegato alla direzione del parco archeologico di Ercolano e Massimo Osanna, direttore generale Musei, ricordano la sua figura come quella di un professionista appassionato: “La memoria di Giuseppe Maggi rimarrà parte integrante della storia dei luoghi dove ha prestato servizio, così come del più ampio mondo dell’archeologia italiana, e a lui va la riconoscenza di quanti hanno avuto la fortuna di collaborare con lui”.
“Oggi per me è stato davvero difficile lavorare…”, scrive col cuore Susy Martire, presidente delle Guide turistiche della Campania. “Appena letta la notizia le lacrime scorrevano da sole e ho dovuto con grande fatica mandarle giù… Giuseppe Maggi era una di quelle persone che entrano nella tua vita troppo tardi… Prima era un nome sui libri che studiavo ma poi è diventata una persona che mi voleva bene e che era sempre felice di vedermi. Nel 2014 ha accolto l’appello mio e di Laura Noviello per la catena umana intorno Pompei. Un momento in cui c’erano i crolli e il Grande Progetto Pompei non era ancora partito. Poi nel 2017 lui e l’indimenticabile Luigi Necco avevano raccolto il mio appello per sostenere Paolo Giulierini in un altro momento storico cruciale. Lui che aveva cambiato la storia di Ercolano scoprendo l’antica spiaggia sembrava sapesse sempre quando il vento stava cambiando. Per il suo carattere fin troppo sincero spesso ha subìto il torto di essere volutamente “dimenticato”… Ma era una di quelle persone toste che la vita non piega mai, neanche quando ci si mette di impegno. Mi dispiace che negli ultimi anni non abbia potuto realizzare il progetto della mostra al Mann che stava preparando a causa di sopravvenuti problemi di salute che lo avevano allontanato da tutti noi… Sono convinta che ora stia già discutendo con Don Amedeo e con Luigi che gli avrà fatto gli onori di casa, in una casa che non è più su questa Terra ma in un altrove in cui entrambi vivranno per sempre… soprattutto nel mio cuore. Ciao Peppino, Tvb”.
“Giornate come questa sono davvero difficili da digerire”, ammette Laura Noviello, “figlia del Vesuvio”, archeologa musicale dell’università di Padova. “Si vorrebbero le parole migliori e ci si ritrova senza neanche un verso, con tutto il dolore e la vergogna del mondo. Conobbi Peppe, l’archeologo padre di Ercolano, che avevo forse 15 anni e una vita che confondeva ancora terra vesuviana, archeologia e sogno. Lo cercai come si fa con i miti e lui, senza pensarci due volte, divenne una delle guide migliori che potessi desiderare. Facile si può dire, vero, ma non è solo questione di ruolo. Lui scelse di esserci e di credere in un futuro consegnando nelle mani dei più giovani conoscenze, amore e presenza. Scelse di consegnare anche nelle mani di un’anonima sedicenne cresciuta tra Ercolano e Pompei una vita vissuta a contatto con gli intellettuali e le persone più influenti e famose del pianeta, nell’ultima stagione “epica” di un’Archeologia ormai profondamente diversa. La sua traduzione dell’Odissea arrivata per posta in un giorno di marzo mentre ero in clinica e i suoi libri su Don Amedeo, Ercolano. Tassello dopo tassello costruiva un percorso di studi in cui lui forse credeva molto più di me. E decise di esserci, unico archeologo che ricopriva e aveva ricoperto i più importanti ruoli istituzionali – anche quando decidemmo di organizzare la più grande e simbolica manifestazione popolare che Pompei abbia visto nell’ultimo decennio (ahimè). Portammo 1000 persone da tutta Italia ad abbracciare il sito archeologico che cadeva a pezzi assieme a qualsiasi possibilità di futuro e lui era con noi, a tenermi la mano, davanti a chiunque, pure la BBC che conosceva bene. C’era nei dibattiti pubblici che organizzammo poi sull’immonda gestione dei “beni culturali” e in ogni iniziativa possibile organizzata per riunire le due Ercolano, quella che aveva portato alla luce lui e quella nostra, che gli scavi non li ricordava nemmeno più. Unico tra i “maestri” ad essersi fatto “tramite” per promuovere e preservare una continuità, anche nell’Archeologia vesuviana, così orfana, frammentata e sminuzzata fino al midollo, che non conosce scuole. I ricordi di quasi quindici anni di amicizia sono difficili da sviscerare e forse neanche ha troppo senso farlo qui ed ora, resta un senso profondo di gratitudine per ciò che è stato e un senso di timore per ciò che sarà. Aver avuto una guida come lui è un privilegio che porterò dentro per tutta la vita. La vita, spesso, ci porta lontano da ciò che coltiviamo come unica possibile realtà ideale e onirica, e così è stato anche per me. Mi commuove ricordare i nostri ultimi scambi sull’esperienza di tirocinio nei depositi del “suo” museo e sulla laurea che sarebbe arrivata. Difficile recuperare altre parole. Che la terra ti sia lieve, Peppe. Grazie per tutto ciò che sei stato per me e la terra che così profondamente abbiamo amato. Ti voglio bene”.
Maddalena Venuso, professoressa con esperienza da archeologa a Napoli e Pompei: “Fu il primo a credere in me, a presentarmi Valeria Sampaolo e a introdurmi nel mondo del lavoro che amavo. Ci siamo rivisti alcuni anni fa alla presentazione di un romanzo scritto da mio figlio. Ci scrivevamo spesso da allora… Tre giorni fa pensai di chiamarlo, ho rimandato a causa dell’isolamento telefonico temporaneo. A Dio, professore carissimo! Al mio rientro rileggerò i due libri che mi donasti e che conservo come un tesoro. Grazie per avermi permesso di sfiorare la tua vita e condiviso il tuo immenso sapere”.
“Quando stamani ho appreso la notizia della morte di Giuseppe Maggi è stato un colpo al cuore”, scrive Cristiana Barandoni, archeologa Cnr con specializzazione in diagnostica non invasiva e policromia antica. “Ci ho messo tutto il giorno prima di riuscire a scrivere questo post. Ci siamo conosciuti nel 2010 quando iniziai ad interessarmi a Ercolano. All’inizio il nostro rapporto fu molto formale, io una studentessa e lui un archeologo che aveva fatto la storia. Col tempo è nata una amicizia profonda e salda. Non muovevo un passo senza chiedere a lui e ricordo la sua gioia quando gli dissi che il tema della mia specializzazione sarebbe stato proprio Ercolano. Non ha mai smesso di credere in me, mi ha sempre spronata ad andare avanti, anche quando avevo perso la speranza e la voglia ma lui, con quello sguardo un po’ canzonatorio e malizioso ma pieno di affetto, era lì. Mi è sempre stato vicino anche quando lavoravo al Mann di cui ricordava con piacere i vecchi tempi e mi parlava come se anch’io avessi vissuto una stagione così bella dell’archeologia. Un uomo d’altri tempi, un signore che ha sempre aiutato e fatto crescere i suoi “ragazzi”. Gli devo molto, senza i suoi consigli ma soprattutto il suo incoraggiamento non avrei saputo affrontare momenti difficili del mio percorso professionale e di studi. Grazie a lui mi sono innamorata di Ercolano così tanto. Ogni volta che tornerò nel nostro luogo del cuore non mancherò di ringraziarti. Un giorno ci rivedremo e io ti racconterò quello che non ho fatto in tempo adesso. Ciao Beppe”.
Alfredo Scardone, presidente del Gruppo storico Oplontino: “Purtroppo il professore Giuseppe Maggi non è più tra noi. Esprimo il mio personale dispiacere e quello di tutto il Gruppo Storino Oplontino per la perdita di questo grande uomo di cultura che tanto ha dato anche alla scoperta e al recupero della storia dell’antica Oplontis. Grazie professore, che la terra ti sia lieve”.
Infine il ricordo di Diego Nuzzo, nipote di Giuseppe Maggi: “Il grande archeologo, lo scopritore di mondi sconosciuti, il comunicatore instancabile, il polemista mai pago, l’uomo dalla cultura enciclopedica, magnetico e magmatico come la lava con cui aveva tanta confidenza, il conferenziere che stupiva dagli Stati Uniti alla Svezia quando parlava davanti a uditori rapiti in un inglese impeccabile e raffinatissimo della sua Ercolano. Che fatica averlo avuto come zio, il fratello maggiore di mia madre, il patriarca della famiglia, ma che bello aver scambiato con lui lunghissime chiacchierate, a volte anche discussioni che avrebbero potuto sfociare in litigate furibonde visto il suo piglio da censore inflessibile; ma poi mostrava il suo lato di uomo dalla simpatia travolgente, dall’eloquio forbito, più sarcastico che ironico, inventore di calembour irresistibili e raccontatore di storielle che più che piccanti erano decisamente oscene. Lui si divertiva. Si divertiva con le parole e a volte, raramente, anche con le persone, a patto che fossero da lui ritenute degne di stare al suo livello. Che era un livello alto, di studioso di statura internazionale, laureato a vent’anni e subito gettato nell’agone dell’archeologia, quella vera, di editor acribiosissimo per più case editrici, in grado di fare le pulci a scrittori titolati. Non si trattava di ceto o di censo, di titoli nobiliari o accademici ma di un quid di imponderabile che era spesso legato alla simpatia. Poteva stimare un custode più di un rettore. E questo me lo ha sempre fatto risultare amabile…”.
Aulla (Ms). Nel chiostro di San Caprasio al via le “Notti dell’Archeologia”: dagli Etruschi ai colori delle statue antiche, dalle nuove prospettive di ricerca archeologica in Lunigiana ai Bronzi di San Casciano. Apre Paolo Giulierini su “Gli Etruschi e la magia”. Ecco tutto il programma
Con la conferenza “Gli Etruschi e la magia” con Paolo Giulierini, alle 21.15, nella splendida cornice del chiostro dell’abbazia di San Caprasio ad Aulla (Ms), iniziano domenica 6 luglio 2025, le “Notti dell’archeologia”. Quasi due settimane intense e piene zeppe di storie da raccontare, dagli Etruschi ai colori delle statue antiche, dalle nuove prospettive di ricerca archeologica in Lunigiana ai Bronzi di San Casciano, passando da un bel focus sull’alimentazione e uno sullo studio delle ossa. Tutte le serate sono ad ingresso libero, nel chiostro dell’Abbazia di San Caprasio ad Aulla. In caso di pioggia si tengono comunque, nel vicino auditorium di San Caprasio dotato di aria condizionata. Per la serata inaugurale di domenica 6 luglio 2025 intervento del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani. Archeologo, etruscologo ed ex direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, Paolo Giulierini guiderà i partecipanti alla scoperta dei saperi magici e religiosi degli Etruschi: tra Dei, fulmini, rituali e conoscenze farmacologiche che attraversano i secoli fino a oggi. “Magia e pratiche religiose”: non c’è ambito più esemplare, tra le civiltà del mondo antico, in cui come nel caso degli Etruschi questi due mondi si compenetrino. Se infatti la magia manipola le forze della natura e la religione si concentra sul culto degli Dei, talora anche per ottenere vantaggi personali, i sacerdoti etruschi riescono a controllare strumenti apparentemente naturali che però sono prerogativa divina – come i fulmini – per distruggere mostri e creare sbarramenti. È nota la fama degli Etruschi quali preparatori di medicinali o di farmaci in quanto “discendenti di Circe”: una competenza che è rimasta, strisciante, nei saperi delle più recondite campagne toscane, superando l’età antica, passando con il Medioevo, attraverso le figure di streghe stregoni ultimi eredi degli aruspici e degli auguri.
Il programma delle Notti dell’archeologia 2025. Lunedì 7 luglio, Cristiana Barandoni, archeologa, conservatrice specializzata in diagnostica non invasiva e policromia antica, scrittrice e divulgatrice, “Le sculture del mondo antico come non le avete mai viste (svelati i colori dei marmi romani)”; martedì 8 luglio, Paola Bombardi, ricercatrice e divulgatrice, “Il leone nella iconografia romanica, il legame con i maestri costruttori”; venerdì 11 luglio, Stefano Ricci, archeologo e antropologo dell’università di Siena, “Omicidi medievali, le ossa raccontano”; sabato 12 luglio, Enrico Giannichedda, archeologo, allievo del prof. Tiziano Mannoni, protagonista di varie stagioni di scavi anche in Lunigiana, “Gratta e vinci. Cosa aspettarci dalle future scoperte archeologiche in Lunigiana”; domenica 13 luglio Caterina Rapetti, storica dell’arte, ricercatrice e divulgatrice, “FANTASMATA CUNCTA RECEDANT Campane medievali nelle chiese lunigianesi”; mercoledì 16 luglio, Emilia Petacco, archivista, storica e ricercatrice, “Dal Medioevo una donna per il futuro: Ildegarda di Bingen. Scienziata, medico, musicista, santa”. La serata prevede un evento collaterale: la degustazione di biscotti preparati dallo chef Rolando Paganini secondo la ricetta originale di Ildegarda. Giovedì 17 luglio, Antonio Fornaciari, archeologo, docente dell’università di Pisa, “Alimentazione, mobilità malattie e stile di vita degli aullesi del Medioevo dallo studio delle sepolture dell’abbazia di san Caprasio”. Infine venerdì 18 luglio, Gabriele Nannetti, architetto, soprintendente per le province di Siena, Grosseto ed Arezzo, “Il santuario del Bagno Grande a San Casciano dei Bagni: dalle recenti scoperte archeologiche alla musealizzazione e alla valorizzazione del territorio”. Nell’ultima serata, la chiusura del ciclo di appuntamenti sarà sancita con la degustazione dell’inedito “pane del pellegrino” presentato dallo chef Rolando Paganini.
Napoli. Il dg Musei Massimo Osanna inaugura al museo Archeologico nazionale gli “Incontri di Archeologia” del trentennale su “I nuovi allestimenti al Mann 2024-2025”, sempre in presenza e on line, in una giornata speciale con apertura serale. Passeggiata col direttore, visita didattica, conferenza performativa, gioco a tappe

Il dg Musei Massimo Osanna, direttore delegato del museo Archeologico nazionale di Napoli, apre la stagione 2024-2025 degli “Incontri di Archeologia” (foto mann)
Con la conferenza “I nuovi allestimenti al MANN 2024-2025” sarà Massimo Osanna, direttore generale Musei italiani e direttore delegato del Mann, ad aprire giovedì 10 ottobre 2024, alle 17, nell’auditorium del museo Archeologico nazionale di Napoli, “Incontri di Archeologia”, la storica rassegna che quest’anno festeggia il trentennale di programmazione. Una ricorrenza simbolica che conferma le ormai consolidate caratteristiche del ciclo di conferenze a fruizione gratuita (in presenza e online sulla pagina Facebook e sul canale YouTube del Museo): i focus sulle collezioni dell’Istituto, che continua ad ampliare la propria offerta espositiva al pubblico; l’approfondimento delle più recenti tendenze di ricerca nei campi dell’archeologia e del restauro; la valorizzazione delle buone pratiche museali nel territorio.
Ma quella di giovedì 10 ottobre 2024 sarà per il museo Archeologico nazionale di Napoli una giornata speciale che si apre alle 12 con la presentazione di avvio lavori di restauro delle fontane del Mann; continua – come detto –, alle 17, con l’inaugurazione della stagione 2024-2025 degli “Incontri di Archeologia” con la conferenza “I nuovi allestimenti al MANN 2024-2025” di Massimo Osanna, direttore generale Musei Mic; e prosegue con l’apertura serale del museo, con ingresso dalle 19 alle 23.30 al prezzo di 5 euro (l’ingresso è consentito fino alle 23), che prevede un ricco programma per celebrare il trentennale degli “Incontri di Archeologia”. Alle 19.30 passeggiata con il direttore generale Massimo Osanna alla scoperta dei capolavori del Museo: prenotazione su www.eventbrite.it.; alle 20, visita didattica “Mitologia in cammino”, per bambini dai 7 ai 12 anni: prenotazione su www.eventbrite.it.; alle 20.30, conferenza performativa “Suoni dal Mediterraneo. Riascoltare l’Antico attraverso l’Archeologia Musicale”, evento a cura di Alessandra D’Eugenio e Rossano Munaretto: ingresso libero fino ad esaurimento posti; alle 21.30, gioco a tappe “Caccia all’opera”: prenotazione su www.eventbrite.it.
Incontri di Archeologia. “Ancora una volta gli Incontri di Archeologia si configurano come una vetrina d’eccellenza per raccontare un patrimonio culturale in divenire, sempre aperto ai temi della scoperta e del cambiamento”, commenta il professore Osanna. “Per questo, abbiamo costruito con cura un programma che potesse non soltanto rivolgersi agli addetti ai lavori, ma anche a chi ha curiosità per un mondo vivo e dinamico come quello dell’archeologia. Immediatezza nella comunicazione, taglio analitico, innovazione metodologica sono le matrici identitarie delle nostre conferenze”. Gli incontri, che saranno in calendario sino a maggio 2025, coinvolgeranno funzionari del Museo e relatori esterni, che illustreranno progetti e ricerche legati alle sezioni e agli allestimenti del Mann. Un focus ad hoc sarà dedicato alle collezioni del Medagliere e alla sezione Numismatica (che dovrebbero essere riaperti a dicembre 2024). Gli “Incontri di Archeologia” sono curati dal responsabile dei Servizi educativi del Mann, Giovanni Vastano, in collaborazione con Miriam Capobianco e gli altri membri dello staff dell’ufficio.

Il medagliere della collezione numismatica del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
IL PROGRAMMA. INCONTRI DI ARCHEOLOGIA – SPECIALE TRENTENNALE: OTTOBRE 2024 – MAGGIO 2025. OTTOBRE 2024: giovedì 10 ottobre, ore 17: “I nuovi allestimenti al MANN 2024-2025” di Massimo Osanna. NOVEMBRE 2024: giovedì 7 novembre, ore 17: “La reintegrazione delle lacune nel restauro delle ceramiche figurate. Esigenza di percezione unitaria dell’opera o ricerca dell’immagine perduta?” di Mariateresa Operetto; giovedì 14 novembre, ore 17: “Nuove ricerche archeologiche presso la villa imperiale del Pausilypon” di Marco Giglio; giovedì 21 novembre, ore 17: “Trachinie e Filottete di Sofocle: la messa in scena del dolore del corpo” di Giovanni Greco in collaborazione con ICRA Project di Lina Salvatore e Michele Monetta.

Ceramiche a figure rosse della collezione Spinelli del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
DICEMBRE 2024: giovedì 5 dicembre, ore 17: “Le aree archeologiche urbane: progetti ed interventi in corso a Napoli” di Giuliana Boenzi e Stefano Iavarone; giovedì 12 dicembre, ore 17: “Il progetto Collezione Spinelli: le vicende di uno dei più ricchi rinvenimenti archeologici della Piana Campana, dalla necropoli di Suessula (Acerra), tra Italia, Europa e USA” di Emanuela Santaniello, Sveva Savelli, Mariateresa Operetto, Marina Vecchi e Alessandra Spadaccini; giovedì 19 dicembre, ore 17: “Nuove ricerche sulla Rocca di Cuma” di Carlo Rescigno. GENNAIO 2025: giovedì 16 gennaio, ore 17: “Il nuovo museo Archeologico nazionale di Sessa Aurunca: dalla terra degli Aurunci a Matidia” di Carlo Rescigno e Luana Toniolo; giovedì 23 gennaio, ore 17: “Il ruolo delle donne negli archivi di tabulae ceratae di Puteoli ed Ercolano” di Giuseppe Camodeca; giovedì 30 gennaio, ore 17: “La Tomba del Cerbero a Giugliano: dalla scoperta archeologica al restauro” di Mariano Nuzzo. FEBBRAIO 2025: giovedì 6 febbraio, ore 17: “L’isola dei Cesari: un nuovo museo archeologico per Capri” di Massimo Osanna, Carmela Capaldi e Luana Toniolo; giovedì 13 febbraio, ore 17: “Gli strumenti chirurgici del museo Archeologico nazionale di Napoli” di Michele Di Gerio; giovedì 20 febbraio, ore 17: “Attività di censimento e documentazione per la conoscenza dei ripostigli monetali di epoca greca e romana dall’Italia meridionale e delle collezioni numismatiche del Medagliere del Mann” di Renata Cantilena, Federico Carbone, Marina Taliercio, Emanuela Spagnoli, Andrea Pecorella, Floriana Miele, Silvana Oliviero e Marco Casciello.

L’anello di re Carlo conservato nel Gabinetto dei Preziosi del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Mann)
MARZO 2025: giovedì 6 marzo, ore 17: “Lo sport femminile nell’antichità” di Diva Di Nanni; giovedì 13 marzo, ore 17: “Dal gabinetto dei preziosi: le oreficerie e i tessuti aurei” di Lucia Amalia Scatozza, Anna Patera, Guia Rossignoli e Riccardo Gennaioli; giovedì 20 marzo, ore 17: “Il museo “Nolano” della famiglia Mastrillo nella biblioteca del Mann: dalla prestigiosa committenza a Michelangelo Merisi all’evoluzione della Wunderkammer” di Vittoria Minniti; giovedì 27 marzo, ore 17: “Parthenope e Neapolis al Mann: dati archeologici e progetti per un nuovo allestimento” di Raffaella Bosso.

Cratere della collezione Santangelo del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
APRILE 2025: giovedì 3 aprile, ore 17: “Dalla necropoli dell’Orientalizzante alla Via Appia: nuovi percorsi scientifici e allestitivi per il museo Archeologico di Calatia a Maddaloni” di Valeria Parisi e Antonella Tomeo; giovedì 10 aprile, ore 17: “Dal gabinetto dei preziosi: i materiali organici” di Alessia D’Auria. MAGGIO 2025: giovedì 8 maggio, ore 17: “Scavi nel Museo: nuovi dati sulla Collezione Santangelo” di Bianca Ferrara e Marialucia Giacco; giovedì 15 maggio, ore 17: “Misurare, pesare, costruire. Strumenti e tecniche nelle collezioni del Mann” di Laura Forte; giovedì 22 maggio, ore 17: “Il Progetto Perceive. Analisi di un caso studio: il Tempio di Iside di Pompei” di Cristiana Barandoni e Sofia Pescarin.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale di Napoli presentazione del progetto europeo PERCEIVE il primo incentrato sulla conservazione del colore nell’arte utilizzando Intelligenza Artificiale ed esperienze virtuali. MANN capofila della ricerca internazionale. Giulierini: “Cinque anni di lavoro, premiate le capacità del Museo”
Tre giorni dedicati alla ricerca sul colore nell’archeologia e nell’arte, con il contributo di esperti mondiali che si incontreranno al museo Archeologico nazionale di Napoli: il 6 marzo 2023, all’Auditorium del Mann, sarà lanciato PERCEIVE (Perceptive Enhanced Realities of Colored collEctions through AI and Virtual Experiences), il cui scopo è quello di creare un nuovo modo di percepire, conservare, curare, esporre, comprendere opere caratterizzate dalla presenza del colore, dalle sculture alle fotografie, passando per i tessuti e le opere d’arte digitali. Il progetto comprende, tra i suoi punti di maggior rilevanza, l’inclusione, la promozione del senso di cura, la riappropriazione intellettuale di messaggi “svaniti” nel tempo e un’adeguata comunicazione e trasferimento alle generazioni future. Gli strumenti per la realizzazione degli obiettivi sono l’Intelligenza Artificiale e le Esperienze Virtuali. L’A.I. avrà un ruolo centrale nel progetto, con il compito di contribuire ad automatizzare alcuni processi di ricostruzione, impossibili da ottenere con i metodi digitali tradizionali. La Virtual Experience renderà questi processi fruibili dal grande pubblico, rispondendo compiutamente alle indicazioni e ai principi di accessibilità ed inclusione, che sono il fondamento delle direttive della Comunità Europea.

Dettaglio della Venere in bikini dal Gabinetto Segreto del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
“Dal 2018 è in corso al Mann un progetto di ricerca specificamente dedicato al tema del colore sulla statuaria classica, MANN In Colours da cui sono nati EcoValors e Digital Farnese/Farnese Digitale”, ricorda il direttore del Mann Paolo Giulierini. “Nonostante la sospensione di quasi due anni a causa della pandemia, i gruppi di ricerca al lavoro hanno indagato circa 70 sculture”. Ciascuna delle opere è stata studiata con diagnostica multispettrale e indagini di laboratorio, successivamente è stata digitalizzata utilizzando la fotogrammetria. “Ad oggi possiamo affermare che questo è il progetto di ricerca sul colore più ampio e approfondito che un museo nazionale abbia mai intrapreso. Le linee guida e i risultati che ci aspettiamo da PERCEIVE sono oggetto di sperimentazione al Mann da cinque anni grazie ai progetti menzionati, con la direzione scientifica di Cristiana Barandoni. L’evolversi della ricerca sul colore e la multidisciplinarietà dell’approccio, coinvolgendo altri ambiti, sono stati il motivo per cui il Museo è stato premiato e coinvolto in PERCEIVE, confermando la capacità di intercettare fondi europei in collaborazione con CNR e il MIUR”. E Sofia Pescarin, coordinatore PERCEIVE per il CNR: “Dopo un anno di lavoro finalmente il progetto PERCEIVE viene ufficialmente lanciato a Napoli al museo Archeologico nazionale di Napoli insieme a 11 partner provenienti da 8 Paesi del mondo. Cercheremo di sviluppare una nuova metodologia per studiare, prevedere, ricostruire ed esporre al meglio i colori nelle collezioni museali e nell’arte digitale. Grazie a tutti i partner per lo straordinario contributo, ora è il momento di raccogliere questa sfida e iniziare”.

Dettaglio della statuetta di bambino con tracce di colore dalla collezione “L’altro Mann” del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Durante la giornata inaugurale del 6 marzo 2023 si alterneranno interventi di studiosi provenienti da undici istituzioni, otto Paesi e grandi musei coinvolti, tra cui il Mann (capofila del progetto per le ricerche sulla policromia antica nella scultura, che svolge dal 2018), il Munch Museum di Oslo, il Victoria and Albert Museum di Londra e l’Art Institute Museum di Chicago: tutti illustreranno le loro attività e i capolavori oggetto delle ricerche sul colore. Protagonisti dell’appuntamento napoletano anche tre aziende (Anamnesia, Imki e Hoverlay) e cinque istituti di ricerca, a partire dal coordinatore del progetto CNR ISPC insieme al Fraunhofer IGD (Germania) FORTH (Grecia), NTNU (Norvegia) e HSLU (Svizzera). La presentazione nella giornata inaugurale sarà aperta alla comunità scientifica, alle istituzioni culturali ma anche a studenti ed appassionati (fino ad esaurimento posti). Sarà per tutti un’occasione unica per esplorare la bellezza, la fragilità e le sfide della ricostruzione e della conservazione del colore in sculture, dipinti, tessuti, foto e opere arte digitali conservati in grandi istituti internazionali. Nei giorni successivi, 7 e 8 marzo 2023, i partners di PERCEIVE hanno in calendario degli incontri più tecnici, nell’ambito dei quali si confronteranno con domande come: “è possibile prevedere i cambiamenti di colore?”, “come possiamo ricostruire i colori perduti?” con l’obiettivo di costruire un nuovo approccio comune alla tutela delle opere colorate.

Collezione Farnese: busto di Caracalla con scala colorimetrica (foto mann)

MANN in colours: nella Figura Dionisiaca della collezione Farnese ha rivelato l’uso di blu egizio, terra rossa e miscela con ocra gialla (foto mann)
MANN in Colours. Prevede indagini chimiche e fisiche non invasive per la ricerca della policromia originale sulle collezioni statuarie del museo Archeologico nazionale di Napoli, con particolare riferimento alla Collezione Farnese, in collaborazione con DI.AR. Diagnostica per Immagini. Il progetto, avviato nel 2018, si sviluppa analizzando le sculture tramite macrofotografia, microscopia, fluorescenza ultravioletta (UV), VIL eseguite in situ per una prima mappatura delle sopravvivenze di policromia originale. Queste indagini restituiscono sia lo stato di conservazione dell’opera che la tecnica esecutiva. Le tracce di colore così diagnosticate possono essere approfondite attraverso ulteriori analisi di laboratorio, prelevando micro-campioni che permettono di definire, attraverso esami chimici quali XRF, Raman e FT-IR, la composizione dei pigmenti, di cui viene caratterizzata la struttura chimica. In questo modo è possibile identificare il tipo di pigmento usato e le eventuali miscele.

Al via al museo Archeologico nazionale di Napoli il percorso di indagine ECOValors nell’ambito del progetto di ricerca “MANN in colours” (foto mann)
EcoValors. Realizzato in collaborazione con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’università di Roma “Tor Vergata”, ha come obiettivo principale quello di indagare chimicamente i pigmenti e il loro stato di conservazione in relazione all’ambiente museale. Per questo tipo di monitoraggio sono stati impiegati dispositivi di superficie non invasivi, in grado di identificare l’interazione tra le opere e gli agenti inquinanti: si tratta di uno studio necessario per valutare correttamente lo stato di conservazione del colore.

Cristiana Barandoni all’opera tra le statue della Collezione Farnese del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Digital Farnese. Oltre alla ricerca sul colore, uno dei maggiori interessi di Mann In Colours è la diffusione della consapevolezza della presenza del colore sulle sculture antiche presso il grande pubblico e non solo tra gli “addetti ai lavori”. Per questo motivo alle prime campagne diagnostiche è stata affiancata la modellazione 3D delle opere più importanti del Museo: è così che è nato il progetto “Digital Farnese / Farnese digitale”, per una “traduzione” visiva dei colori perduti sui modelli tridimensionali realizzati. La mancanza della percezione del colore, infatti, rende parziale la comprensione dell’opera. Da questo punto di vista il Mann vuole offrire alla comunità, non solo scientifica, un contributo non temporaneo – come quello di una mostra – ma permanente. Il colore era una componente sostanziale dell’arte antica, il Mann si assume il compito di diffondere nella società tale percezione, attualmente confinata alla cerchia degli specialisti. “Farnese Digitale” è una proposta concreta, sostenibile e adatta alla complessità della Collezione. I modelli 3D realizzati saranno impiegati all’interno di nuove didascalie narrative in modo semplice e intuitivo, raccontando storia, eventi, restauri da uno speciale punto di vista, quello del colore, includendo la ricerca sulla policromia originaria e i suoi risultati in modo permanente nel percorso di visita del museo.
Napoli. La Collezione Farnese del Mann è digitale: oggi in auditorium e in diretta Fb si presenta il progetto che entro metà ottobre renderà disponibili in 3D i capolavori in marmo. Il progetto ha intrecciato le più moderne tecnologie di fotogrammetria e gli studi sul colore delle statue antiche


Rielaborazione 3D di Caracalla conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Ci siamo! Lunedì 26 settembre 2022, alle 17, nell’auditorium del museo Archeologico nazionale di Napoli, viene presentato il progetto sulla Collezione Farnese digitale, anche in diretta Facebook. “Il Mann è in prima linea nel processo di digitalizzazione che sta impegnando i musei italiani, spiega il direttore Paolo Giulierini. “Stiamo lavorando sulle collezioni e, con un programma specifico, sul patrimonio dei depositi. Accanto a noi partner scientifici, università internazionali e società ad alta tecnologia come l’americana Flyover Zone, pioniera nella creazione di realtà virtuali. Ricostruzione e tutela procedono insieme in questo processo. E accanto all’aspetto specialistico c’è naturalmente quello legato alla promozione e quindi allo sviluppo di nuove piattaforme, basti pensare ad app e videogames, settore questo nel quale il Mann è stato antesignano. Grazie alla tecnologia oggi è possibile fruire dei capolavori a distanza, così come arricchire la propria visita ‘in presenza’ con contenuti speciali. Il progetto ‘La Collezione Farnese digitale’ è una parte importante di questo affascinante percorso verso il Mann del futuro”.

Rielaborazione 3D del Toro Farnese conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Migliaia di fotografie per ciascuna delle sessantadue sculture selezionate tra i capolavori della Collezione Farnese del Mann; per l’Ercole, gli scatti sono stati tremila; per il Toro, circa quindicimila, suddividendo il gruppo in ventinove milioni di punti e in una maglia di quattordici milioni e mezzo di triangoli: nei primi mesi del 2021, ha preso avvio così il lungo e paziente processo di digitalizzazione in 3D dei marmi più celebri del museo Archeologico nazionale di Napoli. Il progetto, che ha intrecciato la ricerca sull’antica cromia dei marmi promossa da MANN in Colours e le tecnologie messe a disposizione dalla società statunitense Flyover Zone, ha dato origine a un grande database digitale, disponibile entro la prima metà di ottobre sul sito https://sketchfab.com/FlyoverZone/collections/farnese-collection.

Rielaborazione 3D dell’Ercole Farnese conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Basteranno pochi clic, dunque, per accedere agli accurati modelli 3D delle sculture, avendo un duplice vantaggio: in primis, si potrà avere accesso anche alle zone meno fruibili delle opere, come ad esempio le estremità o i particolari dei volti. I visitatori, ad esempio, vedranno da vicino gli occhi dell’Ercole e, per la prima volta, sarà possibile “entrare” letteralmente nel Toro Farnese, apprezzando a tutto tondo ogni singola figura che compone la grande scultura. Gli stessi modelli verranno utilizzati per realizzare delle dettagliate didascalie digitali: qui si troveranno tutte le informazioni sui colori originali delle opere. E, ancora, il database sarà un ponte scientifico verso altri progetti di ricerca: da una parte, l’Ecosistema digitale della Regione Campania, per mettere in rete il patrimonio del territorio; ancora, l’ambiente virtuale di Caracalla Baths Reborn che, sempre in collaborazione con Flyover Zone, consentirà di riposizionare le sculture, anche colorate, nella sede originaria delle Terme di Caracalla a Roma.

Rielaborazione 3D della Flora Farnese conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
“La percezione che le statue antiche un tempo fossero colorate è ancora troppo poco diffusa; attingere al mezzo digitale con il fine di illustrare non solo i risultati scientifici ma conferire al grande pubblico il messaggio che il colore aveva in origine è necessario alla corretta educazione al patrimonio”, afferma Cristiana Barandoni, l’archeologa che ha coordinato il progetto di digitalizzazione delle sculture Farnese, partendo dai risultati del progetto “MANN in colours”. In team con la ricercatrice, Bernard Frischer (Flyover Zone), uno dei primi archeologi internazionali a occuparsi di digitalizzazione delle statue, e l’architetto Davide Angheleddu, direttore dei processi di fotogrammetria per la società statunitense. Nel prossimo dicembre, la valorizzazione della collezione Farnese e dei depositi si arricchirà della presentazione dei risultati sui colori dei marmi.

Cristiana Barandoni all’opera tra le statue della Collezione Farnese del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
“Cuore centrale del progetto di modellazione fotogrammetrica Collezione Farnese”, continua Barandoni, “la cui campagna di acquisizione ad opera dell’architetto Davide Angheleddu si è avviata ad inizio 2021 in seno al progetto MANN in Colours che come sapete è la ricerca sul colore antico di una serie di opere straordinarie custodite al Museo, tra le quali i capolavori della Farnese. Parola d’ordine di MANN In Colours è inclusione, ovvero permettere alle persone di entrare nella nostra #expertroom ad indagini in corso; creare spazi per laboratori didattici per le scuole (ne svolgeremo uno durante la manifestazione #famu); lavorare a stretto contatto con il laboratorio di restauro…e molto altro ancora. Con Farnese Digitale andiamo oltre e cerchiamo di rendere “permanente” la conoscenza della celebre collezione, con particolare attenzione al tema colore: numerosi sono gli sforzi prodotti a livello europeo dai musei che fanno ricerca in questo settore, per diffondere la consapevolezza che le sculture, così come le architetture, un tempo erano assai diverse da come le percepiamo noi oggi. Il MANN vuole dare un contributo non temporaneo – come le mostre – bensì permanente: poiché il colore era una componente sostanziale della vita quotidiana del mondo antico, di pari importanza deve essere il ruolo odierno che il Museo esercita nella sua diffusione. Farnese Digitale è una proposta concreta e fattibile, sostenibile e adatta alla complessità della Collezione; i modelli 3D realizzati dalla Società saranno impiegati all’interno di nuove didascalie narrative e in modo semplice e intuitivo racconteranno storia, eventi, restauri tutto da uno speciale punto di vista, quello del colore, includendo questo tema in modo permanente nel percorso di visita”.
Napoli. Al museo Archeologico nazionale si presenta all’auditorium il progetto quinquennale MetaMuseo, l’universo digitale del Mann, in collaborazione con l’Indiana University: digitalizzare 400 reperti da rendere fruibili al pubblico
Un universo digitale a portata di tutti: è quanto si propone il progetto “MetaMuseo”, l’universo digitale del Mann, che viene presentato lunedì 12 settembre 2022, alle 17, in una tavola rotonda all’Auditorium del museo Archeologico nazionale di Napoli, trasmessa anche in diretta Facebook sulla pagina istituzionale dell’Archeologico. È ai nastri di partenza il progetto che, nel prossimo quinquennio, unirà il museo Archeologico nazionale di Napoli alla Luddy School of Informatics dell’università dell’Indiana: proprio l’istituzione americana sosterrà la parte preponderante dell’impegno finanziario della ricerca, che avrà lo scopo non solo di digitalizzare, ma soprattutto di rendere immediatamente fruibili a studiosi e pubblico manufatti lontani dalle luci delle sale espositive. “Il Metamuseo è un nuovo livello da raggiungere nella valorizzazione dei depositi per associare di nuovo i contesti, seppur in forma digitale. Lo facciamo con una nuova prestigiosa collaborazione internazionale, nello spirito di una ricerca condivisa con il mondo”, commenta il direttore del Mann, Paolo Giulierini che interviene alla tavola rotonda con Joanna Mirecki Millunchick, preside della Luddy School of Informatics Computing and Engineering (Indiana University); Bernard Frischer, professore di Informatics Computing and Engineering, co-director Virtual World Heritage Lab. (Indiana University); Cristiana Barandoni, direttore progetto MetaMuseo e Principal Investigator Mann; Gabriele Guidi, professore di Informatics alla Luddy School of Informatics Computing and Engineering, co-director Virtual World Heritage Lab. (Indiana University) e Principal Investigator IU.

Cristiana Barandoni, Principal Investigator per il MANN e ideatrice del MetaMuseo (foto IU)
“Quando passeggiamo tra le sale espositive dei musei, quello che vediamo non è tutto quello che vorremmo osservare”, interviene Cristiana Barandoni. “Esiste un patrimonio sommerso, un luogo dove si conservano le risorse invisibili, in generale ciò che i musei non hanno mai pensato di esporre, per motivi di spazio, di studio, di conservazione etc. Spesso sono reperti meno noti, ma altrettanto importanti per la ricerca, che per sopravvivere hanno bisogno di essere protetti. E conosciuti. Sono quelle opere a cui è stato tolto il diritto di esercitare la loro funzione nel presente. Un patrimonio di storia che tenteremo di far uscire dall’oblio in maniera permanente, non più solo attraverso lo strumento delle mostre che, per sua natura, non può che essere temporaneo e effimero. Un’opportunità di collaborazione internazionale che non poteva non essere colta. Un’opportunità di rispondere compiutamente alla nuova definizione di museo. Parafrasando Muttillo, cercheremo di riconoscere al deposito — allo stesso titolo degli spazi espositivi — un ruolo dinamico e poliedrico che parte dalla conoscenza del materiale, stimola la ricerca e si trasforma in luogo della valorizzazione. Una sfida difficile e problematica soprattutto per i depositi di materiale archeologico. Il Mann intende affrontare questa sfida con un nuovo importante progetto: il MetaMuseo”.

I depositi museali del Mann delle cosiddette Cavaiole (foto mann)
La realizzazione del MetaMuseo seguirà passaggi ben definiti nel progetto di studio: Cristiana Barandoni (Principal Investigator per il MANN e ideatrice del MetaMuseo), in collaborazione con Floriana Miele (funzionaria archeologa e responsabile dell’Ufficio catalogo del Mann), selezionerà nei depositi i quattrocento reperti da digitalizzare, differenti per tipologia di materiali e contesti. A seguire, il complesso iter della riproduzione in 3D, coordinata dai professori Bernard Frischer e Gabriele Guidi, entrambi Co-direttori del Virtual World Heritage Laboratory. Si partirà dall’acquisizione immagini di ogni opera, per generare il set più completo possibile di punti di vista della loro superficie. Da qui, la generazione di nuvole di punti tridimensionali, che rappresenteranno un campionamento della superficie del reperto. Le nuvole di punti saranno la premessa per la produzione di un modello superficie (modello mesh): in sintesi, un insieme di poligoni che, nel complesso, presenteranno la forma dell’oggetto. Decisivo, per garantire la fruibilità al pubblico, il passaggio alla mesh texturizzata, che restituirà l’aspetto visuale del manufatto, custodito in un repository digitale. Il MetaMuseo avrà anche un taglio didattico, perché alle campagne di studio e acquisizione immagini parteciperanno allievi ed esperti:

Progetto MetaMuseo: studiosi impegnati nella rilevazione dei reperti dai depositi del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
“Sono lieto che il nuovo collega, il prof. Gabriele Guidi, arrivato nella nostra università nel gennaio 2022 dal Politecnico di Milano, possa mettere a disposizione la sua vasta esperienza in questo progetto con il MANN. Il MetaMuseo è innovativo e offrirà ai nostri studenti e laureati una fonte infinita di argomenti per le loro ricerche”, aggiunge Bernard Frischer. La prospettiva di lavoro resta, in ogni caso, legata in primis alla conservazione dei manufatti: “Il MetaMuseo è un progetto che vuole tutelare e proteggere il patrimonio sommerso del Museo composto da reperti invisibili, ovvero non esposti per motivi di spazio, studio, conservazione. Sono forse opere meno note, ma altrettanto importanti per la ricerca: queste testimonianze, per sopravvivere, hanno bisogno di essere protette. E conosciute. Progettare e realizzare un’idea innovativa grazie alla collaborazione e al supporto economico dell’Università dell’Indiana è un’opportunità che non poteva non essere colta”, conclude Cristiana Barandoni.
Napoli. Attivati per la prima volta al museo Archeologico nazionale speciali sensori per il monitoraggio ambientale e avviata la rilevazione della temperatura delle sculture nella Collezione Farnese: così i progetti “MANN in Colours” ed “EcoValors” si arricchiscono di nuovi percorsi di ricerca

Sensori al museo Archeologico nazionale di Napoli per il monitoraggio ambientale: avviata la rilevazione della temperatura delle sculture nella Collezione Farnese. Il team scientifico di “MANN in Colours” ed “EcoValors” ha mostrato le operazioni necessarie per rilevare la temperatura dei capolavori della Collezione: questa attività, mai sperimentata al museo Archeologico nazionale di Napoli, si svolge con una termocamera FLIR, che serve a misurare a distanza la temperatura degli oggetti, non solo esaminando eventuali problemi relativi all’umidità dell’ambiente, ma anche monitorando lo stato di conservazione della scultura. Inoltre mostrata la nuova sensoristica per il monitoraggio di gas inquinanti; infine, analizzati i campionamenti che, nei mesi scorsi, hanno rivelato i colori sui più celebri marmi dell’istituto napoletano. Il colore nei marmi antichi è infatti impalpabile e presente, vivo e fragilissimo. Spetta alla ricerca il ruolo di tutelare questa importante acquisizione, aggiungendo, al quadro di conoscenze in fieri, le rilevazioni ambientali, le analisi chimico-fisiche, i parametri di inquinamento e, da qualche giorno, anche la temperatura dei corner dove si trovano i capolavori della Collezione Farnese. Il progetto “MANN in colours”, che studia la cromia nelle sculture del museo Archeologico nazionale di Napoli, diviene così itinerario pilota per una visione a tutto tondo sulla tutela dei capolavori del Mann: alla conservazione, segue, naturalmente, la valorizzazione, perché la ricerca sarà condivisa con il pubblico in cantieri aperti ai visitatori.

Per approfondire il complesso insieme di dati disponibili è stata sviluppata la partnership scientifica con l’università di Roma Tor Vergata (progetto “EcoValors”), l’università di Perugia, cui si lega anche un supporto da parte dell’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR. “È importante sottolineare che le nostre ricerche”, spiega Cristiana Barandoni, responsabile scientifico per il Museo dei progetti “MANN in colours” ed “EcoValors”, “si sviluppano non soltanto in luoghi simbolo del Museo, ma anche in spazi non accessibili al pubblico, in particolare i depositi delle Cavaiole e il laboratorio di restauro: anche qui, infatti, troviamo preziosi esemplari di sculture con tracce di colore ed è nostro intento salvaguardare tutto il patrimonio”.

Si è partiti, così, dalla rilevazione ambientale, che consente di definire una sorta di “stato di salute” delle aree che ospitano le statue; tale attività si avvale di due strumentazioni differenti: da una parte, in cinque spazi del Museo (tra gli angoli scelti per la sperimentazione, vi sono anche i depositi delle Cavaiole e la sala dell’Ercole Farnese) sono stati installati dei sensori che captano, in intervalli di tempo predefiniti, la concentrazione di inquinanti in situ; a queste apparecchiature si aggiunge l’utilizzo, da parte degli esperti, di un campionatore volumetrico per aspirazione d’aria. Dietro questo nome, apparentemente complesso, si svela una piccola scatolina che permette allo scienziato di aspirare dieci litri d’aria al minuto, identificando, successivamente tramite una piastra Petri, le spore fungine in un ambiente: grazie all’intreccio dei dati, si può capire quali sono i rischi provenienti dall’esterno dell’edificio (acidi e ossidi di azoto da inquinamento viario) e quali sono le “minacce” naturali legate alla presenza umana in sala. Nel caso in cui gli esperti identifichino valori limite, dannosi per la tutela dei reperti, saranno adottate misure di contenimento, in particolare per una corretta circolazione dell’aria.

Dalla chimica all’analisi termografica: sono state avviate le indagini, con termocamera FLIR, per verificare la temperatura degli angoli che ospitano le statue del Museo. Lo strumento è una fotocamera digitale che rileva la radiazione emessa e riflessa nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso termico: in sintesi, viene scattata un’immagine termica dell’oggetto osservato, identificando stime di temperatura tra aree calde e fredde. Questo aspetto è importante perché consente di identificare eventuali microfessurazioni, in cui si insinuano acqua e inquinanti vari (organici e inorganici), potenzialmente dannosi per la conservazione del reperto. Dalle prime analisi della mattinata, da suffragare necessariamente con gli sviluppi di laboratorio, sono emerse le temperature medie apparenti dei capolavori: ad esempio, 22.3°C per l’Ercole Farnese rispetto ai 24.1° C della sala.
Napoli. Al via la XXVI edizione di “Incontri di archeologia”: 19 giovedì al Mann tra ottobre ’21 e maggio ‘22. Molti approfondimenti e curiosità sui gladiatori, focus su Dante e le collezioni museali. Per i più piccoli, la terza domenica del mese è MANNforkids

A far la parte del leone della XXVI stagione di “Incontri di Archeologia”, storica rassegna che dà un marchio inconfondibile ai giovedì pomeriggio della programmazione culturale del Mann, non poteva non essere la grande mostra “Gladiatori”, protagonista assoluta in questi mesi al museo Archeologico nazionale di Napoli. E lo sarà con suggestioni e approcci più diversi per seguire i principali sentieri di ricerca del Mann. Appuntamento per 19 giovedì, tra ottobre 2021 e maggio 2022, alle 16, nell’Auditorium del Mann: speciale Gladiatori, focus su Dante e sui progetti scientifici più innovativi, racconti delle attività di restauro ed approfondimenti sui nuovi linguaggi della comunicazione. Il ciclo di conferenze, a cura di Lucia Emilio (Responsabile Servizi Educativi del Museo) e del suo staff, si propone, come ogni anno, di coniugare divulgazione ed approfondimento, con un taglio accattivante destinato ad un pubblico composto non soltanto da specialisti. Si parte giovedì 14 ottobre 2021 con “Spartaco. La grande rivolta” di Paolo Giulierini e Giovanni Brizzi.

“Gli incontri di archeologia sono, da quasi un trentennio, il cuore della programmazione del Mann, frutto dell’instancabile lavoro dei nostri Servizi Educativi”, spiega il direttore del Museo, Paolo Giulierini. “Non si tratta, come sanno bene i tanti affezionati frequentatori, di un semplice cartellone di appuntamenti per addetti ai lavori, ma di un autentico percorso ‘a tappe’ attraverso la vita intensa e affascinante all’interno del nostro museo, un racconto di assoluto spessore scientifico, ma che vuole essere sempre curioso e intrigante, per allargare il nostro pubblico e coinvolgere sempre più giovani ed appassionati. Nel 2021/2022 si parlerà molto di gladiatori e arricchiremo ancora con tanti contenuti la grande mostra prorogata fino ad aprile, ma non solo. Racconteremo i nostri studi, i restauri, i nuovi allestimenti, gli scavi in città, lo faremo insieme ai nostri archeologi e a prestigiosi docenti ed esperti. Perché gli Incontri di archeologia del Mann rappresentano oggi anche una significativa rete tra istituzioni culturali. Vi aspettiamo in tanti e in sicurezza nel nostro splendido Auditorium”.

Si partirà giovedì 14 ottobre 2021, alle 16, all’insegna dunque della mostra Gladiatori: Paolo Giulierini e Giovanni Brizzi racconteranno la grande rivolta di Spartaco che, dall’antica Capua, guidò la sommossa di chi era considerato eroe nelle arene pur essendo schiavo nella vita reale. La settimana successiva (21 ottobre), sarà Valeria Sampaolo, curatrice del progetto scientifico dell’esposizione, a concentrarsi su un particolare aspetto della fortuna dei giochi gladiatori: la “traduzione” pittorica dei combattimenti antichi. Ancora a novembre, due incontri da non perdere per soffermarsi sulle ricerche che hanno dato origine all’allestimento: giovedì 4, Stefano De Caro si occuperà degli Anfiteatri della Campania antica, mentre il 18 novembre Gennaro Rispoli illustrerà le caratteristiche del corner che, in sezione Gladiatorimania, descrive come la scienza medica, in età antica e contemporanea, abbia curato le “ferite sul campo”. Sempre a novembre 2021, da non perdere lo Speciale Dante (giovedì 11) con la conferenza di Gennaro Ferrante sulla ricezione del mito classico nel Medioevo: all’incontro, seguirà una visita guidata alla mostra “Divina Archeologia”, a cura del responsabile scientifico dell’allestimento, Valentina Cosentino.

A dicembre 2021 (giovedì 2), Ida Gennarelli parlerà delle vera e propria macchina scenica degli spettacoli dei gladiatori, mentre la settimana successiva (giovedì 9), Valerio Caprara farà una suggestiva incursione nel genere peplum, tra fiction e ricerca. Ultimo incontro del 2021 con Giovanni Greco, nell’ormai consolidato appuntamento in rete con l’Accademia d’Arte drammatica “Silvio D’Amico”, nell’ambito dell’Icra project: giovedì 16, in un evento-perfomance, ecco il racconto delle “Baccanti nel XX secolo”.

Il 2022 si aprirà con la conferenza di Carlo Rescigno su Cuma nelle raccolte del Mann, con una proiezione verso la nuova sezione che sarà aperta al Museo e sarà dedicata a un territorio ricchissimo dell’area flegrea (13 gennaio); per la Giornata della Memoria, giovedì 27, incontro a cura di Fabio Beltrame su giovani e donne nelle Quattro Giornate di Napoli. A febbraio, focus sull’allestimento di “Gladiatori” partendo dai depositi del Mann: ne parlerà Laura Forte (giovedì 3), coordinatrice dell’esposizione; il 24, Fabio Pagano e Paolo Iorio tracceranno la storia dell’Anfiteatro di Pozzuoli, in un’analisi che includerà narrazioni su gladiatori e santi. Per gli appassionati di curiosità storico-artistiche, da non perdere l’incontro con Luca Di Franco e Silvio La Paglia, che descriveranno una speciale collezione di vasi nella Napoli settecentesca (giovedì 10 febbraio).

Marzo 2022, mese al femminile: giovedì 10, Rossana Valenti parlerà dei legami tra le donne ed il Mediterraneo, mentre il 24 Cristiana Barandoni presenterà i risultati scientifici più aggiornati delle ricerche sulla cromia nei marmi antichi. Due gli appuntamenti previsti ad aprile: giovedì 7, con Andrea Milanese, Ruggiero Ferrajoli, Alessandro Gioia ed Angela Luppino, un inno al Museo, collezione di collezioni; il 28, con Jacopo Grossi Mazzorin, sarà analizzato l’impiego negli animali nelle venationes durante gli spettacoli gladiatori. La rassegna si concluderà in maggio con l’esposizione sui dati inediti dagli scavi ottocenteschi in via Santa Teresa, a cura di Valentina Cosentino (giovedì 5) ed il racconto del “dietro le quinte” delle grandi mostre, con Mariateresa Operetto (19 maggio).

Anche per la programmazione 2021/2022, ogni terza domenica del mese, sarà in calendario l’appuntamento “Mann for kids”, dedicato a bambini e ragazzi tra i 6 ed i 12 anni: i Servizi Educativi proporranno laboratori didattici in collezione, safari fotografici ed itinerari, con un approccio attento a disegno, fumetto e cinema. Per alcune proposte, prevista la collaborazione con la Scuola Italiana di Comix ed uno speciale sugli animali condotto in rete con lo Zoo di Napoli. La partecipazione a tutti gli Incontri sarà gratuita e prevedrà la prenotazione obbligatoria, telefonando ai Servizi Educativi del MANN (lunedì/venerdì: ore 9-15; tel: 0814422329). Per i laboratori didattici, sarà libero l’ingresso per un solo adulto accompagnatore. Le iniziative si svolgeranno secondo la vigente normativa anti-Covid e l’accesso sarà consentito al pubblico munito di Green Pass.
Napoli. “MANN in colours”, lo studio dei colori nelle statue antiche si arricchisce di ECOValors, il progetto di ricerca per tutelare la policromia originale delle sculture: al centro degli studi i nanomateriali ed i principi di green chemistry per giungere a un protocollo per il futuro. Mann e università di Roma Tor Vergata insieme

Il mondo antico era un’esplosione di colori, immagine che contrasta con quella “candida” giunta fino a noi e che tanto ci affascina, sia essa di templi o di sculture. Ma quell’immagine potrebbe riprendere forma, digitale se non reale, per alcune statue della collezione Farnese del museo Archeologico nazionale di Napoli al termine del percorso dell’indagine ECOValors nell’ambito del progetto di ricerca “MANN in colours” che dal 2018 studia i colori che abbellivano i capolavori classici, oggi soltanto apparentemente bianchi ai nostri occhi. Finora ha indagato una ventina di statue marmoree delle nostre collezioni per individuarne l’antica colorazione: blu egizio, lacca di garanza, pigmenti d’oro, ocra gialla sono solo alcuni dei pigmenti riscontrati. Venerdì 5 febbraio 2021, è stato presentato il nuovo e importante itinerario di indagine che arricchisce “MANN in colours”, “ECOValors” (Ecosustainaible project for Conservation and Valorization of color traces on Marble sculptures), prestigiosa collaborazione che unirà, per un biennio, il museo Archeologico nazionale di Napoli e il dipartimento di Scienze e Tecnologie Chimiche dell’università di Roma Tor Vergata. E con un obiettivo ambizioso: giungere a un protocollo che poi il ministero possa validare per ogni futuro intervento per lo studio e la conservazione delle tracce di colore nella statuaria antica. All’incontro sono intervenuti Paolo Giulierini (direttore del Mann), Orazio Schillaci (rettore dell’università di Roma Tor Vergata), Vincenzo Tagliaferri (pro- rettore alla Terza Missione e Trasferimento tecnologico/ Università Tor Vergata), Cristiana Barandoni (responsabile scientifico “ECOValors” per il Mann) e Federica Valentini (ricercatore dipartimento di Chimica, università Tor Vergata).


Il direttore del Mann, Paolo Giulierini (foto Graziano Tavan)

Orazio Schillaci, rettore dell’università Roma Tor Vergata
“Lo studio della policromia antica, in particolare sulla statuaria, è un viaggio meraviglioso che abbiamo intrapreso da tre anni con MANN in Colours, ancora più coinvolgente perché ci consente di condividere ogni scoperta con i nostri visitatori”, commenta Giulierini. “Ma se, dal passato, affiorano più colori di quanti potevamo immaginarci, il futuro non potrà prescindere dal verde. Ed è molto significativo che il progetto satellite ECOValors con l’università Tor Vergata, utilizzi per la sua ricerca quella che oggi viene definita Green Chemistry. Lavorare su conservazione e sostenibilità, indagare temi come qualità dell’aria e agenti inquinanti in relazione al nostro patrimonio, è una sfida più che mai attuale e necessaria”. E il rettore Schillaci: “L’università Tor Vergata è sempre stata molto aperta alle collaborazioni esterne, perché considera prioritario, nella propria mission, il riscontro a diverse esigenze di conoscenza: i risultati di questo lavoro sono evidenti e si devono, innanzitutto, al taglio multidisciplinare dell’approccio scelto. La cultura, non solo scientifica, sarà la chiave di volta per ripartire e costruire il futuro con fiducia. Ricerca, didattica e terza missione saranno termini fondamentali in questo percorso”.


Cristiana Barandoni, responsabile scientifico di ECOValors per il Mann (foto mann)
Sorprendenti le prime evidenze venute alla luce con le indagini: come illustra Barandoni, “sul tronco della celebre Venere in Bikini, ad esempio, sono stati recuperati numerosi pigmenti in verde; si è compreso, ancora, che la veste della dea era originariamente abbellita con lacca di garanza e blu egizio, connotando la tipologia iconografica di Afrodite con sandalo. Numerose tracce d’oro sul mantello rimarcano quanto sontuosa dovesse apparire agli occhi degli antichi questa piccola statuetta. A questo si aggiunge che fu usata biacca (bianco di piombo) per uniformare la pelle della Venere (lo stesso dicasi per l’Erote ai suoi piedi), in modo da creare uno strato omogeneo per l’applicazione successiva dei colori”. Ancora sorprese “in gradazione” sono emerse dalla Venere Marina: la statua è stata irradiata con luce ultravioletta e la fluorescenza rosata, che ne deriva, è segno inequivocabile dell’antico utilizzo di lacca di Robbia; inoltre, la VIL (luminescenza visibile indotta) ha permesso di riscontrare tracce di blu egizio. Anche la Figura Dionisiaca della Collezione Farnese ha dato risultati sorprendenti, evidenziando l’uso di blu egizio, terra rossa e miscela con ocra gialla. Dall’emozione della scoperta alla necessità di preservare il colore: sempre in continuità con “MANN in colours”, interviene ECOValors, che ha come obiettivo principale quello di indagare chimicamente i pigmenti in matrici policrome composite, il loro stato di conservazione, le tecniche di stesura dei colori, le materie prime utilizzate e la loro provenienza geografica. Durante le indagini saranno impiegati anche dispositivi di superficie non invasivi, in grado di identificare l’interazione tra la materia scultorea e gli agenti atmosferici, rilevati negli ambienti museali.


Federica Valentini, ricercatore dipartimento di Chimica, università Tor Vergata
Il Progetto “ECOValors” si articolerà in cinque fasi successive: 1. Diagnostica con tecniche fisiche non invasive, in alta definizione, per il riconoscimento delle tracce di colore nelle statue (le attività saranno condotte dallo staff di ricerca di “MANN in colours”); 2. Monitoraggio del microclima nell’ambiente museale dove le opere scultoree sono conservate e campionamento di agenti gassosi, polveri sottili ed agenti biodeteriogeni: questi due step di ricerca saranno effettuati in collaborazione con il prof. Ivo Allegrini (Envint srl) ed il Dipartimento di Ingegneria Civile ed Ambientale dell’Università degli Studi di Perugia; 3. Studio delle velocità di deposizione di agenti chimici inquinanti (ambienti museali indoor), responsabili dei processi di danneggiamento delle superfici di interesse archeologico; 4. Caratterizzazione molecolare, necessaria a stabilire la composizione chimica dei pigmenti; 5. Sperimentazione e validazione delle policromie da conservare a lungo termine, mediante Nanomateriali eco-sostenibili, compatibili con i supporti e altamente selettivi nel riconoscimento (a livello molecolare). Questo momento della ricerca è realizzato in rete con Carlo Bugli srl. “Ulteriore scopo di ECOValors”, spiega Valentini, “è la creazione di un protocollo, una sorta di best practice, che possa essere da modello per la scelta di specifici interventi di salvaguardia del colore nelle statue antiche: in tal senso, i Nanomateriali (materiali con dimensioni inferiori a 100 nanometri e che presentano proprietà diverse da oggetti macroscopici), usati grazie ai principi di Green Chemistry, costituiscono uno strumento utile e sicuro per gli archeologi ed i restauratori. Le attività di studio e ricerca multidisciplinare costituiranno un importante punto di riferimento anche per opere non esclusivamente provenienti dal mondo classico”.
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- Reggio Calabria. Al museo Archeologico nazionale mostra “Gianni Versace. Terra Mater. Magna Graecia Roots Tribute”, omaggio allo stilista calabrese ad ottant’anni dalla sua nascita: oltre 400 pezzi, fra abiti, accessori, complementi di arredo in dialogo con i reperti della Magna Grecia e della Calabria dalla preistoria ai bizantini dicembre 19, 2025
- Un libro al giorno. “Studi di topografia sulla bassa valle del Mesima. Saggi tra protostoria e tardoantico con uno sguardo sulle trasformazioni del paesaggio in età moderna” di Gianluca Sapio con ampio corredo di immagini, panoramiche e planimetrie dicembre 19, 2025
- Pompei. All’auditorium la conferenza “La casa del Tiaso e il suo mondo” di Gabriel Zuchtriegel, ultimo incontro dell’anno dell’associazione internazionale Amici di Pompei dicembre 19, 2025
- Grande Pompei. Dal Coro Pop – up al Teatro Grande fino agli itinerari tematici sulla musica: ecco il ricco calendario di appuntamenti per le festività natalizie del parco archeologico di Pompei per famiglie, bambini, e adulti tra Pompei, Stabia, Oplontis, Boscoreale dicembre 18, 2025
- Padova. A Palazzo Maldura il seminario “Una missione archeologica in Afghanistan: racconto di un’esperienza e prospettive di ricerca” con Massimo Vidale e Guido Furlan, dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, e Italo Bettinardi, libero professionista dicembre 18, 2025
CHI SIAMO
Graziano Tavan, giornalista professionista, per quasi trent’anni caposervizio de Il Gazzettino di Venezia, per il quale ho curato centinaia di reportage, servizi e approfondimenti per le Pagine della Cultura su archeologia, storia e arte antica, ricerche di università e soprintendenze, mostre. Ho collaborato e/o collaboro con riviste specializzate come Archeologia Viva, Archeo, Pharaos, Veneto Archeologico. Curo l’archeoblog “archeologiavocidalpassato. News, curiosità, ricerche, luoghi, persone e personaggi” (con testi in italiano)















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