Verona riscopre le sue radici classiche con un’esperienza immersiva che unisce ricerca, tecnologia e turismo culturale di ultima generazione grazie a Verona Time Machine, il Capitolium in Realtà Aumentata: un progetto dell’associazione Archeonaute in collaborazione con ARtGlass, finanziato con fondi PNRR

Verona Time Machine: con la Realtà Aumentata Palazzo Maffei, in piazza delle Erbe a Verona, diventa il Capitolium (foto Artglass)
Sei in piazza delle Erbe di Verona, il cuore della Verona romana, il foro, Indossi gli smartglass e il passato prenderà vita davanti ai tuoi occhi. Così l’imponente Palazzo Maffei si materializzerà nel Capitolium romano. In piazza Erbe rivive la città romana in Realtà aumentata ogni lunedì mattina alle 9.30 (italiano) e 11 (inglese), ogni venerdì pomeriggio alle 16 (inglese) e 17.30 (italiano), ogni sabato mattina alle 9.30 (italiano) e 11 (inglese), grazie a Verona Time Machine, il Capitolium in Realtà Aumentata, un esclusivo tour culturale dedicato alla riscoperta della città romana attraverso l’utilizzo della Realtà Aumentata, per scoprire la Verona romana come non l’hai mai vista: templi, strade, monumenti e meraviglie perdute rivivono in 7 tappe mozzafiato nel centro storico.

Verona Time Machine: con Archeonaute per scoprire il cuore di Verona romana in Realtà Aumentata (foto archeonaute)
Il progetto, finanziato in parte con i fondi dell’Unione Europea-Programma Next Generation EU, nell’ambito della Missione 1 del PNRR, ha l’obiettivo di promuovere la valorizzazione e fruizione del patrimonio storico-archeologico cittadino mediante strumenti tecnologici avanzati. Il percorso, realizzato dall’associazione Archeonaute di Verona, in collaborazione con ARtGlass, leader internazionale nel settore della Realtà Aumentata per il turismo e la cultura, ha una durata di circa 90 minuti e si sviluppa lungo un itinerario urbano che tocca sette punti d’interesse nel centro storico, seguendo l’antica viabilità della città romana. La narrazione e i contenuti visivi sono stati messi a punto in seguito ad una stretta collaborazione scientifica con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, che ha concesso il proprio sostegno al progetto.

Verona Time Machine: con gli smartglass alal scoperta della Verona romana in Realtà Aumentata (foto artglass)
Grazie all’impiego di smartglass (occhiali multimediali trasparenti e leggeri di ultima generazione), i visitatori possono esplorare in maniera immersiva ricostruzioni digitali di edifici, strade e monumenti in parte perduti o inglobati nel tessuto urbano contemporaneo. A condurre il tour saranno le guide abilitate, archeologhe, dell’associazione Archeonaute, che alla meraviglia delle modellazioni immersive e delle ricostruzioni 3D aggiungeranno la propria competenza nella divulgazione e il fascino insostituibile della relazione umana e della condivisione.
Il punto di partenza si trova in piazza delle Erbe, anticamente sede del foro romano, centro nevralgico della vita cittadina, mentre l’arrivo è in Corte Sgarzerie, dove si possono visitare gli scavi del Criptoportico romano. Protagonista dell’esperienza è il Capitolium, il principale tempio nel cuore cittadino della Verona romana, di cui oggi sono visibili le fondamenta nel sottosuolo: grazie alla Realtà ea rigorose e dettagliate ricostruzioni 3D realizzate dagli specialisti di No Real Interactive, su modello di Dario Gallina, è possibile osservarne la struttura originaria, molto più ampia e scenografica di quanto si possa immaginare e comprendere il valore simbolico e architettonico dell’edificio, che sorgeva nel luogo dove oggi è possibile osservare il magnifico Palazzo Maffei, che domina Piazza delle Erbe. Tra i partner e sostenitori del progetto, il Comune di Verona e il Ristorante Maffei, locale storico di Verona, da dove è possibile accedere alle fondamenta del Capitolium. Il tour, a cui è possibile prendere parte esclusivamente previa prenotazione, è disponibile in lingua italiana e inglese al costo di 20 euro a persona. Il percorso è articolato in sette tappe: le prime due in piazza delle Erbe, mentre la terza è dedicata a piazzetta Monte e consente di riscoprire l’immensa piazza antistante il tempio votato a Minerva, Giove e Giunone. Si prosegue in via Mazzanti, laddove in passato correva il decumano massimo. La tappa all’angolo del corso Sant’Anastasia conduce lungo l’antica via principale della città che sfociava all’interno del triportico del Capitolium, adibito ad archivio pubblico, nell’odierno vicolo Raggiri. Ci si appresta alla conclusione imboccando via Emilei, dove gli smartglass consentono di visualizzare l’ipotetico aspetto di alcuni degli ingressi del Criptoportico di Corte Sgarzerie, ultima tappa del percorso.

Verona Time Machine: con Archeonaute per scoprire il cuore di Verona romana in Realtà Aumentata (foto archeonaute)
“Abbiamo deciso di abbinare all’innovazione della Realtà Aumentata e di un’esperienza senza precedenti in Veneto la componente umana delle nostre guide”, spiega Annarosa Tricomi, rappresentante dell’associazione Archeonaute, che ha all’attivo numerosi tour guidati e gestisce l’animazione di alcune tra le principali aree archeologiche della Verona sotterranea, “perché crediamo fermamente che la combinazione vincente nel nuovo turismo culturale sia proprio quella tra dimensione fisica e digitale. Sarà infatti la guida, sulla base della narrazione e del momento, a quali scenari immersivi mostrare ai visitatori, inviando letteralmente sugli smartglass i contenuti, grazie a un software creato ad hoc da ARtGlass. L’ulteriore aspetto di valore è che i contenuti saranno personalizzati sulla base della lingua preferita dal visitatore e di sue specifiche necessità sensoriali, rendendo l’esperienza accessibile e inclusiva”.
“Questo progetto ha richiesto una combinazione unica di competenze e professionalità che hanno lavorato in sinergia”, aggiunge Michela Pasqualini, project manager di ARtGlass, che ha sedi a Monza, Verona e Richmond VA, negli USA e all’attivo oltre 120 progetti in siti culturali, tra i quali il Duomo di Milano, il parco archeologico di Pompei, gli scavi di Hegra, in Arabia Saudita. “Al lavoro di ricerca degli archeologi si è aggiunto infatti quello degli esperti di ricostruzioni 3D e autori specializzate che si sono confrontati con la sfida di un tour che trasforma il centro cittadino in un museo a cielo aperto”.

Verona Time Machine: a Corte Sgarzerie, ultima tappa del percorso con Archeonaute in Realtà Aumentata (foto archeonaute)
“Ad aggiungere valore al progetto”, conclude Annarosa Tricomi, “la collaborazione nata dalla messa in rete di Verona Time Machine con altri progetti partner sostenuti dal PNRR in siti prestigiosi come il museo Archeologico nazionale di Verona, il centro storico di Torino, la Rocca di Lonato del Garda. Una collaborazione che ci permetterà di attivare iniziative di co-marketing, scambio di buone pratiche e conoscenze, per avanzare insieme verso una dimensione innovativa della cultura e della partecipazione”.
Verona. Al Due Torri Hotel presentazione del libro “L’ipogeo di Santa Maria in Stelle” di Germana Cabrelle (Minerva editore), ultimo “Libro della Buonanotte” dedicato a Verona. Nato come acquedotto romano, l’ipogeo è oggi un sito archeologico e un luogo di culto cristiano, unico nel suo genere

L’ipogeo di Santa Maria in Stelle (Vr), noto anche come il Pantheon, sito archeologico e luogo di culto cristiano (foto Sabap-Vr)

Nato come acquedotto romano, è oggi un sito archeologico e un luogo di culto cristiano, unico nel suo genere: è l’Ipogeo di Santa Maria in Stelle. Lunedì 10 marzo 2025, alle 18.30, al Due Torri Hotel, presentazione del libro “L’ipogeo di Santa Maria in Stelle” (Minerva editore) di Germana Cabrelle, giornalista e scrittrice che si occupa prevalentemente di turismo culturale e di prestigio per le testate del gruppo Condé Nast e Class Editori, nato nell’ambito di un progetto di valorizzazione territoriale realizzato con la collaborazione di Destination Verona Garda. Una delle mete più gettonate per chi visita Verona è sicuramente la sua celebre Arena. Non tutti però conoscono un altro sito noto come il Pantheon, l’Ipogeo di Santa Maria in Stelle, struttura architettonica sotterranea decisamente meno nota “ma non meno affascinante” come tiene a sottolineare, Germana Cabrelle, autrice del “Libro della Buonanotte” dedicato a Verona. Dopo i saluti istituzionali di Marta Ugolini, assessore Cultura, Turismo, Rapporti con l’Unesco del Comune di Verona; di Cristiana Beghini, direttore dell’Ufficio per i beni culturali e l’edilizia di culto della Diocesi di Verona; e di Luca Caputo, direttore generale di Destination Verona Garda, intervengono Claudia Annechini, presidente di Circoscrizione 8^ e una delle fondatrici dell’Associazione Ipogeo che dialogheranno con l’autrice. Modera Luca Mantovani, caporedattore de L’Arena.

Copertina del libro “L’ipogeo di Santa Maria in Stelle” di Germana Cabrelle
L’Ipogeo di Santa Maria in Stelle è il titolo dell’ultimo volume nato dedicato alla città di Verona nella collana letteraria del Gruppo Duetorrihotels – di cui fa parte il Due Torri Hotel – edita Minerva edizioni che da anni valorizza storie meno note sulla città ma che certamente meritano di essere raccontate e spunti di viaggio ogni anno diversi. Dopo numerosi volumi a cura di Maria Teresa Ferrari: “Giulietta e Romeo. Amore senza tempo”; “L’Arena che non ti aspetti”; “Sulle orme di Dante”; “La terrazza dei sogni”; “Verona URBS Picta”; “Tra le arche e il cielo”; “Passeggiando per Verona” e “Palazzo Maffei” di Beba Marsano, è L’Ipogeo di Santa Maria in Stelle di Germana Cabrelle ad arricchire la collezione di brevi racconti da leggere in una notte che chi soggiorna in hotel trova in regalo in camera, direttamente sul proprio comodino. In vendita in tutte le librerie e nei maggiori store online. Nato come acquedotto, l’Ipogeo ha conosciuto nel corso della sua lunghissima esistenza molte trasformazioni, non solo nella struttura architettonica, ma anche nella sua funzione comunitaria. Il sito si trova nell’omonimo paese, Santa Maria in Stelle, piccolo borgo veronese situato nel cuore della Valpantena, che deve il suo nome a un affresco dipinto all’interno di una volta ipogea.
Verona. Al museo di Storia naturale presentazione del libro “Food and wine in ancient Verona / Cibo e vino nella Verona antica – Vol. II – Mangiare e bere nella Preistoria e Protostoria” secondo volume del progetto dell’università di Verona “In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”

Giovedì 27 febbraio 2025, alle 16.30, nella sala conferenze “Sandro Ruffo” del museo civico di Storia naturale di Verona è in programma la presentazione del libro “Food and wine in ancient Verona / Cibo e vino nella Verona antica – Vol. II – Mangiare e bere nella Preistoria e Protostoria” a cura di Mara Migliavacca, Nicoletta Martinelli, Paola Salzani, Massimo Saracino (Edizioni Quasar, Roma), secondo volume del progetto dell’università di Verona “In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”, finanziato da Fondazione Cariverona. Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Il programma prevede i saluti di benvenuto di Marta Ugolini, assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Verona; Paolo De Paolis, direttore dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente ABAP per le province di Verona Rovigo e Vicenza; e Francesca Rossi, direttrice dei musei civici di Verona. Sono previsti inoltre gli interventi di Flavia Guzzo, docente di Botanica dell’università di Verona, e Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’università di Bologna, che sono impegnati da anni nello studio delle tematiche delle fonti e delle diete alimentari del presente e del passato, il cui diverso approccio scientifico permetterà di avere una miglior comprensione delle tradizioni culinarie che ancora oggi caratterizzano Verona e non solo.

“In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”, progetto di ricerca dell’università di Verona
La presentazione segue a breve distanza quella del primo volume, svoltasi nel dicembre 2024 nella sede dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere. Questa seconda pubblicazione contiene una serie di contributi che, rispetto al primo volume, si concentra sulla preistoria e protostoria veronese, aggiungendo un importante tassello al progetto complessivo. In questa occasione alcuni risultati del progetto Food and wine in ancient Verona sono stati integrati con una ricca serie di importanti dati scaturiti da altre indagini in corso da parte di enti di ricerca da anni impegnati sul territorio, il cui tratto comune risiede nell’inter- e multidisciplinarietà e nell’impiego di metodologie scientifiche complesse e diversificate. Il dipartimento di Culture e Civiltà dell’università di Verona, coordinatore del progetto, il museo civico di Storia naturale di Verona e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio, in tale progetto si sono fatti promotori della convergenza di enti e competenze per una ricerca in grado di ricostruire, da più punti di vista, le modalità dell’alimentazione in un arco temporale molto vasto, che si allargherà più avanti con gli ulteriori sviluppi previsti dal progetto.
Verona. Alla Gran Guardia la conferenza, in presenza e on line, “100 anni del Museo Archeologico al Teatro Romano 1924-2024”: dal processo di formazione delle collezioni all’istituzione del museo Archeologico nel 1924 fino al nuovo allestimento inaugurato nel 2016
Cadeva l’anno 1924 quando a Verona il museo Archeologico al Teatro Romano apriva ufficialmente le porte al pubblico. Nell’anno del centenario, martedì 10 dicembre 2024, alle 17, nella sala Convegni della Gran Guardia, si terrà la quinta conferenza dei Musei Civici 2024 – 2025 con il titolo “100 anni del Museo Archeologico al Teatro Romano 1924-2024”: l’accesso è libero e consentito fino ad esaurimento dei posti disponibili. È possibile seguire l’incontro anche in diretta streaming sul canale YouTube https://www.youtube.com/@imuv-imuseidiverona. Durante l’incontro, in apertura, i saluti di benvenuto dell’assessore alla Cultura Marta Ugolini. Seguiranno gli interventi di Francesca Rossi, direttrice dei Musei Civici di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Margherita Bolla, già curatrice del museo Archeologico al Teatro Romano e del museo Maffeiano; Andrea Augenti, professore ordinario università di Bologna, coordinatore del Corso di Dottorato in Scienze storiche e archeologiche. Memoria, civiltà e patrimonio.

L’ex convento di San Girolamo dei Gesuati, sopra il teatro romano di Verona, sede del museo civico Archeologico al Teatro romano (foto imuv)
Il museo Archeologico al Teatro Romano è stato inaugurato il 10 marzo 1924. Questa data segna il momento in cui viene ufficializzato il distacco delle collezioni archeologiche dall’originario Museo Civico che le conteneva ed esponeva a Palazzo Pompei, già dal 1854. Alla fine dell’Ottocento in questa sede si erano accumulati i dipinti e le sculture, le raccolte naturalistiche, i reperti archeologici e una grande quantità di oggetti recuperati tra il 1890-1892 nel corso dei cosiddetti scavi d’Adige. La sede naturale, che venne individuata per ospitare le collezioni archeologiche, fu il convento del XV secolo di San Gerolamo dei Gesuati, che insisteva sul teatro sorto alla fine del I secolo a.C. sul fianco del colle di San Pietro. L’esistenza del teatro era nota, così come la sua ricostruzione, attraverso i disegni degli artisti del Rinascimento. L’edificio però ritornò ad essere visibile solo nel 1815 quando per caso emersero alcuni gradini della cavea; il resto era in parte interrato, in parte coperto dalle costruzioni civili ed ecclesiastiche sorte nei secoli. Furono l’impegno e la determinazione di Andrea Monga, esponente della borghesia veronese e uomo alla ricerca di un sogno, che permisero di riportare alla luce buona parte dell’edificio nell’arco di circa dieci anni a partire dal 1834.

L’area del teatro romano di Verona prima dei lavori del Monga (foto imuv)
Agli inizi del Novecento era matura a Verona la coscienza collettiva di appropriazione pubblica di un luogo così rilevante della città antica. Lo scavo archeologico si protrasse con interventi non continuativi fino al 1939, ma già nel 1923 l’allora direttore del Museo Civico, Antonio Avena, provvide a trasferire all’interno del convento dei Gesuati i materiali archeologici, compresi quelli di età preistorica e protostorica. Il criterio di allestimento, in coerenza con la sua personale inclinazione alla scenografia, mirava a realizzare un museo-giardino di aspetto romantico. Tale scopo fu perseguito con il reimpiego di materiali da altri siti e con la distribuzione fra piante e vigneti di colonne ricostruite, capitelli, sculture e blocchi funerari.

Il teatro romano di Verona affacciato sull’Adige ospita gli spettacoli dell’Estate Teatrale Veronese (foto comune verona)
Ad Avena per primo è da attribuire l’idea di utilizzare il teatro per gli spettacoli moderni e nel 1948, in effetti, iniziò l’Estate Teatrale Veronese che costituisce un appuntamento fisso per veronesi e turisti. Nel lungo periodo fra la sua riapertura dopo la guerra e il riallestimento inaugurato nel 2016, nel teatro e nel museo sono stati necessari numerosi interventi di tipo conservativo, dovuti anche alla specificità della loro collocazione. I lavori recenti hanno voluto ampliare lo spazio espositivo e rinnovare integralmente l’allestimento.

Il chiostro del museo Archeologico al Teatro Romano di Verona (foto MATR)
In occasione della ricorrenza del centenario, verrà ripercorso il processo di formazione delle collezioni e dell’istituzione del museo Archeologico nel 1924. Si proporrà un confronto tra l’allestimento di Antonio Avena e il nuovo allestimento inaugurato nel 2016. Saranno inoltre illustrate le attività di ricerca che hanno avuto come esito la catalogazione e la pubblicazione delle raccolte, oltre alla divulgazione della loro conoscenza attraverso mostre tematiche tenute nel museo stesso. Saranno considerati anche gli interventi di tutela e conservazione del Teatro nel contesto del colle di San Pietro, le relazioni del museo con la rete museale cittadina e, infine, le prospettive di sviluppo del progetto culturale del museo per soddisfare le esigenze in costante divenire dei diversi pubblici e più in generale della società contemporanea.
Verona. Al museo degli Affreschi “Risultati e prospettive dell’indagine archeologica di San Martino in Aquaro a Castelvecchio”, quarto appuntamento con le “conferenze dei Musei Civici 2024-2025”: presentazione del progetto di scavo in corso nel cortile del Museo e illustrazione dei risultati e dei lavori ancora da svolgere

L’area archeologica di San Martino in Aquaro nel grande cortile di Castelvecchio a Verona, a ridosso delle mura (foto i-muv)
Martedì 26 novembre 2024, alle 17, nella sala Galtarossa del museo degli Affreschi “G.B. Cavalcaselle” di Verona, è in programma il quarto appuntamento con le “conferenze dei Musei Civici 2024-2025” dal titolo “Risultati e prospettive dell’indagine archeologica di San Martino in Aquaro a Castelvecchio”, durante il quale sarà presentato il progetto di scavo in corso nel cortile del Museo e verranno illustrati risultati e i lavori ancora da svolgere. L’accesso – libero – è consentito fino ad esaurimento dei posti disponibili. Dopo i saluti di benvenuto di Marta Ugolini, assessore alla Cultura Turismo Rapporti con l’Unesco Comune di Verona; Francesca Rossi, direttrice dei Musei Civici di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Davide Del Curto, prorettore Politecnico di Milano – Polo di Mantova; Paolo De Paolis, direttore dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona; intervengono Filippo Bricolo, Politecnico di Milano – Polo di Mantova; Brunella Bruno, soprintendenza Archeologia Belle arti Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Luca Fabbri, Musei Civici Verona; Elisa Lerco, università di Verona; Fabio Saggioro, università di Verona.

L’area della chiesa di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona nel 2023, prima dell’inizio del progetto di scavo (foto musei civici verona)

Grafica 3D dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Risultati e prospettive dell’indagine archeologica di San Martino in Aquaro a Castelvecchio. Sono iniziati nell’autunno 2023, nel cortile del Museo di Castelvecchio, gli scavi per portare nuovamente alla luce il sito e i resti archeologici della chiesa di San Martino in Aquaro (vedi Verona. Nel cortile del museo di Castelvecchio al via nuovo progetto di scavo per portare alla luce la chiesa di San Martino in Aquaro, individuata 60 anni fa dai lavori dell’architetto Carlo Scarpa. Durerà tre anni e sarà un cantiere aperto al pubblico | archeologiavocidalpassato). Il progetto, della durata di tre anni, vede la collaborazione del dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona, della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, e del Polo territoriale di Mantova del Politecnico di Milano. Il progetto intende approfondire lo studio e la valorizzazione del sito e i resti archeologici della chiesa di San Martino in Aquaro. L’edificio religioso, attestato già tra VIII e IX secolo, proseguì la sua funzione anche dopo essere stato inglobato all’interno del recinto difensivo scaligero, trasformandosi in cappella castrense, fino alla completa distruzione avvenuta nel corso dell’ammodernamento del complesso dei primi anni dell’Ottocento.

Gli scavi della chiesa di San Martino in Aquaro a Castelvecchio di Verona negli anni Sessanta del Novecento (foto archivio castelvecchio vr)

Planimetria di Castelvecchio a Verona con tratteggiata la chiesa di San Martino in Aquaro nel cortile del museo (foto archivio carlo scarpa – castelvecchio)
Il secondo obiettivo della ricerca è quello di approfondire la conoscenza del contesto urbano nel quale l’edificio insisteva, mettendo in relazione le nuove acquisizioni di scavo con i ritrovamenti di età romana, alto medievale e scaligera venuti alla luce nella zona, per chiarire la storia e l’evoluzione di uno snodo di fondamentale importanza del tessuto urbano cittadino. Il sito venne superficialmente indagato negli anni Sessanta del Novecento, quando una campagna di scavo rintracciò parte del perimetro dell’edificio, nel quale erano reimpiegati numerosi elementi di età romana ancora conservati in situ. Nonostante Carlo Scarpa avesse cominciato a ragionare sulla valorizzazione dei resti archeologici, questi vennero per la maggior parte interrati, e l’area rimase di fatto uno spazio non del tutto risolto all’interno del limpido disegno del cortile elaborato dall’architetto veneziano.

Visite guidate al cantiere di scavo di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Il progetto è l’occasione per offrire l’esperienza del cantiere aperto a tutti i visitatori del museo, che hanno la possibilità, durante le operazioni, di assistere in prima persona ai lavori di indagine e di interagire grazie a un allestimento appositamente realizzato per la valorizzazione degli scavi archeologici.

Le pannellature lignee ai bordi dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona con l’anno di scavo e le relative spiegazioni (foto i-muv)

Bozzetto del progetto di allestimento per la valorizzazione dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Un allestimento per la valorizzazione degli scavi archeologici. Il museo di Castelvecchio nell’allestimento di Carlo Scarpa è una delle pietre miliari della museografia mondiale. Fulcro del museo è l’allestimento di ogni opera concepito come dispositivo critico in grado di suscitare la consapevolezza del visitatore attraverso un porgere interrogativo che richiede una partecipazione attiva. Il progetto di valorizzazione degli scavi archeologici in fase di realizzazione presso il sito della chiesa di San Martino in Aquaro si propone di portare avanti ed allo stesso tempo di reinterpretare questo processo. Delle pannellature lignee, realizzate in assi di cantiere, si pongono a cavallo del parapetto posto da Carlo Scarpa a protezione degli scavi realizzati con Licisco Magagnato in fase di ultimazione del cortile. Sulle pannellature sono accolti elementi realizzati in legno bruciato che appaiono ad una prima visione come figure interrogative che invitato il visitatore all’avvicinamento. Ad aumentare l’interesse sono delle date realizzate in numeri romani poste nella parte sommitale delle pannellature e delle targhe lignee appese a spaghi in corda contenenti le didascalie esplicative. Chiamati da questi dispositivi, i visitatori, si avvicinano e compiono l’atto di prendere in mano le didascalie appese accendendo, in questo modo, alla fase di comprensione. L’azione indotta dall’allestimento vuole rompere la distanza a volte presente in queste tipologie di esposizioni ed innescare una maggiore partecipazione da parte del visitatore.

La pannellatura lignea ai bordi dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona con l’anno 1964, anno dei primi scavi, con le relative spiegazioni (foto i-muv)
Le pannellature sono divise in due gruppi distinti disposti sui due lati del parapetto scarpiano: sul primo lato (entrando nel cortile) si trova una presentazione delle principali fasi di formazione del complesso di Castelvecchio utili per inquadrare il ruolo della chiesa di San Martino in Aquaro nello sviluppo storico che ha condotto allo stato attuale; sul secondo lato, tre pannellature, sono dedicate alla valorizzazione degli esisti dello scavo archeologico. Le pannellature sono divise per gli anni di attività previsti per lo scavo e raccoglieranno progressivamente una descrizione ed interpretazione dei risultati emergenti. Gli espositori sono pensati come sistemi aperti che muteranno con l’evolversi delle indagini. Viste nell’ambiente del cortile, le pannellature lignee, richiamano allusivamente alla bacheca dell’archeologo e, allo stesso tempo, si evidenziano come un ipertesto provvisorio totalmente rimovibile dialogando a distanza con altri interventi temporanei che hanno riguardato il cortile di Castelvecchio.

Veduta zenitale dell’area di scavo di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto saggioro)
Le campagne di scavi: 2023. Gli scavi hanno consentito di rimettere in luce la porzione della chiesa nota dagli anni 60 del Novecento e indagata in parte da Licisco Magagnato e Carlo Scarpa. Lo studio ha permesso di ricostruire la sequenza degli interventi riferibili alla struttura romanica e alle fasi successive, anche dopo la costruzione del Castello, con l’individuazione di molte sepolture già spogliate nei secoli passati. Quanto messo in luce interessa la navata meridionale della chiesa di cui si sono rinvenute anche tracce di pavimentazioni. Grazie ad approfondimenti stratigrafici si sono individuate anche le tracce di una frequentazione di età romana o tardo antica a circa 2 metri di profondità dal livello di calpestio attuale. Queste tracce potrebbero quindi testimoniare un’occupazione dell’area già in età romana.

Grafica 3d con alcune sepolture emerse nello scavo dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Le campagne di scavi: 2024. Sono stati esplorati, con sondaggi mirati, alcuni punti del cortile di Castelvecchio: alcuni vicini e posti ad oriente della chiesa, altri più spostati verso la zona del prato per verificare i perimetrali più settentrionali. Sono inoltre state condotte indagini con il Georadar per acquisire le informazioni su una più ampia area. Nel corso delle indagini, i dati più interessanti sono emersi nell’area compresa tra la chiesa e la porta d’ingresso del castello. In questa zona, pur rimaneggiata da molti interventi di età moderna, si sono rinvenute strutture e fasi legate all’alto medioevo e all’età romana, confermando quanto si era già osservato nel 2023. Non risulta ancora chiaro se quanto individuato possa riferirsi a strutture produttive o residenziali, ma il dato offre sicuramente un elemento molto utile per raccontare quasi duemila anni della storia di questo luogo.

L’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Le campagne di scavi: 2025. Nella primavera 2025 l’obiettivo sarà quello di aprire l’area della navata centrale della chiesa, probabilmente coincidente con la prima chiesa altomedievale, e di riuscire a chiarire cosa vi fosse nel luogo dove sorse l’unica chiesa di Verona dedicata a San Martino, santo caro ai Franchi, a Carlo Magno e a suo figlio Pipino che fu spesso presente a Verona.
Verona. Al museo Archeologico nazionale al via la mostra “GIOCARE una migliaia di anni fa”, dedicata al mondo del gioco tra età del Bronzo ed età Romana in concomitanza col Tocatì, festival internazionale dei Giochi in Strada. Laboratori didattici a cura di Archeonaute

Al via venerdì 13 settembre 2024, al museo Archeologico nazionale di Verona “GIOCARE una migliaia di anni fa”, mostra archeologica dedicata al mondo del gioco: un’opportunità unica per il pubblico per esplorare la dimensione del gioco nell’antichità attraverso i rinvenimenti archeologici di Verona e del suo territorio. La mostra, aperta all’Archeologico dal 12 settembre al 14 ottobre, è stata progettata e realizzata nell’ambito di “Arte in gioco”, format espositivo ideato dall’assessorato alla Cultura Turismo e Rapporti con l’Unesco del Comune di Verona e dai Musei Civici, in occasione della XXII edizione di Tocatì, festival internazionale dei Giochi in Strada. L’esposizione presenta una selezione di giochi e oggetti, organizzata in quattro sezioni tematiche, appartenuti a bambini e adulti vissuti migliaia di anni fa, tra l’età del Bronzo e l’età Romana. Saranno inoltre esposti, in anteprima, reperti di età Romana che confluiranno nel prossimo allestimento dedicato a questo periodo al MANVerona. La mostra sarà visitabile nei consueti orari di apertura al pubblico (venerdì – lunedì, dalle 10 alle 18). Nei giorni del Tocatì (13-15 settembre 2024) la visita alla mostra sarà gratuita, successivamente sarà compresa nel regolare biglietto d’ingresso. Info: tel. 045.591211 o mail a drm-ven.museoverona@cultura.gov.it.

Annarosa Tricomi e Maria Rita Bertoncini dell’associazione Archeonaute onlus di Verona (foto archeonaute)
Laboratori di gioco: GIOCARE una manciata di migliaia di anni fa. Sabato 14 e domenica 15 settembre, 10 – 12 e 15 – 17. Durante il fine settimana dedicato alla XXII edizione di Tocatì, festival internazionale dei Giochi in Strada, insieme alla mostra “GIOCARE una manciata di migliaia di anni fa”, verranno allestite al MANVerona due postazioni di gioco, curate dall’associazione Archeonaute onlus di Verona, presso le quali sarà possibile cimentarsi in prima persona con alcuni giochi di migliaia di anni fa. DUODECIM SCRIPTA, una partita lunga 2000 anni! Questo gioco romano, detto anche delle dodici linee, corrisponde nelle sue regole essenziali al tric-trac (nei paesi anglo-sassoni backgammon) ed era molto praticato dagli antichi romani. Si attuava utilizzando dadi, pedine e un tavoliere, quasi sempre in marmo, dove erano riportate delle parole di 6 lettere ciascuna, ognuna delle quali rappresentava una casella. ASTRAGALI. L’osso del tarso posteriore (astragalo) di piccoli capi di bestiame (ad esempio di capra) era usato direttamente, o con riproduzioni in diversi materiali, per dare vita a diverse forme di gioco. Il laboratorio proposto è dedicato ai più piccoli (6-11 anni). Informazioni: tel. 045.591211 o mail a drm-ven.museoverona@cultura.gov.it. Attività didattica gratuita.
Verona. All’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere giornata di studi “Storia della famiglia De’ Stefani tra archeologia, arte e politica” sui ruoli rivestiti e sugli apporti dati dall’archeologo Stefano, il pittore Vincenzo e il ministro Alberto nell’ambito della cultura, della politica e dell’economia
Stefano archeologo e paletnologo, Alberto economista e politico, Vincenzo pittore: è a questi tre veronesi che l’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona dedica la giornata di Studi “Storia della famiglia De’ Stefani tra archeologia, arte e politica”. Appuntamento venerdì 2 febbraio 2024, nella sala degli Accademici, nella sede di Palazzo Erbisti in via Leoncino 6 a Verona. Con l’occasione saranno inaugurate le esposizioni “Vincenzo e Alberto De’ Stefani pittori”, all’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona, e “Le carte dell’Archivio privato”, all’Archivio di Stato di Verona, che resteranno aperte con ingresso libero dal 2 al 16 febbraio 2024. La giornata di studi intende essere spazio di indagine e riflessione in merito ai ruoli rivestiti e agli apporti dati dall’archeologo Stefano, il pittore Vincenzo e il ministro Alberto De’ Stefani nell’ambito della cultura, della politica e dell’economia all’interno del panorama italiano e veronese tra i secoli XIX e XX. L’incontro è organizzato dalla famiglia De’ Stefani insieme agli studiosi Elena Casotto, Giovanni Corcioni e Angelica Gabrielli, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura del Comune di Verona, il dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona, l’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere, l’Archivio di Stato di Verona e i Musei Civici di Verona. Verranno analizzate da vicino queste tre personalità e approfondite la conoscenza degli ambienti locali e nazionali in cui i De’ Stefani si trovarono a operare. A stimati specialisti di archeologia, storia dell’arte e storia contemporanea – i docenti Luciano Salzani, Sergio Marinelli e Renato Camurri – è stato chiesto di illustrare i progressi degli studi paleografici e archeologici, le evoluzioni dell’arte veronese e la situazione politico sociale veneta nella seconda metà del XIX secolo e nei primi decenni del Novecento; mentre il compito di illustrare approfonditamente la vita e l’opera di Stefano, Vincenzo e Alberto De’ Stefani è stato affidato a studiosi che in questi anni si sono specificatamente dedicati a ricostruire e a indagare l’azione di queste tre personaggi.
Il programma. Alle 14, i saluti istituzionali: Claudio Carcereri de Prati, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere; Marta Ugolini, Comune di Verona; Arnaldo Soldani, università di Verona; Chiara Bianchini, Archivio di Stato di Verona; Federico Melotto, Istituto Veronese per la Storia della Resistenza e dell’Età contemporanea; Francesca Rossi, Musei Civici di Verona. I PANEL | L’ARCHEOLOGO. Modera Maria Vittoria Adami. 14.30, Luciano Salzani, soprintendenza Archeologica del Veneto, “Stefano De’ Stefani e la ricerca archeologica veronese alla fine del XIX secolo”; 15, Angelica Gabrielli, università di Verona, “I carteggi dell’Archivio privato De’ Stefani”; 15.30, coffe break. II PANEL | IL PITTORE. Modera Maria Vittoria Adami. 15.45, Sergio Marinelli, università Ca’ Foscari Venezia, “Vincenzo De’ Stefani e la pittura contemporanea a Verona”; 16.15, Elena Casotto, storica dell’arte, “Vincenzo De’ Stefani Il nostro pittore concittadino che vive a Venezia”; 16.45, visita libera alla mostra d’arte. III PANEL | IL MINISTRO. Modera Maria Vittoria Adami. 17, Renato Camurri, università di Verona, “Alberto De’ Stefani e la crisi del liberalismo italiano”; 17.30, Giovanni Corcioni, università di Torino, “Alberto De’ Stefani: un uomo del regime”; 18, LE FONTI DE’ STEFANI NELLE ISTITUZIONI Alessandra Aspes e Nicoletta Martinelli, museo di Storia Naturale; Chiara Contri, Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere; Chiara Bianchini, Archivio di Stato di Verona. 18.30, rinfresco.

Stefano De’ Stefani
Stefano De’ Stefani (1822-1892), archeologo e paletnologo, a seguito di una laurea in chimica farmaceutica ebbe un ruolo di spicco nelle ricerche archeologiche tra gli anni Settanta e Novanta dell’Ottocento. Ricoprì ruoli istituzionali quali, tra gli altri, quello di Ispettore agli scavi, membro della Commissione Consultiva Conservatrice di Belle Arti e Antichità e conservatore dei Musei Civici di Verona per la sezione di archeologia. La sua produzione scientifica, che si concentrò soprattutto sulla Preistoria, e le sue indagini ebbero carattere transnazionale.

Vincenzo De’ Stefani
Vincenzo De’ Stefani (1859-1937), pittore e figlio di Stefano, nell’ultimo ventennio dell’Ottocento è un artista affermato, presente alle maggiori rassegne nazionali e internazionali, dove guadagna i consensi della critica e del pubblico, dimostrando una non comune capacità di leggere e interpretare i diversi linguaggi artistici nazionali e internazionali che incontra nella sua lunga carriera.

Alberto De’ Stefani
Alberto De’ Stefani (1879-1969), economista e politico, dal 1922 al 1925 fu ministro delle Finanze e del Tesoro del governo Mussolini. Dal 1926 fu collaboratore del Corriere della Sera, docente di Economia politica e preside della facoltà di Scienze politiche presso La Sapienza di Roma. Nel 1937 fu consigliere economico in Cina del Generalissimo Chiang Kai-Shek. Nel 1943 aderì all’Ordine del giorno Grandi e, fino al secondo dopoguerra, visse in segregazione, scampando al processo di Verona e scrivendo il romanzo autobiografico Fuga dal tempo. Assolto nel processo per collaborazionismo, riprese l’attività giornalistica, collaborando con Il Tempo e Il Borghese, e la passione giovanile per la pittura.
Elena Casotto ha frequentato l’università di Padova, dove ha conseguito la laurea in Lettere e la specializzazione in Storia dell’Arte; in seguito ha ottenuto il titolo di dottore di ricerca in Storia dell’Arte all’università Ca’ Foscari di Venezia. Si occupa principalmente di pittura veronese dell’Otto e del Novecento e di storia del disegno. Ha collaborato con vari musei e istituti culturali pubblici e privati, tra cui il MART di Rovereto, il museo di Castelvecchio di Verona, la Biblioteca civica di Verona. Attualmente collabora con la soprintendenza di Venezia Metropolitana e per le province di Padova Rovigo e Belluno e con l’università di Verona.
Giovanni Corcioni è docente di Lettere nella scuola secondaria di II grado e dottorando di ricerca in Storia contemporanea all’università di Torino, con interessi di ricerca orientati al Novecento in Italia e, in particolare, alla Prima guerra mondiale e al fascismo. Laureato in Lettere all’università di Verona e in Scienze storiche all’università di Trento. Consigliere dal 2019 dell’IVrR (Istituto Veronese per la Storia della Resistenza e dell’Età Contemporanea) e commissario dal 2023 della commissione “Didattica e scuola” della SISSCO (Società Italiana per lo Studio della Storia contemporanea).
Angelica Gabrielli è dottoranda di ricerca in Archeologia classica all’università di Verona e in frequenza congiunta con la Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici all’università di Padova. Le sue attività di ricerca sono prevalentemente orientate all’epoca romana con focus su tematiche quali storia degli studi, edilizia abitativa, edilizia termale e collegia. Ha preso parte a molteplici campagne di scavo anche in qualità di responsabile di settore nonché della comunicazione. Fa parte del Comitato Redazionale della collana (Con)testi per la casa editrice Quasar. Lavora inoltre in qualità di guida presso il Villaggio Archeologico Parco Valle del Menago e presso la Domus di Piazza di Nogara.
Verona. Alla Gran Guardia conferenza dell’egittologo Francesco Tiradritti su “Reali, fantastici, divini. Gli animali nell’antico Egitto”: focus sul particolare rapporto che gli egizi avevano con gli animali, considerati sacri e intoccabili
“Reali, fantastici, divini. Gli animali nell’antico Egitto”: il 10 gennaio 2023 in Gran Guardia a Verona il quarto appuntamento del ciclo di conferenze sul tema dell’arte, organizzate dai Musei Civici di Verona in collaborazione con l’università di Verona e con il sostegno degli Amici dei Civici Musei d’Arte di Verona. L’incontro sarà alle 17.30 nella sala convegni della Gran Guardia. Ospite l’egittologo Francesco Tiradritti. L’accesso è consentito fino ad esaurimento dei posti disponibili (non è necessaria la prenotazione); si prega di arrivare con un breve anticipo per agevolare l’ingresso a tutti i partecipanti. La sala è accessibile con l’ascensore. Agli interessati verrà rilasciato un attestato di frequenza. La partecipazione alla conferenza dovrà essere comprovata dalla firma all’inizio e al termine di ogni incontro.

La splendida raffigurazione in bassorilievo dipinto del cane di Pepiankh il Medio dalla TOMBA D2 di Meir, in Egitto (foto maurizio zulian)
La conferenza si soffermerà a descrivere il particolare rapporto che gli egizi avevano con gli animali, considerati sacri e intoccabili. Già Erodoto nelle sue Storie (II, 65-67) si soffermava a descrivere il particolare rapporto che gli egizi avevano con gli animali. Secondo quanto da lui riferito erano tutti considerati sacri e chi ne uccideva uno poteva anche essere messo a morte. Questa esagerata visione deriva di sicuro dalle numerose iconografie degli dèi a testa ferina, manifestazione terrena delle potenze immortali, una delle caratteristiche della civiltà faraonica che più colpisce anche oggigiorno.

Il dio Thot, scriba divino e cancelliere del tribunale con corpo umano e testa di ibis coronata dal disco solare, registra il risultato della pesatura del cuore: dalla Tomba senza nome e senza numero di El Salamuni, in Egitto (foto maurizio zulian)
Nella maggior parte dei casi è difficile stabilire quale fosse stata la scelta che aveva determinato l’associazione di un particolare animale con un dio, come nel caso di Thot, patrono della scrittura, che poteva incarnarsi sia in un ibis che un babbuino. In altri casi la corrispondenza risulta di immediata comprensione: il falco poteva essere ipostasi del sovrano regnante o il Sole a mezzogiorno perché è l’uccello che nel cielo egiziano vola più in alto. Un caso particolare era invece rappresentato dall’iconografia della figura femminile a testa di leonessa che, pur essendo caratteristica di Sekhmet, poteva essere attribuita anche ad altre divinità femminili rappresentandole nel momento in cui si infuriavano. La pericolosità degli animali nocivi era combattuta, ma era anche utilizzata per contrastare minacce ancora maggiori. Tale atteggiamento era tenuto nei confronti dei serpenti contro i morsi dei quali esistevano numerosi incantamenti e rimedi, ma che nelle figurazioni delle tombe reali compaiono tra i protettori della barca solare nel viaggio notturno attraverso le pericolose regioni dell’Oltretomba. Nelle epoche più tarde, il particolare atteggiamento degli egizi nei confronti degli animali condusse allo sviluppo di una particolare forma di idolatria che fu la causa di una vera e propria ecatombe tra gli animali legati alle divinità. Erano infatti gli stessi sacerdoti a ucciderli e mummificarli per poi venderli come ex-voto ai pellegrini.

L’egittologo Francesco Tiradritti
Francesco Tiradritti è egittologo, giornalista pubblicista, scrittore e dirige dal 1995 la Missione Archeologica Italiana a Luxor operativa dal 2019 anche in Sudan. Ha lavorato presso il museo del Castello Sforzesco dove è conservata la principale collezione egizia di Milano e fatto parte delle commissioni per lo studio del Nuovo Museo di Giza e per il rinnovamento del museo Egizio di Torino. Ha organizzato più di venti mostre a carattere egittologico in Italia, Egitto, Repubblica Ceca, Spagna, Slovenia, Svizzera, Sudan e Ungheria. È stato docente di Egittologia e Archeologia e Storia dell’Arte mussulmana all’università “Kore” di Enna. Nel 2004-2005 ha ottenuto la cattedra di eccellenza in Storia dell’Arte “Dorothy K. Hohenberg” all’università di Memphis (Tennessee) e nel 2013 ha vinto una borsa di ricerca presso il Getty Research Institute di Los Angeles. È autore di monografie tradotte in varie lingue del mondo. Scrive regolarmente per Il Giornale dell’Arte e nel 2022 ha pubblicato il romanzo “Il sangue del falco” per Rizzoli.




Manca ormai pochissimo al convegno nazionale “La gestione dei Musei di Enti Locali. Criticità, modelli innovativi, prospettive di sviluppo” in programma al Palazzo della Gran Guardia in piazza Bra a Verona il 22 e il 23 novembre 2023: i posti in sala sono ormai esauriti, ma se non vi è registrati si potrà seguire le due giornate in diretta streaming sul canale YouTube dei Musei civici di Verona:
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