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Pompei. Con l’architetto Mighetto alla scoperta dei lavori di messa in sicurezza e restauro della Casa della Biblioteca nell’Insula Occidentalis: una sfida per offrire ai visitatori i segni delle distruzioni subite dalla città antica

L’architetto Paolo Mighetto nella Casa della Biblioteca a Pompei (foto parco archeologico pompei)

La Casa della Biblioteca è una delle eleganti domus, assieme a quelle di Marco Fabio Rufo e di Maio Castricio, e alla Casa del Bracciale d’Oro che fanno parte dell’Insula Occidentalis di Pompei, dove è in corso il cantiere di messa in sicurezza, al termine del quale gli edifici saranno restituiti alla fruizione del pubblico. Ce ne parla l’architetto Paolo Mighetto che racconta gli interventi in corso e i nuovi dati scientifici che stanno emergendo dalle attività di scavo.

“Ci accoglie nella Casa della Biblioteca”, esordisce Mighetto, “il poeta del V sec. a.C. Filosseno di Citera: lo sappiamo – già da qualche tempo – per la scritta e il nome inciso all’interno di questo affresco. È una casa molto particolare di Pompei, nell’Insula Occidentalis, grande complesso di edifici che si affacciava sul Golfo di Napoli, che si imposta sulle antiche mura della città, e si estende da Porta Marina a Porta Ercolano. All’interno di quest’insula, in particolare quattro domus sono oggetto di un cantiere di restauro, di messa in sicurezza e di scavo archeologico: sono le domus di Maio Castricio, Marco Fabio Rufo, del Bracciale d’Oro, e appunto questa della Biblioteca. Perché Casa della Biblioteca? Proprio perché qui fu recuperato un armadio, meglio le tracce di un armadio, con i rotoli del proprietario di questa domus che doveva essere una persona molto colta, probabilmente appartenente anche a un circolo culturale se volle farsi affrescare sulle pareti della propria biblioteca, appunto una figura un po’ particolare, non proprio a tutti nota, come quella di questo poeta ditirambico Filosseno di Citera”.

Il cantiere di restauro della Casa della Biblioteca a Pompei (foto parco archeologico pompei)

“Nel quadro della messa in sicurezza – continua l’architetto -, il restauro di quest’insula ha ripristinato-recuperato gli scavi già in parte eseguiti negli anni ’70, ed è proseguito. In questo prosieguo lo scavo archeologico sta facendo emergere una serie di novità eccezionali. Prima di tutto i segni che si susseguono nel tempo a Pompei, che sono i segni di immani distruzioni. Non solo l’eruzione del 79 d.C. ma il grande terremoto del 62 d.C. che sconvolge la città e questa parte di città in particolare. A seguito di questo grande terremoto la casa, che viene abitata e continua a essere abitata, viene ristrutturata: e noi abbiamo i segni di questa ristrutturazione. Prima dell’eruzione del 79 d.C. infatti sicuramente Pompei subisce una serie di sciami sismici, di eventi sismici che dovettero portare gli stessi proprietari di casa a ristrutturare più volte e in questo nostro lavoro di studio stiamo recuperando proprio i segni anche di questi lavori che dovevano essere in corso al momento dell’eruzione. Al momento dell’eruzione Pompei viene letteralmente coperta dallo strato di materiale vulcanico, da cenere, lapilli, fino ad arrivare ai flussi cineritici che sconvolgono gli ambienti in cui ci troviamo e sigillano tutto fino alla metà del Settecento quando Pompei viene riscoperta, e i Borboni avviano gli scavi, che si sviluppano in sotterranea, quindi attraverso l’apertura di tunnel che si incuneano al di sotto e dentro questo materiale vulcanico, e vanno alla scoperta dei tesori che oggi sono conservati al museo Archeologico nazionale di Napoli”.

Gli effetti del bombardamento del 1943 sulla Casa della Biblioteca a Pompei (foto parco archeologico pompei)

“Anche in queste Case vediamo queste tracce che stiamo cercando di conservare proprio come un dato di un ulteriore “sconvolgimento” di ciò che fu Pompei e che è ancora oggi Pompei. E altri segni ancora in epoca successiva. Forse non tutti sanno che Pompei nel settembre 1943 fu bombardata. E fu bombardata a ripetizione, più volte. Oltre 100 ordigni caddero sulla città antica, e due di questi ordigni caddero proprio in questa casa, e si incunearono negli ambienti limitrofi, uno nel tablino, andando a sconvolgere ancora i resti di queste architetture. Ecco, la nostra sfida è proprio quella di portare i futuri visitatori a riscoprire queste tracce del passato e quindi a poter leggere tutti questi eventi disastrosi, i segni di questi eventi: le deformazioni murarie, le lesioni lasciate da tutte queste successioni di eventi devastanti. È una sfida ed è una sfida di questo cantiere”.

Al via il cantiere di messa in sicurezza dell’Insula Occidentalis di Pompei: permetterà di restituire al pubblico le straordinarie ville urbane di Marco Fabio Rufo e di Maio Castricio, della Casa del Bracciale d’Oro e della Biblioteca

La prospettiva verso il golfo di Napoli dell’Insula Occidentalis a Pompei (foto parco archeologico di pompei)

Al via il cantiere di messa in sicurezza dell’Insula Occidentalis di Pompei, che, in poco più di un anno, permetterà di restituire al pubblico le straordinarie ville urbane di Marco Fabio Rufo e di Maio Castricio, della Casa del Bracciale d’Oro e della Biblioteca, affacciate sul golfo di Napoli e finora non accessibili perché utilizzate come sede dei laboratori di restauro del Parco. L’intervento, che prevede il montaggio di una gru da 65 metri, consentirà di restituire alla fruizione del Visitatori dei complessi abitativi unici per eleganza e per raffinatezza, estesi per quasi 6mila metri quadrati, e dove il legame tra Pompei e il territorio circostante, tra Pompei e il “suo” mare, prende forma e significato. I lavori sono  finanziati dai fondi Cipe del piano stralcio “Cultura e Turismo” Fondo per lo sviluppo e la coesione (Fsc), oltre che con fondi propri del parco archeologico di Pompei, e si concluderanno tra un anno, quando si riapriranno al pubblico non solo gli spazi pubblici e domestici dei palazzi, ma anche i loro giardini e gli spazi verdi interni dove riscoprire, oggi, quel complesso legame tra cultura e natura che caratterizzava la vita degli antichi pompeiani.​

Particolare di una parete affrescata della Casa di Marco Fabio Rufo nell’Insula Occidentalis a Pompei (foto parco archeologico di pompei)

Il grandioso complesso delle ville urbane dell’Insula Occidentalis è situato ai margini della città antica, nella Regione VI e non distante dal Foro. Quattro terrazze panoramiche, digradanti scenograficamente verso il mare, offrono al visitatore un’emblematica testimonianza del gusto romano di vivere in fastose ed eleganti dimore dove il paesaggio costituisce uno degli elementi predominanti della stessa composizione architettonica. Affreschi, mosaici, arredi sono gli elementi ancora oggi presenti che costruiscono uno spazio dove si sperimenta il piacere del vivere e il lusso quotidiano; spazi immersi in una raffinata bellezza fatta di pitture dai colti riferimenti letterari o che ritraggono lussureggianti giardini aperti sulla vallata dove il fiume incontra il mare; mosaici pavimentali con marmi colorati provenienti da diverse regioni dell’impero arredavano gli ambienti, mentre spettacolari giochi d’acqua arricchivano le sale da pranzo all’aperto.

Pompei. Il 25 gennaio viene inaugurato il “nuovo” Antiquarium con sale dedicate all’esposizione permanente di reperti che illustrano la storia di Pompei, seguendo la concezione museale data da Amedeo Maiuri

L’ingresso monumentale dell’Antiquarium di Pompei (foto parco archeologico di Pompei)
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Il manifesto che annuncia la mostra “Alla scoperta di Stabia” all’antiquarium di Pompei (foto Graziano Tavan)

Non ci sarà il pubblico delle grandi occasioni, ma anche in questa fase difficile di pandemia, che ha permesso la riapertura di musei e parchi archeologici ai visitatori al massimo dalla regione, quando il rischio contagio è definito moderato (fascia gialla), non ha impedito al parco archeologico di Pompei di presentare l’Antiquarium che lunedì 25 gennaio 2021 verrà inaugurato nella sua nuova veste museale. Era stato riaperto al pubblico nel 2016, dopo trentasei anni, come visitor center e spazio per mostre temporanee. Ricordiamo, ad esempio, “Alla ricerca di Stabia”, nel secondo semestre del 2018 (vedi “Alla ricerca di Stabia”: all’Antiquarium di Pompei una mostra sulla necropoli di Madonna delle Grazie e del santuario dei Privati anticipa il progetto multidisciplinare per lo studio, la riscoperta e la valorizzazione dell’antica Stabiae. Con l’antiquarium stabiano chiuso da anni, il nuovo museo di Stabia sarà nella reggia borbonica di Quisisana | archeologiavocidalpassato), che è stato il primo passo verso l’apertura del museo Archeologico di Stabiae nella Reggia Quisisana a Castellammare di Stabia, inaugurato nel settembre 2020 dal ministro Franceschini (vedi Castellammare di Stabia (Na). Il ministro Franceschini inaugura nell’ex reggia borbonica Quisisana il nuovo museo Archeologico di Stabiae “Libero D’Orsi” | archeologiavocidalpassato), e che è stato riaperto al pubblico – come Pompei Scavi – il 18 gennaio 2021.

L’allestimento dell’Antiquarium in una immagine del 1914 (foto parco archeologico di Pompei)

L’Antiquarium di Pompei fu realizzato da Giuseppe Fiorelli tra il 1873 e il 1874 negli spazi sottostanti la terrazza del Tempio di Venere, con affaccio su Porta Marina. Fu sede espositiva di una selezione di reperti provenienti da Pompei ed esemplificativi della vita  quotidiana dell’antica città, oltre che dei calchi delle vittime dell’eruzione. Nel 1926 venne ampliato da Amedeo Maiuri, che oltre ad aggiungere grandi mappe con gli sviluppi aggiornati degli scavi dal 1748 in poi e inserire nuovi reperti provenienti dalla Villa Pisanella di Boscoreale nonché dai più recenti scavi di via dell’Abbondanza, impostò un percorso che guidava il visitatore nella storia di Pompei dalle origini fino all’eruzione.

L’Antiquarium di Pompei in un’immagine del 1948 (foto parco archeologico di Pompei)

L’edificio fu gravemente danneggiato dalle bombe della II guerra mondiale nel settembre 1943. “Eppure Pompei ha oggi, più che mai, bisogno del suo Antiquarium”, diceva Amedeo Maiuri nel 1947. “L’estensione graduale degli scavi, la preziosità e la singolarità di alcune scoperte, il dovere, ineluttabile dovere, di difendere dagli agenti atmosferici e dalle insidie, se non dal malvolere degli uomini, tutto ciò che non si può custodire all’aperto, l’utilità infine di presentare raggruppati e classificati i materiali che non si trovano nelle case …”. E fu proprio grazie all’intervento di restauro del Maiuri, che il 13 giugno del 1948 riaprì ai visitatori in occasione della celebrazione del 2° centenario degli scavi di Pompei. Nuovamente danneggiato, stavolta dal terremoto del 1980, da allora è rimasto chiuso al pubblico fino – come si diceva – al 2016.

Nell’anno 2020, l’anno della pandemia, il parco archeologico di Pompei ha riorganizzato le sale dell’Antiquarium: l’architetto Cremascoli, fondatore nel 2001 ad Oporto (Portogallo) con Edison Okamura e Marta Rodrigues lo studio CORarquitectos, e l’architetto freelance Flavia Chiavaroli nel video del parco archeologico di Pompei ci fanno conoscere in anteprima il nuovo concept dell’allestimento delle sale dell’Antiquarium di Pompei.

Il nuovo allestimento dell’Antiquarium di Pompei (foto Francesco Squeglia)

E lunedì 25 gennaio 2021 ecco finalmente l’apertura al pubblico delle porte dell’Antiquarium di Pompei, con il nuovo allestimento. “È diventato uno spazio museale dedicato all’esposizione permanente di reperti che illustrano la storia di Pompei”, spiega Luana Toniolo, funzionario responsabile. “Lo spazio, completamente rinnovato, rimanda a quella che fu la concezione museale di Amedeo Maiuri e attraverso i reperti più rilevanti è ripercorsa  la storia di Pompei dall’età sannitica (IV secolo a.C.) fino alla tragica eruzione del 79 d.C. Oltre a celebri testimonianze dell’immenso patrimonio pompeiano, come gli affreschi della Casa del Bracciale d’oro, gli argenti di Moregine o il triclinio della Casa del Menandro, sono qui esposti anche i rinvenimenti dei più recenti scavi condotti dal Parco Archeologico: dai frammenti di stucco in I stile delle fauces della Casa di Orione al tesoro di amuleti della Casa con Giardino, agli ultimi calchi delle vittime dalla villa di Civita Giuliana. La visita all’Antiquarium è inoltre accompagnata da due supporti digitali, un web-bot, un assistente digitale in grado di fornire informazioni di servizio semplici e chiare, e una narrazione audio che dal percorso espositivo accompagna il visitatore alla scoperta di alcuni punti di interesse del Parco Archeologico di Pompei”.

La curiosità. Nel nuovo Antiquarium sarà esposto un tronco di cipresso ritrovato intorno agli anni ’90 sulle sponde del fiume Sarno. Paola Sabbatucci, funzionaria restauratrice del parco archeologico di Pompei, ci descrive il lavoro di restauro al tronco di cipresso che “all’epoca fu conservato in deposito e che solo di recente è stato prelevato dal deposito per onorarlo di un’esposizione permanente”, spiega Sabbatucci. “Con le mie colleghe restauratrici, abbiamo provveduto alla manutenzione straordinaria del reperto che si presentava comunque in buone condizioni di conservazione avendo mantenuto nella sua storia conservativa delle condizioni stabili sia di luce che di umidità che di temperatura. Di conseguenza abbiamo provveduto innanzitutto a una pulitura approfondita del reperto, un minimo intervento consistente in incollaggi di piccole parti staccate o in procinto di staccarsi, un consolidamento superficiale, una protezione finale e soprattutto un trattamento biocida che ha permesso di proteggerlo dalle eventuali muffe, funghi o comunque attacchi biotici cui poteva essere sottoposto”.

A Pompei nella mostra “Tesori sotto i lapilli” gli arredi, gli affreschi e i gioielli dall’Insula Occidentalis, grandioso complesso di ville urbane, tra cui la casa del Bracciale d’Oro, attualmente chiusa per un articolato progetto di restauro

Lucerna in bronzo con sigillo di Fabio Rufo: uno dei “tesori” esposti all’Antiquarium di Pompei

Disegni del progetto per il nuovo percorso all’interno dell’Insula occidentalis, planimetria generale e alzati

Il direttore generale di Pompei, Massimo Osanna

L’Insula Occidentalis è un grandioso complesso di ville urbane (casa della Biblioteca, casa del Bracciale d’oro, casa di Fabio Rufo, casa di Castricio) è situato all’estremità occidentale della città antica di Pompei, disposta su quattro terrazze panoramiche digradanti scenograficamente verso il mare, offrendo al visitatore una testimonianza del gusto romano di vivere in fastose ed eleganti dimore. Affreschi, mosaici, arredi costruiscono uno spazio dove si poteva sperimentare il piacere del vivere, immersi in una raffinata bellezza fatta di pitture con colti richiami letterari o che ritraggono lussureggianti giardini che si aprono su spazi verdi in un’ideale continuità, di mosaici pavimentali con marmi colorati da tutte le regioni dell’impero e spettacolari giochi d’acqua. L’Insula Occidentalis è attualmente oggetto di un articolato intervento nell’ambito del progetto GPP 27 che mira non solo a mettere in sicurezza e a restaurare queste ricche ville urbane ma anche a valorizzarle attraverso percorsi di visita che restituiscano al pubblico questi edifici chiusi da tempo. L’intervento di restauro prevede la demolizione delle strutture in cemento armato danneggiate e la costruzione di nuove coperture secondo le più aggiornate metodologie di intervento. È di grande rilevanza, inoltre, la sistemazione della scarpata sottostante la casa della Biblioteca, oggi a rischio di frana, che verrà adeguatamente consolidata. Queste case torneranno quindi ad essere parte integrante della visita della città antica con apprestamenti che faciliteranno i percorsi interni. Inoltre, nell’area a sud-ovest della casa di Fabio Rufo verrà realizzato un giardino progettato in modo tale da riproporre l’organizzazione degli spazi verdi antichi. Quest’area permetterà di migliorare la fruizione del complesso mettendo a disposizione dei visitatori delle zone di aggregazione e di sosta in uno dei punti più suggestivi del sito in quanto spazio di mezzo, indefinito, tra il dentro e il fuori della città antica.

L’archeologa Luana Toniolo, curatrice della mostra “Tesori sotto i lapilli”

Il manifesto della mostra all’Antiquarium di Pompei

L’affresco delle “Nozze di Alessandro e Rossane” dalla Casa del Bracciale d’Oro

In attesa dell’ultimazione dei lavori, il piacere di vivere, la raffinata bellezza delle pitture pompeiane, fatta di colti richiami letterari, immagini trompe-l’oeil di lussureggianti giardini, mosaici colorati, arredi e oggetti preziosi provenienti dall’Insula Occidentalis di Pompei, ma anche l’immagine devastante della morte, congelata nella forma dei calchi, che ne interrompe l’incanto, si possono rivivere nella mostra “Tesori sotto i lapilli. Arredi, affreschi e gioielli dall’Insula Occidentalis” aperta fino al 31 maggio all’Antiquarium degli scavi di Pompei. La mostra, presentata dal soprintendente Massimo Osanna e dalla curatrice, l’archeologa Luana Toniolo, offre al pubblico la possibilità di ammirare alcuni dei ricchi arredi e delle pitture parietali di una delle case più note del grandioso complesso delle ville urbane dell’Insula Occidentalis, la Casa del Bracciale d’Oro, chiusa da decenni al pubblico e oggi non visitabile per gli interventi di restauro e valorizzazione in atto che, come detto, restituiranno l’intero complesso alla fruizione.

Il bracciale d’oro, il prezioso reperto che ha dato il nome alla domus nell’Insula Occidentalis di Pompei

I calchi delle vittime trovate nella Casa de Bracciale d’Oro a Pompei

La Casa del Bracciale d’Oro deve il suo nome a un grande bracciale in oro dal peso di 610 gr. indossato da una delle vittime che tentava di fuggire. Il bracciale, in esposizione, è caratterizzato nella parte terminale da due teste di serpente affrontate che reggono tra le fauci un disco con il busto della dea Selene (Luna). La dea è una fanciulla con il capo coronato da una mezzaluna circondata da sette stelle e solleva le braccia per trattenere un velo rigonfio. Un altro fuggiasco portava invece con sé una cassettina in legno e bronzo con 40 monete d’oro e 175 in argento, anch’essa esposta. Al momento dell’eruzione nel 79 d.C. due adulti e un bambino cercarono riparo nel sottoscala di uno degli ambienti di servizio della lussuosa Casa del Bracciale d’oro. Quelli esposti sono i calchi degli abitanti che in questo ambiente trovarono la morte. La casa presentava un grande triclinio con raffinati affreschi come quello delle Nozze di Alessandro e Rossane e di Arianna e Dioniso a Nasso (esposti in mostra), che alludono al tema delle unioni matrimoniali felici. Durante la stagione estiva i banchetti si svolgevano al piano inferiore in un lussuoso triclinio aperto su un grande spazio verde rinfrescato dalle acque di un monumentale ninfeo, visibile in mostra, rivestito da mosaici policromi in pasta vitrea, conchiglie e schiuma di lava per suggerire l’idea di una grotta secondo la moda dell’epoca.

Progetto dei nuovi percorsi di accesso alle Terme e alle ville suburbane

L’Insula Occidentalis è anche oggetto di un’altra ricerca in corso, “Per una fruizione ampliata dell’area suburbana di Pompei”, condotta nell’ambito dell’Accordo-quadro tra l’università di Napoli Federico II e il Parco Archeologico di Pompei. Lo studio ha consentito di progettare nuove opportunità di visita, alternative a quelle al momento maggiormente frequentate che, attraverso percorsi accessibili a tutti, permetteranno la fruizione in comfort e sicurezza di manufatti antichi oggi non valorizzati nelle loro potenzialità o addirittura non visitabili. Il percorso di visita dell’Insula Occidentalis, articolato per tratti all’interno di un percorso di circa due ore, si sviluppa attraverso punti che risolvono le criticità attualmente presenti e favoriscono l’accessibilità a strutture quali la Villa di Diomede, gli edifici lungo Via dei Sepolcri e le Terme Suburbane. Per queste ultime è previsto un nuovo accesso dall’attuale parcheggio che consentirà a tutti, anche alle persone con disabilità motorie o percettive, di fruire del manufatto termale per il quale si prevede, nel rispetto del percorso di visita interno originario, un nuovo sistema di attraversamento accessibile a tutti. L’approccio multidisciplinare, che vede il coinvolgimento di cinque dipartimenti dell’ateneo fridericiano con il coordinamento del dipartimento di Architettura e della prof.ssa Renata Picone, costituisce un virtuoso esempio di collaborazione istituzionale che ha visto l’università mettere le proprie competenze al servizio del territorio e di un luogo simbolo della memoria collettiva.

Visite serali all’Antiquarium di Boscoreale, ai piedi del Vesuvio, con un’opportunità eccezionale: ammirare l’affresco di giardino della casa del Bracciale d’Oro di Pompei, il più bello mai trovato nella colonia romana

Il grande affresco con la rappresentazione di un giardino dalla Casa del Bracciale d’Oro a Pompei

Metti una sera una passeggiata in giardino. Ma non un giardino qualsiasi; uno spazio verde speciale: l’eccezionale affresco di giardino recuperato a Pompei nella Casa del Bracciale d’Oro. L’opportunità fino al 30 settembre 2017 la offre l’Antiquarium di Boscoreale, ai piedi del Vesuvio, che il venerdì in agosto e il venerdì e il sabato in settembre, nel corso delle aperture serali, al costo di 2 euro, presenterà eccezionalmente la grande parete affrescata con scene di giardino proveniente dalla casa del Bracciale d’Oro di Pompei, rientrata il 14 agosto dal Grand Palais di Parigi dove era stata esposta dal 15 marzo al 24 luglio scorsi nella mostra “Jardins” assieme a  opere di Fragonard, Monet, Cézanne, Klimt, Picasso e Matisse.

L’Antiquarium di Boscoreale, vicino a Pompei

“L’Antiquarium, istituito nel 1991 ed ospitato in un edificio costruito su un terreno donato dal Comune di Boscoreale, nelle adiacenze dell’area archeologica di Villa Regina”, spiegano alla soprintendenza speciale di Pompei, “illustra, con l’ausilio di strumenti didattici, la vita e l’ambiente dell’epoca romana nell’agro Vesuviano particolarmente favorevole all’insediamento e allo sfruttamento umano. Vi sono esposti numerosi reperti di ogni genere, rinvenuti spesso in eccezionale stato di conservazione sotto la coltre di cenere e lava vesuviana durante gli scavi effettuati, tra la fine dell’Ottocento ed i primi decenni del Novecento, in alcune delle case di Pompei e nelle ville rustiche e signorili attestate in questa zona, i quali permettono di acquisire dati notevolmente precisi sul tenore di vita, sulle condizioni economiche, sugli usi e costumi degli abitanti di questo territorio in età romana”.

Il massiccio bracciale d’oro, che ha dato il nome alla casa di Pompei dove è stato trovato: oggi è conservato al museo Archeologico di Napoli

Il grande affresco decorava la zona centrale della parete a sinistra dell’ingresso della Casa del Bracciale d’Oro a Pompei. “La dimora”, ricorda l’archeologa Rosaria Ciardiello, “prende il nome dal rinvenimento di un bracciale d’oro dell’eccezionale peso di seicentodieci grammi. Nel corso dello scavo, nel settore di servizio, infatti, si rinvenne un piccolo nucleo familiare composto da due adulti ed un bambino in tenera età, che si erano rifugiati nel sottoscala dove trovarono la morte. Al braccio di uno dei due adulti fu rinvenuta la preziosa armilla costituita da una verga che termina con due teste di serpente i cui occhi sono composti da pietre preziose che reggono nelle fauci un disco sul quale è rappresentato un busto di Selene. La divinità, sormontata da un crescente lunare e da sette stelle, regge un velo rigonfio a forma di nimbo”. Vedi il video della soprintendenza sulla casa del Bracciale d’Oro

Le rose di Pompei in un affresco dalla domus del Bracciale d’Oro a Pompei

L’affresco della Casa del Bracciale d’Oro è tra le più accurate rappresentazioni di giardino di III stile, risalente al secondo venticinquennio del I secolo d.C. La cura dei dettagli con la quale è raffigurato il lussureggiante giardino fiorito, genera un effetto realistico che permette di riconoscere diverse specie di piante dell’epoca,  l’oleandro, il viburno, il vilucchione, la palma, la rosa, l’edera variegata, oltre alla varie tipologie di uccelli, volteggianti o posati sui rami degli alberi, come  il colombo, il colombaccio, la gazza ladra, il passero e la rondine. La decorazione rinvenuta negli anni ’70 in frammenti è stata ricomposta grazie ad un complesso intervento di restauro. Proprio Rosaria Ciardiello descrive l’affresco nei minimi dettagli: “L’oecus (la sala di rappresentanza) era decorato da bellissime pitture di giardino che, per l’ottimo stato di conservazione dei colori dell’intonaco, nonostante le condizioni di frammentarietà, cui si è ovviato con una attenta e curatissima opera di distacco e ricomposizione realizzata tra il 1979 e il 1983, si pongono al primo posto fra quelle ritrovate nelle città vesuviane. La decorazione, rinvenuta negli anni ‘70 in numerosi frammenti sotto il crollo della volta, è stata ricomposta a seguito di un delicato intervento di restauro. Essa riproduceva un bellissimo viridarium ricco di vari tipi di piante e ravvivato da erme marmoree ed uccelli di varia specie. Le pareti mostrano un giardino immaginario visto attraverso una grande finestra che si apre per tutta la sua larghezza. La fauna e la flora sono rappresentate con grande fedeltà. Tra gli uccelli si riconoscono l’alzavola, raffigurata mentre si leva in volo, l’usignolo, la cornacchia grigia, la garzetta. Tra le piante spiccano gli oleandri, i corbezzoli, il pino, le rose. Ad ogni elemento si accompagna anche un possibile significato simbolico. Sono state riconosciute, infatti, la palma da datteri, simbolo di vittoria e immortalità; l’alloro, sacro ad Apollo; il corbezzolo, simbolo di eternità; il papavero, caro a Demetra; il pino, simbolo di fecondità e sacro a Cibele; il viburno, consacrato nei trionfi; l’oleandro velenoso simbolo di morte, e la rosa, simbolo di amore e sacra a Venere. Allo stesso modo è stato possibile riconoscere anche nelle specie di uccelli raffigurati un significato simbolico, come nel caso della colomba sacra a Venere simbolo della fedeltà coniugale o della coturnice simbolo dell’amore. A sinistra di un bacino di fontana zampillante si riconosce l’usignolo poggiato su di una canna utilizzata come sostegno alle rose. Dall’alto pendono maschere dionisiache, in funzione di oscilla”.

Il foro di Pompei di notte

Le passeggiate notturne sono previste anche negli altri siti vesuviani: fino al 30 settembre 2017, dalle 20.30 alle 23, si può entrare nella Villa di Poppea a Oplontis e agli Scavi di Pompei in due diversi itinerari, l’uno con partenza da Porta Marina con proiezioni multimediali lungo il percorso fino al quartiere dei teatri  e l’altro da piazza Anfiteatro con visita alle mostre “Pompei e i greci”, “Pompei underground” sui Pink Floyd e all’esposizione sugli affreschi di Moregine alla Palestra grande.

Bellezza e ornamento, cosmesi e alimentazione: la rosa, il fiore più celebrato al mondo, protagonista del libro “La rosa antica di Pompei” con lo studio degli affreschi delle domus e dei risultati degli scavi archeologici. Forse originaria dell’Antica Persia. Il libro viene presentato a villa Silvana di Boscoreale

Le rose di Pompei in un affresco dalla domus del Bracciale d'Oro a Pompei

Le rose di Pompei in un affresco dalla domus del Bracciale d’Oro a Pompei

Simbolo di bellezza e di seduzione, pianta ornamentale, preziosa per i profumi e per l’alimentazione: la rosa, il fiore più celebrato al mondo, era protagonista nelle decorazioni delle domus dell’antica Pompei, nelle coltivazioni e nella cosmesi dei suoi abitanti. Questo straordinario connubio tra un fiore unico e un luogo unico e senza tempo come gli scavi di Pompei ha condotto a uno studio di ricerca scientifico sulla presenza e sull’utilizzo di questo pregiato fiore nell’antica città di Pompei e nell’area vesuviana a cura del Laboratorio di Ricerche Applicate della soprintendenza di Pompei con la collaborazione del dipartimento di Agraria dell’università Federico II. Il risultato di questo approfondimento ha dato vita alla pubblicazione del volume “La Rosa Antica di Pompei” edito da L’Erma di Bretschneider, che sarà presentato domenica 15 maggio 2016 alle 10,30 nell’incantevole scenario del giardino a roseto di Villa Silvana, seicentesca dimora nobiliare a Boscoreale (solo su invito). Per l’occasione si esibirà in un suggestivo intermezzo, il maestro Peppe Barra, che ha dedicato al tema della rosa pompeiana un momento unico di canto, musica e poesia, Recitar Cantando: “Sognando La Rosa”. Alla presentazione interverranno Massimo Osanna, soprintendente di Pompei, Matteo Lorito direttore del dipartimento di Agraria dell’università Federico II e gli autori del libro, Ernesto De Carolis, direttore del laboratorio di Ricerche applicate della soprintendenza di Pompei, Gaetano Di Pasquale, ricercatore di Botanica archeologica del dipartimento di Agraria dell’università Federico II e Alessia D’Auria, Adele Lagi, responsabile Unesco della soprintendenza Pompei e Carlo Avvisati, giornalista e cultore di storia e costume dei territori vesuviani. Ospite della giornata il professore Mario Torelli. Nel pomeriggio, alle 17, la Villa sarà aperta al pubblico e i maggiori vivaisti nazionali esporranno le loro rose più belle negli stand che saranno allestiti nei giardini della villa nobiliare.

La copertina del libro "La rosa antica di Pompei" edita da L'Erma di Bretschneider

La copertina del libro “La rosa antica di Pompei” edita da L’Erma di Bretschneider

Il volume “La Rosa Antica di Pompei” (L’Erma di Bretschneider) è un piacevole excursus della storia della rosa, della sua origine e presenza a Pompei nelle sue più svariate forme: forse potrebbe essere arrivata dall’antica Persia. Dalle raffigurazioni nella pittura pompeiana, laddove le pareti dipinte con piante e fiori arricchivano e abbellivano ancor più gli ambienti e ne dilatavano illusionisticamente gli spazi, ai suoi aspetti mitici; come simbolo di seduzione e di grazia, per la sua bellezza e il suo aroma, la rosa era in particolare associata alla dea Afrodite. Il suo uso come pianta ornamentale o nell’alimentazione, per la salute e il benessere, o ancora in cosmesi, come testimonia il ritrovamento di numerose ampolline contenenti profumi (Lekythoi) e le svariate botteghe e laboratori di produzione di profumi di Pompei. Ma anche un racconto sulla storia, la coltivazione e le specie diffuse in tutto il Mediterraneo, fino alle ipotesi sull’identità della rosa Pompeiana; per concludere con le tradizioni, i segreti e le magie sotto il Vesuvio, i versi e le canzoni dedicate al bel fiore.

La rosa Gallica Versicolor era già presente nella Pompei di duemila anni fa

La rosa Gallica Versicolor era già presente nella Pompei di duemila anni fa

Annamaria Ciarallo, appassionata biologa di Pompei, da anni si interessa delle essenze presenti nella città romana duemila anni fa. Proprio studiando pollini e legni, e le tracce lasciate dalle radici nel suolo, attraverso le rappresentazioni dei motivi vegetali negli affreschi della Casa del Bracciale d’Oro, scoperta a metà degli anni ’70 del secolo scorso, la biologa ha scoperto che a Pompei era già rappresentata e quindi esistente, sia la Rosa Gallica che la Rosa Gallica Versicolor. Le indagini palinologiche rivelarono che nella cosiddetta Casa del Profumiere, meglio nota come Giardini d’Ercole, erano coltivate rose. Queste insieme a gigli e viole, costituivano le essenze per la preparazione dei profumi, la cui base oleosa era fornita dagli ulivi coltivati nello stesso giardino. Un olio profumato, l’oleum rosarum, veniva tratto da rose macerate prima in olio, poi in vino e successivamente spremute.

“Il Nilo a Pompei”: affresco dalla Casa del Bracciale d'’Oro, esposto nella mostra al museo Egizio di Torino

“Affresco dalla Casa del Bracciale d’’Oro

La Rosa rossa a fiore doppio, secondo gli autori del libro “La rosa antica di Pompei”, è certamente quella più presente nell’antica Pompei, sia nelle rappresentazioni che nei richiami degli autori classici; essa è stata variamente identificata, in passato, come una pianta imparentata con la Rosa gallica. E avanzano un’ipotesi suggestiva: possibile escludere che in una Rosa rossa, rifiorente e profumata vi sia un contributo di qualche rosa orientale? “In epoca romana”, spiegano, “in Italia si coltivava diffusamente il pesco (Prunus persica), una specie di origine cinese che i romani conobbero quando arrivarono in Persia dove era stato da tempo introdotto; la Rosa Antica di Pompei non potrebbe aver percorso la stessa strada?”. Al momento si tratta di ipotesi che necessitano di studi più approfonditi, ma la risoluzione del mistero è certamente possibile.

Egitto-Pompei. Al museo Egizio di Torino la prima tappa del progetto con la mostra “Il Nilo a Pompei” nella nuova sala Asaad Khaled. Per la prima volta gli affreschi del tempio di Iside e della domus del Bracciale d’oro di Pompei

La mostra "Il Nilo a Pompei" nella nuova sala del museo Egizio di Torino intitolata a Khaled Asaad, l'archeologo siriano ucciso dall'Isis

La mostra “Il Nilo a Pompei” nella nuova sala del museo Egizio di Torino intitolata a Khaled Asaad, l’archeologo siriano ucciso dall’Isis

Il logo del progetto-ricerca "Egitto Pompei"

Il logo del progetto-ricerca “Egitto Pompei”

L’onda lunga del Nilo si ferma alle acque del Po, dopo aver invaso il Mediterraneo e lambito l’area vesuviana e i colli di Roma. Ecco “Il Nilo a Pompei”, la grande esposizione che si è aperta al museo Egizio di Torino, come già annunciato da archeologiavocidalpassato (https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2016/03/01/egitto-passione-antica-da-torino-a-pompei-a-napoli-tre-sedi-per-un-grande-progetto-espositivo-egitto-pompei-grazie-alla-collaborazione-inedita-tra-enti-diversi-legizio/), la prima di un grande progetto espositivo e di ricerca “Egitto Pompei” che nell’arco dell’anno vedrà coinvolti anche il museo Archeologico nazionale di Napoli e la soprintendenza di Pompei. Fino al 4 settembre 332 pezzi, tra pitture, vasellame e sculture, provenienti da venti musei italiani (più dalla metà da Napoli e Pompei) e stranieri, testimoniano l’influenza della cultura egizia su quella greca e romana, in un viaggio ideale dall’Egitto faraonico all’Italia romana con il Mediterraneo come sfondo. E per l’Egizio di Torino sono tante le “prime” legate a questo progetto: “Il Nilo a Pompei” è la prima mostra temporanea promossa dal nuovo corso dell’Egizio dopo la sua inaugurazione il 1° aprile del 2015; è la prima volta nel nuovo spazio riservato alle mostre temporanee al primo piano del palazzo di via dell’Accademia, sala che è stata intitolata a Khaled Asaad, l’eroico direttore del museo e del sito Unesco di Palmira, giustiziato nell’agosto 2015 dall’Isis; è la prima volta anche per opere straordinarie, esposte a Torino, come gli affreschi del tempio di Iside o della casa del Bracciale d’Oro, entrambi a Pompei.

Il manifesto della mostra "Il Nilo a Pompei" aperta fino al 4 settembre 2016 al museo Egizio di Torino

Il manifesto della mostra “Il Nilo a Pompei” aperta fino al 4 settembre 2016 al museo Egizio di Torino

La mostra vuole rispondere a due domande precise: quanto la cultura egizia ha influenzato l’Italia del periodo romano? Quali sono stati i risultati di questa contaminazione in ambito artistico e quali effetti ha avuto sulla vita quotidiana a partire dall’epoca ellenistica fino alla Roma imperiale? Per avere una risposta a questi interrogativi il visitatore è accompagnato in un viaggio che ha come sfondo il Mediterraneo e come protagonisti oggetti e immagini che dalle rive del Nilo hanno toccato nuove terre, incontrato culture diverse e sono giunti sino a noi. Partendo da Alessandria d’Egitto, passando dalla greca Delo e approdando a Pozzuoli in Campania si possono così seguire l’evoluzione di culti e motivi iconografici egizi, soffermandosi in particolare sui siti campani di Pozzuoli, Cuma e Benevento, con un approfondimento su Pompei e Ercolano.

Un affresco proveniente dalla Casa del Bracciale d'Oro di Pompei

Un affresco proveniente dalla Casa del Bracciale d’Oro di Pompei

Affresco proveniente dal tempio di Iside a Pompei

Affresco proveniente dal tempio di Iside a Pompei

I culti isiaci si sono diffusi dall'Egitto al Mediterraneo

I culti isiaci si sono diffusi dall’Egitto al Mediterraneo

Il percorso della mostra “Il Nilo a Pompei” si snoda attraverso nove sezioni partendo dalla ricezione dell’Egitto nel mondo greco (1. L’Egitto e il mondo greco: l’influenza dell’Egitto, prima nelle civiltà minoica e micenea e poi nel mondo greco, nella madrepatria e nel mondo coloniale), passando per la grecizzazione degli dei egiziani sotto i Tolomei (2. Osiride, Iside e la leggenda osiriaca: la devozione a Osiride, Iside, Horus e i loro dei ancillari nell’Egitto faraonico, prima che questi culti siano rivisitati ad Alessandria e poi a Roma), e la diffusione dei culti egizi nel Mediterraneo (3. Serapide e Iside: la rielaborazione del culto di Osiride-Api e Iside ad Alessandria è il presupposto della loro fortuna oltre i confini dell’Egitto) e in particolare in Italia (4. L’Iseo di Benevento: l’Iseo di Benevento, tempio dedicato alla dea Iside, noto per le sue decorazioni in stile faraonico). Ci si concentra sui culti egiziani nei siti vesuviani grazie a reperti di straordinaria bellezza, come gli affreschi dell’Iseo Pompeiano (5. Il culto di Iside a Pompei: il tempio di Iside a Pompei, l’unico ben conservato fuori dall’Egitto, nel quale i temi egiziani abbondano negli affreschi e negli arredi) o della Casa del Bracciale d’Oro a Pompei (6. La casa del Bracciale d’Oro: in mostra le pitture provenienti dal triclinio estivo, ambiente all’aperto destinato alla convivialità, di una casa patrizia pompeiana che godeva di una meravigliosa vista sul Golfo di Napoli). Si passa poi ad ammirare alcuni tesori da domus pompeiane (7. La casa di Octavius Quartio a Pompei: sezione dedicata alle sculture provenienti dal giardino della casa di Octavius Quartio, una delle abitazioni più grandi di Pompei) e decorazioni in abitazioni private (8. Altre case pompeiane: sezione in cui vengono esibiti due affreschi con tema nilotico, alcune statue ispirate al pantheon egizio e alla fauna della valle del Nilo, una lastra in pietra che riporta un’iscrizione geroglifica). L’allestimento si conclude con una sezione dedicata alla diffusione dei culti isiaci in Piemonte con gli splendidi bronzi del sito di Industria (9. Iside in Piemonte: il sito di Industria, importante snodo commerciale nell’Italia del Nord noto per le officine di lavorazione del bronzo). Il serrato dialogo tra le due sponde del Mediterraneo è valorizzato dalla ricostruzione in 3D delle case pompeiane del Bracciale d’Oro e di Loreio Tiburtino, decorata con statue che rimandano all’Egitto.

Statue di Sekhmet da Tebe Karnak Tempio di Amenhotep III (riempiegate nel Tempio di Mut?) Diorite, Nuovo Regno / XVIII dinastia, Amenhotep III (1388 – 1351 a.C.) Torino, Museo Egizio

Statua di Sekhmet da Tebe
Karnak Tempio di Amenhotep III conservata all’Egizio di Torino

Una grande mostra – come si diceva – in tre luoghi, Torino, Napoli e Pompei. Proprio a Pompei la seconda tappa: nella Palestra Grande, uno scenografico allestimento di Francesco Venezia riunirà dal 16 aprile sette monumentali statue con testa di leone della dea Sekhmet e la statua seduta del faraone Tutmosi III che per la prima volta escono dalle sale della collezione permanente del museo Egizio. I monoliti di granito prestati dal museo torinese marcano la centralità del culto solare: un ritorno alle origini di una secolare storia di sincretismi religiosi, in cui l’adorazione della dea Sekhmet riconduce il racconto della mostra alla fase costitutiva del cosmo e all’ordine imposto dagli dei. Il rapporto tra la divinità e il mondo, e la necessità di mantenere un equilibrio tra forze contrapposte, si manifesta attraverso una serie di rituali di cui le imponenti statue sono testimoni. Una emozionante videoinstallazione di Studio Azzurro accompagnerà l’esposizione delle opere. All’interno degli scavi verrà tracciato, inoltre, un percorso egizio a partire dal tempio di Iside, interessato da un intervento multimediale di realtà immersiva, per arrivare alle numerosissime domus che riportano motivi decorativi egittizzanti, come quella di Loreio Tiburtino.

Skyphos di ossidiana da Stabiae con scene di culto egiziano in mostra al museo Archeologico di Napoli

Skyphos di ossidiana da Stabiae con scene di culto egiziano in mostra al museo Archeologico di Napoli

Dal 28 giugno il terzo capitolo dell’esposizione al museo Archeologico nazionale di Napoli. L’inaugurazione di una nuova sezione del percorso di visita delle collezioni permanenti servirà a focalizzare l’attenzione sull’insieme di culti che, nati o arrivati dall’oriente attraverso l’Egitto, hanno trovato in Campania un terreno fertile di ricezione e diffusione nel resto d’Italia. Questo settore del museo andrà a integrare e completare la narrazione della sala in cui sono attualmente ricomposti gli arredi dell’Iseo di Pompei. Troveranno finalmente una collocazione le coppe di ossidiana da Stabia, capolavori dell’artigianato alessandrino che seppe tradurre modelli di epoca faraonica in un linguaggio apprezzatissimo e diffuso all’indomani della conquista romana dell’Egitto (31 a.C.), e i due affreschi provenienti da Ercolano con scene di cerimonie isiache, che sembrano illustrazioni del testo di Apuleio. Nell’esposizione di opere che attestano la diffusione di culti e religioni orientali (da Sabazio a Dusares a Mitra) praticate e seguite per secoli, non mancheranno i riferimenti al giudaismo, presente a Napoli, e al nascente cristianesimo. E dall’8 ottobre l’intero progetto si concluderà con la riapertura della collezione egiziana del museo di Napoli. Negli stessi spazi individuati fin dal 1864 come naturale sede delle raccolte Borgia e Picchianti, e nel totale rifacimento dell’allestimento del 1989, saranno riesposti gli oltre 1200 oggetti che fanno di quella del museo Archeologico nazionale di Napoli una delle più importanti collezioni egizie d’Italia, il cui nucleo principale si è formato prima della spedizione napoleonica. Per facilitare la lettura al pubblico il nuovo percorso è stato articolato per temi. Dopo una sala introduttiva sul formarsi della raccolta, ognuna delle cinque sale sarà dedicata a un argomento: Uomini e Faraoni, La Tomba e il Corredo Funerario, La Mummificazione, Il Mondo magico e religioso, La Scrittura, i Mestieri e l’Egitto in Campania. Un’aggiornata segnaletica, realizzata con l’università L’Orientale, completerà l’allestimento arricchito da supporti multimediali e da un percorso dedicato ai bambini.