Ozzano Emilia (Bo). “CLATERNA ATTIVA. Festa della storia 2022”: rievocazioni, ricostruzioni storiche, visite guidate e laboratori didattici
In occasione della XIX edizione della Festa della storia 2022 promossa dal Comune di Ozzano dell’Emilia (Bo) in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, appuntamento sabato 15 ottobre 2022, dalle 10 alle 18, nell’area archeologica di Claterna in via Stradello Maggio di località Maggio a Ozzano dell’Emilia, per “CLATERNA ATTIVA. Festa della storia 2022: rievocazioni, ricostruzioni storiche, visite guidate e laboratori didattici”. L’evento è gratuito e si svolgerà all’aperto. Prenotazione obbligatoria: 051791337, museo@comune.ozzano.bo.it. L’ingresso è consentito a gruppi di max 50 persone ogni 2 ore. Sono previsti 4 turni: 10, 12, 14, 16. Per l’evento verrà messo a disposizione un parcheggio ubicato di fronte al sito archeologico e adiacente la casa gialla, indicato con apposita segnaletica (Via Emilia n. 484, località Maggio, Ozzano dell’Emilia). In caso di maltempo l’evento verrà rimandato a sabato 22 ottobre 2022. In caso di variazione della normativa attualmente vigente in tema di misure di contenimento della pandemia da Covid-19, saranno forniti aggiornamenti sulle prescrizioni previste consultabili sul sito web http://www.museoclaterna.it/2022/10/03/claterna-attiva-festa-della-storia-2022/.

Una legione romana del I secolo d.C., la Legio XIII Gemina
Nell’area archeologica sarà ricostruito un fedele accampamento romano nel quale sarà possibile rivivere la quotidianità di una legione romana del I secolo d.C., la Legio XIII Gemina (LEGIO XIII GEMINA). Le attività di rievocazione, realizzate attraverso tecniche di archeologia sperimentale e living history, saranno accompagnate da visite guidate agli scavi a cura degli Archeologi della Soprintendenza ABAP di Bologna e dei volontari dell’Associazione Centro Studi Claterna. I più piccoli potranno scegliere tra 2 laboratori didattici: ore 10 e 18, “Costruisci e Gioca con TRIODO”, attività ludica per bambini dai 6 agli 11 anni; ore 12 e 14, “Cerca, Trova e Costruisci”, attività di manipolazione per bambini dai 7 ai 12 anni.
Nell’area archeologica della città romana di Claterna (Ozzano Emilia) l’evento “Claterna Attiva. Festa della Storia”: rievocazioni, ricostruzioni storiche, visite guidate e laboratori

Rievocazioni, ricostruzioni storiche, visite guidate e laboratori: appuntamento sabato 20 novembre 2021, dalle 10 alle 14.30, a Ozzano dell’Emilia nell’area archeologica della città romana di Claterna, località Maggio, via stradello Maggio (c.d. “Casa del Fabbro”) per “Claterna Attiva. Festa della Storia”, evento su prenotazione sia per l’intero evento che per il laboratorio per bambini (Scrivere a museo@comune.ozzano.bo.it oppure chiamare allo 051791337). All’ingresso verrà effettuato il triage, con misurazione della temperatura.

Nell’area archeologica sarà ricostruito un fedele accampamento romano nel quale, oltre alle scene di vita militare, sarà possibile rivivere la quotidianità di una legione romana del I secolo d.C., la Legio XIII Gemina. Le attività di rievocazione, realizzate attraverso tecniche di archeologia sperimentale e living history, saranno accompagnate da presentazioni sulla storia e sulle scoperte archeologiche nella città a cura della soprintendenza ABAP e dell’associazione Centro Studi Claterna. In aggiunta i bambini dai 7 agli 11 anni potranno partecipare al laboratorio di manipolazione “Cerca, Trova e Costruisci”! Evento all’aperto. L’ingresso è consentito a gruppi ogni 2 ore, fino a un massimo di 50 persone a gruppo. Saranno previsti 4 turni: alle 10, 11.30, 13, 14.30.
Ozzano dell’Emilia (Bo). Festa della storia nell’area archeologica di Claterna con rievocazioni, ricostruzioni storiche, visite guidate e laboratori

“Claterna attiva. Festa della storia”: rievocazioni, ricostruzioni storiche, visite guidate e laboratori sabato 23 Ottobre 2021 a Ozzano dell’Emilia nell’area archeologica della città romana di Claterna località Maggio, via stradello Maggio (c.d. “Casa del Fabbro”): dalle 10 alle 16. Evento su prenotazione: scrivere a museo@comune.ozzano.bo.it oppure chiamare allo 051 791337. Nell’area archeologica sarà ricostruito un fedele accampamento romano nel quale, oltre alle scene di vita militare, sarà possibile rivivere la quotidianità di una legione romana del I secolo d.C., la Legio XIII Gemina. Le attività di rievocazione, realizzate attraverso tecniche di archeologia sperimentale e living history, saranno accompagnate da presentazioni sulla storia e sulle scoperte archeologiche nella città a cura della Soprintendenza ABAP e dell’Associazione Centro Studi Claterna. In aggiunta i bambini dai 7 agli 11 anni potranno partecipare al laboratorio di manipolazione “Cerca, Trova e Costruisci”. Evento all’aperto. L’ingresso è consentito a gruppi ogni 2 ore, fino ad un massimo di 50 persone a gruppo. Saranno previsti 4 turni: alle 10, 12, 14, 16. Per partecipare è necessario prenotare sia per l’intero evento che per il laboratorio per bambini.
“Un municipium tra due colonie. La città romana di Claterna svela i suoi segreti”: per le Giornate europee del Patrimonio a Ozzano dell’Emilia visite guidate gratuite al museo e all’area archeologica di Claterna
Sabato 21 e domenica 22 settembre 2019 tornano le Giornate Europee del Patrimonio (GEP) declinate quest’anno sul tema “Uno, due, tre… Arte! – Cultura e intrattenimento”. Per iniziativa della soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, a Ozzano dell’Emilia (Bo) l’appuntamento è per sabato 21 settembre con “Un municipium tra due colonie. La città romana di Claterna svela i suoi segreti”. Appuntamento al museo della Città Romana di Claterna alle 15, 16 e 17 per visite guidate gratuite al museo e all’area archeologica di Claterna. Max 25 partecipanti per ogni visita guidata, prenotazione obbligatoria allo 051 791315 – museo@comune.ozzano.bo.it. Le visite guidate condotte dalle archeologhe della soprintendenza Renata Curina, Silvana Sani e Rossana Gabusi e dagli archeologi dell’Associazione Culturale “Centro Studi Claterna Giorgio Bardella e Aureliano Dondi” iniziano nel rinnovato museo che illustra l’antica città romana attraverso i materiali recuperati negli scavi effettuati fra la fine dell’Ottocento e gli anni ’60 del Novecento. Il percorso espositivo parte dalla storia della città e della sua riscoperta, per poi passare a esaminare la struttura urbanistica e le caratteristiche dei principali spazi urbani, pubblici e privati, con un richiamo finale alle indagini ancora in corso. Gli oggetti esposti illustrano quale fosse la vita quotidiana nel municipium, dall’abbigliamento agli oggetti di uso personale, dai commerci alle produzioni di vasellame e artigianato in genere. Dopo la visita al museo, ci si sposta nell’area archeologica di Claterna, in stradello Maggio (angolo via Emilia), per concludere sul campo l’illustrazione di una della più interessanti realtà archeologiche della regione che da più di 1500 anni dorme intatta sotto i campi della frazione Maggio di Ozzano dell’Emilia.

L’area archeologica di Claterna a Ozzano dell’Emilia (Bo) con la ricostruzione della domus del Fabbro (foto Paolo Nanni)
Claterna raggiunse la piena dignità urbana nel I sec. a.C. (nel periodo sillano o al massimo sotto Cesare) quando fu elevata al rango di municipium di una vasta circoscrizione territoriale estesa tra i torrenti Idice e Sillaro, confinante ad Ovest con la colonia di Bononia (Bologna), e ad Est con quella di Forum Cornelii, l’odierna Imola. L’antica città romana che si estende oggi per 600 metri lungo la Via Emilia e per 600 e 300 metri a Nord e Sud della stessa consolare è quasi integralmente nota agli archeologi grazie alle recenti esplorazioni estensive realizzate con le più moderne tecnologie geofisiche. Oltre alle domus, al teatro e ad altri edifici pubblici portati alla luce, gli archeologi possono adesso fornire al pubblico il quadro pressoché completo dell’area urbana e di parte del suburbio, in particolare dell’intero comparto pubblico e della disposizione interna del tessuto urbano.
Prende forma l’antica città romana di Claterna, nel Bolognese: con la campagna 2018 individuati nuovi ambienti ed edifici e quasi certamente anche l’impianto termale. Presentazione ufficiale dei risultati di scavo

L’ipotesi di ricostruzione del teatro di Claterna su foto aerea del sito (grafuca 3D di Paolo Nanni)
Nel luglio 2018 sono ripresi gli scavi archeologici nell’area di Claterna, la città romana che giace sotto i campi del territorio di Ozzano dell’Emilia. E i risultati sono stati sorprendenti. La campagna di scavo 2018 ha portato grandi novità per la conoscenza dell’antica città che si estende per 600 metri lungo la Via Emilia per 600 metri e per 300 metri a nord e sud della stessa strada consolare. Gli scavi nella domus del Fabbro e nel teatro hanno individuato nuovi ambienti che aiutano a definire meglio forma e dimensione dei due edifici mentre la realizzazione della pista ciclabile lungo la via Emilia ha portato in luce un grande mosaico forse pertinente all’impianto termale. E, novità assoluta di quest’anno, è stata effettuata una ricerca geomagnetica su tutta la pianta del sito. “Alcune città hanno molte vite – sottolineano in soprintendenza -, una per ogni strato che viene in luce. Per sua fortuna Claterna ne ha solo una, più una seconda che si prefiggono di darle gli scavi e le ricerche sistematiche intraprese dal 2005 da soprintendenza, associazioni culturali, amministrazioni comunali e università, grazie al sostegno finanziario di alcuni mecenati. Da 1500 anni la città romana che dorme pressoché intatta sotto i campi della frazione Maggio di Ozzano dell’Emilia, a mezzo metro di profondità, è la protagonista di un grande progetto di studio e valorizzazione archeologica”. Grazie al finanziamento di CRIF SpA e al contributo di Gruppo IMA SpA e RENNER Italia SpA, la soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Bologna e l’associazione culturale “Centro Studi Claterna Giorgio Bardella e Aureliano Dondi” hanno avviato un nuovo progetto di esplorazione e valorizzazione di Claterna a cui hanno partecipato anche l’università Ca’ Foscari di Venezia e l’università di Siena (che ha effettuato ricerche geomagnetiche) e gli studenti delle scuole superiori che hanno aderito al progetto di “alternanza scuola lavoro”, grazie all’apporto dei dieci Rotary Club di Bologna.

La presentazione della campagna 2018 a Claterna: da sinistra, Maurizio Liuti, Marco Mobili, Anna Rita Muzzarelli, Luca Lelli, Saura Sermenghi, Cristina Ambrosini, Renata Curina, Alessandro Golova Nevsky e Claudio Negrelli
Queste straordinarie novità e rinvenimenti sono stati presentati ufficialmente sul sito della città romana di Claterna, stradello Maggio in località Maggio di Ozzano dell’Emilia (Bo) da Cristina Ambrosini, soprintendente Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le provincie di Modena, Reggio Emilia e Ferrara (“Un grazie a quanti a Claterna rendono concreta l’archeologia del territorio, dagli amministratori pubblici alle associazioni culturali, dagli studenti ai volontari. Quello di Claterna non è solamente un progetto di ampio respiro che garantisce uno sviluppo di qualità ma un’esperienza che, oltre a ricadute sul piano turistico, aiuta il recupero del senso di comunità”); Saura Sermenghi, presidente dell’associazione culturale “Centro Studi Claterna Giorgio Bardella e Aureliano Dondi” (“La ricerca scientifica ha un’importanza strategica per la salvaguardia del patrimonio culturale”); Luca Lelli, sindaco di Ozzano dell’Emilia (“I lavori del museo Città di Claterna sono in dirittura d’arrivo”); Anna Rita Muzzarelli, assessore a Castel San Pietro Terme (“Fondamentali passione e dedizione condivise da tutti coloro che operano per la valorizzazione dell’antica città romana. Noi in corrispondenza della zona archeologica realizzeremo una piazzetta di sosta lungo la pista ciclabile”); Maurizio Liuti, direttore comunicazione CRIF; Daniele Vacchi, direttore corporate communications gruppo IMA; Marco Mobili, responsabile R&D RENNER Italia; Alessandro Golova Nevsky, delegato dei Rotary Club Bologna, per il coordinamento del progetto di alternanza scuola-lavoro (“Significativi l’impegno e la disponibilità dei tanti studenti dei licei i istituti tecnici di Bologna che hanno aderito al progetto prodigandosi ben oltre i tempi stabiliti nelle operazioni di ricerca, scavo e prima pulitura dei reperti, anticipando fin d’ora la disponibilità a proseguire questa esperienza anche nel 2019”); Claudio Negrelli, responsabile scientifico dell’associazione culturale “Centro Studi Claterna Giorgio Bardella e Aureliano Dondi”.

La ricostruzione delle strutture della domus del Fabbro a Claterna, riutilizzando materiali e tecniche antiche (foto di Paolo Nanni)

I potenti blocchi della cavea del teatro portati alla luce dagli scavi 2018 (foto di Maurizio Molinari)
Claterna nasce nel II secolo a.C. con una duplice funzione – riassumono gli archeologi della soprintendenza -: da un lato è un importante snodo viario all’incrocio fra via Emilia, torrente Quaderna e una via transappenninica, forse la Flaminia minor, dall’altra come centro di mercato e servizi. Nel I secolo a.C. Claterna, come tante altre città italiche, diventa un municipium con competenza sul vasto territorio compreso fra i torrenti Idice e Sillaro. Dopo il periodo di massimo splendore collocabile nella prima età imperiale, la città sopravvive fino alla tarda antichità (V-VI secolo d.C.), seppure notevolmente ridimensionata, per poi venire totalmente abbandonata fino al completo oblio. Fin dall’Ottocento, l’antica città romana di Claterna è stata un campo d’indagine privilegiato per l’archeologia emiliano-romagnola. L’unicità di Claterna è dovuta al fatto di non aver avuto una continuità storica analoga a quella degli altri centri sorti lungo la via Emilia (da Rimini a Piacenza) e questa assenza di stratificazione ha offerto la possibilità di indagare la città nella sua estensione e configurazione originale, senza le modifiche intervenute nel tempo. A partire dagli anni ’80, la soprintendenza ha intrapreso la progressiva acquisizione dell’ampia superficie su cui si estende l’antica città romana e dal 2005 si è dato vita a un grande progetto di studio e valorizzazione con enti locali e associazioni culturali. L’obiettivo delle ricerche e dei sondaggi sistematici intrapresi nell’ultimo decennio è di chiarire alcuni aspetti topografici (i suoi limiti, l’articolazione interna, gli spazi pubblici e sacri quali foro, basilica, edifici templari e teatro) e cronologici (dalla fondazione e dall’eventuale origine preromana al declino) dell’antica città e di valorizzare alcuni spazi per consentire al pubblico di visitare le evidenze archeologiche più suggestive, come la Casa del fabbro e la Domus dei mosaici. E allora vediamo meglio i risultati della campagna 2018, accompagnati virtualmente da Renata Curina, archeologa della soprintendenza, e Claudio Negrelli e Maurizio Molinari del centro studi Claterna.

Il settore Nord della domus del Fabbro a Claterna con i nuovi ambienti scavati in profondità (foto da drone di Paolo Nanni)
Molte e interessanti le novità emerse dalle ricerche 2018. Nella domus del Fabbro, sono proseguite le ricerche nella nuova area aperta verso Nord, operando più in profondità per raggiungere le fasi imperiali di I – III secolo d.C. “La scoperta più importante”, annunciano Curina, Negrelli e Molinari, “è stata quella di un secondo peristilio, un’area cortiliva porticata dotata di pozzo sulla quale affacciava una cucina. Sono stati anche scoperti un altro cortile e altri ambienti, questi ultimi intonacati. La domus insomma sta prendendo sempre più forma, confermandosi come un grande e complesso organismo architettonico”. Dal punto di vista della ricostruzione delle strutture, anche quest’anno si è proseguito nel progetto, aggiungendo nuovi ambienti, oltre alla ricostruzione di uno dei pozzi ritrovati negli anni precedenti. La sperimentazione continua con materiali e tecniche differenti, sempre però ispirate al sapere costruttivo degli antichi romani.
“Abbiamo proseguito le ricerche anche nel settore del Teatro, aprendo un’area molto vasta di fianco a quella dell’anno scorso. Le indagini sono ancora in corso ma va segnalato il ritrovamento di strutture di fondazione della cavea, in grandi blocchi di arenaria, che si stanno rivelando molto più profonde e ben conservate di quanto non fosse emerso l’anno scorso. L’esplorazione della parte bassa della cavea ha restituito anche materiali lapidei lavorati, come un grosso frammento di cornice, mentre sono iniziate quest’anno le indagini nella zona dell’orchestra e degli ingressi laterali che si trovano a profondità elevate in quanto parte della struttura è stata parzialmente costruita sotto il livello di calpestio antico. Queste scoperte stanno definendo la forma architettonica di un grande teatro, consentendoci in futuro di proporne una ricostruzione sempre più dettagliata”.
Ricerche geomagnetiche ed edifici pubblici. La campagna di scavo 2018 ha consentito di avviare un progetto sognato da tempo: l’esplorazione estensiva della città attraverso le più moderne tecnologie geofisiche. “Abbiamo trovato un ottimo interlocutore nell’università di Siena, in particolare nel prof. Stefano Campana, stimato e famoso ricercatore che vanta un’esperienza pluriennale nello specifico campo delle prospezioni su città e territori antichi e medievali”. I risultati non si sono fatti attendere: l’integrazione tra le nuove prospezioni geomagnetiche condotte dall’università di Siena (ben 16 ettari sui 18 del totale urbano) e la mappatura delle tracce aerofotografiche portata avanti in lunghi anni di ricerche ha prodotto un quadro quasi completo dell’area urbana e di parte del suburbio. “Questi nuovi dati ci permettono ora di individuare meglio, tra le tante altre particolarità, tutto il comparto pubblico, compresi alcuni edifici mai individuati prima, e la scansione interna del tessuto urbano. Un materiale di assoluto interesse che stiamo studiando nei particolari e che sarà oggetto di analisi nei prossimi mesi”.
Ultima ma non meno importante novità di quest’anno è la scoperta legata alla realizzazione della pista ciclabile che collegherà San Lazzaro di Savena e Castel San Pietro Terme: le ricerche dirette dalla soprintendenza hanno intercettato un grande mosaico e potenti strutture proprio nel luogo dove le prospezioni e le foto aeree inducevano a ritenere che esistesse un grande edificio pubblico, probabilmente termale. Un nuovo tassello nella costruzione dalla seconda vita di Claterna. Scavi e indagini future confermeranno o chiariranno la natura di questa costruzione.
Al via gli incontri del Gabo “…comunicare l’archeologia…”, un viaggio alla scoperta di etruschi, goti, bizantini, longobardi, veneti antichi, celti, romani, popoli mediterranei dell’età del Bronzo e abitatori delle terramara
Approfondimenti ed escursioni collegate: è un programma molto articolato quello proposto dal gruppo Archeologico bolognese nel ciclo di conferenze del primo semestre 2018 “…comunicare l’archeologia…”: da febbraio a giugno 2018 sarà un appassionante viaggio alla scoperta di etruschi, goti, bizantini, longobardi, veneti antichi, celti, romani, e ancora: dai popoli mediterranei dell’età del Bronzo agli abitatori delle terramara. Il Gabo aderisce ai Gruppi Archeologici d’Italia, in collaborazione con i quali sono promosse campagne di ricerca, scavi e ricognizioni d’interesse nazionale, alle quali è dedicata soprattutto la stagione estiva, in collaborazione con le competenti soprintendenze Archeologiche. Il Gruppo Archeologico Bolognese collabora inoltre con il museo nazionale Etrusco “Pompeo Aria” di Marzabotto, il museo “Luigi Donini” di San Lazzaro di Savena e il museo della Civiltà Villanoviana (MUV) di Castenaso. La sede di quasi tutti gli incontri, che si tengono al martedì alle 21, è quella tradizionale: il centro sociale “G. Costa” in via Azzo Gardino 48 a Bologna.
Il ciclo di conferenze del Gabo inizia martedì 20 febbraio 2018, alle 21, al “Costa”. La prima parte della serata sarà dedicata a presentare l’attività sociale febbraio-giugno 2018. Quindi Silvia Romagnoli, archeologa specializzata in Etruscologia e Travel Designer, con “Un giorno ad Adria. Vita quotidiana in un emporio etrusco nel Delta del Po” ci porta a conoscere l’importante città portuale fin dalle origini, collocata lungo un ramo – oggi estinto – del Po. Prima emporio etrusco, quindi scalo fluviale commerciale greco nel V a.C., poi sostituito nel IV secolo a.C. dall’emporio etrusco di Spina. Adria divenne successivamente colonia dei Greci di Siracusa, quindi centro dei Galli e infine insediamento romano nel III secolo a.C. I più importanti reperti provenienti dalla città di Adria sono conservati al museo Archeologico nazionale di Adria: e il Gabo ha già programmato la gita ad Adria e al museo Archeologico nazionale per sabato 24 febbraio 2018, con la stessa Silvia Romagnoli e l’archeologa Maria Longhena: numerosissimi i frammenti di ceramica attica a figure nere e rosse esposti insieme ai vasellami di bronzo etruschi, riferibili principalmente al VI e V sec. a.C. quando il porto conobbe il suo periodo di massimo splendore. Dell’età ellenistica è invece la cosiddetta “Tomba della Biga”, una straordinaria sepoltura di tre cavalli con i resti metallici di un carro a due ruote. Per quanto riguarda l’epoca romana, i vetri di ottima qualità sono l’indizio della prosperità del luogo. Il ciclo continua martedì 27 febbraio 2018, sempre alle 21 al “Costa”, con un altro viaggio “in Iran”: Claudio Busi, cultore di storia documentarista e viaggiatore, il suo diario di viaggio in Iran arricchito con un filmato.
Il viaggio alla conoscenza dei popoli antichi riprende martedì 6 marzo 2018, sempre alle 21 al “Costa”, con Cinzia Cavallari, archeologa della soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Bologna, che introduce la mostra “Medioevo svelato. Storie dell’Emilia-Romagna attraverso l’archeologia”, al museo civico Medievale di Bologna, dal 17 febbraio al 17 giugno 2018: un viaggio nel tempo di quasi un Millennio che racconta le trasformazioni delle città e del territorio e l’affermarsi dei nuovi ceti dirigenti goti, bizantini e longobardi: castelli, monasteri, edifici di culto e Comuni, i nuovi centri di potere, hanno scritto la storia dell’intera regione dal IV-V secolo agli inizi del XIV (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/01/27/a-bologna-medioevo-svelato-storie-dellemilia-romagna-attraverso-larcheologia-grazie-alle-scoperte-archeologiche-degli-ultimi-40-anni-una-mostra-al-museo-civico-m/). Anche in questo caso è prevista una visiyta guidata alla mostra in data ancora da definire. La settimana successiva, martedì 13 marzo 2018, si fa la conoscenza dei veneti antichi. L’archeologa Maria Longhena parlerà de “La civiltà atestina: genti e culture del Veneto antico”. All’incontro segue sabato 17 marzo 2018 la gita a Este con visita guidata al museo nazionale Atestino a cura di Maria Longhena e Silvia Romagnoli. Il museo nazionale Atestino illustra la civiltà dei Veneti antichi, che ha caratterizzato lo sviluppo sociale e culturale locale nel corso del I millennio a.C., in dinamico rapporto con il mondo etrusco, celtico e romano. Fin dal 1876 sono emerse a Este le più consistenti testimonianze di questa civiltà, oggi esposte nelle 11 sale del museo: descrivono la vita quotidiana, le manifestazioni artistiche, quelle della religiosità e dei rituali funerari, per ricostruire la società e sottolineare analogie e differenze con l’attualità.

La prima pagina del New York Times del febbraio 1922 con la notizia della scoperta della tomba di Tutankhamon
Sono viaggi diversi quelli proposti dagli ultimi tre incontri di marzo, per il primo dei quali si cambiano giorno, orario e sede. L’appuntamento è infatti domenica 18 marzo 2018, alle 16.30, al museo della Civiltà Villanoviana in via B.Tosarelli 191 a Castenaso (Bo), per “Le interviste impossibili” con Umberto Eco che intervista Muzio Scevola, testo di Umberto Eco. Marco Mengoli, archeologo e docente di italiano e storia alle scuole superiori, nella parte dell’intervistatore; Michele Gambetti nella parte di Muzio Scevola, protagonista di una nota leggenda romana dalla quale deriva il modo di dire “Mettere la mano sul fuoco riguardo a qualche cosa”, per indicare di essere sicuri su un determinato fatto o espressione: il suo gesto estremo. Introduce l’intervista Paola Poli, archeologa e curatrice del museo della Civiltà Villanoviana (MUV) di Castenaso. Martedì 20 marzo 2018, si torna al “Costa” alle 21, per una passeggiata virtuale lungo la strada consolare che ha dato il nome a un’intera regione: “La via Emilia tra storia ufficiale e memoria privata” illustrata da Erika Vecchietti, archeologa specializzata in Archeologia Romana, che preparerà la visita di aprile alle mostre del progetto “2200 anni lungo la via Emilia”. L’ultimo incontro del mese, martedì 27 marzo 2018, alle 21 al “Costa”, con Graziano Tavan, giornalista e curatore dell’archeoblog “Archeologiavocidalpassato”, si affronta il rapporto tra archeologia e comunicazione: “Ricerca e divulgazione: archeologia sui giornali tra Tutankhamon e Indiana Jones”, excursus su come è cambiato nei secoli il concetto di archeologia, per passare poi all’archeologia come disciplina e come ricerca sul campo, fino a quando uscendo dagli ambienti accademici l’archeologia diventa divulgazione per raggiungere il grande pubblico attraverso la comunicazione sui giornali, non solo in Italia.

Il manifesto della mostra “Mutina Splendidissima. La città romana e la sua eredità” al Foro Boario di Modena dal 25 novembre 2017 all’8 aprile 2018
Il programma del mese di aprile apre sabato 7 con la gita a Modena e Reggio Emilia con Erika Vecchietti per le mostre sulla via Emilia. Al foro Boario di Modena la mostra “Mutina Splendidissima”, dove i reperti e le opere d’arte, accostati a preziose testimonianze provenienti da numerosi musei italiani, affiancano le ricostruzioni virtuali dei principali monumenti di Mutina (le mura, il foro, l’anfiteatro, le terme, una domus) che fanno da contrappunto alla descrizione delle città dal periodo precedente la sua fondazione, avvenuta nel 183 a.C., alla decadenza verificatasi nella tarda età imperiale (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/24/mutina-splendidissima-la-citta-romana-e-la-sua-eredita-apre-a-modena-la-mostra-clou-per-i-2200-anni-della-fondazione-della-colonia-romana-sulla-via-emilia-che-racconta-le-origini/). Al Palazzo dei musei di Reggio Emilia c’è invece la mostra “On the road”, un percorso virtuale che ci permette di conoscere i segreti della via Emilia, la sua costruzione, le sue strutture, i suoi servizi, ma anche le città sorte lungo il suo tracciato e le popolazioni che le abitavano (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/01/14/on-the-road-la-mostra-di-reggio-emilia-propone-una-riflessione-sulla-storia-della-via-emilia-e-sul-suo-fondatore-sul-significato-della-strada-nella-contemporaneita-in-un-itinerari/). Gli incontri riprendono martedì 10 aprile 2018, alle 21 al “Costa”, con “Nuove testimonianze archeologiche dalla città romana di Claterna”: Renata Curina, archeologa della soprintendenza di Bologna, Maurizio Molinari, archeologo dell’associazione “Civitas Claterna”, e Claudio Negrelli, archeologo responsabile scientifico dell’associazione “Civitas Claterna”, illustreranno i risultati della campagna di scavo 2017 che ha inaugurato un nuovo progetto triennale di ricerca focalizzato su due precisi settori dell’antica città di Claterna: la già nota Casa del Fabbro, dove sono stati scoperti nuovi ambienti (un piccolo impianto termale e altri vani con pozzi e cucina) e l’area centrale destinata in antico agli edifici pubblici, che ha rivelato le imponenti strutture del teatro e di un secondo edificio dell’area pubblica (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2017/11/02/claterna-fu-promossa-da-m-vipsanio-agrippa-il-genero-di-augusto-i-risultati-della-campagna-di-scavo-2017-potrebbero-cambiare-la-datazione-della-citta-romana-sulla-via-emilia-tra-bologna-e-imola-sc/). Il martedì successivo, 17 aprile, alle 21 al “Costa”, Maurizio Cattani, dell’università di Bologna, affronta il tema “Isole di Storia. Esplorare il Mediterraneo nell’età del Bronzo”.
Si riprende martedì 8 maggio 2018, alle 21 al “Costa”, con Monica Miari, archeologa della soprintendenza di Bologna, che ci porta nel mondo delle terramara, tipo di insediamento apparso nella pianura padana a sud del Po durante l’Età del Bronzo, attorno al 1550 a.C.: si tratta di un villaggio di capanne costruite su un impalcato ligneo cinto da un argine e da un fossato. La denominazione viene dalla “terramarna” raccolta sui bassi rilievi emergenti della pianura e anticamente usata per concimare i campi. La conferenza illustra i “Nuovi dati dagli scavi della terramara di Pragatto”, la più importante e ricca terramara della provincia di Bologna, scoperta nel 1879 dall’archeologo Antonio Zannoni. Gli incontri chiudono martedì 15 maggio 2018, alle 21 al “Costa”: “Viaggio in Etruria con George Dennis: Vulci ”. Letture e commenti da “Cities and cemeteries of Etruria” di George Dennis e proiezione del documentario “Vulci” di Alan Badel a cura di Silvia Romagnoli. Ma il Gabo riserva un appuntamento anche in giugno: dal 5 al 10 giugno 2018, viaggio in Provenza sulle tracce delle vestigia romane e visita alla replica della famosa Grotta di Chauvet.
Claterna fu promossa da M. Vipsanio Agrippa, il genero di Augusto? I risultati della campagna di scavo 2017 potrebbero cambiare la datazione della città romana sulla via Emilia tra Bologna e Imola. Scoperti nuovi ambienti della domus del Fabbro e soprattutto intercettato il grande teatro

31 ottobre 2017, presentazione degli scavi. Da sinistra: Maurizio Liuti, Daniele Vacchi, Annarita Muzzarelli, Luca Lelli, Alessandro Golova Nevsky, Saura Sermenghi, Renata Curina, Claudio Negrelli e Maurizio Molinari (foto Paolo Nanni)
Fu veramente Marco Vipsanio Agrippa, il famoso genero e generale di Augusto, che come patronus della città si fece promotore della costruzione di Claterna? E fu il teatro scoperto nella campagna di scavo 2017 l’edificio nel quale il contemporaneo Publius Camurius Nicephorus, un magistrato locale nominato in una sintetica iscrizione funeraria ritrovata non lontano da Claterna, organizzò ludi (forse giochi scenici) per cinque giorni? Persone e volti che prendono lentamente forma attraverso le memorie materiali di Claterna frutto delle ricerche archeologiche. I risultati della campagna di scavo Claterna 2017, definita “molto fortunata”, sono stati presentati nel corso di una visita guidata che si è tenuta martedì 31 ottobre 2017 con interventi di Renata Curina, archeologa della soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le provincie di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; Luca Lelli, sindaco di Ozzano dell’Emilia; Annarita Muzzarelli, assessore di Castel San Pietro Terme; Saura Sermenghi, presidente dell’associazione culturale “Centro studi Claterna – Giorgio Bardella, Aureliano Dondi”; Maurizio Liuti, direttore comunicazione CRIF (Azienda sostenitrice); Daniele Vacchi, direttore corporate communications Gruppo IMA (Azienda sponsor) e Alessandro Golova Nevsky, Rotary Club Bologna (Coordinamento progetto di alternanza scuola-lavoro).
La campagna di scavo 2017 ha inaugurato un nuovo progetto triennale di ricerca focalizzato su due precisi settori dell’antica città di Claterna: la già nota Casa del Fabbro e l’area centrale destinata in antico agli edifici pubblici. Scoperti nuovi ambienti della domus del Fabbro (un piccolo impianto termale e altri vani con pozzi e cucina) e le imponenti strutture del teatro e di un secondo edificio dell’area pubblica. Nel dettaglio, per la Casa del Fabbro è proseguita sia l’attività di scavo iniziata nel 2005 (scoprendo appunto nuovi ambienti della domus) che quella di archeologia sperimentale (ricostruendo in scala reale e in situ nuovi muri e stanze). Per quanto riguarda l’area centrale degli edifici pubblici – un’assoluta novità degli scavi 2017- è finalmente iniziata l’attività di ricerca in uno dei settori più importanti e al tempo stesso meno conosciuti della città romana, intercettando subito parti del teatro e alcune fondazioni perimetrali di un altro grande edificio pubblico. Rinvenimenti che gettano nuova luce sulla storia della città, imprimendo una svolta fondamentale alla ricerca archeologica e al progetto di valorizzazione dell’antico municipio romano, posto sulla via Emilia tra le colonie romane di Bologna (Bononia) e Imola (Forum Cornelii). Claterna fu infatti fondata alla confluenza nell’Emilia di un’altra strada romana che attraversava l’Appennino, forse la via Flaminia Minor, che congiungeva la strada emiliana con Arezzo. Oggi, le nuove scoperte potrebbero far rivedere all’età augustea la datazione che finora fissava la fondazione della città coeva alla realizzazione della via Emilia (187 a.C.), quindi verso l’inizio del II secolo a.C.

Veduta aerea dell’area archeologica di Claterna nel 2004, prima che iniziassero le campagne di scavo sistematiche
Gli scavi nella campagna 2017 sono stati condotti dall’associazione culturale “Centro Studi Claterna – Giorgio Bardella e Aureliano Dondi”, formata da volontari e archeologi professionisti, sotto la direzione scientifica della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le provincie di Modena, Reggio Emilia e Ferrara, e in sinergia con i Comuni di Ozzano dell’Emilia e di Castel San Pietro Terme. Grazie all’apporto organizzativo dei Rotary Club di Bologna, all’attività di ricerca hanno collaborato gli studenti delle scuole secondarie superiori che hanno aderito al progetto di “alternanza scuola lavoro”. L’università Ca’ Foscari di Venezia e la Scuola di Specializzazione in Archeologia delle Università di Trieste, Udine e Venezia (SISBA) hanno infine partecipato alla campagna di scavo sia per la ricerca archeologica stratigrafica che per la formazione sul campo dei futuri archeologi. La realizzazione del progetto è stato possibile grazie al fondamentale finanziamento di CRIF Spa, con il contributo di Gruppo IMA, che da sempre sostiene e incoraggia la valorizzazione di Claterna, e di numerosi altri sponsor privati. Ora, con le informazioni scientifiche di Renata Curina, archeologa della soprintendenza, e direttore dell’area archeologica di Claterna; e di Claudio Negrelli e Maurizio Molinari, responsabili scientifici dell’associazione “Centro Studi Claterna – Giorgio Bardella e Aureliano Dondi”, facciamo una visita guidata virtuale nella città romana di Claterna, per conoscere meglio i risultati della campagna di scavo 2017, settore per settore.
Lo scavo e la ricostruzione della Casa del Fabbro (settore 11). Lo scavo della domus del settore 11 è iniziato nel mese di giugno 2017 con l’asportazione dei riempimenti delle spoliazioni, cioè le trincee lasciate da coloro che nel Medioevo cavarono fino alle fondamenta gli antichi materiali costruttivi della città -ormai da tempo abbandonata- per reimpiegarli altrove. Quest’anno è stata scoperta un’altra importante serie di ambienti della domus del Fabbro che si sviluppavano verso Nord, probabilmente attorno a un cortile, mentre si è proseguito con l’attività di archeologia sperimentale, ricostruendo (in scala reale e in situ) uno dei muri perimetrali dell’edificio (quello verso Ovest, cioè verso lo Stradello Maggio) con base in laterizi romani e alzato in terra cruda. Gli studenti di Ca’ Foscari di Venezia hanno eseguito i disegni delle strutture e delle stratificazioni emerse nella fase precedente, impostando le basi topografiche (picchettatura) per i successivi rilievi. “Nella parte est della nuova area di scavo”, spiegano gli archeologi, “è venuto alla luce quello che parrebbe essere una sorta di piccolo settore termale privato pertinente alla domus: è stato infatti individuato un vano con suspensurae, i tipici mattoni circolari in genere associati agli ipocausti dei calidari termali. Tra il materiale di crollo sono stati trovati interessanti frammenti di un mosaico che forse decorava il pavimento soprastante”. Più a Sud, è stata scoperta un’altra pavimentazione in cocciopesto (battuto cementizio a base fittile), particolarmente ben conservata nonostante la scarsa profondità dal piano di campagna attuale, e un’altra pavimentazione ribassata, funzionale a sua volta alla presenza di un pozzo.
La possibilità di scavare in profondità ha rivelato una serie di strati che descrivono con precisione le varie fasi di vita della domus durante un lunghissimo periodo di tempo. “Poiché in archeologia si procede a ritroso (dal più recente al più antico man mano che si scava)”, continuano Curina, Negrelli e Molinari, “si sono subito trovate strutture murarie e pavimenti in terra battuta databili al V–VI secolo d.C,, cioè coeve alle ultime fasi di rioccupazione dell’edificio: sappiamo infatti che in questo luogo, dopo l’abbandono della domus, si stabilirono degli artigiani che lavoravano il ferro (da cui la denominazione di domus del Fabbro), dei quali abbiamo ritrovato l’officina e gli ambienti in cui risiedevano con le proprie famiglie”. Proseguendo lo scavo, è stato individuato uno strato di crollo più antico (III-IV secolo) per lo più riferibile a un tetto, vista l’ampia presenza di tegole e coppi.
Sotto questo crollo sono stati individuati almeno tre ambienti. Il primo dotato di pozzo realizzato con mattoni puteali disposti in circolo. “Si tratta di un rinvenimento molto importante perché potrebbe raccontare molte cose sulla vita quotidiana della domus: i pozzi sono fondamentali in primis per studiare il tema dell’approvvigionamento idrico della città e poi perché dentro i pozzi venivano spesso gettati oggetti d’uso (sia in fase di utilizzo che in fase di abbandono) spesso in ottimo stato di conservazione”. Il secondo ambiente, quello più a nord, ha restituito due piani pavimentali sovrapposti: uno più antico in battuto cementizio (cocciopesto) e uno più recente, realizzato con un sottile riporto di argilla e calce. Il terzo ambiente, centrale, ha invece restituito un focolare a terra, oltre a resti di ceramiche, carboncini e cenere: è quindi probabile che si trattasse della cucina. “Lo scavo di quest’anno”, concludono i ricercatori, “ha dunque individuato una nuova ala della Casa del Fabbro in grado di raccontarci molte cose sulla vita quotidiana: un piccolo ambiente riscaldato e una serie di ambienti di carattere funzionale, con pozzi e cucina”.

La foto aerea mostra con impressionante chiarezza le tracce del teatro romano e di altri edifici pubblici (Foto Maurizio Molinari, 2015)
Lo scavo del settore pubblico della città di Claterna: il teatro (settore 16). Tra luglio e ottobre 2017 è stato aperto un nuovo settore di scavo (settore 16) nell’area “pubblica” della città e cioè in quel comparto a Nord della via Emilia occupato da una serie di grandi edifici già individuati da foto aeree e satellitari. “È stata un’esplorazione di capitale importanza”, assicurano Curina, Negrelli e Molinari, “perché non si scavava in questo settore dalla fine del XIX secolo cioè da quando Edoardo Brizio aveva fatto eseguire alcuni saggi che avevano individuato, tra l’altro, lo spiazzo forense. In anni più recenti, foto satellitari e riprese aeree oblique avevano evidenziato come, oltre alla supposta area del foro (inteso come piazza aperta), esistesse tutta una serie di edifici sepolti, organizzati con cura al centro della città, che per planimetria e ampiezza potevano ben figurare come i monumenti del comparto pubblico claternate”. Gli scavi si sono concentrati nell’area dove le foto aeree mostravano le evidenti tracce di un edificio teatrale e sono stati progettati in modo da intercettare una porzione della cavea, dell’orchestra e dell’edificio scenico, per la ragguardevole estensione di circa m 40 x 10, poi ulteriormente ampliata.

Foto dal drone delle strutture di fondazione in pietra arenaria della cavea del teatro (foto Paolo Nanni)
Dopo un primo strato di distruzione, sono venute in luce le inequivocabili tracce del teatro, in particolare delle fondazioni e di parte degli alzati della cavea. “Una scoperta francamente inaspettata”, ammettono gli archeologi, “perché i più ritenevano che, nel migliore dei casi, si sarebbero trovate solo labili tracce, comprensibili solo agli specialisti. La realtà archeologica si è invece rivelata ben diversa restituendo enormi blocchi squadrati di pietra arenaria (probabilmente da cave locali), sapientemente connessi a formare possenti muri dall’andamento circolare. Questi resti, che coincidono perfettamente con le tracce evidenziate dalle foto aeree, sono i muri di sostegno della summa cavea cioè delle gradinate del settore più alto su cui sedevano gli spettatori. Più verso Nord sono state rilevate altre tracce che ci fanno ritenere che la parte inferiore delle gradinate (ima cavea) e l’orchestra possano trovarsi a una quota sensibilmente inferiore rispetto al piano di campagna coevo, ancora tutta da scoprire perché coperta da un potente strato di terra”. A Nord il teatro confinava con l’asse stradale di uno dei decumani principali della città mentre verso Sud alcune tracce parrebbero indicare le fondazioni della parte più esterna della cavea, costruita probabilmente su portico. Ancora più a Sud, cioè verso il foro, un piano di ciottoli separava il teatro da un altro grande edificio pubblico, di cui sono state intercettate alcune fondazioni perimetrali.
Un impegno per il futuro. Lo scavo 2017 è stato dunque particolarmente fortunato. La scoperta dell’area pubblica di Claterna e delle strutture imponenti di alcuni dei suoi più insigni edifici sono destinate a gettare nuova luce sulla storia della città e a imprimere una svolta alla ricerca archeologica e al progetto di valorizzazione del centro antico. “Certo rimane molto da fare”, ribadiscono in soprintendenza. “Il saggio nel settore 16 è servito soltanto a valutare le caratteristiche principali dell’edificio teatrale e del suo stato di conservazione. L’area esplorata corrisponde infatti solo a una piccola frazione della reale estensione del teatro e qualsiasi futuro progetto di ricerca dovrà tenere conto della sua grande ampiezza e profondità (per dare un’idea, si calcola che dovesse essere largo circa 60 metri)”. Ma se tanti sono gli interrogativi, resta l’entusiasmo per quella che si preannuncia come una ricerca in grado di aggiungere qualcosa di veramente inestimabile al patrimonio culturale del territorio ozzanese. Dalla datazione dei primi materiali raccolti (monete, ceramiche) e dalle caratteristiche dei resti della decorazione architettonica (frammenti di decori vegetali in pietre calcaree e di rivestimenti in marmo) sembrerebbe plausibile una cronologia relativa alla prima età imperiale, da ricondurre quindi all’epoca di Augusto (che morì nel 14 d.C.) anche se è prematura qualsiasi considerazione al riguardo.
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CHI SIAMO
Graziano Tavan, giornalista professionista, per quasi trent’anni caposervizio de Il Gazzettino di Venezia, per il quale ho curato centinaia di reportage, servizi e approfondimenti per le Pagine della Cultura su archeologia, storia e arte antica, ricerche di università e soprintendenze, mostre. Ho collaborato e/o collaboro con riviste specializzate come Archeologia Viva, Archeo, Pharaos, Veneto Archeologico. Curo l’archeoblog “archeologiavocidalpassato. News, curiosità, ricerche, luoghi, persone e personaggi” (con testi in italiano)
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