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Imagines, obiettivo sul passato: la XV rassegna del documentario archeologico promossa dal Gabo propone un viaggio dall’arte paleolitica all’architettura templare della Magna Grecia, dai grandi restauri ai misteri degli Etruschi fino alla magia di Petra, dall’esploratore Luigi Fantini all’archeologo Amedeo Maiuri, con un occhio alla Sicilia antica meno nota

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

Dall’arte paleolitica all’architettura templare della Magna Grecia, dai grandi restauri ai misteri degli Etruschi fino alla magia di Petra, dall’esploratore Luigi Fantini all’archeologo Amedeo Maiuri, con un occhio alla Sicilia antica meno nota: è ricco il programma offerto da “Imagines: obiettivo sul passato”, la rassegna del documentario archeologico, giunta alla 15ma edizione, promosso dal Gruppo Archeologico Bolognese e dal Museo della Preistoria “Luigi Donini”, in calendario il 10-11-12 novembre 2017 alla mediateca comunale di San Lazzaro di Savena (Bo) con ingresso libero. “Imagines è un’iniziativa del Gruppo Archeologico Bolognese, patrocinata da Comune di Bologna- Comune di San Lazzaro”, spiega Giuseppe Mantovani, curatore della rassegna. “Nata nel 2003, Imagines è una rassegna voluta per creare un’occasione in cui i soci del gruppo ed il pubblico bolognese appassionato di Archeologia e Storia potessero trovarsi per godere della proiezione di documentari e filmati introdotti da esperti del settore, autori, registi o archeologi. Decine, finora, sono state le proiezioni effettuate e gli ospiti intervenuti”. Come da tradizione, anche quest’anno, al termine di ogni giornata di Imagines, sarà estratto fra i presenti un abbonamento annuale alla rivista Archeologia Viva (Giunti Editore). In più, domenica 12 sarà estratta la partecipazione gratuita a un viaggio di un giorno organizzato dal Gruppo Archeologico Bolognese.

Il film “Cave of forgotten dreams” di Werner Herzog sull’arte della grotta di Chauvet

Il programma. Venerdì 10 novembre 2017, la rassegna apre alle 15.30, con i saluti di Gabriele Nenzioni, direttore del museo della Preistoria “L. Donini” di San Lazzaro (Bologna), e di Giuseppe Mantovani, vicedirettore del Gabo e curatore di Imagines. Il primo film in programma, introdotto da Gabriele Nenzioni, è “Cave of forgotten dreams” di Werner Herzog (90’). La grotta di Chauvet è una delle scoperte più sensazionali della fine del secolo scorso. Pitture parietali di 35mila anni fa di una modernità straordinaria e di una bellezza unica. Per salvaguardarla dal deterioramento provocato dai visitatori, fin dall’inizio ne è stato impedito l’accesso se non in casi eccezionali come per le riprese di questo documentario. Per rendere fruibile questo capolavoro dell’arte preistorica è stata fatta una replica esatta della grotta con le più moderne tecnologie. Dopo l’intervallo, il film “Il tempio dei giganti – L’Olympieion di Akragas” (Edizioni TSM – www.edizionitsm.it). Una ricca città della Magna Grecia. Un tiranno ambizioso. Una vittoria incredibile contro il nemico più temuto. Un tempio di proporzioni colossali. Questi sono gli ingredienti di un appassionante racconto capace di coniugare divulgazione scientifica e piacere delle narrazione. Grazie alle tecniche dell’animazione 2D e 3D il film restituisce vita all’antica Agrigento.

“La musica perduta degli Etruschi”: particolare della tomba dei Leopardi a Tarquinia

Seconda giornata, sabato 11 novembre 2017. Due i film in programma nella prima parte. Si inizia alle 15.30. Alessandro Fichera, archeologo dell’università di Siena, introduce il film “Restaurare il cielo” di Tommaso Santi (50’), che racconta di un restauro epocale, quello della Basilica della Natività di Betlemme. È la storia di un gruppo di restauratori italiani che dal 2003 lavora al recupero e alla salvaguardia di un monumento patrimonio dell’Umanità. Quindi Simona Rafanelli, direttore del museo archeologico “Isidoro Falchi” di Vetulonia, illustra il film “La musica perduta degli Etruschi” di Riccardo Bicicchi (30’). Il documentario sintetizza le tappe principali della ricerca, assolutamente nuova e originale, condotta in parallelo nella musica e nell’archeologia dal musicista Stefano Cantini e dall’archeologa Simona Rafanelli, che ha conseguito come principale risultato quello di ridare voce a strumenti a fiato legati alla cultura etrusca, recuperando le note e le tonalità autentiche prodotte da questi strumenti 2600 anni orsono. Dopo l’intervallo, l’archeologa Silvia Romagnoli presenta il film “Petra, la città perduta di pietra” di Gary Glassman (52’). Archeologi , architetti e ingegneri idraulici uniti nello studio di come i Nabatei poterono sviluppare una civiltà così evoluta e costruire una fiorente città ricca di monumenti e fontane in un territorio estremamente difficile e povero di risorse idriche .

il film “Herculaneum. Diari del buio e della luce” di Marcellino de Baggis

Terza e ultima giornata, domenica 12 novembre 2017. Quattro i documentari in programma tra prima e seconda parte. Il primo, alle 15.30, “Luigi Fantini. Una vita per la ricerca” di Claudio Busi e Giuseppe Rivalta (30’) del Gruppo Speleologico Bolognese – Unione Speleologica Bolognese è illustrato dall’archeologa Laura Minarini del museo civico Archeologico di Bologna. Fantini è uno dei personaggi più importanti nel campo della speleologia e archeologia del territorio dell’Appennino Tosco-Emiliano. Instancabile esploratore di queste colline, a lui si devono alcune scoperte che hanno fatto luce sulla morfologia e sulla più antica frequentazione dell’area degli Appennini che definiva “un pezzo meraviglioso del Creato”. Segue il film “Il santuario sicano di Polizzello” di Gaspare Mannoia (30’). Una Sicilia inedita quella che Gaspare Mannoia descrive in questo filmato, una Sicilia sconosciuta ai turisti che di solito visitano le più conosciute meraviglie dell’isola al centro del Mediterraneo. Mannoia, con questo e con altri filmati, vuole divulgare la bellezza di siti meno noti ma non meno interessanti e suggestivi da un punto di vista archeologico, storico e paesaggistico. Dopo l’intervallo, il film “Himera, il tempio della Vittoria” di Davide Borra (11’). Il video racconta le vicende accadute nell’attuale area archeologica di Himera. Partendo dalla famosa battaglia di Himera, vinta contro I Cartaginesi nel 480 a.C., si giunge alle recenti campagne di scavo del 2008/11, in cui sono state portate alla luce le tombe dei “Diecimila cavalieri” che combatterono in quella battaglia, seppelliti insieme ai loro cavalli, fatto rarissimo nella storia dell’archeologia greca di Sicilia. Segue il film “Herculaneum. Diari del buio e della luce” di Marcellino de Baggis (50’) introdotto dall’archeologa classica Erika Vecchietti. Il documentario è il risultato di riprese effettuate nell’arco di un intero anno, impreziosite da materiale esclusivo proveniente dagli archivi fotografici della Soprintendenza, delle Teche RAI e dell’Istituto Luce. Interviste inedite e sconosciute ad Amedeo Maiuri, l’archeologo che ha portato alla luce la maggior parte della città antica, rendono questo filmato unico e originale.

Bologna. Uno dei protagonisti del grande restauro della Basilica della Natività di Betlemme, l’archeologo Alessandro Fichera, ospite del Gruppo Archeologico Bolognese: focus sui lavori, dal tetto ai preziosi mosaici del sacro edificio voluto dall’imperatore Costantino e dalla madre Elena

I delicati restauri dei preziosi restauri dei mosaici della basilica della Natività a Betlemme

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

Occhi puntati sul grande restauro della chiesa della Natività di Betlemme, in Palestina. L’occasione per fare il punto sull’ambizioso progetto, tutto italiano, la offre il Gruppo Archeologico Bolognese che, in collaborazione con la Fondazione Cardinale Giacomo Lercaro – Raccolta Lercaro, giovedì 4 maggio 2017, nella sede della  “Raccolta Lercaro” (via Riva di Reno 57, Bologna) promuove l’incontro con l’archeologo Alessandro Fichera, che del sacro edificio ha curato l’analisi archeologico-architettonica. La Natività di Betlemme è una delle chiese cristiane più antiche, edificata intorno al 330 su iniziativa dell’imperatore Costantino I e della madre Elena sui resti di un tempio pagano edificato nel periodo di Adriano sui luoghi dove i primi cristiani celebravano la nascita di Gesù, e ampliato e restaurato nel VI secolo nel periodo dell’imperatore Giustiniano I. Il complesso ha subito numerosi ampliamenti e modifiche sia in epoca crociata che nei secoli successivi, presentandosi oggi come un articolato sistema di volumi e strutture che dividono il convento francescano, il monastero ortodosso e il monastero armeno, i tre complessi situati attorno alle mura della basilica.

La basilica della Natività a Betlemme, in Palestina: il complesso restauro è iniziato nel 2013

L’archeologo Alessandro Fichera (Università di Siena)

Da tempo, però, l’edificio richiedeva lavori di ristrutturazione, in particolare di alcune strutture (le coperture, il tetto a capriate, le superfici murarie, i mosaici, e l’ingresso con la porta in legno del XIII secolo). Nel 2008 è stata trovata un’intesa tra le tre Chiese (Cattolica, Greco-Ortodossa e Armena) che lo gestiscono. E nel 2010, dopo un bando internazionale, è stato affidato lo studio preliminare del complesso a un gruppo multidisciplinare coordinato dal Consorzio Ferrara Ricerche (Università di Ferrara) e al quale hanno preso parte anche archeologi dell’Università di Siena, con l’obiettivo di redigere un progetto di restauro. Nel 2013 l’esecuzione dei lavori è stata affidata a un team italiano, sotto la supervisione universitaria. In particolare il gruppo dell’Università di Siena, cui fa capo Alessandro Fichera, si è occupato – come si diceva – dell’analisi archeologico-architettonica ​della basilica della Natività​.

Il team che segue i restauri della basilica della Natività di Betlemme

Il restauro dei mosaici della basilica della Natività di Betlemme

Tutta la parte operativa del restauro è stata realizzata dalla ditta Piacenti Spa di Prato che svolge attività di progettazione ed esecuzione nel campo del restauro e della conservazione di edifici tutelati, complessi monumentali e beni di interesse storico-artistico.​ I numeri sono impressionanti: 170 tra partner, collaboratori, subcontractor e consulenti. 27 spedizioni di materiali, 2800 mq di ponteggi, 20 tonnellate di legno antico, 200 kg di resina per legno, 55mila viti solo per il tetto; 2mila mq di multistrato fenolico, 2800 mq di lastre di piombo, 2 tonnellate di Lana di Prato. 3 anni di lavoro. Tonnellate infinite di passione e coraggio; 130 mq di mosaico restaurato. 59 autorità dal mondo in visita ufficiale.

“… Comunicare l’archeologia …”: il gruppo Archeologico bolognese nel ciclo del primo semestre 2017 spazia dall’Indonesia alla Terrasanta, dai relitti rinascimentali all’arte di Leonardo, dalle strade dell’impero romano ai monumenti della Nubia dei faraoni

Le famose piramidi di Meroe dell'antica Nubia, oggi in Sudan

Le famose piramidi di Meroe dell’antica Nubia, oggi in Sudan

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d'Italia

Il Gruppo archeologico bolognese iscritto ai Gruppi archeologici d’Italia

Un po’ di Oriente, un po’ di Medioevo, un po’ di impero romano, un po’ di Preistoria, senza rinunciare a un’incursione nel Rinascimento. Ecco i temi affrontati da esperti relatori a “… Comunicare l’archeologia …” del primo semestre 2017 il tradizionale ciclo di conferenze promosso dal Gruppo Archeologico Bolognese il martedì sera nella ormai classica sede del Centro sociale ricreativo culturale “Giorgio Costa” di via Azzo Gardino 48 a Bologna, anche se nel programma non mancano eccezioni per quanto riguarda sia il giorno sia la location. Si inizia martedì 21 febbraio 2017 al centro “Costa” alle 21 con il viaggio alla scoperta dei “Miti sulla pietra: il poema Ramayana in Indonesia” proposto dall’archeologa Silvia Romagnoli, che recupera l’incontro saltato nel precedente ciclo del Gabo. Si salta l’ultimo di carnevale, e si riprende martedì 7 marzo, alle 21, al centro “Costa” con Xabier Gonzalez Muro, archeologo esperto in Archeologia Subacquea, che illustrerà “Il relitto subacqueo di Gnalic. Una testimonianza archeologica rinascimentale del commercio mercantile e navale nell’Adriatico”. Dall’archeologia subacquea all’archeologia cristiana, il successivo martedì 14 marzo, sempre alle 21 al centro “Costa”: Giulia Marsili, assegnista di ricerca al Dipartimento di Storia Culture Civiltà dell’università di Bologna, interverrà su “Da Gerusalemme a Bologna. Il complesso di Santo Stefano e il pellegrinaggio ai luoghi santi”. Terzo appuntamento del mese, martedì 21 marzo, alle 21 al centro “Costa” ci si sposta nella Nubia dell’epoca dei faraoni: “Kerma, Napata e Meroe: il regno di Kush. Viaggio alla scoperta dei siti archeologici nubiani” è il tema proposto da Maria Giovanna Caneschi, archeologa specializzata in Egittologia. L’ultimo appuntamento di marzo cambia giorno, ora e luogo; domenica 26 marzo, alle 16.30, al museo della Civiltà Villanoviana in via B.Tosarelli 191 a Castenaso  (Bo) “Giuseppe Mantovani intervista Vel Kaikna” di Giuseppe Mantovani con Marco Mengoli, archeologo e docente di italiano e storia, nella parte di Vel Kaikna e Michele Gambetti nella parte dell’intervistatore. Introduzione a cura di Paola Poli, archeologa e curatrice del MUV di Castenaso.

La grotta della Natività a Betlemme come oggi la vedono i pellegrini

La grotta della Natività a Betlemme come oggi la vedono i pellegrini

Un solo incontro ad aprile, martedì 11, alle 21 al centro “Costa”: Tiziano Trocchi, funzionario archeologo alla soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Bologna, settore, presenterà “Nuovi dati dagli scavi dell’Interporto di Bologna nel quadro del sistema insediativo e itinerario romano della Regio VIII”. Superate le festività di Pasqua, 25 Aprile e 1° Maggio, si arriva a giovedì 4 maggio: quindi giorno diverso, e diversa sede. In collaborazione con la Raccolta Lercaro, alle 18, proprio nella sede della Raccolta Lercaro, in via Riva di Reno 57 a Bologna, con Alessandro Fichera, archeologo e guida ambientale, supervisore archeologo del restauro della chiesa della Natività di Betlemme, scopriremo “Il restauro della Chiesa della Natività a Betlemme (Stato della Palestina)”. Martedì 9 maggio si torna al centro “Costa”, ma alle 16.30, quando  l’archeologa Erika Vecchietti, specializzata in Archeologia Romana, ci farà viaggiare “Da Piacenza in Provenza: paesaggi lungo l’antica via Julia Augusta”. Ultimi due appuntamenti di maggio al centro “Costa” alle 21: martedì 16, “L’arte preistorica in Europa” con l’archeologo Davide Mengoli, specializzato in Preistoria e Protostoria, Storia e Archeologia del Mondo Antico; martedì 23 maggio, chiude Donatella Mastrosilvestri, archeologa e guida turistica, su “Leonardo, pittore alla corte di Milano”.

“Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”: Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti con le esperienze di 34 archeologi italiani spiegano com’è l’archeologia oggi e come può diventare un lavoro. Grande festa e incontro al museo Pigorini di Roma

La copertina del libro di Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti "Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta"

La copertina del libro di Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”

Chi è l’archeologo? Cosa fa l’archeologo? Bella domanda. Nell’immaginario collettivo la prima risposta che viene è il professore che scava tesori, decifra testi misteriosi, evita trappole mortali, duella con mummie: in una parola, Indiana Jones. Oppure lo vede chiuso nelle aule polverose di una biblioteca a studiare fonti lontane nei secoli e poi in giro per il mondo a scavare o imbalsamato tra le vetrine di un noioso museo. Niente di tutto questo. La realtà è ben diversa e certo meno avventurosa e poetica: da una parte i (pochi) che sono riusciti a trovare un posto nella pubblica amministrazione (università, soprintendenze, musei), dall’altra una schiera di volontari-freelance-collaboratori, in una parola: disoccupati o, al massimo, inoccupati. Ma si può cambiare una situazione che ai “giovani-che-amano-l’archeologia” non sembra dare un futuro? Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti ne sono convinti. E lo hanno scritto. Anzi hanno scritto un libro che è un vero manuale del giovane archeologo, ricco di esperienze e consigli, idee e progetti, difficoltà ed errori da evitare. Ecco dunque “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta” (Cisalpino Edizioni), da consigliare – prima ancora che ai giovani che sognano di fare l’archeologo – alle università perché inseriscano nei corsi di laurea anche degli insegnamenti che allarghino gli orizzonti e le applicazioni lavorative dell’archeologia.

La giornalista Cinzia Dal Maso, co-autrice di "Archeostorie"

La giornalista Cinzia Dal Maso, co-autrice di “Archeostorie”

“L’archeologo del XXI secolo non vive più di solo studio e scavo”, spiegano gli autori. “Oggi la moderna ricerca impone di affiancare al lavoro in cantiere e ai libri in biblioteca modi sempre nuovi di indagare, comunicare e gestire l’antico. Bastano un po’ di fantasia, versatilità e intraprendenza per dar vita oggi, da archeologo, alle attività più disparate”. Come hanno fatto i professionisti che si raccontano in Archeostorie: sono 34 professionisti che – sotto l’attenta regia della giornalista Cinzia Dal Maso e dell’archeologo Francesco Ripanti – narrano ciascuno la propria esperienza “di frontiera” e riflettono sul significato del proprio lavoro nel mondo d’oggi. Sono persone che hanno dato vita a un’archeologia forse un po’ “indie e underground” – come l’ha definita Giuliano De Felice nella conclusione – ma sicuramente viva, pragmatica e ricca di energia. Ancorata nel presente e per nulla immersa solo nel passato. Esperienze di archeologia vissuta, di un’archeologia che con molto impegno e un po’ di fantasia può diventare veramente un lavoro. Così nel manuale di Cinzia e Francesco troviamo chi cura un museo e chi gestisce un’area archeologica, chi narra il passato ai bambini e chi lo “fa vedere” ai ciechi, chi usa nel racconto le tecnologie e i linguaggi più diversi e persino i videogame; c’è poi chi ricostruisce l’antico in 3D e chi lo sperimenta dal vivo, chi organizza i dati di scavo e chi li rende disponibili per tutti; c’è chi scrive sui giornali e chi parla di archeologia alla radio o in tivù, chi realizza documentari e chi racconta l’archeologia sui social network; c’è ancora chi punta sul marketing e chi sul crowdfunding, chi fa dell’archeologia un’esperienza per tutti e chi difende le bellezze da furti e scempi. C’è anche chi studia e scava, e nel libro racconta la vita vera di studio e scavo al di là dei miti e dei sogni.

Comunicare l'archeologia attraverso i disegni come fa Francesca Giannetti

Comunicare l’archeologia attraverso i disegni come fa Francesca Giannetti

C’è entusiasmo ed energia nelle esperienze degli autori, tutti archeologi che hanno voluto ostinatamente fare della loro passione una professione, pur vivendo in un mondo che vanifica le aspirazioni dei più. Ma questa loro “ostinazione” è così contagiosa che sta già diventando un movimento. Pronti a trovarsi con quanti condividono passione e convinzioni al punto da organizzare una festa: la festa di Archeostorie. “Abbiamo deciso di farci conoscere raccontando in modo concreto le nostre storie ed esperienze. Per spiegare a tutti cosa fanno ogni giorno gli archeologi veri, al di là dei miti e dei sogni, e quanto il loro lavoro serva alla società tutta. Per far capire agli studenti di archeologia che non sono per forza destinati alla disoccupazione. E stimolare i loro professori a indirizzare gli studenti verso questi mestieri, così da formare professionisti e non disoccupati”.

La locandina-invito della grande festa di Archeostorie al museo Pigorini di Roma

La locandina-invito della grande festa di Archeostorie al museo Pigorini di Roma

L’appuntamento della grande festa è venerdì 10 aprile alle 17 al museo preistorico etnografico Pigorini di Roma, in sala conferenze: sono invitati tutti gli archeologi a unirsi e raccontare anche loro la propria storia. A mostrare che i possibili mestieri degli archeologi sono molti, e non sono affatto immersi nel passato ma concretamente radicati nel nostro mondo. Alla festa, insieme a Cinzia Dal Maso e Francesco Ripanti che presenteranno il loro libro “Archeostorie. Manuale non convenzionale di archeologia vissuta”, parteciperanno Salvo Barrano, Luca Bondioli, Stefano De Caro, Adele Lagi, Massimo Vidale, Enrico Zanini, e gli autori Marta Coccoluto, Cinzia Dal Maso, Giuliano De Felice, Astrid D’Eredità, Antonia Falcone, Alessandro Fichera, Francesco Ghizzani Marcia, Marina Lo Blundo, Carolina Megale, Valentino Nizzo, Anna Paterlini, Luca Peyronel, Francesco Ripanti, Paola Romi, Lidia Vignola. Sarà proiettato in prima assoluta un video di animazione di Giuliano De Felice.

Comunicare l'archeologia attraverso il cinema come fa il laboratorio dello Iulm di Milano

Comunicare l’archeologia attraverso il cinema come fa il laboratorio dello Iulm di Milano

C’è un filo rosso che lega le diverse e variegate esperienze: la voglia, la necessità, la convinzione che studiare archeologia, lavorare in archeologia, significa comunicare, narrare, raccontare storie, che alla fine vuol dire raccontare l’uomo che c’è dietro ogni oggetto, reperto, traccia, segno che la ricerca, lo scavo, la conservazione, la tutela, la valorizzazione riporta alla nostra attenzione. Se facciamo un passo indietro qualcosa del genere l’aveva indicato già quarant’anni fa Sabatino Moscati col suo “Le pietre parlano”. Forse era troppo avanti. Ma oggi? I protagonisti di Archeostorie, scrive Giuliano De Felice, “dimostrano con il proprio lavoro quotidiano che il destino dell’archeologo non è necessariamente una scelta drammatica tra l’illusione della ricerca e l’umiliazione della ruspa. Le loro archeostorie riescono a farci ritrovare fiducia nel futuro di questa disciplina, più di ogni pur auspicabile riforma della formazione, della ricerca o della tutela. Cinzia e Francesco hanno infatti avuto la straordinaria intuizione – e la altrettanto straordinaria caparbietà – di trasformare qualcosa di tangibile e di concreto quel moto spontaneo e disordinato che già esiste nei social network, nei blog, nei canali YouTube, ma che risulta invisibile, se non addirittura inviso, all’accademia, all’amministrazione pubblica, alla politica. Non possiamo certo sapere oggi – conclude – quale sarà l’archeologia di domani, ma di una cosa siamo sicuri: indipendentemente da quanto sarà in grado di maturare, crescere e cambiare, dovrà prima di tutto riuscire a trasformare le proprie competenze e i propri sogni in esperienze di tutti. Come? Adesso lo abbiamo capito: imparando a raccontarsi”.