Napoli. Al museo Archeologico nazionale si presenta il catalogo della mostra “Archeologia da spiaggia” di Maurizio Finotto a cura di Melania Rossi con un confronto tra la sensibilità contemporanea e gli antichi reperti
“Archeologia da spiaggia” di Maurizio Finotto è stata una delle mostre dell’estate 2022 al museo Archeologico nazionale di Napoli. Giovedì 20 ottobre 2022, alle 12, nella sala conferenze del Mann, si presenta il catalogo della mostra di Maurizio Finotto a cura di Melania Rossi. Il volume (Edizioni Quodlibet) ripercorre il viaggio creativo di Finotto, che ha raccolto e reso installazioni artistiche alcuni oggetti di plastica abbandonati sui litorali nazionali. Intervengono Paolo Giulierini, direttore del Mann; Maurizio Finotto, artista; Melania Rossi, curatrice; Ermanno Cavazzoni, scrittore.

L’artista Maurizio Finotto davanti ad alcune sue opere in mostra al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Abbandonati e trascinati dalla risacca per trovare nuova vita: sono gli oggetti di plastica che l’artista Maurizio Finotto (Venezia, 1968) ha raccolto durante dieci anni di ricerca fra i litorali del Bel Paese. Uno scavo particolarissimo, che ha trovato valore creativo nella mostra “Archeologia da spiaggia”: nell’esposizione, curata da Melania Rossi, Finotto “assembla” e ripensa oggetti dimenticati nel tentativo di ricostruirne un’ipotetica funzione, proiettandoci con sottile ironia in un futuro che ha ormai perso memoria degli usi costumi della nostra epoca. In allestimento tredici opere (sculture, diorami, calchi, video-installazioni e video-animazioni) a confronto con una decina di reperti che provengono dai depositi del Museo. Tra questi i vasi canopi in plastica, per rappresentare nuove divinità tutte legate alla società dei consumi: ecco SVITOL, probabile protettore delle Porte della Luce (“LUX”), serrature dell’aldilà, con elementi plastici a forma di greche; ASTRO ROBOT, effige di sacerdote o dio del Sole (“SOL”); NELSEN, testa a guisa di pipa di origine misteriosa, forse identificabile con una divinità. Reminiscenze dei calchi vesuviani si ritrovano, ancora, nel Bambino Pompeiano, scultura in gesso e plastica grazie a cui l’artista crea un parallelismo fra le eruzioni del vulcano e le catastrofi determinate dall’inquinamento ambientale, mentre il diorama “Spiaggia” raccoglie, in un’unica e multiforme prospettiva, un campionario di oggetti ritrovati sugli arenili.

I vasi canopi in plastica realizzati da Maurizio Finotto in mostra al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto mann)
Il progetto creativo è quasi sovrapponibile alla ricerca archeologica: esplorazione, ritrovamento, conservazione, interpretazione, nuova esposizione del manufatto sono i passaggi seguiti dall’artista. Con un significativo e ulteriore trait d’union: l’opera è adesso, come l’ha resa il tempo e, nel caso delle plastiche di Finotto, il mare. In esposizione, spicca il confronto tra la sensibilità contemporanea e gli antichi reperti: il canopo di Ka-uab in alabastro (riferibile tra la XXII e XXVI dinastia), insieme a un frammento di idolo egizio, una mano in terracotta, ex voto proveniente dall’area sacra santuario di Ponte delle Monache nel territorio di Calvi Risorta (Caserta), e altri oggetti di vita quotidiana dalle città vesuviane (bicchieri, tazze e coppe in vetro, coppette in terra sigillata italica), databili tra la fine del I secolo a.C. e la conclusione del secolo successivo.

Il direttore del Mann, Paolo Giulierini, alla mostra “Archeologia da spiaggia” (foto mann)
“Non c’è nulla di casuale nell’incontro tra il MANN, che negli ultimi anni ha dedicato molta attenzione ai temi ambientali legati al mare, e la ricerca dell’artista Maurizio Finotto”, interviene Giulierini. “Proprio come un archeologo, andando oltre l’accezione negativa della plastica rispetto all’ecosistema marino (tutti sappiamo che purtroppo un’enorme isola si è formata nell’Oceano ed è grande più di due volte la Francia), Finotto legge questo materiale di scarto anche in chiave di memoria, come reperto della quotidianità. E ci ricorda le urgenze dei nostri tempi: se non ci fermiamo, infatti, l’elemento che daterà la nostra epoca rischia di essere la plastica, a differenza della ceramica per il mondo antico”. E lo scrittore Ermanno Cavazzoni: “Nell’anno corrente 2799, a mille anni dal ritrovamento della Stele di Rosetta, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli arricchisce la sua collezione permanente con nuovi reperti, costituiti da oggetti di materie plastiche ritrovati sui litorali italici”.
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