Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia studiati per la prima volta i gioielli in oro ottocenteschi della Collezione Castellani. Lo studio di Rosarosa Manca pubblicato su Scientific Reports

Rosarosa Manca impegnata nello studio dei gioielli in oro della Collezione Castellani del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
Ad annunciarlo è lo stesso direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Valentino Nizzo: “Pochi giorni fa sono stati pubblicati i risultati delle analisi scientifiche condotte presso il Museo sui gioielli della collezione Castellani. Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports, rivista scientifica del prestigioso gruppo editoriale Nature Portfolio, e può essere letto e scaricato liberamente a questo link: https://rdcu.be/cNoLb. I gioielli Castellani sono stati analizzati in modo completamente non invasivo tramite uno spettrometro portatile di Fluorescenza dei Raggi X (XRF). Se ne è studiata la composizione delle leghe d’oro e delle saldature e la presenza di arricchimenti superficiali. Si tratta di uno dei più ampi studi composizionali mai condotti su gioielli ottocenteschi e ci auguriamo che sia un punto di partenza per accrescere le nostre conoscenze sull’oreficeria revival e sulle pratiche produttive dell’Ottocento. Lo studio è stato coordinato da Rosarosa Manca nell’ambito del suo Dottorato presso il Dipartimento di Scienze della Terra DST UNIFI dell’università di Firenze, in collaborazione con l’università di Siviglia, il Centro Nacional de Aceleradores e l’Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale del CNR Consiglio nazionale delle Ricerche”.

Un momento dello studio dei gioielli in oro della collezione Castellani del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
“L’Ottocento fu caratterizzato da grandi trasformazioni culturali e tecnologiche”, si legge nell’articolo di Rosarosa Manca. “Importanti innovazioni stavano avvenendo nel quadro della rivoluzione industriale e nuovi materiali e tecniche divennero disponibili anche per artisti e artigiani. Allo stesso tempo, un profondo fascino per le antiche civiltà, ispirate alle importanti e numerose scoperte archeologiche dell’epoca, si diffuse in tutta Europa e lo stile revivalista (o storicista) raggiunse una grande popolarità. In particolare, il design del gioiello ha visto un periodo di significativa trasformazione nella seconda metà del secolo. Nonostante il loro significato storico, i gioielli ottocenteschi sono stati trascurati negli studi archeometrici e scientifici del patrimonio fino ad oggi e attualmente manca una vasta conoscenza delle leghe, delle tecniche di giunzione e dei trattamenti superficiali utilizzati dagli orafi di questo periodo. Uno dei motivi di questa mancanza di dati è da individuare nelle difficoltà legate all’analisi dei gioielli in oro, che richiede: a) l’utilizzo di tecniche non invasive; b) la produzione di risultati quantitativi, dal momento che le leghe sono invariabilmente costituite da oro, argento e rame come componenti principali; c) la capacità di indagare sulle microaree; d) l’uso di attrezzature portatili, poiché spesso è impossibile trasportare i gioielli in un laboratorio”.

Lo studio della tecnica di granulazione dei gioielli della collezione Castellani del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
Tecniche orafe Castellani. “L’attività dei Castellani – Fortunato Pio (1794-1865) e dei suoi figli Alessandro (1823-1883) e Augusto (1829-1914) – risale tra il 1814 e il 1930, con il suo picco tra il 1850 e il 1880. Hanno dedicato parte della loro attività all’indagine di gioielli archeologici, come quelli della tomba Regolini-Galassi recentemente scoperta e della collezione del marchese Campana, e le tecniche per riprodurli. Prima di tutto, non si sa che tipo di leghe utilizzassero le botteghe Castellani e se scegliessero leghe diverse in base a tecniche o stili specifici. È interessante a questo proposito che i Castellani fossero stati esentati dall’obbligo, imposto a tutti gli altri orafi romani, di certificare la purezza delle leghe d’oro da loro utilizzate. Inoltre, i Castellani erano noti per l’uso di trattamenti superficiali, chiamati ‘colorazione’. Questi trattamenti consistevano nell’applicazione di soluzioni di incisione per rimuovere rame e argento dalla lega d’oro per lasciare la superficie arricchita in oro. Un’altra tecnica profondamente studiata e applicata dai Castellani è la granulazione, ovvero l’applicazione di minuscole sfere d’oro (granuli) su una lamina d’oro per creare decorazioni o motivi lineari. La principale difficoltà della tecnica consiste nella capacità di saldare in modo efficiente i granuli alla lamina senza lasciare residui. Gli Etruschi ne furono padroni indiscussi, soprattutto grazie all’utilizzo della tecnica di saldatura dei sali di rame. Tuttavia quest’ultimo era andato perduto nell’Ottocento, quando i Castellani iniziarono a dedicare la loro attenzione alla granulazione nel tentativo di riprodurre gli antichi capolavori e non si sa con certezza quale tecnica utilizzassero. Per quanto riguarda le tecniche di saldatura, è possibile che i Castellani siano stati tra i primi ad utilizzare saldature contenenti cadmio, che sono stati effettivamente introdotti in gioielleria nel 1860, diventando poi comuni solo nel XX secolo”.

La varietà di gioielli in oro della collezione Castellani del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
Materiali. “La collezione di gioielli Castellani presso il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma è stata identificata come la più appropriata per questo studio, perché è l’unica passata direttamente dalla bottega Castellani a un museo pubblico senza essere manipolata da altri, e perché offre la più ampia gamma possibile di gioielli prodotti da loro. La collezione fu raccolta da Augusto Castellani tra il 1870 e il 1880, ma la data di produzione dei singoli gioielli è sconosciuta. I gioielli Castellani a Villa Giulia sono divisi in otto gruppi, seguendo la classificazione di Augusto della storia della gioielleria italiana. I gioielli selezionati riguardano tutti i diversi periodi individuati da Augusto, escluso il ‘Primigenio’, che non comprende i gioielli in oro. Quarantatré gioielli sono stati selezionati per l’analisi seguendo criteri stilistici e tecnologici, al fine di coprire la più ampia gamma possibile di manufatti”.

La strumentazione usata per lo studio dei gioielli in oro della collezione Castellani del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Rosarosa Manca coordinatrice dello studio sui gioielli in oro della collezione Castellani del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
Conclusioni. “L’utilizzo di un’apparecchiatura micro-XRF portatile ha permesso l’acquisizione del più ampio set di dati compositivi su gioielli ottocenteschi ad oggi disponibili. Sono state caratterizzate sia le leghe di base che le tecniche di giunzione utilizzate dagli orafi Castellani. Con poche eccezioni, i gioielli Castellani a Villa Giulia erano realizzati con leghe ad alto carato d’oro e argento con rame come componente minore, mentre i giunti erano realizzati con saldatrici brasate di oro e argento, con rame come componente minore e nessun altro metallo. L’utilizzo di un rivelatore con filtro zincato ha permesso di escludere senza ambiguità l’utilizzo di saldature contenenti cadmio nei gioielli analizzati. Lo studio delle intensità relative delle linee a raggi X L3, L2 e M dell’oro suggerisce che un arricchimento superficiale in oro, compatibile con l’uso di trattamenti coloranti, si verifica su molti, ma non tutti, i gioielli Castellani. Pertanto, il nuovo metodo proposto in questo studio si è rivelato un potente strumento per ottenere informazioni sulla presenza di gradienti compositivi dalla superficie al sottosuolo di un gioiello utilizzando esclusivamente analisi superficiali non invasive. Le analisi presentate in questo articolo hanno fornito nuovi approfondimenti sugli aspetti tecnici dei processi di creazione e imitazione seguiti dagli orafi Castellani e saranno utili nei futuri studi di autenticità. Ulteriori ricerche sui materiali utilizzati da altri orafi ottocenteschi, le cui produzioni sono ancora in gran parte inesplorate, oltre che sugli standard ufficiali dell’epoca, saranno fondamentali per contestualizzare al meglio le pratiche produttive di Castellani. Si spera che le informazioni ottenute in questo studio costituiscano una solida base per la pianificazione di future ricerche sull’argomento”.
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