Aperta al museo Archeologico nazionale di Napoli la mostra “Gli Etruschi al Mann”: un inedito focus sulla realtà di una Campania etrusca con 600 reperti (di cui 200 visibili per la prima volta). I tesori “scoperti” nei depositi del Mann costituiranno una nuova sezione permanente del museo napoletano

Una vetrina della mostra “Gli Etruschi e il Mann” al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Giorgio Albano)
“Gli Etruschi al MANN tornano per restare. Non solo con una mostra raffinata e dall’altissimo rigore scientifico, ma con l’annuncio dell’allestimento permanente che restituirà alla fruizione del pubblico un altro fondamentale pezzo della storia del nostro Museo, ‘casa’ dei tesori di Pompei ed Ercolano, così come custode di eredità molto più antiche”: così Paolo Giulierini, direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, che nel giorno dell’inaugurazione della mostra “Gli Etruschi e il Mann” in programma al museo Archeologico nazionale di Napoli, dal 12 giugno 2020 al 31 maggio 2021, annuncia che diventerà un’altra sezione del museo. L’esposizione, che raccoglie circa 600 reperti (di cui 200 visibili per la prima volta), è curata da Paolo Giulierini (direttore del Mann) e Valentino Nizzo (direttore museo nazionale Etrusco di Villa Giulia); il coordinamento scientifico è di Emanuela Santaniello (funzionario archeologo del Mann) e l’organizzazione è di Electa. La mostra “Gli Etruschi e il MANN” è accompagnata dal catalogo edito da Electa, a cura di Valentino Nizzo. Per l’occasione è stato inoltre edito nelle pubblicazioni scientifiche “Quaderni del MANN” il volume, a cura di Valentino Nizzo, “Gli Etruschi in Campania. Storia di una (ri)scoperta dal XVI al XIX secolo”, strettamente correlato alle tematiche della seconda sezione del percorso espositivo.

La locandina della mostra “Pompei e gli Etruschi” alla Palestra Grande di Pompei fino al 2 maggio 2019
Una mostra preziosa, sorprendente, innovativa, che nasce anche dalla rete stabilita con il parco archeologico di Pompei, dove è stata ospitata la tappa iniziale del percorso con la mostra “Pompei e gli Etruschi” (dicembre 2018-maggio 2019). Già con “Egitto Pompei” (2016) e “Pompei e i Greci” (2017), esposizioni che hanno confermato la collaborazione tra il parco archeologico di Pompei e il Mann, è stato intrapreso un suggestivo viaggio per scoprire le civiltà del passato: anche grazie al coordinamento di Electa, la sinergia tra le due istituzioni proseguirà dopo la mostra sugli Etruschi, con la mostra “Pompei e Roma” prevista nella programmazione del parco archeologico. All’anteprima riservata a stampa ed istituzioni, hanno partecipato, insieme ai curatori, Rosanna Romano (direttore generale per le Politiche Culturali e il Turismo/ Regione Campania), Carlos Maldonado Valcàrcel (console generale di Spagna a Napoli), Teresa Elena Cinquantaquattro (soprintendente SABAP per l’area metropolitana di Napoli) e Luigi La Rocca (soprintendente SABAP per il Comune di Napoli). Il direttore generale del parco archeologico di Pompei, Massimo Osanna, non è intervenuto all’evento, ma ha mandato un messaggio di saluto ai partecipanti, ricordando che la rete tra istituzioni ha favorito itinerari espositivi dedicati ai legami tra la città vesuviana e le diverse culture dell’antichità.

Una delle “scoperte” nei depositi del Mann: coppia di orecchini in oro, lamina, applicazioni a stampo, filigrana (produzione dell’Etruria meridionale) della seconda meta del VI sec. a.C. (foto Mann)
“Gli Etruschi sono abitualmente associati ad altri territori, come la Toscana, il Lazio e l’Emilia Romagna. Solo dalla seconda metà dell’Ottocento, più o meno con l’Unità d’Italia, è stata accettata ufficialmente l’idea di una loro presenza in Campania. Ma nessuno aveva mai dedicato a questo tema una mostra di simili dimensioni”, ha detto Paolo Giulierini. “Attraverso reperti provenienti dai depositi del Museo, insieme a prestiti di altre istituzioni e collezioni, ricostruiremo una storia di frontiera, nella quale gli Etruschi possono essere considerati quasi come dei cowboy. Partendo probabilmente dall’Umbria, raggiunsero le pianure campane e le dominarono per diversi secoli, intrecciando legami culturali, commerciali e artistici molto stretti con gli altri abitanti di quei luoghi, gli altri popoli italici e i Greci”. Museo della capitale di un Regno, l’Archeologico di Napoli vanta, infatti, collezioni sterminate derivate sia da scavi che da acquisizioni come, ad esempio, quella del bronzetto dell’Elba, reperto più antico ritrovato sull’isola toscana. “Ma, soprattutto – continua Giulierini -, nei depositi c’è la testimonianza di una Campania centrale nel Mediterraneo e da sempre coacervo di popoli: Greci, Etruschi e Italici, a conferma che la ricchezza della cultura del Meridione sta nella diversità e nella contaminazione. Per comprendere in pieno gli Etruschi, oggi bisogna quindi volgersi anche al Sud e al patrimonio del Mann, dove duecento pezzi, praticamente inediti, splendono di nuova luce grazie allo straordinario lavoro del Laboratorio di Restauro del Museo. Un traguardo che mi riempie, come etruscologo, di personale soddisfazione, e che è occasione per ricordare la figura del celebre archeologo Marcello Venuti, nel 1727 fondatore dell’Accademia Etrusca e, poi, tra gli scopritori di Ercolano”.

Cista in bronzo da Palestrina conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (fine IV-inizio III sec. a.C.) (foto Mann)
L’esposizione abbraccia un arco temporale di circa sei secoli (X- IV sec. a.C.) e definisce un percorso di indagine che, sulle orme degli Etruschi, cerca di ricostruire le fondamenta storiche di questa popolazione, la cui grandezza derivava anche dal controllo delle risorse di due fertilissime pianure (quella padana nel Nord e quella campana nel Sud). Come ricordava, ancora nel II secolo a.C., il celebre storico greco Polibio “chi vuol conoscere la storia della potenza degli Etruschi non deve riferirsi al territorio che essi possiedono al presente, ma alle pianure” da loro controllate. La storia della scoperta della Campania etrusca si configura, quindi, come uno dei capitoli più avvincenti della ricerca archeologica in Italia e nel Mediterraneo: in tal senso, il ricchissimo patrimonio, custodito nei depositi del Mann e studiato in occasione della mostra, fornisce uno spaccato inedito nel panorama espositivo internazionale. L’allestimento della mostra negli ambienti collegati alla sezione “Preistoria e Protostoria”, appena riaperta al pubblico, crea un trait d’union con la sezione museale che, nel suo ultimo livello di visita, raccoglie reperti dell’Età del Bronzo e della prima Età del Ferro.

affibiaglio della Tomba Bernardini di Palestrina (inzio del secondo quarto del VII sec. a.C.) conservato al museo nazionale Etrusco di “Villa Giulia” (foto Villa Giulia)
“Scavare negli sterminati depositi del Mann è sempre un privilegio unico”, interviene Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. “Farlo per ‘andare a caccia di Etruschi’ lo ha reso ancora più avvincente. Da un lato perché si è così potuto delineare un rigoroso percorso storico-archeologico volto a ricostituire la trama di relazioni che caratterizzò la plurisecolare presenza degli Etruschi in Campania. Dall’altro perché l’approfondimento delle vicende antiquarie e collezionistiche legate alla riscoperta dell’importanza del loro dominio nella regione ha offerto una prospettiva per molti versi inedita sull’evoluzione della disciplina archeologica e sul contributo dato ad essa da generazioni di studiosi che, da Camillo Pellegrino a Giovanni Patroni, passando attraverso nomi del calibro di Giovan Battista Vico, Alessio Simmaco Mazzocchi, Johann Joachim Winckelmann, Pietro Vivenzio, Eduard Gerhard, Raffaele Garrucci, Theodor Mommsen, Giuseppe Fiorelli, Julius Beloch, si sono confrontati con questo presunto enigma, fino ad arrivare alla sua definitiva soluzione, al principio del ‘900, quando il reperto più prezioso, la Tegola di Capua, aveva ormai irreparabilmente lasciato il nostro Paese alla volta di Berlino”.

Piccolo calderone in argento dorato dell’Inizio del secondo quarto del VII sec. a.C. dalla Tomba Bernardini di Palestrina, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma (foto Villa Giulia)

Lekythos in ceramica a figure nere dell’Inizio del V sec. a.C. conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Mann)
Il percorso si articola in due nuclei tematici principali, corrispondenti ad altrettante sezioni espositive con inestimabili reperti. “Gli Etruschi in Campania”: dal carattere prevalentemente archeologico, questo segmento dell’itinerario di visita è dedicato all’approfondimento della documentazione relativa alla presenza degli Etruschi nella regione, dagli albori del I millennio a.C. alla fase dell’affermazione del popolo dei Campani. Il declino della popolazione è sancito dalle sconfitte subite presso Cuma tra VI e V secolo a.C., in seguito alla quali comincia ad incrinarsi progressivamente la potenza etrusca nella Penisola e nel Mediterraneo; “Gli Etruschi al Mann”: questa sezione valorizza i materiali etrusco-italici, generalmente provenienti da aree esterne alla Campania, acquisiti sul mercato collezionistico dal Museo di Napoli in varie fasi della sua storia. Accanto ai capolavori in mostra, volumi, plastici e documenti d’epoca illustrano al visitatore l’evoluzione del pensiero scientifico in campo archeologico dal Settecento sino alla fine del Novecento, focalizzando l’attenzione sui protagonisti dell’archeologia campana ed, in particolare, su quelli che maggiormente hanno contribuito alla riscoperta del suo passato etrusco.
Dopo lo stop forzato per coronavirus, apre finalmente al museo Archeologico nazionale di Napoli la mostra “Gli Etruschi e il Mann”: un percorso espositivo inedito, con 600 reperti, 200 dei quali visibili per la prima volta

Vernice della mostra “Pompei e gli Etruschi”; da sinistra, Paolo Giulierini, direttore del Mann; Massimo Osanna, direttore generale del Parco archeologico di Pompei; e Stéphane Verger, directeur d’études à l’École Pratique des Hautes Etudes di Parigi (foto Graziano Tavan)
Seicento i reperti che saranno presentati al pubblico: almeno duecento opere, dopo un’attenta campagna di studio, documentazione e restauro, saranno visibili per la prima volta in occasione della mostra “Gli Etruschi e il Mann” che apre al museo Archeologico nazionale di Napoli il 12 giugno 2020. La grande mostra di Napoli, che in qualche modo segue e completa la mostra “Pompei e gli Etruschi”, promossa dal parco archeologico di Pompei e dal Mann, sempre in collaborazione con Electa, tra l’inverno 2018 e la primavera 2019 (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2018/12/16/pompei-e-gli-etruschi-dopo-legitto-e-i-greci-nuova-mostra-nella-palestra-grande-degli-scavi-di-pompei-con-800-reperti-per-affrontare-la-controversa-e-complessa-questione-d/), in realtà – come mostra il promo qui sopra – doveva aprire il 16 marzo 2020: una data che si è poi rivelata infausta, perché proprio all’indomani della chiusura di tutti i musei e parchi archeologici d’Italia per l’emergenza coronavirus. Dopo tre mesi di lockdown, come promesso dal direttore Paolo Giulierini alla riapertura del museo Archeologico nazionale di Napoli il 2 giugno 2020, ecco il primo grande evento: la mostra “Gli Etruschi e il Mann”, a cura di Paolo Giulierini e Valentino Nizzo, promossa dal Mann con l’organizzazione di Electa e il contributo della Regione Campania. E c’è una novità positiva: anziché rimanere aperta sette mesi (avrebbe dovuto chiudere il 31 ottobre 2020), andrà avanti per quasi un anno e chiuderà il 31 maggio 2021.

Cista in bronzo da Palestrina conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (fine IV-inizio III sec. a.C.) (foto Mann)
La mostra “Gli Etruschi e il Mann”, che abbraccia un arco temporale di circa sei secoli (X- IV sec. a. C.), definisce un percorso di indagine che, sulle orme degli Etruschi, cerca di ricostruire le fondamenta storiche di questa popolazione, la cui grandezza derivava anche dal controllo delle risorse di due fertilissime pianure, quella padana nel Nord e quella campana nel Sud. Due le sezioni dell’itinerario di visita: la prima, “Gli Etruschi in Campania”, ha un carattere prettamente archeologico ed approfondisce la presenza dell’antica civiltà nel Mezzogiorno d’Italia; la seconda, “Gli Etruschi al MANN”, valorizza, in una prospettiva storico-culturale, i materiali etrusco-italici acquisiti sul mercato collezionistico dal Museo di Napoli. La storia della scoperta della Campania etrusca si configura, quindi, come uno dei capitoli più avvincenti della ricerca archeologica in Italia e nel Mediterraneo: in tal senso, il ricchissimo patrimonio, custodito nei depositi del Mann e studiato in occasione della mostra, fornisce uno spaccato inedito nel panorama espositivo internazionale. La mostra è accompagnata da un catalogo (Electa), a cura di Valentino Nizzo. Per l’occasione è stato inoltre edito nelle pubblicazioni scientifiche “Quaderni del MANN” il volume, a cura di Valentino Nizzo, Gli Etruschi in Campania. Storia di una (ri)scoperta dal XVI al XIX secolo, strettamente correlato alle tematiche della seconda sezione del percorso espositivo.

Affibbiaglio della Tomba Bernardini di Palestrina (inzio II quarto del VII sec. a.C.) conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto Villa Giulia)

Affibbiaglio dalla Tomba Artiaco 104 di Cuma (ultimo quarto dell’VIII sec. a.C.) conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Mann)
Ad arricchire l’esposizione napoletana giunge poi uno straordinario gruppo di materiali dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: si tratta dell’intero corredo della celeberrima Tomba Bernardini da Palestrina (675-650 a.C.), sepoltura tra le più ricche e famose che il mondo antico ci abbia restituito, tanto da divenire un vero e proprio “manifesto” dell’età orientalizzante, epoca delle grandi rotte commerciali e degli scambi di beni di lusso su scala mediterranea.
“Preistorici, Etruschi e Romani…il Mann si fa in tre”: a TourismA il direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli presenta le novità del 2020: l’apertura della sezione Preistoria e Protostoria, e l’inaugurazione delle mostre su Etruschi e Gladiatori
“Preistorici, Etruschi e Romani…il MANN si fa in tre” è il titolo dell’intervento di Paolo Giulierini al XVI incontro nazionale di Archeologia Viva, in programma domenica 23 febbraio 2020, alle 11.45, nell’auditorium del Palazzo dei Congressi di Firenze nell’ambito di TourismA, il Salone di archeologia e turismo culturale. Come tradizione ormai da qualche anno, il Mann fa tappa a TourismA con uno stand in cui presenta le principali mostre in programma e l’attività del museo. Con un ulteriore momento di promozione, appunto l’incontro con il direttore Giulierini che si focalizzerà naturalmente sui principali appuntamenti espositivi in calendario al Museo.

Vaso biconico da Sant’Angelo in Formis (Capua) dell’Età del Ferro esposto nella sezione Preistoria e Protostoria del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Mann)
Si partirà venerdì 28 febbraio 2020 con la riapertura della sezione “Preistoria e Protostoria”, che raccoglierà circa 3mila reperti, presentati in modo diacronico e per contesti, dal Paleolitico Inferiore (da 450mila a 130mila anni fa) all’Età del Ferro (dal X al VII sec. a.C.). Su tre livelli espositivi sarà riproposto al pubblico il patrimonio di una collezione ricchissima, non fruibile da circa venticinque anni: dall’industria litica alle ceramiche, dalle armi agli ornamenti funerari, gli insediamenti della Campania costiera ed interna (in maniera analoga alle altre aree del Mezzogiorno nazionale ed, in particolare, al territorio di Matera), si configureranno come scrigni di un’arte antichissima, ancora oggi piena di suggestioni. Il nuovo progetto di apparato didattico, aggiornato alla luce degli studi più recenti, adeguato nell’apparato grafico ed accompagnato dai disegni artistici di Giorgio Albertini, aiuterà il visitatore a ripercorrere le tappe più significative nell’evoluzione della storia più antica dell’uomo nell’Italia meridionale.
Giulierini poi racconterà la mostra “Gli Etruschi e il Mann”, in programma dal 16 marzo 2020, partendo dal “Bronzetto di offerente dell’Elba”, ambasciatore simbolico del museo a TourismA, opera databile a fine VI – inizi V sec. a.C., di probabile produzione populoniese, per descrivere la dimensione innovativa del percorso espositivo, curato da Valentino Nizzo e visitabile sino al 31 ottobre 2020. La mostra sugli Etruschi, infatti, creerà un percorso di approfondimento, per molti aspetti inedito, sull’antica popolazione italica: saranno seicento i pezzi che potranno essere ammirati nelle sale del Mann; mai esposto almeno un terzo delle opere, oggi “riportate alla luce” dai depositi dopo attento restauro.
Due le sezioni nell’itinerario di visita: la prima, “Gli Etruschi in Campania”, avrà un carattere prettamente archeologico ed approfondirà la presenza dell’antica civiltà nel Mezzogiorno d’Italia; la seconda, “Gli Etruschi al Mann”, presenterà, in una prospettiva storico-culturale, i materiali etrusco-italici acquisiti sul mercato collezionistico dal Museo di Napoli. Tra questi preziosi reperti, nuovamente valorizzati dalla mostra, il Bronzetto dell’Elba stabilirà una connessione significativa con la Toscana, che, con TourismA 2020, celebra i nuovi orizzonti degli studi archeologici e della promozione turistica del nostro territorio: il Bronzetto è, infatti, un pezzo storico del museo, rinvenuto nel 1764 e poi donato da tale Agarini a Carlo III di Borbone (all’epoca già Re di Spagna). Si tratta probabilmente del primo e più antico oggetto proveniente dall’Etruria propria che sia entrato a far parte del patrimonio del Mann, mezzo secolo prima che venissero acquistati i materiali della collezione Borgiana; è anche uno dei reperti etruschi di più antico rinvenimento all’Elba, mai presentato in allestimento permanente o temporaneo al museo Archeologico nazionale di Napoli. Ancora una volta, dunque, Campania e Toscana saranno unite nel segno della promozione del patrimonio archeologico nazionale: questa koinè era stata esemplificata dalla vicenda storica di Marcello Venuti che, prima di partecipare alle scoperte di Ercolano, fondò, nel 1727, l’Accademia Etrusca delle antichità ed iscrizioni. Una coincidenza ante litteram, che costituirà quasi una premessa simbolica alla programmazione dell’esposizione sugli Etruschi, ospitata negli spazi appena aperti della collezione Preistoria ed allo stesso livello dei celebri ambienti che custodiscono gli affreschi delle antiche città vesuviane.
Tra le grandi mostre archeologiche del 2020 da non perdere, infine, il percorso su “I Gladiatori” (in calendario dall’8 aprile 2020); il progetto della mostra, nato in collaborazione con l’Antikenmuseum di Basilea, sarà un’occasione per valorizzare, in primis, le armi gladiatorie appartenenti al patrimonio del Mann: questi reperti, da anni “in tour” in occasione di importanti mostre internazionali, dal 2021 saranno esposti nell’allestimento permanente delle collezioni pompeiane del museo. Dalla Svizzera, inoltre, saranno dati in prestito importanti reperti, come il grande mosaico di Augusta Raurica, che, esposto per la prima volta interamente dopo il restauro, rappresenta scene di combattimenti su una superficie di eccezionale estensione. In esclusiva per il Mann, un focus sugli anfiteatri campani per valorizzare l’avanguardia architettonica e l’eccezionale patrimonio archeologico regionale, in rapporto ad un fenomeno dalle proporzioni internazionali. Tra le prestigiose collaborazioni della mostra, non poteva mancare, naturalmente, il Parco archeologico del Colosseo.
Al museo Archeologico nazionale di Napoli approda il cinema archeologico con “ArcheocineMANN”: film in concorso e per le scuole, e incontri con i protagonisti
Il grande cinema archeologico fa tappa al Mann. L’appuntamento è dal 17 al 20 ottobre 2018 con “archeocineMANN”, festival internazionale del Cinema Archeologico di Napoli: incontri con i protagonisti e una quindicina di film scelti dal direttore artistico Dario Di Blasi dall’archivio cinematografico di Firenze Archeofilm; traduzioni di Stefania Berutti, Carlo Conzatti, Gisella Rigotti; voce narrante Davide Sbrogiò; conduce Giulia Pruneti. Per il Mann, diretto da Paolo Giulierini, coordinamento e organizzazione Lucia Emilio ed Elisa Napolitano; allestimento Antonio Aletto e Antonio Sacco. I film sono proiettati nella sala conferenza del Mann a ingresso libero: sette concorrono per il Premio Mann, quattro sono fuori concorso, alcuni sono riservati alle scuole (che entrano con prenotazione obbligatoria).
Martedì 16 ottobre 2018 anteprima speciale in trasferta al castello aragonese di Baia (Bacoli). In programma due film. “Pavlopetri. Un tuffo nel passato” di Paul Olding (Inghilterra, 50’). Pavlopetri, all’interno di una insenatura naturalmente protetta lungo le coste meridionali della Grecia, era uno scalo importante nel Mediterraneo antico di circa duemila anni fa e fu sommersa dalle acque. I suoi resti sono stati riscoperti nel 1967: fondazioni, templi e sepolture ci parlano ora dell’alba della civiltà occidentale. “Indagini in profondità – Il naufragio del Francesco Crispi” di Guilain Depardieu, Frédéric Lossignol (Francia, 26’). Aprile 1943. Il “Francesco Crispi”, un piroscafo di 7600 tonnellate, nave ammiraglia dei mercantili italiani, riconvertito dalla Marina militare, lasciò Genova per raggiungere la Corsica. A bordo c’erano armi, munizioni e soprattutto un’unità militare di 1300 uomini. Lungo la rotta, il Crispi incrociò il sottomarino britannico HSM Saracen, che sganciò due missili. Lo affondò in pochi minuti. Più di 900 uomini persero la vita. Nonostante numerosi studi, il relitto della nave non è stato mai trovato…
Mercoledì 17 ottobre 2018, al Mann, mattinata dedicata alle scuole, dalle 10, con due film. “L’enigma del Gran Menhir” di Marie-Anne Sorba, Jean-Marc Cazenave (Francia, 52’). Fin dall’antichità, viaggiatori, poeti e scienziati hanno interpretato i megaliti neolitici sorti lungo le coste dell’Atlantico come soldati pietrificati, templi, altari o osservatori astronomici. Dopo diversi anni di scavi, l’archeologo Serge Cassen cerca di decifrare, anche grazie alla tecnologia digitale, i segni e i simboli incisi su queste pietre mille anni prima della nascita della scrittura in Medio Oriente. “La sepoltura del Bambino di Lapedo 29000 anni fa: una ricostruzione ideale” di Diogo Vilhena (Portogallo, 5’). 29000 anni fa un bambino fu sepolto presso Abrigo do Lagar Velho – Lapedo nella regione di Leiria, avvolto in un sudario tinto di ocra rossa, con un rituale attento e complesso. Nel film ricostruisce il rituale e il contesto, così come è emerso durante lo scavo archeologico e attraverso le analisi condotte sullo scheletro, di quella che può considerarsi una delle scoperte più importanti per la conoscenza del processo evolutivo umano. Nel pomeriggio, alle 15, con corti del Mann il fuori concorso. “Il MANN” (1’ 30’’) di Stefano Incerti, musiche di Antonio Fresa; “I volti del MANN” (3’ 35’’) di Paolo Soriani; 3 Spot cartoon: “Can’t miss it” (0’ 15’’), “Heroes never change” (1’ 20’’), “Beauty is forever” (0’ 40’’) di Giorgio Siravo, musiche di Antonio Fresa; “Father and Son the game trailer” (1’). Alle 16, apertura del Festival con i film in concorso. “La grande odissea umana” di Niobe Thompson (USA, 1 h 53’). Il film è uno spettacolare viaggio che segue le orme dei nostri antenati che dall’Africa, dove vivevano in piccoli e isolati gruppi, raggiunsero e popolarono rapidamente ogni angolo del pianeta. I nuovi dati scientifici ci portano alla scoperta delle capacità e delle tecnologie sviluppate da questi antichi grandi uomini per sopravvivere a climi e situazioni estreme… Segue l’incontro/intervista con Fabio Martini, ordinario di Paletnologia all’università di Firenze.
Giovedì 18 ottobre 2018, al Mann, dalle 10, mattinata per le scuole, con il film “Iceman Reborn” di Bonnie Brennan (USA, 53’). Assassinato più di 5.000 anni fa, Otzi, la più antica mummia umana sulla Terra, è portata alla vita e preservata con la modellazione 3D. Adesso, recentissime scoperte fanno luce non solo su questo misterioso uomo antico, ma sugli albori della civiltà in Europa. Pomeriggio per il pubblico, alle 15, con i fuori concorso. “Alcubierre” (5’ 2’’) a cura de Il Cantastorie, direzione di Damiano Falanga, testi di Andrea Zappulli, supervizione di Sergio Riolo. “Amedeo Maiuri. Una vita per l’archeologia” (25’ 40’’) di Marco Flaminio. “Verde e marmi antichi” (18’ 16’’) di Marco Flaminio; Ideazione e cura di Laura del Verme; fotografia di Stanislao Flaminio. Dalle 16, i film in concorso. “Sotto la sabbia” di Domingo Mancheño Sagrario (Spagna, 50’). La scoperta di alcuni disegni sulle pareti di una caverna vicino allo Stretto di Gibilterra ci parla di antiche colonizzazioni e della più importante città fenicia d’Occidente: Gadir. “Sotto la sabbia” riguarda alcune di queste scoperte, soprattutto il ritrovamento sorprendente dei sarcofagi fenici di Sidone. Gli archeologi ci parlano dei reperti riemersi dopo 3000 anni, delle circostanze dei ritrovamenti, delle curiosità e della loro importanza storica. “I confini del mare Tirreno e Adriatico diviso tra Etruschi, Fenici e Focesi” di Maurizia Giusti (alias Syusy Blady) (Italia, 36’). Il Mediterraneo, prima di diventare il Mare Nostrum dei Romani, cinque secoli prima di Cristo era diviso tra diverse popolazioni che se ne contendevano il controllo, strategico per i commerci e per il dominio sul mondo occidentale. Segnò questa spartizione la grande battaglia navale di Aleria o Alalia in Corsica, dove si scontrarono Fenici, Etruschi e Focesi. Segue l’incontro / intervista con Syusy Blady, conduttrice televisiva, e Valentino Nizzo, direttore Museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. “Indagini in profondità – Ci siamo tuffati nella Luna” di Guilain Depardieu, Frédéric Lossignol (Francia, 26’). Nel luglio 1664, la “Luna”, una nave lunga 40 metri, naufraga vicino al porto di Tolone, portando a picco centinaia di marinai, un reggimento di fanteria e un carico di armi, vasellame e oggetti personali. A bordo dell’imbarcazione del team di ricerca, vivrete minuto per minuto una missione eccezionale, che si avvale di 3 robot costruiti per prelevare reperti a grande profondità. Riusciranno i robot a portare a termine la loro missione? In quale stato saranno gli oggetti recuperati dopo più di 350 anni sott’acqua?
Venerdì 19 ottobre 2018, al Mann, mattinata per le scuole, dalle 10, con due film. “Il profumo ritrovato” di Luc Ronat (Francia, 28’). Nell’antichità i profumi erano molto importanti, come si può dedurre da scritti e affreschi rinvenuti e dalle aree di Pompei che sono state scavate. Un gruppo di esperti – archeologi, chimici, filologi, botanici – sta lavorando per ricostruire uno dei profumi più famosi… “Indagini archeologiche. Persepoli, il paradiso persiano” di Angès Molia, Raphaël Licandro (Francia, 26’). Sugli altopiani iraniani si trova la culla di una delle più grandi civiltà di costruttori dell’antichità: i Persiani. Qui hanno edificato un capolavoro di architettura: Persepoli. Fino a oggi, si pensava che il sito si limitasse alla sua terrazza imponente, utilizzata dai re persiani solo qualche mese all’anno. Ma le recenti scoperte rivelano uno scenario completamente diverso, quello di una città tra le più ricche del mondo antico: un Eden tra le montagne persiane. Pomeriggio per il pubblico: alle 15, con i film fuori concorso. “Pompei il plastico e la città” (8’) di Altair4 Multimedia, video della ricostruzione 3D; “Ercolano e Pompei. Visioni di una scoperta” (6’) di Altair4 Multimedia; “L’opera della bellezza. Il grande plastico di Pompei” (4’) di Danilo Pavone, video presentazione del progetto di rilievo 3D IBAM CNR. Alle 16, i film in concorso. “Ercole Contu e la scoperta della Tomba dei Vasi tetrapodi” di Andrea Fenu (Italia, 19’). Nel 1959, ad Alghero, dopo 5000 anni di oblìo, l’archeologo Ercole Contu riportò alla luce una delle sepolture neolitiche più importanti del bacino del mediterraneo. A 60 anni dalla scoperta, nell’estate del 2016 l’ultra novantenne archeologo è ritornato nel sito per raccontarci la sua straordinaria avventura: un racconto ricco di storia e di emozioni, dal quale è nato questo documento da condividere con tutti. Ercole Contu ci ha lasciati lo scorso 7 gennaio 2018. Avrebbe compiuto 94 anni il 18 gennaio. Segue l’incontro / intervista con Rosanna Pirelli, docente di Egittologia e Archeologia egiziana all’università L’Orientale di Napoli. “L’harem del Faraone del Sole” di Richard Reisz (Inghilterra, 90’). Nel gennaio del 2011, mentre la regione del Cairo subiva gli attacchi della rivoluzione egiziana, l’Università di Basilea realizzava due importanti scoperte nella Valle dei Re: una cripta contenente decine di corpi e una tomba fino a quel momento sconosciuta. Mentre gli archeologi e gli studiosi riflettono sull’identità dei resti contenuti in queste tombe, giungono a una conclusione stupefacente…
Sabato 20 ottobre 2018, ultima giornata del festival del Mann. Mattinata per la stampa e il pubblico, dalle 10 con i film fuori concorso: le nuove produzioni audiovisive del MANN. “L’antico presente” (19’), 5 corti di Lucio Fiorentino. “What’s on” (40’), 10 video di Mauro Fermariello. Intervengono Paolo Giulierini, direttore MANN; Daniela Savy, università Federico II di Napoli – Progetto Obvia; Ludovico Solima, università della Campania L. Vanvitelli; i registi Lucio Fiorentino e Mauro Fermariello. Pomeriggio, alle 16, per il pubblico. “Il misterioso vulcano del Medioevo” di Pascal Guérin (Francia, 52’). Il film mette in primo piano il lavoro minuzioso di ricerca, perseveranza, collaborazione e intuizione, degli scienziati che hanno dedicato tanti anni alla ricerca di questo misterioso vulcano. Questa scoperta sarebbe fondamentale per comprendere come le eruzioni vulcaniche, hanno trasformato il clima del pianeta e gli ecosistemi in cui viveva la società… Alle 17.30, cerimonia di consegna del Premio MANN Napoli 2018, prima edizione.
Da Ninive a Persepoli, dagli etruschi ai Mochica: appuntamento al IX Aquileia Film Festival. Tre serate con film, conversazioni, libri. E un’anteprima speciale su Caravaggio
Tre serate per esplorare da diverse prospettive, attraverso film e interviste con esperti, l’archeologia con un particolare focus sul Mediterraneo. E un’anteprima eccezionale martedì 24 luglio 2018. Un’occasione preziosa per ricordare il valore del nostro patrimonio culturale e farlo conoscere unendo contenuti rigorosamente scientifici alla spettacolarità del cinema. Ecco la IX edizione di Aquileia Film Festival (25-27 luglio 2018), rassegna internazionale del cinema archeologico, realizzata dalla Fondazione Aquileia in collaborazione con Archeologia Viva, Firenze Archeofilm, il patrocinio del Comune di Aquileia e il sostegno dell’azienda vinicola Jermann: film, conversazioni, libri con appuntamento in piazza Capitolo ad Aquileia (Ud) alle 21, con ingresso libero e gratuito. In caso di pioggia, le proiezioni si svolgeranno nella Sala Romana affacciata su piazza Capitolo (capienza della sala 240 persone, ritiro biglietti all’ingresso fino a esaurimento posti a partire dalle 20 il giorno della proiezione). In collaborazione con Arbor Sapientiae, casa editrice e di distribuzione editoriale specializzata del settore storico-archeologico, verrà allestito in piazza Capitolo un bookshop che proporrà un’ampia scelta di titoli per appassionati e studiosi.
Martedì 24 luglio 2018 serata speciale, realizzata in collaborazione con ARTE.it, NEXO Digital e SKY Cinema d’Arte, con la proiezione alle 21, a ingresso libero, in piazza Capitolo di “Caravaggio – l’Anima e il Sangue”, il film che ha da poco vinto il Globo d’Oro come miglior documentario dell’anno e che racconta la vita, le opere e i tormenti del geniale artista. Seguirà una conversazione con Laura Allevi, sceneggiatrice del film, Roberta Conti, responsabile comunicazione Sky Cinema dArte e Eleonora Zamparutti direttore editoriale di Arte.it. Mercoledì 25, giovedì 26 e venerdì 27 luglio 2018 il sito UNESCO di Aquileia sarà animato da tre serate di cinema, archeologia e grandi divulgatori intervistati da Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva: in concorso una selezione di documentari scelti tra il meglio della produzione cinematografica internazionale a tema archeologico e storico tra i quali il pubblico voterà il vincitore del Premio Aquileia, un mosaico realizzato dalla Scuola Mosaicisti del Friuli.
“Viaggeremo nella Mesopotamia settentrionale, cuore dell’impero assiro insieme agli archeologi delle numerose missioni che vi scavano – tra cui la missione dell’Università di Udine da anni impegnata a Ninive in Iraq – e nella Libia degli anni Sessanta attraverso la toccante testimonianza del grande archeologo Antonino Di Vita”, anticipano gli organizzatori. “Percorreremo poi un itinerario alla scoperta del popolo degli Etruschi, ci sposteremo sugli altopiani iraniani di Persepoli e nel deserto peruviano dove i Mochica hanno costruito immense piramidi di argilla”. Ospiti di questa edizione mercoledì 25 luglio il generale Fabrizio Parrulli, comandante dei Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale che porterà la testimonianza di chi è in prima linea nella tutela del patrimonio culturale, dalle ultime operazioni condotte per contrastare il traffico illegale di opere d’arte e l’azione dei caschi blu della cultura in zone di guerra e in caso di emergenze, come il sisma nell’Italia centrale. Giovedì 26 luglio l’ospite sarà Valentino Nizzo, etruscologo, da poco più di un anno alla guida del museo Etrusco di Villa Giulia che potrà raccontare tutte le sfide legate alla promozione e valorizzazione di un grande museo e venerdì 27 luglio ritorna sul palco di piazza Capitolo Alberto Angela, da anni amico del Festival, con cui parleremo di divulgazione culturale, delle sue nuove sfide televisive ed editoriali e dei suoi segreti per portare la cultura in prima serata con ascolti da record.
Il programma. Martedì 24 luglio 2018, alle 21, Anteprima Aquileia Film Festival: “Caravaggio, l’anima e il sangue” di Jesus Garces Lambert (Italia, 90’), documentario capolavoro di Sky Arte come esempio di diffusione della cultura attraverso il grande cinema. Segue la conversazione a cura di Piero Pruneti con Laura Allevi, sceneggiatrice del film “Caravaggio, l’anima e il sangue”, Roberta Conti, responsabile comunicazione e distribuzione Cinema d’Arte SKY, Eleonora Zamparutti, direttore editoriale Arte.it.

Il film “Enquêtes archéologiques. Persépolis, le paradis perse / Indagini archeologiche. Persepoli, il paradiso persiano” di Angès Molia, Raphaël Licandro
Mercoledì 25 luglio 2018, alle 21: “Mésopotamie, une civilisation oubliée / Mesopotamia, una civiltà dimenticata” di Yann Coquart (Francia, 52’). Lontana dalle principali spedizioni archeologiche del XX secolo per ragioni geopolitiche, la Mesopotamia settentrionale è il cuore dell’impero assiro. Per dieci anni, le porte di questo continente si sono gradualmente aperte e i più grandi archeologi del nostro tempo si sono affrettati a mappare, registrare, cercare, analizzare il territorio. Il film racconta un’incredibile avventura archeologica, tra passato e presente, in cui la conoscenza scientifica diventa una risposta alla barbarie. Segue la conversazione con il gen. B. Fabrizio Parrulli, comandante dei Carabinieri Tutela patrimonio Culturale, a cura di Piero Pruneti. Quindi il film “Enquêtes archéologiques. Persépolis, le paradis perse / Indagini archeologiche. Persepoli, il paradiso persiano” di Angès Molia, Raphaël Licandro (Francia, 26’). Sugli altopiani iraniani si trova la culla di una delle più grandi civiltà di costruttori dell’antichità: i Persiani. Qui hanno edificato un capolavoro di architettura: Persepoli. Fino a oggi, si pensava che il sito si limitasse alla sua terrazza imponente, utilizzata dai re persiani solo qualche mese all’anno. Ma le recenti scoperte rivelano uno scenario completamente diverso, quello di una città tra le più ricche del mondo antico: un Eden tra le montagne persiane.
Giovedì 26 luglio 2018, alle 21: “Italia viaggio nella bellezza: La fortuna degli Etruschi” in collaborazione con Rai Storia di Marzia Marzolla, Matteo Bardelli (Italia, 56’). Partendo dai capolavori Etruschi esposti nel museo di Villa Giulia il documentario offre un itinerario inconsueto alla scoperta della fortuna di una delle civiltà più affascinanti dell’Italia preromana, la cui eredità è ancora oggi parte integrante del nostro patrimonio identitario collettivo nazionale ed europeo. Segue la conversazione con Valentino Nizzo direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, a cura di Piero Pruneti. Chiude la serata il film “Enquêtes archéologiques. Le crépuscule des Mochicas / Indagini archeologiche. Il crepuscolo dei Mochica” di Angès Molia, Nathalie Laville (Francia, 26’). Tra il II e l’VIII secolo i Mochica hanno domato il deserto peruviano e costruito immense piramidi di adobe (mattoni di argilla). Recenti scoperte hanno riaperto il dibattito sull’estinzione di questa civiltà. Al contrario di ciò che si pensa, non sarebbe scomparsa a causa di un brusco cambiamento climatico, ma a causa di una rivolta contro la sanguinaria teocrazia al potere.
Venerdì 27 luglio 2018, alle 21: “Storie dalla Sabbia. La Libia di Antonino Di Vita” di Lorenzo Daniele (Italia, 28’). “Anni Sessanta: la Libia cambiava pelle in quegli anni. Modernità e tradizione si misuravano, si scontravano. Un mondo si trasformava e io avevo il privilegio di esserne testimone. Ogni giorno mi regalava un tassello nuovo su cui riflettere. Imparai a guardare la realtà in cui mi muovevo senza giudicare, senza pormi sul terreno di una diversità dichiarata. Appresi molto dalle persone più disparate”. La Libia di ieri, quella di oggi, filtrata attraverso i ricordi di uno dei più grandi protagonisti dell’archeologia mediterranea, il professore Antonino Di Vita. Segue la conversazione con Alberto Angela a cura di Piero Pruneti. Chiude la serata l’assegnazione del Premio Aquileia, un pregiato mosaico realizzato dalla Scuola Mosaicisti del Friuli, al film più votato dal pubblico nel corso delle tre serate.
A Rovereto la XXVII rassegna internazionale del cinema archeologico: in cinque giorni più di 50 film da 14 Paesi, conversazioni e incontri con i protagonisti della ricerca archeologica. Le anticipazioni del direttore Dario Di Blasi
Più di cinquanta film in cinque giorni nella sezione principale all’auditorium Melotti, con tre conversazioni, una tavola rotonda e un laboratorio didattico; e altri tre film con altrettante conversazioni nella sezione “Arte, culto e spiritualità” nella sala conferenze del Mart: ecco in cifre la 27. Rassegna internazionale del cinema archeologico in programma a Rovereto (Trento) promossa dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto, diretta, ideata e curata da Dadio Di Blasi. “Per molti anni”, scrive Di Blasi nella presentazione della Rassegna, “ho cercato filmati, preparato programmi cinematografici e coinvolto archeologi e uomini di cultura con l’intenzione di far conoscere e interagire tra loro culture e civiltà diverse, anche discordi tra loro, di luoghi ed epoche differenti, convinto di portare un sia pur piccolo contributo alla conoscenza e quindi alla tolleranza. In ventisette anni e altrettante edizioni della Rassegna ho visto con orrore ogni sorta di guerre, crudeltà e sopraffazioni, la guerra nei Balcani, la strage delle torri gemelle, un Medio oriente sempre in fiamme, eccidi di ogni tipo in Africa, migrazioni epocali a causa d’infiniti conflitti, non ultima l’anno scorso l’uccisione di Khaled al-Asaad a Palmira. Anche se malferma la speranza di contribuire alla conoscenza, alla tolleranza e alla pace non è mai morta comunque”. E continua: “Nella proposta di questa XXVII edizione lo spirito e le intenzioni sono e rimangono quelle originali. Il palinsesto cinematografico spazia nelle culture e civiltà di tutti i continenti, così come gli approfondimenti che coinvolgono l’America precolombiana, Pompei, l’Africa dei primi uomini, l’Egitto, l’arte parietale con le prime forme di spiritualità, il mito del mondo classico, ma soprattutto la domanda se i musei al giorno d’oggi abbiano ancora un ruolo e una funzione nella formazione e nella cultura, pur senza indulgere nella significativa ironia di chi disse, a proposito di musei, che Il sonno della ragione genera mostre”.
La proposta di questa edizione – riassume Di Blasi – è, come sempre e soprattutto, una proposta cinematografica con film provenienti da 14 paesi ma che documentano epoche e territori diversissimi, la preistoria: Quand homo sapiens faisait son cinema (Francia), venerdì 7, al mattino; Dawn of humanity (Usa), sabato 8, al mattino; la Francia del Re sole: Marly, le Chateau disparu du Roi Soleil (Francia), mercoledì 5, al pomeriggio; mille anni di cultura islamica in Iran: Die Freitagsmoschee von Isfahan (Iran), venerdì 7, al pomeriggio; l’impero Khmer in Cambogia: Aux sources d’Angkor (Francia), mercoledì 5, alla sera; l’epopea vichinga con la scoperta dell’Islanda: Wiking Women-Sigrun’s wrath and discovery of Iceland (Germania), venerdì 7, alla sera; il popolamento delle Antille: Empreinte amerindienne (Francia), giovedì 6, al pomeriggio; il favoloso Perù: Chavin de Huantar. El teatro del Màs Allà (Spagna), giovedì 6, al pomeriggio; la sempre misteriosa Etruria: I confini del mar Tirreno e Adriatico diviso tra etruschi, fenici e focesi (Italia), venerdì 7, al pomeriggio; Sulle note del mistero. La musica perduta degli Etruschi (Italia), venerdì 7, alla sera; e il racconto “del mio eroe dell’infanzia”, Annibale: Tras la huella de Anibal (Spagna), venerdì 7, al pomeriggio.
Anche nella XXVII Rassegna ci sono alcuni approfondimenti con protagonisti della ricerca: in tre mattine nella sala conferenze del Mart -Museo d’arte moderna e contemporanea per la sezione “Arte, Culto e Spiritualità”: Fabio Martini, archeologo preistorico dell’università di Firenze, il 5 ottobre propone “L’origine dell’arte. Documenti e problemi d’interpretazione “; Silvia Romani, docente di Mitologia classica e lingua greca all’università di Torino, il 6 ottobre “La terra di mezzo. Raccontare storie per comprendere il mondo“, e quindi Francesco Tiradritti, egittologo, docente all’università di Enna, il 7 ottobre “Ricerche nel cenotafio di Harwa: iniziazione e resurrezione nell’Egitto del VII sec a.C.“. In alcuni pomeriggi e mattine, al contrario nell’auditorium Melotti del polo museale, Giuseppe Orefici, archeologo, responsabile della missione a Nazca, giovedì 6, al pomeriggio, racconta “Centri cerimoniali e geoglifi a Cahuachi- Nazca”; Massimo Osanna, soprintendente di Pompei, venerdì 7, al pomeriggio, “Nuove scoperte nei santuari pompeiani”; e Damiano Marchi, antropologo, docente all’università di Pisa, sabato 8, al mattino, “Homo naledi. Nuovi fossili scoperti in Sudafrica: è questa la zona d’origine del genere Homo?“. “A conclusione di queste giornate”, annuncia Di Blasi, “sabato 8, al pomeriggio, abbiamo voluto inserire anche una sorta di tavola rotonda dibattito per capire se il ruolo dei musei nella formazione di cultura sia ancora attuale. La proposta di dibattito con Cinzia Dal Maso, giornalista e blogger, e Piero Pruneti, direttore di Archeologia Viva, quali moderatori è “Agitare prima dell’uso. Nuovi orizzonti del Museo”. Partecipano Daniele Jallà, presidente Icom Italia; Anna Maria Visser, università di Ferrara; Carmelo Malacrino, direttore museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria; Valentino Nizzo, direzione generale musei del MIBACT; Franco Marzatico, soprintendente ai Beni Culturali di Trento”. La rassegna chiude sabato 8 alla sera al teatro Zandonai di Rovereto con la cerimonia di premiazione e la proiezione del film più gradito dal pubblico con il premio “Città di Rovereto – Archeologia Viva”.
A Pilastri di Bondeno, nella campagna ferrarese, si scava una terramara di 3500 anni fa. Ricerche in diretta su Internet e in contemporanea mostra al museo Archeologico di Ferrara. L’ambra e il mito di Fetonte, Eridano e le Eliadi
Tre anni per dare un volto e una forma alla vita dei nostri antenati che più di tremila anni fa popolavano il Basso Polesine a un passo dal grande fiume in quello che oggi è la campagna ferrarese. È l’impegno assunto dalla soprintendenza ai Beni archeologici dell’Emilia Romagna che ha firmato quest’estate una convenzione con Comune di Bondeno, associazioni locali e una équipe interdisciplinare di archeologi delle Università di Padova e di Ferrara, per l’indagine archeologica del fondo Verri di Pilastri di Bondeno, uno dei più antichi siti noti della provincia di Ferrara, e che nella prima campagna di scavo in corso ha già restituito – tra l’altro – frammenti di ambra che portano immediatamente ai miti di Fetonte, di Eridano e delle sorelle Eliadi, leggende legate indissolubilmente con la pianura Padana e il fiume Po.
A Pilastri ci sono infatti i resti di un insediamento dell’Età del Bronzo medio e recente (3600-3200 anni fa), con caratteristiche affini ai villaggi della “civiltà delle Terramare” documentati nella pianura Padana centro-occidentale. Non è un caso che il progetto scientifico lanciato da questa importante quanto poco percorsa collaborazione tra enti pubblici, università, soprintendenza, associazioni, sponsor privati, e il coinvolgimento diretto della cittadinanza-pubblico perché si “appropri” di un bene identitario della comunità, sia lo studio, la conservazione-salvaguardia e la valorizzazione della “Terramara di Pilastri”, già interessata lo scorso anno e nel 1989 da una serie di indagini che ne hanno messo in luce la natura e l’interesse archeologico.
Le Terramare (il termine deriva da terra marna che in dialetto emiliano significa “terra grassa” con riferimento alla terra, generalmente di colore scuro, tipica dei depositi archeologici pluristratificati) erano antichi villaggi dell’età del bronzo media e recente (1650-1150 a.C.) dell’Emilia e delle zone di bassa pianura Padana. Espressione dell’attività commerciale dell’età del Bronzo, sono insediamenti lungo una via che attraversava le Alpi nella Val Camonica e giungeva alle sponde del Po, dove venivano costruite le terramare che fungevano da depositi e punti di partenza delle merci costituite da ambra del mar Baltico e stagno dai monti Metalliferi, con direzione lungo il Po fino alla foce e all’Adriatico, verso il mar Mediterraneo orientale, l’Egeo, Creta, l’Asia Minore, la Siria, l’Egitto.
“L’indagine”, spiegano i promotori, “inserita nel più ampio progetto denominato “Memoria & Terremoto” perché nato direttamente dall’esperienza post-sisma, ha tuttavia un importante obiettivo sociale oltre che scientifico, già messo in pratica nelle indagini preliminari del 2013, quello di condividere il più possibile l’esperienza di scavo col pubblico, in modo da far sì che il passato rimesso in luce dall’archeologia sia percepito come una realtà attuale e condivisa; come parte integrante di una identità sempre di più collettiva e, al tempo stesso, come nuova potenziale risorsa e prospettiva di sviluppo attraverso la riscoperta delle radici e delle peculiarità del territorio”.

Allo scavo archeologico partecipano ricercatori e studenti delle università di Padova e di Ferrara, e membri dei Gruppi Archeologici di Bondeno e di Ferrara
Dal 15 settembre e fino al 31 ottobre la Terramara di Pilastri è oggetto della prima campagna di scavo, diretta dalla soprintendenza in collaborazione con la ditta Petra di Padova, cui partecipa un nutrito gruppo di ricercatori e studenti provenienti dalle università di Padova e di Ferrara, con il supporto di alcuni membri dei Gruppi Archeologici di Bondeno e di Ferrara. “L’indagine”, sottolineano in soprintendenza, “si avvale di tecniche d’avanguardia volte non soltanto a raccogliere ulteriori informazioni sulla struttura e l’organizzazione dell’insediamento ma, soprattutto, a indagare e ricostruire le modalità di vita della popolazione e l’ambiente che caratterizzava l’epoca della terramara, riservando particolare attenzione agli aspetti bio-archeologici, al fine di ricomporre nel dettaglio l’alimentazione e le forme di sussistenza dei nostri antenati”. Il progetto, ricorda il sindaco di Bondeno, Alan Fabbri, presente all’avvio delle ricerche, è stato possibile “grazie alla disponibilità dei proprietari e conduttori del terreno – in primis Giuseppe Papi – e al cospicuo contributo messo a disposizione dal comune di Bondeno e da ulteriori sponsor individuati sul territorio cui, si spera, altri se ne vorranno aggiungere nel prosieguo dell’iniziativa”.

Lo scavo archeologico è attento a ogni dettaglio che il terreno restituisce per capire meglio i nostri antenati
“Tra gli obiettivi principali dell’indagine”, interviene il direttore dello scavo, Valentino Nizzo della soprintendenza ai Beni archeologici dell’’Emilia Romagna (SBAER), “non vi è solo quello di raccogliere ulteriori informazioni sulla struttura e l’organizzazione dell’insediamento ma, soprattutto, di indagare e ricostruire le modalità di vita della popolazione e l’ambiente che caratterizzava l’epoca della terramara, vale a dire fra i 3600 e i 3200 anni fa”. Non è un caso che l’équipe scientifica mette in campo le più aggiornate tecniche d’indagine bioarcheologica al fine di ricomporre nel dettaglio l’alimentazione e le forme di sussistenza dei nostri antenati. E poi, come già accennato, c’è l’idea, già sperimentata nelle prospezioni del 2013, di condividere il più possibile l’esperienza di scavo col pubblico, in modo da far sì che il passato rimesso in luce dall’archeologia sia percepito come una realtà condivisa, come parte integrante di una identità sempre di più collettiva e, al tempo stesso, come nuova potenziale risorsa e prospettiva di sviluppo attraverso la riscoperta delle radici e delle peculiarità del territorio. “Abbiamo creato un apposito network”, spiegano gli archeologi, “una finestra sul progetto accessibile da tutti gli interessati attraverso il portale terramarapilastri.com, un modo per coinvolgere virtualmente il pubblico non solo locale e invogliare chi vorrà a visitare gratuitamente lo scavo e a partecipare a tutte le iniziative che, fino al 31 ottobre, impegneranno sul sito archeologi e volontari”.

Giù in questa prima campagna di scavo ufficiale sono molti i reperti restituiti dalla terramara di Pilastri
Ma col 31 ottobre sulla terramara di Pilastri non cala il silenzio, anzi. Un paio di settimane dopo l’avvio della campagna di cavo 2014, e precisamente il 4 ottobre, nella Sala delle Carte Geografiche del museo Archeologico nazionale di Ferrara, alla presenza del sindaco Alan Fabbri e dell’archeologo Valentino Nizzo, responsabile degli scavi, è stata inaugurata la mostra fotografica e archeologica “Archeologia a Pilastri Ieri e Oggi. Con le mani nella terra”, un racconto attraverso foto e reperti archeologici inediti che illustra i vari momenti dello scavo della terramara di Pilastri, dagli esordi nel 1989 fino alla recente ripresa delle indagini del 2013, culminata con la sottoscrizione della convenzione triennale tra Comune e soprintendenza. La mostra, promossa dal Comune di Bondeno e dalla soprintendenza per i Beni archeologici dell’Emilia Romagna, con la collaborazione dei Gruppi Archeologici di Bondeno e di Ferrara e dell’associazione Bondeno Cultura, è stata organizzata e allestita sotto la direzione scientifica di Valentino Nizzo (SBAER), con il contributo e la collaborazione di Giulio Pola, Stefano Tassi (foto e allestimento), Giulia Osti, Margherita Pirani e Lara Dal Fiume (curatela, comunicazione e allestimento). Restauri: Valentina Guerzoni.

La terramara di Pilastri ha restituito ambra che rimanda al mito padano di Fetonte, Eridano e le Eliadi
Fino al 30 novembre reperti e fotografie racconteranno, in un percorso organico, in cosa consiste il lavoro dell’archeologo e non solo, descrivendo visivamente tutte le attività che a esso sono e devono essere correlate: dalla ricognizione allo scavo passando per la comunicazione e la didattica. Le fotografie sono state realizzate nel corso della campagna del 2013 da Stefano Tassi e Giulio Pola, tra i protagonisti dell’iniziativa sin dal suo avvio, insieme ai volontari dei Gruppi Archeologici di Bondeno e di Ferrara che hanno contribuito alla realizzazione delle ricerche e, soprattutto, alle iniziative didattiche ad esse correlate, nelle quali sono stati finora coinvolti giovani alunni delle scuole elementari e medie del territorio di Bondeno e di quelli limitrofi. Il tutto – come si diceva – mentre a Pilastri, dal 15 settembre, sono riprese le attività didattiche e quelle di scavo. Con tempismo privo quasi di confronti, una parte dei rinvenimenti più significativi effettuati nel villaggio terramaricolo è stata esposta in mostra, pochi giorni dopo essere riemerso da quasi 3500 anni di oblio. Tra di essi spiccano alcuni frammenti di ambra, di probabile provenienza baltica, che riportano d’attualità le antiche leggende relative a Fetonte, all’Eridano (antico nome del Po) e alle lacrime delle Eliadi, sue sorelle. Gli antichi localizzavano proprio lungo il Po le leggende sull’origine dell’ambra, che non sarebbe altro che le lacrime pietrificate delle sorelle di Fetonte, le Eliadi (che a loro volta erano state trasformate in pioppi), che piangevano lo sfortunato figlio del Sole, folgorato da Zeus per impedirne la corsa omicida col carro solare del padre. “L’obiettivo – conclude il sindaco di Bondeno – è di estendere a un pubblico il più ampio possibile la conoscenza di uno dei siti storici e archeologici più importanti della provincia, incoraggiando quanti non lo hanno già fatto a visitarlo mentre gli scavi e le attività che lo accompagnano sono ancora in corso”.
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