Roma. Nel giardino del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia si sta ricreando la Vigna Iulia di papa Giulio III col progetto didattico dell’istituto tecnico Agrario “Giuseppe Garibaldi” di Roma piantando Sangiovese (rosso) e Malvasia del Lazio (bianco), le cultivar più vicine alle viti antiche: primi grappoli in autunno 2023

Tutto è iniziato a novembre 2021 con la preparazione del terreno per l’impianto del vitigno. L’obiettivo del progetto didattico dell’istituto tecnico Agrario “Giuseppe Garibaldi” di Roma è quello di ricreare nel giardino del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, diretto da Valentino Nizzo, la Vigna Iulia di papa Giulio III. Gli studenti del quinto anno dell’Agrario, seguiti dal prof. Francesco Nardi, sono tornati in questi giorni a Villa Giulia per proseguire con la messa a dimora delle piantine di vite (le barbatelle). Realizzeranno una vigna didattica nell’ambito di un progetto PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) a cura dei Servizi Educativi del Museo Etru coordinati dalla dott.ssa Vittoria Lecce. Saranno ospitate il Sangiovese (rosso) e la Malvasia del Lazio (bianco) che sembrano le cultivar più antiche documentate dalle fonti e sembrano avere, specialmente il Sangiovese, le caratteristiche delle viti antiche. “Le piante di vite non sono più identiche a quelle antiche”, spiegano gli studenti impegnati nel progetto, “sia per le varianti genetiche sopraggiunte quasi naturalmente, sia a causa della filossera che ha gravemente depauperato il patrimonio genetico delle viti europee”. Quindi ora le piante di vite si riproducono solo per talea (da tralci già esistenti). Gli studenti sono impegnati a scavare buche di circa 60 centimetri di profondità, ben allineate per rispettare il progetto, che ospiteranno le barbatelle. Un’attività lunga ma che prospetta grandi soddisfazioni e che sarà affiancata dai Servizi Educativi del Museo con visite guidate alle collezioni sui temi del vino e del banchetto.

Prossimo step in primavera 2022, quando gli studenti del quinto anno saranno affiancati da quelli del quarto per montare le spalliere ed eseguire i trattamenti e le potature. Ci saranno viti “ad alberello”, appoggiate a semplici canne, a “spalliera”, realizzate con un sistema di pali e filo zincato, e “maritate”, ossia appoggiate ai nostri limoni. Dovrebbero spuntare circa tre tralci per ogni piantina, mentre i primi grappoli potrebbero maturare nell’autunno 2023 (le barbatelle hanno già un anno e mezzo, perché il sistema di preparazione è lungo). “Qualche piantina – speriamo poche o nessuna – potrebbe morire”, spiegano gli esperti, “soprattutto nel lato esposto al sole, che è anche il meno fertile, mentre le piantine avanzate verranno messe a dimora nei terreni dell’Istituto Garibaldi e, se occorrerà, si faranno delle sostituzioni. Noi continueremo a seguire le operazioni affiancando i ragazzi nella conoscenza degli Etruschi e dell’importanza del vino nel mondo antico. E, appena sarà possibile, una bella vendemmia! Ma è presto per parlarne…”.
Interessante segnalazione, grazie!
Qualcuno ha idea del perché in questo esperimento sia stato valutato di mettere a dimora le piantine in piccole buche anziché in uno scavo continuo? Forse ci sono attestazioni in questo senso per il periodo storico specifico?
Oppure dipende dalla tecnica di produrre prima separatamente le barbatelle?
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