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Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per marzo il focus è sul dio Laran, il dio guerriero

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per febbraio il focus è sul dio Fufluns, il Dioniso greco | archeologiavocidalpassato). Per marzo il focus è sul dio Laran, il dio guerriero.

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Specchio in bronzo con divinità a colloquio: da destra a sinistra, Laran (Marte), Turan (Venere), Menerva (MInerva) e Apulu (Apollo) (IV sec. a.C.,), di provenienza ignota, Fa parte della Collezione Kircheriana del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma (foto etru)

MARZO E IL DIO LARAN. Il mese di marzo (Martius) nel calendario latino era dedicato al bellicoso Marte (Mars) e in origine era il primo mese dell’anno, che portava la primavera, ma apriva anche la stagione della guerra. Anche gli Etruschi veneravano una divinità guerriera maschile, che aveva un aspetto giovanile e spesso era rappresentata con corazza, elmo e schinieri (protezioni per la parte inferiore delle gambe), armata di lancia e scudo. Secondo le iscrizioni il nome di questo dio era Laran. Grazie ai rinvenimenti archeologici sappiamo che l’equipaggiamento militare di Laran è quello più utilizzato dagli aristocratici etruschi: forse questa figura divina esprimeva ideali eroici in cui riconoscersi e forniva quindi un modello da imitare. Di certo il dio venne assimilato all’Ares dei Greci e al Marte dei Latini, come mostrano le scene presenti in particolare sugli specchi di bronzo a partire dal V secolo a.C. A Villa Giulia è conservato uno specchio che mostra un Laran disarmato a colloquio con Turan (Afrodite): la scena è riferibile al mito greco che narra la relazione d’amore fra le due divinità.

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Marte di Todi: statua votiva in bronzo di produzione etrusca (Orvieto) della fine del V sec. a.C., proveniente da Monte Santo di Todi e conservata ai Musei Vaticani (foto Wikimedia Commons)

Esistevano certamente dei santuari dedicati a Laran, anche se le testimonianze finora pervenute sono poche. L’aspetto di una statua di culto doveva essere molto simile al celebre Marte di Todi. Si tratta di una statua in bronzo di produzione etrusca ma rinvenuta a Todi, commissionata come dono votivo per un santuario umbro, che raffigura un guerriero in armatura mentre fa un’offerta sacra. Infine bisogna ricordare che gli Etruschi conoscevano il dio Maris, che porta un nome direttamente collegato a Marte e che sembra avere un rapporto stretto con la dea Menerva, ma il suo ruolo e le sue competenze non sono ancora chiare: talvolta ‘Maris’ è utilizzato per indicare diverse figure divine, spesso dei fanciulli, in genere definite meglio da un secondo nome.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per febbraio il focus è sul dio Fufluns, il Dioniso greco

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali (Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Gennaio apre con il dio Culsans, il Giano romano | archeologiavocidalpassato). Per febbraio il focus è sul dio Fufluns, il dio del vino che poteva concedere salvezza ai suoi seguaci.

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Statuetta votiva in bronzo del dio Fufluns (480 a.C.), provenienza ignota, produzione etrusca settentrionale, conservata alle Gallerie Estensi di Modena (foto Wikimedia Commons)

FEBBRAIO E IL DIO FUFLUNS. Questa divinità etrusca aveva una origine umbro-sabina e doveva essere legata alla vegetazione: infatti nel nome si riconosce la stessa radice di “flora “e “flos” (fiore). Gli Etruschi assimilarono Fufluns a Dioniso, giunto in Etruria insieme con il vino di produzione greca e le relative pratiche culturali e sociali. Di fatto, il simposio diventò un segno distintivo delle aristocrazie etrusche. Immagini, simboli e miti dionisiaci erano riprodotti sul vasellame greco di importazione e vennero utilizzati per caratterizzare le rappresentazioni di Fufluns. La più antica testimonianza pervenuta è una statuetta in bronzo conservata a Modena nelle Gallerie Estensi: il dio ha un aspetto solenne, è dotato di barba e baffi ed è avvolto in una tunica e in un lungo mantello.

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Tempietto votivo in terracotta con Dioniso e Arianna (IV-III secolo a.C.) dal deposito votivo rinvenuto presso Porta Nord a Vulci, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Dioniso e Fufluns (per assimilazione) erano anche titolari di culti misterici: rituali segreti aperti solo a persone che avevano compiuto un percorso di formazione (gli iniziati), che promettevano salvezza dopo la morte. I misteri dionisiaci, nei quali avevano un ruolo importante le donne, furono molto popolari per secoli in tutto il bacino del Mediterraneo: bene accolti in Etruria, a Roma non venivano incoraggiati e nel 186 a.C. si cercò di reprimerli con delle leggi ad hoc. Gli iniziati potevano portare nella tomba alcuni oggetti speciali, come i recipienti da vino rinvenuti a Vulci con l’iscrizione “fuflunsl pachies velclthi” (di Fufluns bacchico a Vulci). Villa Giulia conserva molti reperti decorati con immagini dedicate a Dioniso e alle sue vicende mitiche. Fra questi il modellino di tempio in terracotta rinvenuto presso la Porta Nord di Vulci, offre una testimonianza importante. Sul frontone è raffigurata la coppia Dioniso/Fufluns (raffigurato come un giovane imberbe) e Arianna, eroina cretese abbandonata da Teseo e poi diventata sposa immortale del dio. Non è chiaro se l’oggetto riproduca una struttura reale, documentando così l’aspetto di un tempio dedicato a Fufluns; in ogni caso, resta una preziosa testimonianza della fortuna del dio in Etruria.

Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Gennaio apre con il dio Culsans, il Giano romano

roma_villa-giulia_un-anno-con-gli-dei-etruschi_locandinaUn anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia apre il nuovo anno con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che partono a gennaio con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali, passando per Fufluns, Laran, Turan, Tinia e Uni, Menerva, Vei, Thesan, Cavatha e Suri, fino ad arrivare a Selvans, divinità della natura selvaggia e degli animali, protettore dei confini. È un invito a scoprire le loro caratteristiche e venire a scovarli fra le opere delle collezioni dell’Etru.

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Statuetta in bronzo iscritta di Culsans (III sec. a.C.) dal deposito votivo di porta Ghibellina, Cortona, e conservato al museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona (foto Europeana/MuseiD-Italia/MAEC)

GENNAIO E IL DIO CULSANS: il guardiano delle porte e dei cicli temporali. Gennaio, il “mese di Giano”, è adatto anche per parlare di Culsans, un dio simile a Giano nell’aspetto e – forse – anche nella sfera d’azione. Entrambe le divinità prendono il nome dalla porta, detta culs in etrusco e ianua in latino. La porta può essere un punto di collegamento fra interno ed esterno ma può anche simboleggiare, con la chiusura e apertura, l’inizio e la fine di azioni, fasi o periodi. Culsans è bifronte e guarda contemporaneamente verso l’interno e l’esterno e, per estensione, verso il passato e il futuro; quasi certamente tutelava sia i passaggi/gli ingressi sia i cicli del tempo, come le stagioni dell’anno e i periodi della vita. L’aspetto del dio è noto da pochi reperti, tutti ritrovati presso porte civiche, considerate luoghi vulnerabili da proteggere. La sola immagine a figura intera è una statuetta proveniente dalla Porta Ghibellina di Cortona, che mostra un giovane con due visi imberbi contrapposti, un copricapo piatto, un paio di stivali in pelle e una collana. La posizione delle mani potrebbe indicare il numero 365 (i giorni dell’anno solare) attraverso l’indigitatio, una tecnica per segnare con le mani anche numeri elevati. Teste bifronti giovanili compaiono anche su monete di bronzo da Volterra.

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Testa in terracotta di divinità maschile bifronte (Culsans) (IV-I sec. a.C) dal deposito votivo di porta Nord, Vulci, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Dalla Porta Nord di Vulci provengono invece le due belle teste in terracotta del Museo, modellate a stampo e accuratamente rifinite a mano, che raffigurano una divinità bifronte con una folta barba. L’iconografia giovanile di Culsans dovrebbe essere la più antica ed “etrusca”, mentre quella barbata è ispirata direttamente al Giano romano. Per quanto riguarda il culto, non ci sono elementi per ricostruire rituali o identificare santuari del dio, ma i dati archeologici rivelano l’esistenza di sacrifici simili a quelli destinati alle divinità infere. Il nome di Culsans è stato riconosciuto sul lobo sinistro del Fegato di Piacenza (Cul Alp), su un altare da Bagnoregio (Culsans) e su una lamina in metallo da Cortona (Cvl). Sul Fegato il dio è definito “Alpan”, ovvero “buono/puro”: un aggettivo utilizzato in genere per divinità oscure e poco benevole, che era consigliabile rabbonire; l’altare ha al centro un foro per versare le offerte nel terreno, come era prescritto in caso di divinità infere; la lamina è un frammento di defixio, ovvero una formula magica per consacrare agli dei un avversario.

Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia presentazione del progetto “Il diritto alla bellezza dell’Arte. Il modellino tattile del Sarcofago degli Sposi”. Il direttore Nizzo: “migliora l’esperienza di visita per non vedenti e ipovedenti”

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Dettaglio del famoso Sarcofago degli Sposi, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma (foto etru)

È proprio il caso di dirlo: così sarà un “Etru a portata di mano”. Giovedì 12 maggio 2022, alle 17, nella Sala della Fortuna del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, sarà presentato al pubblico il progetto “Il diritto alla bellezza dell’Arte. Il modellino tattile del Sarcofago degli Sposi”. Grazie all’associazione di volontariato Museum ODV, presieduta dall’architetto Maria Poscolieri, che lo ha ideato, e al finanziamento dell’otto per Mille della Chiesa Valdese (Unione delle chiese metodiste e valdesi) è stato possibile realizzare, a cura dello Studio ArchitaLab di Roma, due modellini in 3D che raffigurano fedelmente in scala 1:33 il celebre Sarcofago degli Sposi e, a grandezza naturale, le teste dei due coniugi. Una grande opportunità di fruizione per il pubblico con disabilità visiva che potrà vivere una straordinaria esperienza tattile, riconoscendo forme, profili e materiali di una delle opere etrusche più importanti al mondo. I modelli, realizzati grazie alle scansioni digitali messe a disposizione del Museo, sono resi con un materiale sintetico durevole di alta qualità che al tatto riproduce fedelmente la ceramica. Insieme ai modellini sono state realizzate anche delle brevi didascalie inclusive, con testo in braille e in caratteri adatti al pubblico ipovedente, e un testo divulgativo in braille stampato su un supporto durevole, il cui contenuto potrà essere ascoltato e potrà essere letto dalle persone sorde anche tramite un QR code. Il progetto ha visto il supporto scientifico e tecnico del Museo, nello specifico di Maria Paola Guidobaldi, conservatrice delle collezioni museali, e di Vittoria Lecce, responsabile del Servizio Accessibilità culturale. I modellini prodotti saranno esposti in via permanente grazie a due postazioni tattili che saranno posizionate nella sala 12, in prossimità del Sarcofago degli Sposi. L’ufficio tecnico del Museo sta lavorando alla progettazione delle postazioni e all’adeguamento della sala, necessari per ospitare questi nuovi componenti.

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Il direttore Valentino Nizzo davanti al sarcofago degli Sposi con un gruppo di studenti in visita al museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma (foto etru)

“L’impegno del Museo verso il miglioramento dell’accessibilità dei pubblici con esigenze speciali è costante”, spiega il direttore Valentino Nizzo, “e si concretizza in diverse iniziative e progettualità che spingono verso il superamento delle barriere fisiche che impediscono una fruizione completa del percorso espositivo e verso l’inclusione di tutte le tipologie di pubblico, soprattutto di quelle con difficoltà motorie e/o cognitive. La fruizione delle persone con disabilità visiva è spesso fortemente limitata dall’impossibilità di toccare con mano i reperti delle collezioni, collocati all’interno delle vetrine o non idonei all’esplorazione tattile per la loro fragilità conservativa. Questo progetto consentirà al Museo di sperimentare un nuovo approccio, più inclusivo e partecipato, e fornirà alle persone con disabilità visiva uno strumento più vicino alle loro reali necessità di fruizione. L’acquisizione dei modellini e la futura realizzazione delle postazioni tattili rappresentano un’importantissima innovazione che permetterà di migliorare significativamente l’esperienza di visita delle persone non vedenti e ipovedenti, così come di tutte le categorie di pubblico, regalando un‘esperienza più inclusiva e interattiva”.

Roma. Nel giardino del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia si sta ricreando la Vigna Iulia di papa Giulio III col progetto didattico dell’istituto tecnico Agrario “Giuseppe Garibaldi” di Roma piantando Sangiovese (rosso) e Malvasia del Lazio (bianco), le cultivar più vicine alle viti antiche: primi grappoli in autunno 2023

La preparazione del terreno nel giardino del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma per ricreare la Vigna Iulia di papa Giulio III (foto etru)

Tutto è iniziato a novembre 2021 con la preparazione del terreno per l’impianto del vitigno. L’obiettivo del progetto didattico dell’istituto tecnico Agrario “Giuseppe Garibaldi” di Roma è quello di ricreare nel giardino del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, diretto da Valentino Nizzo, la Vigna Iulia di papa Giulio III. Gli studenti del quinto anno dell’Agrario, seguiti dal prof. Francesco Nardi, sono tornati in questi giorni a Villa Giulia per proseguire con la messa a dimora delle piantine di vite (le barbatelle). Realizzeranno una vigna didattica nell’ambito di un progetto PCTO (Percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento) a cura dei Servizi Educativi del Museo Etru coordinati dalla dott.ssa Vittoria Lecce. Saranno ospitate il Sangiovese (rosso) e la Malvasia del Lazio (bianco) che sembrano le cultivar più antiche documentate dalle fonti e sembrano avere, specialmente il Sangiovese, le caratteristiche delle viti antiche. “Le piante di vite non sono più identiche a quelle antiche”, spiegano gli studenti impegnati nel progetto, “sia per le varianti genetiche sopraggiunte quasi naturalmente, sia a causa della filossera che ha gravemente depauperato il patrimonio genetico delle viti europee”. Quindi ora le piante di vite si riproducono solo per talea (da tralci già esistenti). Gli studenti sono impegnati a scavare buche di circa 60 centimetri di profondità, ben allineate per rispettare il progetto, che ospiteranno le barbatelle. Un’attività lunga ma che prospetta grandi soddisfazioni e che sarà affiancata dai Servizi Educativi del Museo con visite guidate alle collezioni sui temi del vino e del banchetto.

Gli studenti dell’Agrario “Giuseppe Garibaldi” di Roma mettono a dimora le barbatelle nel giardino del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

Prossimo step in primavera 2022, quando gli studenti del quinto anno saranno affiancati da quelli del quarto per montare le spalliere ed eseguire i trattamenti e le potature. Ci saranno viti “ad alberello”, appoggiate a semplici canne, a “spalliera”, realizzate con un sistema di pali e filo zincato, e “maritate”, ossia appoggiate ai nostri limoni. Dovrebbero spuntare circa tre tralci per ogni piantina, mentre i primi grappoli potrebbero maturare nell’autunno 2023 (le barbatelle hanno già un anno e mezzo, perché il sistema di preparazione è lungo). “Qualche piantina – speriamo poche o nessuna – potrebbe morire”, spiegano gli esperti, “soprattutto nel lato esposto al sole, che è anche il meno fertile, mentre le piantine avanzate verranno messe a dimora nei terreni dell’Istituto Garibaldi e, se occorrerà, si faranno delle sostituzioni. Noi continueremo a seguire le operazioni affiancando i ragazzi nella conoscenza degli Etruschi e dell’importanza del vino nel mondo antico. E, appena sarà possibile, una bella vendemmia! Ma è presto per parlarne…”.

Roma. A un anno dalle celebrazioni ufficiali per il centenario della morte di Felice Barnabei, fondatore del museo di Villa Giulia, apre la mostra “FELICE BARNABEI. Gocce di memorie private”, con parte dei disegni giovanili e della collezione archeologica dell’illustre archeologo donata al museo dai suoi discendenti. Ingresso col Green Pass

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La locandina della mostra “FELICE BARNABEI. Gocce di memorie private” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma

Il 29 ottobre 2022 ricorrerà il centenario della morte di Felice Barnabei, fondatore del museo di Villa Giulia, Felice Barnabei, figura di spicco nell’ambito della direzione generale Antichità e Belle Arti e deputato alla Camera del Regno d’Italia dal 1899 al 1917 per i Collegi di Teramo e di Atri. Manca ancora un anno, ma in attesa delle celebrazioni ufficiali il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia offre un primo assaggio giovedì 9 settembre 2021, alle 17, quando si inaugura la mostra “FELICE BARNABEI. Gocce di memorie private” (fino al 10 ottobre 2021 nella Sala dei Sette Colli, al piano nobile di Villa Giulia), curata da Maria Paola Guidobaldi con il contributo alla progettazione di Antonietta Simonelli, Miriam Lamonaca, Vittoria Lecce e Angela Laganà. La mostra è visitabile negli orari di apertura del museo (martedì-domenica, dalle 9 alle 20) ed è compresa nel costo del biglietto di ingresso. ​ L’ingresso al museo è consentito nel rispetto delle misure di prevenzione anti-Covid. Obbligo di esibizione del Green Pass corredato da un valido documento di riconoscimento. “Dobbiamo essere grati ad alcuni dei suoi discendenti, che in anni recenti hanno donato a questo luogo del cuore del loro illustre antenato venti suoi disegni giovanili e la sua collezione archeologica, di cui il nostro museo si è preso cura e che ora per la prima volta espone al pubblico”, scrive la curatrice Maria Paola Guidobaldi. “Un’occasione per onorare colui che ha legato il proprio nome e la propria intelligente ed energica azione al museo di Villa Giulia, la cui fondazione nel 1889 come sezione extraurbana del museo nazionale Romano si colloca nel fervido clima dell’Italia postunitaria, in cui si gettarono le basi dell’Archeologia Nazionale”.

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Un disegno giovanile di Felice Barnabei, prima e dopo il restauro (foto etru)

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Palazzo Fuschi, casa di Felice Barnabei, a Castelli, ai piedi del Gran Sasso d’Italia, in Abruzzo (foto etru)

Un primo assaggio dunque in attesa delle celebrazioni per il centenario della sua morte del 2022, e perciò “gocce”, in questo caso di memorie private, restaurate da Barbara Costantini (i disegni) e da Miriam Lamonaca e Irene Cristofari (la collezione archeologica). Si potranno ammirare otto dei venti disegni autografi donati nel 2019 da Lucia, Guido, Maria Angelina, Francesca e Caterina Fiegna, pronipoti di Caterina, sorella di Felice Barnabei, trovati nell’estate del 2018 nelle soffitte di Palazzo Fuschi di Castelli, pittoresco borgo abruzzese alle pendici del Gran Sasso d’Italia, dominato dal Monte Camicia, ferito dal sisma del 2016 e ove Felice Barnabei nacque il 13 gennaio del 1842. Realizzati a matita e a carboncino su carta, sono esercitazioni sul disegno anatomico che denotano spiccate qualità disegnative. Risalgono agli anni 1854-1858, quando Felice Barnabei, grazie a un sussidio del governo borbonico, poté studiare a Teramo presso i Padri Barnabiti e frequentare la scuola di disegno di Pasquale Della Monica.

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Alcune ceramiche della collezione archeologica di Felice Barnabei (foto etru)

Le vetrine accolgono una significativa selezione della collezione archeologica donata nel 2018 dalla pronipote Roberta Nicoli Barnabei. Costituita da ottantuno oggetti fra originali e riproduzioni moderne di reperti antichi, la raccolta riflette gli interessi scientifici e professionali di Barnabei. Fra gli oggetti di bronzo spiccano quelli di provenienza medio-adriatica, molto vicini ai materiali caratteristici della necropoli di Alfedena in Abruzzo, la cui esplorazione era stata condotta dalla direzione generale Antichità e Belle Arti e seguita dallo stesso Barnabei. Rilevanti anche i frammenti di ceramica sigillata, detta anche “aretina” che dalla metà dell’Ottocento destò la curiosità degli studiosi, sia per la tecnica esecutiva, sia per la presenza di marchi di fabbrica.

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Un calco di marchio di fabbrica con il nome Marcus Perennius (foto etru)

Di grande interesse appaiono pertanto i calchi di sette marchi di fabbrica in cui ricorre il nome di Marcus Perennius, titolare della più nota officina aretina, individuata proprio negli anni ’80 dell’Ottocento e pubblicata in “Notizie degli Scavi di Antichità”, periodico dell’Accademia nazionale dei Lincei, di cui dal 1880 Barnabei era redattore ed è dunque probabile, come ha intuito Antonietta Simonelli, che dopo essere stati utilizzati per la pubblicazione tali calchi siano rimasti nella disponibilità dello stesso Barnabei. Analoga spiegazione potrebbe avere la presenza nella collezione del calco del Vaso dei mietitori, opera rinvenuta a Creta nel 1902 e pubblicata l’anno successivo insieme a foto tratte sia dall’originale, sia da calchi appositamente eseguiti in un altro periodico curato da Barnabei, i “Monumenti Antichi”.

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Singolare caricatura di Felice Barnabei, realizzata in ceramica probabilmente di Castelli e a forma di salvadanaio (foto etru)

Completano l’esposizione una singolare caricatura di Felice Barnabei, realizzata in ceramica probabilmente di Castelli e a forma di salvadanaio, prestata per l’occasione dal pronipote Peppino Scarselli, e alcune foto di famiglia prestate dal pronipote Alfredo Celli. Un video realizzato da Mauro Benedetti presenta in modo suggestivo tutte le opere donate e le foto di famiglia e le vedute di Castelli degli inizi del Novecento appartenenti all’archivio di Alfredo Celli. L’allestimento comprende infine due inusitati pannelli dipinti che, lungi dall’essere meri fondali, diventano essi stessi opere esposte. Sono stati eseguiti da artisti generosi che hanno messo a disposizione il proprio talento per onorare insieme a tutti noi il fondatore del Museo e omaggiare, da artisti, le sue inattese qualità disegnative che l’esposizione per la prima volta disvela.

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L’albero genealogico della famiglia Barnabei dipinto da Giampiero Abate e Bianca Maria Scrugli (foto etru)

L’albero genealogico della famiglia Barnabei, ricostruito grazie al contributo fondamentale di Alfredo Celli, è stato mirabilmente trasformato da Giampiero Abate e Bianca Maria Scrugli in un’opera figurativa di grande piacevolezza, dipinta per esigenze di allestimento con colori acrilici su una pellicola in PVC autoadesiva, successivamente applicata a uno dei supporti di sala (1.50×2 metri). Giancarlo Bucci ha invece con grande efficacia e sapienza coloristica trasfigurato una veduta storica del natio borgo di Castelli, ove egli stesso ha studiato, diplomandosi come “Maestro d’arte per la ceramica” in quella Scuola d’arte fondata proprio da Felice Barnabei nel 1906. Il dipinto (3×2 metri) è stato realizzato su pannelli di forex con colori acrilici e con finitura di vernice trasparente opaca, una tecnica sperimentata per la prima volta dall’artista e dettata anch’essa da necessità di allestimento.