Ultime scoperte delle missioni archeologiche italiane all’estero. Al museo Classis Ravenna per “Classe al chiaro di luna” protagonista Giuseppe Lepore con “Gli italiani in Albania. La missione archeologica di Phoinike da Lugi Maria Ugolini ad oggi”

La collina di Phoinike dove opera la missione archeologica italiana in Albania (foto UniBo)

La prima missione archeologica italiana in Albania apre nella città di Phoinike nel 1926 sotto la guida del bertinorese Luigi Maria Ugolini. Dopo due anni la missione Italiana si trasferisce a Butrinto, luogo simbolo della retorica del regime di quegli anni, in quanto collegato con l’epopea di Enea e dunque con la nascita di Roma. Con l’inizio del terzo millennio gli archeologi italiani sono tornati in queste antiche città, che finalmente tornano a rivivere, consentendoci di gettare nuova luce sul problema della nascita e della diffusione del fenomeno urbano nelle zone “periferiche” del mondo greco, come è appunto l’Epiro, collocabile proprio al confine tra Grecia e Albania. Dal 2000 sono infatti in corso nel Sud dell’Albania (antica Caonia, Epiro settentrionale) ricerche, scavi e programmi di tutela e valorizzazione nella città di Phoinike, le cui fasi coprono un arco temporale almeno dal IV sec. a.C. al XVI d.C. Le attività di scavo si sono concentrate nella zona dell’agorà e della basilica paleocristiana, nel teatro (precedentemente del tutto sconosciuto), in due distinte zone occupate da quartieri di case ellenistiche, nelle necropoli. La città antica si sviluppava in altura e sul pendio della collina, con costruzioni scenograficamente disposte a terrazze sovrapposte. Le necropoli hanno restituito importanti contesti funerari di età ellenistica (IV-I sec. a.C.) e romana (I-III sec. d.C.). Un vasto programma di ricognizioni e scavi è stato dedicato al territorio della città, fittamente popolato da agglomerati minori e ville fortificate di età ellenistica. La direzione delle ricerche, in collaborazione con l’Istituto Archeologico Albanese di Tirana, è fin dall’inizio affidata al prof. Sandro De Maria dell’università di Bologna.

Il manifesto delle manifestazioni “Classis al chiaro di luna”

L’archeologo Giuseppe Lepore

Mercoledì 10 luglio 2019, al museo Classis Ravenna, alle 21, per gli eventi di “Classe al Chiaro di Luna”, secondo appuntamento con il ciclo “Missioni archeologiche all’estero: le ultime scoperte”. Protagonista il professor Giuseppe Lepore, dell’università di Bologna, che racconterà “Gli italiani in Albania. La missione archeologica di Phoinike da Lugi Maria Ugolini ad oggi”. Partecipazione gratuita.

Interventi conservativi nel sito archeologico di Phoinike in Albania (foto UniBo)

Il teatro antico di Phoinike in Albania (foto UniBo)

Phoinike si trova a circa 8 km all’interno della città moderna di Saranda, posta sulla costa ionica meridionale dell’Albania, a circa 20 km dal confine con la Grecia. Il territorio, appartenente all’antica Caonia e in età ellenistica parte del regno d’Epiro, è ricco di emergenze storiche, dall’antichità classica a quella bizantina, in un paesaggio ancora intatto e caratterizzato, poco più a sud, dal lago interno di Vivari, sul quale sorgeva l’antica Butrinto. Le numerose testimonianze delle fonti antiche (Polibio, Strabone, Livio, Tolomeo, e poi Procopio e Ierocle) indicano la particolare ricchezza della città soprattutto in età ellenistica, fra III e II sec. a.C., quando è noto il suo primato nella lega epirota. Sostanzialmente in buoni rapporti con la Repubblica romana (probabilmente non partecipò all’appoggio dato da alcune città della regione a Filippo V di Macedonia al tempo dello scontro con Roma), Phoinike vide nel 205 a.C. sottoscrivere entro le sue mura il trattato che pose fine alla Prima Guerra Macedonica, noto appunto come “Pace di Fenice”. La sua prosperità dovette continuare nell’età imperiale, per la quale la documentazione archeologica in questi primi due anni di lavoro è stata notevolmente accresciuta. Con l’età bizantina la città continuò la sua vita per circa dieci secoli, con un interesse particolare, documentato da Procopio, da parte di Giustiniano, che vi promosse interventi urbanistici. La dominazione turca, per la quale Ugolini rinvenne tracce archeologiche di una conquista violenta, pose fine all’antica storia della città, relegata in seguito a un modesto villaggio alle falde della collina dell’acropoli, Finiq, tuttora esistente.

Foto di gruppo della missione acheologica italiana in Albania all’inizio del Novecento (foto UniBo)

I risultati delle ricerche di Luigi Ugolini furono prontamente affidati a una corposa monografia edita nel 1932, che ancora costituisce un’opera di grande importanza per l’archeologia della città. La poderosa cinta muraria, a cui si interessò a fondo Ugolini e la cui cronologia venne allora fissata, nelle sue varie fasi, fra V e II sec. a.C., è certamente ancora da indagare per definirne estensione e periodi, come hanno indicato anche più recenti studi di archeologi albanesi. Le mura circondano la sommità e parte delle falde di una lunga e stretta collina che si innalza di 272 m sulla pianura circostante e ha una lunghezza alla base di circa 3 km, per una larghezza, sempre alla base, di 600 m circa. La città romana e bizantina si estende anche nelle parti più basse del monte, dove poi sorse il villaggio moderno. Ugolini e poi scavi più recenti (dal 2000) hanno identificato le necropoli greche e romane, alle falde del monte; qui le ricerche sono state intensificate, anche perché purtroppo l’area è soggetta a devastanti scavi clandestini (che hanno riguardato anche qualche punto dell’acropoli).

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  1. Italina Bacciga dice :

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