Al museo Archeologico di Napoli presentato il video di Altair4, voluto da Mibact e Mann, che fa “rivivere” in 3D il grande plastico di Pompei in sughero ideato da Fiorelli nel 1861

Il grande plastico in sughero degli scavi di Pompei esposto al museo Archeologico nazionale di Napoli
Quando il visitatore arriva alla grande sala XCVI del museo Archeologico nazionale di Napoli e si trova davanti l’immenso plastico, un po’ polveroso, degli scavi di Pompei alla metà dell’Ottocento quasi passa in secondo piano, dopo aver ammirato la collezione Farnese, i mosaici e le pitture pompeiane, e i bronzi della Villa dei Papiri di Ercolano. Eppure quel plastico in sughero ideato da Giuseppe Fiorelli nel 1861 è diventato esso stesso un “reperto” importante del museo. Così importante da meritare una valorizzazione speciale: un video. Presentato ufficialmente venerdì 19 maggio 2017, “Pompei: il plastico e la città. Orientarsi tra spazio e tempo” è un video di sette minuti prodotti da Altair4 Multimedia, ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo e museo Archeologico nazionale di Napoli. La regia è di Pietro Galifi della Bagliva; le ricostruzioni di Pietro Galifi della Bagliva e Stefano Moretti; la direzione di produzione di Alessandro Furlan; 3d Artist sono Pietro Galifi della Bagliva, Stefano Moretti, Luigi Giannattasio, Paolo Saracini; 2d Artist è Alessia Moretti; camera traking Luigi Giannattasio; editig Luigi Giannattasio; fotogrammetria Pietro Galifi della Bagliva; assistente alla fotografia Paolo Saracini; riprese video con fotografia di Luca de Marinis, e operatore Crane Bracceri.
Ci vollero 18 anni per realizzare materialmente il grande plastico, anche se questi furono distribuiti su più di mezzo secolo. I lavori di costruzione iniziarono nel 1861 per essere poi interrotti nel 1879. Furono eseguiti da Felice Padiglione, figlio di Domenico Paglione, famoso per aver già realizzato i modelli dei templi di Paestum e il macellum di Pozzuoli. Per il completamento del plastico bisognerà però attendere il 1908 quando intervenne Nicola Roncicchi. Causa i due conflitti mondiali il plastico fu spostato più volte tra Napoli e Pompei, per essere collocato definitivamente al Mann nel 1950. Il modello in sala 1:100 raffigura lo stato degli scavi fino al 1879. Poi aggiornato fino al secondo dopoguerra: mancano quindi alcune insulae della Regio VIII, l’anfiteatro e tutte le scoperte più recenti. Tutte le costruzioni sono realizzate in sughero, con gli elementi in marmo e calcare resi con stucco o gesso, con inserti in osso. Gli affreschi sono riprodotti in ogni minimo dettaglio con colori a tempera su stucco e stagno o ad acquerello su carta.
“Il video prodotto da Altair4 Multimedia”, spiega il regista Pietro Galifi della Bagliva, “è nato dall’esigenza di valorizzare il grande plastico degli scavi di Pompei. Il filmato è stato concepito in modo da aiutare il visitatore a comprendere l’importanza del plastico e dell’area archeologica che esso documenta nella fase ottocentesca degli scavi: da qui il sottotitolo orientarsi fra spazio e tempo”. E continua: “A distanza di centocinquanta anni dalla sua realizzazione il plastico ha acquisito una preziosità museale che rischia in parte di compromettere lo scopo per il quale era stato concepito. Il continuo dialogo che si stabilisce fra video e plastico ha perciò l’obbiettivo di restituire alla maquette la sua funzione primaria, senza sminuirne il significato e valore storico. Il visitatore potrà osservare e capire con semplicità dove si trova l’area degli scavi riprodotta nel plastico (che è solo una parte dell’antica città) e quali sono le aree di principale interesse, come il Foro o il Quartiere dei Teatri”. I filmati e le ricostruzioni 3D, montate in asse con il plastico grazie alla fotogrammetria e ai tracciamenti della camera (camera tracking), ci restituiscono inoltre una visione della città prima dell’eruzione e, in particolare, permettono allo spettatore di capire quale fosse la reale posizione di Pompei in rapporto alla vicina linea costiera e al Vesuvio, o come il Vesuvio stesso, nel 79 d. C. alla vigilia dell’eruzione, si presentasse agli antichi abitanti della città più simile a una dolce collina che a un minaccioso vulcano. Il visitatore del museo potrà così immergersi in un affascinante viaggio tra spazio e tempo attraverso le ricostruzioni della città romana, le immagini degli scavi e la lettura dei dati incrociati tra la realtà e il plastico di Giuseppe Fiorelli.
Ma per arrivare alla realizzazione del video sono stati superati molti problemi tecnici, come spiegano gli esperti di Altair4: “L’esigenza di avere la migliore corrispondenza possibile tra il plastico e il modello virtuale della città da noi elaborato ha reso necessario l’ausilio di soluzioni tecniche e tecnologiche appositamente studiate. Il primo problema affrontato è stato quello derivato della mancata corrispondenza tra la planimetria reale di Pompei e il plastico stesso. Il plastico infatti presenta nella macro scala evidenti discrepanze metriche, probabilmente dovute sia al metodo costruttivo utilizzato, per assemblaggio di blocchi costruiti separatamente, sia alle deformazioni che l’opera ha subito durante la sua lunga vita. Per questo, durante una prima fase, è stato indispensabile realizzare il rilievo della grande maquette, eseguita dall’equipe di Altair4 tramite tecnica fotogrammetrica. Il conseguente modello virtuale del plastico, elaborato con la fotomodellazione, è servito come strumento imprescindibile per la referenziazione dei modelli ricostruttivi della città antica”. La scelta registica di usare immagini reali e non virtuali dell’opera ha reso necessaria poi una seconda campagna di riprese, questa volta non fotografica ma cinematografica, eseguita con l’ausilio di un braccio meccanico lungo 7 m montato su binari, con testa remotata per il controllo dei movimenti della macchina da presa. “Le sequenze acquisite sono state in seguito sottoposte ad un processo di camera traking per catturane il movimento, il quale è stato poi referenziato attraverso il modello fotogrammetrico e in seguito sovrapposto a quello ricostruttivo della città antica. Dai filmati, con l’ausilio di maschere animate e chromakey, è stata nascosta la sala reale del museo e sostituita con un modello virtuale, allo scopo di aumentare l’attenzione del visitatore sul plastico. Tutte le parti infine sono state assemblate in compositing e sottoposte a color correction”.
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