Patto per l’arte e per la città di Napoli: siglata una collaborazione triennale tra Mann e Madre. Il 2021 sarà dedicato al Mediterraneo. In attesa della riapertura, capolavori dell’archeologia associati a opere del contemporaneo salutano il nuovo anno proiettati sui portoni dei due musei

Tra il Mann e il Madre siglato un patto per l’arte e per la città di Napoli. E in attesa della sua presentazione ufficiale alla riapertura dei musei, dal 30 dicembre 2020 al 10 gennaio 2021 sui portoni dei due istituti saranno proiettate delle immagini che simbolicamente assoceranno capolavori archeologici ad opere del contemporaneo. Con la firma di un protocollo d’intesa, il museo Archeologico nazionale di Napoli e la Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee/Museo Madre, due istituti impegnati in attività di valorizzazione internazionale e fortemente presenti nel proprio territorio, hanno dato vita infatti a progetto comune di collaborazione triennale che, nel 2021, avrà come tema il Mediterraneo. Il protocollo d’intesa includerà anche percorsi di formazione di nuove professionalità, summer school e residenze, destinate a studenti universitari ma anche a giovani creativi nonché borse di studio e premi per alunni, ricercatori e artisti.
MANN e Madre saluteranno il nuovo anno con una proiezione simbolica ed augurale su entrambi portoni di ingresso. Le immagini scelte saranno quelle di alcuni capolavori dell’archeologia custoditi al Mann (dal Toro Farnese alla Venere Callipigia, dalla Battaglia di Isso alla Flora, dalla Megalografia di Boscoreale al Cavallo Mazzocchi, per citarne solo alcuni), in suggestivo dialogo con alcune delle opere che, ospitate nel museo regionale di via Settembrini, sono firmate da protagonisti dell’arte contemporanea (da Mimmo Paladino a Francesco Clemente, da Daniel Buren a Rebecca Horn, da Mathilde Rosier a Jannis Kounellis). In un gioco di movimento e dissolvenze, le proiezioni in loop partiranno ogni giorno (30 dicembre 2020 – 10 gennaio 2021), dall’imbrunire fino alle 22, e saranno accompagnate da una campagna social sulle piattaforme digitali dei due Musei: per contraddistinguere la condivisione di contenuti, scelto il logo comune ‘Mann/Madre/2021/per l’arte’.

“MANN e Madre non intendono solo sviluppare le connessioni tematiche esistenti tra archeologia ed arte contemporanea, in un percorso già precedentemente sperimentato con singole esposizioni, ma soprattutto fare rete per aiutare lo sviluppo di un vero distretto culturale”, spiegano il Direttore del Mann, Paolo Giulierini, e la presidente della Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee/Museo Madre, Laura Valente. Distanti poco meno di un chilometro, i due istituti hanno sede in palazzi monumentali e sono punto di riferimento per i cittadini del centro storico di Napoli. Entrambi i musei, negli ultimi anni, si sono posti come soggetti attivi in rapporto con le istituzioni territoriali per promuovere politiche sociali rivolte alle fasce più svantaggiate. “La collaborazione, già a partire dal 2021, si concretizzerà, così, in progetti espositivi integrati pienamente nel quartiere, con attività didattiche e di inclusione per le giovani generazioni. Il primo anno la progettualità ruoterà attorno al tema del Mediterraneo”, concludono Giulierini e Valente, “e coinvolgerà i massimi esperti e curatori ma anche giovani creativi under 35, proprio in nome di un’archeologia contemporanea che sappia far dialogare segni, relazioni e visioni differenti”.
I capolavori del museo Archeologico coinvolti in avvincenti storie tinte di mistero protagonisti nell’antologia “Delitti al Museo” (Giallo Mondadori) al centro di una nuova campagna social del Mann: suggestivo video-racconto tra letteratura e arte

C’è un gatto che si aggira per il museo Archeologico nazionale di Napoli di cui conosce ogni segreto, e osserva il mondo da un’angolazione privilegiata quella del Giardino della Vanella. Si scopre così che la Venere Callipigia, la Tazza Farnese, i Tirannicidi ed altri capolavori del Mann sono coinvolti in avvincenti storie tinte di mistero. Succede questo e molto altro in “Delitti al Museo” (Giallo Mondadori, 2019): il volume, a cura di Franco Forte e Diego Lama, comprende dieci racconti firmati da noti giallisti italiani (Diego Lama, Diana Lama, Andrea Franco, Stefano Di Marino, Carlo Martigli, Giulio Leoni, Romano De Marco, Antonio Fusco, Luigi Guicciardi, Serena Venditto) ed ambientati nelle sale dell’Archeologico: da venerdì 20 novembre 2020, il libro sarà al centro di una nuova campagna social lanciata dal Museo in questa fase di chiusura. Sulla pagina Facebook del Mann sarà possibile trovare, così, una connessione ideale tra letteratura ed arte: l’introduzione al libro sarà ripercorsa in un suggestivo video-racconto, che permetterà ad una voce narrante, in pochi minuti, di attraversare gli ambienti oggi chiusi dell’Archeologico; nelle “puntate” successive, sempre programmate di martedì e venerdì, spazio a brevissimi inserti video realizzati da alcuni scrittori in novanta secondi. Non mancheranno focus diretti sui testi, con post di poche righe di sintesi “emozionale” in abbinamento alle immagini.


La copertina del libro “Delitti al Museo” (Giallo Mondadori)
Delitti al Museo. Il museo Archeologico nazionale di Napoli nella sua sede monumentale custodisce secoli di storia e infinite storie. Un paradiso per i turisti, un inferno per gli investigatori. Lo sa bene Sebastiano “Bas” Salieri, illusionista e ricercatore dell’occulto, alle prese con il macabro assassinio rituale di un vecchio amico e la scomparsa di un prezioso manufatto. Napoli è una città di enigmi, che le sono connaturati fin da epoche lontane. Come scoprono Martino da Barga, frate francescano inviato dal pontefice a indagare su una sacerdotessa che forse è una strega, e monsignor Attilio Verzi, chiamato a risolvere il caso di un omicidio commesso con un antico pugnale. Enigmi che aleggiano intorno a opere d’arte. Come la statua di Venere che ossessiona un’artista, ignara che qualcuno è pericolosamente attratto da lei. La stessa statua in qualche modo collegata alla morte di un accademico inglese, un nuovo rompicapo per il commissario Veneruso. Dagli anni Trenta, quando il ritrovamento di un reperto “impossibile” innesca sviluppi imprevedibili, fino ai giorni nostri, che sia per una brutale esecuzione tra la folla dei visitatori, per un delitto perpetrato nella sezione egizia, o per l’inspiegabile presenza notturna di un uomo seduto a fissare un certo oggetto, il centro di tutto è sempre uno e uno solo: il Mann.

Filo conduttore della campagna social “Delitti al Museo” sarà la riscoperta dei reperti del Mann, secondo una diversa chiave di lettura creativa: non soltanto opere d’arte, ma anche Sezioni (in primis quella Egizia, che si caratterizza per la sua aura di mistero) e manufatti preziosi, come la lamina orfica che corredava un’antica sepoltura del IV sec. a.C. Non a caso, la promozione dell’antologia “Delitti al Museo” rientra negli interventi definiti dal direttore del Mann, Paolo Giulierini, e realizzati nell’ambito del progetto “Museo Accessibile” (coordinamento scientifico: prof. Ludovico Solima, università della Campania “Luigi Vanvitelli”/ framework operativo: PON Cultura e sviluppo- FESR 2014/2020): “La valorizzazione delle pagine della silloge permette di ampliare le maglie dell’accessibilità al patrimonio dell’Archeologico. Un’accessibilità che, in fase di pandemia, si connota sempre più come piattaforma cognitiva e digitale da condividere”.
“IN THE VOLCANO: Cai Guo-Qiang and Pompeii”: l’artista cinese prima ricrea nell’anfiteatro di Pompei l’eruzione del Vesuvio, poi al Mann di Napoli dissemina gli effetti “dell’esplosione artistica” in un dialogo tra tra passato e presente, cultura orientale e occidentale

Manifesto della mostra “Nel vulcano. Cai Guo-Qiang e Pompei” al museo Archeologico nazionale di Napoli fino al 20 maggio 2019
Cai Guo-Qiang si inginocchia al centro dell’anfiteatro di Pompei. Prende in mano la miccia. E dà fuoco alle polveri, allontanandosi di corsa quasi inciampando. Boom. Un’esplosione di polvere da sparo e fumi colorati invadono l’anfiteatro di Pompei per ripercorrere la dinamica tragica e, al tempo stesso, vitale dell’eruzione del Vesuvio, in un viaggio poetico senza tempo che racconta la distruzione e la rinascita a nuova vita di Pompei. È l’evento unico dell’artista cinese Cai Guong-Qiang che il 21 febbraio 2019 nell’anfiteatro ha dato luogo all’“Explosion Studio”: un’esplosione artistica che, attraverso le sue fasi, ha riproposto non soltanto la tragedia che sconvolse Pompei ma anche la sua fortunosa scoperta, in grado di riportare alla luce eccezionali testimonianze storiche e archeologiche. Le opere create dall’esplosione artistica sono state “scavate” e poi trasferite al museo Archeologico nazionale di Napoli per l’inaugurazione della mostra “IN THE VOLCANO: Cai Guo-Qiang and Pompeii”: fino al 20 maggio 2019, disseminati negli spazi museali (dalla Collezione Farnese alla sezione affreschi, dall’atrio ai mosaici), i lavori di Cai Guo-Qiang racconteranno il legame indissolubile tra passato e presente, cultura orientale e occidentale. La mostra è curata da Jérôme Neutres; il progetto è ospitato dal parco archeologico di Pompei e dal museo Archeologico nazionale di Napoli; la realizzazione di “In the Volcano” è stata possibile grazie al supporto organizzativo della Fondazione Morra. Con questa poliedrica esperienza creativa l’artista Cai Guo-Qiang prosegue la sua attività in Italia, dopo il successo della performance con fuochi d’artificio a Firenze (“City of Flowers in the Sky”) e della personale “Flora Commedia: Cai Guo-Qiang agli Uffizi”, nell’ambito del più ampio progetto “Viaggio di un Uomo nella Storia dell’Arte Occidentale” di Cai Guo-Qiang.

L’artista cinese Cai Guo-Qiang dà fuoco alle polveri nell’anfiteatro romano (foto Parco archeologico di Pompei)
Explosion Studio – Anfiteatro di Pompei. L’esplosione all’anfiteatro di Pompei è stato un unicum, per le infinite suggestioni del luogo: al centro dell’arena, tele di diverse dimensioni e copie di oggetti legati alla vita quotidiana di Pompei, ma anche riproduzioni di sculture del Mann (Venere Callipigia, Ercole ed Atlante farnese, busto di Pseudo-Seneca) sono stati collocati su una tela di 32 metri per 6, supportata da una piattaforma. Explosion Studio si è sviluppato in tre momenti: I. A partire dal capitolo evocativo “Tela della Civiltà”, piccole esplosioni hanno distrutto i manufatti disposti sulla tela, marcandoli in maniera violenta e con la stessa spietatezza che ha segnato le vite umane al momento dell’esplosione del Vesuvio; II. Dopo una breve pausa, colorati fuochi d’artificio sono stati allineati lungo la tela e puntati verso il cielo per produrre l’effetto di un’eruzione vulcanica inarrestabile. I fuochi d’artificio hanno incarnato teatralmente un pesante “Sospiro”, quello dell’ascesa e della caduta della civiltà umana; III. In chiusura, si è proceduto allo “Scavo”: tra i fumi residui, l’artista e il suo team hanno portato alla luce le “rovine archeologiche”. La tela, segnata dall’Explosion, è stata riempita di immagini e colori ispirati agli oggetti scoperti a Pompei, ora conservati al Mann.

Le opere d’arte (copie dal Mann) avvolte dalle fiamme per l’effetto dell’eruzione simulata dall’artista cinese Cai Guo-Qiang (foto Parco archeologico di Pompei)

Alfonsina Russo, direttrice ad interim, e Massimo Osanna, già soprintendente, in anfiteatro (foto Parco archeologico di Pompei)
La città di Pompei fu verosimilmente sepolta dall’eruzione del Vesuvio nel mese di ottobre del 79 d.C. non nel mese di agosto, come si è sempre ritenuto. “Le più recenti scoperte archeologiche”, ricorda Massimo Osanna, già direttore generale del parco archeologico di Pompei, “sembrano infatti confermare quanto vari studiosi hanno a più riprese proposto, che occorre riposizionare la datazione dell’eruzione al 24 ottobre di quel fatidico anno, ridefinendo un dato storico verosimilmente errato e dimostrando così la perdurante contemporaneità del sito pompeiano – un’ossimorica archeologia in divenire, o in prospettiva – che muta continuamente per la necessità di ridare i propri strumenti di indagine e di aggiornare i criteri e i metodi conoscitivi della ricerca archeologica in base alle campagne di scavo condotte, alle scoperte effettuate e alla loro interpretazione”. A partire dalla riscoperta di Pompei, nel 1748, due secoli e mezzo di Grand Tour hanno determinato molteplici riletture, e quindi riscoperte, di questo sito. “Ognuno dei viaggiatori, intellettuali, artisti, scrittori, musicisti, architetti, scienziati di questo costante Grand Tour, che giunge sino a oggi… ha aggiunto ulteriori livelli critici, e quindi nuove interpretazioni, che nel loro complesso delineano un’archeologia collettiva della nostra esperienza, pubblica e privata, dell’antica città di Pompei”. Come ha recentemente (2017) raccontato al museo Madre di Napoli anche la mostra “Pompei@Madre. Materia archeologica”, l’arte contemporanea – sostiene Osanna – non ha modificato il sito in termini di tutela oggettiva, ma in termini di ampliamento dei possibili significati di cosa intendiamo per tutela, aprendola a un multiverso di culture, discipline e ipotesi in grado di collaborare, interagire e ispirare il lavoro quotidiano di ricerca degli archeologi. “Anche Cai Guo-Qiang fa parte di questa storia contemporanea di Pompei, quale sito in perenne divenire, quale patrimonio accogliente e collettivo dei saperi umani. Conformazione estetica e consapevolezza etica (politica) – conclude Osanna -, sono componenti inscindibili del metodo di lavoro di questo artista, riplasmato anche dalla formazione teatrale, e quindi dal dominio di aspetti quali messa in scena (intesa come rapporto scenografia/racconto), produzione di gruppo, relazionalità fra opera e spettatore, pratica performativa e time-based”. E Alfonsina Russo, direttrice ad interim del parco archeologico di Pompei, “Pompei è un luogo del contemporaneo. Riprendo questo pensiero di Massimo Osanna, a cui si deve la promozione di questo progetto, che trovo quanto mai significativo. Pompei, sospesa nel tempo, ha da sempre catturato l’immaginazione e lo spirito creativo di artisti di ogni epoca, ricordandoci che quel tragico evento del 79 d.C. si è impresso nella memoria collettiva per l’eternità, non solo per la sua storia e testimonianza unica di un’epoca, ma anche per il profondo senso di fragilità e di impotenza a cui ci rimanda costantemente”.

L’Ercole farnese, l’Atlante farnese, la Venere callipigia si riconoscono dallo “scavo” dopo l’eruzione artistica (foto Parco archeologico di Pompei)
La mostra “In the Volcano” al Mann. Dopo l’Explosion Studio nell’anfiteatro, il percorso “In the Volcano” ha trovato naturale completamento nella mostra al Mann. Particolarmente evocativa l’installazione della tela di 32 metri nella sala del Toro Farnese: qui, tra gli archi e le volte, essa si presenta come un affresco sul soffitto. L’itinerario di visita si sviluppa, poi, tra le tele e gli oggetti “scavati”, che sono collocati, insieme ai dipinti con la polvere da sparo creati a New York, nelle collezioni permanenti museali. Se Cai Guo-Qiang reinterpreta i capolavori dell’antica statuaria, dall’Ercole Farnese alla Venere Callipigia, rileggendoli con le suggestioni dei colori della polvere da sparo, uno sguardo originale è dedicato alla vita quotidiana degli antichi romani, ricostruita grazie a vasi e manufatti in terracotta esposti su semplici piattaforme. Per concludere il viaggio, una barca, ancorata alla parete e affiancata dagli affreschi di Pompei, rivela il segreto atemporale di un’esperienza artistica sempre in fieri. La mostra è accompagnata da un catalogo (pubblicato dalla casa editrice Silvana Editoriale in inglese e in italiano, cui seguirà a un’edizione cinese edita da TCREATIVEMEDIA). Un video-documentario diretto da Shanshan Xia (disponibile al pubblico in visita al MANN) accompagna la mostra.
“Il Mann – interviene il direttore Paolo Giulierini – continua a viaggiare nelle suggestioni della cultura orientale e, stavolta, si affida all’arte contemporanea, interpretata dalla creatività di Cai Guo-Quiang: proiettare questo straordinario sguardo “Nel Vulcano, tra Napoli e Pompei” significa riscoprire gli ineludibili legami tra il passato classico e la sensibilità moderna. Legami persistenti, che, partendo dai capolavori del Museo (tra questi, la Venere Callipigia, l’Ercole Farnese, l’Atlante, il busto dello Pseudo-Seneca), intrecciano un dialogo nuovo, inquieto e sorprendente con il visitatore. Cai Guo-Quiang, così, giocando con la sua maestria di sky ladder, crea un’esplosione reale e simbolica al tempo stesso: all’Anfiteatro di Pompei, come nel 79 d.C., l’arte nasce (o rinasce) dalle viscere magmatiche del vulcano. Grazie all’artista cinese, insignito del Leone d’Oro alla Biennale di Venezia (1999), il museo Archeologico nazionale di Napoli scopre pagine straordinarie di arte contemporanea, capaci non soltanto di abbattere gli steccati temporali (ieri ed oggi si mescolano in una dialettica piena di energia), ma soprattutto le distanze spaziali: il folclore, le suggestioni e la potenza delle tradizioni orientali – conlcude – si innestano, prepotenti, nelle sale del MANN, dimostrando che la condivisione culturale nasce da un’analoga capacità di guardare il mondo con la curiositas di cui parlavano gli antichi”.

Gli assistenti dell’artista cinese ai Guo-Qiang mostrano la “Tela della Civiltà” (foto Parco archeologico di Pompei)
“Quando l’eruzione del Vesuvio seppellì le antiche civiltà greca e romana, la natura creò un capolavoro avente come medium la catastrofe, preservando eredità monumentali come una capsula del tempo-spazio…”, dichiara Cai Guo-Qiang. “L’energia repressa del vulcano si accumula fino a quando non può essere più contenuta, portando a un’esplosione sfrenata! Un tale stato naturale può anche essere trovato nella natura umana e nella nostra condizione sociale, e anche in risonanza con la natura dei miei decenni di lavoro con la polvere da sparo… Per questo progetto, ho cercato di lasciare che gli ormoni prendessero il comando, per creare qualcosa che avesse un tocco di ferocia. In un periodo in cui le persone spesso si sforzano di essere eccessivamente civilizzate, lucidando con cura, “ripulendo” le loro opere e persino i concetti che tentano di spiegare il significato dei loro lavori. Non posso semplicemente inscenare un’eruzione incontrollata, richiamando il vulcano e il giorno del giudizio di Pompei? Un evento del tutto inaspettato, qualcosa che arriva proprio sulla nostra strada!”. E Jérôme Neutres, curatore della mostra, aggiunge: “Pompei è più di un museo, è la città delle immagini, con le sue case ricoperte di affreschi e mosaici, dal pavimento al soffitto. La città sembrava vivesse con l’arte. Il dialogo con Pompei per Cai Guo-Qiang investe questo mondo di immagini e la sua immaginazione. Per questa mostra, Cai Guo-Qiang ha usato nuovi mezzi di creazione, rinnovando il suo gesto con l’uso di vetro, specchio, marmo, ceramica, gesso… L’artista ha trovato nella cultura e nella storia artistica di Napoli e della Campania nuovi media con cui realizzare i suoi dipinti-esplosioni. Questo dialogo si materializza nella scenografia della mostra allestendo le opere di Cai Guo-Qiang all’interno delle collezioni, tra le opere di Pompei, creando una sorta di caccia al tesoro, avanti e indietro tra passato e passato ed effetti speculare tra l’estetica di Pompei nel primo secolo e l’arte eminentemente contemporanea di Cai Guo-Qiang.”
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