Todi (Pg). Al via Umbria antica Festival, per tre giorni, archeologi e storici raccontano le tante sfumature del mondo antico: dai popoli italici agli Etruschi, dalla Grecia classica a Roma. Inoltre una fiera del libro e visite guidate. Ecco il ricco programma
Umbria antica festival: tre giornate irrinunciabili per gli amanti dell’antichità. Dal 15 al 17 marzo 2024 Todi ospita alcuni tra i più grandi nomi legati all’archeologia e alla storia antica. Sede dell’evento è la Sala del Consiglio del Palazzo del Capitano in piazza del Popolo. Un nuovo nome, lo stesso obiettivo: divulgare la Storia attraverso le lezioni dei più importanti studiosi del settore. Per tre giorni, archeologi e storici si riuniscono a Todi per raccontare le tante sfumature del mondo antico: dai popoli italici agli Etruschi, dalla Grecia classica a Roma. Giovanni Brizzi, Andrea Carandini, Costantino d’Orazio, Valentino Nizzo, Marcella Frangipane, Livio Zerbini, Arnaldo Marcone, Nicola Mastronardi, Paolo Giulierini sono solo alcuni dei grandi ospiti che si alterneranno nella Sala del Consiglio del Palazzo Comunale di Todi dal 15 al 17 marzo 2024. Umbria Antica Festival è un’idea di associazione di promozione sociale Archè realizzato in collaborazione con la direzione regionale Musei Umbria con il patrocinio dell’università di Perugia, la rivista Archeo, e il Festival del Medioevo.

Le Cisterne Romane sotto piazza del Popolo a Todi (foto Umbria antica)
Non solo lezioni di storia, ma anche una speciale serata al Teatro Comunale con protagonista Umberto Galimberti e una Fiera del Libro in collaborazione con le principali case editrici di saggistica (Laterza, Il Mulino, Carocci). Inoltre, nel corso delle giornate, saranno organizzate speciali visite guidate alle Cisterne Romane (Todi Cisterne Romane) e al Museo Civico, per valorizzare e far conoscere al pubblico il patrimonio archeologico tuderte. “Il cuore verde d’Italia batte al ritmo della storia” è il tema di quest’anno. Un battito lento e costante, ma mai fuori tempo pur parlando di epoche passate, perché l’umanità ha affrontato da sempre le stesse sfide universali: guerra e pace, progresso e declino, democrazia e tirannide, vita e morte, piacere e dovere. Questa è la sfida culturale che da tre anni porta avanti Umbria Antica: far conoscere l’immenso patrimonio storico e archeologico italiano, spesso considerato scontato, raccontandolo senza un atteggiamento cattedratico e snob per avvicinare un pubblico ampio ed eterogeneo.
“Ci sono tanti motivi per parlare di storia in Umbria”, spiegano gli organizzatori. “Per i suoi borghi incastonati tra monti e colline. Per gli archi etruschi, i teatri romani e millenarie tavole di bronzo. Basta percorrere le antiche strade o seguire il corso dei fiumi per ammirare le silenti tracce lasciate da antiche civiltà. Ma la vera ragione per parlare di storia in Umbria è che di tutti i suoi tesori conserva ancora il più prezioso: il valore del tempo”.
Programma di venerdì 15 marzo 2024. Alle 17.30, inaugura Umbria antica festival Giovanni Brizzi con la presentazione del suo ultimo lavoro: “Imperium. Il potere a Roma” (Laterza 2024). Con l’occhio critico e abile dello storico, Brizzi ripercorre la vicenda di Roma lungo tutto il suo percorso millenario alla luce di concetto fondamentale, su cui l’Urbe basa la sua stessa esistenza – ed evoluzione – politica: quello espresso dalla parola imperium, densissima e quasi intraducibile in italiano senza tradirne l’essenza. Questo vocabolo traduce infatti il rapporto tra il potere nella sua accezione più alta e la sua responsabilità. Il libro sarà disponibile per l’acquisto presso Fiera del Libro, allestita nella Sala delle Pietre di Palazzo del Capitano ne giorni del Festival dalla Libreria Ubik di Todi.

Copertina del libro “Imperium. Il potere a Roma” di Giovanni Brizzi
Imperium. Il potere a Roma. Cos’era il potere a Roma antica? Un console, un tribuno, un triumviro, di quale autorità erano provvisti e per quali fini? Come veniva giustificata l’esistenza stessa di un uomo al comando e a chi doveva rendere conto? L’imperium di Cesare era diverso da quello di Augusto o di Giustiniano? Il potere a Roma nello studio originale e innovativo di uno dei più grandi storici dell’antichità. La vicenda di Roma, lungo tutto il suo percorso millenario, è accompagnata da un concetto particolarissimo e originale: quello espresso nel termine imperium. Questo vocabolo traduce il rapporto tra il potere nella sua accezione più alta e la sua responsabilità. Nel gestire questa gravosa incombenza il potere deve confrontarsi con una serie di doveri. Ab origine, la responsabilità verso il popolo romano è subordinata a una serie di valori addirittura anteriori alla nascita stessa dell’Urbe, come quello di fides, il rispetto delle regole. A questo concetto sono costretti a rapportarsi tutti i grandi di Roma. Camillo, cui viene attribuita una prima definizione del diritto naturale, che vieta ogni atto in contrasto con la natura dell’uomo; Scipione, il primo imperator, che proclama la superiorità di un singolo sulle strutture. Muove all’azione Silla, l’idealista in cerca di impossibili ritorni al passato; accende Cicerone nella sua teoresi; lo reclama per sé Cesare senza poter conservare né il potere né la vita; lo struttura mirabilmente Augusto, nel nuovo patto con gli dei (la pax Augusta) da cui nascerà la monarchia. L’intero corso della storia imperiale assiste poi a un costante dibattito, che impegna tanto gli stoici quanto la propaganda di corte, gli imperatori-soldati come il pensiero cristiano. Da quest’ultimo ambito uscirà, infine, la struttura tetragona e proiettata nei secoli a venire dell’impero cristiano.
Serata al Teatro Comunale di Todi. Alle 21, Umberto Galimberti presenta il suo libro “L’uomo nell’Età della tecnica”. Ancora una volta tocchiamo con mano che la tecnica non è più un mezzo a disposizione dell’uomo, ma è l’ambiente, all’interno del quale, anche l’uomo subisce una modificazione, per cui la tecnica può segnare quel punto assolutamente nuovo nella storia, e forse irreversibile, dove la domanda non è più: “che cosa possiamo fare noi con la tecnica?”, ma: “che cosa la tecnica può fare di noi?” (U. Galimberti). Psicanalista e filosofo, Galimberti è professore emerito di Filosofia della storia presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia, dove ha insegnato anche Psicologia dinamica, Filosofia morale e Antropologia culturale. Dal 1985 è membro ordinario dell’International Association of Analytical Psychology.
Programma di sabato 16 marzo 2024, mattino. Alle 10, Costantino d’Orazio, nuovo direttore della Galleria nazionale dell’Umbria e dei musei nazionali di Perugia – direzione regionale Musei Umbria, con la conferenza “La sottile linea d’Umbria, tra antico e contemporaneo”, ci porterà alla scoperta del patrimonio artistico e archeologico umbro e della sua visione di Museo, all’insegna delle parole chiave di “ricerca”, “accessibilità” e “coinvolgimento”.
Alle 11, Marcella Frangipane, archeologa e docente di Preistoria e Protostoria del Vicino e Medio Oriente all’università “La Sapienza” di Roma, con la conferenza “Un frammento alla volta: gli oggetti che raccontano la Storia”, porterà al Festival la sua esperienza del “far parlare” i frammenti, raccontando come i resti materiali possano raccontare la storia di antiche civiltà – altrimenti senza voce.

Copertina del libro “Un frammento alla volta. Dieci lezioni dell’archeologia” di Marcella Frangipane
Un frammento alla volta. Dieci lezioni dell’archeologia. Gli oggetti hanno un’anima e una storia che passa attraverso le mani degli artigiani che li hanno forgiati e di coloro che li hanno usati. Ecco il senso dell’archeologia: far parlare il tempo attraverso le cose, per ricostruire l’impossibile fotografia del passato. Frammenti di vita quotidiana, tracce di rituali religiosi, di attività economiche e di relazioni tra persone e con l’ambiente: gli oggetti portano il segno di quanto avvenuto nel tempo in cui furono creati e delle loro funzioni all’interno della comunità. Come schegge di uno specchio ci restituiscono l’immagine di quello che siamo stati e ci aiutano a dar forma al passato. Per riannodare i fili di questi mondi lontani e poco riconoscibili è necessario un lavoro lungo anni. Oltre quaranta sono quelli che Marcella Frangipane ha trascorso sul sito di Arslantepe in Anatolia, dove sorge il palazzo pubblico più antico del mondo: un viaggio nel tempo – che risale al V millennio a.C. e oltre – e nello spazio – esteso a tutto il territorio della Mezzaluna fertile – alla scoperta delle prime civiltà umane e di quei fenomeni politici e sociali che ancora regolano le nostre vite. Dieci lezioni dall’archeologia dei tempi più antichi per capire come siamo arrivati fin qui e come potrebbe essere il nostro domani.
A chiudere la mattina, alle 12, Andrea Carandini, archeologo che condusse – tra gli altri – il celebre scavo sul Palatino che riportò alla luce le tracce della cinta muraria della “prima” Roma (quella di Romolo). Carandini, in dialogo con il suo allievo Nicolò Squartini, presenterà il suo ultimo libro: Io, Nerone, edito da Editori Laterza.

Copertina del libro “Io, Nerone” di Andrea Carandini
Io, Nerone. Chi era Nerone? Andrea Carandini, uno dei più grandi studiosi di Roma antica, ne racconta vita e gesta in prima persona, ricostruendo la figura di uno dei più originali e controversi principi di Roma. “Dovevo fare i conti prima o poi con Nerone. Lo avevo già affrontato di lato, semplificandolo nel male, similmente a come si tende sempre più a fare semplificandolo nel bene”, confessa Andrea Carandini. Chi si è occupato di Roma antica non può evitare di confrontarsi con quell’uragano che è stato Nerone. Per interpretare una personalità del passato romano fuori misura, come quella di Nerone, occorre con una parte di sé entrare nella sua logica, mentre con l’altra avversarla, evitando la soluzione facile e deludente del tiranno democratico e individuando i modelli a cui s’ispirava. Un progetto ambizioso che Andrea Carandini porta a compimento, dopo aver scritto la biografia della madre Agrippina, anch’essa in prima persona.
Programma di sabato 16 marzo 2024, pomeriggio. Il sabato pomeriggio dedicato alla Storia romana e in particolare a due personalità opposte di imperatori. Da un lato Vespasiano, colui che risollevò l’impero dopo la crisi del 69 d.C., raccontato alle 17 da Arnaldo Marcone, autore del nuovissimo saggio dedicato a questa figura storica fondamentale, nella conferenza “Vespasiano. L’inaspettato salvatore dell’Impero”.

Copertina del libro “Vespasiano” di Arnaldo Marcone
Vespasiano (Salerno editore). Nato in un villaggio dell’Alta Sabina da una famiglia estranea alla vita politica romana, Vespasiano fu imperatore inaspettato. Riuscì a trarre vantaggio dalle competenze militari di cui diede prova nella guerra di Giudea e con un’attenta strategia si assicurò consensi nell’esercito e in politica. Agli eccessi dei Giulio-Claudi contrappose la modestia, chiave del successo del suo principato. Tra le pagine di questo libro riviviamo le tappe della sua ascesa e la determinazione con la quale elaborò il suo progetto dinastico.
Dall’altro Commodo, una di quelle figure che segnarono negativamente la storia del principato: prepotente, stravagante, crudele. A parlarcene alle 18 sarà Livio Zerbini in “Commodo. L’imperatore gladiatore”, che presenterà in anteprima assoluta il suo nuovo libro (in uscita prossimamente per Salerno Editrice).
Programma di domenica 17 marzo 2024. La mattina sarà dedicata alla storia di Todi. Si aprirà alle 10 con la lezione di Valentino Nizzo “Tuder/Tular: città, persone, confini”, dedicata allo stretto legame tra la città di Todi e il concetto di “confine”, insito sin nel nome, a partire da quello che racconta l’archeologia tuderte. “Non era mai accaduto che parlassi della città dove sono nato, nella città in cui sono nato”, confessa Nizzo, etruscologo, già direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, ora docente all’Orientale di Napoli. “La cosa un po’ mi emoziona perché, nonostante le trame della vita non mi abbiano consentito di viverci, nei pochi momenti dell’adolescenza che ho trascorso in questa splendida cittadina, ho avuto modo di appassionarmi alla storia e ai monumenti del suo passato, conoscere persone appassionate come don Pericoli che mi affascinò rivelandomi prima ancora che fosse edito quanto aveva riportato alla luce sotto la chiesa di Santa Maria in Camucia. Mi sono sempre sentito molto legato al Marte di Todi, rinvenuto non molto lontano dalla mia casa paterna e finito anche lui come me a Roma, tra le opere più ammirate del Museo Gregoriano del Vaticano. Per non parlare del meraviglioso “nicchio” di Todi, l’edicola sacra di epoca giulio-claudia ritrovata agli inizi del ‘500 a Pontecuti, non lontano da casa, e finita anch’essa in Vaticano, che mi faceva sognare, perché si favoleggiava della sua connessione con un ipotetico tempio sacro a Tiberino, il dio eponimo del fiume che mi ha sempre incantato per la sinuosità delle sue curve che intravvedevo dalla finestra oltre i campi di girasole”.
A seguire alle 11 Enrico Zuddas che nella conferenza “Il Bellum Perusinum e la colonia di Tuder” parlerà della colonia di Tuder in relazione al Bellum Perusinum (41-40 a.C.). Dottore di ricerca in Storia antica, insegna Lettere al liceo “Properzio” di Assisi. Svolge attività di tutorato per le Cattedre di Epigrafia latina e di Storia romana dell’università di Perugia. È responsabile del Gruppo di Perugia per la schedatura del materiale epigrafico di area umbra nella banca dati EDR (Epigraphic Database Roma). Due sono i suoi principali campi di ricerca: la storia e le istituzioni dell’Umbria romana e l’epoca costantiniana.
A chiudere alle 12 Nicoletta Paolucci, con una lezione sulle cisterne romane di Todi (protagoniste della visita guidata di sabato pomeriggio). Due grandi cisterne collocate al di sotto della piazza del Popolo, rispettivamente in corrispondenza del lato est e del lato ovest, costituivano il perno del sistema idrico della città antica ed avevano l’altrettanto importante funzione di sostegno del foro sovrastante. Le cisterne presenti sotto il lato est, non visitabili, sono suddivise in 12 ambienti e furono rinvenute nel 1262 in occasione dei lavori di ripavimentazione della piazza, come ricordato in una cronaca locale del XVI secolo. Le cisterne del lato ovest, accessibili al pubblico da via del Monte, sono invece state rintracciate casualmente nel 1996 durante lavori di restauro di un locale commerciale. Sono anch’esse suddivise in 12 vani secondo lo schema delle camere parallele comunicanti a pianta rettangolare. Il duplice complesso, databile nella seconda metà del I sec. a.C., venne eretto contemporaneamente scavando una enorme quantità di terreno ed utilizzando la medesima tecnica costruttiva: entrambi i manufatti poggiano infatti su una piattaforma in opera cementizia resa impermeabile con un composto di materiali fittili e malta grassa.

Il glottologo Augusto Ancillotti
Il programma di domenica 17 marzo 2024, pomeriggio, chiude la tre giorni di Umbria antica festival. Apre alle 15.30, Augusto Ancillotti con la conferenza “Il nome di Todi e il nome del Tevere. Implicazioni culturali”. Ancillotti ha insegnato Glottologia e Linguistica Generale in tre università, Milano, Mogadiscio e Perugia, dove è stato anche prorettore e presidente del corso di laurea in Scienze della Comunicazione. Nell’ambito della ricerca scientifica si è occupato di teoria della linguistica genetica e di formazione delle lingue indeuropee (cassitico, trace, umbro). È autore di un centinaio di pubblicazioni accademiche fra cui spiccano la completa traduzione commentata delle Tavole Iguvine (Augusto Ancillotti – Romolo Cerri, “Le tavole di Gubbio e la civiltà degli Umbri”, Edizioni Jama 1996), il saggio “E parlano ancora” (Edizioni Jama 2021) e il manuale universitario “Elogio del variabile. Introduzione alla linguistica storica: l’indeuropeistica” (Guerini e Associati 2005).

Paolo Giulierini, già direttore del Mann, nei depositi sotterranei delle Cavaiole (foto graziano tavan)

Copertina del libro “L’Italia prima di Roma. Sulle tracce degli antichi popoli italici” di Paolo Giulierini
Alle 16.30, Paolo Giulierini, già direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, presenta il suo libro “L’Italia prima di Roma: sulle tracce degli antichi popoli italici” (Rizzoli). Il nostro Paese ci appare il più delle volte come l’erede per eccellenza della civiltà romana. Non c’è nulla di più vero, ma se ci mettessimo in viaggio percorrendo l’Italia da nord a sud scopriremmo che prima ancora che Italiani siamo stati Italici: in ogni regione la toponomastica, i monumenti, i reperti archeologici, le tradizioni etnografiche, persino le abitudini alimentari e culinarie raccontano la storia di popoli antichi che a partire dall’Età del ferro si sono frequentati, confrontati, scontrati. Celti, Veneti, Liguri, Etruschi, Sardi, Latini, Sanniti, Lucani, Piceni, Campani, Punici, Enotri, Siculi e molti altri hanno lasciato ovunque nella penisola tracce profonde, preziose per capire com’era l’Italia prima dell’avvento di Roma. Con la competenza dell’esperto e il passo avvincente del divulgatore, Paolo Giulierini ci accompagna in un viaggio affascinante, ci presenta gli Italici che siamo stati, ne approfondisce il rapporto con il territorio, le modalità insediative, la religione, la lingua e la scrittura, senza tralasciare il fondamentale incontro con i Romani e quello che ne è seguito. Corredato da immagini, questo libro è al tempo stesso un saggio sulla meravigliosa complessità della storia del nostro Paese e una guida per innamorarsi, oltre che di tutte le sue bellezze, anche delle genti che lo hanno abitato in tempi remoti, e che ancora oggi ci parlano: non solo di loro ma anche di noi, da sempre popolo in cammino che a ogni tappa aggiunge un viandante alla carovana.

Lo studioso Nicola Mastronardi
Chiude Umbria antica Festival, alle 17.30, Nicola Mastronardi con “I Sanniti e la nascita di Italia”. Laureato in Scienze Politiche alla “Cesare Alfieri” di Firenze – Indirizzo Storico-Internazionale. Membro dell’Accademia dei Georgofili, è studioso delle civiltà semi nomadi dell’Appennino italiano e del Mediterraneo. Da venti anni alterna la libera professione nel campo dei reportages di turismo escursionistico, agli interessi di storia antica (sannita) e contemporanea. “Viteliú, il nome della libertà” è stato il suo noto romanzo d’esordio cui seguirà una trilogia sulle guerre sannitiche del IV e III secolo avanti Cristo. “I Figli del Toro” è il primo di questi.
Roma. Il museo nazionale Etrusco pubblica on line “Rasna. Una serie etrusca”, un video-racconto in 19 puntate, di e con Valentino Nizzo, per capire attraverso gli Etruschi e gli altri popoli con i quali hanno dialogato, in primis i Greci e poi i Romani, a corollario della mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo”. Ecco i primi tre episodi: la Grande Etruria, Ulisse ed Eracle, Caere/Pyrgi e Delfi

Locandina della mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia dal 10 novembre 2023 al 7 aprile 2024
Il progetto era di pubblicare la serie video contestualmente al periodo di apertura della mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma fino al 7 aprile 2024. Poi una serie di imprevisti ha prolungato l’attesa. Ma da qualche settimana è iniziata la pubblicazione on line di “Rasna. Una serie etrusca”, 19 video, lanciati con trailer sulle pagine Facebook e Instagram del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, e in forma integrale sul canale YouTube ufficiale MuseoEtruTv. I video, a cura e con Valentino Nizzo, fino a dicembre 2023 direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, sono lunghi mediamente intorno ai 10 minuti ciascuno. In occasione del Centenario della scoperta di Spina, questo video-racconto per capitoli che parte dalla celebre città portuale nel delta del Po allargando poi lo sguardo dalla pianura padana e dall’Adriatico fino al Tirreno e all’intero Mediterraneo, è un modo per capire attraverso gli Etruschi e gli altri popoli con i quali hanno dialogato, in primis i Greci e poi i Romani, anche una parte fondamentale della nostra attuale storia.

Valentino Nizzo, già direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, docente all’università L’Orientale di Napoli (foto etru)
“I video sono stati girati in un pugno di giorni (potrei dire ore) dello scorso mese di ottobre”, ricorda Nizzo, “tra Roma, Pyrgi, Ferrara e Comacchio, nel pieno dell’allestimento della mostra e quando ancora non sapevo che presto l’esperienza di Villa Giulia sarebbe finita. L’intento è stato quello di produrre una serie di contenuti didattici che andassero oltre l’effimera durata dell’esposizione”. Tutti i video sono integralmente sottotitolati in Italiano e in inglese in modo da garantirne la massima accessibilità. “Molte istituzioni e persone hanno contribuito con grande disponibilità alla realizzazione del progetto e sono ricordate alla fine di ciascun video. Mi piace menzionare la mia prima casa, il museo Archeologico nazionale di Ferrara, il museo del Delta antico di Comacchio e lo splendido Parco del Delta, il Comune di Comacchio, il Castello di Santa Severa e il museo del Mare e della Navigazione antica. Oltre al personale tutto del Museo di Villa Giulia (in particolare Anna Tanzarella che ha mantenuto le redini del progetto) e delle altre istituzioni coinvolte, devo ringraziare Tiziano Trocchi, Marco Bruni e Flavio Enei per la loro squisita ospitalità. I video sono stati prodotti dalla Michbold di MIchele Boldi e realizzati con grande competenza e sensibilità artistica da Nicola Nottoli che ha sapientemente valorizzato le riprese effettuate da Maurizio Cinti e una parte dei contenuti elaborati per la mostra. Prezioso e instancabile – conclude Nizzo – è stato il supporto di Alessandra Felletti e Flavia Amato”. E allora iniziamo a guardare “Rasna. Una serie etrusca” con i primi tre episodi.
“1. LA GRANDE ETRURIA”. L’Italia fu un tempo etrusca. Parte da qui il racconto di “Rasna. Una serie etrusca”, la narrazione pensata per incorniciare i grandi temi entro cui si muove la mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto nel Mediterraneo”, ultima tappa delle celebrazioni per il Centenario della scoperta di Spina. Quanto era estesa la Grande Etruria? Quale eredità ci resta della cultura etrusca? Dalla Villa di papa Giulio III, Valentino Nizzo, curatore della mostra e già direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, inaugura la serie di 19 approfondimenti tematici che raccontano la storia pre-romana della nostra Penisola, quella in cui si è formata la nostra identità culturale e sociale.

Mappa dei territori etruschi in Italia (foto etru)
“Prima della dominazione romana, la potenza etrusca si estendeva ampiamente per terra e per mare. I nomi dei due mari, superiore e inferiore, da cui l’Italia è cinta a guisa di un’isola, offrono una testimonianza della loro potenza, perché l’uno le popolazioni italiche chiamarono mare Tosco, nome comune all’intera gente, e l’altro Adriatico dalla colonia etrusca di Adria. I Greci li chiamano pure Tirreno e Adriatico. Si stabilirono tra le terre che si estendono tra entrambi i mari, fondando dapprima dodici città nella regione, tra l’Appennino e il mar Tirreno, e poi mandando al di là dell’Appennino altrettante colonie quante erano le città di origine. Occuparono così tuta la regione al di là del Po, fino alle Alpi, eccettuato l’angolo abitato dai Veneti all’estremità del mare Adriatico. Così Tito Livio nel I sec. a.C. all’epoca di Augusto, testimonia quella che era la Grande Etruria. Quasi tutta l’Italia fu un tempo sotto il dominio degli Etruschi, ricordava Catone nelle Origini, nel II secolo a.C., e Polibio nello stesso periodo ricordava che per conoscere la potenza che un tempo ebbero gli Etruschi, bisogna guardare alle due grandi pianure che essi dominarono; la padana e la campana. Queste testimonianze ci servono a ricordare quello che l’archeologia ha dimostrato da tempo essere una realtà, cioè quanto la presenza degli Etruschi, o come li chiamavano i Greci Tirreni, sia stata pervasiva in tutta la nostra penisola, lasciando un’eredità inestimabile sia dal punto di vista materiale, come attestano gli straordinari capolavori esposti qui nel museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, sia dal punto di vista immateriale, poiché attraverso i romani molto della cultura degli Etruschi è arrivato fino ai nostri giorni. E poi c’è un altro tema immateriale importante: il fascino che gli Etruschi hanno esercitato dal Rinascimento fino all’epoca contemporanea, inducendo in più fasi della nostra storia molti artisti a ispirarsi alla loro arte.

Villa Giulia a Roma vista da drone (foto etru)
“Negli anni in cui veniva realizzata Villa Giulia, tra il 1550 e il 1555 da papa Giulio III Ciocchi del Monte, originario di Arezzo, venivano alla luce capolavori dell’arte etrusca come la Chimera e la Minerva di Arezzo e l’Arringatore di Perugia, che stupirono per la loro qualità artistica, estetica, e per la presenza di iscrizioni etrusche. Lo stesso vale per Cosimo I de’ Medici che istituì il Granducato di Etruria, nominando se stesso Magnus dux Etruriae. Probabilmente anche Giulio III era orgoglioso del passato etrusco da cui proveniva e di cui era idealmente erede, essendo aretino. Alle mie spalle, nel celebre Ninfeo di Villa Giulia, realizzato dall’Ammannati sotto la supervisione di Vasari e Michelangelo, due fontane descrivono altrettanti fiumi. A sinistra il Tevere, caratterizzato dalla lupa capitolina, indicava la sede dove il pontefice aveva assunto il soglio di San Pietro, e l’altra, l’Arno, caratterizzato da un leone, indicava la sua terra di origine in prossimità del fiume che segna quelli che sono i due confini ideali dell’Etruria propria, l’Arno e il Tevere. Etruria che però, come testimonia Livio, nel passo che ho citato, andava ben oltre. Andava fino alla pianura Padana e, come sappiamo, fino anche a quella campana, fino agli estremi limiti meridionali della Campania, ai confini con l’attuale Calabria, dove poi sarebbe stata fondata Poseidonia e ancor prima era sorta Pontecagnano nell’agro picentino. L’Italia dunque fu un tempo etrusca e la mostra “Spina etrusca a Villa Giulia. Un grande porto del Mediterraneo” ci consente di approfondire la storia attraverso quello che è il racconto del porto più importante fondato dagli Etruschi sull’Adriatico intorno al 520 a.C.
“Spina, una città che ha vissuto tre, quattro secoli, collocandosi in una posizione strategica alla foce del Po, su quel mare Adriatico che Tito Livio riteneva avesse preso il nome di una colonia etrusca, Adria, che però i Greci come Spina ritenevano una città greca, al punto che veniva ammessa, Spina, come poche altre città quali Cerveteri, in quel santuario delfico che agli occhi dei Greci indicava il luogo dove soltanto la grecità poteva trovare ospitalità.

Locandina della mostra “Spina 100. Dal mito alla scoperta” al museo del Delta antico dal 1° giugno al 16 ottobre 2022
“Questo racconto espositivo, iniziato a Comacchio, per il centenario della scoperta di Spina nel 1922, e proseguito poi presso il museo Archeologico nazionale di Ferrara, si conclude qui al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, allargando lo sguardo dalla pianura Padana e da Spina e dall’Adriatico anche al Tirreno e all’intero Mediterraneo. Un modo per raccontare la storia dell’Italia preromana, quella nella quale le identità etniche che ancora oggi caratterizzano le nostre peculiarità regionali hanno cominciato a formarsi. Un modo quindi per capire attraverso gli Etruschi e gli altri popoli con i quali hanno dialogato, in primis i Greci e poi i Romani, un pezzo della nostra attuale storia”.
“Con l’entrata in scena dei Greci il gioco si fa serio e la storia si tinge dei colori del mito”, spiega Valentino Nizzo. “O, almeno, la storia come la intendevano i Greci che si attribuivano attraverso le imprese di Eracle e Ulisse il merito di aver civilizzato un Occidente selvaggio di nome e di fatto, come attesta il mitico fratello di Latino, Agrio il Selvaggio, nato dall’amore fugace di Ulisse con Circe. Ma questo è solo l’inizio…”.
“2. LA SCOPERTA DELL’OCCIDENTE: ULISSE ED ERACLE”. Il secondo episodio di “Rasna. Una serie etrusca” ci descrive il mondo occidentale con gli occhi dei Greci. Un mondo ancora nebuloso, barbaro, che possiamo leggere attraverso la lente di ingrandimento del racconto mitologico. Sono gli episodi delle peregrinazioni di Ulisse e quelli dei viaggi di Eracle per il compimento delle sue celebri fatiche, narrati dalle fonti e cristallizzati nelle raffigurazioni dei vasi, ad offrire lo spunto per raccontare la visione, all’epoca condivisa, del mondo occidentale.

L’itinerario di Ulisse da Troia a Itaca (foto etru)
“Circe, figlia di Helios, figlio di Hyperion, partorì in unione a Odisseo, paziente, Agrios e Latino perfetto e forte. Telegono generò grazie ad Afrodite d’oro. Essi molto lontani nel recesso delle isole sacre su tutti i Tirreni illustrissimi regnavano”. Esiodo nella Teogonia, alcuni versi finali, descrive quello che è il mondo occidentale. Siamo probabilmente prima della colonizzazione che Omero farà nell’Odissea delle peregrinazioni di Ulisse in Occidente. O almeno siamo in un momento in cui cominciano a definirsi quegli orizzonti occidentali che diventeranno celebri in letteratura grazie all’Odissea di Omero. Il mondo che descrive Esiodo, se appunto può essere riferito alla sua epoca, cioè la fine dell’VIII secolo a.C., quel brano è il primo momento dei contatti tra il mondo greco e quello occidentale. È un mondo ancora nebuloso, in cui si può dire che Latino e Agrios, il selvaggio, figli di Circe e Ulisse, regnano sui Tirreni nelle isole sacre dell’estremo Occidente. C’era quindi una fusione tra il mondo latino, quello tirrenico. Almeno questo è il modo in cui i Greci interpretavano popoli che vivevano molto lontani. Alcuni ritengono questo brano un po’ più recente e lo spostano al 600 a.C., ma questi sono dettagli di un mondo nel quale si comincia a ragionare su la discendenza, le parentele, quelle relazioni genetiche che agli occhi dei Greci erano fondamentali per intessere rapporti politici, commerciali ed economici.

Vaso per attingere l’acqua con Ulisse che acceca Polifemo, proveniente dalla necropoli della Banditaccia di Cerveteri, e conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
“Un altro aspetto che era fondamentale agli occhi dei Greci era la civilizzazione di un Occidente che era di loro grande interesse economico, ma che appariva barbaro, barbaro come un ciclope poteva apparire: un essere mostruoso da un occhio solo in quell’isola, sacra volendo, come l’Eea di Circe, che la Sicilia, dove viveva in una grotta, non aveva mai conosciuto Polifemo il piacere del vino, e Ulisse, imprigionato nella grotta, glielo farà conoscere, e questo è l’espediente che lo renderà celebre per la sua intelligenza, offrendogli del vino e inducendolo a bere, farà sì che Polifemo rimarrà ebbro, ubriaco, perché non sapeva che il vino dovesse essere bevuto, come facevano i greci, allungato con l’acqua. Il gigante, ebbro, addormentato, fa in tempo poco prima a dire a Ulisse che lo mangerà per ultimo come premio. Ma Ulisse aveva già previsto tutto: con un palo arroventato acceca il suo unico occhio, ma lo lascia vivo in modo che nei giorni seguenti, facendo uscire le pecore dalla grotta, possa dare a Ulisse e ai suoi compagni superstiti l’espediente per scappare. Aggrappati, nascosti sotto le pecore, come si vede nella pisside dalla Tomba della Pania (Chiusi). Questo vaso, quindi, rappresenta quell’idea di civiltà attraverso il vino che è un elemento che ricorre in tutti i miti dei Greci in rapporto con questo mondo occidentale da civilizzare.

Collezione Castellani: vaso con le fatiche di Ercole conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
“Ma non è solo Ulisse l’esploratore dell’Occidente, i cui figli diventano addirittura i fondatori di città importanti. Telegono si dice avesse fondato Cerveteri, e altri eroi discendenti più o meno diretti di Ulisse furono fondatori di città in Italia. Un altro eroe civilizzatore, il semidio per eccellenza, è Eracle. In alcune sue imprese aveva attraversato l’Occidente e l’aveva civilizzato. Nella più famosa, quella contro Gerione, il mostro tricorpore e tricefalo, lo aveva portato verso quelle colonne d’Eracle che segnavano il limite estremo d’Occidente: in Spagna, dove oggi è Gibilterra e non lontano Cadice. Lì viene mandato per rapire le mandrie di Gerione e sconfiggere questo essere, sì mostruoso, ma eroico quanto lui. Qui lo si vede in due vasi databili tra il 560 a.C. e il 520. C’è una generazione che li distanzia. C’è un’evoluzione stilistica. Qui Eracle combatte con l’arco, qui combatte con la tradizionale clava. In entrambi i casi si vede l’inizio del soccombere di Gerione, colpito in un occhio da una freccia qui, colpito dalla clava in quest’altro vaso. Eracle poi porterà con sé le mandrie attraverso la nostra penisola. Il primo a descrivere in modo completo questi miti è Stesicoro, un poeta di Imera, un poeta lirico di cui si conservano molti frammenti ma la cui importanza era maggiore di quanto oggi noi immaginiamo, soprattutto in un Occidente indigeno che conosceva molto bene i miti dei greci e li utilizzava anche per i propri scopi. Stesicoro descriveva la Gerioneide e descriveva evidentemente il passaggio di Eracle in Italia lungo la nostra penisola, prima tra i Liguri e poi nell’Etruria. Probabilmente già nella Gerioneide si descrive anche il passaggio di Eracle nel territorio di Cerveteri, dove avrebbe fatto scaturire delle sorgenti d’acqua, perché questa è una delle caratteristiche ricorrenti nel mito di Eracle in Occidente. Proprio dalle parti di Pyrgi, tra Pyrgi e Cerveteri. E poi a Roma, altri miti collocavano appunto l’impresa di Eracle, che portò alla fondazione del suo culto presso l’ara massima. Descritto da Virgilio nell’Eneide il suo incontro appunto con l’essere mostruoso Caco, che viveva in una grotta ai piedi dell’Aventino. Eracle, in un’altra fatica, l’undicesima rispetto alla decima di Gerione, doveva di nuovo tornare in Occidente per recuperare i pomi delle Esperidi. Il mito è controverso. Ricordiamo che un altro autore greco, Pisandro, è quello che ha codificato le dodici fatiche di Eracle facendocele conoscere come oggi sono celebri. Ma ci fu un lungo lavorio per codificarle. L’undicesima fatica infatti ha delle varianti. Una di queste dice che prima di arrivare presso le Esperidi, collocate nell’Africa settentrionale dove Atlante reggeva sul proprio capo la volta celeste, si sarebbe fermato in un luogo emblematico per l’Occidente greco: le foci del Po, dove avrebbe dovuto affrontare un essere mostruoso che, come tutte le divinità connesse all’acqua, aveva la caratteristica di modificarsi, di avere delle repentine metamorfosi. Qui in questa anforetta è raffigurato Triton, ma potrebbe trattarsi di Nereo, e quel Nereo che diciamo costituisce una tappa mostruosa lungo il percorso di civilizzazione di Eracle verso i pomi delle Esperidi. Eracle però era venerato, ammirato agli occhi soprattutto del mondo aristocratico di VI secolo, perché era il dio, l’uomo che era riuscito a diventare dio, superando le dodici fatiche e aiutando gli dei dell’Olimpo contro i giganti nello scontro avvenuto nella piana di Flegra, i Campi Flegrei. Così come venne localizzato in una seconda fase dello sviluppo del suo mito.

Hydria Ricci (530 a.C.), scoperta nella necropoli della Banditaccia a Cerveteri, e conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: dettaglio con il rito di sacrificio nei confronti di una divinità, probabilmente Dioniso (foto etru)
“E qui vediamo invece nell’Hydria Ricci, uno dei vasi più belli tra quelli prodotti da maestranze della Grecia ionica in Etruria, il premio ricevuto da Eracle: l’eterna giovinezza e l’eterna vita tra gli dei dell’Olimpo. Qui lo si vede mentre sale sul carro trionfale guidato dalla sua sposa per l’eternità. Ebe, l’incarnazione della giovinezza, lo sta letteralmente portando tra gli dei dell’Olimpo come premio per le sue fatiche, lui che in terra non aveva avuto una fine gloriosa. E in questo stesso vaso, si chiude il cerchio con quello che abbiamo visto rappresentato nel mito di Polifemo, una straordinaria scena che mostra come i Greci ritenevano dovessero essere compiuti i rituali di offerta delle carni e del vino. Vi è un Dioniso, o un sacerdote, che indica un poderoso grappolo d’uva e tutta una serie di adepti al culto che stanno preparando le carni per il sacrificio. Saper bere vino, saper sacrificare, erano agli occhi dei Greci degli elementi fondamentali di civiltà. Gli Etruschi li avevano recepiti, erano idealmente ancor più greci dei Greci nella loro vita quotidiana. E lo affermano in un vaso prodotto da greci, ma per le loro esigenze, nel quale probabilmente una delle possibili interpretazioni in questa scena di sacrificio è coinvolto anche Icario o Malleus, uno dei pirati Tirreni che avevano rapito Dioniso. Ma è anche quello che lo aveva riconosciuto nel famoso mito della trasformazione dei pirati Tirreni in delfini. E colui il quale Dioniso decide di salvare e colui al quale probabilmente Dioniso insegna tutta quella sapienza che renderà gli Etruschi meritevoli di avere thesauroi a Delfi e di dialogare alla pari con i Greci”.
“L’etnocentrismo, anzi, potremmo forse dire impropriamente attualizzando, lo “snobismo” dei Greci è un dato ben noto che non si preoccuparono mai di nascondere più di tanto”, spiega Valentino Nizzo. “Eppure, nonostante questo e l’inevitabile conflittualità che spesso caratterizzò i loro rapporti, fecero alcune rare eccezioni, proprio con gli Etruschi di Cerveteri e con quelli di Spina. Tanto straordinarie quanto significative se si riflette con attenzione sulla documentazione disponibile, seppure tormentata dallo stato lacunoso e frammentario che la caratterizza. Perché Pyrgi venne definita da Servio metropolis degli Etruschi? Quale ruolo ebbero i thesauroi etruschi a Delfi? In che modo questi temi si intrecciano col più ampio dibattito sull’origine degli Etruschi? Questo ed altro potete trovarlo nel terzo episodio”.
“3. CAERE/PYRGI. LA METROPOLIS DEGLI ETRUSCHI E DELFI”. Siamo giunti alla terza puntata di “Rasna. Una serie etrusca” ed entriamo nel vivo dei rapporti fra Greci ed Etruschi. Al centro troviamo la dibattuta questione sull’origine degli Etruschi con tesi diversificate e complesse sulle quali si è andata costruendo la tradizione di questo popolo, a metà tra narrazione del mito e trasmissione della storia condivisa. I Greci hanno certamente contribuito alla costruzione dell’immagine degli Etruschi: da barbari pirati a popolo degno di essere ammesso al santuario di Delfi. Di queste e altre storie ci racconta Valentino Nizzo direttamente dal museo Archeologico nazionale di Ferrara. Il viaggio verso la conoscenza del mondo etrusco è cominciato e ci porterà nel cuore del Mediterraneo dove le relazioni commerciali e culturali ne hanno decretato fama e grandezza.

Ipotesi di ricostruzione dell’area santuariale di Pyrgi con i templi A e B (foto sabap vt)
“Il più importante commentatore antico dell’Eneide, Servio, nello spiegare un passaggio di Virgilio “Pyrgi Veteres”, aggiunge una frase molto interessante sulla quale si è soffermata la critica. “Questa fortezza fu nobilissima al tempo in cui gli Etruschi esercitavano la pirateria. Infatti fu la loro metropoli. L’uso della parola metropoli non è mai fatto a caso nel mondo antico: indica la città madre, il punto di origine di un intero popolo. Quindi questa affermazione collega direttamente Pyrgi, il santuario portuale di Cerveteri, con le tradizioni sulle origini degli Etruschi che sappiamo sono molto diversificate. Giovanni Colonna ha spiegato l’uso del termine collegandolo a due possibili versioni di questa tradizione. La prima è quella di ascendenza erodotea che ricollegava l’origine degli Etruschi alla Lidia e alla loro emigrazione forzata in seguito a una carestia, verso Occidente. Tuttavia Erodoto li faceva approdare nel paese degli Umbri, quindi sull’Adriatico, dove sorgeva già al suo tempo la città di Spina. Alla fine del V secolo e nel corso del IV, però, questa tradizione viene spostata dall’Adriatico al Tirreno: il punto di approdo dei profughi Tirreni dalla Lidia diventa appunto la spiaggia di Cerveteri. Questa è una sorta di occidentalizzazione del mito originario, della provenienza orientale degli Etruschi, che pone l’accento su una città particolarmente rilevante, non solo a quel tempo o anche prima, ma agli occhi dei Siracusani che potrebbero aver elaborato questa versione, Pyrgi e Cerveteri risultavano senza dubbio importanti. E questa tradizione continuava dicendo che questo Tirreni, approdati nelle spiagge di Cerveteri, avrebbero poi conquistato Cerveteri, che si chiamava Agilla ed era stata precedentemente fondata dai Pelasgi. In questo modo la tradizione si collegava con la versione di Ellanico, quella delle migrazioni, questa volta dei Pelasgi: dalla Grecia, prima a Spina, poi nel centro Italia a Cortona, chiamata Croton erroneamente, e poi la loro irradiazione nell’Etruria propria.

Il santuario di Apollo a Delfi in Grecia (foto graziano tavan)
“C’è un’altra però versione del mito un po’ più complessa, che dà agli Etruschi un’origine autoctona, dice che sono originari della nostra penisola e il luogo di origine sarebbe proprio l’area di Cerveteri. Anche se forse, questa è la tesi di Colonna, sarebbero arrivati lì dalla Sardegna, ma il discorso è lungo e complesso. A noi interessa evidenziare un aspetto importante della costruzione delle tradizioni, legato all’importanza che agli occhi dei Greci gli Etruschi assumono all’indomani della battaglia di Aleria, nel mare sardo, quando compiono un atto indegno di un popolo civile, quello della lapidazione dei prigionieri focei superstiti alla sconfitta che gli Etruschi avrebbero subito di fronte ad Aleria, in Corsica. Nel luogo dove vennero lapidati, Erodoto infatti dice che più tardi tutti gli esseri che passavano per quel luogo in cui giacevano i Focei divenivano storpi monchi e invalidi. Ugualmente le greggi, gli animali da tiro e gli uomini. Gli Agilei allora mandarono a interrogare l’oracolo di Delfi volendo riparare il fallo, e la Pizia ordinò loro di far compiere quelle cerimonie che gli Agilei compiono ancora oggi. Essi infatti offrono sacrifici funebri grandiosi e celebrano in onore dei morti un agone ginnico ed equestre. Nascono quindi in seguito a questo atto indegno dei giochi, dei sacrifici, evidentemente in onore di divinità che sono probabilmente le stesse collegate a quell’Apollo che aveva espresso il suo parere. Infatti noi sappiamo che anche in un settore del santuario di Pyrgi era venerato un Apollo con funzione oracolare, anche se era un Apollo etrusco, Suri, un Apollo infero, legato anche all’idea che il sole tramonta proprio in quel mare, sul quale Pyrgi si affaccia. Il santuario di Delfi era certamente il santuario più importante della Grecia. Era il luogo dove si andava a consultare la divinità per tramite della Pizia, prima di imprese come la fondazione di una colonia. Lo sappiamo fin dalla fine dell’VIII secolo e questo faceva sì che i sacerdoti di Delfi esercitassero un’influenza molto importante, alla quale corrispondevano anche doni e decime rilevanti. Tuttavia non si andava soltanto a consultare Apollo per la fondazione di città, ma anche in seguito ad atti negativi come la lapidazione dei Focei o, la tradizione ci ricorda e lo mostra uno splendido vaso di Spina da Valle Pega, anche Oreste, dopo l’uccisione di Clitennestra, sua madre, andò a consultare l’oracolo di Delfi per conoscere il modo in cui poteva espiare quel terribile peccato.

Cratere a volute attico a figure rosse della Tomba 57C di Valle Pega, conservato nel museo Archeologico nazionale di Ferrara, attribuito al Pittore di Kleophon, 430 a.C.. Nel registro superiore: sacrificio in onore di Apollo. Nel registro inferiore: danza orgiastica di satiri e menadi forniti di tirso e fiaccole e alcune con nebrls (foto drm-er)
“Qui vediamo in un altro monumentale cratere da Valle Pega, la scena di una processione, la consacrazione di un toro offerto ad Apollo che attende, seduto idealmente all’interno del tempio, cinto da due grandi tripodi. Il tripode era l’oggetto più caratteristico del santuario di Delfi, e ai piedi di uno di questi tripodi scorgiamo una pietra rotonda che potrebbe essere il celebre omphalos, l’ombelico che “apriva” una porta verso la terra dalla quale uscivano i vapori che consentivano alla Pizia di entrare in contatto con la divinità. Questi due vasi quindi ci mostrano uno scenario fatto di rituali, fatto di dialoghi con la divinità. Ci consentono di entrare nei luoghi più sacri della grecità. E il fatto che un popolo che per una parte della loro storia i Greci considerarono barbaro, fatto di pirati senza scrupoli, sia ammesso a consultare la Pizia e per suo tramite Apollo, indica l’assoluta rilevanza che agli occhi dei Greci avevano almeno a partire dalla seconda metà del VI secolo a.C. gli Etruschi, grazie al pagamento di cospicue decime dovute anche alle ricchezze che accumulavano con il commercio e forse anche con la pirateria. Gli Etruschi, infatti, si erano potuti comprare uno spazio sacro, un thesauròs a Delfi, nel quale offrire le proprie le proprie decime alla divinità e avere una sorta di precedenza nella consultazione di Apollo. Un onore unico tra i cosiddetti barbari che ebbero città come Cerveteri, e poi anche Spina. E questo la dice lunga quindi dei rapporti tra i Greci e i Tirreni, della loro evoluzione e del significato che questi popoli e queste città dovettero avere agli occhi dei Greci, al punto da indurli a riflettere sulle loro origini e sul perché, in epoche evidentemente anche molto lontane e precoci, tutto ciò era stato possibile. E questi vasi ci offrono uno squarcio di quel mondo greco. Sono vasi prodotti ad Atene che raccontano di una Grecia che per gli Etruschi evidentemente era molto vicina, al punto da volerli con sé nelle loro tombe e ancor prima nelle loro case”.
Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia la conferenza “Sette anni a Villa Giulia”, con Valentino Nizzo: primo incontro della seconda edizione del ciclo “chi (ri)cerca trova. I professionisti si raccontano al museo”. Piccolo bilancio dell’ex direttore, ora docente all’Orientale di Napoli
Sarà proprio Valentino Nizzo, l’indimenticato e indimenticabile direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, ad aprire la seconda stagione del ciclo di conferenze “CHI (RI)CERCA TROVA. I professionisti si raccontano al Museo”. Il museo Etru ha infatti confermato per il 2024 gli incontri divulgativi tenuti da esperti e studiosi di diverse discipline per presentare al grande pubblico la ricerca scientifica e i progetti di studio che vedono il Museo e Villa Giulia come protagonisti. I professionisti del mondo dell’archeologia, della storia dell’arte e del restauro presenteranno le loro ricerche a curiosi, studenti e specialisti per diffondere la conoscenza dei loro studi, raccontare esiti e condividere ipotesi, offrendo nuovi spunti di lettura sui temi proposti. Tra i temi affrontati ci sarà la tomba Galeassi, i guerrieri etruschi di Vulci, le novità emerse dagli studi d’archivio e molto altro ancora. Da gennaio a dicembre, 10 conferenze su esperienze, indagini, approfondimenti che rendono la ricerca condivisa, partecipata, quindi utile. Gli appuntamenti si tengono in Sala Fortuna sempre alle 16 con ingresso gratuito fino ad esaurimento posti. Prenotazioni all’indirizzo mn-etru.didattica@cultura.gov.it. Intanto si possono rivedere online le conferenze del 2023 https://www.youtube.com/playlist….
Appuntamento dunque con la prima conferenza del 2024 “Sette anni a Villa Giulia”, venerdì 19 gennaio 2024, in Sala Fortuna alle 16 con ingresso gratuito fino ad esaurimento posti. Prenotazioni all’indirizzo mn-etru.didattica@cultura.gov.it. Protagonista Valentino Nizzo, già direttore del museo nazionale Etrusco, ripercorrerà i 7 anni trascorsi alla direzione di uno dei musei archeologici più prestigiosi del mondo, presentando i risultati di quanto realizzato finora e i progetti in corso a Villa Giulia.
“Questa bella iniziativa dei servizi educativi del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia”, spiega Nizzo, “era partita prima che il mandato finisse anticipatamente. Era stata immaginata come l’occasione per fare il punto della situazione, in vista dei due anni che mancavano, sui progetti compiuti, su quelli in corso e su quelli ancora da compiere. Il settimo anno era appena iniziato ma mi piaceva troppo il riferimento cinematografico al quasi omonimo romanzo Sette anni in Tibet, anche in virtù – scherza – delle lapalissiane somiglianze con il protagonista del suo adattamento cinematografico”. Poi passa a scorrere l’album dei ricordi: “L’esperienza meravigliosa di Villa Giulia è stata effettivamente molto simile a una lunga scalata, con tanti territori ancora inesplorati e la necessità di mettere davanti a tutto le esigenze di una struttura delicatissima, dalle grandi potenzialità in buona parte inespresse, molte ancora tutte da interpretare come il recupero delle Concerie Riganti. Passo dopo passo e spesso in modo laboriosamente silente, la squadra del museo, sempre purtroppo molto esigua ma fortemente motivata, è riuscita a mettere in fila i tasselli di quello che sin da subito è apparso un tetris molto complesso.

Il direttore Valentino Nizzo nel 2022 davanti al sarcofago degli Sposi con un gruppo di studenti in visita al museo nazionale etrusco di Villa Giulia a Roma (foto etru)
A ottobre – ricorda – abbiamo ultimato finalmente il complicatissimo trasloco e riallestimento della biblioteca e di una parte degli archivi che ha comportato un lunghissimo intervento di recupero degli spazi e riorganizzazione dei materiali. Non abbiamo fatto in tempo nemmeno a inaugurarli impegnati come eravamo nella mostra sui Castellani a Milano e in quella su Spina a Roma. Le incertezze degli ultimi mesi e l’esigenza di garantire la continuità non lo hanno consentito ma spero presto sia possibile farlo perché con questi strumenti il museo ha acquisito spazi fondamentali per lo studio e la ricerca. Questo lavoro è andato di pari passo con la razionalizzazione e il riscontro dei magazzini che già ad agosto avrebbe dovuto portare il museo a disporre di un deposito d’eccellenza accessibile straordinariamente al pubblico. Poi un imprevisto ha reso necessarie delle verifiche statiche che fortunatamente hanno avuto esiti negativi ma non mi hanno dato la soddisfazione di veder completato anche questo pezzo fondamentale del mosaico. Sarà anche l’occasione – conclude – per salutare chi vorrà/potrà esserci tra le tante persone che mi hanno sostenuto in questi splendidi anni aiutandomi a superare con il sorriso e l’affetto tante difficoltà”.

Valentino Nizzo, nel 2023, quando era direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
Valentino Nizzo ha compiuto gli studi all’università “Sapienza” di Roma dove ha conseguito laurea, specializzazione e dottorato di ricerca in Etruscologia. Dopo un biennio post-dottorale in “Archeologia Globale” all’Istituto Italiano di Scienze Umane di Firenze, nel 2010 è diventato funzionario archeologo per il ministero della Cultura, prima al museo Archeologico nazionale di Ferrara e poi alla direzione generale Musei. Nel 2017 ha vinto la selezione internazionale per la direzione del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, che ha diretto fino al dicembre 2023. In qualità di esperto altamente qualificato nel settore, ha insegnato presso diverse università italiane tenendo corsi di museologia, comunicazione ed etruscologia. Ha partecipato a numerosi scavi archeologici e ottenuto vari premi e borse di studio. Ha inoltre più di 200 pubblicazioni (parzialmente accessibili online: https://sumitalia.academia.edu/ValentinoNizzo). I suoi interessi vertono sulle problematiche storico-culturali delle civiltà etrusco-italiche, sulla prima colonizzazione greca, sul confronto tra archeologia e antropologia, sull’ideologia funeraria e sui meccanismi di comunicazione archeologica. Attualmente è professore associato di Etruscologia e Antichità italiche all’università di Napoli L’Orientale.
Milano. Alla Fondazione Luigi Rovati al via il ciclo di incontri “Gli Etruschi nella collezione Castellani. Produzioni mediterranee, dèi ed eroi e vita femminile” a corollario della mostra “Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda”


Collezione Castellani al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: campagna fotografica della Fondazione Luigi Rovati per la mostra “Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda” (foto pasquale de bellis)
Valentino Nizzo, Giuseppe Sassatelli, Chiara Camoni, Giovanna Forlanelli, Antonella Magagnini, Annalisa Zanni, e Mathieu Rousset-Perrier sono i protagonisti delle conversazioni promosse dalla Fondazione Luigi Rovati a corollario della mostra “Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda” (vedi Milano. Al museo d’Arte della Fondazione Rovati apre la mostra “Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda”: per la prima volta i capolavori archeologici insieme ai gioielli antichi e moderni della famosa famiglia di antiquari, collezionisti e orefici dell’800 lasciano il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia per un progetto itinerante | archeologiavocidalpassato), ottanta opere della celebre collezione Castellani del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, appartenenti sia alla raccolta archeologica che a quella dei gioielli antichi e moderni, esposte al museo d’Arte della fondazione a Milano fino al 3 marzo 2024. Giuseppe Sassatelli, curatore dell’esposizione, e Giovanna Forlanelli, presidente della Fondazione Luigi Rovati, guidano alla scoperta de “Gli Etruschi nella collezione Castellani. Produzioni mediterranee, dèi ed eroi e vita femminile”. Gli incontri sono gratuiti e a ingresso libero, fino a esaurimento posti disponibili. Il biglietto per la conferenza non include l’accesso al Museo d’arte. Tutte le conferenze saranno disponibili sul canale YouTube della Fondazione.

Gli Ori Castellani, i gioielli realizzati dai celebri orafi che nel XIX secolo inventarono la cosiddetta “oreficeria archeologica italiana” (foto da rivista Scientific Reports)
L’attività di Fortunato Pio Castellani e dei suoi figli Alessandro e Augusto, si intreccia con un periodo di grandi scoperte di scavo nelle terre un tempo abitate dalle civiltà etrusche ed italiche. Affascinato delle tecniche arcaiche di produzione orafa, Fortunato Pio riesce con successo a riprodurne l’estetica e lancia un nuovo genere di oreficeria “nello stile degli antichi”. Un programma di iniziative accompagna i mesi di mostra dando risalto ai vari aspetti della famiglia e della bottega Castellani. Ecco il calendario. Si inizia mercoledì 10 gennaio 2024, alle 18, con Valentino Nizzo (università L’Orientale di Napoli) e Giuseppe Sassatelli (istituto nazionale degli Studi Etruschi) su “Dall’oggetto al contesto, dal mito alla Storia: la nascita dell’archeologia moderna nell’epoca dei Castellani” (prenotazione su Biglietti – Fondazione Luigi Rovati). Quindi mercoledì 17 gennaio 2024, alle 18, con Chiara Camoni, artista, e Giovanna Forlanelli (Fondazione Luigi Rovati): dialogo per approfondire le opere dell’artista dalle “Grandi Sorelle” alla “Distruzione bella”, i gioielli contemporanei accompagnano e approfondiscono quelli antichi (prenotazione su Biglietti – Fondazione Luigi Rovati). Mercoledì 24 gennaio 2024, alle 18, con Antonella Magagnini, archeologa, già curatrice dei Musei Capitolini, su “I Castellani: un prisma di attività” (prenotazione su Biglietti – Fondazione Luigi Rovati). Ultimo incontro mercoledì 7 febbraio 2024, alle 18, con Annalisa Zanni, storica dell’arte, e Mathieu Rousset-Perrier, musée des Arts Décoratifs, su “Le oreficerie dell’atelier Castellani a Milano” (prenotazione su Biglietti – Fondazione Luigi Rovati).
Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia incontro sulla Valle dei Templi con presentazione del libro “La Valle dei Templi” (Carocci) di Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello e Maria Serena Rizzo
Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia si parte dalla presentazione di un libro per parlare della Valle dei Templi di Agrigento. Giovedì 23 novembre 2023, alle 17, in sala Fortuna l’incontro a partire dal volume edito da Carocci “La Valle dei Templi” di Valentina Caminneci, Maria Concetta Parello e Maria Serena Rizzo, funzionarie archeologhe del parco archeologico e naturalistico della Valle dei Templi (Agrigento). Modera Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. Interviene Giovanni Di Stefano, università Tor Vergata. Sarà presente la curatrice Maria Serena Rizzo. Ingresso libero in sala fino a esaurimento posti. Per prenotazioni scrivere a presentazioni@carocci.it.

Copertina del libro “La Valle dei Templi” (Carocci editore)
I luoghi dell’archeologia. La Valle dei Templi. Fondata nel 580 a.C. da abitanti della colonia rodio-cretese di Gela, Akragas divenne presto la città siceliota più importante dopo Siracusa, insieme alla quale inflisse una dura sconfitta ai Cartaginesi nel 480 a.C. Nei decenni successivi alla storica battaglia di Himera, lungo le mura meridionali della città venne costruita la maggior parte di quei grandiosi templi che hanno talmente colpito l’immaginazione di visitatori e studiosi da dare il loro nome all’intera area archeologica. Ma storia e archeologia della Valle dei Templi non si esauriscono certo in essi, né nel periodo della loro costruzione. Il volume racconta la lunga storia del sito archeologico e ne illustra i principali monumenti, anche alla luce delle scoperte più recenti.
Roma. Simposio “La prospettiva italiana. Stato dell’Arte” promosso da The Journal of Cultural Heritage Crime, l’università di Roma “La Sapienza” e il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia in occasione della Giornata internazionale contro il traffico illecito di beni culturali

Il 14 novembre è la Giornata internazionale contro il traffico illecito di beni culturali, istituita dall’UNESCO nel 2020, in ricordo della firma della Convenzione di Parigi del 1970, quale primo strumento di diritto internazionale per la protezione dei beni culturali in tempo di pace. La Convenzione all’Art. 2 recita: “Gli Stati parti della presente Convenzione riconoscono che l’importazione, l’esportazione e il trasferimento illeciti di proprietà di beni culturali costituiscono una delle cause principali di impoverimento del patrimonio culturale dei paesi d’origine di questi beni e che una collaborazione internazionale costituisce uno dei mezzi più efficaci per proteggere i rispettivi beni culturali contro tutti i pericoli che ne sono le conseguenze. A tale scopo, gli Stati partecipanti s’impegnano a combattere tali pratiche con i mezzi di cui dispongono, in particolare sopprimendo le cause, interrompendo il loro svolgersi e aiutando ad effettuare le necessarie riparazioni”. The Journal of Cultural Heritage Crime, l’università di Roma “La Sapienza” e il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia promuovono il 14 novembre 2023, dalle 9.30 a Roma, la prima edizione di un Simposio, che in questa occasione verterà su “La prospettiva italiana. Stato dell’Arte” e che è inteso come un momento di incontro e confronto di pratiche e competenze tra esperti di settore, ricercatori e docenti universitari. L’evento nasce con l’ambizione di diventare l’appuntamento annuale di riferimento per fare il punto sulla tutela del patrimonio culturale e la cooperazione internazionale.

Il punto di vista accademico, prescelto per questa prima edizione, sarà al centro dei lavori del Simposio: la dissertazione di una serie di casi studio, risolti e irrisolti, offrirà una panoramica delle esperienze nazionali di studio, e lascerà altresì spazio alle questioni ancora aperte più che alle soluzioni. I contributi istituzionali sono a cura della direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio – Ufficio Circolazione, dell’Avvocatura dello Stato, del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, di Interpol e Unidroit. L’evento si svolgerà in presenza al mattino nella Sala della Fortuna del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (ingresso libero fino a esaurimento posti; prenotazione obbligatoria al link https://forms.gle/wvMEizKjJusMuZiR9), per poi proseguire all’Odeion del museo dell’Arte classica – università “La Sapienza” (Ingresso libero fino a esaurimento posti). In entrambe le sedi è organizzata una speciale visita guidata alle mostre in corso. In contemporanea ai lavori del Simposio sono previsti due momenti dedicati alle scuole. Il Liceo Classico “Augusto” di Roma, nell’ambito del progetto di istituto “Incontri con l’esperto”, ospiterà l’incontro con Fabio Isman, giornalista e autore de I predatori dell’arte perduta (Skira, 2009), L’Italia dell’arte venduta (il Mulino, 2017), Quando l’arte va a ruba (Giunti, 2021). A Villa Rendano (CS), nell’ambito del progetto “Musei. Presidio di legalità” ideato da Anna Cipparrone, direttore del museo Consentia Itinera, e dal Nucleo Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, saranno presentati gli elaborati creativi, grafici o video, prodotti dalle studentesse e dagli studenti di Cosenza del Liceo Classico “B. Telesio”, dell’IC “Spirito Santo” e dell’IC “Fausto Gullo”, e del Liceo Classico “G. Garibaldi” di Castrovillari. Sostengono l’iniziativa: l’associazione APS Art Crime Project, Legambiente, la Monuments Men and Women Foundation, l’associazione nazionale Carabinieri – Tutela Patrimonio Culturale, il museo Consentia Itinera, la fondazione ETS Attilio e Elena Giuliani, la fondazione Santagata per l’Economia della Cultura, il progetto MemO – università di Padova, il CAMNES – Center for Ancient Mediterranean and Near Eastern Studies, l’Istituto per l’Arte e il Restauro – Palazzo Spinelli, Art-Test- Firenze e il liceo classico “Augusto” di Roma.
PROGRAMMA. Sala della Fortuna, museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. Alle 9.30, indirizzi di saluto: Valentino Nizzo, direttore ETRU; Claudia Carlucci, Laura Michetti, dip. Scienze antichità università di Roma “La Sapienza”; Serena Epifani, università di Roma “Tor Vergata”; JCHC. PRIMA SESSIONE: 10, “Il contributo italiano al rafforzamento della convenzione UNESCO 1970 e la legislazione europea in materia di importazioni” con Stefania Bisaglia e Lia Montereale, direzione generale Archeologia Belle arti e Paesaggio, Ufficio Circolazione, ministero della Cultura; 10.20, Lorenzo D’Ascia, Avvocatura dello Stato; 10.40, “Il Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale” con ten. col. Paolo Salvatori, comandante sezione Archeologia, comando Carabinieri TPC Comando TPC; 11, INTERPOL, “Il contrasto al traffico illecito di beni culturali” con Tiziano Coiro, coordinatore della Works of Art Unit di INTERPOL; 11.20, “L’Italia e la Convenzione UNIDROIT del 1995” con Marina Schneider, UNIDROIT; 11.40, pausa. 11.50, “Il caso studio del bronzo di atleta da Fano: il valore del nome per un ritorno possibile” con Rachele Dubbini, università di Ferrara; 12.10, Arianna Traviglia, Centre for Cultural Heritage Technology – Istituto Italiano di Tecnologia; 12.30, “La rete del mercato di antichità. Vecchi problemi, nuove prospettive” con Riccardo Giovanelli, università Ca’ Foscari, Art Crime Project Association; 12.50, “Patrimonio culturale a rischio: stato dell’arte e strategie” con Luca Zamparo, università di Padova; 13.10, discussione. A seguire, visita guidata alla mostra “Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo”.
PROGRAMMA. Odeion museo dell’Arte classica, musei Sapienza. Alle 12.45, conferenza stampa mostra “Caere. Storie di dispersione e di recuperi”, museo di Etruscologia e Archeologia italica. Alle 17, visita guidata alla mostra “Caere. Storie di dispersione e di recuperi”. SECONDA SESSIONE. Alle 18, “Il patrimonio archeologico etrusco tra dispersione, recuperi e fruizione digitale. Un progetto del Dipartimento di Scienze dell’Antichità della Sapienza” con Claudia Carlucci, Laura Michetti, università di Roma “La Sapienza”; 18.20, “Attività per il monitoraggio dei siti archeologici a rischio scavi clandestini e tipologie di danni al patrimonio” (MiC-Comando Carabinieri TPC-CNR- UniSalento). “Il caso dei grandi abitati della Puglia Settentrionale” con Marcello Guaitoli, università del Salento; 18.40, “Le urne del sepolcro dei Cacni a Perugia: recupero, restauro e valorizzazione” con Gabriele Cifani, università di Roma “Tor Vergata”; 19, “Traffico illecito di reperti archeologici. Due casi-studio ancora irrisolti” con Daniela Rizzo, già funzionario MIBAC, Ufficio Sequestri; 19.20, discussione.
Milano. Al museo d’Arte della Fondazione Rovati apre la mostra “Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda”: per la prima volta i capolavori archeologici insieme ai gioielli antichi e moderni della famosa famiglia di antiquari, collezionisti e orefici dell’800 lasciano il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia per un progetto itinerante

Collezione Castellani al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia: campagna fotografica della Fondazione Luigi Rovati per la mostra “Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda” (foto pasquale de bellis)
Ottanta opere della celebre collezione Castellani del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, appartenenti sia alla raccolta archeologica che a quella dei gioielli antichi e moderni, da Roma hanno preso la via di Milano dove, alla Fondazione Luigi Rovati, il 25 ottobre 2023 apre la mostra “Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda”, nata dalla collaborazione fra museo ETRU e Fondazione Rovati. Le opere resteranno a Milano fino al 3 marzo 2024 per prendere poi la strada di Hannover in Germania dove saranno parte di un nuovo progetto espositivo. “Per alcuni mesi i tesori della collezione Castellani”, ricorda Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, “diverranno gli ambasciatori del Museo con un progetto espositivo originale che mira a valorizzarne anche la fama sul piano dell’influenza artistica che la famiglia di antiquari, collezionisti e orefici ha esercitato nell’800 divenendo un punto di riferimento a livello internazionale”. E continua: “Gli spazi liberati dai capolavori Castellani saranno occupati a novembre dalla grande mostra sulla città etrusca di Spina, proveniente da Ferrara”.
All’apertura della mostra, mercoledì 25 ottobre 2023, alle 18, Giuseppe Sassatelli, curatore della mostra, e Giovanna Forlanelli, presidente della Fondazione Luigi Rovati, terranno una conversazione su “Gli Etruschi nella collezione Castellani. Produzioni mediterranee: dèi ed eroi e vita femminile”. L’incontro è gratuito e a ingresso libero, fino a esaurimento posti disponibili. Si consiglia la prenotazione. Il biglietto per la conferenza non include l’accesso al Museo d’arte.

Lo Studio Castellani, Sala II “Ori antichi”, ai primi del ‘900 (foto archivio fotografico etru)
Tesori etruschi. La collezione Castellani tra storia e moda. La mostra apre mercoledì 25 ottobre 2023 il programma autunnale della Fondazione. Ospitare la più significativa collezione del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, finora mai uscita nella sua completezza, è il risultato della collaborazione tra un‘istituzione pubblica e un‘istituzione privata che vede i due musei impegnati nel valorizzare il patrimonio etrusco e la storia del collezionismo che si sviluppa attorno ad esso. L’attività di Fortunato Pio Castellani e dei suoi figli Alessandro e Augusto, orafi, collezionisti e mercanti di antichità, s’intreccia con la stagione delle grandi scoperte di scavo nei territori anticamente abitati dalle popolazioni etrusche e italiche. La famiglia Castellani avvia e sviluppa anche un’intensa attività di collezionismo e promuove scambi di antichità provenienti dalla penisola, in cui interesse storico, esigenze di studio, sentimento nazionale e commercio internazionale s’intrecciano.

Gli Ori Castellani, i gioielli realizzati dai celebri orafi che nel XIX secolo inventarono la cosiddetta “oreficeria archeologica italiana” (foto da rivista Scientific Reports)
La mostra approfondisce la storia della famiglia Castellani, della sua bottega orafa, che lancia la moda della gioielleria antica, e della sua straordinaria collezione raccolta negli anni e donata in parte al Museo di Villa Giulia nel 1919 e in parte disseminata nei musei di tutto il mondo. I reperti in arrivo da Roma – oltre ottanta – si affiancano alla collezione permanente del Museo d’arte in un processo di contaminazione che segue il metodo espositivo della Fondazione. Le sei sezioni della mostra espongono numerosi gioielli antichi accanto a fedeli riproduzioni ottocentesche, come il pendente in oro a testa di Acheloo; ceramiche attiche, come la kylix attribuita al Pittore di Phrynos; e ceramiche mediterranee, come l’hydria prodotta a Caere e attribuita al Pittore dell’Aquila. La Sala azzurra ospita un dialogo tra l’oreficeria etrusca, affiancata alla produzione ottocentesca della bottega Castellani, con i gioielli contemporanei di Chiara Camoni. L’artista presenta una serie di sculture-gioiello ottenute fondendo oggetti preziosi con un processo inverso, che “dalla forma ritorna verso l’informe, e dal quale si genera inaspettatamente altra bellezza”.

Lo Studio Castellani, Sala IV “Ori moderni”, ai primi del ‘900 (foto archivio fotografico etru)
La Bottega Castellani. Nel 1814 Fortunato Pio, capostipite della famiglia Castellani, apre in via del Corso a Roma la propria bottega orafa. Trasferita poi in piazza Fontana di Trevi, diventa una tappa obbligata per intellettuali, politici, personaggi noti ed esponenti della nobiltà europea in visita nella capitale. Scambi di idee, conversazioni di contenuto politico e artistico animano le “sale di ricevimento” dello studio Castellani. Questi spazi sono vetrine per le creazioni, oltre che eleganti salotti in cui coltivare rapporti sociali e collezionare informazioni. La sede a Fontana di Trevi è suddivisa in un’anticamera e quattro ampie sale comunicanti, ciascuna dedicata a diverse categorie di gioielli. Una sezione è destinata agli “ori antichi” mentre un’altra agli “ori moderni”. Esposti su scaffali affollati e spesso integrati nell’arredamento, i monili illustrano “sopra tangibili, sicuri documenti, la vecchia tradizione della scuola degli orafi romani”.
Oristano. “Lord Vernon e la città di Tharros”: convegno internazionale, in presenza e on line, all’Auditorium dell’Hospitalis Sancti Antoni e mostra all’Antiquarium Arborense dedicata a George John Warren, quinto barone di Vernon, che a Tharros scoprì quattordici tombe cartaginesi intatte, ricche di oreficerie, e alla storia della corsa all’oro nella necropoli di Tharros dopo le sue scoperte
Il 28 settembre 2023, dalle 10, nell’Auditorium dell’Hospitalis Sancti Antoni a Oristano, il convegno internazionale di studi “Lord Vernon e la città di Tharros” narrerà la storia della corsa all’oro nella necropoli di Tharros, suscitata dallo scavo del 1851 del Barone Vernon. I lavori saranno a ingresso libero e aperti al pubblico. Il convegno si potrà seguire in diretta sulla pagina Facebook del museo Archeologico e Storico artistico Antiquarium Arborense di Oristano. L’iniziativa è dell’assessorato alla Cultura del Comune di Oristano, della Fondazione Oristano e dell’Antiquarium Arborense, in collaborazione con l’assessorato alla Cultura della Regione Sardegna, le università di Cagliari e Sassari e la Fondazione Mont’e Prama: oltre al convegno internazionale all’Hospitalis Sancti Antoni, in programma anche l’inaugurazione della mostra “Lord Vernon nella piccola California di Tharros” alle 19 all’Antiquarium arborense. La giornata di studio è dunque dedicata a George John Warren, quinto barone di Vernon, lo studioso inglese che a Tharros fu autore della scoperta di quattordici tombe cartaginesi intatte, ricche di oreficerie, e alla storia delle sue scoperte nell’antica città di Tharros. Nel corso della giornata, il sindaco Massimiliano Sanna e il direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia Valentino Nizzo firmeranno la convenzione “Tular Rasnal” che intende valorizzare su tutto il territorio italiano le culture dell’Italia preromana e in particolare quella etrusca e incentivare interventi di grande respiro tra i quali, prioritaria nell’ottica del consolidamento del Sistema Museale Nazionale, la costruzione di un circuito virtuoso di apertura alla fruizione e al godimento del patrimonio culturale. Valentino Nizzo sarà anche uno dei protagonisti principali del convegno internazionale con la Lezione inaugurale dal titolo “Lord Vernon e l’archeologia della necropoli di Cuma di fase protocorinzia”. La giornata si incentra sulla figura di Lord Vernon che nel 1851 scoprì quattordici tombe a camera cartaginesi trovando un vero e proprio tesoro di corredi funerari, composti di oreficerie, scarabei, bronzi e prezioso vasellame. Gli scavi del Lord Inglese, furono causa della corsa all’oro a Tharros. Infatti nell’aprile 1851 dopo la notizia degli scavi gli abitanti dei villaggi vicini effettuarono il vandalico scavo di cento tombe a camera distruggendo per il futuro la nostra conoscenza dei contesti. La storia racconta di più di 500 uomini divisi in società che per più di tre settimane giorno e notte furono occupati a depredare Tharros dei suoi tesori che erano tanto ricchi da procurarle il titolo di “Piccola California”.

L’area archeologica di Tharros (foto drm-sardegna)
IL PROGRAMMA. Auditorium Hospitalis Sancti Antoni, alle 10, saluti delle autorità: Massimiliano Sanna, sindaco di Oristano; Luca Faedda, assessore alla Cultura di Oristano; Carlo Cuccu, presidente della fondazione Oristano; Anthony Muroni, presidente fondazione Mont’e Prama. Firma della convenzione “Tular Rasnal” tra il direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia e il sindaco di Oristano. Modera Anna Paola Delogu, Antiquarium Arborense. Alle 10.30, lezione inaugurale: Valentino Nizzo (museo nazionale Etrusco di Villa Giulia) “Lord Vernon e l’archeologia della necropoli di Cuma di fase protocorinzia”; 11, Raimondo Zucca (università di Sassari) e Anna Paola Delogu (Antiquarium Arborense) “Lord Vernon tra Oristano e Tharros nel 1851”; 11.30, Anna Chiara Fariselli (università di Bologna) “La necropoli meridionale di Tharros: proposte di lettura del paesaggio funerario alla luce dei recenti scavi”; 12, Carla Del Vais (università di Cagliari) “La necropoli settentrionale di Tharros: nuovi dati”; 12.30, discussione sulle relazioni del mattino; 15.30, ripresa dei lavori: Michele Guirguis (università di Sassari) ed Enrico Dirminti (soprintendenza ABAP per le province di Sassari e Nuoro) “Aigyptiakà di Tharros: status quaestionis e spunti di riflessioni alla luce delle recenti ricerche in Sardegna”; 16, Pier Giorgio Spanu (università di Sassari) e Raimondo Zucca (università di Sassari) “Storia e archeologia di Tharros in età romana, vandalica e bizantina”; 16.30, Pascal Arnaud (professeur emérite Université Lumière – Lyon 29) “Tharros dans les routes de la navigation antique” (Tharros nelle rotte della navigazione antica); 17, discussione sulle relazioni del pomeriggio; 17.20, proclamazione del vincitore della prima edizione del premio nazionale “Il Romanzo dell’Archeologia”. Alle 17.40, visita al museo diocesano Arborense e alla sua collezione di antichità tharrensi; 18.40, visita all’Antiquarium Arborense. Alle 19, all’Antiquarium Arborense inaugurazione della mostra “Lord Vernon nella Piccola California di Tharros”.
Roma. Al via il progetto “To BE: conversazioni sul Futuro Digitale della Cultura”. Il primo incontro, in presenza e on line, “Le nuove forme e funzioni della conoscenza nel Web3” all’associazione Civita
“Università, scuola, musei, biblioteche e in generale tutte le organizzazioni culturali e i professionisti del settore sono chiamati a riflettere per poter rispondere in maniera efficace alle nuove istanze relative alle competenze necessarie al nuovo scenario globale. È forte l’eco mediatica delle considerazioni sull’impatto dell’automazione sui lavori culturali e creativi, che rischia di cancellare molte professionalità, ma altrettanto importante è riuscire a ricalibrare l’evoluzione di educazione e formazione per riuscire ad interpretare il contesto”. Sono le parole di Claudio Calveri, curatore del progetto “To BE: conversazioni sul Futuro Digitale della Cultura”, ideato da Fondazione Kainòn in collaborazione con Associazione Civita e Pts SpA, e con il sostegno di ICOM Italia. Un programma di 6 talk, ciascuno verticale su un tema specifico. Ogni incontro fornirà visioni accompagnate da buone pratiche e progetti per riflettere attorno all’idea di futuri possibili, assieme a rappresentanti di istituzioni culturali nazionali ed internazionali e dell’innovazione. Tanti gli argomenti che saranno trattati: nuove forme e funzioni della conoscenza nel Web3, VR, realtà mista e dimensione phygital, blockchain, NFT e Intelligenza Artificiale, digital trust ed etica digitale. Gli incontri avranno luogo tra settembre 2023 e febbraio 2024, ospitati alternativamente nella sala convegni “Gianfranco Imperatori” dell’associazione Civita e nella sede romana di PTS SpA.
Le parole di Calveri anticipano i tempi della prima conversazione sul futuro digitale della cultura “Le nuove forme e funzioni della conoscenza nel Web3”, in programma giovedì 21 settembre 2023, alle 18, nella sala “Gianfranco Imperatori di associazione Civita, in piazza Venezia 11 a Roma. Intervengono Giorgio Scura, fondatore e direttore responsabile di Descripto.org; Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia; Emiliano Paoletti, direttore del Polo del ‘900 di Torino; Adriana Versino, presidente di Fondazione Vodafone. Per partecipare bisogna iscriversi (https://bit.ly/3YPEYah). L’ingresso è libero fino all’esaurimento dei posti: la registrazione è necessaria ma potrebbe non essere sufficiente a garantire un posto in sala. Si può seguire l’incontro in diretta sul canale YouTube di Fondazione Kainòn: https://bit.ly/44ryG1Z.
Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia al via la terza edizione di “Incontri con la musica”: cinque serate dedicate a Mozart tra storia, arte e musica. Già tre sold out. I concerti saranno introdotti da “C’era una volta Mozart”: dialoghi con personalità del mondo della letteratura
Solo posti in piedi, sulle panchine o sul prato. Ma conviene comunque continuare a prenotare per avere un posto in caso di rinuncia. Al via con tre sold out, i concerti del 5, del 6 e dell’8 settembre 2023, la rassegna “Incontri con la Musica III Edizione: Incontri con Mozart”, dal 5 al 9 settembre 2023, alle 20.15, al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia. Nel giardino del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia cinque serate dedicate a Mozart tra storia, arte e musica, che trasformano l’esperienza al Museo in un momento trasversale alle arti grazie ad alcuni dei più brillanti e stimati artisti internazionali. Il festival Incontri con la Musica è realizzato grazie al bando della direzione generale Spettacolo del ministero della Cultura “Sostegno per la valorizzazione delle attività di spettacolo dal vivo da svolgersi nei musei, parchi archeologici di rilevante interesse nazionale”, e con il sostegno di Banca del Fucino. I concerti saranno introdotti da “C’era una volta Mozart”: dialoghi con personalità del mondo della letteratura condotti da Francesco Antonioni. Concerto incluso nel biglietto del Museo. Ingresso 5 euro (4 euro + 1 euro di contributo a sostegno delle zone alluvionate). Prenotazione obbligatoria su: www.promu.it/biglietti. Il biglietto si acquista direttamente in biglietteria a partire dalle 19.30. Gratuito per abbonati e aventi diritto. Per essere inseriti in lista d’attesa si può scrivere un’email a info@promu.it. Si verrà ricontattati per assegnare la seduta nel caso si liberino di posti. Comunque, anche senza posto prenotato si può accedere al museo e assistere al concerto dalle panchine dell’emiciclo, sul prato o restando in piedi.
Dopo il successo di pubblico e critica dei concerti dell’edizione 2022 dedicata a Schubert, si consolida sempre di più questo intenso appuntamento romano che mira alla valorizzazione culturale degli spazi del Museo, proponendo una fruizione delicata e in armonia con l’anima della villa e la sua destinazione. Con questo progetto, il collettivo Promu, fondato da Alessandro Muller, Enrico Loprevite e Luca Pacetti, rafforza la sua centralità artistica nella città di Roma e nel panorama dell’offerta musicale di qualità che trova espressione nel Festival sull’Appia Antica a giugno e negli appuntamenti musicali di settembre a Villa Giulia.

Il collettivo Promu che organizza gli “Incontri con la Musica” al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto promu)
“Siamo felici di rinnovare, per il terzo anno consecutivo, la nostra collaborazione con il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia e, in particolare, con il suo lungimirante direttore Valentino Nizzo”, spiegano al collettivo Promu. “Nel nostro ambizioso percorso monografico non poteva mancare uno dei compositori più famosi ed eseguiti nella Storia della Musica: Wolfang Amadeus Mozart. Quest’anno abbiamo voluto dare un respiro più internazionale alla programmazione artistica degli “Incontri con la Musica”, ospitando formazioni del calibro del Cuarteto Casals e grandi solisti, come la violinista Alexandra Conunova. La sfida di Promu si conferma e consolida: salvaguardare e promuovere la bellezza, offrendo al pubblico un’esperienza nuova, alla scoperta dei gioielli nascosti del patrimonio culturale della città di Roma”.

Valentino Nizzo, direttore del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto promu)
“Villa Giulia è da sempre luogo di benessere per il corpo e lo spirito”, dichiara il direttore del museo, Valentino Nizzo. “Papa Giulio III, a cui si deve la sua costruzione, l’aveva eletta a sua residenza di piacere, aprendo le porte a tutte le forme di arte e di intelletto nello spirito più alto del Rinascimento. Uno scrigno della tradizione classica e della modernità e un luogo di incontro fra i maggiori artisti dell’epoca. Dopo un lungo periodo di declino nel quale ha continuato comunque ad essere ammirata come ottava meraviglia al mondo, Villa Giulia è tornata a risplendere alla fine dell’Ottocento grazie a Felice Barnabei che la trasformò nel 1889 in uno dei più importanti musei della Capitale. Col medesimo spirito continuiamo a promuovere e valorizzare Villa Giulia e il suo potente ruolo di collettore delle arti anche attraverso la musica e questi straordinari appuntamenti realizzati con grande passione e competenza da Promu ci offriranno una opportunità ulteriore per riempire di senso luoghi che fin dalle loro origini sono stati pensati per dare ospitalità a tutte le Muse e a quanti non possono fare a meno di esserne incantati”.

Villa Giulia vista da drone, sede del museo nazionale Etrusco, fondato da Felice Bernabei (foto etru)
Nel cortile rinascimentale di Villa Giulia, residenza suburbana di Papa Giulio III, architettata alla metà del ‘500 da Vignola, Ammannati Vasari e Michelangelo, oggi sede del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia e custode della più importante raccolta etrusca al mondo, il fortunato pubblico potrà assistere a cinque concerti preziosi quanto il luogo che li ospita. Alcuni dei migliori artisti del panorama internazionale indagheranno il mondo di Mozart, le sue radici, ma anche gli intrecci che lo legano a pagine musicali di epoche lontane, come il quintetto di Carl Maria von Weber in programma l’8 settembre o il quartetto della novantunenne compositrice russa Sofia Gubaidulina che sarà sul palco il 7 settembre.

Il violoncellista Enrico Bronzi a “Incontri con Mozart” (foto etru)
Tra i protagonisti spiccano non solo assolute eccellenze italiane, come il violoncellista Enrico Bronzi che aprirà la rassegna il 5 settembre 2023 sul podio dell’Orchestra da Camera di Perugia nel doppio ruolo di solista e direttore, oppure il violinista star del barocco Giuliano Carmignola in duo con l’eccellenza del fortepiano di Florent Albrecht, tra i massimi virtuosi europei dello strumento e grande conoscitore del repertorio mozartiano, o ancora il violoncellista Gabriele Geminiani, ma anche grandi nomi internazionali.

Il quartetto spagnolo Casals agli “Incontri con Mozart” (foto david ruano)
Fra questi ultimi, da sottolineare la presenza del quartetto spagnolo Casals, da quasi 25 anni considerato uno dei migliori ensemble al mondo, che arriverà a Villa Giulia dopo aver calcato ininterrottamente alcuni dei palchi più prestigiosi del globo, come Covent Garden, Concertgebouw, Musikverein di Vienna, Philharmonie di Berlino solo per citarne alcuni, e che aprirà il concerto del 7 settembre 2023 con quello che è ritenuto da sempre il loro ambito di maggiore virtuosismo e magia interpretativa, l’Arte della Fuga di Bach: un appuntamento dunque imperdibile per godere di uno dei vertici assoluti dell’arte musicale in un luogo ideale per bellezza estetica e resa acustica. Da notare anche la presenza sul palco di Villa Giulia nel concerto di chiusura del 9 settembre 2023 della giovane violinista moldava Alexandra Conunova, oggi solista tra le più richieste, che si dedicherà ad un impaginato tutto Mozart con l’ensemble italiano Metaphora. Mentre l’8 vedrà protagonista un quintetto “all stars” che raccoglie prime parti e solisti dall’Orchestra della Scala, Accademia Nazionale di Santa Cecilia, i Solisti Aquilani, Maggio Musicale Fiorentino.
5 settembre 2023, alle 20.15: dialogo con lo scrittore Mauro Covacich. Concerto dell’Orchestra da Camera di Perugia. Direttore e Solista Enrico Bronzi. In programma: Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia n. 10 in Sol maggiore, K 74; Franz Joseph Haydn, Concerto per Violoncello e Orchestra n.2 in Re Maggiore, Hob. XVIII:11; Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia n. 33 in Si bemolle maggiore, Kv 319.
6 settembre 2023, alle 20.15: dialogo con la scrittrice Eugenia Romanelli. Concerto di Giuliano Carmignola, violino, e Florent Albrecht, fortepiano. In programma: Wolfgang Amadeus Mozart, Sonata per Violino e Pianoforte n. 18 in Sol maggiore, K301 Sonata per Violino e Pianoforte n. 28 in Mi bemolle maggiore, K 380 Sonata per Violino e Pianoforte n. 34 in La maggiore, K 526.
7 settembre 2023, alle 20.15: dialogo con la giornalista scientifica Silvia Bencivelli. Concerto del Cuarteto Casals. In programma: Johann Sebastian Bach, Arte della Fuga (estratto), BWV 1080; Sofia Asgatovna Gubaidulina, “Reflections on the Theme B-A-C-H” per Quartetto d’archi; Wolfgang Amadeus Mozart, 5 Fughe da “Il Clavicembalo ben Temperato” di J.S.Bach arrangiato per quartetto d’archi da W.A. Mozart, K 405; Wolfgang Amadeus Mozart, Quartetto per Archi n. 14 in Sol maggiore, K 387
8 settembre 2023, alle 20.15: dialogo con il critico letterario Arnaldo Colasanti. Concerto di Fabrizio Meloni, clarinetto, Daniele Orlando, I violino, Mirei Yamada, II violino, Jörge Winkler, viola, Gabriele Geminiani, violoncello. In programma: Wolfgang Amadeus Mozart, Quintetto per Clarinetto, 2 Violini, Viola e Violoncello in La maggiore, K. 581 “Stadler”; Carl Maria von Weber, Quintetto per Clarinetto, 2 Violini, Viola e Violoncello, in Si bemolle maggiore, op.34
9 settembre 2023, alle 20.15: dialogo con il critico musicale Sandro Cappelletto. Concerto di Alexandra Conunova, violino solista, Metaphora Ensemble. In programma: Wolfgang Amadeus Mozart, Concerto per Violino e Orchestra n. 5 “Türkish” in La maggiore, K 219; Wolfgang Amadeus Mozart, Sinfonia n. 29 in La maggiore, K 201
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