Taormina. Iside tra Sant’Agata e Santa Lucia: a Palazzo Ciampoli la conferenza “Nostra Signora del Mediterraneo Antico. Navigazione e culto di Iside tra ellenismo e impero” con Tigano, Frisone e Cavillier, a margine della mostra “Da Tauromenion a Tauromenium”

Il culto di Iside, divinità dell’antico Egitto adorata anche in Sicilia durante l’epoca ellenistica-romana – culto che, secondo gli studiosi, sfociò in quello per Sant’Agata a Catania durante il periodo cristiano, mentre a Siracusa Santa Lucia è associata a Demetra – sarà il tema della conferenza “Nostra Signora del Mediterraneo Antico. Navigazione e culto di Iside tra ellenismo e impero” in programma martedì 10 settembre 2024 a Palazzo Ciampoli, alle 18. Un evento a latere della mostra “Da Tauromenion a Tauromenium” (Palazzo Ciampoli, aperta tutti i giorni, dalle 10 alle 19, fino al 30 novembre 2024: vedi Taormina. A Palazzo Ciampoli apre la mostra archeologica e multimediale “Da Tauromenion a Tauromenium. Alla scoperta della città invisibile tra storia e archeologia” con reperti, elementi architettonici, frammenti e statue rinvenuti durante gli scavi antichi e recenti (come la Sacerdotessa di Iside) e la ricostruzione animata degli edifici | archeologiavocidalpassato) che ha visto il rientro dal Museo Salinas di Palermo della statua della Sacerdotessa di Iside (II d.C.) ritrovata a Taormina nel 1867 in un terreno accanto alla chiesa di San Pancrazio. Edificio che anticamente era proprio un santuario dedicato alle divinità egizie di Iside e Serapide: un serapeion (tempio dedicato a Serapide) trasformato nei secoli in chiesa cristiana. A parlarne, introdotti da Gabriella Tigano (archeologa e direttrice del Parco archeologico Naxos Taormina) – che per questa mostra ha avuto in prestito la statua della sacerdotessa di Iside recuperata a Taormina nel 1867 e da allora esposta al museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo – saranno Flavia Frisone (storica dell’università del Salento) e Giacomo Cavillier (egittologo dell’università del Cairo) che mostreranno come il culto di Iside, partendo dalle rive del Nilo, si sia integrato, trasformandosi nel contesto culturale del Mediterraneo antico.

Mostra “Da Tauromenion a Tauromenium”: la Sacerdotessa di Iside osservata dagli archeologi Gabriella Tigano, Dario Barbera e Maria Grazia Vanaria (foto regione siciliana)

La prof. Flavia Frisone, storica greca dell’università del Salento (foto parco naxos taormina)

L’egittologo Giacomo Cavillier dell’università del Cairo (foto parco naxos taormina)
Al centro dell’incontro la straordinaria importanza del culto di Iside, il cui influsso si estese in tutto il Mediterraneo durante il periodo ellenistico e romano. Divinità dell’antico Egitto, terra che nell’antichità classica era considerata origine di culti arcani e venerabili, Iside ha esteso il proprio influsso ben oltre le sponde del Nilo. Dea protettrice e signora di arti magiche, Iside era considerata un nume capace di ascolto per i suoi devoti: una dimensione empatica e comunicativa che diede al suo culto una rilevanza unica e universale nel mondo ellenistico-romano. Lo spiega Flavia Frisone: “Prendendo le mosse da un reperto importantissimo segno della dimensione storica e culturale dell’antica Tauromenion, esploreremo una figura divina che espresse appieno il peculiare legame fra il mare e il sacro che fu di tutte le civiltà del Mediterraneo antico”. Mentre il racconto di Giacomo Cavillier parte “Dal culto isiaco nell’ Egitto tolemaico – spiega – per giungere nella Roma imperiale e cristiana. In questo sentiero magico-rituale, si tenterà di delineare importanti aspetti del sincretismo di Iside con divinità femminili del pantheon classico ed ellenistico e di fare emergere la sua dimensione culturale, politica e religiosa nel contesto imperiale romano”.

La statua della Sacerdotessa di Iside durante i lavori di riallestimento del museo “Antonio Salinas” di Palermo nel progetto “No Memory” di Iole Carollo (foto iole carollo)
La statua della Sacerdotessa di Iside è stata restaurata nel 2016, durante i lavori di riallestimento del museo “Antonio Salinas” di Palermo e fotografata, insieme ad altre sculture della collezione, da Iole Carollo, autrice del progetto “No memory” dedicato al periodo di chiusura del museo e alla narrazione dei reperti temporaneamente oscurati da teli e veline e quindi impossibilitati a rappresentare la memoria della collettività.
Egitto. Nella Grande Piramide di Cheope scoperto un nuovo corridoio dietro l’entrata principale: prende così forma quel “grande vuoto” individuato nel 2016 dal progetto Sp-Nfc. Zahi Hawass: “Porterà a svelare altri segreti. La tomba del faraone?”

Prima immagine del nuovo corridoio scoperto dal progetto Sp-Nfc dietro l’entrata principale della Piramide di Cheope (foto ministry of tourism and antiquities)

Il ministro Ahmed Issa presenta la scoperta del nuovo corridoio ai piedi della Grande Piramide (foto ministry of tourism and antiquities)
È dal 2016, anno della sua scoperta col progetto “Sp-Nfc”, che quel “big void” (Grande Vuoto) nella Grande Piramide realizzata sulla piana di Giza 4500 anni fa per il faraone Cheope, non smette di arrovellare le menti degli egittologi con ipotesi e supposizioni. Ma ora c’è una certezza: dietro l’entrata principale della grande piramide di Khufu (Cheope) esiste un altro “corridoio”, “un tunnel”, di 9 metri di lunghezza, 2,10 di larghezza e 2,3 di altezza. L’annuncio è stato fatto dal ministro egiziano per il Turismo e le Antichità Ahmed Issa in una conferenza stampa tenuta sotto un tendone proprio ai piedi dei 139 metri della più vetusta ma meglio conservata delle sette meraviglie del mondo antico. Alla conferenza hanno partecipato l’archeologo Zahi Hawass, già ministro delle Antichità; Hani Hilal, ministro dell’istruzione superiore e della Ricerca scientifica e coordinatore del progetto di esplorazione delle piramidi ScanPyramids; Mamdouh Damati, già ministro delle Antichità; Khaled Al-Anani, ex ministro del Turismo e delle Antichità; Mustafa Waziri, segretario generale del Consiglio Supremo delle Antichità, e Mohammed Al-Khasht, dell’università del Cairo; Hossamuddin Abdel Fattah, decano della Facoltà di Ingegneria dell’università del Cairo.

Il team del progetto Sp-Nfc sta “vedendo” il nuovo corridoio nella Piramide di Cheope (foto ministry of tourism and antiquities”
Utilizzando una tecnica chiamata radiografia a muoni a raggi cosmici, da Se’bastien Procureur dell’Université Paris-Saclay, e da Kunihiro Morishima dell’università di Nagoya, e colleghi hanno misurato in dettaglio le dimensioni, la forma e la posizione del corridoio della parete nord, senza entrarvi. Il corridoio misura circa 9 metri di lunghezza, ed ha una sezione trasversale di circa 2 metri per 2 metri. La tecnica rileva la radiazione cosmica che passa attraverso la piramide, consentendo agli autori di determinare la dimensione del corridoio perché una piramide solida consentirebbe a meno radiazioni di raggiungere i rivelatori rispetto allo spazio vuoto. Sebbene il corridoio sia stato scoperto alcuni anni fa, questo studio fornisce una visione più dettagliata della sua forma e posizione. Questo corridoio è stato raggiunto inserendo un piccolissimo telescopio con telecamera ad una delle aperture all’ingresso della piramide: non è rifinito ed è caratterizzato da monoliti che formano un soffitto spiovente.

Il ministro Hany Helal alla presentazione della scoperta del nuovo corridoio nella Grande Piramide (foto ministry of tourism and antiquities)
“L’ultima volta che è stato visto fu 4500 anni fa”, ha detto Hany Helal, sottolineando che quelle diffuse sono le prime immagini della misteriosa camera. La cavità del lato Nord della Grande Piramide è stata filmata da una sonda giapponese, una sorta di “endoscopio” introdotto attraverso una fessura di pochi millimetri. “Non chiedetemi perché questo corridoio sia qui”, ha detto Helal alimentando il mistero dopo che Hawass aveva comunque previsto che “porterà a svelare altri segreti”. “Crediamo che qualcosa sia nascosto sotto”, ha detto l’ex-ministro delle Antichità egiziano formulando una propria “opinione”: “la tomba di Cheope dovrebbe essere sotto quel tunnel” e quella appena annunciata “credo possa essere la scoperta più importante del secolo”.
I curatori di un video divulgativo hanno spiegato che la forma a “v rovesciata” del soffitto del corridoio, detta “tecnica dello chevron, fu introdotta per la prima volta” proprio nella piramide di Cheope e serve a proteggere “grandi stanze dal considerevole peso sovrastante”: insomma uno scarico di forze a tutela di quella che, secondo Hawass, sarebbe la tomba del faraone della IV dinastia. Il progetto di ricerca, in corso da otto anni, punta a studiare le piramidi dell’Antico regno usando “tecniche non-invasive” come la “radiografia muonica” che nel 2016 rilevò lo “ScanPyramids North Face Corridor” (Sp-Nfc) di cui ora sono state precisate le caratteristiche.

L’individuazione del nuovo corridoio con il progetto Sp-Nfc alla Grande Piramide di Cheope (foto ministry of tourism and antiquities)
Il progetto Sp-Nfc. Lanciata nell’ottobre 2015, la missione ScanPyramids è un’iniziativa internazionale finalizzata all’utilizzo di tecniche non distruttive per esaminare le piramidi egizie. La missione è coordinata congiuntamente dalla Facoltà di Ingegneria dell’università del Cairo (Egitto) e dall’Istituto HIP (Francia) e ha riunito un gruppo eterogeneo e internazionale di partner provenienti da vari settori e paesi. Questi includono l’università di Nagoya (Giappone), la CEA (Commissione francese per le energie alternative e l’energia atomica, Francia), la KEK (Organizzazione per la ricerca sugli acceleratori ad alta energia, Giappone), l’università di Laval (Canada), Inria (Istituto francese per la ricerca in Computer Science and Automation), il CNRS (Centro nazionale francese per la ricerca scientifica, Francia) e l’università tecnica di Monaco (Germania), nonché le società Dassault Systèmes, Whatever the Reality ed Emissive.

Il team che ha curato il progetto Sp-Nfc alla Grande Piramide di Cheope (foto ministry of tourism and antiquities)
Nel 2017, il team ha annunciato la scoperta di un grande vuoto sopra la Grande Galleria della Piramide di Cheope grazie ai muoni dei raggi cosmici (Morishima et al., 2017). Parallelamente, il team di ScanPyramids ha studiato altre parti della Piramide di Cheope e, in particolare, l’area che circonda lo spigolo della parete nord. Nel 2016, i team scientifici hanno rilevato anomalie termiche in quest’area. Successivamente hanno installato film di emulsione di muoni dell’Università di Nagoya nel corridoio discendente, situato sotto i galloni. Queste misurazioni hanno rivelato la presenza di un vuoto sopra il Corridoio Discendente. Questo vuoto, denominato ScanPyramids-North Face Corridor (SP-NFC), è stato quindi studiato utilizzando ulteriori film di emulsione di muoni per perfezionarne la posizione e le dimensioni. Tra il 2019 e il 2020, la CEA ha collocato i propri rilevatori di muoni in tempo reale sotto l’SP-NFC, oltre ai filmati dell’Università di Nagoya. Tra il 2020 e il 2022, l’Università tecnica di Monaco ha condotto campagne radar ed ecografiche sui galloni. Combinando i risultati di tutte le tecniche non distruttive impiegate nella piramide di Khufu, le piramidi di scansione si sono rese conto che l’SP-NFC poteva essere raggiunto con un endoscopio dietro i galloni.

Foto di gruppo dei partecipanti alla grande scoperta nella Piramide di Cheope (foto ministri of tourism and antiquities)

L’egittologo Zahi Hawass alla presentazione della grande scoperta nella Piramide di Cheope (foto ministry of tourism and antiquities)
Il 24 febbraio 2023, subito dopo aver presentato i risultati della ricerca al Comitato Scientifico presieduto da Zahi Hawass, il team di ScanPyramids ha mostrato con successo l’SP-NFC al Comitato: utilizzando un radar di penetrazione del terreno ad alta frequenza, il team di ScanPyramids ha trovato un’apertura nel giunto dietro i blocchi inferiori degli chevron, che ha permesso di introdurre un endoscopio di ultima generazione con un diametro di soli 5 mm. Il 2 marzo 2023, il team di ScanPyramids pubblica due articoli scientifici che descrivono in dettaglio questa scoperta, nonché la prima immagine del corridoio ScanPyramids-North Face.
Egitto. Il museo Egizio di Torino partecipa con i grandi musei egizi d’Europa al progetto Ue “Trasformare il Museo Egizio del Cairo”: ora si sta operando su illuminazione, esposizione e interpretazione degli oggetti

Nuovi allestimenti e illuminazione al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

Nuovi allestimenti e illuminazione al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

Nuovi allestimenti e illuminazione al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

Nuovi allestimenti e illuminazione al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

Nuovi allestimenti e illuminazione al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

Nuovi allestimenti e illuminazione al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

Cooperazione Unione Europea- Egitto
L’annuncio, quasi un breve lancio di agenzia, da parte del ministero per il Turismo e le Antichità dell’Egitto, a conferma dell’impegno internazionale del museo Egizio di piazza Tahrir al Cairo: “Lo sviluppo dell’illuminazione, dell’esposizione e dell’interpretazione degli oggetti del Museo Egizio procede nell’ambito del progetto di finanziamento dell’Unione Europea “Trasformare il Museo Egizio del Cairo” in collaborazione con i grandi musei europei: il museo Egizio di Torino, il museo del Louvre, il British Museum, il museo Egizio di Berlino, il museo nazionale di Archeologia nei Paesi Bassi, insieme al Comitato direttivo per gli accademici egiziani dell’università del Cairo, dell’università di Ain Shams e dell’università di Helwan”. Immediato il commento postato dal museo Egizio di Torino: “È un grande onore lavorare insieme a questo grande progetto”.

Nuovi allestimenti e illuminazione al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

Gennaio 2019: presentazione del progetto di finanziamento dell’Unione Europea “Trasformare il Museo Egizio del Cairo” (foto ministry of tourism and antiquities)
Era il gennaio 2019 quando al Cairo fu lanciato il progetto di finanziamento dell’Unione Europea “Trasformare il Museo Egizio del Cairo”, destinato a trasformare il museo in un’istituzione di livello mondiale, al fine di essere riconosciuto come patrimonio mondiale dell’UNESCO. Il progetto triennale (2019-2021: ma poi in mezzo è scoppiata la pandemia, dilatando tutti i tempi), finanziato dall’UE con una sovvenzione di 3 milioni di euro (poi diventati 8), fornita dal “Promoting Inclusive Economic Growth Pogramme”, ha previsto una notevole cooperazione tra l’Egitto e l’Unione Europea, riunendo studiosi egiziani e i loro colleghi di un prestigioso consorzio di cinque musei europei: museo Egizio di Torino, British Museum di Londra, museo Egizio e Collezione Papiri di Berlino, museo del Louvre di Parigi e Rijks museum van Oudheden di Leida.
Egitto. Con la Tac sbendata digitalmente dopo 2300 anni la mummia del Ragazzo d’oro, adolescente vissuto in una ricca famiglia in epoca tolemaica, sepolto a Edfu con maschera d’oro e sandali: tra le bende e nel corpo 49 amuleti di cui 30 d’oro: occhio di Horus, scarabei, nodo di Iside, piume di Maat. E una lingua d’oro

Lo sbendaggio digitale della mummia del Ragazzo d’oro, scoperta a Edfu, e conservata al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

La paleoradiologa Sahar Saleem accanto alla mummia del Ragazzo d’Oro prima della Tac al Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)
Dopo 2300 anni la mummia del “Ragazzo d’oro” è stata sbendata rivelando ben 49 amuleti preziosi di 21 tipi differenti, dall’occhio di Horus allo scarabeo, dall’amuleto dell’orizzonte alla placenta, dal nodo di Iside alle due piume. Sono stati inseriti dagli abilissimi imbalsamatori tra le bende dell’adolescente vissuto in una ricca famiglia dell’Antico Egitto in epoca tolemaica. Ma senza danneggiare la mummia del Ragazzo d’oro conservata nel seminterrato del museo Egizio di Tahrir al Cairo per più di un secolo. Come? Con uno sbendaggio digitale grazie alle scansioni TC e alla stampa 3D eseguite dal team, guidato da Sahar Saleem, sul corpo imbalsamato del ragazzo, rinvenuto nel 1916 in un cimitero utilizzato in epoca tolemaica, tra il 332 e il 30 a.C., circa nella città di Edfu, Governatorato di Assuan, nel Sud dell’Egitto. I risultati di questi studi scientifici, che hanno portato a svelare l’identità di questa mummia, il suo stato di conservazione e ciò che contiene di segreti, sono stati pubblicati su Frontiers in Medicine il 24 gennaio 2023. La mummia è stata esaminata per la prima volta nel 2015 da Sahar Saleem, paleoradiologa alla Facoltà di Medicina dell’università del Cairo, in collaborazione con Sabah Abdel Razek, direttore generale del museo Egizio di Tahrir, e Mahmoud El-Haloogy, ex direttore del museo, utilizzando scansioni TC , in sicurezza, attraverso il dispositivo nel museo, utilizzando la radiologia avanzata, i moderni programmi per computer e la stampa 3D.

La posizione degli amuleti sulla mummia del Ragazzo d’Oro (foto ministry of tourism and antiquities)

La Tac ha rivelato le diverse tipologie degli amuleti (foto ministry of tourism and antiquities)
Gli antichi egizi ritenevano che dopo la morte del corpo, il defunto dovesse affrontare un viaggio nell’aldilà, superando una prova per dimostrare la purezza della propria anima: per questo il corpo veniva mummificato e protetto con amuleti. “Il corpo di questo ragazzo, morto all’età di 15 anni”, spiega Sahar Saleem, “è stato imbalsamato con grande cura. Il cervello è stato rimosso attraverso la narice, e la resina è stata posta all’interno della cavità cranica. Anche le viscere sono state rimosse attraverso una piccola incisione nel basso addome, mentre gli imbalsamatori hanno mantenuto il cuore, che si vede ai raggi X, all’interno della cavità toracica”. Il giovane è stato sepolto con un paio di sandali e una maschera dorata. “Gli egizi erano affascinati da piante e fiori e credevano che possedessero effetti sacri e simbolici”, continua Saleem: “il Ragazzo d’oro era stato infatti sepolto con della felce. Fiori e piante sono stati trovati anche nelle tombe dei faraoni Amenofi I e Ramses II”. Le scansioni TC bi e tridimensionali hanno mostrato – come detto – che c’erano 49 amuleti disposti in tre colonne tra le pieghe dei rotoli di lino e all’interno del corpo della mummia. Di questi, 30 sono d’oro, mentre il resto degli amuleti sono di pietre semipreziose, argilla o maiolica, oltre a un amuleto a forma di lingua di oro posto all’interno della bocca del defunto in modo che potesse parlare nell’altro mondo, e anche a un altro grande amuleto a forma di scarabeo in oro posto all’interno della cavità toracica della mummia, che è stato riprodotto utilizzando la stampa 3D.

Il grande amuleto a forma di scarabeo d’oro posto nel torace della mummia del Ragazzo d’Oro e rivelato dalla Tac al Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)

La radiografia rivela un amuleto a lingua d’oro nella bocca della mummia del Ragazzo d’Oro conservata al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)
“Lo studio”, ha spiegato il prof. Sabah Abdel Razek, “ha fatto luce sulla vita sociale nell’antico Egitto migliaia di anni fa. Lo studio ha fornito una profonda comprensione delle loro credenze e rituali funebri e della loro abilità tecnica nella mummificazione e nell’artigianato nella creazione di amuleti, maschere e decorazioni”. La simbologia egizia è molto affascinante, spiegano gli autori. La lingua d’oro è stata apposta per garantire al ragazzo la possibilità di parlare nell’aldilà, l’amuleto accanto al pene doveva proteggerlo dalle incisioni necessarie per l’imbalsamazione. Il nodo di Iside era un omaggio alla divinità per invocarne la clemenza, un gioiello ad angolo retto avrebbe dovuto assicurare l’equilibrio al defunto, mentre le piume di struzzo rappresentavano la dualità della vita spirituale e materiale. Lo scarabeo che è stato posizionato nel torace, menzionato anche nel Libro dei Morti, doveva aiutare il giovane durante il giudizio dell’anima, che veniva pesata attraverso il cuore in uno dei piatti della bilancia della dea Maat, in contrapposizione con una piuma. Lo scarabeo doveva sostituire il cuore nell’eventualità in cui il corpo fosse stato privato dell’organo.

Il sarcofago della mummia del Ragazzo d’Oro conservato al museo Egizio del Cairo (foto ministry of tourism and antiquities)
L’uso della tecnologia e delle tecniche moderne nell’imaging medico tridimensionale ha contribuito a fornire una visione preziosa della mummia, convincendo la direzione del museo Egizio del Cairo di spostare la mummia dal seminterrato del museo per esporla nelle sale aperte al pubblico con la scritta “mummia del ragazzo d’oro”. La visualizzazione di scansioni CT accanto alla mummia contribuisce a un’esposizione museale distintiva che offre ai visitatori un’esperienza unica che supporta la loro comunicazione con l’antica civiltà egizia.
Archeologia in lutto. Il museo Egizio di Torino ricorda Ramadan Badry Hussein, direttore del Saqqara Saite Tombs Project, scomparso prematuramente a 50 anni, e Geoffrey Almeric Thorndike Martin, 87 anni, che scoprì la Tomba di Horemheb e quella di Maya, tesoriere di Tutankhamon, a Saqqara

L’egittologo Ramadan Badry Hussein è scomparso prematuramente all’età di 50 anni

L’egittologo Geoffrey Thorndike Martin è morto all’età di 87 anni (foto ees)
Archeologia in lutto. Negli ultimi giorni sono scomparsi due egittologi: Ramadan Badry Hussein è morto a 50 anni nella notte del 9 marzo 2022 dopo una grave malattia, come ha annunciato l’università di Tubinga; Geoffrey Thorndike Martin è venuto a mancare nella giornata di lunedì 7 marzo 2022 all’età di 87 anni: era nato a South Ockendon (GB) il 28 maggio 1934. È il museo Egizio di Torino a ricordarli, entrambi impegnati nell’area archeologica di Saqqara. “Il museo Egizio – si legge sul sito istituzionale – ricorda con stima e riconoscenza il prof. Ramadan Badry Hussein, direttore del Saqqara Saite Tombs Project all’Institute of Near Eastern Studies della Eberhard Karls Universität, Tübingen, Germania. Formatosi nelle università del Cairo e la Browndi Rhode Island negli USA, ha lavorato a lungo per il ministero delle Antichità Egiziane a Giza, Saqqara e Bahariya”. E continua: “Il museo Egizio ricorda con stima e gratitudine il professor Geoffrey Almeric Thorndike Martin, Edward Professor of Egyptian Archaeology and Philology emerito allo University College di Londra. Nella sua carriera ha scavato a lungo con la Egypt Exploration Society in Egitto e in Sudan, ma la sua scoperta principale è legata agli scavi della Tomba di Horemheb e di quella di Maya (tesoriere di Tutankhamon) a Saqqara”.

L’egittologo Ramadan Badry Hussein è stato direttore del Saqqara Saite Tombs Project all’Institute of Near Eastern Studies della Eberhard Karls Universität, Tübingen, Germania (foto università di Tubinga)

La maschera di mummia d’argento dorato del Secondo Sacerdote della Dea Mut e della Dea Niut-shi-es (foto università di tubinga)
Ramadan Badry Hussein ha studiato egittologia all’università del Cairo prima di lavorare per il settore pubblico delle antichità egiziane come ispettore a Saqqara e Giza. “Un raro esempio di studioso che ha servito l’archeologia muovendosi senza soluzione di continuità tra la rete di protezione del patrimonio del suo paese d’origine e le istituzioni archeologiche in tutto il mondo – lo ricordano i colleghi -, ha conseguito con successo il Master e il PhD alla Brown University (USA), tornando al ministero delle Antichità per ricoprire varie posizioni di autorità (responsabile del Center of the Documentation and Study of Egyptian Antiquities, Managing Editor del Publication Department, direttore dell’ufficio del Ministero delle Antichità) e successivamente si trasferisce all’università Eberhard Karls, a Tübingen in Germania, come Alexander von Humboldt Research Fellow; alla fine divenne professore associato di egittologia presso l’Istituto di studi del Vicino Oriente a Tubinga”. Dal 2015, Hussein è stato direttore del progetto per la conservazione, lo scavo e la pubblicazione delle tombe della XXVI dinastia a Saqqara. A lui si deve la scoperta del primo laboratorio di mummificazione mai conosciuto a Saqqara, che risale al VII-VI secolo a.C. Lo scavo ha portato alla luce una serie di oggetti rari e spettacolari (ad esempio, una maschera di mummia d’argento dorato del Secondo Sacerdote della Dea Mut e della Dea Niut-shi-es, la terza del suo genere ad essere scoperta in Egitto), facendo presto notizia oltre il mondo accademico e diventando un importante argomento di archeologia pubblica. “Il workshop sulla mummificazione – ricordano – è stato votato tra le 10 migliori scoperte dell’anno 2018 e le 10 migliori scoperte del decennio 2010-2020 (2020) di Archaeology Magazine ed è stato presentato attraverso una serie di quattro film documentari di National Geographic Channel. L’ampio riconoscimento del suo lavoro ha reso il Dr. Hussein un esperto molto ricercato nel campo dell’archeologia pubblica, che è stato spesso invitato a discutere di questioni legate al patrimonio contemporaneo come il saccheggio di siti archeologici. Studioso carismatico che supertao vari limiti (Egitto / estero, mondo accademico / archeologia pubblica, archeologia statale / organizzazioni del patrimonio privato), è stato sicuramente uno dei migliori egittologi dell’attuale generazione. La sua prematura e improvvisa scomparsa è una terribile perdita per il mondo dell’archeologia”.

L’egittologo Geoffrey Thorndike Martin (foto università di Cambridge)

Interno della Tomba di Horemheb (KV 57) scoperta nella Valle dei Re da Geoffrey Thorndike Martin
Geoffrey Thorndike Martin aveva frequentato la scuola ad Aveley e poi la Palmer’s School a Grays nell’Essex. Conseguita una laurea in Storia antica allo University College di Londra nel 1963, e la laurea magistrale, PhD e Litt. D dell’Università di Cambridge, è stato Budge Research Fellow in Egyptology al Christ’s College di Cambridge dal 1964 al 1970. Dopo aver lasciato il Christ’s College, Martin è diventato lecturer in Egyptology allo University College London, reader dal 1978 e Edwards Professor of Egyptian Archaeology and Philology dal 1988 fino al pensionamento nel 1993. Martin ha operato in varie località del Sudan e dell’Egitto. Ha scavato con la missione della Egypt Exploration Society a Buhen in Sudan nel 1963. Con l’EES e il National Museum of Antiquities di Leiden e l’università di Amsterdam ha scavato a Saqqara dal 1964 al 1968; è stato direttore del sito dal 1970 al 1974 e direttore sul campo dal 1975 al 1998. È stato direttore sul campo della missione epigrafica di Amarna, dell’Egypt Exploration Society nel 1969 e nel 1980. Dal 1998 al 2002 ha lavorato sotto Nicholas Reeves, Project Director, come Joint Field Director del Progetto Tombe Reali di Amarna. Martin fu famoso soprattutto per le sue scoperte della tomba di Maya, tesoriere di Tutankhamon, e della tomba privata di Horemheb, ma anche più in generale per il suo lavoro nella Valle dei Re e Saqqara, con le tombe di Tia, sorella di Ramses II, e di altri dignitari.
Egitto. La Tac alla mummia di Seqenenre-Taa II il Valoroso, studiata da Zahi Hawass e Sahar Saleem, getta nuova luce sul sovrano della XVII dinastia: “Era in prima linea con i suoi soldati, fu catturato e ucciso dagli Hyksos in un rito sacrificale. Il suo martirio accelerò la liberazione e riunificazione dell’Egitto”

È passato alla storia come il Coraggioso, il Valoroso: Seqenenre-Taa II, sovrano della XVII dinastia, regnò l’Alto Egitto alla fine del Secondo periodo intermedio, quando il Basso Egitto era occupato dagli Hyksos, una dinastia regnante straniera che si impadronì del delta nel nord del Paese per circa un secolo (1650-1550 a.C.). Fu proprio lui che da Tebe iniziò la guerra contro gli Hyksos che sarebbero stati cacciati dall’Egitto solo dal secondo figlio di Seqenenre-Taa II, Ahmose I, col quale iniziava la XVIII dinastia. Il re Valoroso trovò la morte proprio in battaglia per mano degli Hyksos: i suoi imbalsamatori avevano abilmente nascosto alcune ferite alla testa, ma ora i risultati delle scansioni della TC della mummia dell’antico re egiziano hanno rivelato con più precisione le circostanze della sua morte: “Fu martirizzato per il bene di riunificare l’Egitto nel XVI secolo a.C.”. Lo hanno annunciato Zahi Hawass, il famoso archeologo ed ex ministro delle Antichità, e Sahar Saleem, professore di Radiologia alla facoltà di Medicina dell’università del Cairo, che hanno esaminato la mummia del re Seqenenre-Taa II mediante tomografia computerizzata (TAC) e hanno pubblicato la loro ricerca il 17 febbraio 2021 sulla rivista scientifica “Frontiers in Medicine”.

La mummia di Seqenenre-Taa II fu scoperta nel nascondiglio reale di Deir el-Bahari nel 1881 e fu sbendata da Gaston Maspero nel 1886 che la esaminò per la prima volta e lasciò una vivida descrizione delle ferite che uccisero il faraone: “Non si sa se cadde sul campo di battaglia o se fu vittima di qualche complotto; l’aspetto della sua mummia prova che morì di morte violenta intorno ai quarant’anni d’età. Due o tre uomini, assassini oppure soldati, devono averlo accerchiato e ucciso prima che qualcuno potesse soccorrerlo. Un colpo di scure deve aver reciso parte della guancia sinistra, esposto i denti, fratturato la mascella e averlo fatto cadere a terra privo di sensi; un altro colpo deve aver gravemente lesionato il cranio, e un pugnale o giavellotto ha tagliato e aperto la fronte un poco sopra l’occhio. Il suo corpo deve essere rimasto per qualche tempo là dov’era caduto: una volta ritrovato, la decomposizione era già cominciata e la mummificazione dovette essere compiuta in fretta, meglio che si poté”. Negli anni ’60 del Novecento la mummia fu studiata ai raggi X. Questi esami hanno indicato che il re defunto aveva subito diverse gravi ferite alla testa; tuttavia, non c’erano ferite al resto del corpo. Le teorie sulla causa della morte del re differivano, poiché alcuni credevano che il re fosse stato ucciso in una battaglia, forse per mano dello stesso re Hyksos. Altri hanno indicato che Seqenenre potrebbe essere stato ucciso da una cospirazione mentre dormiva nel suo palazzo. A causa delle cattive condizioni della mummia, alcuni hanno suggerito che la mummificazione potrebbe essere avvenuta in fretta lontano dal laboratorio di mummificazione reale.

Zahi Hawass e Sahar Saleem hanno presentato una nuova interpretazione degli eventi prima e dopo la morte del re Seqenenre-Taa II, basata sulla ricostruzione dell’immagine TC bidimensionale e tridimensionale utilizzando tecnologie informatiche avanzate. Le mani deformate indicano che Seqenenre-Taa II potrebbe essere stato catturato sul campo di battaglia: le sue mani erano state legate dietro la schiena, così da impedirgli di difendersi “dal feroce attacco alla sua faccia”. La TAC della mummia di Seqenenre-Taa II ha rivelato i dettagli delle ferite alla testa, comprese quelle che non erano state scoperte in precedenti esami ed erano state abilmente nascoste dagli imbalsamatori.

L’egittologo Zahi Hawass già ministro delle Antichità (foto ministry of Tourism and Antiquities)
Le scansioni TC hanno aiutato a studiare molte mummie reali egiziane e determinare l’età alla morte, il sesso e il modo in cui sono morte. Questo studio TC ha determinato che Seqenenre-Taa II aveva circa quarant’anni al momento della sua morte, in base alla forma delle ossa (come l’articolazione della sinfisi pubica) fornendo la stima più accurata fino ad oggi. Zahi Hawass e Sahar Saleem sono pionieri nell’uso delle scansioni TC per studiare diverse mummie reali del Nuovo Regno, inclusi re guerrieri famosi come Thutmosi III, Ramses II e Ramses III; tuttavia, Seqenenre-Taa II sembra essere l’unico tra loro ad essere stato in prima linea sul campo di battaglia.


Un’ascia degli Hyksos conservata al museo Egizio del Cairo (foto ministry of Tourism and Antiquities)
La ricerca ha incluso anche uno studio di varie armi Hyksos conservate al museo Egizio del Cairo, tra cui un’ascia, una lancia e diversi pugnali. Saleem e Hawass hanno confermato la compatibilità di queste armi con le ferite riscontrate sulla mummia di Seqenenre-Taa II: “Il re fu ucciso da più colpi da diverse angolazioni da diversi aggressori Hyksos che hanno usato armi diverse”, spiegano i due ricercatori. “Seqenenre-Taa II fu piuttosto ucciso in un’esecuzione cerimoniale. Ciò conferma che Seqenenre era davvero in prima linea a rischiare la vita con i suoi soldati per liberare l’Egitto”.

Inoltre, la Tac ha rivelato importanti dettagli sull’imbalsamazione del corpo di Seqenenre-Taa II. Ad esempio, gli imbalsamatori utilizzavano un metodo sofisticato per nascondere le ferite sulla testa del re sotto uno strato di materiale per imbalsamazione che funziona in modo simile alle otturazioni utilizzate nella moderna chirurgia plastica. Ciò significa che la mummificazione è stata effettivamente eseguita in un laboratorio di mummificazione reale piuttosto che in un luogo mal preparato, come precedentemente suggerito.

La mummia di Ahmose conservata al museo di Luxor (foto ministry of Tourism and Antiquities)
Questo studio fornisce infine importanti nuovi dettagli su un punto cruciale nella lunga storia dell’Egitto. “La morte di Seqenenre-Taa II stimolò i suoi successori a continuare la lotta per unificare l’Egitto e per fondare il Nuovo Regno. In una stele nota come la Tavola di Carnavaron, rinvenuta nel Tempio di Tebe di Karnak, sono registrate le battaglie combattute da Kamose, figlio di Seqenenre-Taa II, contro gli Hyksos. Kamose cadde morto durante la guerra contro gli Hyksos, e fu Ahmose, il secondo figlio di Seqenenre-Taa II, a completare l’espulsione degli Hyksos. Li combatté, li sconfisse e li inseguì fino a Sharuhen, principale piazzaforte dei sovrani Hyksos (l’odierna Gaza in Palestina), e riunì l’Egitto”.
Commenti recenti