Santa Marinella (Rm). Nell’area archeologica di Pyrgi a Santa Severa la conferenza-spettacolo “L’Etrusca Pyrgi da Eschilo a Dionigi I di Siracusa” di e con Agostino De Angelis nell’ambito della IV edizione della manifestazione “Sulla Strada degli Etruschi”
Nell’ambito della IV edizione della manifestazione “Sulla Strada degli Etruschi”, l’area archeologica del Santuario di Pyrgi ospita la conferenza spettacolo di e con Agostino De Angelis “L’Etrusca Pyrgi da Eschilo a Dionigi I di Siracusa”, promossa dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per la Provincia di Viterbo e per l’Etruria Meridionale e organizzata dall’associazione culturale ArchéoTheatron. Appuntamento giovedì 29 agosto 2024, alle 18.30, a Santa Severa-Area Archeologica di Pyrgi di Santa Marinella (Rm), uno dei luoghi più importanti e suggestivi dell’Etruria. L’area del santuario di Pyrgi che ha giocato, insieme all’area portuale, un ruolo di fondamentale importanza nella storia del Mediterraneo antico, rappresentando sul mare la grande metropoli etrusca di Cisra/Caere (Cerveteri), che traeva le proprie ricchezze dal controllo dei traffici marittimi, sarà il degno fondale per la messa in scena, per la prima volta nel sito archeologico, della conferenza spettacolo dedicata alla storia e al mito. Ingresso gratuito. Abbigliamento comodo con scarpe o sandali senza tacchi. Info: Tel 0766-570194, prenotazione obbligatoria: archeotheatron.ass@gmail.com; 349-4055382.

L’attore Agostino De Angelis (dal profilo Fb)
L’evento sarà strutturato nella rappresentazione di momenti puramente teatrali, con attori e cavalieri, tratti dalla tragedia di Eschilo “Sette contro Tebe”, prendendo spunto proprio dall’immagine raffigurata sull’altorilievo che decorava il frontone posteriore del Tempio A di Pyrgi, oggi conservato al Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia. La famosissima scena rappresenta un cruento episodio della mitica guerra tra le polis di Argo e di Tebe, conflitto causato dalla rottura da parte di Eteocle del patto stretto con suo fratello Polinice, concernente l’annuale alternanza tra i due sul trono tebano. Altri momenti saranno dedicati ad alcune divinità etrusche tra le quali la bella Leucotea (la “dea bianca”), a cui le fonti greche attribuiscono la dedica del tempio A del Santuario di Pyrgi. Ad arricchire e approfondire la storia degli Etruschi dal punto di vista culturale e religioso sarà l’intervento della etruscologa Simona Rafanelli, direttrice del museo civico Archeologico “Isidoro Falchi” di Vetulonia, mentre a ricordare l’importanza che l’area sacra di Pyrgi rappresenta per tutta l’Etruria, sarà la professoressa Laura Maria Michetti, docente di archeologia alla Sapienza Università di Roma ed attuale direttrice dello scavo che dal 1957 interessa continuativamente l’area del Santuario.
Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per settembre il focus è su la dea Thesan, protettrice dei naviganti
Nuovo mese e nuova divinità in un anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce; a giugno con Uni, la sposa di Tinia; a luglio con Menerva, la dea guerriera protettrice dei giovani; agosto con la dea Vei, protettrice della vita (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per agosto il focus è su la dea Vei, protettrice della vita | archeologiavocidalpassato). Per settembre il focus è sulla dea Thesan, protettrice dei naviganti.

Cratere falisco a figure rosse cosiddetto dell’Aurora, attribuito al Pittore dell’Aurora (360-340 a.C.), dalla Tomba 4 (CXV) della Necropoli di Colonnette di Falerii Veteres (Civita Castellana, VT), conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
SETTEMBRE E LA DEA THESAN. Thesan, la dea etrusca dell’aurora, è presto identificata con la greca Eos, e rappresentata come una giovane donna alata. Fra i campi d’azione della dea dovevano rientrare la tutela del mondo femminile e l’amore. Non a caso nei miti greci Eos ha un carattere passionale e arriva a rapire i giovani di cui è innamorata; ma la dea sa essere anche una madre affettuosa che tenta disperatamente di salvare il figlio Memnone, destinato a morire per mano di Achille. Gli Etruschi conoscevano bene queste storie, che venivano riprodotte su pregiati vasi da mensa di importazione e di produzione locale. Le rappresentazioni più numerose di Eos/Thesan si trovano però sugli specchi e mostrano la dea alla guida di una quadriga, mentre sale nel cielo subito prima del sorgere del sole.

Testa femminile in terracotta modellata a mano identificata con Leucotea dal frontone anteriore del Tempio A, Pyrgi (Santa Severa), 340-330 a. C., conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
L’assimilazione di Thesan con Eos non si estendeva alla sfera cultuale (forse perché in Grecia Eos era una figura mitologica a cui non si tributava un culto attivo), quindi in questo ambito la dea etrusca era identificata con la romana Mater Matuta e con la greca Leucotea, divinità protettrice dei naviganti. Secondo il racconto di Ovidio, la giovane Ino, zia e nutrice di Dioniso, si era gettata in mare con il figlio Melicerte per sfuggire al marito Atamante, reso pazzo e violento da Giunone. I due naufraghi, approdati nel Lazio e protetti da Eracle, sarebbero stati trasformati in divinità marine con i nomi di Leucotea e Palemone.

Statua maschile in terracotta modellata a mano identificata con Eracle dal frontone anteriore del Tempio A, Pyrgi (Santa Severa), 340-330 a.C., conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
Finora in Etruria un solo luogo sacro ha restituito testimonianze certe del culto di Thesan: si tratta del santuario di Pyrgi, legato al porto commerciale di Cerveteri e frequentato anche da mercanti greci e cartaginesi. A Thesan/Leucotea doveva essere dedicato il grande Tempio A (470-460 a.C.). Della decorazione del tempio facevano parte sia la bella testa femminile con i capelli mossi dal vento, tradizionalmente identificata con Ino/Leucotea appena uscita dal mare, sia la figura maschile identificata con Eracle, esposte nella Sala 13 B del Museo. La scena illustra una storia di salvezza e accoglienza dopo un grave pericolo corso in mare e doveva risultare particolarmente appropriata per il santuario di un porto internazionale.
Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per luglio il focus è sulla dea Menerva, la guerriera protettrice dei giovani
Nuovo mese e nuova divinità in un anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore; a maggio con Tinia, il dio della Luce; a giugno con Uni, la sposa di Tinia (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per giugno il focus è sulla dea Uni, la sposa di Tinia | archeologiavocidalpassato). Per luglio il focus è sulla dea Menerva, la guerriera protettrice dei giovani.

Statuetta votiva in bronzo di Minerva armata, produzione umbra (Maestro Fiesole, 425-400 a.C.), parte della Collezione Kircheriana, conservata al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
LUGLIO E LA DEA MENERVA. Menerva era senza dubbio una delle divinità principali degli Etruschi, presto identificata con la Atena dei Greci. Una dea con lo stesso nome (Minerva) era venerata anche dai Romani e da altri popoli di lingua latina. Il significato del nome sembra legato alla divinazione: secondo le fonti latine, infatti, il verbo “promenervare” significava “avvertire in anticipo”. Menerva è rappresentata come Atena: una giovane donna abbigliata con lunghe tuniche e mantelli eleganti e sobri, che impugna una lancia e indossa un elmo e l’ègida (una particolare armatura di pelle di capra, spesso decorata con serpenti, sulla quale spicca la testa della Gorgone Medusa, che pietrificava i nemici con lo sguardo).

Gruppo votivo di Minerva e Ercole, terracotta plasmata a mano e dipinta (500 a.C.) dal santuario di Portonaccio di Veio, conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
Gli Etruschi, ispirati dai miti greci, ritenevano Menerva nata direttamente dalla testa di Tinia, il padre degli dei, e la consideravano protettrice dell’arte della guerra e degli eroi particolarmente valorosi, ai quali poteva offrire aiuto nelle loro imprese. Non a caso Menerva/Atena è spesso raffigurata insieme a Ercole: di solito lo assiste nelle sue celebri fatiche o lo guida sull’Olimpo per essere accolto fra gli dei.

Altorilievo dal frontone posteriore del Tempio A di Pyrgi (Santa Severa) con episodi del mito dei Sette contro Tebe: Zeus (al centro) fulmina Capaneo mentre Atena (a sinistra) si allontana alla vista di Tideo che morde il cranio di Melanippo (in basso), terracotta plasmata a mano e dipinta (470-460 a.C.) conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
La dea però non approvava la brutalità: l’altorilievo di Pyrgi mostra Atena che abbandona disgustata il guerriero greco Tideo, al quale stava per donare l’immortalità, perché ha ceduto alla ferocia e ha morso il cranio del suo nemico Melanippo.

Statue votive dal santuario in località Portonaccio a Veio, terracotta plasmata a mano e dipinta, V secolo a.C. circa, conservate al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, Roma. Le statue di ragazzi e fanciulle venivano offerte dalle famiglie aristocratiche in occasione, rispettivamente, del raggiungimento della maggiore età e del matrimonio dei giovani
Esistevano certamente dei miti di origine etrusca legati a Menerva, ma finora sembrano documentati solo da poche scene, incise su specchi in bronzo e difficili da interpretare in mancanza di fonti letterarie dirette. In particolare, alcune immagini mostrano uno stretto rapporto della dea con diverse figure infantili (definite “Epiur” e “Maris”) e forse potrebbero alludere al legame che esisteva fra questa divinità e l’allevamento dei bambini / la crescita delle nuove generazioni. Le offerte rinvenute in alcuni santuari, infatti, indicano che Menerva era incaricata di proteggere i bambini e i ragazzi e che svolgeva un ruolo importante nei riti di passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Questo aspetto del culto è evidente ad esempio nel santuario di Portonaccio a Veio, uno dei più ricchi e importanti dell’Etruria, che ospitava un altare e un tempietto dedicati a Menerva e dove avevano luogo i riti di passaggio dei giovani venienti. Gli Etruschi si affidavano alla dea anche per conoscere il futuro: la presenza di un oracolo è infatti documentata in diversi santuari, ad esempio a Veio-Portonaccio e a Punta della Vipera (attuale Santa Marinella).
Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per maggio il focus è sul dio Tinia, il dio della Luce
Un anno con gli dei etruschi: uno da scoprire per ogni mese dell’anno. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia ha deciso di ritmare il 2023 con il racconto degli dei etruschi. Sul sito del museo è stato inserito un approfondimento dedicato alle divinità venerate dagli Etruschi, una per ciascun mese dell’anno: dodici narrazioni curate dall’archeologa Vittoria Lecce che a gennaio sono partite con Culsans, il guardiano delle porte e dei cicli temporali; seguite a febbraio con Fufluns, il Dioniso greco; a marzo con Laran, il dio guerriero; ad aprile con Turan, la dea dell’amore (vedi Roma. Il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia lancia il progetto “Un anno con gli dei etruschi”: ogni mese un approfondimento su una divinità con l’invito a scoprirla in museo. Per aprile il focus è sulla dea Turan, la dea dell’amore | archeologiavocidalpassato). Per maggio il focus è sul dio Tinia, il dio della Luce.

Statuetta votiva in bronzo di Giove che avanza col fulmine nella mano destra (425-400 a.C.), produzione umbra (Maestro di Fiesole), Collezione Kircheriana, museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
MAGGIO E IL DIO TINIA. Il dio principale dell’Etruria secondo la testimonianza di Varrone si chiamava “Vertumnus”. Ma questo nome, Voltumna in etrusco, è in realtà uno degli attributi di Tinia, padre degli dei e protettore di tutta l’Etruria. Infatti il fanum Voltumnae, cioè il santuario di Tinia Voltumna che da pochi anni è stato ritrovato ai piedi della città di Orvieto, era considerato dagli Etruschi il santuario più importante e ogni anno i rappresentanti delle maggiori città vi si riunivano per celebrare sacrifici e feste in onore del dio. Il nome “Tinia” (a volte scritto anche “Tina”) deriva direttamente dalla parola etrusca “tin”, che significa “giorno”, e in origine doveva identificare la divinità del giorno. Nelle raffigurazioni il dio può avere un aspetto giovanile, oppure è un uomo maturo ma vigoroso e con una folta barba, identico allo Zeus dei Greci e al Giove dei Romani. Infatti Tinia venne assimilato a Zeus e ne condivise molti attributi e caratteristiche, fra cui quella di scagliare i fulmini. Questi fenomeni atmosferici erano considerati molto importanti nella religione etrusca, che aveva sviluppato una disciplina speciale per interpretarli.

Altorilievo in terracotta dal frontone posteriore del Tempio A di Pyrgi (Santa Severa) (470-460 a.C.) con episodi del mito dei Sette contro Tebe: Zeus (al centro) fulmina Capaneo mentre Atena (a sinistra) si allontana alla vista di Tideo che morde il cranio di Melanippo (in basso), conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
Per gli Etruschi ogni divinità aveva il potere di scagliare fulmini, ma solo sulla porzione di cielo di propria competenza. Tinia invece non solo li inviava da qualsiasi sede celeste ma era anche in grado di “produrli” in tre diverse tipologie. I sacerdoti fulguriatores infatti avevano anche il compito di distinguere i fulmini che servivano da semplice “avvertimento” per gli uomini, quelli che “potevano sembrare un presagio favorevole ma nuocevano sempre” e quelli destinati a devastare e sconvolgere individui o addirittura interi popoli.

Particolare di Zeus che fulmina Capaneo dall’altorilievo del Tempio A di Pyrgi, al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)
A Giove/Tinia spettava anche la tutela dei confini, come riporta il testo della profezia della ninfa Vegoia (IV-III secolo a.C.), a noi tramandata all’interno dei trattati latini di agrimensura (ripartizione e misurazione dei terreni agricoli). Le testimonianze archeologiche dimostrano che il culto di Tinia era molto diffuso e a lui dovevano essere dedicate feste e sacrifici importanti in molte città etrusche, ma purtroppo, come spesso accade, non abbiamo informazioni precise sullo svolgimento dei rituali. Alcuni altari perforati da Orvieto e Bolsena erano utilizzati per offerte liquide destinate a penetrare profondamente nel terreno, mentre una lamina di bronzo proveniente da Pyrgi ci ha forse tramandato una preghiera in versi Tinia e alla sua consorte divina.
Roma. Al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia l’incontro di studio “Gli Etruschi e i Bronzi di Riace. Archeologia, letteratura, arte”: nel cinquantesimo della scoperta dei Bronzi, una risposta all’ipotesi che ci sia un artista etrusco dietro i due capolavori
Paragoni audaci o solide realtà? La chiave per scoprire l’identità dei Bronzi di Riace è nascosta in uno dei capolavori etruschi del museo nazionale Etrusco di Villa Giulia come ha ipotizzato oltre 20 anni fa Paolo Moreno? Come si interpreta un capolavoro e cosa lo rende tale? Per conoscere le risposte a queste e molte altre domande si può seguire l’incontro di studi “Gli Etruschi e i Bronzi di Riace. Archeologia, letteratura, arte”, giovedì 24 novembre 2022, dalle 9 alle 13.30, al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia a Roma, realizzato in collaborazione con il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria e l’università di Roma Tre e con la partecipazione del liceo “Ugo Foscolo” di Albano. L’incontro di studi celebra i cinquant’anni della scoperta dei Bronzi di Riace. Ingresso gratuito in sala della Fortuna. Posti limitati. Prenotazioni all’indirizzo mail mn-etru.comunicazione@cultura.gov.it. L’incontro potrà essere seguito in diretta sul canale Yt Etruschannel al link: https://youtu.be/HhPSRcEgyzo.

Una statua in bronzo riemersa dallo scavo del Bagno Grande del santuario etrusco-romano a San Casciano dei Bagni (Si) (foto mic)
“La recente scoperta di un nucleo di bronzi etrusco-romani rinvenuti intatti nel loro contesto santuariale a San Casciano dei Bagni”, spiegano i promotori, “ha generato nelle scorse settimane un confronto con un ritrovamento altrettanto eccezionale, quello dei Bronzi di Riace, da sempre al centro dell’attenzione internazionale sin dal 1972. L’audace parallelismo ha suscitato commenti, discussioni e critiche in merito all’efficacia qualitativa del paragone o alla sua pertinenza. In pochi sanno, tuttavia, che proprio all’arte e al genio degli Etruschi si deve una delle ipotesi interpretative più convincenti in merito all’identità dei due bronzi, grazie a uno dei loro più importanti capolavori”. Nell’incontro del 24 novembre 2022 si potrà vedere come gli strumenti conoscitivi dell’archeologia, della storia dell’arte antica, della letteratura greca, del restauro, delle indagini diagnostiche, possono farci seguire un paradigma indiziario che dalla Grecia all’Etruria arriva fino a noi, oggi.

Frontone del Tempio A di Pyrgi conservato al museo nazionale di Villa Giulia a Roma (foto etru)

Bronzi di Riace al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria: il volto del bronzo A (foto MArRC)
Nell’anno in cui si celebrano i cinquant’anni della scoperta dei Bronzi di Riace, il museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, giovedì 24 novembre 2022, propone dunque un incontro di studio, animato anche da momenti performativi, che dimostra l’eccezionale importanza di questo popolo dell’Italia antica. La loro adozione di temi e schemi narrativi della cultura greca nell’arte visiva fu tale che proprio nel museo nazionale Etrusco di Villa Giulia l’ipotesi identificativa dei Bronzi di Riace come due degli eroi protagonisti della saga dei ‘Sette contro Tebe’, Tideo (bronzo A) e Anfiarao (bronzo B), proposta più di vent’anni fa da Paolo Moreno, ha trovato un punto fondamentale di riferimento. Questa ipotesi, che sembra reggere alla prova del tempo in quanto non sono emersi fino ad oggi elementi oggettivi di superamento, nasce da una precedente identificazione di Giovanni Colonna che riconobbe un episodio dei ‘Sette contro Tebe’ nell’altorilievo in terracotta policroma dal frontone del Tempio A di Pyrgi (470-460 a.C.) per la figura di Tideo, con i suoi denti ben visibili mentre morde il cranio di Melanippo. Poiché questo dettaglio connotativo della ferocia del personaggio caratterizza anche il Bronzo A di Riace, mentre non si ritrova mai in altre rappresentazioni antiche con questa stessa enfasi, dobbiamo accettare che la soluzione di un problema interpretativo per un’opera d’arte classica venga dalla decorazione plasmata da un Etrusco, che si era ispirato ai miti greci selezionando una versione del mito che la critica è concorde nel ricondurre all’inventiva del poeta siceliota Stesicoro di Imera, vissuto nel secolo precedente?

Agosto 1972: il ritrovamento dei Bronzi di Riace da parte del sub Stefano Mariottini

I tecnici, dopo i lunghi restauri, hanno riscontrato nei Bronzi microfratture che li rendono estremamente fragili
Dal 16 agosto 1972, quando le due sculture in bronzo furono recuperate dal mare antistante Riace, in Calabria, sono sorti molti interrogativi. Come e quando sono finiti in fondo al mare in quel tratto di costa, dove era diretta la nave il cui relitto non si è ancora trovato, dove sono finite le armi che li completavano, c’erano altre statue in quel trasporto ignoto? Mentre la datazione, la produzione greca e il fatto che rappresentino due personaggi armati di uno stesso gruppo, mette d’accordo la maggior parte degli studiosi, molte ipotesi sono sorte per tentare di dare un’identità più specifica ai due personaggi raffigurati. Se per Ranuccio Bianchi Bandinelli erano da considerare due opere “di altissimo artigianato”, considerando la diffusione di statue in bronzo negli spazi pubblici – civili e religiosi – del mondo classico, la storia degli studi sui Bronzi di Riace ha fatto scendere in campo i nomi degli artisti più prestigiosi dell’antichità, celebrati anche dai posteri: Mirone, Policleto, Fidia, solo per ricordarne alcuni. Per il soggetto le ipotesi hanno spaziato tra eroi del mito, personaggi storici, atleti, strateghi. Prima di essere caricati sulla nave, dai due Bronzi sono stati tolti tutti gli elementi aggettanti rispetto al volume dei corpi, per evitare che si danneggiassero. Per noi sarebbero stati elementi preziosi per la comprensione dei soggetti, ma questa rimozione, insieme al fatto che sotto i piedi erano visibili i tenoni che li ancoravano alla base (o alle basi) nella collocazione originale, testimonia la cura con la quale le due opere furono trattate. Non si trattava di bronzi strappati dalla loro collocazione e portati via solo per fame di metallo, di materia prima, ma opere a cui evidentemente si riconosceva un valore artistico e forse anche didascalico, per la tipologia dei personaggi rappresentati.

Ipotesi di ricostruzione dell’area santuariale di Pyrgi con i templi A e B (foto sabap vt)

Visitatori nella sala che ospita i Bronzi di Riace nel museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto federico neri)
PROGRAMMA DELLA GIORNATA. Modera Maria Paola Guidobaldi, conservatrice delle collezioni del museo. Incontro di studi con momenti performativi con gli studenti del liceo “Ugo Foscolo” di Albano, a cura della prof.ssa Marcella Petrucci. Alle 9, indirizzi di saluto; 9.30, Tebe dalle Sette Porte: il canto (primo momento performativo); 9.45, Carmelo Malacrino, direttore del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, su “I Bronzi di Riace: dalla scoperta alla musealizzazione”; 10.15, Valentino Nizzo, direttore dal museo nazionale Etrusco di Villa Giulia, su “L’altorilievo del tempio A di Pyrgi”; 10.45, Tebe dalle Sette Porte: la hybris (secondo momento performativo); 11.15, Laura Michetti, Sapienza università di Roma, su “I sette a Tebe e Pyrgi: il porto e il grande santuario marittimo della città etrusca di Caere”; 11.45, Alexia Latini, università Roma Tre, su “Pyrgi, Argo, Riace: per un’ipotesi di lettura”; 12.15, Ettore Cingano, università di Venezia Ca’ Foscari, su “Edipo, i 7 a Tebe, gli Epigoni tra mito e iconografia”; 12.45, Adele Teresa Cozzoli, università Roma Tre, su “Il mito dei Sette a Tebe tra Argo e Atene. L’elogio dell’oplita e l’ideologia della città”; 13.15, Tebe dalle Sette Porte: il dramma (terzo e ultimo momento performativo).
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