Pompei. Gennaio-febbraio con afflusso record: +127% sul 2022, +6% sul 2019. Il direttore Zuchtriegel: “Premiato il lavoro di tutta la squadra. Ora puntare alla Grande Pompei, che mette in rete tutte le aree archeologiche (Boscoreale, Oplontis, Stabia). Ma bisogna migliorare i collegamenti con Napoli”

Visitatori nel foro di Pompei (foto parco archeologico di pompei)
Un inizio da record, quello del 2023, che ha visto aumentare i numeri dei visitatori del parco archeologico di Pompei anche oltre i livelli pre-pandemia. Più 127% rispetto al 2022 (incassi +162%), un aumento del 6% sul 2019 (incassi rispetto al 2019, +19%), complici anche le aperture speciali volute dal ministro Gennaro Sangiuliano come quella del 1° gennaio 2023 e le domeniche gratuite.

Il grande cratere a calice che fungeva da fontana da giardino della villa di Poppea (villa A) di Oplontis (foto parco archeologico pompei)
In salita anche gli afflussi negli altri siti afferenti al Parco, in particolare a Torre Annunziata, dove la villa di Poppea, valorizzata con un nuovo allestimento di statue e reperti provenienti dal complesso noto anche come “villa A”, ha registrato un aumento del 103,26 % (157% nel solo mese di febbraio) rispetto al 2022; ma anche nei siti di Stabiae si è rilevato un aumento del +50% nei primi mesi dell’anno rispetto al precedente. “Non si tratta di un semplice ritorno al pre-Covid”, spiega il direttore Gabriel Zuchtriegel. “Piuttosto vediamo dinamiche del tutto nuove, con ampi gruppi di pubblico che stentano a tornare, in particolare dall’Estremo Oriente, e altri che sono in crescita, tra cui italiani, europei e nordamericani. È una premiazione del lavoro continuo di conservazione, manutenzione, accessibilità e valorizzazione, svolto da una squadra eccezionale di professionisti e collaboratori. La percentuale di case e quartieri fruibili al pubblico oggi a Pompei è la più alta da decenni e con il Consiglio di Amministrazione abbiamo deciso di investire ulteriormente nei servizi di accoglienza, didattica e fruizione per ampliare ancora l’offerta culturale”.

Visitatori nel sito archeologico di Pompei (foto parco archeologico di pompei)
Gli sforzi riguardano anche una maggiore coesione tra i vari siti del Parco, nell’ottica di una “Grande Pompei”, un insieme di aree archeologiche e sedi espositive che vanno collegate sempre di più, sia fisicamente sia culturalmente. Da alcuni mesi, è attivo un servizio di navetta, gestita insieme a EAV e Regione Campania tramite Scabec, che connette Pompei e i siti di Boscoreale, Oplontis e Stabia.

Il servizio navetta “Pompeii ArteBus” da Pompei ai siti archeologici del parco (foto parco archeologico pompei)
“Abbiamo deciso di rendere questo servizio gratuito per tutti i nostri visitatori,” annuncia il direttore. “Ma bisogna ragionare in ottica più ampia. A tal proposito ho scritto una lettera al Presidente della Regione, Vincenzo De Luca, per chiedere un confronto su come possiamo collaborare per migliorare i collegamenti, per esempio con la Circumvesuviana tra Pompei, Napoli e Sorrento, per essere all’altezza del grande interesse che i nostri Beni culturali suscitano in tutto il mondo”. Anche il generale Giovanni Di Blasio, direttore generale del Grande Progetto Pompei, nell’esprimere soddisfazione per la positiva ricaduta sull’intero territorio di tali risultati, sottolinea il lavoro svolto dall’Unità Grande Pompei per l’ulteriore sviluppo e la realizzazione degli interventi del Piano Strategico per la riqualificazione dell’area di interesse del sito seriale UNESCO Pompei, Oplontis, Ercolano: “Le ingenti risorse messe recentemente a disposizione dal CIS Vesuvio-Pompei-Napoli, vanno anche nella direzione di migliorare la qualità dei servizi, ad esempio con il finanziamento di un primo lotto della riconversione della ferrovia Torre Annunziata, Castellammare, Gragnano, passo importante per dotarsi di un collegamento leggero e sostenibile e favorire la rigenerazione del water front. L’obiettivo del Piano Strategico, che si ispira alla logica del Grande Progetto Pompei, è far sì che l’intero distretto possa trarre beneficio dai principali attrattori culturali, primo fra tutti il parco archeologico di Pompei, i cui risultati vanno proprio in questa direzione poiché correlati con una maggior permanenza dei visitatori”.
Parco archeologico di Pompei. Scoperto a Villa Arianna un serbatoio in piombo decorato dell’antico sistema idrico: elemento straordinario per conservazione e decorazioni a vista. Sarà visibile al pubblico in “Cantieri aperti”

Il serbatoio in piombo, trovato a Villa Arianna di Stabia, parte dell’antico sistema idrico (foto parco archeologico pompei)
Ricorda un po’ il nostro bollitore o scaldabagno che dir si voglia. Ma quel serbatoio in piombo decorato trovato a Villa Arianna di Stabia ha duemila anni ed è un reperto straordinario per le caratteristiche di conservazione e per le decorazioni a vista. Così anche l’antica Stabiae restituisce eccezionali reperti sulla vita quotidiana di epoca romana. Elementi del sistema idrico, tra cui appunto un serbatoio in piombo decorato, sono riemersi nel corso dei lavori per la fruizione ampliata e l’abbattimento delle barriere architettoniche in corso a Villa Arianna. La pulizia archeologica condotta nel peristilio piccolo (giardino colonnato) della Villa ha permesso di riportare nuovamente alla luce questo elemento, già individuato circa un decennio fa, che faceva parte dell’antico sistema di distribuzione dell’acqua all’interno dell’edificio. Ora questo reperto unico, posto nel giardino a pochi passi dall’ingresso dell’atrio, sarà visibile all’interno del cantiere per alcune settimane prima della definitiva musealizzazione in situ, a partire da mercoledì 26 ottobre 2022 dalle 15 alle 16 nell’ambito delle iniziative dei “Cantieri aperti” del parco archeologico di Pompei, senza obbligo di prenotazione. Ingresso gratuito.

Il direttore del parco archeologico di Pompei, Gabriel Zuchtriegel (foto parco archeologico di pompei)
Il serbatoio, in particolare, rappresenta uno straordinario rinvenimento per l’area vesuviana, per lo stato di conservazione e perché rinvenuto nella sua posizione originaria che consente insieme agli altri tratti rinvenuti, di apprezzarne il funzionamento, che era quello sia di regolare il flusso dell’acqua sia di smistarlo nei vari ambienti della villa. Collegate al pezzo centrale sono emerse due tubazioni che alimentavano rispettivamente l’impianto termale della villa e il gioco d’acqua che probabilmente abbelliva l’impluvio (vasca centrale di raccolta delle acque) presente nell’atrio. Le decorazioni infine ornavano la struttura che doveva essere parzialmente a vista, per permettere l’accesso alle due chiavi di arresto che consentivano di regolare il flusso dell’acqua o di chiuderlo completamente per permettere le operazioni di manutenzione degli impianti.

L’antico serbatoio in piombo con le chiavi di arresto ritrovato a Villa Arianna dell’antica Stabia (foto parco archeologico pompei)
“Un serbatoio come questo, con le sue chiavi di arresto, rientra in quella tipologia di impianti e apprestamenti che possono sembrare quasi moderni per come sono fatti e che hanno sempre destato stupore sin dalle prime scoperte tra Stabia, Pompei e Oplontis”, sottolinea Gabriel Zuchtriegel direttore del parco archeologico di Pompei. “Gli antichi anche in questo caso non hanno rinunciato a un elemento ornamentale, un astragalo in rilievo, che forse caratterizzava la bottega che l’ha prodotto, a mo’ di un marchio moderno, e che in ogni caso doveva essere visibile, poiché il serbatoio fu collocato al di sopra del livello di calpestio. Un ulteriore esempio di come accessibilità, conoscenza e tutela si integrano, che andremo a raccontare al pubblico in corso d’opera nell’ambito dei cantieri aperti del Parco”.
Parco archeologico di Pompei. Per le Giornate Fai d’Autunno 2022 riflettori accesi su Villa San Marco a Castellammare di Stabia con visite dedicate del gruppo Fai Vesuvio

Villa San Marco è una delle perle del territorio stabiese (foto parco archeologico pompei)
È Villa San Marco, a Castellammare di Stabia, il sito scelto dal gruppo Fai Vesuvio per l’undicesima edizione delle Giornate Fai d’Autunno che si terranno sabato 15 e domenica 16 ottobre 2022. Situata sul crinale della collina di Varano, in posizione panoramica sul mare, Villa San Marco è una perla del territorio stabiese. Si trattava di una delle ville d’ozio, residenze di lusso, che dovevano punteggiare fittamente il golfo di Napoli, dotata di terme private, due immensi colonnati con fontane e piscina, statue e raffinate decorazioni parietali. Sepolta dall’eruzione del 79 d.C. e giunta fino a noi in uno straordinario stato di conservazione, costituisce oggi una delle testimonianze più affascinanti del modo di abitare dell’aristocrazia romana fra I sec. a.C. e I sec. d.C.

Dettaglio dei preziosi affreschi che decorano villa San Marco a Castellammare di Stabia (foto parco archeologico pompei)
Allo scopo di accendere i riflettori e far conoscere sempre più questo straordinario patrimonio culturale – ubicato poco lontano dai siti di Pompei ed Ercolano, ai quali la Villa è legata da un’unica storia territoriale oltre che dallo stesso tragico destino dell’eruzione -nello spirito che caratterizza il FAI, il Gruppo Fai Vesuvio ha organizzato per le giornate del 15 e 16 ottobre un percorso esclusivo, che unisce archeologia, storia e letteratura. Un’ occasione per riscoprire una perla del territorio, e rendersi consapevoli di quanto i Romani ci abbiano lasciato, ma anche di quello che è nostro dovere tutelare e preservare. Per le visite del Gruppo Fai (a contributo libero) non è richiesta prenotazione. Orario visite dalle 9 alle 13 e dalle 14.30 alle 17 (ultima visita alle 17). Il sito di competenza del parco archeologico di Pompei è aperto fino al 31 ottobre 2022 tutti i giorni (escluso il martedì) dalle 9 alle 19 (ultimo ingresso alle 18). Dal 1° novembre fino al 30 aprile 2022 tutti i giorni (escluso il martedì) dalle 9 alle 17 (ultimo ingresso alle 16).
Il parco archeologico di Pompei ha avviato la prima campagna di crowdfunding per il restauro di un soffitto affrescato da villa San Marco di Stabia crollato nel terremoto del 1980. Al termine gli affreschi saranno esposti nel museo Archeologico di Stabiae “Libero D’Orsi” alla Reggia di Quisisana

Il restauro di un soffitto affrescato di un ambiente di Villa San Marco a Stabia è il primo intervento oggetto della campagna digitale di crowdfunding del Parco archeologico di Pompei che ha preso il via il 14 luglio 2021. La “raccolta fondi” digitale avverrà attraverso il software di I Raiser, uno strumento agile che consente di effettuare donazioni ed elargizioni in maniera intuitiva. Una volta acquisiti i dettagli dell’oggetto della raccolta, sarà possibile donare il proprio contributo attraverso strumenti di pagamento immediati, quali carte di credito e carte prepagate, o in alternativa, mediante bonifico bancario.

“La campagna di crowdfunding si ispira al principio della partecipazione dei cittadini alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio e pertanto per noi è molto di più di un contributo economico. È un modo di sostenere in maniera concreta la cultura e di istaurare un rapporto con il sito”, dichiara il direttore generale, Gabriel Zuchtriegel, “ogni contributo, piccolo o grande, è importante, perché trasmette un messaggio di partecipazione e di coinvolgimento”. Il donatore, a sua discrezione, potrà lasciare sulla pagina web della raccolta, i suoi dati per entrare a far parte della community dei donatori di Pompei ed essere aggiornato in tempo reale sulle iniziative organizzate dall’Ufficio Fundraising del parco archeologico di Pompei. Già dal 2014, il decreto n. 83/2014 convertito in Legge 106/2014, cd. misura Art Bonus prevede, per chi elargisce il proprio sostegno alla cultura, di usufruire delle detrazioni fiscali fino al 65% della somma erogata.

Gli affreschi sono pertinenti all’ambiente di una rampa che collega il peristilio inferiore con quello superiore della Villa, aggiunto in età neroniana, nell’ultima fase edilizia prima dell’eruzione del 79 d.C. La rampa, piuttosto ripida, stretta e lunga, era tripartita mediante stipiti lignei alle pareti e architravi sul soffitto, con decorazione pittorica in Quarto Stile maturo.

I frammenti del soffitto voltato, crollati all’indomani del terremoto del 1980, giacciono da allora nei depositi e necessitano di un intervento di restauro che li vedrà ricostruiti su di un pannello di circa 4 metri. A causa della loro fragile condizione, non potranno essere ricollocati in situ, ma troveranno esposizione nel museo Archeologico di Stabiae “Libero D’Orsi” alla Reggia di Quisisana, per essere restituiti alla fruizione pubblica, dopo l’intervento di restauro e di musealizzazione. Questo il link per donare: https://donate.pompeiisites.org/affreschi-villa-san-marco/.
Tre frammenti di affreschi parietali trafugati dalle ville di Stabia e altrettanti dalla villa suburbana di Civita Giuliana, recuperati dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, saranno restituiti al parco archeologico di Pompei: cerimonia di consegna al museo Archeologico “Libero d’Orsi” di Castellammare

Tre frammenti di affreschi parietali del I sec. d.C. provenienti dalle Ville di Stabia, recuperati grazie all’azione del comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale, saranno restituiti al parco archeologico di Pompei, martedì 18 maggio 2021 alle 14, con consegna al museo Archeologico “Libero D’Orsi” di Castellammare di Stabia (Na). Alla cerimonia ufficiale interverranno Massimo Osanna, direttore generale dei Musei – Ministero della Cultura; Gabriel Zuchtriegel, direttore generale del parco archeologico di Pompei; Gaetano Cimmino, sindaco della Città di Castellammare di Stabia; Laura Pedio, procuratore aggiunto della Repubblica presso il Tribunale di Milano; Roberto Riccardi, generale di Brigata, comandante dei Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale. Saranno presenti le responsabili della Reggia di Quisisana, Maria Rispoli, e delle Ville di Stabia, Silvia Bertesago. Nella stessa circostanza, inoltre, alla presenza di Nunzio Fragliasso, procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata (Na); Pierpaolo Filippelli, procuratore aggiunto della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Torre Annunziata (Na), saranno restituiti altri tre frammenti di affresco (I secolo d.C.) asportati dalla villa suburbana di Civita Giuliana, fuori le mura di Pompei.
“Le Antichità di Ercolano esposte”: la prestigiosa opera settecentesca è rientrata al Parco archeologico di Ercolano dopo il restauro curato dalla Biblioteca nazionale di Napoli. Documenta con disegni e incisioni ritrovamenti da Pompei, Stabia e Ercolano, molti perduti

“Le Antichità di Ercolano esposte”: la prestigiosa opera settecentesca nel ritrovato splendore è rientrata venerdì 16 aprile 2021 al parco archeologico di Ercolano dopo il restauro a cura della Biblioteca nazionale di Napoli. Si potranno nuovamente ammirare in tutti i dettagli gli straordinari disegni e le incisioni, che costituiscono l’ambiziosa opera editoriale voluta da Carlo di Borbone. L’opera di gran pregio non fu mai messa in commercio, ma offerta in omaggio dalla corte napoletana agli esponenti più in vista dell’aristocrazia europea per stupirli con l’imponenza della collezione messa insieme dal Re di Napoli, e diffondere e promuovere l’impresa di scavo borbonica, che aveva portato alla luce le città sepolte dall’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. “Per recuperare la propria collezione dei volumi de Le Antichità di Ercolano esposte e garantire la pubblica fruizione, il parco ha attivato la propria rete istituzionale di riferimento”, dichiara Francesco Sirano, di recente riconfermato alla direzione del Parco. “La collaborazione con la Biblioteca Nazionale si è giovata dell’altissimo livello professionale che da sempre ne caratterizza l’opera. I rapporti, già stretti per la presenza dell’officina dei papiri Ercolanesi proprio nella Biblioteca, si sono ulteriormente rafforzati”. “Il lavoro di restauro su Le Antichità di Ercolano Esposte”, afferma il direttore della Biblioteca Nazionale di Napoli, Salvatore Buonomo, “conferma il filo doppio di stretta collaborazione con il Parco Archeologico di Ercolano, dove si trova la superba Villa dei Pisoni che ospitava l’antica collezione di papiri di Filodemo di Gadara, oggi nella nostra biblioteca. La sinergia in questo caso ha costituito un’occasione per avvalersi al massimo delle risorse e delle potenzialità di cui disponiamo nell’ambito dei beni culturali, consentendoci l’allargamento del concetto stesso di patrimonio culturale componendo l’interesse di bene bibliografico con quello archeologico”.


Il tomo I de “Le Antichità di Ercolano esposte” prima del restauro alla Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)
Il restauro ha riguardato i primi 8 volumi della preziosa collana, pubblicata tra il 1757 e il 1792 dalla Stamperia Reale Borbonica a cura della Reale Accademia Ercolanese (di cui fecero parte Ferdinando Galiani, e Francesco Valletta), fondata da Carlo di Borbone per illustrare e studiare quanto veniva alla luce dagli scavi e collocato nell’ ‘Herculanense Museum’, allestito presso la Reggia di Portici per celebrare la grandiosa impresa di scavo. “Il lavoro di restauro”, aggiunge Salvatore Buonomo, “ci tengo a sottolinearlo è stato portato a termine grazie alla disponibilità dei nostri ultimi restauratori, che pur se collocati in pensione, hanno continuato il lavoro in forma volontaria per completare questo delicato restauro e le altre esecuzioni in corso. Allo stato il nostro importante e specializzato laboratorio non può continuare l’attività per mancanza di personale”. “Questo progetto”, conclude Francesco Sirano, “giunge a compimento proprio nel momento in cui tra poche settimane il Parco, con il supporto dell’Herculaneum Conservation Project, sta per lanciare una prima versione del portale Open Data: una forma di condivisione delle conoscenze che utilizza il metodo democratico e partecipativo per raggiungere gli stessi effetti che ottennero in Europa i volumi de Le Antichità di Ercolano esposte rappresentando una inesauribile fonte di ispirazione per le arti e l’artigianato”.


Il tomo IV de “Le Antichità di Ercolano esposte” prima del restauro alla Biblioteca nazionale di Napoli (foto paerco)
Il lavoro di restauro sui primi 6 volumi svolto nel Laboratorio “Alberto Guarino” della BNN, che ha visto impegnati Valeria Stanziano e Luigi Vallefuoco e per il Parco di Ercolano Elisabetta Canna, è stato complesso: è stato necessario intervenire sulle pregevoli carte interne ma anche restaurare tutti i dorsi in pelle con le iscrizioni in oro e i nervi a vista, in più parti sono state restaurate le coperte con incartonatura e carte marmorizzate dipinte a mano simili agli originali. La restante parte del restauro è stato affidato alla ditta Argentino Chiara che si è attenuta nell’acquisto dei materiali e nell’esecuzione al progetto redatto dal laboratorio della Biblioteca di Napoli. Le Antichità di Ercolano esposte hanno avuto il merito di offrire agli artisti ed ai decoratori dell’epoca un assortimento di motivi ellenistici fedeli agli originali, influenzando le arti decorative in Europa e favorendo l’affermarsi del gusto neoclassico. L’opera riveste, perciò, un particolare interesse artistico e documenta con disegni e incisioni di raffinata fattura il prezioso patrimonio di pitture e oggetti, molti anche andati perduti, provenienti dagli scavi di Pompei, Stabia e dai due siti di Ercolano: Resina e Portici.
Castellammare di Stabia. “D’Orsi, l’archeologo romantico che inventò Stabiae”: il video riscopre la figura del professore che con la sua tenacia riuscì a “riscoprire” l’antica Stabiae, scavata dai Borbone e poi “scomparsa”. E sottolinea i suoi lasciti culturali: villa Arianna, villa San Marco e il museo nella reggia Quisisana

Il 18 gennaio 2021 la riapertura è toccata al museo Archeologico di Stabia “Libero D’Orsi” nella Reggia Quisisana e, quasi un mese dopo, il 15 febbraio 2021 alla Villa di Arianna a Castellammare di Stabia: sono due “siti” che oggi possiamo ammirare e presentare con orgoglio al mondo. Ma ciò non sarebbe possibile se negli anni ’50 del secolo scorso un professore d’italiano, Libero D’Orsi, innamorato della storia della sua città natale, Castellammare di Stabia, non si fosse impegnato con tutte le sue forze a “riscoprire” l’antica Stabiae, trovata – è vero – dai scavi iniziati il 7 giugno 1749 per volere di Carlo III di Borbone, che esplorarono, secondo l’uso del tempo, attraverso cunicoli rinterrando e passando ad altro quando i rinvenimenti non erano ritenuti degni di essere esposti al museo Borbonico di Portici, un impianto urbano, con botteghe e strade e sei ville residenziali sul ciglio del pianoro di Varano. Lo scavo, seguito dall’ingegnere spagnolo Alcubierre e dall’ingegnere svizzero Karl Weber iniziò dalla villa San Marco (1749-1754) quindi interessò la villa “del pastore” (1754) e la villa di Arianna con il complesso adiacente (1757-1762). Ma la ricopertura degli scavi settecenteschi e l’attività agricola sul pianoro di Varano avevano fatto perdere, quasi dimenticare, l’interesse per questo sito archeologico. Spettò a Libero d’Orsi, professore e poi preside della scuola media locale, restituire, grazie a fortunatissime campagne di scavo, anche autofinanziate, il giusto valore storico e archeologico a questo importante luogo di delizie, costituito da ville grandi come palazzi e riccamente decorate con vista mozzafiato sul golfo di Napoli.

Ora un cortometraggio, dal titolo “D’Orsi, l’archeologo romantico che inventò Stabiae”, prodotto da Fondazione Cives – Mav museo Archeologico virtuale di Ercolano, ricostruisce la figura e l’opera di Libero D’Orsi, tra archeologia e civismo, ma anche l’eredità che questo “archeologo romantico” – come amava definirsi – ci ha lasciato, dalle ville che oggi possiamo visitare e ammirare all’ultimo risultato che si è concretizzato solo nel settembre 2020, cioè il nuovo museo Archeologico di Stabia, non a caso intitolato proprio a Libero D’Orsi, nella Reggia Quisisana di Castellammare di Stabia, dove hanno trovato spazio gli 8mila reperti che D’Orsi aveva raccolto durante le sue campagne di scavo. Il corto è nato da un’idea di Antonio Ferrara, e ha visto la collaborazione del “Comitato per gli Scavi di Stabia fondato nel 1950” di Castellammare di Stabia e del parco archeologico di Pompei, attraverso il suo direttore generale Massimo Osanna, e l’archeologo Francesco Muscolino responsabile area archeologica di Stabiae. La voce narrante è di Gianfelice Imparato, video ed editing di Raffaele Gentiluomo, riprese di Salvatore Musella.
Dov’è Stabiae? Era questo il cruccio di un ragazzo cresciuto agli inizi del ‘900 a ridosso del porto di Castellammare di Stabia, città di mare affacciata sul golfo di Napoli. A 8 anni era stato agli scavi di Pompei. Gli avevano parlato di Ercolano, ma la sua città era scomparsa. Dov’è Stabiae? Si chiedeva Libero d’Orsi. Una domanda che lo accompagnerà per 80 anni. Chi era Libero d’Orsi? Professore di italiano, tra le due guerre mondiali insegnò in Puglia, Veneto e Romagna, dove ottenne l’incarico di preside. Nel 1946 rientrò nella città natale per assumere la presidenza della scuola media. Castellammare, come il resto del Paese, era alle prese con la ricostruzione post bellica. D’Orsi non si perse d’animo. Nel 1949 fu nominato ispettore onorario alle Antichità e Belle arti. Chiamò a raccolta professionisti appassionati di archeologia e diede vita al Comitato per gli scavi di Stabia, associazione ancora attiva, che sostenne le spese dei lavori e del personale. Tra il 1950 e il 1968 furono portate alla luce una decine di ville romane. Erano sia residenze di lusso sia fattorie agricole. I frammenti di affreschi e di stucchi recuperati nel corso degli scavi, condotti con i disoccupati dei cantieri scuola, venivano custoditi tra la Grotta San Biagio e la presidenza della scuola media. Sfidando le resistenze di molti accademici Libero D’Orsi, archeologo romantico come lui stesso amava definirsi, tirò fuori dall’oblio Stabiae. “Per gli scavi sono dovuto ricorrere ad alcuni studenti universitari, a qualche professionista che mi hanno aiutato”, spiega D’Orsi in immagini d’archivio. Come ha fatto? “Li ho chiamati, li ho catechizzati e ho detto loro – forse una parola un po’ antipatica – ho detto: sentite, oggi sulla superficie della terra siamo quel che siamo, sotto terra siamo grandi uomini. Volete essere grandi uomini? Allora venite a scavare. Hanno detto di sì, e siamo andati”. Quella di D’Orsi fu un’impresa in bilico tra archeologia ufficiale e civismo. Ma è soprattutto una storia rappresentativa di un’Italia che usciva dalla guerra e puntava sulla cultura per ripartire, anche in una piccola città di provincia come Castellammare. Eccoli i lasciti di questa tenace personalità. Senza D’Orsi non avremmo villa Arianna e la villa del secondo complesso. Superbe residenze allineate lungo il ciglio della collina in posizione panoramica, e villa San Marco dalle ardite soluzioni architettoniche con impianto termale e una grande piscina. Questa villa affascinò Lucio Dalla che nel 2008 volle esibirsi in un concerto gratuito dal titolo Stabia svelata, e finalmente il 24 settembre 2020 l’inaugurazione del museo Archeologico di Stabiae “Libero D’Orsi” aperto all’interno del palazzo reale di Quisisana, dove abitavano re e regine dagli Angioini agli Aragonesi fino ai Borbone. Questo museo ora accoglie la collezione di 8mila reperti di quell’Antiquarium stabiano aperto il 4 luglio 1959 da D’Orsi al piano terra della sua scuola media. Libero D’Orsi si spense a Castellammare di Stabia il 18 gennaio 1977, a quasi novant’anni. Il suo impegno è oggi esempio per quanti credono nel valore e nella forza della cultura come motore di sviluppo e di crescita sociale civile e turistica di una comunità.
A villa Arianna di Stabia la seconda tappa del viaggio nel mito tra “Storie di seduzione e castigo” della rassegna “Scena mitica – incontri con i mondi classici” proposta dal parco archeologico di Pompei: in scena il mito di Arianna con Corrado Bologna e Valentina Carnelutti

L’affresco di Arianna e Teseo che ha dato il nome alla Villa Arianna di Stabia (foto parco archeologico di Pompei)
Da Leda ad Arianna. Venerdì 18 settembre 2020 alle 17.30 (ingresso alle 17) a villa Arianna di Stabia seconda tappa del viaggio nel mito tra “Storie di seduzione e castigo” della rassegna “Scena mitica – incontri con i mondi classici” proposta dal parco archeologico di Pompei in collaborazione con l’associazione A voce alta, per la cura di Massimo Osanna e Gennaro Carillo. Dopo Leda, è dunque il turno di Arianna, del cui mito si parlerà nella villa omonima di Stabiae. Al microfono si alterneranno Corrado Bologna, ordinario di Filologia romanza alla Normale di Pisa, e un’interprete fra le più versatili della scena italiana, Valentina Carnelutti, attrice che spazia dal teatro al cinema, alle serie televisive. Il duo Bologna – Carnelutti proporrà un vertiginoso attraversamento del mito di Arianna, oscillando tra le fonti classiche (tra le quali spicca Ovidio), le riscritture moderne (Borges, con la sua ossessione per il labirinto e il Minotauro) e la musica (Monteverdi e Strauss; quest’ultimo su libretto di von Hofmannsthal). In questione sarà, più che il mistero di Arianna, la variazione pressoché infinita della sua vicenda. Alla domanda chi è Arianna? non si può rispondere in maniera univoca. L’eroina è al tempo stesso colei che cospira contro suo fratello, il Minotauro, colei che abbandona la patria per poi essere abbandonata da Teseo, che l’ha sedotta, ma anche la sposa di Dioniso, alla quale dunque arride un futuro più luminoso di quello tramandatoci dalla poesia tragica. In queste ambivalenze risiede il fascino ancora attivissimo di Arianna.
Valentina Carnelutti è attrice, doppiatrice e regista. Ha lavorato con registi come Marco Tullio Giordana (La meglio gioventù), Theo Angelopulos (La polvere del tempo), Paolo Virzì (Tutta la vita davanti e La pazza gioia, per il quale è stata finalista al Nastro d’Argento e candidata al David di Donatello), Andrea Segre (L’ordine delle cose), Silvio Soldini (Il colore nascosto delle cose) e molti altri. In televisione è stata protagonista di diverse serie tra cui Squadra Antimafia in cui interpreta il ruolo della politica corrotta Veronica Colombo, e I Medici. In teatro ha lavorato con, tra gli altri, Angelo Orlando, Giuseppe Bertolucci, Peter Sellars, Damir Todorovic, oltre a scrivere e dirigere lei stessa diverse pièces. È autrice del cortometraggio Recuiem che ha anche prodotto e diretto (Miglior Film al Festival di Torino 2013 e Finalista ai Nastri d’Argento 2014). Al PAF presenta il reading Ondina se ne va, tratto dal racconto del 1961 della scrittrice austriaca Ingeborg Bachmann.
Intanto, come annunciato, il parco archeologico di Pompei ha messo on line la lectio di Laura Pepe con lettura scenica di Elena Bucci, protagoniste del primo appuntamento di “Scena Mitica” andato in scena al teatro Grande di Pompei lo scorso 11 settembre e dedicato al mito di “Leda e il cigno”.
#iorestoacasa. Pasqua social per il museo Archeologico nazionale di Napoli. Viaggio nell’alimentazione dei romani attraverso alcuni reperti conservati al Mann
La Pasqua social del museo Archeologico nazionale di Napoli non riguarda soltanto i depositi del Museo (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2020/04/11/iorestoacasa-pasqua-social-per-il-museo-archeologico-nazionale-di-napoli-incursione-tra-i-tesori-conservati-nei-ricchi-depositi-con-anteprima-della-mostra-di-luigi-spina-sing-sing-il-cor/), ma traccia anche dei particolari itinerari tematici per i cyber visitatori: tra i motivi da approfondire, in sintonia con il periodo, c’è l’alimentazione, grazie alla riproposizione online dei contenuti della mostra “Res rustica. Archeologia e botanica nel 79 d.C.”. Spaziando tra gli affreschi pompeiani ed i reperti di archeobotanica studiati dal Dipartimento di Agraria dell’Ateneo federiciano, viene così composto un fantasioso menu dei romani per le festività 2020, con un racconto, per immagini e parole, sul grano, che oggi è la base di “casatielli” e pastiere, e sulle mandorle, tipiche della colomba.
Buona Pasqua 2020, a tavola con i Romani! “Partiamo dal grano e dal pane, per conoscere l’alimentazione degli antichi! Riscopriamo, così, la mostra “Res rustica. Archeologia e botanica nel 79 d.C.” , in programma al Mann da novembre 2018 a marzo 2019. Iniziamo con il grano, base per le specialità pasquali, dal casatiello alla pastiera. Esiste anche oggi la pastiera di farro, cereale utilizzato sia come farina che come grano. Nei materiali conservati al Mann, nella celebre collezione dei commestibili valorizzata dalla mostra, il cereale più comune è proprio il farro. È un frumento a semina autunnale che matura in estate e, dopo la trebbiatura, richiede un processo di pulitura che liberi le cariossidi dai loro involucri, le glume. Il farro è il cereale che, a Pompei, è la base per il pane: un ingrediente per focacce e zuppe, usato da solo e mescolato con altri cereali e legumi. Di origine medio-orientale, il farro nel mondo antico era già coltivato da Babilonesi ed Egizi”.
Ora è il momento di pensare alla colomba, partendo da un’antichissima coppetta con mandorle. “Chiaro è il significato simbolico della colomba pasquale secondo la religione cristiana: richiama pace, salvezza e resurrezione. L’origine del dolce è un po’ meno certa. Una leggenda ricorda che, quando il Re longobardo Alboino riuscì finalmente a conquistare Pavia nel 572 d.C., i cittadini blandirono il nuovo sovrano solo con soffici dolci di pane a forma di colomba. Eppure, la storia più attendibile del dolce risale agli anni ’30 del Novecento: a Milano, la colomba pasquale fu “inventata” per mantenere attivi gli stabilimenti della Motta utilizzando lo stesso impasto del panettone, pur creando un differente prodotto su cui si decise di utilizzare le mandorle. Il mandorlo è un albero originario delle montagne dell’Asia centrale: inizia ad essere coltivato in queste regioni almeno 6000 anni fa e viene introdotto in Italia in epoca imprecisata. È il primo albero da frutto a fiorire. Le mandorle sono già abbondantemente presenti tra i materiali conservati al Mann”.

Cestini con formaggio su affresco da villa Arianna di Stabiae conservato al museo Archeologico di Napoli (foto Mann)
Buona Pasqua 2020 con un affresco del Mann proveniente dalla Villa Arianna di Stabiae. Grazie alla nostra esposizione “Res rustica. Archeologia e botanica nel 79 d.C.” abbiamo approfondito alcuni importanti aspetti dell’alimentazione dei romani. “Come ci ricorda quest’affresco, che rappresenta cestini di formaggio (verosimilmente ricotta) ed un fascetto di asparagi, la dieta degli antichi era varia. Se dovessimo immaginare un cittadino di Pompei vegetariano, sicuramente la sua dispensa avrebbe contenuto papaveri, agretti, ruta, bietole, porri, rape, menta, zucca e, naturalmente, asparagi, di cui parla anche Plinio. Eppure molti amavano i prodotti caseari: con il latte, si producevano diversi tipi di formaggio e ricotta fresca. Ed in giorni in cui gustiamo la ricotta salata, così come fave e formaggio, è bello ricordarlo…”.
Passeggiate notturne nei siti archeologici vesuviani: dopo Stabia, ora tocca a Pompei e Oplontis, infine Boscoreale

“Passeggiate notturne” al via agli scavi di Pompei: il Capitolium (foto parco archeologico di Pompei)

Venerdì e sabato visite guidate in notturna a villa San Marco di Stabia (foto parco archeologico di Pompei)
Con agosto i siti archeologici vesuviani acquistano la notte un’atmosfera magica: è tempo di “Passeggiate notturne” tutti i venerdì e sabato, dalle 20,30 alle 22,30 (ultimo ingresso alle 22) agli scavi di Pompei, alla villa di Poppea a Oplontis, alla villa San Marco a Stabia, all’Antiquarium di Boscoreale. Di un appuntamento già sappiamo: sono le “Noctes Stabianae” alla villa San Marco a Stabia, iniziate il 16 agosto, e che proseguiranno fino al 21 settembre 2019: una passeggiata suggestiva a ingresso gratuito in una tra le più grandi ville romane residenziali, con i suoi 11mila mq, posta in posizione panoramica sulla collina di Varano, a Castellammare di Stabia (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2019/08/15/noctes-stabianae-per-sei-settimane-il-venerdi-e-il-sabato-passeggiate-notturne-gratuite-con-visite-guidate-alla-villa-san-marco-tra-le-piu-grandi-ville-romane-residenziali-dellarea-vesu/). Ora è la volta di Pompei e della villa di Poppea ad Oplontis, dal 23 agosto fino al 28 settembre 2019. L’ultimo appuntamento sarà con l’Antiquarium di Boscoreale, dal 6 settembre fino al 12 ottobre 2019.

Il foro romano di Pompei è al centro delle “Passeggiate notturne” (foto parco archeologico di Pompei)
A Pompei le passeggiate notturne interessano uno dei luoghi più monumentali del sito, l’area del Foro, cuore della vita politica, religiosa ed economica della città antica, attraverso un percorso di suoni e luci che ha inizio da porta Marina. Oltrepassate le Terme Suburbane, poco fuori la cinta muraria e l’accesso dalla via del mare, le grida e le attività di artigiani e lavoratori provenienti dalle botteghe di via marina (la bottega del panettiere e il negozio di Furius), i rumori e le chiacchiere della padrona di casa nella Domus di Trittolemo, i suoni e le voci che accompagnano e raccontano i ludi (giochi) in onore di Apollo nel Santuario omonimo, e ancora il ritmo dei tamburi e delle musiche delle sacre cerimonie di culto per Giove, al Capitolium (o Tempio di Giove), la confusione del Mercato (il Macellum) e le attività dei fulloni (i lavandai) presso l‘Edificio di Eumachia, scandiscono le tappe di questo viaggio nel passato. Dopo la Basilica, l’antico palazzo di Giustizia, l’itinerario si conclude, uscendo dal Tempio di Venere, con la visita all’ Antiquarium e ai reperti esposti nelle mostre in corso. Il costo delle passeggiate notturne a Pompei è di 5 euro. Ingresso di Porta Marina.
A Oplontis le visite serali alla Villa di Poppea, tra i più splendidi esempi di villa dell’aristocrazia romana, attribuita a Poppea Sabina, moglie dell’imperatore Nerone, e all’Antiquarium di Boscoreale, con i suoi numerosi reperti, testimonianza della vita e dell’ ambiente dell’epoca romana nell’agro Vesuviano, hanno il costo di 2 euro.
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