Montecchio Maggiore (Vi). Al museo di Archeologia e Scienze naturali “G. Zannato” apre la mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” con le novità archeologiche emerse negli ultimi anni nel Vicentino

Locandina della mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” al museo Zannato di Montecchio Maggiore dal 22 marzo al 27 luglio 2025
Un frammento in lamina di bronzo piccolo ma molto significativo proveniente da Creazzo, consegnato in museo circa due anni fa, è stato lo spunto per la mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” che sarà inaugurata sabato 22 marzo 2025, alle 16, nella sala civica Corte delle Filande per proseguire al museo di Archeologia e Scienze naturali “G. Zannato” di Montecchio Maggiore con una visita guidata alla mostra, aperta dal 22 marzo al 27 luglio 2025. La mostra, a cura di Annachiara Bruttomesso, già conservatrice archeologa del museo Zannato; Mariolina Gamba, già soprintendenza ABAP Ve-Met e direzione regionale Musei del Veneto; e Anna Scalco, conservatrice archeologa del museo Zannato, è frutto della collaborazione di numerosi specialisti: Giulia Pelucchini, funzionaria archeologa SABAP VR RO VI per la provincia di Vicenza; Elena Pettenò e Cinzia Rossignoli, archeologhe SABAP VE-MET; Marisa Rigoni e Angela Ruta Serafini, già archeologhe SAV Veneto; Anna Marinetti, linguista UniVe Ca’ Foscari; Luca Zaghetto, archeologo esperto in iconografia e i restauratori Stefano Buson (già museo nazionale Atestino), Sara Emanuele e Federica Santinon (SABAP VE MET).

Lamina votiva da Alte Ceccato di Montecchio Maggiore (foto museo zannato)
Il frammento in lamina di bronzo ha immediatamente attirato l’attenzione per la presenza di un occhio e un guerriero a stampo, elementi già noti da altre lamine del vicentino. Da qui l’idea di riunire in un’esposizione reperti noti e inediti, in lamina di bronzo ma non solo, che illustrano le manifestazioni della religiosità nel territorio vicentino durante il periodo della romanizzazione. La mostra farà conoscere al pubblico le novità archeologiche emerse negli ultimi anni nel Vicentino, frutto sia di campagne di scavo che di rinvenimenti occasionali, che hanno arricchito il quadro di conoscenze già noto. Tra i numerosi reperti esposti spiccano la lamina votiva da Brendola, che è stata scelta come logo per la mostra, e i dischi da Marostica, Rosà, Isola Vicentina: sulla parte superiore di questi votivi compaiono dei grandi occhi che rappresentano lo sguardo vigile della divinità, sul popolo dei devoti e sul loro territorio. Non mancheranno altri dischi e lamine di recentissimo rinvenimento da Quinto Vicentino e Torri di Quartesolo. Tra le testimonianze relative a Vicenza, accanto a lamine votive dal noto santuario urbano con centro scrittorio di piazzetta San Giacomo, saranno per la prima volta esposte al pubblico le eccezionali lamine, ancora inedite, provenienti da un sito al confine occidentale della città, nei pressi dell’antica via Postumia.

La stele da Isola Vicentina contenente la parola venetkens (foto musei civici vi)
Saranno inoltre esposti importanti doni votivi con iscrizioni come i palchi di cervo di Magrè e alcune testimonianze di pratiche oracolari come le sortes di Trissino e gli ossicini con sigle da Santorso. Infine importante protagonista sarà il Monte Summano che ospitava nell’antichità un luogo di culto ed era con le sue due cime punto visivo di riferimento per tutto il territorio Vicentino: saranno in mostra le statuette miniaturistiche d’argento raffiguranti una divinità femminile e Marte insieme al deposito votivo comprendente un astragalo con sigle alfabetiche e un blocco di sostanza resinosa connessi a pratiche divinatorie e purificatorie. Sarà infine riservato spazio ad alcune notissime testimonianze scritte: la stele da Isola Vicentina contenente la parola venetkens, prima attestazione in assoluto del nome degli antichi Veneti e quella da Monte Berico, testimonianza dei confini del ter
Verona. Doppia iniziativa per valorizzare il sito paleolitico del Riparo Tagliente di Stallavena: al museo di Storia naturale il docu-film “Il leone e la pietra”; al museo Archeologico nazionale il laboratorio “Una giornata con gli antenati paleolitici”

Ciottolo inciso con figura di stambecco dal Riparo Tagliente, conservato nel museo Archeologico nazionale di Verona (foto graziano tavan)
Doppia iniziativa, il 21 e 29 marzo 2025, per valorizzare il sito paleolitico di Riparo Tagliente, a Stallavena di Grezzana (Vr), sul fianco destro della Valpantena, che conserva le testimonianze di frequentazioni antropiche del Paleolitico Medio e Superiore (60.000-10.000 anni fa). Fu scoperto nel 1958 da Francesco Tagliente. Le prime ricerche furono condotte tra il 1962 e il 1964 a cura del museo civico di Storia Naturale di Verona, vennero riprese nel 1967 dall’università di Ferrara e sono ancora in corso. I due eventi in programma il 21 e il 29 marzo 2025 nascono dalla collaborazione tra Comune di Verona – museo di Storia Naturale, Comune di Grezzana e università di Ferrara – dipartimento di Studi umanistici, tra cui è in atto una storica cooperazione recentemente formalizzata col rinnovo di una convenzione per la valorizzazione del sito del Riparo Tagliente, assieme alla direzione regionale Musei nazionali Veneto e alla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza.

Venerdì 21 marzo 2025, alle 17, in sala conferenze “Sandro Ruffo”, al museo civico di Storia Naturale di Verona, in lungadige Porta Vittoria 9 a Verona, presentazione del docu-video “Il leone e la pietra. 63 anni di scavi al Riparo Tagliente”, che approda a Verona dopo una fortunata video-première alla biblioteca comunale di Grezzana, facendo tappa nelle istituzioni museali che contribuiscono alla valorizzazione del sito paleolitico di Riparo Tagliente: i Musei Civici di Verona, con il Museo di Storia Naturale, e il museo Archeologico nazionale di Verona. Intervengono gli archeologi della sezione di Preistoria del museo di Storia Naturale Nicoletta Martinelli e Massimo Saracino, l’attuale responsabile scientifica delle ricerche Federica Fontana con il co-direttore delle indagini Davide Visentin dell’università di Ferrara e l’ex direttore degli scavi Antonio Guerreschi. A seguire visita libera alla sala di Preistoria Veronese, con focus sui reperti dal Riparo Tagliente.

Sabato 29 marzo 2025, alle 15, al museo Archeologico nazionale di Verona, in stradone San Tomaso 3 a Verona, laboratorio per piccoli e grandi: “Una giornata di 15mila anni fa con gli antenati paleolitici di Riparo Tagliente”. Come si confeziona una punta di freccia in pietra scheggiata? Come si preparavano i colori nel Paleolitico? Attività di scheggiatura, osservazione dello strumentario paleolitico, preparazione dei coloranti e analisi di alcune incisioni di Riparo Tagliente insieme agli archeologi dell’università di Ferrara: Federica Fontana, Nicolò Fasser, Giorgia Sardelli, Davide Forte. Attività gratuita compresa nel regolare biglietto d’ingresso, info e prenotazioni: T. 045 591211 – drm-ven.museoverona@cultura.gov.it
Verona. Al museo di Storia naturale presentazione del libro “Food and wine in ancient Verona / Cibo e vino nella Verona antica – Vol. II – Mangiare e bere nella Preistoria e Protostoria” secondo volume del progetto dell’università di Verona “In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”

Giovedì 27 febbraio 2025, alle 16.30, nella sala conferenze “Sandro Ruffo” del museo civico di Storia naturale di Verona è in programma la presentazione del libro “Food and wine in ancient Verona / Cibo e vino nella Verona antica – Vol. II – Mangiare e bere nella Preistoria e Protostoria” a cura di Mara Migliavacca, Nicoletta Martinelli, Paola Salzani, Massimo Saracino (Edizioni Quasar, Roma), secondo volume del progetto dell’università di Verona “In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”, finanziato da Fondazione Cariverona. Ingresso libero fino a esaurimento dei posti disponibili. Il programma prevede i saluti di benvenuto di Marta Ugolini, assessore alla Cultura e Turismo del Comune di Verona; Paolo De Paolis, direttore dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente ABAP per le province di Verona Rovigo e Vicenza; e Francesca Rossi, direttrice dei musei civici di Verona. Sono previsti inoltre gli interventi di Flavia Guzzo, docente di Botanica dell’università di Verona, e Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’università di Bologna, che sono impegnati da anni nello studio delle tematiche delle fonti e delle diete alimentari del presente e del passato, il cui diverso approccio scientifico permetterà di avere una miglior comprensione delle tradizioni culinarie che ancora oggi caratterizzano Verona e non solo.

“In Veronensium mensa. Food and Wine in ancient Verona”, progetto di ricerca dell’università di Verona
La presentazione segue a breve distanza quella del primo volume, svoltasi nel dicembre 2024 nella sede dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere. Questa seconda pubblicazione contiene una serie di contributi che, rispetto al primo volume, si concentra sulla preistoria e protostoria veronese, aggiungendo un importante tassello al progetto complessivo. In questa occasione alcuni risultati del progetto Food and wine in ancient Verona sono stati integrati con una ricca serie di importanti dati scaturiti da altre indagini in corso da parte di enti di ricerca da anni impegnati sul territorio, il cui tratto comune risiede nell’inter- e multidisciplinarietà e nell’impiego di metodologie scientifiche complesse e diversificate. Il dipartimento di Culture e Civiltà dell’università di Verona, coordinatore del progetto, il museo civico di Storia naturale di Verona e la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio, in tale progetto si sono fatti promotori della convergenza di enti e competenze per una ricerca in grado di ricostruire, da più punti di vista, le modalità dell’alimentazione in un arco temporale molto vasto, che si allargherà più avanti con gli ulteriori sviluppi previsti dal progetto.
Adria (Ro). Al museo Archeologico nazionale l’incontro “Adria, San Basilio, Corte Cavanella. La rete per Una storia antica nella terra più giovane d’Italia” e presentazione del numero LVIII della rivista “Padusa”

Sabato 15 febbraio 2025, alle 10.30, al museo Archeologico nazionale di Adria (Ro) l’incontro “Adria, San Basilio, Corte Cavanella. La rete per Una storia antica nella terra più giovane d’Italia” e presentazione del numero LVIII della rivista “Padusa”. Alle 10.30, saluto delle autorità; 11, Alberta Facchi, direttore del museo Archeologico nazionale di Adria, “Sintesi di 3 anni di attività del progetto di educazione all’archeologia”; 11.20, Giovanna Falezza, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, “Nuove modalità di fruizione del patrimonio archeologico con strumenti e ricostruzioni 3D”; 11.40, Paolo Bellintani, CPSSAE, presentazione del numero LVIII della rivista “Padusa”; 12, Giovanna Gambacurta, università Ca’ Foscari, e Silvia Paltineri, università di Padova, “I risultati della ricognizione nell’area dell’insediamento etrusco”.
Rovigo. A Palazzo Roncale, l’incontro “Archeologia in Polesine. Progetti in corso, novità, prospettive”: novità sul progetto di ricerca e valorizzazione di alcune aree archeologiche in provincia di Rovigo sostenuto dalla Fondazione Cariparo. Ecco il programma
Sabato 1° febbraio 2025, alle 9, a Palazzo Roncale a Rovigo, la Fondazione Cariparo ospita l’incontro “Archeologia in Polesine. Progetti in corso, novità, prospettive” che presenterà risultati e prospettive del progetto di ricerca e valorizzazione di alcune aree archeologiche di grande rilievo situate in provincia di Rovigo. Un progetto ambizioso, sostenuto dalla Fondazione Cariparo, che vede coinvolti la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, l’università di Padova, l’università Sapienza di Roma, l’università Ca’ Foscari di Venezia, la direzione regionale Musei nazionali Veneto, il CPSSAE di Rovigo e il Comune di Ariano nel Polesine. Un intervento che ha un forte valore scientifico e può contribuire alla valorizzazione culturale e turistica di tutta l’area polesana. L’ingresso è gratuito, fino ad esaurimento posti, previa registrazione al seguente link: https://fondazionecariparo.it/…/archeologia-in…/
IL PROGRAMMA. INTRODUZIONE. Alle 9, saluti istituzionali e introduzione alla giornata: Giuseppe Toffoli, vice presidente, Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo; Andrea Rosignoli, soprintendente, soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Daniele Ferrara, direttore, direzione regionale Musei nazionali Veneto. PROGETTI IN CORSO PER L’ARCHEOLOGIA IN POLESINE: 9.30, Paolo Bellintani, Andrea Cardarelli, Wieke De Neef, Paola Salzani, “Progetto Prima Europa – Frattesina e Grignano Polesine”; 9.50, Michele Cupitò, David Vicenzutto, Wieke De Neef, Paola Salzani, “Progetto Prima Europa – Villamarzana”; 10.10, Giovanna Gambacurta, Silvia Paltineri, Giovanna Falezza, “Progetto San Basilio: l’abitato etrusco”; 10.30, Jacopo Bonetto, Caterina Previato, Jacopo Turchetto, Wieke De Neef, Giovanna Falezza, “Progetto San Basilio: il vicus romano”; 10.50, pausa caffè. ARCHEOLOGIA PUBBLICA IN POLESINE: RICERCA E DIVULGAZIONE: 11.20, Raffaele Peretto, “Monitorare il territorio: gruppi archeologici attivi nella ricerca e il ruolo del CPSSAE”; 11.40, Enrico Maragno, “Quarant’anni di ricerche e divulgazione del Gruppo Archeologico di Villadose”; 12.10, Alberta Facchi, Marco Bruni, Maria Letizia Pulcini, “I Musei nazionali e locali: Adria, Fratta Polesine, San Basilio”; 12.30, Chiara Vallini, “Il Museo dei Grandi Fiumi oggi: eredità ed evoluzione”. PRESENTE E FUTURO DELL’ARCHEOLOGIA IN POLESINE: 12.50, Giovanna Falezza, Paola Salzani, “Archeologia in Polesine: dal presente al futuro”. Conclusione lavori.
Verona. Alla Gran Guardia la conferenza, in presenza e on line, “100 anni del Museo Archeologico al Teatro Romano 1924-2024”: dal processo di formazione delle collezioni all’istituzione del museo Archeologico nel 1924 fino al nuovo allestimento inaugurato nel 2016
Cadeva l’anno 1924 quando a Verona il museo Archeologico al Teatro Romano apriva ufficialmente le porte al pubblico. Nell’anno del centenario, martedì 10 dicembre 2024, alle 17, nella sala Convegni della Gran Guardia, si terrà la quinta conferenza dei Musei Civici 2024 – 2025 con il titolo “100 anni del Museo Archeologico al Teatro Romano 1924-2024”: l’accesso è libero e consentito fino ad esaurimento dei posti disponibili. È possibile seguire l’incontro anche in diretta streaming sul canale YouTube https://www.youtube.com/@imuv-imuseidiverona. Durante l’incontro, in apertura, i saluti di benvenuto dell’assessore alla Cultura Marta Ugolini. Seguiranno gli interventi di Francesca Rossi, direttrice dei Musei Civici di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Margherita Bolla, già curatrice del museo Archeologico al Teatro Romano e del museo Maffeiano; Andrea Augenti, professore ordinario università di Bologna, coordinatore del Corso di Dottorato in Scienze storiche e archeologiche. Memoria, civiltà e patrimonio.

L’ex convento di San Girolamo dei Gesuati, sopra il teatro romano di Verona, sede del museo civico Archeologico al Teatro romano (foto imuv)
Il museo Archeologico al Teatro Romano è stato inaugurato il 10 marzo 1924. Questa data segna il momento in cui viene ufficializzato il distacco delle collezioni archeologiche dall’originario Museo Civico che le conteneva ed esponeva a Palazzo Pompei, già dal 1854. Alla fine dell’Ottocento in questa sede si erano accumulati i dipinti e le sculture, le raccolte naturalistiche, i reperti archeologici e una grande quantità di oggetti recuperati tra il 1890-1892 nel corso dei cosiddetti scavi d’Adige. La sede naturale, che venne individuata per ospitare le collezioni archeologiche, fu il convento del XV secolo di San Gerolamo dei Gesuati, che insisteva sul teatro sorto alla fine del I secolo a.C. sul fianco del colle di San Pietro. L’esistenza del teatro era nota, così come la sua ricostruzione, attraverso i disegni degli artisti del Rinascimento. L’edificio però ritornò ad essere visibile solo nel 1815 quando per caso emersero alcuni gradini della cavea; il resto era in parte interrato, in parte coperto dalle costruzioni civili ed ecclesiastiche sorte nei secoli. Furono l’impegno e la determinazione di Andrea Monga, esponente della borghesia veronese e uomo alla ricerca di un sogno, che permisero di riportare alla luce buona parte dell’edificio nell’arco di circa dieci anni a partire dal 1834.

L’area del teatro romano di Verona prima dei lavori del Monga (foto imuv)
Agli inizi del Novecento era matura a Verona la coscienza collettiva di appropriazione pubblica di un luogo così rilevante della città antica. Lo scavo archeologico si protrasse con interventi non continuativi fino al 1939, ma già nel 1923 l’allora direttore del Museo Civico, Antonio Avena, provvide a trasferire all’interno del convento dei Gesuati i materiali archeologici, compresi quelli di età preistorica e protostorica. Il criterio di allestimento, in coerenza con la sua personale inclinazione alla scenografia, mirava a realizzare un museo-giardino di aspetto romantico. Tale scopo fu perseguito con il reimpiego di materiali da altri siti e con la distribuzione fra piante e vigneti di colonne ricostruite, capitelli, sculture e blocchi funerari.

Il teatro romano di Verona affacciato sull’Adige ospita gli spettacoli dell’Estate Teatrale Veronese (foto comune verona)
Ad Avena per primo è da attribuire l’idea di utilizzare il teatro per gli spettacoli moderni e nel 1948, in effetti, iniziò l’Estate Teatrale Veronese che costituisce un appuntamento fisso per veronesi e turisti. Nel lungo periodo fra la sua riapertura dopo la guerra e il riallestimento inaugurato nel 2016, nel teatro e nel museo sono stati necessari numerosi interventi di tipo conservativo, dovuti anche alla specificità della loro collocazione. I lavori recenti hanno voluto ampliare lo spazio espositivo e rinnovare integralmente l’allestimento.

Il chiostro del museo Archeologico al Teatro Romano di Verona (foto MATR)
In occasione della ricorrenza del centenario, verrà ripercorso il processo di formazione delle collezioni e dell’istituzione del museo Archeologico nel 1924. Si proporrà un confronto tra l’allestimento di Antonio Avena e il nuovo allestimento inaugurato nel 2016. Saranno inoltre illustrate le attività di ricerca che hanno avuto come esito la catalogazione e la pubblicazione delle raccolte, oltre alla divulgazione della loro conoscenza attraverso mostre tematiche tenute nel museo stesso. Saranno considerati anche gli interventi di tutela e conservazione del Teatro nel contesto del colle di San Pietro, le relazioni del museo con la rete museale cittadina e, infine, le prospettive di sviluppo del progetto culturale del museo per soddisfare le esigenze in costante divenire dei diversi pubblici e più in generale della società contemporanea.
Verona. Al museo degli Affreschi “Risultati e prospettive dell’indagine archeologica di San Martino in Aquaro a Castelvecchio”, quarto appuntamento con le “conferenze dei Musei Civici 2024-2025”: presentazione del progetto di scavo in corso nel cortile del Museo e illustrazione dei risultati e dei lavori ancora da svolgere

L’area archeologica di San Martino in Aquaro nel grande cortile di Castelvecchio a Verona, a ridosso delle mura (foto i-muv)
Martedì 26 novembre 2024, alle 17, nella sala Galtarossa del museo degli Affreschi “G.B. Cavalcaselle” di Verona, è in programma il quarto appuntamento con le “conferenze dei Musei Civici 2024-2025” dal titolo “Risultati e prospettive dell’indagine archeologica di San Martino in Aquaro a Castelvecchio”, durante il quale sarà presentato il progetto di scavo in corso nel cortile del Museo e verranno illustrati risultati e i lavori ancora da svolgere. L’accesso – libero – è consentito fino ad esaurimento dei posti disponibili. Dopo i saluti di benvenuto di Marta Ugolini, assessore alla Cultura Turismo Rapporti con l’Unesco Comune di Verona; Francesca Rossi, direttrice dei Musei Civici di Verona; Andrea Rosignoli, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Davide Del Curto, prorettore Politecnico di Milano – Polo di Mantova; Paolo De Paolis, direttore dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona; intervengono Filippo Bricolo, Politecnico di Milano – Polo di Mantova; Brunella Bruno, soprintendenza Archeologia Belle arti Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza; Luca Fabbri, Musei Civici Verona; Elisa Lerco, università di Verona; Fabio Saggioro, università di Verona.

L’area della chiesa di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona nel 2023, prima dell’inizio del progetto di scavo (foto musei civici verona)

Grafica 3D dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Risultati e prospettive dell’indagine archeologica di San Martino in Aquaro a Castelvecchio. Sono iniziati nell’autunno 2023, nel cortile del Museo di Castelvecchio, gli scavi per portare nuovamente alla luce il sito e i resti archeologici della chiesa di San Martino in Aquaro (vedi Verona. Nel cortile del museo di Castelvecchio al via nuovo progetto di scavo per portare alla luce la chiesa di San Martino in Aquaro, individuata 60 anni fa dai lavori dell’architetto Carlo Scarpa. Durerà tre anni e sarà un cantiere aperto al pubblico | archeologiavocidalpassato). Il progetto, della durata di tre anni, vede la collaborazione del dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona, della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, e del Polo territoriale di Mantova del Politecnico di Milano. Il progetto intende approfondire lo studio e la valorizzazione del sito e i resti archeologici della chiesa di San Martino in Aquaro. L’edificio religioso, attestato già tra VIII e IX secolo, proseguì la sua funzione anche dopo essere stato inglobato all’interno del recinto difensivo scaligero, trasformandosi in cappella castrense, fino alla completa distruzione avvenuta nel corso dell’ammodernamento del complesso dei primi anni dell’Ottocento.

Gli scavi della chiesa di San Martino in Aquaro a Castelvecchio di Verona negli anni Sessanta del Novecento (foto archivio castelvecchio vr)

Planimetria di Castelvecchio a Verona con tratteggiata la chiesa di San Martino in Aquaro nel cortile del museo (foto archivio carlo scarpa – castelvecchio)
Il secondo obiettivo della ricerca è quello di approfondire la conoscenza del contesto urbano nel quale l’edificio insisteva, mettendo in relazione le nuove acquisizioni di scavo con i ritrovamenti di età romana, alto medievale e scaligera venuti alla luce nella zona, per chiarire la storia e l’evoluzione di uno snodo di fondamentale importanza del tessuto urbano cittadino. Il sito venne superficialmente indagato negli anni Sessanta del Novecento, quando una campagna di scavo rintracciò parte del perimetro dell’edificio, nel quale erano reimpiegati numerosi elementi di età romana ancora conservati in situ. Nonostante Carlo Scarpa avesse cominciato a ragionare sulla valorizzazione dei resti archeologici, questi vennero per la maggior parte interrati, e l’area rimase di fatto uno spazio non del tutto risolto all’interno del limpido disegno del cortile elaborato dall’architetto veneziano.

Visite guidate al cantiere di scavo di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Il progetto è l’occasione per offrire l’esperienza del cantiere aperto a tutti i visitatori del museo, che hanno la possibilità, durante le operazioni, di assistere in prima persona ai lavori di indagine e di interagire grazie a un allestimento appositamente realizzato per la valorizzazione degli scavi archeologici.

Le pannellature lignee ai bordi dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona con l’anno di scavo e le relative spiegazioni (foto i-muv)

Bozzetto del progetto di allestimento per la valorizzazione dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Un allestimento per la valorizzazione degli scavi archeologici. Il museo di Castelvecchio nell’allestimento di Carlo Scarpa è una delle pietre miliari della museografia mondiale. Fulcro del museo è l’allestimento di ogni opera concepito come dispositivo critico in grado di suscitare la consapevolezza del visitatore attraverso un porgere interrogativo che richiede una partecipazione attiva. Il progetto di valorizzazione degli scavi archeologici in fase di realizzazione presso il sito della chiesa di San Martino in Aquaro si propone di portare avanti ed allo stesso tempo di reinterpretare questo processo. Delle pannellature lignee, realizzate in assi di cantiere, si pongono a cavallo del parapetto posto da Carlo Scarpa a protezione degli scavi realizzati con Licisco Magagnato in fase di ultimazione del cortile. Sulle pannellature sono accolti elementi realizzati in legno bruciato che appaiono ad una prima visione come figure interrogative che invitato il visitatore all’avvicinamento. Ad aumentare l’interesse sono delle date realizzate in numeri romani poste nella parte sommitale delle pannellature e delle targhe lignee appese a spaghi in corda contenenti le didascalie esplicative. Chiamati da questi dispositivi, i visitatori, si avvicinano e compiono l’atto di prendere in mano le didascalie appese accendendo, in questo modo, alla fase di comprensione. L’azione indotta dall’allestimento vuole rompere la distanza a volte presente in queste tipologie di esposizioni ed innescare una maggiore partecipazione da parte del visitatore.

La pannellatura lignea ai bordi dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona con l’anno 1964, anno dei primi scavi, con le relative spiegazioni (foto i-muv)
Le pannellature sono divise in due gruppi distinti disposti sui due lati del parapetto scarpiano: sul primo lato (entrando nel cortile) si trova una presentazione delle principali fasi di formazione del complesso di Castelvecchio utili per inquadrare il ruolo della chiesa di San Martino in Aquaro nello sviluppo storico che ha condotto allo stato attuale; sul secondo lato, tre pannellature, sono dedicate alla valorizzazione degli esisti dello scavo archeologico. Le pannellature sono divise per gli anni di attività previsti per lo scavo e raccoglieranno progressivamente una descrizione ed interpretazione dei risultati emergenti. Gli espositori sono pensati come sistemi aperti che muteranno con l’evolversi delle indagini. Viste nell’ambiente del cortile, le pannellature lignee, richiamano allusivamente alla bacheca dell’archeologo e, allo stesso tempo, si evidenziano come un ipertesto provvisorio totalmente rimovibile dialogando a distanza con altri interventi temporanei che hanno riguardato il cortile di Castelvecchio.

Veduta zenitale dell’area di scavo di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto saggioro)
Le campagne di scavi: 2023. Gli scavi hanno consentito di rimettere in luce la porzione della chiesa nota dagli anni 60 del Novecento e indagata in parte da Licisco Magagnato e Carlo Scarpa. Lo studio ha permesso di ricostruire la sequenza degli interventi riferibili alla struttura romanica e alle fasi successive, anche dopo la costruzione del Castello, con l’individuazione di molte sepolture già spogliate nei secoli passati. Quanto messo in luce interessa la navata meridionale della chiesa di cui si sono rinvenute anche tracce di pavimentazioni. Grazie ad approfondimenti stratigrafici si sono individuate anche le tracce di una frequentazione di età romana o tardo antica a circa 2 metri di profondità dal livello di calpestio attuale. Queste tracce potrebbero quindi testimoniare un’occupazione dell’area già in età romana.

Grafica 3d con alcune sepolture emerse nello scavo dell’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Le campagne di scavi: 2024. Sono stati esplorati, con sondaggi mirati, alcuni punti del cortile di Castelvecchio: alcuni vicini e posti ad oriente della chiesa, altri più spostati verso la zona del prato per verificare i perimetrali più settentrionali. Sono inoltre state condotte indagini con il Georadar per acquisire le informazioni su una più ampia area. Nel corso delle indagini, i dati più interessanti sono emersi nell’area compresa tra la chiesa e la porta d’ingresso del castello. In questa zona, pur rimaneggiata da molti interventi di età moderna, si sono rinvenute strutture e fasi legate all’alto medioevo e all’età romana, confermando quanto si era già osservato nel 2023. Non risulta ancora chiaro se quanto individuato possa riferirsi a strutture produttive o residenziali, ma il dato offre sicuramente un elemento molto utile per raccontare quasi duemila anni della storia di questo luogo.

L’area archeologica di San Martino in Aquaro nel cortile del museo di Castelvecchio a Verona (foto i-muv)
Le campagne di scavi: 2025. Nella primavera 2025 l’obiettivo sarà quello di aprire l’area della navata centrale della chiesa, probabilmente coincidente con la prima chiesa altomedievale, e di riuscire a chiarire cosa vi fosse nel luogo dove sorse l’unica chiesa di Verona dedicata a San Martino, santo caro ai Franchi, a Carlo Magno e a suo figlio Pipino che fu spesso presente a Verona.





“La Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella: una ricerca interdisciplinare”: è il titolo della giornata di studi promossi dall’università di Verona che si tiene lunedì 16 dicembre 2024, in sala Gazzola nella sede della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza, in piazza San Fermo 3° a Verona, dedicata ai risultati preliminari degli scavi archeologici della Villa dei mosaici di Negrar di Valpolicella (Vr). La partecipazione è aperta a tutti gli interessati A seguire un brindisi con vino della Valpolicella, offerto dalle aziende agricole Benedetti “La Villa” e Franchini di Negrar. È Gianni De Zuccato, direttore dello scavo archeologico, come funzionario archeologo della Sabap di Verona, a presentare e anticipare ai lettori di archeologiavocidalpassato.com i temi del convegno. E con l’occasione ne approfitta per ripercorrere lo sviluppo della ricerca archeologica, dallo scavo alla presentazione dei risultati alla comunità, non solo scientifica, e per descrivere la villa come risulta dagli scavi nella sua articolazione tra la zona residenziale e l’area produttiva, nell’arco della “vita” della struttura tardo-antica.








IL PROGRAMMA DELLA GIORNATA DI STUDIO LUNEDÌ 16 DICEMBRE 2024. Alle 9.30 Saluti istituzionali: Andrea Rosignoli (soprintendente ABAP per le province di Verona Rovigo, Vicenza), Paolo De Paolis (direttore dipartimento di Culture e Civiltà – università di Verona); Fausto Rossignoli (sindaco di Negrar di Valpolicella). INTRODUZIONE Alle 10, Vincenzo Tinè (soprintendente ABAP VE-Met), “Il progetto di studio e la valorizzazione”. SESSIONE 1: LA VILLA Presiede Francesca Ghedini (università di Padova) Alle 10.15, Patrizia Basso, Nicola Delbarba (università di Verona), Gianni de Zuccato (già soprintendenza ABAP Verona Rovigo, Vicenza), “La villa: considerazioni planimetriche e funzionali”; 10.45, Federica Rinaldi (parco archeologico del Colosseo), “I rivestimenti pavimentali: decorazione, funzione e cronologia”; 11, pausa caffè; 11.15, Monica Salvadori (università di Padova), Katia Boldo, Simone Dilaria, Anna Favero, Federica Stella Mosimann, Clelia Sbrolli, “Approcci multidisciplinari per la conoscenza della pittura parietale in contesto: il caso della villa di Negrar”; 11.30, Diana Dobreva, Anna Nicolussi (università di Verona), “Note preliminari sulla ceramica tardoantica della villa: osservazioni cronologiche, tipologiche e archeometriche”; 11.45, Dario Calomino (università di Verona), “Il quadro dei ritrovamenti monetali”. SESSIONE 2: DOPO LA VILLA Presiede Andrea Augenti (università di Bologna) Alle 12, Fabio Saggioro, Nicola Mancassola (università di Verona), Alberto Manicardi (SAP), “Le fasi di frequentazione altomedievale”; 12.30, Nicola Mancassola (università di Verona), “Le ceramiche da cucina altomedievali”; 12.45, pausa pranzo; 14.15, Laura Bonfanti, Irene Dori (università di Firenze), Alessandra Varalli (Aix-Marseille Université, CNRS, Ministère de la Culture, LAMPEA), “Gli inumati altomedievali: i risultati delle analisi bioarchaeologiche e isotopiche”; 14.30, Elisa Possenti (università di Trento), Lisa Martinelli (università di Udine), “I reperti metallici e in osso lavorato di età medievale”. SESSIONE 3 APPROCCI ANALITICI Presiede Jacopo Bonetto (università di Padova) Alle 14.45 Gianfranco Valle (geoarcheologo professionista), “Studio geomorfologico e ricostruzione ambientale”; 15, Valeria Luciani, Elena Marrocchino, Michele Zuccotto (università di Ferrara), “Caratterizzazione in sezione sottile di materiali lapidei”; 15.15, pausa caffè; 15.30, Elena Marrocchino, Michele Sempreboni (università di Ferrara), “Prime analisi sui leganti”; 15.45, Silvia Bandera (università di Verona), “Analisi dei resti faunistici”; 16, Marco Marchesini, Madalina Daniela Ghereg, Silvia Marvelli, Anna Chiara Muscogiuri, Elisabetta Rizzoli (Laboratorio di Palinologia e Archeobotanica C.A.A. Nicoli), “Vegetazione, viticoltura e alimentazione attraverso le analisi archeobotaniche”; 16.30, dibattito.
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