Capo Colonna (Kr). Operazione del ministero della Cultura con i Carabinieri del Nucleo Sub di Messina e Nucleo Tutela di Cosenza per la salvaguardia dei resti archeologici di epoca romana, a rischio dopo il nubifragio del novembre 2020


Operazione di recupero di parte di strutture murarie romane a Capo Colonna (Kr) (foto mic)
A Capo Colonna operazione di salvaguardia dei resti archeologici di epoca romana messa in atto dal ministero della Cultura con i Carabinieri del Nucleo Sub di Messina e Nucleo Tutela di Cosenza. I lavori di somma urgenza a protezione del Santuario di S. Maria di Capo Colonna (KR) e dei resti archeologici di epoca romana posizionati sul ciglio est della falesia si sono conclusi l’11 febbraio 2022. A marzo 2021 il ministero della Cultura aveva disposto, in procedura di somma urgenza, l’esecuzione dei lavori con un intervento necessario e improcrastinabile a causa del violento nubifragio che si era abbattuto sul promontorio nel mese di novembre 2020. Con il coinvolgimento del personale di tutti gli Uffici territoriali del ministero della Cultura, il Segretariato Regionale per la Calabria, la Soprintendenza ABAP per le province di Catanzaro e Crotone, la Direzione Regionale Musei per la Calabria e il Nucleo Carabinieri TPC di Cosenza, le operazioni sono state seguite direttamente dal personale del Segretariato Regionale per la Calabria. Le opere di difesa costiera sono state precedute da mirate prospezioni subacquee, di carattere archeologico e naturalistico, nelle aree interessate dalla posa in opera dei massi e dalle lavorazioni ad essa attinenti, e, nei giorni 5, 6 e 7 febbraio 2022, dalle operazioni di recupero di parti di strutture murarie e di un blocco rettangolare in calcarenite locale, pertinenti a uno dei triclinia della domus CRr databile agli ultimi decenni del I sec. a.C., precipitati al piede della falesia, in ultimo, negli anni ’50 del secolo scorso.


Il muro antico a Capo Colonna (Kr) danneggiato dal nubifragio del novembre 2020 (foto mic)
La particolare ubicazione dei setti murari e del blocco rettangolare, disposti irregolarmente su un tratto di scogliera molto accidentato raggiungibile, in sicurezza, solo via mare e sottoposto all’oscillare periodico delle maree, ha determinato, per le operazioni di recupero, il ricorso a personale specializzato dei Carabinieri subacquei e a mezzi e uomini specializzati in opere marittime. Nello specifico sono stati recuperati 3 setti murari di dimensione e peso variabili, costituiti da fondazione in conglomerato cementizio e alzato in opera reticolata, e una soglia di accesso di circa 220 chili. Il blocco A giaceva in posizione verticale, appoggiato a porzioni distaccate di falesia e al blocco B; il blocco B, con la fondazione lesionata e in parte staccata, giaceva in orizzontale sopra il blocco C, si appoggiava al blocco A e a grosse sezioni di falesia distaccate; il blocco C era in giacitura orizzontale, parzialmente obliterato da B; la soglia in calcarenite locale era incastrata, in giacitura verticale, tra più sezioni distaccate della falesia. La dimensione dei blocchi, la posizione degli stessi, lo stato di conservazione molto compromesso, il loro peso, l’accidentalità del luogo e le condizioni meteo-marine hanno fortemente condizionato la tempistica delle operazioni e le azioni lavorative con il ricorso, anche, a specifici cuscini di sollevamento per i blocchi orizzontali. Ogni singolo blocco, una volta assicurato a una struttura lignea di supporto, per mezzo di apposite fasce, di diverso tonnellaggio, veniva sollevato dalla gru presente sul moto pontone dove veniva caricato per poi essere trasportato al Porto di Crotone.

Il recupero delle porzioni di strutture murarie, necessario al completamento della somma urgenza per la messa in sicurezza dei resti archeologici presenti sulla sommità, ha evidenziato e, allo stesso tempo, confermato la particolare cura dell’elaborazione planimetrica della domus CRr; uno dei setti recuperati, infatti, conserva in opera la base di un plinto angolare in calcarenite locale. Le murature e la soglia, recuperate, sono state trasferite al museo Archeologico nazionale di Capo Colonna, temporaneamente disposte nell’aiuola di fronte all’ingresso del Museo nel raggio di azione delle telecamere. Oggetto immediato di sopralluogo tecnico da parte di restauratori specializzati, saranno in tempi celeri sottoposte a interventi di trattamento conservativo.
I falsi in archeologia: a Cosenza incontro “L’Arte non vera non può essere Arte” e al museo dei Brettii e degli Enotri la mostra “Bello ma Falso: tutta un’altra storia!”. I carabinieri nel 2016 hanno sequestrato più di 3mila reperti, tra loro anche falsi

Il Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri di Cosenza nel 2016 ha sequestrato più di 3mila reperti: tra essi in aumento il fenomeno dei falsi
Il patrimonio archeologico della Calabria è un pozzo senza fine. Non meraviglia, purtroppo, che in una tale situazione di ricchezza non perda colpi il mercato antiquario clandestino e il trafugamento illegale dei reperti. Solo nel 2016, è il dato ufficiale del Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri di Cosenza, sono stati sequestrati 3200 pezzi archeologici e storici, per un valore stimato che supera i 2 milioni di euro. E insieme a questo patrimonio trafugato, come hanno confermato il comandante provinciale dei carabinieri di Cosenza, il colonnello Fabio Ottaviani, e il comandante del Nucleo, il capitano Carmine Gesualdo, cresce e prospera anche il mercato dei falsi: un fenomeno che in passato ha truffato fior di esperti tanto che, si può dire, non ci sia grande museo che nelle sue vaste collezioni non abbia scovato qualche pezzo tarocco. Così oggi il fenomeno è oggetto di incontri e di mostre.

Ciclo di conferenze “L’arte non vera non può essere vera arte” per conoscere il fenomeno del falso archeologico
Quindici conferenze in tutta Italia, sul tema “L’Arte non vera non può essere Arte”: è il piano del ministero dello Sviluppo economico, del MiBact e dell’istituto nazionale Anticontraffazione per divulgare quanto più possibile la conoscenza del fenomeno del “falso”. Mercoledì 8 novembre 2017 l’appuntamento è a Cosenza, a Palazzo Arnone, dove alle 10, è in programma “L’arte non vera non può essere arte”, conferenza sulla contraffazione dei beni culturali, alla quale parteciperanno: Angela Acordon, direttore del Polo Museale della Calabria; Gino Mirocle Crisci, rettore dell’università della Calabria e Maria Cerzoso, direttore del museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, che porteranno i saluti di rito. Seguiranno interventi di Anna Maria Guiducci, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le Province di Reggio Calabria e Vibo Valentia su “Falsi storici, falsi d’autore”; Mario Pagano, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio per le Province di Catanzaro, Cosenza e Crotone su “I falsi in archeologia”; Mario Spagnuolo, procuratore capo della Repubblica di Cosenza su “Aspetti giuridici del reato di contraffazione”; Armando Taliano Grasso, dell’università della Calabria, e Salvatore Medaglia, laboratorio di Topografia antica e Antichità calabresi su “Imitatio antiquorum. Considerazioni sulla falsificazione dei manufatti archeologici”; Mauro Francesco La Russa, dell’università della Calabria, su “Indagini di laboratorio e tecniche scientifiche per la ricerca dei falsi”; Domenico Miriello, dell’università della Calabria, su “Vero o falso: l’approccio per l’autenticazione di bronzi e manufatti lapidei naturali”; e Carmine Gesualdo, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza, su “Il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale nella repressione della contraffazione di opere d’arte: presentazione di alcune indagini sul falso, che modererà i lavori”.
Il direttore del museo dei Brettii e degli Enotri, Marilena Cerzoso, con l’occasione, presenterà il contributo del museo civico all’iniziativa: una mostra, di reperti archeologici falsi e di opere d’arte, anch’esse false, sequestrate dai Carabinieri del Nucleo. La mostra, “Bello ma Falso: tutta un’altra storia!”, sarà inaugurata il 17 novembre 2017, alle 17. La mostra è curata da Marilena Cerzoso, in collaborazione con il Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cosenza e il laboratorio di Topografia Antica e Antichità Calabresi del dipartimento di Studi umanistici dell’università della Calabria, di cui è responsabile il professor Armando Taliano Grasso, insieme al laboratorio di Diagnostica e Conservazione dei Beni culturali del dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra, che hanno rispettivamente realizzato gli esami autoptici e le analisi diagnostiche sui reperti archeologici. “Nel rispetto della mission educativa del museo”, spiega Cerzoso, “la mostra, oltre che uno scopo conoscitivo, persegue finalità didattiche. Si vuole infatti sottolineare l’importanza dello sviluppo della ricerca scientifica nel campo dei beni culturali come strumento per la diffusione della legalità, trasformando in messaggi educativi ciò che scaturisce da fatti criminosi”.

Il manifesto della mostra “Vero o falso. Il valore dell’originale, lo stile dell’imitazione”, curata da Carmelo Malacrino e Patrizia Marra
Il tema dei falsi archeologici in Calabria aveva animato anche l’estate 2017 con la mostra promossa dal museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria “Vero o falso. Il valore dell’originale, lo stile dell’imitazione”, curata da Carmelo Malacrino e Patrizia Marra: una piccola mostra che ha proposto un dialogo vivace e stuzzicante con il visitatore, cui sono stati presentati oggetti antichi e manufatti realizzati in epoca moderna che fanno parte delle collezioni del MArRC conservate nei depositi. L’idea è stata quella di ripercorrere a grandi linee i principali orientamenti nei confronti della produzione di copie e della realizzazione di “falsi” dall’antichità ad oggi. E al contempo è stato illustrato il progresso dei metodi di indagine fisico-chimica che permettono oggi di acquisire un altissimo livello di dettaglio sulla conoscenza dei reperti che l’archeologo si trova a maneggiare. “L’obiettivo è far riflettere il visitatore”, spiega il direttore del MArRC, Malacrino, “sull’importanza del reperto d’arte, il cui valore intrinseco, in associazione alla sua originalità, va di pari passo con il ruolo di testimone di una condivisa memoria storica che è nell’interesse di ciascuno di noi tutelare e preservare. L’imitazione nell’arte è un fenomeno comune che nasce sia dal bisogno di emulare il modello, in senso positivo, per crescere in bravura e in perfezione, sia per soddisfare l’economia e generare prodotti da vendere sul mercato”.
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