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Bibione. Visita guidata con scavo in corso alla villa romana di Mutteron dei Frati. Progetto di indagine e obiettivi da raggiungere dagli archeologi delle università di Ratisbona (Regensburg) e Padova

bibione_villa-romana-mutteron-dei-frari_visita-agli-scavi_locandinaUn’occasione da non perdere. A tre settimane dalla ripresa delle ricerche archeologiche da parte dei team delle università di Ratisbona (Regensburg) e Padova alla villa romana di Mutteron dei Frati a Bibione, loc. Valgrande (Ve), ecco OPEN DAY: nel pomeriggio di sabato 25 marzo 2025, gli archeologi dei due atenei condurranno una visita guidata gratuita al sito della villa romana in corso di scavo. Durante la visita ci sarà la possibilità di vedere l’equipe al lavoro e di conoscere la storia del sito, tra racconti di vecchie e nuove scoperte archeologiche. È necessario prenotare chiamando l’ufficio I.A.T. di Bibione al numero 0431 444846. Orari inizio visite: 14.30, 15.30, 16.30 (3 turni). La visita dura 1 ora. Ritrovo al parcheggio ristorante Havana, via Baseleghe 2, Bibione (Ve). Lo scavo stratigrafico del sito di “Villa di Mutteron dei Frati” a Bibione (Ve), iniziato il 6 marzo 2023,  e che proseguirà fino a fine mese, rappresenta un unicum sia per il suo straordinario stato di conservazione, con strutture preservatesi in elevato anche fino a 2 metri di altezza, sia per le possibilità che offre alla ricerca. Lo scavo interessa una superficie di almeno 60 mq, indagata e documentata da un’equipe internazionale costituita da 20 archeologi, tra responsabili e studenti afferenti alle università di Regensburg (Germania) e Padova, con la supervisione di Alessandro Asta della Soprintendenza. Già lo scorso anno l’Istituto di Archeologia dell’università di Regensburg aveva portato a termine una prima campagna di scavi presso la villa di epoca romana ed ora continua con una seconda sessione di indagini, con la quale si punta a ottenere una mappa di anomalie potenzialmente ricollegabili a strutture presenti nel sottosuolo, così da individuare in modo più preciso l’area da scavare (vedi Bibione (Ve). Conclusa la prima campagna di scavi della villa romana marittima: il team italo-tedesco (università di Ratisbona e università di Padova) ha individuato nuovi ambienti dell’impianto di I sec. d.C. e un ampliamento di epoca tardoantica | archeologiavocidalpassato).

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Antica mappa con indicata l’ubicazione della villa romana del Mutteron dei Frati nella “Pigneda” (foto comune san michele al tagliamento)

La Villa di Mutteron dei Frati. L’esistenza del sito è nota fin dalla metà del Settecento. La sua rilevanza è stata segnalata a più riprese, prima dall’avvocato concordiese Dario Bertolini (inizi ‘800) e poi da Aulo Gellio Cassi (anni ’30 del Novecento), un latisanese a cui si deve il primo scavo nell’area del Mutteron dei Frati. Consapevole dell’eccezionalità della scoperta, nel corso degli anni Novanta del secolo scorso la Soprintendenza Archeologica del Veneto ha intrapreso una nuova campagna di scavi che ha messo in luce e reso parzialmente visibili alcuni ambienti decorati della villa. L’interesse per il sito non è mai venuto meno, ma, come spesso accade, la mancanza di risorse non ha consentito la prosecuzione delle attività. Qualche anno fa, però, rispolverando la questione in un momento favorevole per la straordinaria coincidenza di interessi, opportunità e sensibilità, si è avviato un dialogo che ha portato oggi all’avvio di una nuova ed emozionante stagione di ricerche.

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6 marzo 2023: inizio seconda campagna di scavo alla villa romana del Mutteron dei Frati a Bibione (foto comune san michele al tagliamento)

Come procedono gli studi. Nella pineta della Valgrande, ai piedi dell’antica duna litoranea che interessa l’area, viene eseguita prima di tutto una campagna di prospezioni geofisiche su una superficie di circa 200 metri quadrati sita nelle immediate vicinanze dei resti della villa romana ancora in parte visibili che sono rappresentate da strutture murarie con affreschi parietali e pavimenti in mosaico. Con questa indagine si punta a ottenere una mappa di anomalie potenzialmente ricollegabili a strutture presenti nel sottosuolo, così da individuare in modo più preciso l’area da scavare. La superficie interessata dallo scavo stratigrafico viene indagata e documentata da un’equipe internazionale costituita da 20 archeologi, tra responsabili e studenti afferenti alle università di Regensburg e Padova. Tra gli specialisti coinvolti il direttore della ricerca, il prof. Dirk Steuernagel (università di Regensburg), affiancato dai direttori scientifici, Alice Vacilotto (università di Regensburg) e la prof. Maria Stella Busana (università di Padova), con la supervisione di Alessandro Asta (soprintendenza ABAP per l’Area metropolitana di Venezia). Responsabile per la documentazione di scavo sarà Lorenzo Cigaina (università di Regensburg), per le indagini geofisiche la prof. Rita Deiana (università di Padova) e per le ricerche geomorfologiche il prof. Alessandro Fontana (università di Padova). Nell’area ci si aspetta di mettere in luce ambienti finora sconosciuti che consentano di integrare la pianta ad oggi nota della villa, ma anche di recuperare dati che permettano di esprimersi con più precisione sull’epoca in cui è stata costruita e abitata, sulle dimensioni che doveva avere, sulla ricchezza dell’apparato decorativo, sui possibili proprietari, sulle attività economiche e produttive che dovevano svolgersi al suo interno, anche in rapporto alle risorse presenti nell’ambiente circostante e alla rete di contatti, via terra e via acqua, che doveva interessarla. In questa prospettiva di ricerca, che mira a delineare anche i caratteri del paesaggio antico di cui la villa era parte integrante, sempre nell’arco del 2023 si eseguiranno carotaggi, analisi sedimentologiche, palinologiche e ricognizioni archeologiche in estensione sia in Valgrande, sia nei territori alle spalle di quest’ultima, in una fascia indicativamente compresa tra il fiume Tagliamento a Est e il canale Nicesolo a Ovest. La volontà è quella di recuperare e fornire un’immagine del paesaggio del passato, da cui si evincano le forme dei luoghi e l’antico quadro insediativo-infrastrutturale, nonché economico, dei territori costieri di più di duemila anni fa. L’intenzione è infatti quella di organizzare da subito delle visite guidate del sito, già in occasione degli scavi, e momenti d’incontro in cui rendere pubblici i risultati e l’avanzamento delle ricerche.

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Foto satellitare da Google Earth con l’ubicazione della villa romana al Mutteron dei Frati (foto catalogo beni culturali / mic)

L’importanza del progetto. In termini di ricerca, un progetto di questo tipo è una grande opportunità di conoscenza, sia per il sito direttamente interessato dall’indagine, la villa di Mutteron dei Frati, sia più in generale per la ricerca specialistica riguardante l’architettura, le produzioni, i commerci e il paesaggio d’epoca romana. L’idea progettuale si è concretizzata grazie alla collaborazione tra l’Institut für Klassische Archäologie dell’università di Regensburg, il dipartimento di Beni culturali (dBC) e il dipartimento di Geoscienze dell’università di Padova, all’interesse e al continuo sostegno da parte della soprintendenza ABAP per l’Area metropolitana di Venezia, alla disponibilità, all’interesse e al sostegno della famiglia Ferri De Lazara e di Gianni Carrer e al contributo essenziale della DFG – Deutsche Forschungsgemeinschaft, l’organizzazione pubblica tedesca per la promozione scientifica che ha creduto e finanziato questo progetto di ricerca. Le indagini in programma porteranno auspicabilmente alla scoperta di nuove strutture, rivelando poco per volta la pianta e l’estensione della villa, l’articolazione degli spazi residenziali e produttivi, ma faranno anche luce su aspetti storici, economici, bacini di approvvigionamento dei materiali, sulla particolare fisionomia del paesaggio circostante, di terra e d’acqua, come pure sulla rete dei traffici (fluviali, endolagunari e marittimi) che dovevano animare la fascia costiera altoadriatica in età romana. I numerosi dati raccolti e studiati porteranno a una miglior comprensione delle modalità insediative della fascia costiera e a meglio interpretare altri contesti solo parzialmente noti, contribuendo al contempo a delineare il quadro insediativo, economico e paesaggistico del Veneto Orientale in epoca romana. Lo scavo della villa e la ricerca nei territori circostanti restituiranno alla comunità e ai turisti che ogni anno si riversano sulle spiagge di Bibione racconti dal passato e nuove occasioni di visita, accrescendo l’offerta della località balneare di nuovi punti di interesse storico-archeologico.

Caorle. In piazza Vescovado viene posta la riproduzione dell’Ara di Bato, uno dei più interessanti reperti conservati nel museo nazionale di Archeologia del Mare, la cui iscrizione conferma il passato romano di Caorle e del suo antico portus Reatinum

caorle_archeologico_ara-di-bato_inaugurazione-riproduzione_locandineÈ uno dei più interessanti reperti conservati nel museo nazionale di Archeologia del Mare di Caorle: è l’Ara di Bato la cui iscrizione conferma il passato romano di Caorle e del suo antico portus Reatinum. Venerdì 20 gennaio 2023, alle 11, una sua riproduzione sarà posizionata nella centralissima piazza Vescovado per poter essere ammirata e conosciuta dalle centinaia di migliaia di turisti che ogni anno affollano la località. Il Comune di Caorle ha infatti deciso di dare vita a questa iniziativa culturale, realizzata nell’ambito della mostra “Terre Antiche”, finanziata all’interno del programma di sviluppo rurale del Veneto dal Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale, in collaborazione con la direzione regionale Musei Veneto e della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno, Padova e Treviso. Alla cerimonia interverranno il vicesindaco di Caorle ed assessore alla Cultura, Luca Antelmo; la consigliera comunale delegata per il museo nazionale di Archeologia del Mare, Elisa Canta; il direttore del museo nazionale di Archeologia del Mare, Federico Bonfanti; Alessandro Asta, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno Padova e Treviso; e Sabina Magro, coordinatrice dei servizi del Museo di Caorle. All’inaugurazione è invitata tutta la cittadinanza. Parteciperanno gli alunni delle classi IV e V delle scuole primarie Palladio di Caorle e Vivaldi di San Giorgio di Livenza che saranno coinvolti in prima persona e impareranno a leggere e tradurre il testo in latino trascritto sull’ara. Alle 15, visita guidata al museo di Archeologia del Mare alla scoperta di Caorle romana.

Caorle_museo-archeologia-del-mare_logoLa riproduzione in piazza Vescovado rimarrà a disposizione di tutti: si potrà toccare “con mano”, fruibile in maniera totalmente accessibile e inclusiva. “Con questa iniziativa”, spiegano il vicesindaco Antelmo e la consigliera Elisa Canta, “intendiamo rafforzare il forte legame tra la Città di Caorle, i suoi residenti ed i suoi ospiti, con la storia millenaria del nostro borgo, ben illustrata e conservata nel museo nazionale di Archeologia del Mare che rappresenta il fiore all’occhiello della proposta culturale del nostro territorio. La positiva collaborazione che si è instaurata con la direzione del museo e con la soprintendenza viene ulteriormente rafforzata grazie a quest’opera”.

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L’Ara di Bato conservata nel museo nazionale dell’Archeologia del Mare di Caorle (foto drm-veneto)

L’Ara di Bato, figlio di Laedione, costituisce la testimonianza archeologica dello stanziamento navale romano contro le incursioni piratesche nell’area di Caorle. L’iscrizione contenuta in questa lapide funeraria ricorda Bato, imbarcato sulla “liburna” (nave leggera, da guerra) Clipeus il quale ordinò, per disposizione testamentaria al suo erede Paio, di realizzare un monumento funerario che in effetti quest’ultimo fece erigere quando era in vita non solo per Bato, ma anche per se stesso, i suoi familiari ed i suoi servi e serve che aveva reso liberi (i “liberti”). L’Ara di Bato fu realizzata nella prima metà del I secolo d.C. con la pietra proveniente dalla storica cava romana di Aurisina ed anche la riproduzione di piazza Vescovado è stata fatta ben 2000 anni dopo con la stessa materia prima.

Padova. A Palazzo Zuckermann la conferenza “La porta de pedra cotta da Piazza dei Frutti: restauro e nuovo allestimento”: presentazione al pubblico del raro manufatto del XII secolo dopo un complesso restauro e visita guidata alla nuova sistemazione museale

padova_palazzo-zuckermann_presentazione-restauro-porta-de-pedra-cotta_locandinaMartedì 6 dicembre 2022, alle 17.30: “La porta de pedra cotta da Piazza dei Frutti: restauro e nuovo allestimento”, appuntamento a Padova a Palazzo Zuckermann, che ospita il museo delle Arti applicate e decorative e il museo Bottacin, per la presentazione al pubblico del nuovo allestimento della porta “de pedra cotta”, in collaborazione tra soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio della città metropolitana di Venezia e delle province di Padova Venezia Treviso e musei civici di Padova. Partecipano Francesca Veronese, direttore musei civici di Padova; Fabrizio Magani, soprintendente; Elisabetta Gastaldi, conservatore museo d’Arte medioevale e moderna; Cinzia Rossignoli, funzionaria archeologa, Soprintendenza; Federica Santinon, funzionaria restauratrice, Soprintendenza. Ingresso libero fino ad esaurimento posti. È prevista una visita guidata al nuovo allestimento. Il manufatto, di grande rarità ed eccezionale interesse storico-archeologico, fu rinvenuto nel 1998/1999 in piazza dei Frutti a Padova durante scavi regolari per i lavori di ristrutturazione di un edifico storico, e sottoposto a un complesso recupero e a un accurato restauro nel Laboratorio della Soprintendenza. Sull’anta, costituita da una struttura in legno oggi scomparsa e da una rifodera in sesquipedali romani di reimpiego, sono ancora conservati i chiodi in ferro di fissaggio delle formelle, insieme al sistema di chiusura costituito dalla serratura, un lungo chiavistello e un battente ad anello, che sono stati oggetto di un ulteriore recente intervento conservativo. La porta è stata datata, grazie alla lettura stratigrafica e ad analisi specialistiche, al XII secolo.

Padova. A Palazzo Folco, sede della soprintendenza, conferenza “Padova, scavi urbani 2022: un’anteprima”: presentazione degli scavi archeologici alla Nuova Pediatria (contesti artigianali-produttivi) e in via Campagnola (necropoli con oltre 170 tombe, I-II sec. d.C.)

padova_palazzo-folco_scavi-urbani-2022_anteprima_locandinaInizialmente la conferenza era stata prevista per il 19 novembre, ma per cause di forza maggiore, era stata rinviata al 1° dicembre 2022, confermando le prenotazioni già effettuate. Ora ci siamo. Giovedì 1° dicembre 2022, alle 17, in occasione dell’apertura straordinaria di Palazzo Folco, in via Aquileia a Padova – sede della Soprintendenza – che sarà visitabile dalle 15 alle 18.30, si terrà la conferenza “Padova. Scavi urbani 2022: un’anteprima”. Sarà presentata un’anticipazione dei dati scientifici emersi da due scavi archeologici urbani tuttora in corso a Padova, presso la Nuova Pediatria e in via Campagnola, dove stanno venendo in luce, rispettivamente, contesti a carattere artigianale-produttivo affacciati su una strada e una importante necropoli di età romana con oltre 170 tombe del I e II secolo d.C. già scavate. Interverranno: Cinzia Rossignoli, funzionario archeologo, soprintendenza; Gaspare De Angeli, archeologo professionista; Michele De Michelis, archeologo professionista. L’ingresso alla conferenza è gratuito su prenotazione obbligatoria fino a esaurimento dei posti. Per la visita a Palazzo Folco non è necessaria la prenotazione.

Grazie al reportage di Angelo Cimarosti (ArchaeoReporter), ecco un video che offre un’anticipazione dei rinvenimenti dagli scavi archeologici urbani di Padova, che saranno presentati al pubblico appunto giovedì 1° dicembre 2022 in occasione della conferenza prevista alle 17 nella sede della Soprintendenza dal funzionario archeologo Cinzia Rossignoli, con l’apporto degli archeologi professionisti Gaspare De Angeli e Michele De Michelis. Il reportage completo di ArchaeoReporter sarà pubblicato a puntate dopo la conferenza.

Cervarese Santa Croce. “Cantiere aperto”: presentazione dell’intervento di restauro delle imbarcazioni monossili (piroghe) conservate al museo del Fiume Bacchiglione

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Le imbarcazioni monossili conservate al museo del Fiume Bacchiglione a Cervarese Santa Croce (Pd) (foto sabap-pd)

cervarese_castello-vaneza_museo-fiume-bacchiglione_cantiere-aperto_locandina“Cantiere aperto: presentazione dell’intervento di restauro delle imbarcazioni monossili (piroghe) del Museo del Fiume Bacchiglione”: appuntamento sabato 26 novembre 2022, alle 16, al museo del Fiume Bacchiglione di Cervarese Santa Croce (Padova) nel castello di San Martino della Vaneza per l’illustrazione dell’intervento di monitoraggio e di recupero conservativo – finanziato con fondi ministeriali – delle due imbarcazioni monossili anticamente rinvenute nell’alveo del fiume Bacchiglione. Le operazioni sono risultate indispensabili in quanto il prodotto di consolidamento già utilizzato per stabilizzare il legno impregnato d’acqua è affiorato in superficie, provocando nel tempo colature, cristallizzazioni e velature, che nell’occasione sono state asportate. I professionisti Ilaria Bianca Perticucci e Giorgio Rea saranno a disposizione per raccontare al pubblico il lavoro finora svolto. Sarà inoltre possibile approfondire la conoscenza delle possibilità garantite dai modelli 3D con applicazione alla sfera dei beni culturali. La presentazione sarà accompagnata da una visita guidata a cura dell’associazione Memorabilia. Per partecipare all’iniziativa culturale (a pagamento: adulti 10 euro, bambino 5 euro, ridotto 3 euro), che prevede posti limitati, è obbligatorio prenotare inviando la richiesta a: info@castellosanmartinodellavaneza.it

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Museo del Fiume Bacchiglione a Cervarese Santa Croce: esecuzione del rilievo 3D sulle imbarcazioni monossili (documentazione preliminare l’intervento): Aerariumchain Scansioni 3D (foto martina beggiato)

Durante la pulitura, condotta dalla restauratrice Ilaria Bianca Perticucci sotto l’alta sorveglianza della soprintendenza ABAP per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno Padova e Treviso, si è proceduto alla rimozione degli accumuli di prodotto consolidante (Polietilen glicole/PEG), e contestualmente il dott. Giorgio Rea ha eseguito il rilievo fotogrammetrico digitale 2 e 3D per documentare lo stato di conservazione dei manufatti prima dell’intervento vero e proprio. La scansione tridimensionale ha richiesto l’ausilio di uno scanner a luce strutturata con densità di punti (precisione) 0,2 mm. La realizzazione del modello 3D permetterà un monitoraggio altamente tecnologico delle due imbarcazioni, in quanto consentirà di confrontarle con futuri modelli per comprendere al meglio i fenomeni di spostamento e dilatazione dei legni.

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Museo del Fiume Bacchiglione a Cervarese Santa Croce: intervento diretto sulle piroghe, mediante utilizzo di vaporizzatore per la rimozione degli affioramenti di PEG: Emanuele Dell’Aglio e Ilaria Bianca Perticucci (foto martina beggiato)

La prima scansione è perfettamente riuscita e ha permesso la creazione di una nuvola di punti densa finalizzata alla realizzazione di un modello 3D mesh (superficie poligonale unita in una rete) e in seguito di una texture perfettamente corrispondente alle dimensioni degli oggetti in questione. La seconda scansione è programmata per novembre 2023. Secondo quanto già anticipato, ha avuto inizio anche il monitoraggio microclimatico per acquisire dati approfonditi relativamente alle condizioni ambientali dello spazio espositivo, al fine di garantire parametri idonei alla conservazione dei reperti. L’elaborazione dei dati ottenuti durante il periodo di monitoraggio a medio e lungo termine sarà conclusa a novembre del prossimo anno.

Padova. Con l’apertura straordinaria di Palazzo Folco, sede della soprintendenza, presentazione del libro “Spineda. Il passato tra i ciottoli. Archeologia ai margini della centuriazione di Padova nord-ovest” di Matteo Frassine

padova_palazzo-folco_conferenza-spineda-il-passato-tra-i-ciottoli_locandinaSarà possibile addentrarsi in un territorio finora poco conosciuto dal punto di vista archeologico, localizzato nell’alta pianura trevigiana in località Spineda (comune di Riese Pio X). Giovedì 10 novembre 2022, alle 17, in occasione dell’apertura straordinaria di Palazzo Folco a Padova – sede della Soprintendenza – che sarà visitabile dalle 15 alle 18.30, conferenza di presentazione del libro “Spineda. Il passato tra i ciottoli. Archeologia ai margini della centuriazione di Padova nord-ovest”, a cura di Matteo Frassine. I lavori per la costruzione della Superstrada Pedemontana Veneta (SPV) hanno infatti messo in luce numerose tracce antropiche che raccontano di paesaggi agrari antichi, di un edificio rustico di epoca romana, dove veniva prodotta la pece, e di una popolazione forse gota, di cui rimangono ancora da scoprire le dinamiche insediative. Interverranno Massimo Dadà, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per il Comune di Venezia e Laguna; Matteo Frassine, funzionario archeologo della soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno Padova e Treviso. L’ingresso alla conferenza è gratuito su prenotazione obbligatoria fino a esaurimento dei posti. La richiesta va inviata esclusivamente on line al link: https://forms.gle/tvgCV19BsrJgvMiu8. Per la visita a Palazzo Folco non è necessaria la prenotazione.

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Copertina del libro “Spineda. Il passato tra i ciottoli. Archeologia ai margini della centuriazione di Padova nord-ovest”

Spineda. Il passato tra i ciottoli. Nell’alta pianura trevigiana, presso il torrente Musone, i lavori per la costruzione della Superstrada Pedemontana Veneta (SPV), progettata per collegare le autostrade A4 e A27 da Montecchio Maggiore (Vicenza) a Spresiano (Treviso), hanno messo in luce in località Spineda (Riese Pio X) diverse tracce riferibili ad una frequentazione antropica estesa nel tempo. Le indagini documentano le progressive modifiche attuate nel paesaggio agrario antico, che vede nella centuriazione di Padova nord-ovest l’intervento di maggiore impatto, e la costruzione di un edificio rustico di epoca romana, improntato ad un’economia di autosussistenza. Fra gli aspetti più caratteristici di quanto emerso vanno annoverati la produzione della pece e alcune sepolture di bovini. Dopo un periodo di parziale abbandono, una nuova fase di vita è legata all’arrivo di una popolazione alloctona, forse gota, alla quale sono ascritte una Grubenhaus e una sepoltura di bambina con pregevole corredo. Le informazioni raccolte aggiungono, dunque, un significativo tassello nella conoscenza di questa porzione di territorio, finora sostanzialmente privo di rinvenimenti archeologici.

Padova. Apertura straordinaria di Palazzo Folco, sede della soprintendenza, e conferenza “La necropoli preromana orientale di Padova tra scavo, restauro e ricerca digitale”

padova_palazzo-folco_conferenza-necropoli-preromana-orientale_locandinaFocus sulla necropoli preromana orientale di Padova. Giovedì 3 novembre 2022, in occasione dell’apertura straordinaria di Palazzo Folco in via Aquileia a Padova – sede della Soprintendenza – che sarà visitabile dalle 15 alle 19 (ultimo ingresso alle 18.30), si terrà la conferenza “La necropoli preromana orientale di Padova tra scavo restauro e ricerca digitale”. Appuntamento alle 17. Interverranno: Giovanna Gambacurta, università Ca’ Foscari, Venezia; Cecilia Moscardo, Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici, università di Bologna; Federica Santinon, funzionario restauratore, soprintendenza area metropolitana di Venezia e province di Belluno Padova Venezia; Angela Ruta Serafini, già soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto. Ingresso alla conferenza gratuito su prenotazione obbligatoria fino a esaurimento dei posti. Inviare la richiesta esclusivamente on line mediante il seguente link: https://forms.gle/ayTSCKZbLFd6MyLVA. Per la visita a Palazzo Folco non è necessaria la prenotazione. Il progetto di ricerca sulla necropoli tra via Tiepolo e via San Massimo indagata sul campo nel 1990-1991 prosegue con attività di laboratorio che hanno visto nel tempo la prosecuzione non solo dello scavo delle tombe ancora conservate nei pani di terra, ma anche con azioni che vanno articolandosi negli anni. Hanno preso avvio, contestualmente allo scavo, le seguenti attività: ricerche antropologiche, di restauro e tecnologia dei materiali, una nuova frontiera di ricostruzioni 3d dei contesti di scavo e dei materiali restaurati, oltre ad un lungo ma indispensabile processo di digitalizzazione della documentazione originale, che saranno oggetto dell’incontro di valorizzazione. Per tali iniziative si è contato sulla collaborazione del Centro di Digital and Public Humanities del dipartimento di Studi umanistici dell’università Ca’ Foscari di Venezia (VeDPH).

Padova. Primi risultati delle indagini archeologiche preliminari nell’area dove sorgerà la nuova Pediatria: trovati un corso d’acqua, una strada glareata, magazzini o edifici per attività artigianali. Nuovi elementi per capire meglio il suburbio orientale della città antica

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Nuova Pediatria di Padova: l’area interessata dalle indagini archeologiche preliminari (foto ditta Malvestio Diego & C. snc)

Lì dove sorgerà la nuova Pediatria di Padova le indagini archeologiche preliminari stanno dando nuovi elementi per capire meglio il suburbio orientale della città antica. I primi risultati hanno messo in luce principalmente: gli antichi tracciati di un corso d’acqua, attivo in età preromana, e di una strada romana glareata, ovvero con battuto in ghiaia e frammenti laterizi, giunta a noi in uno stato di conservazione molto residuale; tracce di fondazioni di strutture murarie, pertinenti a magazzini o a edifici produttivi per attività artigianali che necessitavano dell’uso del fuoco e di un’agevole commercializzazione dei prodotti. Con una sola eccezione (una tomba a inumazione in cassetta di laterizi) non sono state individuate sepolture, come invece è avvenuto in altre zone del comparto ospedaliero.

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Nuova Pediatria a Padova: resti di edifici destinati ad attività produttive/artigianali (foto ditta Malvestio Diego & C. snc)

Le indagini archeologiche. Lo scorso mese di aprile 2022 sono state avviate le indagini archeologiche preliminari alla realizzazione della nuova Pediatria del polo ospedaliero di Padova, insistenti sul sedime della demolita ex palazzina di Pneumologia. Questo edificio, costruito alla metà del XX secolo, era stato dotato di un piano interrato, la cui realizzazione – insieme alle opere fondazionali e alla fitta rete di sottoservizi – aveva comportato profondi sbancamenti, raggiungendo in alcune zone la stratigrafia alluvionale naturale, e in generale causando una forte frammentazione, tra i diversi interrati, dei risparmi di terreno con stratigrafia archeologica ancora intatta. Lo scavo archeologico è diretto dalla Soprintendenza competente e condotto dalla ditta Malvestio Diego & C. snc di Concordia Sagittaria (VE), con il coordinamento sul campo di Gaspare De Angeli. Il telerilevamento con droni è a cura della ditta Archetipo srl di Padova. L’analisi delle dinamiche idrografiche ha richiesto la consulenza specialistica del geoarcheologo Claudio Balista, mentre per le analisi sui resti inumati è intervenuta Lisa De Luca, antropologa fisica. Il progetto prevede inoltre che una parte del costruendo edificio si estenda verso ovest e verso nord, in zone esterne alla ex Pneumologia e dunque presumibilmente e almeno in parte meno manomesse da disturbi moderni, dove, nella fase attuale dei lavori, si sta effettivamente riscontrando una maggiore integrità della sequenza archeologica.

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Indagini archeologiche preliminari nell’area dove sorgerà la nuova Pediatria di Padova (foto ditta Malvestio Diego & C. snc)

Dai primi anni ‘90 del secolo scorso, il comprensorio ospedaliero di Padova è stato interessato da interventi archeologici molteplici e di varia portata, correlati a specifiche necessità a carattere medico-sanitario. In particolare, nell’area prossima alla ex Pneumologia e alla vicina Clinica Ostetrica, alcuni interventi eseguiti negli anni Duemila hanno fatto emergere un quadro insediativo con una iniziale presenza antropica piuttosto rarefatta, a scopo coltivo, con canalizzazioni agrarie, databile tra la tarda età del Ferro e l’età di romanizzazione (III/II-I metà I sec. a.C.), seguita in età romana imperiale dall’impostazione di settori di necropoli e di insediamenti a carattere artigianale/produttivo, anche coesistenti tra loro. Rispetto a tale situazione pregressa, nel cantiere in corso il primo dato da evidenziare è l’assenza di sepolture, se si eccettua una inumazione infantile individuata in un punto marginale del cantiere e di epoca presumibilmente tardo-romana.

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Vasellame fittile ritrovato durante le indagini archeologiche preliminari nell’area della nuova Pediatria di Padova (foto ditta Malvestio Diego & C. snc)

È stata accertata la presenza in antico di un corso d’acqua, scorrente in senso ovest-est lungo tutta la fascia settentrionale del cantiere, attivo in età preromana; sulla sponda meridionale del fiume, già sensibilmente ridotto di portata o addirittura interrato, in età romana viene impostata una strada, con sottofondo in pezzame laterizio, giunta a noi in uno stato di conservazione molto residuale, limitato alle due opposte estremità del cantiere; lacerti della stessa strada erano già stati messi in luce in alcuni sondaggi eseguiti negli anni Duemila a ovest dell’attuale cantiere. Sull’asse viario si affacciavano su entrambi i lati strutture murarie, di cui rimangono tracce di fondazioni, probabilmente pertinenti a magazzini o a edifici produttivi per attività che necessitavano dell’uso del fuoco (piattaforme focate) e un’agevole commercializzazione dei prodotti (affaccio sulla strada). Alla fase attuale non sono emersi specifici indicatori del tipo di attività esercitata, come scorie o scarti di produzione (vasellame fittile, laterizi, scorie metalliche).

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Nuova Pediatria a Padova: edificio a pianta quadrangolare di grandi dimensioni emerso nello scavo del settore Ovest (foto ditta Malvestio Diego & C. snc)

Per quanto riguarda l’area Ovest, è stato recentemente messo in luce lungo il fronte meridionale della strada un edificio di ampie dimensioni a pianta quadrangolare, suddiviso in vani, con massiccia presenza di prodotti di combustione (carbone, cenere), piccoli fornetti e alcuni drenaggi localizzati di anfore, che venivano collocati sotto i piani di calpestio con lo scopo di deumidificare e bloccare eventuali risalite dell’acqua di falda. Alcune “finestre stratigrafiche”, costituite da profonde fosse moderne che, ripulite in parete, lasciano intravedere in parete e sul fondo gli strati più antichi, sembrano mostrare la presenza di un deposito archeologico abbastanza spesso e stratificato. Come di prassi, le ricerche sul campo continueranno attraverso lo scavo manuale e la documentazione di quanto esposto, anche con l’ausilio di tecnologie avanzate come ortofotopiani, sorvoli con drone, consulenze e prelievi per analisi specialistiche. Non si segnalano, al momento, manufatti di particolare rilievo funzionale o in stato di conservazione più che frammentario, comprese le anfore utilizzate a scopo di bonifica. I reperti mobili verranno in ogni caso, come di prassi, classificati e studiati al fine di ottenere una puntuale datazione delle fasi del sito.

L’area di cantiere presso il bastione Cornaro. L’avvio dei lavori ha richiesto l’individuazione di una specifica area di cantiere che, stante l’impossibilità di occupare – per insuperabili motivi logistici e funzionali legati all’attività ospedaliera – l’ambito adibito a parcheggio presente sul retro della Clinica di Oncoematologia, sarà allestita al piede dello spiccato murario sito a margine del bastione Cornaro. L’apprestamento di tale area, ritenuto ammissibile in forza del carattere di assoluta temporaneità dell’impianto in parola, è stato comunque subordinato alla necessità di minimizzare qualsiasi alterazione percettiva e/o compromissione dell’area del vallo prossima al Bastione, predisponendo opportuni mascheramenti e individuando percorsi di accesso obbligati atti a ridurre le interferenze e garantire l’intangibilità dell’ampio scoperto circostante la struttura bastionata. La definizione del perimetro è stata ragionata in modo da consentire la massima reversibilità, salvaguardando le alberature presenti e prevedendo la posa a secco di fondi drenanti, opportunamente isolati in modo da non intaccare gli strati preesistenti. Al fine di perseguire, inoltre, un generale riordino dell’ambito interessato, al termine dei lavori, oltre ad essere garantito il perfetto ripristino dello stato dei luoghi, sarà cura dell’ente proprietario (ULSS 6 Serenissima) predisporre un complessivo progetto di riqualificazione vegetale dell’ambito volto a valorizzare le relazioni spaziali del sensibile contesto architettonico.

Veneto. Monitorato e georeferenziato il patrimonio culturale riemerso nelle acque interne per la siccità grazie alla collaborazione tra soprintendenza e carabinieri Tutela patrimonio culturale: ricognizioni nei fiumi Brenta, Bacchiglione, Piave e Adige, sul lago di Garda, e nel braccio di mare tra Malamocco ed Eraclea

venezia_sabap_monitoraggio-patrimonio-subacqueo_personale-tecnico_foto-sabap-veLa crisi idrica che ha colpito l’Italia e in particolare anche il Veneto ha esposto il patrimonio culturale sommerso nelle acque interne a una repentina esposizione. La proficua collaborazione tra il Servizio tecnico per l’Archeologia subacquea presso la soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’Area metropolitana di Venezia e le Province di Belluno Padova e Treviso, con il coordinamento del funzionario archeologo Alessandro Asta, i carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio culturale di Venezia, in aderenza al D.M. 05.03.1992 dell’allora ministero per i Beni culturali ed ambientali, con il supporto logistico ed operativo dei Nuclei elicotteri Carabinieri di Belluno e Bolzano, del Nucleo Carabinieri subacquei di Genova e del Nucleo natanti Carabinieri di Venezia, ha permesso di accertare lo stato del patrimonio conosciuto, acquisire elementi informativi su nuove emersioni ed effettuare attività preventiva sui siti. venezia_sabap_monitoraggio-patrimonio-subacqueo_attività-san-nicoletto-venezia_foto-sabap-veIl Servizio tecnico per l’Archeologia subacquea della soprintendenza per l’Area metropolitana di Venezia, diretto da Alessandro Asta (alessandro.asta@cultura.gov.it) e i carabinieri del Nucleo per la Tutela del Patrimonio culturale di Venezia (tpcvenu@carabinieri.it), rimangono disponibili per la raccolta di ogni utile informazione/segnalazione nonché per la promozione di puntuali indicazioni per una pronta tutela dei siti subacquei, in questo momento particolarmente drammatico per i nostri corsi d’acqua, a fronte di un patrimonio culturale subacqueo capillarmente diffuso e di rilevante livello.

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Affioramenti sul fiume Brenta a Limena (foto sabap-ve / Tpc)

Il dispiegamento dei mezzi aerei e dei natanti nei mesi di aprile, maggio e luglio 2022, per complessive 40 ore di navigazione aerea e navale e 12 ore di immersione, hanno supportato l’attività di ricognizione, documentazione fotografica e georeferenziazione delle installazioni oggetto di tutela nonché l’accertamento delle segnalazioni giunte alla soprintendenza da enti pubblici e cittadini. Le risultanze emerse sia a seguito dell’abbassamento del livello dei fiumi e dei laghi, in particolare sui tratti mediani e terminali dei fiumi Brenta, Bacchiglione, Piave e Adige e sul Lago di Garda, e relitti ricompresi nel braccio di mare tra Malamocco ed Eraclea, vengono ora valutati nelle loro attuali condizioni per la loro migliore tutela e valorizzazione.

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Affioramenti sul fiume Adige ad Albaredo (foto sabap-ve / Tpc)

venezia_sabap_monitoraggio-patrimonio-subacqueo_fiume-adige-a-roverchiara_foto-sabap-veUna particolare criticità è emersa lungo il fiume Adige, tra Verona e Legnago, dove sono stati documentati resti di strutture verosimilmente appartenenti sia ad età antica che medievale-rinascimentale, oltre a relitti di età moderna. Per quanto concerne i fiumi Brenta e Piave, le condizioni drastiche di secca non hanno condotto all’emersione di siti strutturati o di relitti ma rimane altissima la probabilità di ritrovamenti di minori dimensioni, in considerazione della vasta antropizzazione del territorio fin dall’età del Bronzo. Analogamente il corso del Bacchiglione, fra i comuni di Montegalda (Vi) e Selvazzano Dentro (Pd) è stato oggetto di monitoraggio per l’alta potenzialità archeologica dell’area, suscettibile di ulteriori disvelamenti nel medio termine in costanza di criticità idrica.

venezia_sabap_monitoraggio-patrimonio-subacqueo_rilievi-san-nicoletto-venezia_foto-sabap-veSul fronte marittimo le attività hanno riguardato il controllo della condizione di conservazione di relitti già conosciuti ed attività preventiva di documentazione della mancanza di condotte criminose in danno del patrimonio, in particolare in Venezia (loc. Santa Maria del Mare e San Nicoletto) ed Eraclea.

Caorle (Ve). Al museo nazionale di Archeologia del Mare secondo appuntamento del ciclo di incontri “Storie riemerse – L’archeologia tra ricerca e racconto museale”: Alessandro Asta su “La memoria dell’Adriatico tra passato e futuro. Guida minima al patrimonio culturale subacqueo”

caorle_archeologico_storie-riemerse_memoria-dell-adriatico_locandinaDomenica 17 luglio 2022, alle 18.30, il museo nazionale di Archeologia del Mare di Caorle ospita il secondo appuntamento di “Storie riemerse. L’archeologia tra ricerca e racconto museale”. Per l’occasione, in via del tutto eccezionale e per la prima volta, sarà possibile visitare la prima sezione di archeologia subacquea e i depositi del Museo. Protagonista Alessandro Asta, funzionario archeologo della Sabap per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno Padova e Treviso, con “La memoria dell’Adriatico tra passato e futuro. Guida minima al patrimonio culturale subacqueo”. L’ingresso per i partecipanti è gratuito e sarà consentito fino ad esaurimento dei posti a sedere disponibili. I tre appuntamenti in programma fino a settembre (17 luglio, 27 agosto, 24 settembre 2022) hanno come filo conduttore l’archeologia nella sua declinazione marittima/alto-adriatica, considerata sia sotto l’aspetto della tutela e della ricerca, sia sotto l’aspetto della valorizzazione museale e del racconto al grande pubblico dei dati e delle informazioni acquisite grazie agli scavi (subacquei e non). I tre incontri in programma (“La memoria dell’Adriatico”, “Un racconto a colori: il Man di Adria”, “Raccontare l’archeologia marittima: Caorle”) danno conto, con taglio divulgativo, di alcune avvincenti sfide passate, presenti e future, lanciate per far riemergere la storia e le vicende millenarie del nostro territorio, con particolare riguardo al rapporto tra l’uomo e il mare.