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“La villa dei Mosaici di Negrar (Vr): vecchi ritrovamenti e nuove scoperte”: è il poster presentato da Tinè, De Zuccato, Rinaldi e Basso al XXIX Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (AISCOM) al parco archeologico di Ostia antica

ostia-antica_parco_XXIX-colloquio-aiscom_locandinaTre giorni per confrontarsi sulle problematiche del mosaico antico, tra nuove scoperte, conservazione dell’esistente, e valorizzazione dei siti. Si è tenuto a ostia antica, dal 15 al 18 marzo 2023, il XXIX Colloquio dell’Associazione Italiana per lo Studio e la Conservazione del Mosaico (AISCOM), con il patrocinio del Ministero della cultura e la partecipazione del parco archeologico di Ostia antica. I lavori, al Salone Riario nel complesso della Cattedrale di Santa Aurea, si sono articolati in tre giornate (15-17 marzo 2023), con nove sessioni (Ostia, Roma, Lazio e Italia centrale, Italia settentrionale, Italia meridionale, temi iconografici e tipologie decorative parte I e parte II, metodologia restauro e innovazioni tecnologiche parte I e parte II) e con una sessione poster in modalità online. Proprio in quest’ultima sessione è stato presentato il poster “La villa dei Mosaici di Negrar (Vr): vecchi ritrovamenti e nuove scoperte” a cura di Vincenzo Tinè, soprintendenza ABAP Ve Met; Gianni De Zuccato, soprintendenza ABAP Vr; Federica Rinaldi, parco archeologico del Colosseo; Patrizia Basso, università di Verona. Ecco il poster.

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La foto originale del 1922 rappresentante il mosaico della Sala A della villa romana di Negrar (foto archivio sabap-vr)

La villa dei mosaici vecchi ritrovamenti e nuove scoperte. Il contesto territoriale e lo scavo. Nel Comune di Negrar di Valpolicella in provincia di Verona, scavi condotti dalla soprintendenza Archeologia Beni culturali e Paesaggio per le province di Verona Rovigo e Vicenza stanno riportando in luce i resti di una villa tardoantica, che era già stata parzialmente individuata a fine Ottocento e negli anni ’20 del Novecento, ma poi interrata sotto i rigogliosi vigneti di questo territorio. Sin dai primi rinvenimenti erano emersi straordinari pavimenti musivi che per la complessità dei disegni e la presenza di soggetti figurati poco diffusi nel territorio avevano suscitato grande interesse sia tra il pubblico, sia tra gli studiosi. La ripresa dello scavo si inserisce in un ampio e virtuoso progetto di ricerca e valorizzazione che ha previsto un accordo di programma con il Dipartimento Culture e Civiltà dell’università di Verona, l’Accademia di Belle Arti di Verona, che ha già realizzato i primi importanti interventi conservativi, il Politecnico di Milano e il Comune di Negrar; l’intervento è stato realizzato grazie agli accordi di partenariato pubblico-privato con i proprietari dei terreni, l’Azienda Agricola “La Villa” dei fratelli Matteo e Simone Benedetti e la “Società Agricola Franchini” di Giuliano Franchini e grazie al supporto operativo e logistico sul campo della Società Archeologica (SAP).

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Veduta aerea dell’area occupata dalla Villa dei Mosaici di Negrar tra i vigneti della Valpolicella (foto sabap-vr)

La villa si estende su una superficie di almeno 3000 mq ed è disposta scenograficamente su più terrazzamenti, collegati fra loro da scale, secondo il declivio naturale del terreno (figg. 1-2). Il settore residenziale era organizzato attorno a un ampio giardino centrale dotato di fontana, delimitato da un portico, di cui si conservano in situ alcune basi di colonne. Tale portico era pavimentato su tre lati in mosaico e su un quarto in lastre di pietra locale. Anche il vasto vano absidato che costituiva la sala di rappresentanza sull’asse principale dell’edificio, affacciata su uno dei lati del porticato, presentava un ricco pavimento musivo. Sempre in mosaico era infine decorato l’ambiente centrale del settore termale della villa, dove si sono riconosciuti un calidarium e tepidarium alimentati da un praefurnium, un frigidarium dotato di una vasca rivestita in lastre di pietra locale, oltre a una latrina e a un possibile apodyterium. Di grande rilevanza è anche il vasto settore produttivo lastricato che faceva parte integrante del complesso: vi si sono riconosciuti vani dedicati alla lavorazione del vino (come confermano le prime analisi chimiche condotte) e probabilmente anche alla sua conservazione, per cui sembra si debba pensare – in continuità con la tradizione preromana – a botti lignee, data la totale assenza di dolia defossa. I vinaccioli rinvenuti nella canaletta in uscita dalla latrina, i macroresti di legno di vite raccolti nel prefurnio e i pollini di vite recuperati in più livelli pertinenti alla fase di vita del complesso contribuiscono ad attestare che l’economia della villa si basava sulla produzione vinicola, con una straordinaria continuità fino al presente.

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Fotorilievo della Villa dei Mosaici di Negrar (Vr) con indicazione della funzione dei diversi settori (foto sabap-vr)

I pavimenti musivi. L’ampliamento dello scavo della villa, come descritto, ha rappresentato un’occasione unica per arricchire la conoscenza del panorama musivo di questo contesto, già di per sé straordinario. Al nucleo di pavimentazioni musive, geometriche e figurate rinvenute durante le prime campagne di indagini, si sono aggiunte nuove superfici musive che assieme ai dati di scavo, in fase di studio, permettono di perfezionare il periodo di utilizzo della villa al primo quarto del IV secolo d.C. inserendo di diritto il territorio di Negrar nel più ampio contesto storico-culturale-economico della X Regio. Grazie allo scavo estensivo è stato definito il perimetro del settore di rappresentanza, un nucleo compatto di ambienti gravitanti sulla sala principale A con composizione ortogonale di meandri risparmianti riquadri (Décor, 192d) con soggetti legati al mondo del mito e dei ludi, in asse con il carré de triclinium del braccio di portico meridionale (vano ES); ai lati si dispongono, a Est, due vani “di servizio” decorati da seriali composizioni di croci e ottagoni formanti quadrati (Décor, 179a) o di cerchi tangenti formanti quadrati concavi (Décor, 231h) (vani B e C), a Ovest due ambienti inediti, il vano D con composizione ortogonale di ottagoni irregolari adiacenti con quattro lati concavi (formanti cerchi) (Décor, 168c), perimetrato da un bordo ad ogive, e il vano F con ottagoni irregolari (Décor, 172). Stile, cromia e riempitivi si ripetono in tutti i vani prediligendo le tonalità del rosso, rosa e grigio, nodi di Salomone, stuoie e fioroni.

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La dama ingioiellata, uno dei due tondi con figura umana del mosaico pavimentale del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

Sia il settore di rappresentanza che il quartiere termale (vani T ed S) affacciano sui portici del giardino: le terme, di cui si conservano solo lembi della originaria pavimentazione con cerchi secanti con effetto di quadrifogli (Décor, 237) e ottagoni irregolari allungati (Décor, 172) gravitano sul braccio EE la cui pavimentazione presenta un disegno geometrico con composizione di ottagoni e rettangoli, più corsiva e meno vivace delle altre, caratterizzata anche da una minore attenzione al disegno preparatorio. Dalla parte opposta verso l’area lastricata si allunga il braccio EO che si distingue per l’originalità della composizione che non ha confronti in area italica: si tratta di una composizione ortogonale di quadrilobi eccedenti intorno ad un quadrato sulla diagonale con gli spazi di risulta caricati da un cerchio iscritto (Décor, 225b); nei cerchi compaiono due busti, uno femminile con ricco abbigliamento e uno maschile con folta barba, inseriti in un tappeto di soggetti di genere quali cantharoi, caproni, uccelli, cesti con grappoli d’uva, tutti orientati verso il giardino della villa. La lettura integrata dei mosaici della villa di Negrar consente di riconoscere quel nuovo corso stilistico, caratterizzato dalla complessità degli schemi, dall’ampliamento delle figure geometriche di base e dalla ridondanza decorativa, in cui convivono repertorio vegetale e animale. Tale nuovo corso ben si allinea alle mode presenti nei contesti tardo antichi dell’Italia settentrionale (Desenzano e Aquileia, ad esempio) oltre che del Mediterraneo, evocanti un contesto di benessere e ricchezza, conseguito anche tramite il richiamo al mondo della cultura e dei ludi.

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Panoramica del sito archeologico della Villa dei Mosaici a Negrar (foto graziano tavan)

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Il gruppo di lavoro per il parco archeologico in sopralluogo alla villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella: da sinistra, il sindaco Roberto Grison, il soprintendente Vincenzo Tinè, l’architetto Luca Dolmetta, l’archeologo Gianni De Zuccato, l’archeologo Alberto Manicardi, l’architetto Giovanna Battista, e i rappresentanti delle aziende agricole Benedetti e Franchini (foto sabap-vr)

Le prospettive di valorizzazione. L’importanza del sito ha favorito lo stanziamento di un primo, consistente, contributo di 1,5 milioni di Euro da parte del ministero della Cultura con il quale si è dato avvio al progetto di valorizzazione, finalizzato alla piena fruizione pubblica dell’area archeologica della Villa dei Mosaici. Un primo step, in corso di realizzazione con previsione di apertura al pubblico a metà aprile 2023, prevede il completamento delle coperture provvisorie atte a mettere in sicurezza i mosaici e consentire il loro restauro, nonché l’allestimento di un percorso provvisorio di visita con pannellistica informativa. Le coperture sono già state acquistate e poste in opera grazie alla generosa disponibilità delle cantine proprietarie dei fondi e partners dell’iniziativa, Soc. Agr. Benedetti e Soc. Agricola Franchini (quest’ultima attraverso lo strumento fiscale dell’Art Bonus), mentre il percorso pedonale di visita con ausili didattici è in corso di realizzazione in queste settimane. Seguirà il complessivo resetting idrogeomorfologico dell’area, il restauro sistematico dei resti murari e musivi e il concorso di progettazione internazionale per la realizzazione del sistema definitivo di copertura e musealizzazione del sito sulla base di un articolato documento preliminare di progettazione, che ne orienti le modalità esecutive.

Zevio (Vr). Incontro dell’università del Tempo libero su “Storia dei ritrovamenti archeologici degli ultimi 40 anni nel territorio di Zevio” con due esperti: Luciano Salzani e Alberto Manicardi. Protagonista la Tomba del Carro scoperta a Lazisetta

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Particolare del ricco corredo funebre della Tomba del Carro di Santa Maria di Zevio (Vr) (foto sap)

Alla fine del percorso dell’Età del Ferro nel museo Archeologico nazionale di Verona è esposto il ricco corredo della Tomba del Carro di Zevio, la numero 7 delle 181 ritrovate nella necropoli di Lazisetta di Santa Maria di Zevio (II sec. a.C. – I sec. d.C.). Si tratta della tomba di un bambino di 5-7 anni le cui ceneri furono deposte insieme a un sontuoso carro da parata e a un ampio corredo tipico dei guerrieri adulti. L’attento studio dei contesti ha permesso agli archeologi di ricostruire – con una installazione multimediale – il rituale con cui questo giovane “principe” fu sepolto. 

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L’area di scavo della necropoli celtica a Santa Maria di Zevio (Vr) (foto sap)

 

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Ricostruzione del carro funebre della Tomba del bambino di Lazisetta di Santa Maria di Zevio (Vr) (foto sap)

Proprio la scoperta a Lazisetta, nei pressi di Pontoncello, della sepoltura di un bambino appartenente ad una ricca famiglia celtica che ha portato alla luce i resti di un carro funebre oltre a un ricchissimo corredo funerario, sarà uno dei temi forti dell’incontro “Storia dei ritrovamenti archeologici degli ultimi 40 anni nel territorio di Zevio” promosso dall’Università del tempo libero. zevio_università-del-tempo-libero_logoAppuntamento lunedì 6 marzo 2023, alle 15, nella sala conferenze del Centro civico culturale di Zevio, in piazza Santa Toscana. Interverranno due tra i massimi esperti del settore: Luciano Salzani, già ispettore della soprintendenza Archeologica di Verona e Alberto Manicardi, esperto archeologo della SAP, che ha operato a lungo nel territorio di Zevio. Ma non solo. Il territorio di Zevio, per la presenza di una fertile pianura e del fiume Adige, è sempre stato abitato fin dai tempi antichi e i numerosi ritrovamenti archeologici di necropoli del periodo celtico-romano ne sono una testimonianza.

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Copertina del libro “La necropoli gallica e romana di S. Maria di Zevio (Verona)” di Luciano Salzani

Tra l’altro, non dimentichiamo che proprio Luciano Salzani, nel 1996, aveva pubblicato per la Sap, il libro “La necropoli gallica e romana di S. Maria di Zevio (Verona)” in cui vengono presentati gli scavi delle necropoli galliche e romane attorno a S. Maria di Zevio, primo risultato assai riuscito di un lungo lavoro svolto in costante collaborazione tra la soprintendenza Archeologica del Veneto, l’Archeoclub di S. Maria di Zevio e il Comune di Zevio. Il risultato scientifico, che vede l’edizione sistematica di centosessantotto tombe ad incinerazione databili tra il II sec. a.C. e la prima età imperiale, è indubbiamente di grandissimo rilievo, perché rappresenta un caso esemplare della progressiva integrazione di una comunità cenomane (a quanto risulterebbe dalle iscrizioni) nel mondo romano.

Verona. Al museo Archeologico nazionale convegno “VENETI ed ETRUSCHI. Un confine invisibile” dedicato alla Necropoli dell’Età del Ferro della Colombara a Gazzo Veronese con presentazione del libro di Luciano Salzani e Marisa Morelato

verona_archeologico_convegno-veneti-ed-etruschi_locandina“VENETI ed ETRUSCHI. Un confine invisibile” è il titolo del convegno dedicato alla Necropoli dell’Età del Ferro della Colombara a Gazzo Veronese. Appuntamento sabato 4 febbraio 2023, alle 10, al museo Archeologico nazionale di Verona. La partecipazione all’evento è gratuita. Per informazioni: tel. 346.5033652 o museovr@archeologica.it. Dopo i saluti del soprintendente Vincenzo Tinè, introduce e modera Mara Migliavacca (università di Verona). Interventi: 10.30, Giovanna Gambacurta (università Ca’ Foscari, Venezia) su “Gazzo Veronese: un nodo strategico nei percorsi del Veneto”; 11, Angela Ruta Serafini (già direttrice del museo nazionale Atestino) presenta il libro “I Veneti Antichi a Gazzo Veronese. La necropoli della Colombara”. Dopo il coffee break, alle 11.45, Sabrina Masotti (università di Ferrara) su “Il rito incineratorio a Colombara: analisi antropologica e confronti con altre necropoli del territorio veneto”; 12.15, Alessandro Canci (università di Udine) su “Le inumazioni della necropoli della Colombara di Gazzo Veronese. Evidenze utili per una ricostruzione del rituale funerario”.

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Sepoltura rinvenuta nella necropoli della Colombara a Gazzo Veronese (foto sabap-vr)

“Il convegno di Verona”, spiega Giovanna Gambacurta, “nasce dalla volontà di presentare al pubblico (scientifico e non scientifico) un ultimo lavoro di Luciano Salzani che tanta parte ha giocato per la conoscenza della preistoria e protostoria del Veronese e del Veneto in generale. In questo caso si presenta l’edizione sistematica della necropoli di Gazzo Veronese in località Colombara, studiata da Luciano Salzani con la collaborazione di Marisa Morelato. L’idea degli organizzatori è stata quella di non limitarsi alla presentazione del volume, ma di farne un’occasione di conoscenza a più ampio respiro. In questa direzione a Mariangela Ruta è stata chiesta la presentazione del volume, impresa non facile per i numerosi contatti con altre realtà dell’età preromana che si possono mettere in luce. In sostanza si tratta di un difficile lavoro di sintesi per evidenziare i tratti salienti di questa necropoli del centro cardine di Gazzo Veronese. A me è stato chiesto di inquadrare il centro di Gazzo nel suo contesto territoriale, mettendo in luce le motivazioni che portarono Gazzo a rivestire un ruolo chiave nei traffici e nei commerci che legavano il Veneto al mondo villanoviano prima ed etrusco poi. Il quadro si completa con lo studio antropologico dei resti, sia incinerati che inumati, per dare una fisionomia più completa a questi antichi abitanti della pianura veronese”.

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Copertina del libro “I Veneti antichi a Gazzo Veronese. La necropoli della Colombara” (Edizioni Sap) di Luciano Salzani e Marisa Morelato

Il libro “I Veneti Antichi a Gazzo Veronese. La necropoli della Colombara”. Risalgono agli inizi degli anni sessanta del secolo scorso le prime segnalazioni sull’esistenza di una necropoli in località Colombara, una corte agricola posta poco a sud dell’attuale abitato di Gazzo Veronese. Nei decenni successivi tutta la zona fu interessata da importanti e radicali lavori di sistemazione agraria, che portarono alla distruzione di numerose sepolture; altre tombe vennero depredate da ricercatori non autorizzati. Il parroco del paese riuscì a recuperare alcuni oggetti dalle tombe distrutte e diede inizio ad una piccola raccolta archeologica locale; la sua opera fu poi proseguita dal Gruppo Archeologico di Gazzo Veronese. Solo dal 1980 la Soprintendenza Archeologica del Veneto poté intervenire con un’efficace azione di tutela e con alcuni sondaggi di scavo di limitata estensione e nel 1999 venne fatto uno scavo in estensione che portò al recupero di 190 tombe. Il sepolcreto della Colombara fa parte di un’ampia necropoli orientale formata da diversi gruppi di tombe e separata dell’abitato protostorico di Coazze tramite il corso del fiume Tartaro. A sud il corso del fiume Tione separa l’abitato dalla necropoli meridionale, anch’essa costituita da vari gruppi sepolcrali. Questo studio è iniziato dall’esame delle tombe scavate nel 1999 e si è poi ampliato fino a comprendere i ritrovamenti delle ricerche degli anni precedenti e i recuperi di materiali sporadici; la pubblicazione rientra in un ampio progetto di studio,  valorizzazione e promozione culturale e scientifica del territorio di Gazzo Veronese, promosso nel 2013 dalla soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto, dall’università di Verona e dall’università di Roma “La Sapienza”. L’arco cronologico dell’utilizzo della necropoli della Colombara, che va dal X al V secolo a.C., è stato suddiviso in alcune ampie fasi. La fase più antica (X-IX secolo a.C.) è documentata da un numeroso gruppo di tombe a cremazione con le ossa combuste poste all’interno di un’urna oppure sparse nella fossa. L’aspetto culturale di materiali di questa fase ha forti legami di continuità con la facies protoveneta della fine dell’età del Bronzo. Nella seconda fase (VIII secolo a.C.) la necropoli assume caratteri pienamente veneti che dimostrano strette affinità con i materiali di Este. Il polo di Gazzo Veronese va assumendo il ruolo di centro periferico dei Veneti a controllo dell’importante direttrice fluviale del Tartaro e Mincio. Questo ruolo avrà poi maggiore importanza nelle fasi successive quando nella vicina pianura mantovana si insedieranno gli Etruschi. In questo quadro è molto significativo il rinvenimento di una lunga spada con fodero, un vero e proprio status symbol del capo guerriero della comunità. Nelle due fasi successive (VII-V secolo a.C.) le tombe della necropoli presentano un buon livello di ricchezza nei corredi, sempre con sostanziali affinità con Este, ma manifestando anche alcuni caratteri locali di differenziazione, che sono stati definiti “stile Garolda-Coazze”. I rapporti ad ampio raggio, soprattutto con gli Etruschi, sono esplicitati in particolare dal rinvenimento di una tomba con il corredo di un’ascia bipenne e da quello di un gruppo di statue di pietra. Durante le varie fasi tra le tombe a cremazione si trovano poche tombe ad inumazione, prive di corredo e spesso con defunti deposti in posizioni anomale; forse stano a dimostrare la presenza di individui di un livello sociale inferiore. Il ciclo di utilizzo della necropoli della Colombara si chiude nel V secolo a.C., però i vicini sepolcreti di Dosso del Pol e di Cassinate stanno a dimostrare una continuità di esistenza del centro protostorico di Gazzo Veronese anche nei secoli successivi fino agli inizi delle invasioni celtiche.

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L’archeologo Luciano Salzani

Luciano Salzani ha lavorato alla soprintendenza Archeologica del Veneto in qualità di direttore archeologo coordinatore, con competenze per i siti preistorici e e protostorici delle province di Verona e Rovigo. È stato direttore del museo Archeologico nazionale di Fratta Polesine. È socio dell’Istituto italiano di Preistoria e Protostoria e dell’Accademia di Agricoltura Scienze e Lettere di Verona. Ha diretto numerose campagne di scavo soprattutto in abitati e necropoli dell’età del Bronzo e del Ferro, di cui ha curato l’edizione.

Archeologia preventiva nel Vicentino. Il libro “Il cavaliere longobardo di Monticello di Fara” di Claudia Cenci, edito da SAP, illustra la scoperta della necropoli longobarda tra cui spicca la Tomba del Cavaliere

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Copertina del libro “Il cavaliere longobardo di Monticello di Fara” a cura di Claudia Cenci (SAP società archeologica)

Meraviglie dell’archeologia preventiva. In occasione della realizzazione di un acquedotto nel Comune di Sarego (Vi), gli scavi archeologici, diretti dalla soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona Rovigo e Vicenza, condotti tra settembre e dicembre 2020, hanno restituito un’estesa necropoli di età longobarda connessa ad un luogo di culto. Sono state indagate oltre 50 tombe databili tra la fine del VI sec. d.C. e la metà del VII sec. d.C., collocate intorno ai resti di opere murarie pertinenti a un edificio di culto altomedievale, secondo un modello funerario di straordinario interesse. Tra i corredi funerari particolarmente degno di nota è quello restituito da una tomba maschile di alto rango, composto da scudo da parata, lancia, spatha, fibbie di cintura, frecce e speroni. In un altro settore dello scavo è stata esplorata una fornace per mattoni che testimonia la preesistenza nella zona di un insediamento produttivo di età romana, databile alla fine del I sec. d.C. Tra le numerose sepolture indagate, si distingue la cosiddetta tomba “del cavaliere”, caratterizzata da uno straordinario corredo in armi longobardo. Ne parla il libro di Claudia Cenci “Il cavaliere longobardo di Monticello di Fara”, edito da SAP Società archeologica srl. I materiali, restaurati con il contributo di Veneto Acque, sono stati studiati ed esposti per la prima volta presso il museo Zannato di Montecchio Maggiore (VI) nel maggio 2022 (vedi Montecchio Maggiore (Vi). Al museo Zannato apre la mostra “Il cavaliere longobardo di Monticello di Fara” sull’eccezionale sepoltura scoperta nel 2020 a Sarego nei lavori per l’acquedotto anti Pfas | archeologiavocidalpassato). Allo scavo e ai reperti rinvenuti è dedicata questa prima pubblicazione, in cui si è volutamente scelto di utilizzare un linguaggio divulgativo, supportato dai disegni ricostruttivi del cavaliere e del suo corredo, realizzati sempre con il rigore scientifico del metodo archeologico.

Negrar di Valpolicella (Vr). Sopralluogo alla Villa dei Mosaici: a breve sarà aperta al pubblico in via provvisoria in attesa dell’attivazione del parco archeologico

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Il gruppo di lavoro per il parco archeologico in sopralluogo alla villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella: da sinistra, il sindaco Roberto Grison, il soprintendente Vincenzo Tinè, l’architetto Luca Dolmetta, l’archeologo Gianni De Zuccato, l’archeologo Alberto Manicardi, l’architetto Giovanna Battista, e i rappresentanti delle aziende agricole Benedetti e Franchini (foto sabap-vr)

In attesa che il progetto del parco archeologico si concretizzi, l’idea è di partire intanto con un’apertura al pubblico provvisoria della villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella (Vr). Sembra questa l’idea operativa alla fine del sopralluogo di lunedì 31 ottobre 2022 al sito archeologico da parte del gruppo di lavoro incaricato del progetto del nuovo parco archeologico, finanziato dal ministero della Cultura con un primo stralcio di 1 milione e mezzo di euro. Con il soprintendente ABAP di Verona Vicenza e Rovigo, Vincenzo Tiné, erano presenti il sindaco di Negrar di Valpolicella, Roberto Grison; l’archeologo della soprintendenza e responsabile degli scavi Gianni De Zuccato; gli architetti della soprintendenza Giovanna Battista e Federico Cetrangolo e il responsabile del cantiere Alberto Manicardi della Società Archeologica Padana. Per la prima volta era in visita al sito l’architetto Luca Dolmetta, dirigente del Comune di Genova e già progettista di diversi musei e aree archeologiche della Liguria, la cui collaborazione al progetto è stata generosamente concessa dal sindaco di Genova, Marco Bucci. Accompagnavano gli ospiti i proprietari dei fondi, Benedetti e Franchini, che hanno offerto un decisivo contributo alle ricerche. La valorizzazione di questo straordinario sito archeologico prosegue, quindi, prevedendo la sua fruizione pubblica in forma provvisoria a breve termine e la realizzazione di un vero e proprio parco archeologico a medio termine.

Villa dei Mosaici di Negrar (Vr). Presentati i risultati degli scavi: gli straordinari mosaici del peristilio, l’area termale, le tracce medievali. E la notizia più attesa: nel cuore della Valpolicella si produceva vino già 1700 anni fa. Trovate le tracce della coltivazione della vite e della spremitura dell’uva. Parlano i protagonisti

La dama ingioiellata, uno dei due tondi con figura umana del mosaico pavimentale del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

Una dama ingioiellata fa capolino tra uccelli, cervidi e cesti di frutta dai vividi colori. Quelli del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella. L’ultima eccezionale scoperta nell’area archeologica in località Cortesele, appena fuori il paese. Ma non l’unica. E forse neppure quella più attesa: tra i vigneti del Recioto e dell’Amarone anche 1700 anni fa, in questa villa romana del IV sec. d.C. abitata da una potente famiglia, un ricco proprietario terriero, si produceva il vino, un vino ricercato gradito alle corti. A scavo archeologico praticamente concluso mercoledì 25 maggio 2022, soprintendenza università accademia e comune hanno fatto il punto prima di iniziare a farla conoscere al grande pubblico. Con un obiettivo preciso: creare un parco archeologico che diventi un polo culturale di attrazione turistica e volano per la valorizzazione dei prodotti locali, a cominciare dai vini pregiati, il vero “oro” della Valpolicella, famosi e apprezzati in tutto il mondo. 

La presentazione dello scavo della Villa dei Mosaici a Negrar: da sinistra, il prof. Massimiliano Valdinoci (accademia Belle arti Verona), prof. Patrizia Basso (università Verona); Vincenzo Tinè (soprintendente ABAP Verona), Roberto Grison (sindaco Negrar), Marco Andreoli (consigliere regionale), Gianni De Zuccato (archeologo SABAP-Vr), Alberto Mainardi (archeologo SAP) (foto graziano tavan)

A fare gli onori di casa il sindaco Roberto Grison che ha ricordato quanti – enti e istituzioni – hanno contribuito alle ricerche e allo scavo archeologico della Villa romana dei Mosaici di Negrar, facendo rete. Un caso esemplare, col coinvolgimento degli studenti dell’ateneo veronese e dell’accademia di Belle arti che hanno testato sul campo le loro conoscenze, portando anche alla stesura di tesi di laurea specifiche su diversi aspetti del sito archeologico. Ma tutto questo comunque non avrebbe potuto neppure iniziare se non ci fosse stata la piena e convinta collaborazione dei privati. Il terreno su cui insiste la villa romana dei Mosaici non è di proprietà dello Stato, ma di due aziende vitivinicole, l’azienda agricola Benedetti La Villa di Matteo e Simone Benedetti, e l’azienda agricola vitivinicola Franchini. Le due cantine non solo hanno permesso lo scavo senza dover procedere all’esproprio, ma hanno anche sostenuto solidalmente alcune fasi/interventi nello scavo archeologico.

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Panoramica del sito archeologico della Villa dei Mosaici a Negrar (foto graziano tavan)

Verso il parco archeologico della Villa dei Mosaici. È Vincenzo Tinè, soprintendente Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona, a fare il punto alla conclusione dello scavo archeologico alla Villa dei Mosaici. Ora inizia il lungo lavoro di consolidamento e restauro, con un obiettivo: “Aprire nel cuore della Valpolicella il parco archeologico della villa dei Mosaici di Negrar. Il ministero ha già annunciato un finanziamento di 1 milione e mezzo di euro, somma importante per portare avanti bene il progetto”. E c’è già chi sogna allestimenti di musealizzazione come quelli della Villa del Casale a Piazza Armerina, in Sicilia, o della Villa dei Mosaici di Spoleto (Pg). Non sappiamo ancora come sarà il progetto finale, ma è certo che nel cuore della Valpolicella sta nascendo un polo culturale unico.

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Veduta d’insieme dei mosaici policromi del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

 

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Dettaglio del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar con i mosaici policromi e una base di colonna del porticato (foto graziano tavan)

Mosaici di rara bellezza. È la scoperta del giorno. Sono passati due anni dalle prime trincee tra i vigneti che portarono alla luce lacerti di quei ricchi pavimenti della zona residenziale della villa, immagini che hanno fatto il giro del mondo: quella scoperta permise di collegare finalmente il sito alla villa romana individuata da Tina Campanile, la prima donna a entrare alla scuola archeologica italiana di Atene, cento anni prima, nel 1922. Il tutto grazie alla tenacia e alla determinazione di Gianni De Zuccato, archeologo della soprintendenza ABAP di Verona, il cui entusiasmo ricorda molto gli archeologi pionieri dell’Ottocento. È proprio De Zuccato a descrivere lo svelamento completo dei mosaici del peristilio ovest della Villa dei Mosaici, liberato dal crollo degli intonaci del soffitto: operazione delicata e che si spera porti gli stessi grandiosi risultati del peristilio Est, studiati dall’equipe della prof. Monica Salvadori di Padova, che ha rivelato l’esistenza di un soffitto dipinto con un motivo a cassettoni prospettici colorato con fiori. “Quest’anno abbiamo trovato per la prima volta motivi figurati, motivi animali, e anche due ritratti umani: uno di una dama, molto bello, ingioiellata; l’altro, un uomo barbuto, di cui purtroppo il volto è parzialmente danneggiato”.

Nella Villa dei Mosaici si coltivava la vite e si produceva il vino. Era la scoperta più attesa: l’ultima campagna di scavo della villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella, terra da sempre vocata alla vitivinicoltura, ha restituito vinaccioli, legno di vite e una struttura per la spremitura dell’uva. “Nello scarico della latrina, che stava a fianco della zona termale, sono stati trovati molti vinaccioli, affidati allo studio del prof. Marco Marchesini, che appartenevano sia alla vite coltivata sia alla vite selvatica”. Ciò significa che di sicuro l’uva in villa veniva consumata. “Ma nel praefurnium, la caldaia delle terme utilizzata per scaldare l’aria che passava sotto i pavimenti – continua De Zuccato -, tra il legno bruciato recuperato c’era del legno di vite e di olmo, usato in antichità per maritare la vite”. Quindi qui la vite nel IV sec. d.C. veniva anche coltivata. “Ultima, ma non meno importante, conferma – conclude l’archeologo della Sabap – è quella derivata dallo studio di uno spazio nell’area produttiva della villa che stabilisce si tratti di un ambiente destinato alla spremitura dell’uva e alla raccolta del mosto. Quindi non ci sono più dubbi sulla produzione di vino in questa villa romana”.

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Il quartiere termale della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)


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Tracce di una fontana al centro del cortile della Villa dei Mosaici a Negrar (foto graziano tavan)

Villa dei Mosaici: qui viveva una famiglia molto ricca. La professoressa Patrizia Basso, docente di Archeologia classica all’università di Verona, ci dà un quadro complessivo della villa romana alla luce degli elementi raccolti dallo scavo archeologico e dagli esami effettuati dai vari esperti di settore. “La villa di Negrar”, spiega, “è una grande villa del IV sec. d.C., datazione confermata non solo dalla tipologia dei mosaici, ma anche dalle analisi del C14 fatte sui vinaccioli trovati nello scarico delle latrine. È la villa di un grande proprietario terriero, che probabilmente coltivava la vite per il vino, ma aveva anche pascoli, coltivava cereali, leguminose, come hanno dimostrato le analisi dei pollini fatte dal prof. Marco Marchesini. La villa presenta una tipologia molto classica, attorno a un grande peristilio di quasi 400 metri quadri che probabilmente al centro aveva una grande fontana, e con quattro braccia di portico colonnato, caratterizzato da questi mosaici meravigliosi, che si sono conservati straordinariamente bene. Poi c’è una zona residenziale che era già stata trovata negli anni ’20 del secolo scorso (anche se poi se ne erano perse le tracce, ndr). C’è un ampio quartiere termale, una delle grandi novità di questi scavi, che ha restituito una vasca, il frigidarium, ma probabilmente anche il calidarium. E poi c’è tutta un’area che è ancora in fase di studio, perché non è ben chiaro cosa sia, forse un’area dedicata alla produzione, alla vendita. Ma è presto per dirlo”.

La Villa dei Mosaici nel Medioevo. La villa romana non muore con l’impero romano, ma presenta tracce di frequentazione e riutilizzo fino al Medioevo. Lo spiega Alberto Manicardi, archeologo della Sap che ha curato gli scavi, medievista: “Un dato importante che abbiamo recuperati dalle indagini della villa è tutto ciò che riguarda quello che è avvenuto dopo l’abbandono della villa. Una grande parte della superficie interessata dalla villa è stata abitata anche in età medievale. Tanto è vero che all’interno della villa troviamo parecchie tracce di fori, e sono le tracce di edifici lignei medievali. E poi abbiamo trovato un’area dove probabilmente c’era un focolare sempre di una capanna medievale. Sostanzialmente questa situazione attesta come anche dopo la fine della villa, probabilmente intorno al VII secolo, l’attività umana continua sia dal punto di vista abitativo, sia dal punto di vista produttivo, e anche ad uso funerario: sono state infatti trovate alcune sepolture di inumati databili tra il VII e il IX secolo d.C.”.

Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella. Ultimato lo scavo dei livelli pavimentali mosaicati. Al museo Archeologico nazionale di Verona anteprima dei nuovi eccezionali ritrovamenti, e poi due giorni di visite guidate sullo scavo tra i vigneti

verona_archeologico_presentazione-risultati-scavi-villa-dei-mosaici-a-negrar_locandinaLa villa dei Mosaici di Negrar protagonista di questa settimana. Prima al museo Archeologico nazionale di Verona e poi sullo scavo. Il motivo è presto detto: è stato completato lo scavo dei livelli pavimentali mosaicati. E quindi mercoledì 25 maggio 2022, alle 16, al museo Archeologico nazionale di Verona, in stradone San Tomaso 3, saranno presentati in anteprima i nuovi, eccezionali ritrovamenti. E verrà svelata la pianta della villa romana. Saranno presenti: Giovanna Falezza, direttrice museo Archeologico nazionale di Verona; Vincenzo Tiné, soprintendente Abap Verona; Roberto Grison, sindaco del Comune di Negrar di Valpolicella; Gianni de Zuccato, funzionario soprintendenza Abap Verona; Patrizia Basso, professoressa del Dipartimento di Culture e Civiltà – Università di Verona; Massimiliano Valdinoci, ABAVerona – Accademia di Belle Arti di Verona. Non è richiesta la prenotazione e l’entrata è gratuita. Segue una degustazione di vini delle cantine “La Villa” e “Franchini”, sui cui terreni si sta scavando la villa dei Mosaici.

negrar_villa-dei-mosaici_scavi-aperti_visite-guidate_locandinaGiovedì 26 e venerdì 27 maggio 2022, ci si sposta nell’area archeologica in località Cortesele dove sono organizzate le visite guidate in collaborazione con la soprintendenza Archeologia Belle arti e Paesaggio di Verona per la presentazione dei nuovi eccezionali ritrovamenti alla Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella. Fasce orarie: 9, 10, 15, 16. Visite guidate a cura di Gianni de Zuccato, funzionario archeologo soprintendenza ABAP, e Alberto Manicardi, SAP Società Archeologica srl. La villa sarà visitabile su prenotazione fino a esaurimento posti. Prenotazioni al seguente link Villa dei Mosaici: visite guidate Biglietti, Date multiple | Eventbrite. L’accesso sarà gratuito previa prenotazione nelle fasce orarie indicate. In caso di maltempo l’evento sarà annullato.

San Martino dall’Argine (Mn). Durante i lavori del consorzio di bonifica Navarolo Agro Cremonese Mantovano scoperte undici tombe, con scheletri, risalenti all’Alto Medioevo

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Una tomba a cappuccina altomedievale scoperta a San Martino dall’Argine nel Mantovano (foto sabap-cr-lo-mn)

Undici tombe, disposte in quattro gruppi, con scheletri, risalenti all’Alto Medioevo, sono riemerse dalle campagne di San Martino dall’Argine, nel Mantovano, durante i lavori del consorzio di bonifica Navarolo Agro Cremonese Mantovano. È questa la scoperta fatta dagli archeologi del SAP, sotto la direzione scientifica di Chiara Marastoni, funzionario della soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le province di Cremona, Lodi e Mantova. Un ritrovamento che potrebbe gettare nuova luce sulla storia di San Martino dall’Argine e l’antica valle dell’Oglio. “Il Consorzio di bonifica Navarolo”, commenta il presidente del Consorzio, Guglielmo Belletti, “lavora nel e per il territorio dell’Oglio Po e non può essere che soddisfatto nell’aver recuperato questi importanti frammenti della nostra storia”.

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Le sepolture ad inumazione scoperte a San Martino dall’Argine (Mn) hanno restituito individui adulti, ma anche alcuni bambini (foto sabap-cr-lo-mn)

L’area oggetto dei ritrovamenti coincide con un lembo di terrazzo del fiume Oglio, un luogo in antico naturalmente favorevole all’insediamento. Lungo una fascia di circa 350 metri sono emerse 11 tombe, delle quali tre con copertura cosiddetta “alla cappuccina”, formate da mattoni sesquipedali disposti a doppio spiovente a copertura del defunto, in quattro nuclei apparentemente separati, distanti fra loro alcune decine di metri. Le sepolture ad inumazione hanno restituito individui adulti, ma anche alcuni bambini.

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Alcune sepolture altomedievali scoperte a San Martino dall’Argine nel Mantovano (foto sabap-cr-lo-mn)

L’assenza completa di elementi di corredo rende al momento arduo esprimersi circa la loro collocazione cronologica, tuttavia il ricorso ad elementi laterizi di reimpiego nelle tombe più strutturate, forse provenienti da un vicino insediamento di età romana, potrebbe portare ad ipotizzare un inquadramento in età alto medievale. Tale ipotesi sarebbe avvalorata anche dal ritrovamento di alcune buche pertinenti ad edifici lignei, nonché a tracce di canali antichi, che stanno restituendo frammenti ceramici e di pietra ollare. Dagli scavi sono emerse anche sporadiche tracce di frequentazione preistorica dell’area, attestata dalla presenza di un pozzetto di scarico con minuti frammenti ceramici ad impasto, che confermano il recupero di selce nel corso delle indagini preliminari del 2020.

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Una sepoltura altomedievale scoperta a San Martino dall’Argine nel Mantovano (foto sabap-cr-lo-mn)

“È stata una sorpresa e anche un’emozione vedere quelle tombe sepolte da circa 1500 anni nei terreni di San Martino”, interviene Alessio Renoldi sindaco del Comune di San Martino dall’Argine. “Sono preziosissimi pezzi di storia che confermano insediamenti molto antichi dei nostri territori e non possono far altro che suscitare ulteriore curiosità sulle origini del nostro paese. Ovviamente cercheremo di valorizzare al meglio questo scoperte e quando sarà possibile metteremo a disposizione dei cittadini quante più informazioni possibili. Spero anche che ulteriori indagini possano far emergere nuovi frammenti di storia e di conoscenza del comune”.

Negrar di Valpolicella (Verona). A meno di un anno dalla ri-scoperta della Villa dei Mosaici, una villa rustica a carattere residenziale e produttivo di media età imperiale (III sec. d.C.), Comune Soprintendenza e Aziende vitivinicole siglano un patto per lo scavo, la musealizzazione e la valorizzazione del sito immerso tra i vigneti: archeologia e vino, due eccellenze in sinergia. Il ministro Franceschini: “Modello di rapporto pubblico-privato da esportare”

Maggio 2020: tra i filari di vigne dell’Azienda Agricola La Villa di Benedetti Matteo e Simone a Negrar di Valpolicella riemergono i mosaici della villa romana (foto Comune di Negrar)
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La notizia della ri-scoperta della Villa dei Mosaici di Negrar rilanciata dal New York Times nel maggio 2020

Non sono passati neppure dieci mesi da quando, era il 26 maggio 2020, e l’Italia stava faticosamente uscendo dal primo durissimo lockdown, un gruppo di archeologi della soprintendenza Archeologica, Belle arti e Paesaggio di Verona, sotto la direzione dell’archeologo Gianni De Zuccato, con l’archeologo Alberto Manicardi della SAP (Società archeologica Padana srl), scoprì – o meglio riscoprì – tra i vigneti di Negrar di Valpolicella tracce degli straordinari mosaici appartenuti a una villa romana, una villa rustica, a carattere residenziale e produttivo di media età imperiale (III sec. d.C.), che già si parla di un patto pubblico-privato, unico nel suo genere, per la ricerca, conservazione, musealizzazione e valorizzazione della Villa dei Mosaici, che potrebbe diventare un esempio pilota su tutto il territorio nazionale. Non è un caso che i media di tutto il mondo, non ultimo il New York Times, colsero l’importanza della scoperta rimbalzata dalla Valpolicella dando ampio spazio e rilievo alla notizia. Ma già un anno fa appariva, però, evidente che solo la realizzazione di veri e propri scavi stratigrafici in estensione avrebbe consentito di estendere le conoscenze all’articolazione dell’insediamento, alle sue fasi costruttive e alle vicende che ne hanno caratterizzato la frequentazione, l’abbandono e la distruzione oltre a riportare alla luce le diverse evidenze monumentali e le splendide pavimentazioni musive. Fino al patto di questa primavera.

L’area di scavo della Villa dei Mosaici a Negrar di Valpolicella (foto Comune di Negrar)

L’intervento di scavo è ripreso infatti in marzo 2021, nonostante l’emergenza Covid, grazie a un accordo di partenariato pubblico-privato tra la Soprintendenza e i proprietari dei terreni, l’Azienda Agricola La Villa di Benedetti Matteo e Simone e la Società Agricola Franchini srl, che si sono dimostrati particolarmente sensibili e collaborativi, mettendo a disposizione le aree da poco acquisite dai precedenti proprietari, rinunciando a indennità di occupazione e premi di rinvenimento e sostenendo parte delle spese per lo scavo dei livelli romani. Un ulteriore finanziamento del ministero della Cultura e del Bacino Imbrifero Montano dell’Adige hanno consentito di riprendere lo scavo archeologico in estensione, che è in corso anche grazie al protocollo d’intesa per lo studio e la valorizzazione del sito stipulato con l’università di Verona – Dipartimento di Culture e Civiltà (prof. Patrizia Basso). Ulteriori finanziamenti saranno necessari per il completamento dello scavo in estensione e per la valorizzazione del sito come area archeologica attrezzata per la pubblica fruizione.

Archeologi e operatori riportano alla luce di mosaici pavimentali della villa rustica romana di Negrar di Valpolicella (foto Comune di Negrar)
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Il soprintendente Vincenzo Tinè e il sindaco Roberto Grison alla presentazione della campagna di scavo alla Villa dei Mosaici (foto Comune di Negrar)

A fare il punto sulla situazione un incontro on line in municipio a Negrar di Valpolicella con il sindaco del Comune di Negrar, Roberto Grison; il soprintendente ABAP di Verona, Vincenzo Tinè; il funzionario archeologo Gianni De Zuccato, e il collegamento da Roma con il ministro della Cultura Dario Franceschini. Presentati gli scavi dell’anno 2020 e quelli attualmente in corso e gli accordi di partenariato pubblico/privato con i proprietari dei terreni in cui insiste la Villa, con il Comune e con l’Università di Verona per un progetto condiviso di ricerca e valorizzazione. E a riassumere vicende storiche, ricerche e progetti futuri per la Villa dei Mosaici è stato lo stesso responsabile delle ricerche Gianni De Zuccato (Sabap-Vr) con un breve video.

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Gianni De Zuccato, archeologo della Soprintendenza di Verona, sullo scavo della Villa dei Mosaici di Negrar (foto Comune di Negrar)

“Della villa romana di Negrar di Valpolicella – racconta De Zuccato – si erano perse le tracce ormai da quasi un secolo. Si pensava che i suoi splendidi mosaici, se ancora esistevano, fossero sepolti per sempre da metri di terra sotto qualche vigneto. Ritrovarla, riscoprirla era considerata un’impresa assurda, impossibile. I tre mosaici strappati a fine Ottocento, venduti al Comune di Verona e ora esposti al museo Archeologico al Teatro romano erano l’unica testimonianza rimasta di questo sito. Quando come archeologo della Soprintendenza mi fu affidato l’incarico della tutela di questo territorio decisi che avrei ritrovato la villa e i suoi mosaici se ancora esistevano. Le difficoltà da affrontare sono state e sono ancora molte, ma gli splendidi mosaici della parte residenziali, la pars urbana, dove il proprietario tratteneva i suoi ospiti, sono tornati alla luce. Queste stanze sono state testimoni, tanti secoli fa, di incontri di affari, di accordi politici, di sontuosi banchetti, di splendide feste, di concerti di musica, forse anche di storie d’amore, ma anche della fatica quotidiana di tante serve e servi che qui vivevano e lavoravano. Ora stiamo scoprendo nuovi mosaici e nuovi ambienti che testimoniano quanto fosse estesa questa residenza. Attorno alla villa c’era il suo fundus, il podere, dove si producevano – come oggi in Valpolicella – soprattutto olio e vino. E di queste produzioni speriamo di poter trovare presto testimonianze archeologiche. Questo sito è un bene comune che va recuperato, conservato, protetto e valorizzato con un’adeguata musealizzazione. Sono le radici che la comunità di Negrar di Valpolicella oggi può ritrovare, facendone una parte fondamentale del proprio patrimonio culturale. Io sogno un’area archeologica musealizzata capace di parlare ed emozionare tutti, come questi resti parlano ed emozionano me”.

Dal terreno riemergono i pavimenti a mosaico della villa rustica di Negrar (foto Comune di Negrar)
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Maggio 2020: tra i filari di vigne dell’Azienda Agricola La Villa di Benedetti Matteo e Simone a Negrar di Valpolicella riemergono i mosaici della villa romana (foto Comune di Negrar)

Ripercorriamo in breve le tappe principali della scoperta. Nel 1886 nella frazione di Villa in comune di Negrar di Valpolicella (Verona), nel podere Cortesele, furono scoperte le tracce di una grande villa di epoca romana. Venne in luce anche un mosaico, che fu acquistato dal Comune di Verona ed è attualmente esposto al museo Archeologico del Teatro Romano. Nel 1922 l’archeologa Tina Campanile (prima donna ammessa alla Scuola Archeologica di Atene), per incarico della soprintendenza ai Musei e agli Scavi del Veneto, indagò un’area di circa 270 mq pertinente alla parte residenziale (pars urbana) di una villa rustica databile alla media/tarda età imperiale (II-III d.C.) Nuovi mosaici pavimentali policromi, di straordinario pregio ed eccezionale stato di conservazione, vennero in luce anche in questa fase, insieme a frammenti di intonaci parietali dipinti a vivaci colori. Nel 1975 in una proprietà adiacente fu rinvenuto un altro ambiente con pavimento a mosaico, oggi interpretabile come pertinente all’ingresso della villa, il vestibulum. Dal 2016 la Soprintendenza è tornata ad operare nell’area al fine di rintracciare il sito e documentarne lo stato di conservazione. Un progetto di indagine sistematica, curato dal funzionario incaricato delle ricerche Gianni De Zuccato, è stato presentato nel 2017 all’amministrazione comunale di Negrar di Valpolicella, che ha immediatamente affiancato la Soprintendenza nella sua realizzazione. Le indagini sono quindi proseguite nel 2018 con una campagna di prospezione geofisica e con sondaggi stratigrafici nel 2019 e nel 2020, resi possibili da un finanziamento del ministero della Cultura. La scoperta di nuove strutture murarie e pavimentali della villa, attigue alle precedenti e probabilmente pertinenti alle parti rustica e fructuaria della villa, ha rivelato la sua notevole ampiezza e complessità planimetrica. Sulla scorta di queste nuove acquisizioni della ricerca il ministero della Cultura ha dichiarato l’interesse culturale particolarmente importante del sito con provvedimento di vincolo ai sensi dell’art. 10, comma 3, lettera a) del Codice dei Beni Culturali.

“È una bella storia di rapporto pubblico privato”, ha dichiarato il ministro Dario Franceschini, intervenendo in teleconferenza all’incontro di Negrar, “con privati molto disponibili a farsi carico anche generosamente di una parte di fruibilità pubblica di un bene così importante e li ringrazio; e contemporaneamente una positiva corresponsione da parte del pubblico che a volte entra in un braccio di ferro che complica anche cose che potevano essere gestite più semplicemente. In questo caso mi sembra che ci sia stato un livello di collaborazione ottima, un modello che potremmo suggerire in altri casi di rapporto pubblico-privato senza ricorrere a quegli strumenti che la legge assegna naturalmente allo Stato per poter recuperare un patrimonio culturale e archeologico. Ma se ci si arriva in un modo diverso ottenendo gli stessi obiettivi di salvaguardia del patrimonio e di fruibilità del patrimonio, è meglio: attraverso un percorso condiviso, come è avvenuto in questo caso. E sono convinto che il discorso proseguirà anche nella parte che ancora manca su questa strada. Da parte nostra c’è la disponibilità. C’è stato anche – è sottinteso – il finanziamento di parte dei lavori, ci sono stati in parte in passato dei progetti complessivi di recupero e di valorizzazione del sito. Vediamo. Ci lavoriamo. L’importante è che è una storia positiva tra le parti. Farò il possibile per valorizzarla ancora”.

Particolare dei bellissimi pavimenti musivi della Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella

“L’obiettivo è quello di raccogliere disponibilità e risorse da parte di tutti gli attori in campo”, ha spiegato il soprintendente Vincenzo Tinè. “In questo momento siamo nella fase della ricerca e dello scavo che, trattandosi di attività notoriamente riservate al ministero siamo autonomi, possiamo intervenire, possiamo godere di contributi, disponibilità di privati e di enti pubblici. Un po’ più complicata sarà l’organizzazione della fase valorizzazione con queste stesse modalità che ci auguriamo di sinergia pubblico-privato. Dopo lo scavo estensivo che contiamo di completare nella primavera del 2022, dovrà essere scattata – col contributo che ci aspettiamo dal ministero – la fase di parco e di allestimento delle strutture. Con qualche difficoltà rappresentata dal fatto che lo Stato dovrà investire importanti fondi su un’area privata. Ma l’interesse è proprio quello di riuscirci senza snaturare questa modalità sinergica e di collaborazione che non tende a espropriare, non tende a mettere nella mano pubblica per forza tutto, ma lasciare ai privati non solo la proprietà ma anche qualche forma di gestione del sito perché l’interesse qui è mettere insieme archeologia – come dice il sindaco – e il prodotto caratteristico della Valpolicella, cioè il vino. Che è un elemento culturale: vorrei ricordare che anche su questo filone la soprintendenza lavora con il settore demo-etno-antropologico (tra l’altro in Valpolicella abbiamo un luminare in questione che è il prof. Vincenzo Padiglione ordinario a Roma). E quindi sono filoni interconnessi anche solo dal punto di vista culturale. Il vino vale quanto l’archeologia, e viceversa”.

Un bellissimo pavimento musivo della Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella (foto Comune di Negrar)
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L’ampia area di scavo della Villa dei Mosaici a Negrar di Valpolicella (foto Comune di Negrar)

“Vino e archeologia, due eccellenze che rispondono a normative e figure giuridiche diverse”, ha sottolineato il sindaco Roberto Grison. “La fatica è stata proprio trovare una collaborazione su questi aspetti. Penso che qualcuno prima o dopo deve fungere anche da apripista. Noi siamo diventati apripista proprio su questa situazione che è unica: una ricchezza che è nel sottosuolo era coperta da un’altra ricchezza che è in superficie. Cioè ci sono dei vigneti che hanno una qualità in termini di produzione dell’uva di valore anche economico che sono di altissima importanza. Quindi il lavoro che c’è stato negli anni scorsi è stato quello di far comprendere a qualcuno che sotto quei vigneti c’era una ricchezza importante che potrebbe proprio a contribuire a valorizzare il prodotto stesso attraverso questa sinergia tra le due cose. È chiaro che era anche difficile pensare un esproprio, difficile addivenire a una situazione diversa che non fosse quella della valorizzazione tra pubblico e privato di questo luogo. E grazie alle due cantine che si sono messe a disposizione, che vanno fortemente ringraziate, siamo arrivati ai risultati di questi tempi. Quindi un ringraziamento particolare va a loro che ci hanno creduto e ci stanno credendo. Già mezza villa è stata scavata e portata alla luce. Che è quella che insiste sulla proprietà dei fratelli Benedetti, che sono stati i primi a credere in questo intervento. La cantina Franchini è arrivata un po’ dopo. Ha concluso questo percorso con la soprintendenza di convenzioni e di accordo, e quindi procederemo anche nell’altra metà. Ma sicuramente siamo decisi ad arrivare in fondo su questa fase”.

Il sito archeologico della Villa dei Mosaici è immerso tra i vigneti della Valpolicella (foto Comune di Negrar)
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Un bellissimo pavimento musivo della Villa dei Mosaici di Negrar di Valpolicella (foto Comune di Negrar)

L’ubicazione della Villa dei Mosaici in una splendida posizione sopraelevata, a breve distanza dall’abitato di Negrar di Valpolicella, immersa tra i filari dei vigneti di uve Valpolicella destinate alla produzione dei celebri vini, costituisce un valore aggiunto alla potenzialità attrattiva del sito. Adeguatamente valorizzato con strutture e percorsi attrezzati per la visita, l’area archeologica, oltre che un nuovo luogo della cultura straordinariamente evocativo del paesaggio antico, potrà diventare un ulteriore volano per lo sviluppo culturale, turistico ed economico della valle, rafforzando a livello nazionale e internazionale l’appeal di un territorio già celebre per i suoi vini.