Montecchio Maggiore (Vi). Al museo di Archeologia e Scienze naturali “G. Zannato” apre la mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” con le novità archeologiche emerse negli ultimi anni nel Vicentino

Locandina della mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” al museo Zannato di Montecchio Maggiore dal 22 marzo al 27 luglio 2025
Un frammento in lamina di bronzo piccolo ma molto significativo proveniente da Creazzo, consegnato in museo circa due anni fa, è stato lo spunto per la mostra “Con gli occhi della divinità: il sacro a Vicenza e territorio tra mondo preromano e romano” che sarà inaugurata sabato 22 marzo 2025, alle 16, nella sala civica Corte delle Filande per proseguire al museo di Archeologia e Scienze naturali “G. Zannato” di Montecchio Maggiore con una visita guidata alla mostra, aperta dal 22 marzo al 27 luglio 2025. La mostra, a cura di Annachiara Bruttomesso, già conservatrice archeologa del museo Zannato; Mariolina Gamba, già soprintendenza ABAP Ve-Met e direzione regionale Musei del Veneto; e Anna Scalco, conservatrice archeologa del museo Zannato, è frutto della collaborazione di numerosi specialisti: Giulia Pelucchini, funzionaria archeologa SABAP VR RO VI per la provincia di Vicenza; Elena Pettenò e Cinzia Rossignoli, archeologhe SABAP VE-MET; Marisa Rigoni e Angela Ruta Serafini, già archeologhe SAV Veneto; Anna Marinetti, linguista UniVe Ca’ Foscari; Luca Zaghetto, archeologo esperto in iconografia e i restauratori Stefano Buson (già museo nazionale Atestino), Sara Emanuele e Federica Santinon (SABAP VE MET).

Lamina votiva da Alte Ceccato di Montecchio Maggiore (foto museo zannato)
Il frammento in lamina di bronzo ha immediatamente attirato l’attenzione per la presenza di un occhio e un guerriero a stampo, elementi già noti da altre lamine del vicentino. Da qui l’idea di riunire in un’esposizione reperti noti e inediti, in lamina di bronzo ma non solo, che illustrano le manifestazioni della religiosità nel territorio vicentino durante il periodo della romanizzazione. La mostra farà conoscere al pubblico le novità archeologiche emerse negli ultimi anni nel Vicentino, frutto sia di campagne di scavo che di rinvenimenti occasionali, che hanno arricchito il quadro di conoscenze già noto. Tra i numerosi reperti esposti spiccano la lamina votiva da Brendola, che è stata scelta come logo per la mostra, e i dischi da Marostica, Rosà, Isola Vicentina: sulla parte superiore di questi votivi compaiono dei grandi occhi che rappresentano lo sguardo vigile della divinità, sul popolo dei devoti e sul loro territorio. Non mancheranno altri dischi e lamine di recentissimo rinvenimento da Quinto Vicentino e Torri di Quartesolo. Tra le testimonianze relative a Vicenza, accanto a lamine votive dal noto santuario urbano con centro scrittorio di piazzetta San Giacomo, saranno per la prima volta esposte al pubblico le eccezionali lamine, ancora inedite, provenienti da un sito al confine occidentale della città, nei pressi dell’antica via Postumia.

La stele da Isola Vicentina contenente la parola venetkens (foto musei civici vi)
Saranno inoltre esposti importanti doni votivi con iscrizioni come i palchi di cervo di Magrè e alcune testimonianze di pratiche oracolari come le sortes di Trissino e gli ossicini con sigle da Santorso. Infine importante protagonista sarà il Monte Summano che ospitava nell’antichità un luogo di culto ed era con le sue due cime punto visivo di riferimento per tutto il territorio Vicentino: saranno in mostra le statuette miniaturistiche d’argento raffiguranti una divinità femminile e Marte insieme al deposito votivo comprendente un astragalo con sigle alfabetiche e un blocco di sostanza resinosa connessi a pratiche divinatorie e purificatorie. Sarà infine riservato spazio ad alcune notissime testimonianze scritte: la stele da Isola Vicentina contenente la parola venetkens, prima attestazione in assoluto del nome degli antichi Veneti e quella da Monte Berico, testimonianza dei confini del ter
Padova. A Palazzo Folco (aperto al pubblico per l’occasione) conferenza “Un giogo del Bronzo recente dalla palafitta di Via Comuna a Este (Pd). Archeologia e restauro”. Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria
Giovedì 12 ottobre 2023, alle 17.30, in occasione dell’apertura straordinaria di Palazzo Folco, in via Aquileia, 7 a Padova – sede della soprintendenza ABAP di Belluno Padova e Rovigo – che sarà visitabile dalle 17 alle 21, con ingresso gratuito, si terrà la conferenza “Un giogo del Bronzo recente dalla palafitta di Via Comuna a Este (Pd). Archeologia e restauro”. Saranno presentati i reperti lignei del sito palafitticolo di Este – via Comuna, rinvenuti nel 2015 durante le indagini archeologiche preliminari alla posa di un tratto di metanodotto. Tra i materiali organici databili al Bronzo recente spicca per rarità un giogo da corna con tracce di usura e riparazione in antico. Il complesso recupero sul campo e il successivo microscavo, coordinati dagli archeologi e dal personale tecnico della Soprintendenza, sono stati condotti con l’indispensabile apporto logistico e finanziario di SNAM, mentre il delicato intervento conservativo si deve all’Istituto Centrale per il Restauro, che nell’ambito dell’attività didattica di laboratorio ha garantito le necessarie competenze specialistiche. Interverranno Carla Pirazzini, funzionario archeologo SABAP VE MET; Sara Emanuele, funzionario restauratore SABAP VE MET. Restauri a cura di Antonella Di Giovanni, funzionario restauratore ICR. L’ingresso alla conferenza è gratuito su prenotazione obbligatoria fino a esaurimento dei posti. Si prega di inviare la richiesta esclusivamente on line tramite il seguente link: https://forms.gle/bu7Gj1sjm9q1hQReA. Per la visita a Palazzo Folco non è necessaria la prenotazione e l’ingresso è libero. Il Piano di Valorizzazione dei luoghi della cultura è un’iniziativa promossa annualmente dal ministero della Cultura.
Il tesoro del Brenta: la spada restituita. Riti arcaici e vie di comunicazione tra la pianura padana e l’Europa nella mostra a Bassano. Incontro con la curatrice
La spada, forgiata nel miglior bronzo, era stata deposta nelle acque del Brenta per garantirsi la benevolenza della divinità del fiume. E lì è rimasta per 3500 anni fino a quando, nel 2010, uno studente bassanese, Riccardo Lenner, la ritrovò fortuitamente tra Bassano e Nove, e la consegnò al museo civico del Grappa, con grande senso civico. Quella spada oggi è finalmente esposta al pubblico nella mostra “Il Tesoro del Brenta: la spada restituita” allestita fino al 24 maggio negli spazi del museo civico di Bassano destinati alla nuova sezione dedicata alla storia cittadina ed organizzata in collaborazione con la soprintendenza per i Beni archeologici del Veneto. Per la prima volta viene presentato in pubblico un raro reperto archeologico, di eccezionale interesse per forma, stato di conservazione e antichità: la spada bronzea di un capo guerriero del XV secolo a.C., foggiata e decorata da un artigiano attivo in un centro metallurgico dell’area alpina. Restaurata nel laboratorio della soprintendenza, l’arma è stata concessa in deposito permanente ai Musei Civici di Bassano del Grappa. E se si vuole saperne di più, sabato 28 marzo, alle 16, proprio il museo civico di Bassano ospita un incontro sugli studi, il restauro e le analisi compiuti sulla spada del XV sec. a.C. ritrovata nel 2010 sul greto del Brenta. All’incontro pubblico interverranno Elodia Bianchin Citton, già funzionario archeologo della soprintendenza; Sara Emanuele, restauratrice della soprintendenza; Rocco Mazzeo, del dipartimento di chimica “G. Ciamician” dell’università di Bologna.
La mostra, curata da Elodia Bianchin Citton e Giuliana Ericani, permette di conoscere un importante momento della protostoria locale (età del Bronzo medio, 1600-1200 a.C.). La spada, forgiata nel bronzo e finemente decorata a bulino, è riferibile ad una tipologia diffusa nell’Europa centrale ed è stata offerta in voto a una divinità fluviale e deposta nel fiume. La spada rappresenta durante il Bronzo medio un vero status symbol di ruolo e di rango fra e all’interno delle comunità tribali. Numerose le spade ritrovate nei letti dei fiumi, nei laghi e nelle paludi di tutta Europa, segno tangibile di un’azione intenzionale e non casuale, risultato finale di qualche forma di culto e/o di rituale funerario. Per comprendere il significato di questa ritualità, ci vengono in soccorso in parte le fonti classiche ed in parte le leggende di epoca medievale. Nel primo caso, autori come Cesare, Strabone, Plinio e Tacito descrivono, in alcune delle loro fondamentali opere, le pratiche rituali comuni tra le popolazioni celtiche, galliche e germaniche e spesso fanno riferimento all’esistenza di boschi e laghi sacri ove la gente veniva condotta per avere un contatto con gli elementi naturali come il vento e l’acqua. Nel secondo caso, sebbene miti e leggende non servano a fare storia ma spesso riportano le tradizioni, bisogna evocare la saga di re Artù ed in particolare l’episodio in cui Artù, ferito a morte durante la battaglia nei pressi di Slaughterbridge dal figliastro Mordred, incaricò Sir Bedivere (o Girflet) a gettare la mitica Excalibur in un lago vicino, dove risiedeva la Dama del Lago, colei cioè che aveva in principio offerto la spada al leggendario re.
La mostra “La spada restituita” è dunque una nuova, significativa tessera che viene ad aggiungersi al panorama descritto nella Carta archeologica del territorio bassanese; il ritrovamento della spada, assieme alle più recenti indagini archeologiche, chiarisce meglio il processo di colonizzazione che interessò la fascia pedemontana vicentina nei secoli centrali del II millennio a.C. Con questo ritrovamento viene inoltre documentata l’importanza del tratto vicentino del fiume Brenta come via di collegamento tra le regioni a nord e a sud delle Alpi, per lo scambio di merci, ma anche per la diffusione di nuove concezioni, relative alla sfera sociale, funeraria e cultuale, che si andarono affermando durante i secoli della media età del Bronzo.










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