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Pompei. La scoperta di un’iscrizione a carboncino nella Casa con Giardino sposterebbe la datazione dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. da agosto a ottobre. L’annuncio durante la visita agli scavi della Regio V del ministro ai Beni culturali Alberto Bonisoli

La Casa con Giardino tornata alla luce nella Regio V di Pompei

La datazione dell’eruzione del Vesuvio sarebbe sbagliata. Eppure l’abbiamo studiata a scuola, l’abbiamo letta su libri importanti e vista ricreata con effetti speciali in film più o meno colossal. Dobbiamo ricrederci: l’eruzione del Vesuvio che seppellì Pompei e gli altri centri vicini al vulcano non sarebbe avvenuta nell’agosto del 79 d.C., come sostenuto da Plinio il giovane. La datazione andrebbe spostata al mese di ottobre. Non è la prima volta che vengono formulate ipotesi o comunque tesi che mettono in dubbio il mese di agosto. Ma stavolta l’archeologia avrebbe fornito una prova molto attendibile: dalla cosiddetta Casa con Giardino è emersa una nuova iscrizione che permette un decisivo passo avanti per datare correttamente l’eruzione. La scoperta è stata annunciata oggi, 16 ottobre 2018, nel corso della visita ufficiale del ministro ai Beni culturali Alberto Bonisoli per fare il punto sul cantiere aperto nella Regio V dove gli interventi di manutenzione e messa in sicurezza dei fronti di scavo previsti dal Grande Progetto Pompei hanno riportato alla luce due dimore di pregio, la Casa di Giove, con le pitture in I stile e gli eccezionali mosaici pavimentali dalle raffigurazioni senza precedenti, e, appunto, la Casa con Giardino, con il bel portico affrescato e gli ambienti decorati da vivaci megalografie.

L’iscrizione a carboncino, scoperta nella Casa con Giardino di Pompei, che riporta la data del 17 ottobre del 79 d.C.

Un’iscrizione a carboncino, in particolare, traccia tangibile di un momento di vita quotidiana, supporta la teoria che la data dell’eruzione fosse a ottobre e non ad agosto. La scritta è, infatti, datata al sedicesimo giorno prima delle calende di novembre, corrispondente al 17 ottobre. L’iscrizione appare in un ambiente della casa in corso di ristrutturazione, a differenza del resto della stanze già completamente rinnovate; ci dovevano essere, pertanto, lavori in corso nell’anno dell’eruzione. Inoltre, trattandosi di carboncino, fragile e evanescente, che non avrebbe potuto resistere a lungo nel tempo, è più che probabile che si tratti dell’ottobre del 79 d.C., una settimana prima della grande catastrofe che sarebbe, secondo questa ipotesi, avvenuta il 24 ottobre.

Il ministro Alberto Bonisoli a Pompei

“Oggi siamo qui al Parco Archeologico di Pompei”, ha dichiarato il ministro Bonisoli, “per presentare una scoperta straordinaria avvenuta nell’ambito dei nuovi cantieri di scavo: un’iscrizione che cita la data del 17 ottobre del 79 d.C., a supporto di quelle teorie che sostengono che l’eruzione del Vesuvio possa essere successiva al 24 agosto. Ma quello che mi preme sottolineare, oltre l’eccezionale valore scientifico e storico-artistico dei ritrovamenti, è ciò che i nuovi scavi rappresentano, ossia l’eccezionale competenza del nostro Paese. Essa nasce dall’impegno costante delle strutture statali – del MiBAC- nella ricerca così come nella tutela, dal lavoro d’equipe interdisciplinare e di alta specializzazione che viene portato avanti con la collaborazione delle Università italiane e internazionali, dall’utilizzo di tecnologie estremamente avanzate. Tutto questo crea un modello virtuoso che può e deve essere esportato in altre realtà analoghe e soprattutto nei siti considerati minori solo perché ancora non hanno flussi turistici rilevanti”.

Dalla Regio V di Pompei emerge un sontuoso larario popolato di serpenti agatodemoni e pavoni, con decori floreali e scene di caccia: è tra le nuove scoperte che il ministro Bonisoli potrà ammirare nella sua visita ufficiale agli scavi

Serpenti agatodemoni e pavoni popolano il larario scoperto negli scavi della Regio V a Pompei (foto di Ciro Fusco)

Alberto Bonisoli, ministro ai Beni culturali

Serpenti agatodemoni, pavoni, decori floreali e scene di caccia nel sontuoso larario emerso dagli scavi della Regio V di Pompei saranno tra i tesori che martedì 16 ottobre 2018 alle 11 potrà ammirare il ministro per i Beni e le Attività culturali Alberto Bonisoli in visita al cantiere dei nuovi scavi della Regio V. Al ministro saranno illustrati lo stato di avanzamento degli interventi di manutenzione e messa in sicurezza previsti dal Grande Progetto Pompei e le recenti scoperte degli scavi. E proprio il larario dipinto di circa 4m x 5m, riaffiorato tra i lapilli, rappresenta una delle scoperte più importanti in un ambiente ancora in corso di scavo nella Regio V di Pompei, nell’ambito dei lavori di consolidamento dei fronti di scavo, previsti – come detto – dal Grande progetto Pompei. “Questi straordinari ritrovamenti che continuano a regalare grandi emozioni, rientrano nel più vasto intervento di manutenzione, quello della messa in sicurezza dei fronti di scavo”, dichiara il direttore generale Massimo Osanna, “che sta interessando i circa 3 km di fronti che delimitano l’area non scavata di Pompei. Un intervento fondamentale in una delle aree più a rischio del sito, mai prima trattata complessivamente e che oggi grazie all’operazione di riprofilamento dei fronti, che ha lo scopo di ridurre la pressione del terreno sulle aree già scavate, ci sta anche consentendo di portare alla luce ambienti intatti con splendide decorazioni”.

Il direttore generale Massimo Osanna mostra l’eccezionale scoperta del larario nella Regio V a Pompei (foto di Ciro Fusco)

Esperti al lavoro per recuperare le pareti affrescate del larario (foto di Ciro Fusco)

Il bel larario, tra i più eleganti emersi a Pompei, è pertinente a un ambiente di una casa già in parte scavata agli inizi del Novecento, con accesso dal vicolo di Lucrezio Frontone. Al centro di una parete con paesaggi idilliaci e una lussureggiante natura con piante e uccelli, si trova l‘edicola sacra con ai lati dipinte le figure dei “Lari” protettori della casa e, al di sotto, due grandi serpenti agatodemoni (demone buono), simbolo di prosperità e buon auspicio. In un continuo gioco tra illusione e realtà si mescolano e confondono nell’ambiente, piante dipinte con quelle vere che dovevano crescere rigogliose nell’aiuola sottostante il larario, mentre un pavone dipinto sembra calpestare il terreno del giardino. Al pari, l’ara dipinta al centro dei due serpenti, con le offerte (la pigna e le uova), trova corrispondenza in un’arula (piccolo altare) in pietra ritrovata nel giardinetto e sulla quale ancora insistono tracce di bruciato delle offerte che servivano a onorare le divinità domestiche, a garanzia del benessere e della prosperità di tutta la famiglia. Sulla parete opposta, invece, una scena di caccia su fondo rosso con diversi animali di colore chiaro che circondano un cinghiale nero, sembra alludere simbolicamente alla vittoria delle forze del bene sul male.

Dettaglio dell’edicola con le immagini dei Lari ai lati trovata nella Regio V di Pompei

Non è comunque tutto chiaro. C’è bisogno di ulteriori ricerche. “Di certo questo ambiente era una stanza adibita al culto dei Lari”, spiegano gli archeologi della soprintendenza, “ma è ancora da definire nella disposizione degli spazi, considerata la presenza insolita di alcuni elementi come la vasca bordata dal giardinetto, posta al centro dell’ambiente e lo spazio soppalcato che chiude uno dei lati, ancora interamente da scavare”.

Pompei. Nuove scoperte nella Regio V. Nella Casa di Giove affreschi in I stile, tracce di incendio e reperti carbonizzati, e un quadretto idillico sacrale

Il cantiere di scavo della Casa di Giove nella Regio V di Pompei (foto di Cesare Abbate)

Uno squarcio nella parete della Casa di Giove a Pompei creato dagli scavi borbonici (foto di Cesare Abbate)

Ancora novità dagli scavi archeologici nella Regio V di Pompei. Abbiamo visto, nelle scorse settimane, come le scoperte nel “cuneo” si susseguano quasi senza soluzione di continuità, riportando alla luce strutture e reperti, affreschi preziosi, oggetti e tracce di vita quotidiana. Ciò permette di delineare sempre con maggiore chiarezza le articolazioni delle singole domus. Una di queste ricche dimore è la casa di Giove, che sta emergendo con tutti i suoi ambienti decorati. La casa fu già in parte scavata tra Settecento e Ottocento e piuttosto compromessa in più punti da cunicoli e trincee, tuttora visibili, con i quali era in uso praticare gli scavi in epoca borbonica. Il nome della casa deriva da un quadretto raffigurante Giove rinvenuto già nell’800 su un larario posto nel giardino.

Particolare di un affresco rinvenuto nella Casa di Giove nella Regio V di Pompei (foto di Cesare Abbate)

L’intervento odierno sta via via profilando la pianta di una dimora con atrio centrale, circondato da stanze decorate, ingresso lungo il vicolo dei Balconi, anche esso di recente scoperta e sul fondo uno spazio aperto colonnato su cui si affacciano altri tre ambienti. Gli ambienti di rappresentanza attorno all’atrio hanno svelato una ricca decorazione in primo stile, con riquadri di stucco imitanti lastre (crustae) marmoree dipinte di vivaci colori (rosso, nero, giallo, verde) e conservata in alcuni punti della parte superiore, una ricca cornice di stucco con modanature dentellate. L’atrio stesso era completato probabilmente, da un fregio dorico in stucco, con rifiniture in blu e rosso, attestato dai numerosi frammenti rinvenuti in alcuni punti. “È molto probabile”, spiegano gli archeologi della soprintendenza, “che la casa abbia volutamente mantenuto, negli spazi di rappresentanza, questa più antica decorazione in I stile che, in altre dimore pompeiane, era stata frequentemente sostituita da decorazioni più moderne”.

Il quadretto idillico-sacrale nella casa a nord del giardino della Casa di Giove a Pompei (foto di Cesare Abbate)

Tracce di incendio su una parete della Casa di Giove a Pompei (foto di Cesare Abbate)

Tracce di un incendio sono state ritrovate, invece, in un ambiente della domus confinante con la adiacente casa delle Nozze d’Argento, già in buona parte indagato in passato. L’incendio aveva annerito la parete affrescata coinvolgendo elementi di arredo, tra cui probabilmente un letto, come sembrerebbe dai frammenti di legno e di stoffa carbonizzati. Un bel quadretto idillico-sacrale, che raffigura una scena di sacrificio nei pressi di un santuario agreste è emerso, invece, in un ambiente poco distante dalla casa di Giove, in quella che attualmente è identificata come Casa a Nord del giardino. Si tratta di una tra le prime scene figurate di una certa complessità, assieme al quadro dell’Adone ferito con Venere e amorini, già emerso in un alcova poco distante.

Pompei. Gli scavi nella Regio V restituiscono la testa del fuggiasco e nuovi dati: il pompeiano non morì schiacciato da un blocco di pietra, ma asfissiato dai gas del Vesuvio

Il cantiere di scavo nella Regio V a Pompei ha restituito la testa del fuggiasco di cui si erano trovati il torace e gli arti

Il teschio del fuggiasco nei laboratori della soprintendenza

Aveva cercato di mettersi in salvo dalla furia eruttiva del Vesuvio con un piccolo tesoretto di monete che gli avrebbero permesso di rifarsi una vita lontano da Pompei. Non ci riuscì. Ma non trovò la morte schiacciato da un grosso blocco di pietra, bensì asfissiato dai gas venefici del flusso piroclastico. A distanza di poche settimane dalla scoperta dei resti di uno scheletro all’incrocio tra il vicolo delle Nozze d’Argento e il vicolo dei Balconi, il prosieguo delle ricerche hanno riportato alla luce la testa del fuggiasco, la prima delle vittime emerse nel cantiere dei nuovi scavi della Regio V a Pompei, facendo capire meglio le cause della morte dello sfortunato pompeiano. In una prima fase dello scavo sembrava che la porzione superiore del torace e il cranio, non ancora identificati, fossero stati tranciati e trascinati verso il basso da un blocco di pietra che aveva travolto la vittima: tale ipotesi preliminare nasceva dall’osservazione della posizione del masso rispetto al vuoto del corpo impresso nella cinerite (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2018/06/07/pompei-gli-affreschi-dai-vividi-colori-della-domus-dei-delfini-il-vicolo-dei-balconi-il-giardino-con-i-calchi-delle-radici-degli-alberi-del-79-d-c-fino-alle-iscrizioni-elettorali-e-al-pompeiano-i/). I resti scheletrici individuati consistono nella parte superiore del torace, arti superiori , cranio e mandibola. Attualmente in corso di analisi, presentano alcune fratture la cui natura sarà verificata, in modo da poter ricostruire con maggiore accuratezza gli ultimi attimi di vita dell’uomo.

Gli archeologi puliscono il cranio del fuggiasco rinvenuto negli scavi della Regio V a Pompei

“Il prosieguo delle indagini”, spiegano gli archeologi, “laddove erano emersi i primi resti scheletrici, ha portato alla luce la parte superiore del corpo, ubicata a quote decisamente più basse rispetto agli arti inferiori. La ragione di tale anomalia stratigrafica va ricercata nella presenza, al di sotto del piano di giacitura del corpo, di un cunicolo, presumibilmente di epoca borbonica, il cui cedimento ha portato al collasso e allo scivolamento di parte della stratigrafia superiore, ma non del blocco litico, ancora inserito nella stratigrafia originaria. La morte non è stata quindi presumibilmente dovuta all’impatto del blocco litico, come ipotizzato in un primo momento, ma da probabile asfissia dovuta al flusso piroclastico”.

Pompei. I nuovi scavi nella V Regio hanno restituito un intero vicolo di edifici con balconi risparmiati dall’eruzione: conservati i parapetti, resti di tegole e anche anfore vinarie lasciate ad asciugare al sole. Osanna: sono una rarità, saranno restaurati

Lo scavo del vicolo dei balconi nella Regio V di Pompei (foto Ciro Fusco)

Le anfore vinarie trovate ancora capovolte come erano state messe ad asciugare al sole (foto Ciro Fusco)

A quasi duemila anni di distanza dall’eruzione del 79 d.C, che seppellì persone e cose, Pompei continua a regalare tesori. I nuovi scavi avviati nella V Regio grazie al Grande progetto – i primi in epoca recente in una zona “vergine” dei 66 ettari coperti dalla colonia romana- stanno restituendo giorno dopo giorno i veri colori e tanti particolari importantissimi per la storia della città. Emergono edifici con tre grandi balconi: un intero vicolo punteggiato da balconi aggettanti che incredibilmente hanno resistito alla furia dell’eruzione, con i parapetti, i resti delle coperture in tegole, persino le anfore svuotate dal vino che qualcuno aveva lasciato in un angolo ad asciugare al sole. E poi il rosso pompeiano come veramente era, così intenso da richiamare il vino tanto amato dai romani. Insieme agli ocra pastosi e rilucenti, le decorazioni geometriche, gli animali, i fiori, gli amorini. Massimo Osanna, direttore del parco archeologico, è emozionato nell’annunciare la scoperta: “Il ritrovamento dei balconi – in tutto al momento sono quattro, uno accanto all’altro sullo stesso vicolo che si sta tirando fuori in questi giorni- è straordinario perché a Pompei ne sono rimasti pochi e la conservazione del piano superiore è una rarità”. E proprio per questo i balconi verranno restaurati e inseriti in un percorso tutto nuovo che collegherà la via di Nola con il vicolo delle Nozze d’Argento, quello che prende il nome dalla monumentale dimora privata, una delle più sontuose di Pompei, che ora dopo una chiusura lunga decenni verrà restaurata e restituita al pubblico.