Policoro (Mt). Al museo Archeologico nazionale della Siritide prorogata fino a giugno la mostra “Le Tavole di Eraclea. Tra Taranto e Roma”, prestate dal Mann, documento in greco e latino fondamentale per comprendere la storia sociale, politica e economica del territorio della Siritide

A Policoro le Tavole di Eraclea, in prestito dal Mann, si potranno ammirare fino a giugno. Giusto un anno fa al museo Archeologico nazionale della Siritide a Policoro (Mt), nel cinquantenario della sua fondazione, apriva la mostra “Le Tavole di Eraclea. Tra Taranto e Roma”, ideata e organizzata dal Polo Museale della Basilicata in collaborazione con il museo Archeologico nazionale di Napoli e il museo Archeologico nazionale di Taranto, la soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio della Basilicata, e promossa insieme al Comune di Policoro: tradizione classica, ricerca archeologica e un legame ideale con la stagione della Riforma fondiaria degli anni ’50 nel Metapontino. Le Tavole di Eraclea, ritrovate nel 1732 nei pressi del fiume Cavone e conservate al Mann, sono state considerate tra i più importanti documenti epigrafici della Magna Grecia. “Siamo molto legati a questa mostra”, ammettono in direzione, “perché ha saputo mettere insieme le diverse anime del territorio; e le immagini di un anno fa, con una moltitudine di affezionati amici, raccontano proprio questo. Le Tavole possono essere considerate in qualche modo paradigma della storia lunga e frastagliata della Siritide in epoca antica, che proveremo a raccontare ancora fino a giugno. Grazie alla liberalità del Mann e del MArTa siamo riusciti a prorogare la mostra fino al 5 giugno 2021”.

Le due lastre di bronzo costituiscono il più importante documento iscritto della Magna Grecia. Incise sui due lati, in greco e in latino, permettono di ricostruire le trasformazioni della città di Herakleia dalla sua fondazione da parte di Taranto alla fine del V secolo a.C. fino all’acquisizione dello statuto di municipio romano, attribuito alla città, ormai Eraclea, nella prima metà del I a.C. L’iscrizione greca è un regolamento per la gestione dei terreni dedicati a Dioniso e ad Atena e per la loro redistribuzione a scopi produttivi; quella latina è un compendio di leggi municipali di età tardo-repubblicana. Le Tavole sono un documento fondamentale per comprendere la storia sociale, politica e economica del territorio della Siritide.

La mostra si propone di intrecciare la lunga tradizione classica di esegesi delle Tavole con i risultati delle indagini archeologiche dalla scoperta della famosa Tomba del Pittore di Policoro nel 1963 fino agli scavi e alle ricognizioni tuttora in corso nella città e nel territorio. Allo stesso tempo l’esposizione costituisce lo spunto per evocare il fenomeno più recente della Riforma Fondiaria degli anni ‘50 del secolo scorso – per diversi aspetti vicino alle dinamiche che traspaiono dalle Tavole – ponendolo in parallelo con il concomitante avvio delle esplorazioni archeologiche nell’area, grazie all’azione lungimirante di Dinu Adamesteanu, primo soprintendente archeologo della Basilicata e fondatore del Museo. In dialogo con le due Tavole sono esposti importanti e significativi reperti provenienti dalla chora, dalla città di Herakleia e da altri centri magno-greci, al fine di ricostruire la storia della città sia nei suoi rapporti con la madrepatria Taranto, sia nella sua articolazione con il territorio agricolo.
Dai luoghi dell’abitare nel Bolognese in età romana alla vita in un villaggio villanoviano: incontro con Trocchi e Poli al museo della Civiltà villanoviana di Castenaso (Bo) con la mostra “Oggetti dal quotidiano. Un giorno all’interno di un villaggio villanoviano”

La locandina dell’incontro con l’archeologo Tiziano Trocchi al museo della Civiltà villanoviana di Castenaso (Bo)
Prima si fa la visita di un villaggio villanoviano, poi si farà la conoscenza della vita in un borgo romano del Bolognese. È la proposta del MUV – Museo della civiltà Villanoviana e della soprintendenza Archeologia, belle arti e paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara: appuntamento giovedì 13 dicembre 2018, alle 21, al Muv di Villanova di Castenaso (Bo) con Tiziano Trocchi, archeologo della soprintendenza di Bologna, che illustrerà “I luoghi dell’abitare nel bolognese in età romana”. Mezz’ora prima, alle 20.30, visita guidata gratuita alla mostra “Oggetti dal quotidiano. Un giorno all’interno di un villaggio villanoviano” condotta da Paola Poli, curatrice della mostra aperta fino al 9 giugno 2019 e conservatore archeologa del Muv.

La locandina della mostra “Oggetti dal quotidiano: un giorno all’interno di un villaggio villanoviano” a cura di Paola Poli
La mostra “Oggetti dal quotidiano: un giorno all’interno di un villaggio villanoviano” rappresenta per il visitatore un viaggio nel tempo fino alla prima età del Ferro italiana e si pone come integrazione ideale alla visita guidata alla capanna villanoviana. In esposizione attrezzi e utensili legati sia ad attività femminili per eccellenza, come la filatura, la tessitura, la preparazione, la conservazione e la cottura dei cibi, sia a pratiche tipiche del genere maschile, come l’agricoltura, l’allevamento, la caccia e la pesca. Si tratta di un’importante occasione per ospitare al Muv una ricca selezione di materiali emersi da scavi di abitato, solitamente poco esposti nei musei, provenienti dall’Etruria padana e non solo, così da permettere un confronto con le coeve civiltà dell’Italia centro-meridionale. La mostra è realizzata dal Comune di Castenaso in collaborazione con l’istituto Beni Culturali, la soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio per la città metropolitana di Bologna e le province di Modena, Reggio Emilia e Ferrara; i musei archeologici di Bologna, Budrio, Bazzano; i musei civici di Reggio Emilia; il museo Preistorico Etnografico “L. Pigorini” di Roma; i poli museali dell’Emilia Romagna e della Basilicata.
Il percorso di visita è incentrato su alcuni reperti di grandi dimensioni collocati su una pedana al centro della sala: tre doli, ovvero tre grandi vasi ceramici di forma sferica, utilizzati per immagazzinare provviste alimentari come cereali e legumi tostati ed essiccati, ed un anello di terracotta pertinente alla camicia di un pozzo. Attorno a questi reperti di grandi dimensioni, posizionati al centro della stanza e fuori dalle vetrine, sono disposte le teche con gli strumenti e gli utensili relativi alle attività tipiche di una giornata all’interno di un villaggio villanoviano. Tra gli oggetti legati alla filatura e alla tessitura, pezzo forte è la pisside proveniente dal museo Archeologico nazionale della Siritide di Policoro (Mt), cioè un vaso ceramico su ruote con coperchio, contenente 14 tessere in terracotta per la tessitura a tavolette, adoperate per la produzione di strisce di tessuto, che venivano utilizzate come accessori dell’abbigliamento o come bordi per stoffe di grandi dimensioni. La strumentazione legata alla preparazione, alla conservazione e alla cottura dei cibi, nonché alla loro presentazione e al loro consumo, raccoglie vasellame ceramico di varie fogge e con diverse funzioni, piastre e alari, cioè gli utensili utilizzati per la cottura dei cibi.
Alcuni fornelli in terracotta provenienti dal museo Preistorico Etnografico “L. Pigorini” di Roma permettono un interessante confronto tra i materiali villanoviani e quelli laziali coevi. Asce, falci, falcetti e pennati, un amo da pesca, una lima, scalpelli, frammenti di una sega, una porzione di sgorbia, pezzi di un succhiello e di una raspa sono gli oggetti in esposizione legati alle attività di sussistenza, come l’agricoltura e l’arboricoltura, l’allevamento e la carpenteria, la caccia e la pesca. Chiudono la mostra gli strumenti propri delle attività artigianali: la produzione metallica e quella del vasellame ceramico. Tra questi spiccano la matrice in arenaria, con funzione di forma fusoria, del museo “G. Chierici” di Paletnologia Reggio Emilia ed un set specializzato di utensili per la lavorazione dell’argilla.



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