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Al via la VII edizione del Concorso Art Bonus: come funziona e come votare. Ecco quattro progetti da votare da Nord a Sud: Villa dei Mosaici a Negrar, epistolario di Paolo Orsi a Rovereto, stanza del custode degli Augustali al parco archeologico di Ercolano, rython assiro al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia

art-bonus_2023_manifestoHa preso il via il 1° febbraio 2023 la VII edizione del Concorso Art Bonus, l’iniziativa organizzata dal ministero della Cultura e ALES Spa, con la collaborazione di Promo PA Fondazione, finalizzata a rendere protagonisti i cittadini che potranno esprimere il loro gradimento su oltre 260 progetti beneficiari dei fondi Art Bonus nel 2022. Alla fine del 2022 risultano oltre 2434 gli enti registrati al portale Art Bonus, 31275 i mecenati, 5731 gli interventi pubblicati sulla piattaforma, più di 757 i milioni di euro raccolti su tutto il territorio nazionale. Quindici sono le regioni nelle quali si trovano i progetti in gara (Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Veneto). Per votare, basta un semplice clic o like. La novità di questa edizione è l’introduzione di due categorie di progetti. 1) categoria “Beni e luoghi della cultura”: concorrono progetti di restauro e manutenzione di beni culturali e progetti di sostegno a favore di musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche, complessi monumentali; 2) categoria “Spettacolo dal vivo”: comprende tutti i progetti di sostegno agli enti e alle attività di spettacolo. I vincitori della 7° edizione saranno due, uno per ciascuna categoria.

art-bonus_2023_logoLe fasi di svolgimento del Concorso Art Bonus 2023: FASE 1 – Prima eliminatoria sul sito Art Bonus dal 1° febbraio 2023 fino alle ore 12 del 21 febbraio 2023 le votazioni si svolgeranno esclusivamente sulla piattaforma artbonus.gov.it/concorso2023. Sarà possibile esprimere una sola preferenza per ciascun progetto in gara ma ogni utente potrà votare più progetti. I voti ricevuti da ciascun progetto saranno visibili in tempo reale. FASE 2 – Seconda eliminatoria sul sito Art Bonus dalle ore 13 del 21 febbraio 2023 fino alle ore 12 del 14 marzo 2023 resteranno in gara sulla piattaforma del concorso i soli progetti che avranno ricevuto almeno 200 voti. I progetti con più di 200 voti rimasti in gara saranno divisi in due categorie: “Beni e luoghi della cultura” e “Spettacolo”. I sei progetti di ciascuna categoria che risulteranno più votati alla data del 14 marzo accederanno alla fase finale che si svolgerà solo sui canali FB e IG di Art Bonus. FASE 3 – Finale sui canali Facebook e Instagram di Art Bonus dalle ore 12 del 15 marzo fino alle 12 del 30 marzo 2023 i primi 12 progetti con il maggior numero di voti sulla piattaforma parteciperanno alle votazioni solo sui canali social, sfidandosi a suon di “Likes” sui profili Facebook e Instagram di Art Bonus. I 12 progetti finalisti saranno così suddivisi: 6 per la categoria “Beni e luoghi della cultura” + 6 per la categoria “Spettacolo”. FASE 4 – Proclamazione vincitori. i voti ottenuti da ciascun progetto sui social saranno sommati ai voti precedentemente ricevuti sulla piattaforma Art Bonus. La somma di questi voti determinerà l’ordine finale delle due classifiche e i due vincitori, uno per ogni categoria: 1° classificato categoria “Beni e luoghi della cultura”, 1° classificato categoria “Spettacolo”.

Ecco alcuni progetti da votare, da Nord a Sud.

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Veduta d’insieme dei mosaici policromi del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

NEGRAR (Vr). Villa Romana dei Mosaici: copertura protettiva mosaici (SABAP per le province di Verona, Rovigo e Vicenza). Il link per votare: Villa Romana dei Mosaici – Copertura protettiva mosaici – SABAP per le province di Verona, Rovigo e Vicenza – Art Bonus. Villa romana tardoantica (IV secolo d.C.) a carattere residenziale e produttivo, con mosaici di straordinario pregio ed eccezionale stato di conservazione.

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Veduta aerea dell’area occupata dalla Villa dei Mosaici di Negrar tra i vigneti della Valpolicella (foto sabap-vr)

Dopo il rinvenimento nel 1885 di alcuni mosaici in parte strappati e venduti al Comune di Verona, nel 1922 venne individuata ed esplorata una parte del settore residenziale (pars urbana) dall’archeologa Tina Campanile, prima donna ammessa alla Scuola Archeologica di Atene. Nel 1974 uno scavo distrusse alcuni ambienti della villa fino ad allora sconosciuti. Del sito non era più nota l’esatta localizzazione: nel 2018 la Soprintendenza riprese le ricerche con la finalità della tutela vincolistica e nel 2019 fu individuata l’area. Negli anni seguenti, grazie ai fondi ministeriali, è stato intrapreso lo scavo archeologico in estensione. Oltre alla riscoperta dei mosaici visti nel 1922, che tanta eco mediatica ha suscitato sulla stampa nazionale e internazionale e sul web (“I mosaici romani tra i filari dei vigneti della Valpolicella”) e di cui è stato finalmente possibile apprezzare la pregevole tecnica realizzativa e lo straordinario stato di conservazione, ne sono stati riportati in luce nuovi con disegni geometrici, raffigurazioni naturalistiche e ritrattistiche. La parte residenziale della villa, scenograficamente disposta su terrazzamenti che assecondavano il declivio naturale del terreno, collegati da scalinate e ordinata attorno a un cortile-giardino centrale cinto dal peristilio, comprendeva un ampio e articolato settore termale. È stata rinvenuta una quantità notevole di frammenti di intonaci a vivaci colori, capitelli, fusti e basi di colonna, oltre a reperti metallici e a numerose monete.

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Una delle coperture esistenti a protezione dei pavimenti musivi della Villa dei Mosaici a Negrar (foto sabap-vr)

Il settore produttivo è caratterizzato dalla presenza di estesi vani lastricati; recentissima e particolarmente rilevante è l’individuazione di strutture dedicate alla produzione vinicola. Si ipotizza che l’abbandono e la spoliazione della villa siano avvenuti nel VI secolo; la successiva frequentazione del sito in epoca altomedievale, nei tre secoli successivi (VII-IX), è caratterizzata da demolizioni, nuove parziali edificazioni e dal riadattamento e riuso di alcuni ambienti superstiti. Sono riferibili a quest’epoca anche alcune sepolture in nuda terra o in cassa litica. Tutti i beni archeologici messi in luce appartengono allo Stato. L’intervento: realizzazione di due coperture con struttura in alluminio e teli con pareti apribili per la protezione dalle intemperie delle aree scavate, analoghe a quelle già esistenti, al fine di consentire gli interventi conservativi più urgenti sulle pavimentazioni musive, con un clima controllato e di permettere agli archeologi di proseguire l’indagine al coperto.

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Il museo civico di Scienze e Archeologia a Palazzo Parolari a Rovereto (foto fmcr)

ROVERETO (Tn). Museo di Scienze e Archeologia | Fondazione Museo Civico di Rovereto: Paolo Orsi. Una storia trentina tra archivi e immagini. Il link per votare: Museo di Scienze e Archeologia | Fondazione Museo Civico di Rovereto – Paolo Orsi. Una storia trentina tra archivi e immagini – Art Bonus. Archeologia, zoologia, botanica, astronomia, scienze della terra, robotica: queste le discipline che animano il Museo di Scienze e Archeologia, dalle sale permanenti con le preziose collezioni fino alle importanti mostre temporanee che approfondiscono temi diversi ogni anno.

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Ritratto dell’archeologo Paolo Orsi, nato a Rovereto nel 1859 (foto fmcr)

Il museo, situato a Palazzo Parolari, è dal 1998 sede della Fondazione Museo Civico di Rovereto, uno dei più antichi musei italiani, fondato come società privata nel 1851. Le collezioni storiche del museo hanno dato vita all’esposizione permanente con sale dedicate ai minerali, ai fossili e agli uccelli, con alcune delle più importanti collezioni regionali. Le sale di archeologia raccontano il territorio ma non solo, grazie alla splendida collezione Paolo Orsi e alla sala Portinaro-Untersteiner con una preziosa raccolta di vasi antichi di produzione italica. Disponibili per le attività per il pubblico e le scuole il Planetario situato nel giardino del museo e il primo LEGO Education Innovation Studio aperto in Italia. L’intervento: riordino, pubblicazione e valorizzazione dell’epistolario inedito e dell’archivio lasciato dall’archeologo roveretano Paolo Orsi (1859-1935) alla Fondazione Museo Civico di Rovereto. Realizzazione di un documentario su Paolo Orsi e il suo rapporto con la terra d’origine.

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Il letto carbonizzato con il corpo del Custode scoperto da Maiuri ad Ercolano nel 1961 (foto Petrone)

PARCO ARCHEOLOGICO ERCOLANO (Na). Restauro stanza del custode, Collegio degli Augustali. Il link per votare: Parco Archeologico Ercolano – Restauro stanza del custode, Collegio degli Augustali – Art Bonus. Il parco archeologico di Ercolano, istituto della cultura di rilevante interesse nazionale dotato di autonomia speciale, è la struttura amministrativa che ha il compito di ricercare, conservare, tutelare, divulgare e valorizzare l’antica Herculaneum, luogo in cui a partire dal 1738 è cominciata l’archeologia delle città vesuviane distrutte dall’eruzione del 79 d.C. L’area archeologica di Ercolano è stata inserita, dal 1997, insieme agli Scavi di Pompei e alle ville di Oplontis, nella lista dei siti del Patrimonio Mondiale redatta dall’UNESCO.  Nel 1961 durante gli scavi a cielo aperto dell’antica Herculaneum, in un ambiente del Collegio degli Augustali, una vittima dell’eruzione del 79 d.C., un uomo di circa 20 anni, probabilmente il custode dell’edificio, fu trovato disteso su un letto di legno, sepolto dal fango vulcanico.

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I resti del corpo carbonizzato del custode degli Augustali a Ercolano con la posizione dei resti analizzati dal team di Petrone (foto Petrone / Plos One)

Lo scavo del letto rimase volontariamente incompiuto per consentire al pubblico una prospettiva di visita immersiva lasciando la porzione più superficiale del letto e i resti scheletrici a vista, protetti da una teca in vetro. Negli anni successivi alla musealizzazione della stanza, la protezione in vetro è andata perduta e i resti scheletrici sono stati soggetti a ripetuti furti e danneggiamenti da agenti esterni, mentre i margini del letto in legno carbonizzato hanno perso l’adesione originaria al blocco di materiale piroclastico sottostante, presentando segni di fratture e sgretolamento. Negli anni più recenti, è stata avvertita la necessità di recuperare questo straordinario contesto archeologico, sia per preservare i dati concernenti il ritrovamento di una vittima dell’eruzione in condizioni di seppellimento molto peculiari, sia per garantire la conservazione del letto, che rientra nel novero di una collezione di mobili, di oggetti di uso comune nonché di elementi strutturali in legno carbonizzato unica al mondo. Per quanto riguarda lo scheletro, in corrispondenza del cranio della vittima, è recentissima la scoperta di resti cerebrali vetrificati il cui risultato più significativo è stata l’identificazione di diverse proteine presenti nei tessuti cerebrali umani, attribuibili al cervello della vittima e ai suoi capelli, consentendo altresì l’individuazione di un intero sistema nervoso centrale. Nell’ambito del progetto è pertanto prioritario procedere ad un’accurata rimozione dei resti scheletrici per preservarne l’eccezionale valore scientifico e garantire la prosecuzione di indagini interdisciplinari; nel contempo, la rimozione del banco tufaceo dell’eruzione, non ancora scavato, consentirebbe di recuperare i nessi strutturali verticali e orizzontali del letto e la possibilità di completarne il consolidamento e il restauro. Il progetto prevede altresì la manutenzione straordinaria degli elementi strutturali e degli apparati decorativi della stanza, con particolare riguardo alla parete in opus craticium, che  ancora conserva tracce del graticcio in legno carbonizzato e la finestra originale, agli intonaci affrescati e al pavimento in cocciopesto. L’unicità dell’area archeologica è data dalla peculiarità del seppellimento che ha sigillato sotto una spessa coltre di materiale piroclastico l’intera città, restituendo l’unico fronte mare di una città romana ed edifici conservati sino al terzo piano di altezza, caratterizzati da apparati decorativi di grande pregio. Ercolano è il solo sito da cui sono stati portati alla luce reperti organici in grande quantità, tra i quali legno (utilizzato sia come elemento architettonico che per la costruzione di mobili e utensili), frammenti di tessuto ed alimenti di vario genere (cereali, legumi, frutta). L’unica biblioteca del mondo antico, la famosa collezione di papiri che dà il nome alla celebre Villa, è stata trovata qui. Le attività di studio e ricerca dello straordinario patrimonio culturale del Parco, mobile ed immobile, sono volte a migliorare la conoscenza della cultura materiale e della società romana del I sec. d.C., nonché a mettere in campo strategie di tutela e conservazione innovative ed efficaci per una fruizione sempre più ampliata, inclusiva e diversificata.

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Rython assiro in bronzo (730-715 a.C.) a testa di leone proveniente da Veio e conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

ROMA. Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia: restauro Rython assiro a testa di leone. Il link per votare: Restauro Rython assiro a testa di leone – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia – Art Bonus. Restauro del Rython assiro in bronzo (730-715 a.C.) conformato a testa di leone proveniente da Veio, il cui contesto è purtroppo sconosciuto, ma certamente riconducibile ad un corredo principesco. Utilizzato come contenitore per bere, era dotato probabilmente da un’ansa che permetteva una presa riconducibile a quella di un secchiello. Il reperto è stato realizzato in lamina di bronzo, a doppia parete, e decorato con la tecnica dello sbalzo con anima di materiale refrattario in corrispondenza dei volumi delle fauci. Il manufatto dovrà essere sottoposto a: esame e documentazione dello stato di conservazione iniziale del reperto mediante fotografie e schede descrittive; pulitura (meccanica e/o chimica) delle superfici da depositi incoerenti e coerenti; consolidamento dei materiali costitutivi; eventuale incollaggio con resine adeguate; integrazioni e/o lavorazioni di integrazioni esistenti; presentazione estetica delle integrazioni; applicazione di idoneo protettivo; progettazione ed esecuzione di un nuovo supporto. Il museo ETRU mira a costituire una rete integrata tra siti ed enti culturali volta a favorire la crescita culturale e sociale e lo sviluppo economico delle realtà territoriali che le sue raccolte rappresentano, incoraggiando la formazione di comunità patrimoniali nello spirito indicato dalla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro 2005).

Firenze. All’Archeologico per “Incontri al museo” conferenza del direttore Mario Iozzo “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” proprio nell’anniversario dell’inaugurazione della prima esposizione dei due guerrieri dopo il lungo restauro

firenze_archeologico_conferenza-iozzo-i-bronzi-di-riace-a-firenze_locandina15 dicembre 1980 – 15 dicembre 2022: per i 50 anni dalla scoperta e per l’anniversario della mostra, il direttore del museo Archeologico nazionale di Firenze, Mario Iozzo, presenta “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” nell’ambito degli “Incontri al Museo” 2022 – 2023. Il 15 dicembre 1980 al museo Archeologico di Firenze si inaugurava infatti la straordinaria mostra “I bronzi di Riace” che esponeva per la prima volta al pubblico le due statue restaurate a Firenze dopo il loro ritrovamento. Il MAF festeggia i 50 anni dalla loro scoperta con una conferenza del direttore Mario Iozzo “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” giovedì 15 dicembre 2022 alle 17, proprio nella stessa data della storica inaugurazione. Le due celebri statue furono rinvenute nello specchio di mare antistante Riace il 16 agosto 1972. La moderna cittadina di Riace si trova pochi km a Sud della colonia greca di Kaulonía, già identificata alla fine dell’800 dall’archeologo Paolo Orsi nel sito dell’attuale Monasterace Marina (Reggio Calabria). Secondo il mito su questa spiaggia battuta da un mare impetuoso, una tempesta avrebbe sospinto l’amazzone Clete, nutrice della regina delle amazzoni Pentesilea, mentre si recava a Troia a recuperare il corpo della sua signora, uccisa da Achille.

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La mostra “I Bronzi di Riace” allestita nel salone del Nicchio al museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

Allestita negli ambienti del Salone del Nicchio, l’esposizione consentì di riaprire momentaneamente l’accesso a un settore del museo che era stato travolto dall’alluvione, attraendo lunghe code di visitatori davanti all’ingresso di piazza SS. Annunziata in attesa di vedere i miracoli compiuti in cinque anni di lavori dai laboratori del Centro di Restauro della soprintendenza Archeologica di Firenze. “Ho avuto la fortuna di essere testimone di un grande evento archeologico e di un sorprendente fenomeno sociale e culturale”, racconta Mario Iozzo. “Nell’arco di un mese 250mila persone visitarono la mostra che fu poi prorogata fino a giugno, prima del riallestimento al Quirinale voluto da Sandro Pertini. Il pubblico stava in coda per ore per conquistare un biglietto da 125 lire per vedere i due capolavori mentre la loro fama cresceva di giorno in giorno…”.

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Lunghe code di visitatori davanti al museo Archeologico di Firenze per la mostra “I Bronzi di Riace” (foto maf)

Le due sculture furono trasportate a Firenze nel gennaio del 1975 e furono affidate alle cure dei restauratori Renzo Giachetti ed Edilberto Formigli e nell’autunno del 1980 al termine dei lavori furono esposte a Firenze accompagnate dall’illustrazione delle varie fasi di restauro. Prima di tornare “a casa” i bronzi furono poi esposti fino al 12 luglio anche al Palazzo del Quirinale, dove richiamarono trecentomila visitatori in soli dodici giorni. Le operazioni svolte a Firenze valsero alla soprintendenza Archeologica della Toscana il riconoscimento del premio “Campione d’Italia per la promozione della Cultura e dell’Arte”, per aver reso “attuale l’antico” e fatto riscoprire “nella coscienza dell’uomo i valori perenni di civiltà”.

Siracusa. Al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” la mostra “Lo regno della morta gente. La necropoli meridionale di Megara Hyblea”: esposti per la prima volta i reperti provenienti dagli scavi dell’École française de Rome, finora conservati nei depositi del museo, illustrando le diverse tipologie di sepolture a Megara Hyblaea

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Locandina della mostra “Lo regno della morta gente” al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa dall’8 ottobre 2022 all’8 gennaio 2023

Una nuova mostra da non perdere al museo “Paolo Orsi” di Siracusa. Sabato 8 ottobre 2022 aperta la mostra “Lo regno della morta gente. La necropoli meridionale di Megara Hyblea” che espone per la prima volta i reperti provenienti dagli scavi dell’École française de Rome, finora conservati nei depositi del museo, illustrando le diverse tipologie di sepolture a Megara Hyblaea, le pratiche funerarie, le sepolture dei bambini, un vero e proprio salto nel tempo per indagare attraverso il mondo dei defunti, la società dei vivi della colonia megarese. La mostra, visitabile (ingresso gratuito) fino all’8 gennaio 2023 (dal martedì al sabato, 9-18; domenica e festivi nella fascia, 9-13), è curata dall’archeologa Anita Crispino, del parco archeologico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai, e da Reine Marie Bérard, ricercatrice CNRS Centre Camille Jullian di Aix-en-Provence, e si propone come una nuova occasione per illustrare la lunga collaborazione tra la missione archeologica francese a Megara Hyblaea e il museo Archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa. La mostra sarà accompagnata da un ricco catalogo curato dalla stessa Bérard. La mostra, divisa in sette sezioni, illustra i risultati di indagini attente a tutti gli aspetti connessi al seppellimento in età greco arcaica: oggetti personali, vasellame, monili, esposti per la prima volta, raccontano ai visitatori un segmento della vita degli abitanti della polis greca di Megara Hyblaea. Un’occasione particolarmente interessante che cerca di mettere in luce alcuni aspetti della vita e della morte degli antichi Greci relativi a questa famosa città siciliana, visti attraverso le testimonianze offerte dall’archeologo che li ha studiati; reperti provenienti dagli scavi della necropoli, custoditi presso il Museo e di cui solo una piccola parte era stata fino ad oggi proposta al pubblico.

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Veduta dall’alto del sito archeologico di Megara Hyblaea, 20 chilometri a Nord di Siracusa (foto luigi nifosi / regione siciliana)

L’esposizione interessa la necropoli meridionale di Megara Hyblaea. Il sito di Megara Hyblaea, 20 km a Nord di Siracusa, fu occupato dai Greci a partire della seconda metà dell’VIII secolo a.C. Meno di tre secoli dopo, all’inizio del V secolo a.C., la città fu presa da Gelone, tiranno di Siracusa, che vi trasferì i suoi abitanti. Gli sfollati tornarono successivamente occupando l’area della vecchia agorà ma si trattò della fine politica di una città greca cresciuta in parallelo a Siracusa, fino a contrastarla, e destinata ad essere abbandonata. Tale destino ha offerto agli archeologi che hanno indagato i luoghi, fin dalla fine dell’800, di operare su un sito privo di sovrapposizioni di epoca moderna. Tale è stata l’opportunità che archeologi come Paolo Orsi hanno avuto. Nel 1949, Luigi Bernabò Brea, soprintendente alle Antichità per la Sicilia Orientale, affidò la ricerca all’École française de Rome. Georges Vallet e François Villard, e in seguito i loro collaboratori e successori, hanno portato avanti le indagini sulla città e le necropoli fino ai nostri giorni. Dopo la scoperta fortuita, nel 1940, del famoso kouros di Sombrotidas, esposto in mostra, l’attenzione si spostò sulla necropoli meridionale della città, minacciata dallo sviluppo della zona industriale. Gli interventi di emergenza condotti dalla Soprintendenza archeologica per la Sicilia orientale e l’École française de Rome, in particolare negli anni 1970-1974, permisero lo scavo e lo studio di circa 700 tombe.

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L’allestimento della mostra “Lo regno della morta gente” al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” (foto regione siciliana)

“La mostra esprime il valore del potenziamento della ricerca archeologica che abbiamo portato avanti in questi anni”, sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, “e della collaborazione con Università e istituti di tutto il mondo. La collaborazione tra il Parco di Siracusa, l’Istituto Francese e il museo Paolo Orsi ha prodotto un interessante focus sulla dimensione della morte nell’antica Megara, offrendo anche l’opportunità di un approfondimento dei temi affrontati nel percorso espositivo che il prezioso catalogo della mostra, disponibile sin dall’inaugurazione, promette di offrire”. “Grazie a questa esposizione”, afferma Antonello Mamo, direttore del parco archeologico di Siracusa, “sarà possibile comprendere le varie tipologie di sepolture, la funzione degli oggetti deposti, il trattamento funerario riservato ai bambini della colonia megarese, grazie ad uno studio completo di quanto il tempo ha risparmiato. Una collaborazione, quella con l’equipe dell’École française de Rome, rinsaldata grazie a questo lavoro scientifico che di certo otterrà il favore sia degli studiosi di settore che del grande pubblico”. “I mesi di apertura della mostra al pubblico”, dichiara Lorenzo Guzzardi, direttore del parco archeologico di Leontinoi e Megara, “coincidono con l’inizio dei lavori per il nuovo allestimento dell’Antiquarium di Megara Hyblaea, che saranno seguiti con la collaborazione della Missione francese. Le attività di quest’ultima presso l’antica colonia greca e le sue aree funerarie hanno continuato ad assicurare importanti risultati scientifici negli scavi eseguiti in questi ultimi anni”.

Locri (Rc). Dopo un lungo e complesso intervento di adeguamento sismico riapre il museo Archeologico nazionale di Locri Epizefiri: tre giorni di eventi. Inaugurazione a invito con diretta Facebook

locri-epizefiri_archeologico_riapre-il-museo_locandina“L’attesa è finita! Dopo un lungo e complesso intervento di adeguamento sismico, siamo lieti di annunciare la riapertura del museo Archeologico nazionale di Locri Epizefiri con una tre giorni di eventi”: lo fa sapere visibilmente emozionata la direttrice Elena Trunfio. “Per limitare gli assembramenti e per dare a tutti la possibilità di visitare il Museo in sicurezza, abbiamo previsto una serie di momenti diversi”. Venerdì 13 maggio 2022, alle 17, inaugurazione istituzionale (solo su invito, ma la giornata sarà trasmessa integralmente sulla pagina Facebook del museo). Introduce e coordina Elena Trunfio. Dopo il taglio del nastro con la benedizione di don Pietro Romeo, i saluti istituzionali di Salvatore Patamia, segretario regionale Mic per la Calabria; Fabrizio Sudano, soprintendente ABaP per Rc e Vv; Giuseppina Princi, vicepresidente Regione Calabria; Carmelo Versace, sindaco della città metropolitana di Reggio Calabria; ten. Giacomo Geloso, comandante nucleo Tutela Carabinieri; Giovanni Calabrese, sindaco di Locri; Rocco Luglio, sindaco di Portigliola. Intervengono: Giancarlo del Sole, responsabile unico del procedimento; Giuseppina Vitetta, coordinatrice alla progettazione; Rossella Agostino e Maria Maddalena Sica, responsabili scientifici dell’allestimento. Conclude Filippo Demma, direttore ad interim Direzione regionale Musei della Calabria. Seguirà la visita guidata alle sale espositive. Sabato 14 maggio 2022, alle 10, 12, 16 e 18, narrazione guidata dell’allestimento. Alle 15.30, “Il Museo incontra la comunità”: la direttrice Elena Trunfio incontra le associazioni del territorio. Alle 20.30, Notte dei Musei: performance reading “Morgana e i miti dello Stretto” (preferibile la prenotazione). Domenica 15 maggio 2022, alle 10, 12, 16 e 18, narrazione guidata dell’allestimento. Ingresso senza green pass, è fortemente consigliato l’uso della mascherina. “Ricordiamo a tutti – conclude la direttrice – che il Museo sarà liberamente visitabile (senza invito, quindi) nei giorni del 14 e del 15 maggio. Non è obbligatoria la prenotazione delle visite guidate ma se ci avvisate è meglio!  La prenotazione è invece necessaria per la notte dei musei: i posti per il reading sono limitati! Per prenotazioni e info, chiamateci al 3346126386”.

Il museo Archeologico nazionale di Locri documenta le produzioni degli artigiani locresi con manufatti significativi come i pinakes (quadretti votivi), le offerte alle divinità in terracotta, gli specchi bronzei e le tavolette dell’Archivio di Zeus Olimpio. Sono esposte anche produzioni ceramiche provenienti da diverse aree del mondo greco e insulare, testimonianza degli intensi scambi commerciali di Locri. Completano l’esposizione elementi architettonici recuperati dagli edifici della città. I pinakes. Agli inizi del Novecento, in località Mannella, immediatamente al di fuori della cinta muraria della città, Paolo Orsi identificò il Persephoneion, santuario dedicato alla dea Persefone, già ricordato dallo storico Livio. Da questa area provengono i pinakes, quadretti votivi in terracotta policromi offerti dai fedeli, che raffigurano scene legate al mito della dea. I pinakes venivano prodotti dagli artigiani locresi nella prima metà del V secolo a.C., con l’utilizzo di matrici (ne sono state distinte 81), e decorati con una vivace policromia. Gli archeologi ne hanno recuperati e classificati migliaia, distinguendoli in dieci gruppi a seconda della scena raffigurata.

Vibo Valentia. Al museo Archeologico nazionale conferenza “Cinquant’anni fa a Vibo. Un archeologo venuto da lontano” con Ermanno Arslan che ripercorre gli anni entusiasmanti delle sue ricerche vibonesi, con la scoperta della celebre laminetta orfica

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La celebre laminetta orfica (IV sec. a.c.) conservata al museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia (foto drm-calabria)

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La sede del museo Archeologico nazionale di Vibo Valentia (foto drm-calabria)

vibo-valentia_50-anni-fa-un-archeologo-venuto-da-lontano_conferenza-arslan_locandina“Le maggiori soddisfazioni sono giunte dall’esame di altre aree all’interno delle mura greche [di Vibo Valentia, l’antica Hipponion] che ha dato finalmente i suoi frutti”, scrive Arslan nel 1972, su Magna Grecia. “Già l’Orsi aveva compiuto attente ricerche sull’altura del Cofino, posta sopra il tratto di mura attualmente visitabile e il cimitero moderno. Nella pubblicazione dello scavo affermò di avere esplorato con trincee tutta l’area che gli sembrava adattissima per un complesso templare. Venne infatti ritrovato il sito, con resti scarsissimi, di un tempio ionico che lo studioso datò al IV secolo a.C., ma non si riuscì a individuare i depositi votivi”. Che invece ha ritrovato Ermanno Arslan. Da allora è passato mezzo secolo, e giovedì 14 aprile 2022, alle 17.30, al castello di Vibo Valentia, sede del museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi”, sarà proprio Ermanno Arslan, dal 2019 cittadino onorario di Vibo Valentia (“Per le sue importanti scoperte e per il prestigio apportato la città”), archeologo di fama internazionale, accademico dei Lincei e già direttore del Castello Sforzesco e delle Civiche raccolte d’Arte di Milano, a ripercorrere nella sua lezione gli anni entusiasmanti delle sue ricerche vibonesi, che portarono alla scoperta della celebre laminetta orfica, il reperto in assoluto più prezioso e identitario del museo vibonese nella conferenza “Cinquant’anni fa a Vibo. Un archeologo venuto da lontano”. La conferenza è organizzata dal museo Archeologico nazionale di Vibo Valentia guidato dal nuovo direttore l’archeologo Maurizio Cannatà che interverrà insieme al sindaco di Vibo Valentia Maria Limardo.

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La salita al castello di Vibo Valentia, sede del museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” (foto drm-calabria)

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Una sala del museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia (foto drm-calabria)

La necropoli greca, un complesso nucleo di tombe databili a partire dalle prime fasi della colonia greca di Hipponion (fine VII sec. a. C.) dove fu scoperta la celebre laminetta orfica (IV sec. a. C.), il reperto in assoluto più prezioso e identitario del museo Archeologico di Vibo Valentia, le ricche domus mosaicate di epoca romana e il teatro della prima età imperiale, questi sono alcuni tra i più importanti siti archeologici portati alla luce a Vibo Valentia dopo le eccezionali scoperte compiute da Paolo Orsi negli anni ’20 del ‘900.

Reggio Calabria. Accordo del museo Archeologico nazionale con l’École Française de Rome per progetti congiunti di studio, ricerca, valorizzazione, promozione e comunicazione culturale. Primo risultato la fotomodellazione delle terrecotte dell’antica Medma (oggi Rosarno) scoperte da Orsi nel 1913 confluita nella mostra a Roma “Le korai di Medma tra noi”                                                         

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La locandina della mostra “Le korai di Medma tra di noi. Gli ex voto di un santuario greco restituiti tramite fotomodellazione” allestita fino al 9 aprile 2022 nelle sedi dell’École Française de Rome e dell’Accademia d’Ungheria a Roma

La classe più nota dei reperti archeologici rinvenuti nel territorio dell’antica Medma, l’odierna Rosarno, è senz’altro quella delle statuette di terracotta, presentate al mondo scientifico in termini professionali per la prima volta da Paolo Orsi, nel 1914. Testimoni di un gusto plastico originale e nello stesso tempo strettamente legato alla cultura visiva greca del tardo arcaismo e del periodo classico, le statuette, grandi busti e protomi, hanno conquistato i musei del mondo con la loro varietà e coerenza stilistica. Manca però tuttora uno studio basato sulla documentazione esaustiva dei complessi archeologici che ne rappresentano il contesto. Proprio le terrecotte figurate della “Grande Favissa” scavata da Paolo Orsi nel 1913, la più importante classe di reperti votivi che testimoniano le attività rituali nell’area sacra di “Contrada Calderazzo” dell’antica Medma, sono le protagoniste della mostra “Le korai di Medma tra di noi. Gli ex voto di un santuario greco restituiti tramite fotomodellazione” allestita fino al 9 aprile 2022 nelle prestigiose sedi dell’École Française de Rome e dell’Accademia d’Ungheria, e organizzata dalle due importanti istituzioni scientifiche internazionali in collaborazione con l’università Mediterranea di Reggio Calabria – dipartimento Patrimonio Architettura Urbanistica e dall’università Cattolica Péter Pázmány di Budapest, e con la soprintendenza ABAP Reggio Calabria-Vibo Valentia, il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria, l’Accademia nazionale dei Lincei, e il CeRCoLoc – Centro di Ricerche sulle Colonie Locresi. La mostra è curata dall’archeologa Ágnes Bencze, professore associato dell’università Cattolica Péter Pázmány di Budapest e responsabile scientifica del centro di ricerca CeRCoLoc, e dall’architetto Franco Prampolini, professore associato di Rilievo dell’Architettura, fondatore e responsabile scientifico del laboratorio di Modellazione multiscala dell’Architettura e Archeologia (SuMMA Lab.) del dipartimento PAU dell’università Mediterranea di Reggio Calabria. Membro del Comitato Scientifico del CerCoLoc all’università Cattolica Péter Pázmány. Il progetto, di cui sono illustrati in questa mostra alcuni aspetti metodologici legati alla digitalizzazione, porterà anche alla creazione di una banca dati illustrata con riproduzioni virtuali 3D dei reperti, grazie anche alla collaborazione degli sponsor NET – Natura Energia e Territorio (Polo d’innovazione ambiente e rischi naturali della Calabria) e PoliArt.

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Teste di statuette femminili (korai) dall’antica Medma (attuale Rosarno) esposte al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto MArRC)

La mostra è un primo risultato della collaborazione tra il MArRC e l’École Française de Rome. Il museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria prosegue infatti l’apertura alle grandi istituzioni internazionali in cui rientra l’accordo firmato dal direttore Carmelo Malacrino di collaborazione con Brigitte Marin, direttrice dell’École Française de Rome, volto all’ideazione e alla realizzazione di progetti congiunti di studio, ricerca, valorizzazione, promozione e comunicazione culturale. Una prospettiva che vede anche la partecipazione di Agnes Bencze, professoressa alla Pázmány Péter Catholic University di Budapest, da anni impegnata nello studio delle terrecotte figurate prodotte a Medma, l’attuale Rosarno. “L’attività di ricerca”, dichiara Malacrino, “è fondamentale per ogni luogo della cultura e, in particolare, per un museo archeologico. La collaborazione con prestigiose istituzioni internazionali, quali l’École Française de Rome e l’Accademia di Ungheria di Roma, consolida la missione del MArRC di accogliere studiosi da tutto il mondo per valorizzare, anche attraverso l’attività scientifica, le ricche collezioni archeologiche esposte o conservate nei depositi. L’attività di restauro svolta in questi anni – prosegue il direttore del Museo – è senza precedenti; ora migliaia di reperti provenienti da tutta la Calabria sono pronti per essere studiati e presentati al pubblico. Ringrazio la direttrice Marin e la prof.ssa Bencze per aver voluto potenziare con questo accordo le prospettive di ricerca avviate in questi anni”.

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L’attività di modellazione tridimensionale ad altissima risoluzione delle terrecotte da Medma svolta al museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria (foto MArRC)

“Nell’ambito di questo accordo tra l’École Française de Rome e il MArRC”, spiega la prof.ssa Bencze, “per la ricerca sulla coroplastica medmea condotta dal Centro per la Ricerca sulle Colonie Locresi (CeRCoLoc), l’8 febbraio 2022 si è svolta una campagna di riprese fotogrammetriche di alcuni reperti provenienti dagli scavi condotti da Paolo Orsi nel 1913 nell’area sacra di contrada Calderazzo a Rosarno”. L’attività si è concentrata sulla modellazione tridimensionale ad altissima risoluzione di una selezione di terrecotte di età greca, sotto la supervisione del funzionario archeologo del Museo, Daniela Costanzo. “L’intervento”, dichiara il prof. Prampolini, “è stato effettuato presso il gabinetto fotografico del MArRC dal gruppo di lavoro del Laboratorio SuMMA del Dipartimento PAU, che coordino all’università Mediterranea. Alcune elaborazioni, alle quali ha collaborato il PhD Cons. Antonio Gambino, sono presentate nell’ambito della mostra che abbiamo inaugurato a Roma la settimana scorsa”.

Siracusa. Al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” apre la mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nella Sicilia Sud Orientale” con reperti provenienti dagli scavi dell’abitato di Castelluccio di Noto, il sito più importante in Sicilia nel Bronzo antico (scavato proprio da Paolo Orsi), esposti per la prima volta affiancati da reperti coevi da Eolie, Puglia e Malta

La necropoli di Castelluccio di Noto, sito archeologico dell’Età del Bronzo antico siciliano

Sabato 18 dicembre 2021, alle 17, al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa apre la mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nella Sicilia Sud Orientale” dove sono esposti per la prima volta reperti provenienti dagli scavi dell’abitato del sito più importante in Sicilia nel Bronzo antico. Parliamo di Castelluccio di Noto, sito archeologico localizzato in provincia di Siracusa, tra i comuni di Noto e Palazzolo Acreide e che ha dato il nome all’omonima cultura di Castelluccio. Il sito venne localizzato dall’archeologo Paolo Orsi che lo datò tra il XIX ed il XV secolo a.C. e, pertanto, alla prima età del Bronzo siciliana. Gli studiosi hanno individuato il piano dell’abitato, posto su uno sperone roccioso, una sorta di acropoli fortificata e, la necropoli. La necropoli consta di oltre 200 tombe a grotticella artificiale, scavate nelle pareti ripide della vicina cava della Signora. La più monumentale è la cosiddetta “Tomba del Principe” con un prospetto costituito da quattro finti pilastri. Dal sito vengono numerosissimi materiali ceramici, oggi esposti al museo archeologico “Paolo Orsi” di Siracusa, oltre a reperti in bronzo e due famosissimi portelli tombali con incisi simboli spiraliformi.

Locandina della mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nelle Sicilia Sud Orientale” al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa dal 18 dicembre 2021 al 28 febbraio 2022

La mostra “Castelluccio. Ambiente, commercio e simboli nelle Sicilia Sud Orientale”, dal 18 di­cem­bre 2021 al 28 feb­bra­io 2022, suddivisa in sette sezioni, è arricchita da reperti della cultura di capo Graziano concessi in prestito dal parco archeologico delle Isole Eolie. Uno spazio avrà la necropoli di contrada Travana a Buccheri e, infine, si potranno ammirare gli ossi a globuli ritrovati a Malta e in Puglia, grazie alla collaborazione con il parco archeologico di Leontinoi, il national museum of Archaeology di Malta e il museo Archeologico nazionale di Altamura. La mostra offre uno spac­ca­to del­le con­di­zio­ni di vita di più di 3500 anni fa gra­zie alle ri­ve­la­zio­ni for­ni­te dal­le mo­der­ne ana­li­si con­dot­te ne­gli ul­ti­mi anni sui re­per­ti fau­ni­sti­ci, gli stu­di sui car­bo­ni e sui re­si­dui or­ga­ni­ci so­prav­vis­su­ti al­l’in­ter­no dei vasi che han­no per­mes­so di ri­co­strui­re l’am­bien­te, la fau­na e la me­to­do­lo­gia di co­stru­zio­ne del­le ca­pan­ne. Nu­me­ro­si i re­per­ti che sa­ran­no espo­sti, an­che se il pez­zo più in­te­res­san­te è un gran­de pi­thos, ri­com­po­sto da cen­ti­na­ia di fram­men­ti dopo un ac­cu­ra­to la­vo­ro di re­stau­ro. Il vaso, pro­ve­nien­te pro­prio da ­Ca­stel­luc­cio, in ori­gi­ne, con­te­ne­va olio d’o­li­va, e rap­pre­sen­ta la te­sti­mo­nian­za più an­ti­ca in Si­ci­lia e in Ita­lia del­la col­ti­va­zio­ne del­l’u­li­vo. “Le sco­per­te ar­cheo­lo­gi­che ci con­se­gna­no ogni gior­no nuo­ve ri­ve­la­zio­ni sul­la sto­ria del­la no­stra “, sot­to­li­nea l’as­ses­so­re re­gio­na­le dei Beni cul­tu­ra­li del­l’I­den­ti­tà si­ci­lia­na Al­ber­to Sa­mo­nà, “so­prat­tut­to re­la­ti­va­men­te alle fasi più an­ti­che. Un im­pe­gno, quel­lo del po­ten­zia­men­to del­la ri­cer­ca ar­cheo­lo­gi­ca, sul qua­le sia­mo co­stan­te­men­te pro­iet­ta­ti nel­la con­sa­pe­vo­lez­za che le pa­gi­ne del­la no­stra sto­ria sono il pa­tri­mo­nio più si­gni­fi­ca­ti­vo che pos­se­dia­mo, sia in ter­mi­ni col­le­ga­men­ti con gli stu­dio­si di tut­to il mon­do che di at­trat­ti­vi­tà ver­so quan­ti ogni anno scel­go­no la Si­ci­lia come meta del­le loro va­can­ze”.

Uno dei portelli tombali dai rilievi enigmatici provenienti da Castelluccio di Noto

La mo­stra è un’oc­ca­sio­ne per pre­sen­ta­re al gran­de pub­bli­co re­per­ti, fi­no­ra ine­di­ti, pro­ve­nien­ti sia dal­lo sca­vo del­l’a­bi­ta­to ef­fet­tua­to da Giu­sep­pe Voza tra il 1989 e il 1993, che da al­tri siti con­tem­po­ra­nei del­la Si­ci­lia e del­le iso­le Eo­lie. Dopo gli sca­vi nel­la ne­cro­po­li ef­fet­tua­ti da Pao­lo Orsi alla fine del­l’Ot­to­cen­to, il sito è ri­sul­ta­to uno tra i più in­te­res­san­ti in Si­ci­lia, tan­to che Lui­gi Ber­na­bò Brea die­de il nome di “fase di Ca­stel­luc­cio” al pe­rio­do del Bron­zo An­ti­co si­ci­lia­no, che da­tia­mo tra la fine del III e l’i­ni­zio del II mil­len­nio a.C. È da Ca­stel­luc­cio che pro­ven­go­no i fa­mo­si por­tel­li tom­ba­li con mo­ti­vi de­co­ra­ti­vi a bas­so­ri­lie­vo in­ter­pre­ta­ti come la sti­liz­za­zio­ne del­l’at­to ses­sua­le e, an­co­ra, gli ossi a glo­bu­li, enig­ma­ti­ci og­get­ti dal­l’in­cer­ta fun­zio­ne pre­zio­sa­men­te de­co­ra­ti ad in­ci­sio­ne, ri­tro­va­ti an­che in Gre­cia, a Tro­ia, a Mal­ta e in Pu­glia (que­sti ul­ti­mi due giun­gono a Si­ra­cu­sa per la pri­ma vol­ta in pre­sti­to tem­po­ra­neo).

Paolo Orsi, Federico Halbherr e un “capitello cretese”: ultima visita guidata al museo della Città di Rovereto per il quarto episodio della mostra “Sette storie per un Museo” per i 170 anni del Museo civico: un capitello cretese dalla storia straordinaria, due grandi archeologi e un podcast

Barbara Maurina davanti al capitello cretese in una visita guidata al museo della Città di Rovereto (foto fmcr)

Lo si può vedere in una vetrina del Museo della Città di Rovereto: è un capitello decorativo cretese, finemente scolpito con foglie d’Acanto spinoso, in marmo proconnesio (una varietà proveniente dall’Isola di Proconneso nel Mar di Marmara). Ma cosa ci fa un capitello cretese al Museo della Città di Rovereto? Ne parlerà di sicuro Barbara Maurina della Fondazione Museo Civico di Rovereto domenica 24 ottobre 2021 alle 16.30, nell’ultima visita guidata a Paolo Orsi, Federico Halbherr e un “capitello cretese”, quarto appuntamento di “Sette storie per un Museo”, la mostra a tappe dedicata ai 170 anni del Museo cittadino, nel quale sono protagonisti due grandi archeologi roveretani, Federico Halbherr e Paolo Orsi, che, pur avendo svolto gran parte della loro attività al di fuori della regione, questi grandi uomini non dimenticarono mai la loro terra natale, che conserva e valorizza documenti e reperti straordinari da loro donati o a loro legati.

Il capitello cretese esposto in una vetrina del museo della Città di Rovereto (foto fmcr)

Il capitello cretese di una lesena è legato proprio ai due archeologi roveretani di fama mondiale, ma anche grandi amici, Paolo Orsi e Federico Halbherr, in onore del quale arriva in dono il capitello, dagli scavi della stele di Gortyna, l’eccezionale scoperta di Halbherr a Creta. Alla morte di Halbherr, come si evince dallo studio sull’inedito epistolario di Paolo Orsi, a cura di Barbara Maurina e Maurizio Battisti, fu proprio Orsi che si adoperò presso le autorità greche perché il monumento funebre di Halbherr fosse impreziosito con un reperto originale da Creta. In realtà Orsi avrebbe chiesto una statua, ma le autorità greche optarono per un capitello che, comunque, non finì mai a far parte del monumento funebre di Halbherr e approdò grazie a Orsi a Rovereto, dove ora fa parte delle collezioni della Fondazione Museo Civico di Rovereto. Di questo e molto altro parla il nuovo episodio del podcast “Paolo Orsi, Federico Halbherr e un “capitello cretese” narrato dall’attore Nicola Sordo, con le voci degli archeologi Barbara Maurina, responsabile della sezione Archeologia del Museo e Maurizio Battisti, che da tempo studia l’epistolario Orsi. Il podcast si potrà ascoltare sulle principali piattaforme come Spreaker, Spotify, Google Podcasts, Apple Podcasts, Podcast Addict, oppure dal sito web del museo.

“Paolo Orsi, archeologo e uomo: la corrispondenza, gli archivi, le idee”: a Rovereto una giornata di studi con i massimi esperti sulle orme del grande archeologo dal Trentino alla Magna Grecia, in Calabria e Sicilia. Convegno in presenza al museo civico (con Green Pass) e on line

L’archeologo roveretano Paolo Orsi “protagonista” della giornata di studi al museo civico di Rovereto
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Locandina de “I venerdì dell’archeologia” 2021 a Rovereto

Da Rovereto alla Magna Grecia, in Calabria e Sicilia, sulle orme di Paolo Orsi. Rovereto dedica una giornata di studi per scoprire il grande archeologo roveretano Paolo Orsi, un convegno aperto al pubblico insieme ai massimi esperti da tutta Italia. Appuntamento venerdì 22 ottobre 2021, dalle 9 alle 18.30, in sala convegni F. Zeni del museo di Scienze e Archeologia in Borgo Santa Caterina 41 a Rovereto, con “Paolo Orsi, archeologo e uomo: la corrispondenza, gli archivi, le idee”, giornata di studi per il ciclo di incontri “I venerdì dell’archeologia” a cura di Barbara Maurina della Fondazione Museo Civico di Rovereto. La partecipazione al convegno è libera e gratuita, senza prenotazione. Green Pass obbligatorio. L’attività è riconosciuta ai fini dell’aggiornamento degli insegnanti. La partecipazione vale inoltre come credito formativo per studenti della scuola secondaria di secondo grado. Sarà possibile anche seguire l’evento in diretta online sul canale YouTube della Fondazione MCR. 

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L’archeologo roveretano Paolo Orsi (foto fmcr)

L’archeologo Paolo Orsi è uno dei personaggi della cultura roveretana più grandi e forse meno celebrati in terra trentina. Dopo gli studi a Vienna, Padova e Roma e gli anni giovanili in cui ha scavato siti preistorici nella terra d’origine, la Busa dell’Adamo sopra a Lizzana o il Colombo di Mori, ha svolto praticamente tutta la sua entusiasmante carriera fatta di studi e di scoperte eccezionali nelle regioni della Magna Grecia, in Calabria e in Sicilia dove è stato Soprintendente ai beni archeologici, regioni che ha battuto palmo a palmo con un metodo innovativo che gli derivava anche dalla sua antica passione per le passeggiate e le esplorazioni sul territorio (era socio della SAT), e che è diventato un’ispirazione per i futuri archeologi di tutto il mondo.  

L’archeologo Paolo Orsi raccoglie appunti seduto su un capitello del tempio di Apollo Aleo, appena scoperto a Punta Alice nel Crotonese (foto fmcr)
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La sede del museo civico di Rovereto – museo di Scienze e Archeologia (foto fmcr)

Organizzata dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto a cura di Barbara Maurina, conservatrice della sezione di archeologia del Museo, la giornata di studi pone il focus su alcuni aspetti inediti o poco esplorati del suo lavoro sul campo, dei suoi metodi di ricerca, delle sue idee e dell’eredità che il suo lavoro rappresenta per noi oggi. Durante il convegno Barbara Maurina e Maurizio Battisti, archeologi del Museo, illustreranno le scoperte e le novità emerse dallo studio delle lettere di Paolo Orsi, ben 7843 documenti, acquisiti dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto nel 2013 e ora inventariati, schedati e liberamente consultabili online, lavoro condotto con il sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio di Trento e Rovereto. Saranno presenti a Rovereto per esplorare queste tematiche i principali studiosi italiani di Paolo Orsi in rappresentanza delle Istituzioni che hanno conosciuto maggiormente da vicino il lavoro dell’archeologo roveretano. Tra questi Franco Nicolis e Franco Marzatico della soprintendenza per i Beni culturali – Provincia Autonoma di Trento. Per la Sicilia, Anita Crispino e Giuseppina Monterosso del parco archeologico e paesaggistico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai, e Maria Concetta Parello del parco Archeologico e Paesaggistico della Valle dei Templi. Concludono la giornata gli interventi di Carmelo Malacrino del museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria e Maurizio Paoletti dell’università della Calabria.

Locandina della giornata di studi “Paolo Orsi, archeologo e uomo: la corrispondenza, gli archivi, le idee” a Rovereto

Il programma. Alle 9, saluti istituzionali e apertura dei lavori; 10, Franco Marzatico (soprintendenza per i Beni Culturali Provincia autonoma di Trento), su “Paolo Orsi e le radici identitarie”; 10.30, Franco Nicolis (soprintendenza Provincia di Trento) su “Nato per scavare: Paolo Orsi e le ricerche giovanili in Trentino”; 11.15, Barbara Maurina e Maurizio Battisti (Fondazione Museo Civico di Rovereto) su “Pagine inedite di storia. l’epistolario orsi della Fondazione Museo Civico Di Rovereto”; 12, discussione; 12.30, pausa pranzo; 14.30, Annaluisa Pedrotti (università di Trento) su “Il “neolitico” di Paolo Orsi”; 15, Anita Crispino (parco archeologico e paesaggistico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai) su “Dal naufragio della mia corrispondenza”: l’epistolario di Paolo Orsi conservato al museo di Siracusa e il suo riordino”; 15.30, Giuseppina Monterosso (parco archeologico di Siracusa) su “Paolo Orsi e la “Repubblica Di Catania”; 16, Maria Concetta Parello (parco archeologico e paesaggistico della Valle dei Templi di Agrigento) su “L’archeologia a Girgenti negli anni di Paolo Orsi”; 17, Maurizio Paoletti (università della Calabria) su “Paolo Orsi e la Calabria: tra ricerca e tutela”; 17.30, Carmelo Malacrino (museo Archeologico nazionale di Reggio Calabria) su “Scavi e scoperte a Reggio Calabria nei taccuini di Paolo Orsi”; 18, discussione e chiusura dei lavori. Al termine del convegno, per chi lo desidera, è prevista una breve visita alla Sala Paolo Orsi con l’artista Osvaldo Maffei.

La 32.ma Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto diventa sezione del 1° RAM (Rovereto Archeologia Memorie) Film Festival. La città diventa protagonista. Dai temi archeologici alla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e a nuovi stili comunicativi come l’animazione

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Gli elementi estratti dai reperti di antiche civiltà per dare forma al logo del RAM film festival di Rovereto (foto f

Prendi l’’occhio di Horus (che rappresenta anche lo sguardo del cinema), aggiungici il profilo delle maschere azteche e combinalo con quello dei Moai dell’Isola di Pasqua. Risultato? Il logo del “nuovo” festival della Fondazione Museo Civico di Rovereto: RAM film festival, cioè Rovereto – Archeologia – Memorie film festival. Il nuovo logo è stato studiato, interpretando gli input dello staff del Festival, dall’agenzia di comunicazione Archimede di Trento, un logo modernissimo ma ispirato a grandi civiltà antiche. Nuovo nel nome e in parte nei contenuti perché la “storica” Rassegna internazionale del cinema archeologico di Rovereto, dopo aver rappresentato per più di trent’anni il punto di riferimento nazionale della miglior produzione documentaristica sulla ricerca e la divulgazione archeologica, non va in “pensione” ma viene inglobata nel rinnovato festival roveretano – diventandone una sezione – previsto su 5 giornate, da mercoledì 13 ottobre a domenica 17 ottobre 2021, al teatro Riccardo Zandonai di Rovereto, con eventi al museo della Città della Fondazione Museo Civico di Rovereto, e in altri spazi di rilievo culturale sul territorio. È comunque prevista la diffusione dei contenuti anche attraverso piattaforma digitale, sulla quale potrebbero essere inseriti anche webinar e workshop. Partner editoriali nazionali in grado di amplificare l’attività della kermesse sono National Geographic e la rivista Archeo.

rovereto_ram-film-festival_logo-colori_foto-fmcr.jpg.pngNel 2021, dopo 31 fortunate edizioni, la formula del tradizionale festival documentaristico roveretano autunnale “Rassegna Internazionale del Cinema Archeologico” della Fondazione Museo Civico si rinnova dunque allargando i temi archeologici alla più ampia tematica della tutela e valorizzazione del patrimonio culturale sia materiale che immateriale e su nuovi stili comunicativi come l’animazione. Il focus si amplia sulla città ospitante, che diventa protagonista della manifestazione. La memoria RAM è universalmente conosciuta in informatica ed elettronica come la memoria operativa del computer. Analogamente anche il RAM film festival si pone come una memoria fattiva, uno strumento per la conservazione e valorizzazione attiva, attraverso il cinema documentario e la voce di esperti e testimonial, di ciò che non deve essere dimenticato, il patrimonio dell’umanità.

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Isabella Bossi Fedrigotti, presidente comitato scientifico RAM film festival

Il 1° RAM film festival (con la 32.ma rassegna internazionale del cinema archeologico) è organizzato dalla Fondazione Museo Civico di Rovereto, con il sostegno del Comune di Rovereto, della Provincia Autonoma di Trento e della Fondazione Caritro, con il patrocinio del Ministero per i Beni e  le Attività Culturali e del Ministero degli Esteri. Novità di questa edizione, con l’ampliamento degli ambiti di narrazione del patrimonio, è anche la nascita di un prestigioso comitato scientifico, presieduto da Isabella Bossi Fedrigotti, giornalista e scrittrice, roveretana di nascita, che vive a Milano dove scrive per il Corriere della Sera. Gli altri componenti sono: Barbara Maurina, archeologa classica, dal 1999 conservatrice della Sezione Archeologia della Fondazione Museo Civico di Rovereto; Andrea Artusi, disegnatore e sceneggiatore, veneziano classe 1964; Duccio Canestrini, antropologo, roveretano, insegna Sociologia e antropologia del turismo al Campus di Lucca (Università di Pisa).

Il teatro Zandonai di Rovereto dove si tengono le proiezioni dei film della Rassegna internazionale del Cinema archeologico (foto fmcr)

“La Fondazione Museo Civico ha intrapreso in questi anni un percorso di rinnovamento su tutti i fronti, tenendo saldi i principi e le competenze che da sempre la contraddistinguono”, dichiara Giovanni Laezza, presidente della Fondazione. “Anche la Rassegna del Cinema Archeologico, dopo più di trent’anni di successi, cambia pelle e rivede identità, nome e contenuti, intraprendendo un coraggioso percorso di autoanalisi e di innovazione, interpretando gli input che ci arrivano dal contesto attuale, dagli autori e anche dal pubblico. Innovazione anche sul format, che si apre ancora di più alla città, con nuove sinergie e collaborazioni, che si aggiungono a quelle consolidate, nazionali e internazionali. Nuovissimo anche il Comitato scientifico, di cui vado particolarmente fiero, presieduto da Isabella Bossi Fedrigotti, con l’archeologa del Museo Barbara Maurina, l’antropologo Duccio Canestrini e  lo sceneggiatore, fumettista e animatore Andrea Artusi. Il programma sarà una sorpresa, che a breve sveleremo. Lo staff è al lavoro”.

rovereto_ram-film-festival_logo-BN_foto-fmcr.jpg“La Rassegna del Cinema Archeologico di Rovereto ha tracciato un percorso lungo oltre trent’anni, ispirato dal desiderio di valorizzare il contributo dato dalla città alla storia dell’archeologia, grazie ad alcuni suoi concittadini illustri come Paolo Orsi e Federico Halbherr, ricercatori e viaggiatori riconosciuti a livello internazionale”, sottolinea l’assessore Micol Cossali, che con il Comune di Rovereto sostiene da vicino l’iniziativa RAM Film Festival, “raccoglie questa eredità e la rilancia ampliando i suoi interessi per la storia dei popoli, del loro modo di vivere e di pensare, e scommettendo sul coinvolgimento di un nuovo pubblico con particolare attenzione alle generazioni più giovani. Il nuovo nome racconta in modo efficace questo importante progetto, radicato nel tempo e rivolto al futuro, alla scoperta delle molteplici tracce lasciate da un’umanità in continua trasformazione”.