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Siracusa. Al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” apre la mostra “Paolo Orsi. L’amico, il maestro, il precursore delle esplorazioni archeologiche in Sicilia”: un viaggio avvincente attraverso documenti d’archivio, immagini e oggetti, che ripercorre l’eccezionale vicenda umana e scientifica dell’archeologo roveretano, protagonista assoluto dell’archeologia italiana tra Otto e Novecento

Cratere a figure rosse dalla collezione Lauricella di Gela (foto regione siciliana)

Frontespizio del taccuino 111 di Paolo Orsi (foto regione siciliana)

Un viaggio avvincente attraverso documenti d’archivio, immagini e oggetti, tra cui anche alcuni di proprietà della soprintendenza di Siracusa, per rendere omaggio a Paolo Orsi, lo studioso roveretano, che con metodo pionieristico e visione moderna rivoluzionò la conoscenza del patrimonio archeologico siciliano e meridionale, pioniere dell’archeologia siracusana, protagonista assoluto dell’archeologia italiana tra Otto e Novecento. Apre al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa la mostra “Paolo Orsi. L’amico, il maestro, il precursore delle esplorazioni archeologiche in Sicilia” promossa dal parco archeologico di Siracusa, Eloro villa del Tellaro e Akrai e dalla soprintendenza per i Beni culturali di Siracusa. Cerimonia di inaugurazione venerdì 26 settembre 2025 alle 17.30. Apertura al pubblico dal 27 settembre 2025 al 6 gennaio 2026.

Corredo funerario da una tomba di Megara Hyblaea (foto regione siciliana)

Ritratto di Paolo Orsi nel 1918 (foto regione siciliana)

La mostra si articola in otto sezioni tematiche, che seguono il filo della sua attività in Sicilia e in Calabria e dei suoi molteplici interessi; attraverso reperti provenienti esclusivamente dai depositi del museo – molti dei quali mai esposti al pubblico – e affiancati da taccuini, oggetti personali e corrispondenza, la mostra documenta non solo le straordinarie scoperte di Orsi, ma anche il suo metodo di lavoro, la precisione delle sue descrizioni, l’interesse per la preistoria, l’archeologia funeraria, i paesaggi e le dinamiche sociali. Accanto allo scienziato, emerge anche l’uomo: schivo, rigoroso, ma profondamente legato ai luoghi e alle persone. Un “sovrano senza corona” della cultura archeologica, che seppe coniugare ricerca, tutela e impegno civile.

Un libro al giorno. “Paolo Orsi. CAVA D’ISPICA. Paesaggio Siciliano” a cura di Giovanni Di Stefano che ripercorre la storia delle ricerche nell’area

Copertina del libro “Paolo Orsi. CAVA D’ISPICA. Paesaggio Siciliano” a cura di Giovanni Di Stefano

È uscito per i tipi di Le Fate il libro “Paolo Orsi. CAVA D’ISPICA. Paesaggio Siciliano” a cura di Giovanni Di Stefano. Cava d’Ispica, in questo scritto di Paolo Orsi, il grande esploratore della Sicilia antica, è descritta come “…un paesaggio selvaggio e romito”: una delle meraviglie naturalistiche e archeologiche dell’isola. Il saggio di Orsi è accompagnato da un intervento di Giovanni Di Stefano, che ripercorre la storia delle ricerche nell’area, ricostruendo la dinamica degli insediamenti antichi. Il tutto è arricchito da un racconto fotografico di Vincenzo Giompaolo, che ha interpretato con immagini suggestive il resoconto di Orsi.

Sicilia. Al via la mostra itinerante “Paolo Orsi. Da Akragas a Zancle”, promossa dall’associazione SiciliAntica nel novantesimo anniversario della morte dell’illustre archeologo: in nove mesi toccherà molti Comuni ove egli operò con i ricordi e le testimonianze del suo importante lavoro in Sicilia

Nove mesi con Paolo Orsi nell’anno in cui ricorre il novantesimo anniversario della morte dell’illustre archeologo Paolo Orsi (Rovereto, 1859-1935): l’associazione SiciliAntica, su proposta del vicepresidente regionale Simona Modeo, come segno di riconoscenza e di gratitudine nei confronti del grande archeologo che, “grazie al suo lavoro, alle sue indagini e alla sua instancabile attività di studio in Sicilia, ha posto le basi per importanti scoperte archeologiche, portando alla luce testimonianze antropiche millenarie e operando secondo la logica della salvaguardia e della tutela del patrimonio culturale presente nella nostra isola”, gli ha voluto dedicare la mostra itinerante “Paolo Orsi. Da Akragas a Zancle” che dal 27 maggio 2025 al 28 febbraio 2026, vede coinvolte le diverse sedi locali dell’associazione presenti nei Comuni ove egli operò, portando i ricordi e le testimonianze del suo importante lavoro in Sicilia. La prima tappa è al museo dei Luoghi e delle Civiltà marinare in via dell’Immacolata a Mascali (Ct): martedì 27 maggio 2025, alle 18, la serata inaugurale sarà allietata dalla Compagnia nazionale di Danza storica che si esibirà in piazza Duomo a Mascali, cui seguirà una passeggiata fino al museo. Conduce la giornalista antropologa Rita Patanè. Intervengono Luigi Messina, sindaco di Mascali; Veronica Musumeci, vicesindaco di Mascali; Valentina Gullotta, assessore ai Beni culturali di Mascali; Nunzio Condorelli Caff, presidente SiciliAntica; Maria Tiziana Patanè, presidente sede locale SiciliAntica; Andrea Camarda, professore di Storia presso ARS. La mostra, patrocinata nominalmente da Istituzioni ed Enti locali e regionali e dalla rivista Archeologia Viva, intende così divulgare l’opera meritoria svolta nell’isola da Paolo Orsi, toccando i seguenti territori: Giarre/Riposto/Mascali, Lentini-Carlentini, Castiglione di Sicilia, Caltanissetta, Misterbianco, Tremestieri Etneo, Acireale, Agira, Mazzarino, Randazzo, Assoro/Leonforte/Nissoria, Centuripe, Caltagirone, Milazzo, Messina, Bronte-Maletto, Ragusa,  Biancavilla, Adrano, Paternò, Grammichele, Vizzini, Catania, Mascalucia, Enna e Siracusa. La commissione organizzatrice della mostra è composta dagli archeologi Maria Amalia Mastelloni e Domenico Seminerio, e dai membri della presidenza regionale di SiciliAntica, di cui fanno parte, oltre a Simona Modeo, Nunzio Condorelli Caff (presidente regionale), Giuseppe Lo Porto (segretario), Costantino Tropea (tesoriere), Corinne Valenti (responsabile della Comunicazione), Giuseppe Barbagiovanni (responsabile Giovani), Orazio La Delfa (vicepresidente regionale).

L’archeologo Paolo Orsi con il logo di SiciliAntica (foto siciliantica)

“Con Paolo Orsi”, interviene Modeo. “siamo, infatti, di fronte a un personaggio che ha avuto notevoli meriti e soprattutto – citando Sebastiano Tusa – che ha inciso così fortemente nella conoscenza del nostro passato siciliano e mediterraneo che non ce ne potremo mai dimenticare. Le sue teorie, i suoi resoconti, le citazioni dei suoi lavori riemergono sempre. Non vi può essere saggio di sintesi o puntuale che riguardi la Sicilia senza almeno una citazione dei suoi innumerevoli scritti. Citazioni non doverose per esigenze di completezza bibliografica, ma perché fonte di spunti e considerazioni tuttora valide e attuali per il dibattito scientifico”.

Crotone. Al parco e museo archeologico nazionale di Capo Colonna le Giornate Fai di Primavera dedicate alla scoperta del mosaico dei delfini di Paolo Orsi con gli studenti del liceo Filolao “apprendisti Ciceroni”

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Dettaglio del Mosaico dei Delfini con l’iscrizione latina, nel balneum dell’abitato romano a Capo Colonna (foto drm-calabria)

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Il parco e il museo archeologico nazionale di Capo Colonna (Kr) ospita il 22 e 23 marzo 2025 una festa all’insegna della cultura e dell’archeologia. La delegazione FAI di Crotone e Santa Severina, con il patrocinio del Comune di Crotone, in collaborazione con i parchi archeologici di Crotone e Sibari, organizza visite guidate e laboratori didattici di restauro che svelano al pubblico i preziosi mosaici dell’abitato romano ricompreso nell’area dell’antico Santuario. “Luogo del cuore del FAI”, il sito ospita le Giornate di Primavera del 22 e 23 marzo 2025 “Alla scoperta del mosaico di Paolo Orsi”. L’area archeologica, che conserva gli spettacolari resti del Santuario di Hera Lacinia e di un abitato di età Romana, accoglierà i visitatori con visite guidate tenute da giovani “Apprendisti Ciceroni” del liceo scientifico Filolao di Crotone, formati ad hoc per l’evento dal personale tecnico-scientifico del Parco, in un affascinante viaggio nella storia. Una festa all’insegna della cultura, dedicata alla sensibilizzazione, valorizzazione, promozione del patrimonio culturale, alla conoscenza della nostra storia più antica, sarà celebrata in uno dei siti archeologici più suggestivi della Magna Grecia. Immersi nel meraviglioso paesaggio del Lacinio, in cui dominano la verdeggiante macchia mediterranea e l’inteso blu del mare, i resti del Santuario di Hera edificato dagli antichi abitanti della polis greca di Kroton, ne testimoniano i culti e la profonda religiosità, ma anche sentimenti ed emozioni da rivivere e riscoprire immergendosi nell’aurea sacra che ancora qui si respira e che affascina ormai da millenni.

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Fasi di pulizia del del Mosaico dei Delfini con l’iscrizione latina, nel balneum dell’abitato romano a Capo Colonna (foto drm-calabria)

Ad arricchire la manifestazione di contenuti sarà l’apertura al pubblico dell’area dell’abitato romano e, per la prima volta, la visita degli ambienti del balneum che conserva, nel calidarium (nelle terme romane era l’ambiente destinato ai bagni caldi), il prezioso “Mosaico dei delfini”. Magistralmente decorato con figure geometriche e da quattro delfini, il mosaico reca una iscrizione latina in cui si ricordano i magistrati che edificarono le terme.

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Il direttore Filippo Demma al parco archeologico di Capo Colonna (foto drm-calabria)

“Scoperto nel 1910 da Paolo Orsi, il meraviglioso ma fragile mosaico verrà restituito alla collettività grazie a un intervento di manutenzione straordinaria in corso”, dichiara il direttore dei parchi archeologici di Crotone e Sibari, Filippo Demma, “che è parte di un più ampio progetto di ricerca e valorizzazione del sito. A breve lo presenteremo al pubblico insieme all’esecutivo in corso di verifica per la realizzazione delle opere di restauro e la valorizzazione del Santuari. È particolarmente significativo che, grazie all’azione coordinata con il FAI – al quale va la gratitudine della Direzione e di tutto il personale dei Parchi- l’iniziativa coinvolga le generazioni più giovani, che ereditano questo immenso patrimonio e devono essere preparate ad apprezzarlo, tutelarlo e valorizzarlo”.

Locri Epizefiri (RC). Dopo cento anni si torna a scavare a Marasà dove Paolo Orsi trovò il gruppo dei Dioscuri. Al via la campagna di scavo dell’università di Bologna con la direzione regionale Musei nei santuari locresi

locri-epizefiri_parco_al-via-scavi-archeologici-nei-santuari_locandinaParte lunedì 2 settembre 2024 con le attività di indagine preliminare la nuova campagna di scavo archeologico nei Santuari dell’antica città di Locri Epizefiri (RC). Il progetto, finanziato con fondi del ministero della Cultura e voluto dal direttore generale Massimo Osanna, è realizzato dalla direzione regionale Musei Calabria, con la direzione scientifica del dirigente, Filippo Demma, e con il supporto scientifico del dipartimento di Storia Culture e Civiltà e della Scuola di specializzazione in Archeologia dell’università di Bologna, diretta Elisabetta Govi. La collaborazione si inserisce tra le attività previste dalla Convenzione per le attività scientifiche di ricerca, valorizzazione e miglioramento della fruizione del patrimonio afferente alla direzione regionale Musei Calabria, stipulata nell’aprile scorso con l’ateneo emiliano.

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Gruppo di lavoro nel sopralluogo a Locri Epizefiri (RC): al centro Elena Trunfio e Filippo Demma (foto drm-cal)

Le indagini archeologiche, volte a migliorare la conoscenza, l’accessibilità e la fruizione dell’antica polis, si focalizzeranno sue due dei più importanti santuari locresi, quello del Themosmophorion e quello del Tempio in località Marasà. Nel primo caso, gli scavi archeologici avranno lo scopo di recuperare i confini originari dell’area sacra, con l’obiettivo di migliorare la comprensione dell’intera struttura e chiarire i rapporti con i complessi sacri vicini. Presso il Tempio di Marasà verrà invece eseguito un saggio in un’area mai indagata prima con metodologia stratigrafica. Sarà allestito, inoltre, un cantiere didattico con la presenza degli studenti dell’università di Bologna che seguirà i principi dell’Archeologia pubblica e sarà visitabile anche da parte del pubblico, che verrà informato del progresso delle indagini anche con conferenze periodiche e post sui social della missione”.

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Filippo Demma discute sulla campagna di scavo in avvio a Locri Epizefiri (foto drm-calabria)

“Continua anche nel campo degli scavi archeologici”, sottolinea il direttore Demma, “il grande lavoro riportare alla luce la storia della Magna Grecia; è il segno del nuovo corso che investe i beni culturali e i luoghi della cultura calabresi. La collaborazione con un Ateneo di eccellenza come l’Alma Mater bolognese è un punto qualificante del progetto, che consentirà anche di formare i giovani archeologi in uno dei contesti più interessanti del Mediterraneo”.

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Tavolo di lavoro per la campagna di scavo a Locri Epizefiri: in primo piano, Elena Trunfio e Filippo Demma (foto drm-calabria)

“Questo progetto”, interviene la direttrice del sito Trunfio, “rappresenta un ulteriore tassello per mettere in pratica la visione strategica che abbiamo immaginato per la riqualificazione del Parco. L’indagine archeologica ci permetterà di migliorare la comprensione del sito e una maggiore consapevolezza costituisce garanzia di scientificità nel racconto che offriremo ai nostri visitatori. Il Tempio di Marasà è il luogo più iconico di Locri Epizefiri: riprendiamo dopo oltre cento anni gli scavi nella stessa area che permise a Paolo Orsi di recuperare il famoso gruppo scultoreo dei Dioscuri. È una grossa opportunità, nonché una sfida, che stiamo cogliendo con grande entusiasmo, oltre che con impegno scientifico”.

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Veduta aerea del Tempio di Marasà nel parco di Locri Epizefiri (foto drm-calabria)

“La partecipazione dell’università di Bologna al progetto di ricerca e di scavo a Locri Epizefiri”, spiega in conclusione la prof.ssa Govi, “costituisce per i nostri studenti una straordinaria occasione di conoscenza di uno dei siti più importanti della Magna Grecia e del Mediterraneo, dando la possibilità di maturare una preziosa esperienza nell’ambito della “archeologia del sacro”, un filone di indagine tra i più complessi e importanti. La collaborazione tra la Scuola di specializzazione in Beni archeologici di Bologna e la direzione regionale Musei Calabria garantisce la sinergica condivisione di obiettivi formativi, mettendo in atto le più avanzate metodologie di ricerca e le migliori strategie di gestione e valorizzazione dei beni archeologici. Gli studenti potranno così sperimentare un approccio completo che li arricchirà sotto molti punti di vista”.

Al via la VII edizione del Concorso Art Bonus: come funziona e come votare. Ecco quattro progetti da votare da Nord a Sud: Villa dei Mosaici a Negrar, epistolario di Paolo Orsi a Rovereto, stanza del custode degli Augustali al parco archeologico di Ercolano, rython assiro al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia

art-bonus_2023_manifestoHa preso il via il 1° febbraio 2023 la VII edizione del Concorso Art Bonus, l’iniziativa organizzata dal ministero della Cultura e ALES Spa, con la collaborazione di Promo PA Fondazione, finalizzata a rendere protagonisti i cittadini che potranno esprimere il loro gradimento su oltre 260 progetti beneficiari dei fondi Art Bonus nel 2022. Alla fine del 2022 risultano oltre 2434 gli enti registrati al portale Art Bonus, 31275 i mecenati, 5731 gli interventi pubblicati sulla piattaforma, più di 757 i milioni di euro raccolti su tutto il territorio nazionale. Quindici sono le regioni nelle quali si trovano i progetti in gara (Campania, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Sardegna, Sicilia, Toscana, Trentino Alto Adige, Umbria, Veneto). Per votare, basta un semplice clic o like. La novità di questa edizione è l’introduzione di due categorie di progetti. 1) categoria “Beni e luoghi della cultura”: concorrono progetti di restauro e manutenzione di beni culturali e progetti di sostegno a favore di musei, biblioteche, archivi, aree archeologiche, complessi monumentali; 2) categoria “Spettacolo dal vivo”: comprende tutti i progetti di sostegno agli enti e alle attività di spettacolo. I vincitori della 7° edizione saranno due, uno per ciascuna categoria.

art-bonus_2023_logoLe fasi di svolgimento del Concorso Art Bonus 2023: FASE 1 – Prima eliminatoria sul sito Art Bonus dal 1° febbraio 2023 fino alle ore 12 del 21 febbraio 2023 le votazioni si svolgeranno esclusivamente sulla piattaforma artbonus.gov.it/concorso2023. Sarà possibile esprimere una sola preferenza per ciascun progetto in gara ma ogni utente potrà votare più progetti. I voti ricevuti da ciascun progetto saranno visibili in tempo reale. FASE 2 – Seconda eliminatoria sul sito Art Bonus dalle ore 13 del 21 febbraio 2023 fino alle ore 12 del 14 marzo 2023 resteranno in gara sulla piattaforma del concorso i soli progetti che avranno ricevuto almeno 200 voti. I progetti con più di 200 voti rimasti in gara saranno divisi in due categorie: “Beni e luoghi della cultura” e “Spettacolo”. I sei progetti di ciascuna categoria che risulteranno più votati alla data del 14 marzo accederanno alla fase finale che si svolgerà solo sui canali FB e IG di Art Bonus. FASE 3 – Finale sui canali Facebook e Instagram di Art Bonus dalle ore 12 del 15 marzo fino alle 12 del 30 marzo 2023 i primi 12 progetti con il maggior numero di voti sulla piattaforma parteciperanno alle votazioni solo sui canali social, sfidandosi a suon di “Likes” sui profili Facebook e Instagram di Art Bonus. I 12 progetti finalisti saranno così suddivisi: 6 per la categoria “Beni e luoghi della cultura” + 6 per la categoria “Spettacolo”. FASE 4 – Proclamazione vincitori. i voti ottenuti da ciascun progetto sui social saranno sommati ai voti precedentemente ricevuti sulla piattaforma Art Bonus. La somma di questi voti determinerà l’ordine finale delle due classifiche e i due vincitori, uno per ogni categoria: 1° classificato categoria “Beni e luoghi della cultura”, 1° classificato categoria “Spettacolo”.

Ecco alcuni progetti da votare, da Nord a Sud.

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Veduta d’insieme dei mosaici policromi del peristilio ovest della Villa dei Mosaici di Negrar (foto graziano tavan)

NEGRAR (Vr). Villa Romana dei Mosaici: copertura protettiva mosaici (SABAP per le province di Verona, Rovigo e Vicenza). Il link per votare: Villa Romana dei Mosaici – Copertura protettiva mosaici – SABAP per le province di Verona, Rovigo e Vicenza – Art Bonus. Villa romana tardoantica (IV secolo d.C.) a carattere residenziale e produttivo, con mosaici di straordinario pregio ed eccezionale stato di conservazione.

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Veduta aerea dell’area occupata dalla Villa dei Mosaici di Negrar tra i vigneti della Valpolicella (foto sabap-vr)

Dopo il rinvenimento nel 1885 di alcuni mosaici in parte strappati e venduti al Comune di Verona, nel 1922 venne individuata ed esplorata una parte del settore residenziale (pars urbana) dall’archeologa Tina Campanile, prima donna ammessa alla Scuola Archeologica di Atene. Nel 1974 uno scavo distrusse alcuni ambienti della villa fino ad allora sconosciuti. Del sito non era più nota l’esatta localizzazione: nel 2018 la Soprintendenza riprese le ricerche con la finalità della tutela vincolistica e nel 2019 fu individuata l’area. Negli anni seguenti, grazie ai fondi ministeriali, è stato intrapreso lo scavo archeologico in estensione. Oltre alla riscoperta dei mosaici visti nel 1922, che tanta eco mediatica ha suscitato sulla stampa nazionale e internazionale e sul web (“I mosaici romani tra i filari dei vigneti della Valpolicella”) e di cui è stato finalmente possibile apprezzare la pregevole tecnica realizzativa e lo straordinario stato di conservazione, ne sono stati riportati in luce nuovi con disegni geometrici, raffigurazioni naturalistiche e ritrattistiche. La parte residenziale della villa, scenograficamente disposta su terrazzamenti che assecondavano il declivio naturale del terreno, collegati da scalinate e ordinata attorno a un cortile-giardino centrale cinto dal peristilio, comprendeva un ampio e articolato settore termale. È stata rinvenuta una quantità notevole di frammenti di intonaci a vivaci colori, capitelli, fusti e basi di colonna, oltre a reperti metallici e a numerose monete.

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Una delle coperture esistenti a protezione dei pavimenti musivi della Villa dei Mosaici a Negrar (foto sabap-vr)

Il settore produttivo è caratterizzato dalla presenza di estesi vani lastricati; recentissima e particolarmente rilevante è l’individuazione di strutture dedicate alla produzione vinicola. Si ipotizza che l’abbandono e la spoliazione della villa siano avvenuti nel VI secolo; la successiva frequentazione del sito in epoca altomedievale, nei tre secoli successivi (VII-IX), è caratterizzata da demolizioni, nuove parziali edificazioni e dal riadattamento e riuso di alcuni ambienti superstiti. Sono riferibili a quest’epoca anche alcune sepolture in nuda terra o in cassa litica. Tutti i beni archeologici messi in luce appartengono allo Stato. L’intervento: realizzazione di due coperture con struttura in alluminio e teli con pareti apribili per la protezione dalle intemperie delle aree scavate, analoghe a quelle già esistenti, al fine di consentire gli interventi conservativi più urgenti sulle pavimentazioni musive, con un clima controllato e di permettere agli archeologi di proseguire l’indagine al coperto.

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Il museo civico di Scienze e Archeologia a Palazzo Parolari a Rovereto (foto fmcr)

ROVERETO (Tn). Museo di Scienze e Archeologia | Fondazione Museo Civico di Rovereto: Paolo Orsi. Una storia trentina tra archivi e immagini. Il link per votare: Museo di Scienze e Archeologia | Fondazione Museo Civico di Rovereto – Paolo Orsi. Una storia trentina tra archivi e immagini – Art Bonus. Archeologia, zoologia, botanica, astronomia, scienze della terra, robotica: queste le discipline che animano il Museo di Scienze e Archeologia, dalle sale permanenti con le preziose collezioni fino alle importanti mostre temporanee che approfondiscono temi diversi ogni anno.

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Ritratto dell’archeologo Paolo Orsi, nato a Rovereto nel 1859 (foto fmcr)

Il museo, situato a Palazzo Parolari, è dal 1998 sede della Fondazione Museo Civico di Rovereto, uno dei più antichi musei italiani, fondato come società privata nel 1851. Le collezioni storiche del museo hanno dato vita all’esposizione permanente con sale dedicate ai minerali, ai fossili e agli uccelli, con alcune delle più importanti collezioni regionali. Le sale di archeologia raccontano il territorio ma non solo, grazie alla splendida collezione Paolo Orsi e alla sala Portinaro-Untersteiner con una preziosa raccolta di vasi antichi di produzione italica. Disponibili per le attività per il pubblico e le scuole il Planetario situato nel giardino del museo e il primo LEGO Education Innovation Studio aperto in Italia. L’intervento: riordino, pubblicazione e valorizzazione dell’epistolario inedito e dell’archivio lasciato dall’archeologo roveretano Paolo Orsi (1859-1935) alla Fondazione Museo Civico di Rovereto. Realizzazione di un documentario su Paolo Orsi e il suo rapporto con la terra d’origine.

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Il letto carbonizzato con il corpo del Custode scoperto da Maiuri ad Ercolano nel 1961 (foto Petrone)

PARCO ARCHEOLOGICO ERCOLANO (Na). Restauro stanza del custode, Collegio degli Augustali. Il link per votare: Parco Archeologico Ercolano – Restauro stanza del custode, Collegio degli Augustali – Art Bonus. Il parco archeologico di Ercolano, istituto della cultura di rilevante interesse nazionale dotato di autonomia speciale, è la struttura amministrativa che ha il compito di ricercare, conservare, tutelare, divulgare e valorizzare l’antica Herculaneum, luogo in cui a partire dal 1738 è cominciata l’archeologia delle città vesuviane distrutte dall’eruzione del 79 d.C. L’area archeologica di Ercolano è stata inserita, dal 1997, insieme agli Scavi di Pompei e alle ville di Oplontis, nella lista dei siti del Patrimonio Mondiale redatta dall’UNESCO.  Nel 1961 durante gli scavi a cielo aperto dell’antica Herculaneum, in un ambiente del Collegio degli Augustali, una vittima dell’eruzione del 79 d.C., un uomo di circa 20 anni, probabilmente il custode dell’edificio, fu trovato disteso su un letto di legno, sepolto dal fango vulcanico.

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I resti del corpo carbonizzato del custode degli Augustali a Ercolano con la posizione dei resti analizzati dal team di Petrone (foto Petrone / Plos One)

Lo scavo del letto rimase volontariamente incompiuto per consentire al pubblico una prospettiva di visita immersiva lasciando la porzione più superficiale del letto e i resti scheletrici a vista, protetti da una teca in vetro. Negli anni successivi alla musealizzazione della stanza, la protezione in vetro è andata perduta e i resti scheletrici sono stati soggetti a ripetuti furti e danneggiamenti da agenti esterni, mentre i margini del letto in legno carbonizzato hanno perso l’adesione originaria al blocco di materiale piroclastico sottostante, presentando segni di fratture e sgretolamento. Negli anni più recenti, è stata avvertita la necessità di recuperare questo straordinario contesto archeologico, sia per preservare i dati concernenti il ritrovamento di una vittima dell’eruzione in condizioni di seppellimento molto peculiari, sia per garantire la conservazione del letto, che rientra nel novero di una collezione di mobili, di oggetti di uso comune nonché di elementi strutturali in legno carbonizzato unica al mondo. Per quanto riguarda lo scheletro, in corrispondenza del cranio della vittima, è recentissima la scoperta di resti cerebrali vetrificati il cui risultato più significativo è stata l’identificazione di diverse proteine presenti nei tessuti cerebrali umani, attribuibili al cervello della vittima e ai suoi capelli, consentendo altresì l’individuazione di un intero sistema nervoso centrale. Nell’ambito del progetto è pertanto prioritario procedere ad un’accurata rimozione dei resti scheletrici per preservarne l’eccezionale valore scientifico e garantire la prosecuzione di indagini interdisciplinari; nel contempo, la rimozione del banco tufaceo dell’eruzione, non ancora scavato, consentirebbe di recuperare i nessi strutturali verticali e orizzontali del letto e la possibilità di completarne il consolidamento e il restauro. Il progetto prevede altresì la manutenzione straordinaria degli elementi strutturali e degli apparati decorativi della stanza, con particolare riguardo alla parete in opus craticium, che  ancora conserva tracce del graticcio in legno carbonizzato e la finestra originale, agli intonaci affrescati e al pavimento in cocciopesto. L’unicità dell’area archeologica è data dalla peculiarità del seppellimento che ha sigillato sotto una spessa coltre di materiale piroclastico l’intera città, restituendo l’unico fronte mare di una città romana ed edifici conservati sino al terzo piano di altezza, caratterizzati da apparati decorativi di grande pregio. Ercolano è il solo sito da cui sono stati portati alla luce reperti organici in grande quantità, tra i quali legno (utilizzato sia come elemento architettonico che per la costruzione di mobili e utensili), frammenti di tessuto ed alimenti di vario genere (cereali, legumi, frutta). L’unica biblioteca del mondo antico, la famosa collezione di papiri che dà il nome alla celebre Villa, è stata trovata qui. Le attività di studio e ricerca dello straordinario patrimonio culturale del Parco, mobile ed immobile, sono volte a migliorare la conoscenza della cultura materiale e della società romana del I sec. d.C., nonché a mettere in campo strategie di tutela e conservazione innovative ed efficaci per una fruizione sempre più ampliata, inclusiva e diversificata.

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Rython assiro in bronzo (730-715 a.C.) a testa di leone proveniente da Veio e conservato al museo nazionale Etrusco di Villa Giulia (foto etru)

ROMA. Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia: restauro Rython assiro a testa di leone. Il link per votare: Restauro Rython assiro a testa di leone – Museo Nazionale Etrusco di Villa Giulia – Art Bonus. Restauro del Rython assiro in bronzo (730-715 a.C.) conformato a testa di leone proveniente da Veio, il cui contesto è purtroppo sconosciuto, ma certamente riconducibile ad un corredo principesco. Utilizzato come contenitore per bere, era dotato probabilmente da un’ansa che permetteva una presa riconducibile a quella di un secchiello. Il reperto è stato realizzato in lamina di bronzo, a doppia parete, e decorato con la tecnica dello sbalzo con anima di materiale refrattario in corrispondenza dei volumi delle fauci. Il manufatto dovrà essere sottoposto a: esame e documentazione dello stato di conservazione iniziale del reperto mediante fotografie e schede descrittive; pulitura (meccanica e/o chimica) delle superfici da depositi incoerenti e coerenti; consolidamento dei materiali costitutivi; eventuale incollaggio con resine adeguate; integrazioni e/o lavorazioni di integrazioni esistenti; presentazione estetica delle integrazioni; applicazione di idoneo protettivo; progettazione ed esecuzione di un nuovo supporto. Il museo ETRU mira a costituire una rete integrata tra siti ed enti culturali volta a favorire la crescita culturale e sociale e lo sviluppo economico delle realtà territoriali che le sue raccolte rappresentano, incoraggiando la formazione di comunità patrimoniali nello spirito indicato dalla Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società (Faro 2005).

Firenze. All’Archeologico per “Incontri al museo” conferenza del direttore Mario Iozzo “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” proprio nell’anniversario dell’inaugurazione della prima esposizione dei due guerrieri dopo il lungo restauro

firenze_archeologico_conferenza-iozzo-i-bronzi-di-riace-a-firenze_locandina15 dicembre 1980 – 15 dicembre 2022: per i 50 anni dalla scoperta e per l’anniversario della mostra, il direttore del museo Archeologico nazionale di Firenze, Mario Iozzo, presenta “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” nell’ambito degli “Incontri al Museo” 2022 – 2023. Il 15 dicembre 1980 al museo Archeologico di Firenze si inaugurava infatti la straordinaria mostra “I bronzi di Riace” che esponeva per la prima volta al pubblico le due statue restaurate a Firenze dopo il loro ritrovamento. Il MAF festeggia i 50 anni dalla loro scoperta con una conferenza del direttore Mario Iozzo “I Bronzi di Riace a Firenze: storia di un’emozione collettiva” giovedì 15 dicembre 2022 alle 17, proprio nella stessa data della storica inaugurazione. Le due celebri statue furono rinvenute nello specchio di mare antistante Riace il 16 agosto 1972. La moderna cittadina di Riace si trova pochi km a Sud della colonia greca di Kaulonía, già identificata alla fine dell’800 dall’archeologo Paolo Orsi nel sito dell’attuale Monasterace Marina (Reggio Calabria). Secondo il mito su questa spiaggia battuta da un mare impetuoso, una tempesta avrebbe sospinto l’amazzone Clete, nutrice della regina delle amazzoni Pentesilea, mentre si recava a Troia a recuperare il corpo della sua signora, uccisa da Achille.

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La mostra “I Bronzi di Riace” allestita nel salone del Nicchio al museo Archeologico nazionale di Firenze (foto maf)

Allestita negli ambienti del Salone del Nicchio, l’esposizione consentì di riaprire momentaneamente l’accesso a un settore del museo che era stato travolto dall’alluvione, attraendo lunghe code di visitatori davanti all’ingresso di piazza SS. Annunziata in attesa di vedere i miracoli compiuti in cinque anni di lavori dai laboratori del Centro di Restauro della soprintendenza Archeologica di Firenze. “Ho avuto la fortuna di essere testimone di un grande evento archeologico e di un sorprendente fenomeno sociale e culturale”, racconta Mario Iozzo. “Nell’arco di un mese 250mila persone visitarono la mostra che fu poi prorogata fino a giugno, prima del riallestimento al Quirinale voluto da Sandro Pertini. Il pubblico stava in coda per ore per conquistare un biglietto da 125 lire per vedere i due capolavori mentre la loro fama cresceva di giorno in giorno…”.

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Lunghe code di visitatori davanti al museo Archeologico di Firenze per la mostra “I Bronzi di Riace” (foto maf)

Le due sculture furono trasportate a Firenze nel gennaio del 1975 e furono affidate alle cure dei restauratori Renzo Giachetti ed Edilberto Formigli e nell’autunno del 1980 al termine dei lavori furono esposte a Firenze accompagnate dall’illustrazione delle varie fasi di restauro. Prima di tornare “a casa” i bronzi furono poi esposti fino al 12 luglio anche al Palazzo del Quirinale, dove richiamarono trecentomila visitatori in soli dodici giorni. Le operazioni svolte a Firenze valsero alla soprintendenza Archeologica della Toscana il riconoscimento del premio “Campione d’Italia per la promozione della Cultura e dell’Arte”, per aver reso “attuale l’antico” e fatto riscoprire “nella coscienza dell’uomo i valori perenni di civiltà”.

Siracusa. Al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” la mostra “Lo regno della morta gente. La necropoli meridionale di Megara Hyblea”: esposti per la prima volta i reperti provenienti dagli scavi dell’École française de Rome, finora conservati nei depositi del museo, illustrando le diverse tipologie di sepolture a Megara Hyblaea

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Locandina della mostra “Lo regno della morta gente” al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” di Siracusa dall’8 ottobre 2022 all’8 gennaio 2023

Una nuova mostra da non perdere al museo “Paolo Orsi” di Siracusa. Sabato 8 ottobre 2022 aperta la mostra “Lo regno della morta gente. La necropoli meridionale di Megara Hyblea” che espone per la prima volta i reperti provenienti dagli scavi dell’École française de Rome, finora conservati nei depositi del museo, illustrando le diverse tipologie di sepolture a Megara Hyblaea, le pratiche funerarie, le sepolture dei bambini, un vero e proprio salto nel tempo per indagare attraverso il mondo dei defunti, la società dei vivi della colonia megarese. La mostra, visitabile (ingresso gratuito) fino all’8 gennaio 2023 (dal martedì al sabato, 9-18; domenica e festivi nella fascia, 9-13), è curata dall’archeologa Anita Crispino, del parco archeologico di Siracusa, Eloro, Villa del Tellaro e Akrai, e da Reine Marie Bérard, ricercatrice CNRS Centre Camille Jullian di Aix-en-Provence, e si propone come una nuova occasione per illustrare la lunga collaborazione tra la missione archeologica francese a Megara Hyblaea e il museo Archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa. La mostra sarà accompagnata da un ricco catalogo curato dalla stessa Bérard. La mostra, divisa in sette sezioni, illustra i risultati di indagini attente a tutti gli aspetti connessi al seppellimento in età greco arcaica: oggetti personali, vasellame, monili, esposti per la prima volta, raccontano ai visitatori un segmento della vita degli abitanti della polis greca di Megara Hyblaea. Un’occasione particolarmente interessante che cerca di mettere in luce alcuni aspetti della vita e della morte degli antichi Greci relativi a questa famosa città siciliana, visti attraverso le testimonianze offerte dall’archeologo che li ha studiati; reperti provenienti dagli scavi della necropoli, custoditi presso il Museo e di cui solo una piccola parte era stata fino ad oggi proposta al pubblico.

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Veduta dall’alto del sito archeologico di Megara Hyblaea, 20 chilometri a Nord di Siracusa (foto luigi nifosi / regione siciliana)

L’esposizione interessa la necropoli meridionale di Megara Hyblaea. Il sito di Megara Hyblaea, 20 km a Nord di Siracusa, fu occupato dai Greci a partire della seconda metà dell’VIII secolo a.C. Meno di tre secoli dopo, all’inizio del V secolo a.C., la città fu presa da Gelone, tiranno di Siracusa, che vi trasferì i suoi abitanti. Gli sfollati tornarono successivamente occupando l’area della vecchia agorà ma si trattò della fine politica di una città greca cresciuta in parallelo a Siracusa, fino a contrastarla, e destinata ad essere abbandonata. Tale destino ha offerto agli archeologi che hanno indagato i luoghi, fin dalla fine dell’800, di operare su un sito privo di sovrapposizioni di epoca moderna. Tale è stata l’opportunità che archeologi come Paolo Orsi hanno avuto. Nel 1949, Luigi Bernabò Brea, soprintendente alle Antichità per la Sicilia Orientale, affidò la ricerca all’École française de Rome. Georges Vallet e François Villard, e in seguito i loro collaboratori e successori, hanno portato avanti le indagini sulla città e le necropoli fino ai nostri giorni. Dopo la scoperta fortuita, nel 1940, del famoso kouros di Sombrotidas, esposto in mostra, l’attenzione si spostò sulla necropoli meridionale della città, minacciata dallo sviluppo della zona industriale. Gli interventi di emergenza condotti dalla Soprintendenza archeologica per la Sicilia orientale e l’École française de Rome, in particolare negli anni 1970-1974, permisero lo scavo e lo studio di circa 700 tombe.

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L’allestimento della mostra “Lo regno della morta gente” al museo Archeologico regionale “Paolo Orsi” (foto regione siciliana)

“La mostra esprime il valore del potenziamento della ricerca archeologica che abbiamo portato avanti in questi anni”, sottolinea l’assessore dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, Alberto Samonà, “e della collaborazione con Università e istituti di tutto il mondo. La collaborazione tra il Parco di Siracusa, l’Istituto Francese e il museo Paolo Orsi ha prodotto un interessante focus sulla dimensione della morte nell’antica Megara, offrendo anche l’opportunità di un approfondimento dei temi affrontati nel percorso espositivo che il prezioso catalogo della mostra, disponibile sin dall’inaugurazione, promette di offrire”. “Grazie a questa esposizione”, afferma Antonello Mamo, direttore del parco archeologico di Siracusa, “sarà possibile comprendere le varie tipologie di sepolture, la funzione degli oggetti deposti, il trattamento funerario riservato ai bambini della colonia megarese, grazie ad uno studio completo di quanto il tempo ha risparmiato. Una collaborazione, quella con l’equipe dell’École française de Rome, rinsaldata grazie a questo lavoro scientifico che di certo otterrà il favore sia degli studiosi di settore che del grande pubblico”. “I mesi di apertura della mostra al pubblico”, dichiara Lorenzo Guzzardi, direttore del parco archeologico di Leontinoi e Megara, “coincidono con l’inizio dei lavori per il nuovo allestimento dell’Antiquarium di Megara Hyblaea, che saranno seguiti con la collaborazione della Missione francese. Le attività di quest’ultima presso l’antica colonia greca e le sue aree funerarie hanno continuato ad assicurare importanti risultati scientifici negli scavi eseguiti in questi ultimi anni”.

Locri (Rc). Dopo un lungo e complesso intervento di adeguamento sismico riapre il museo Archeologico nazionale di Locri Epizefiri: tre giorni di eventi. Inaugurazione a invito con diretta Facebook

locri-epizefiri_archeologico_riapre-il-museo_locandina“L’attesa è finita! Dopo un lungo e complesso intervento di adeguamento sismico, siamo lieti di annunciare la riapertura del museo Archeologico nazionale di Locri Epizefiri con una tre giorni di eventi”: lo fa sapere visibilmente emozionata la direttrice Elena Trunfio. “Per limitare gli assembramenti e per dare a tutti la possibilità di visitare il Museo in sicurezza, abbiamo previsto una serie di momenti diversi”. Venerdì 13 maggio 2022, alle 17, inaugurazione istituzionale (solo su invito, ma la giornata sarà trasmessa integralmente sulla pagina Facebook del museo). Introduce e coordina Elena Trunfio. Dopo il taglio del nastro con la benedizione di don Pietro Romeo, i saluti istituzionali di Salvatore Patamia, segretario regionale Mic per la Calabria; Fabrizio Sudano, soprintendente ABaP per Rc e Vv; Giuseppina Princi, vicepresidente Regione Calabria; Carmelo Versace, sindaco della città metropolitana di Reggio Calabria; ten. Giacomo Geloso, comandante nucleo Tutela Carabinieri; Giovanni Calabrese, sindaco di Locri; Rocco Luglio, sindaco di Portigliola. Intervengono: Giancarlo del Sole, responsabile unico del procedimento; Giuseppina Vitetta, coordinatrice alla progettazione; Rossella Agostino e Maria Maddalena Sica, responsabili scientifici dell’allestimento. Conclude Filippo Demma, direttore ad interim Direzione regionale Musei della Calabria. Seguirà la visita guidata alle sale espositive. Sabato 14 maggio 2022, alle 10, 12, 16 e 18, narrazione guidata dell’allestimento. Alle 15.30, “Il Museo incontra la comunità”: la direttrice Elena Trunfio incontra le associazioni del territorio. Alle 20.30, Notte dei Musei: performance reading “Morgana e i miti dello Stretto” (preferibile la prenotazione). Domenica 15 maggio 2022, alle 10, 12, 16 e 18, narrazione guidata dell’allestimento. Ingresso senza green pass, è fortemente consigliato l’uso della mascherina. “Ricordiamo a tutti – conclude la direttrice – che il Museo sarà liberamente visitabile (senza invito, quindi) nei giorni del 14 e del 15 maggio. Non è obbligatoria la prenotazione delle visite guidate ma se ci avvisate è meglio!  La prenotazione è invece necessaria per la notte dei musei: i posti per il reading sono limitati! Per prenotazioni e info, chiamateci al 3346126386”.

Il museo Archeologico nazionale di Locri documenta le produzioni degli artigiani locresi con manufatti significativi come i pinakes (quadretti votivi), le offerte alle divinità in terracotta, gli specchi bronzei e le tavolette dell’Archivio di Zeus Olimpio. Sono esposte anche produzioni ceramiche provenienti da diverse aree del mondo greco e insulare, testimonianza degli intensi scambi commerciali di Locri. Completano l’esposizione elementi architettonici recuperati dagli edifici della città. I pinakes. Agli inizi del Novecento, in località Mannella, immediatamente al di fuori della cinta muraria della città, Paolo Orsi identificò il Persephoneion, santuario dedicato alla dea Persefone, già ricordato dallo storico Livio. Da questa area provengono i pinakes, quadretti votivi in terracotta policromi offerti dai fedeli, che raffigurano scene legate al mito della dea. I pinakes venivano prodotti dagli artigiani locresi nella prima metà del V secolo a.C., con l’utilizzo di matrici (ne sono state distinte 81), e decorati con una vivace policromia. Gli archeologi ne hanno recuperati e classificati migliaia, distinguendoli in dieci gruppi a seconda della scena raffigurata.

Vibo Valentia. Al museo Archeologico nazionale conferenza “Cinquant’anni fa a Vibo. Un archeologo venuto da lontano” con Ermanno Arslan che ripercorre gli anni entusiasmanti delle sue ricerche vibonesi, con la scoperta della celebre laminetta orfica

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La celebre laminetta orfica (IV sec. a.c.) conservata al museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia (foto drm-calabria)

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La sede del museo Archeologico nazionale di Vibo Valentia (foto drm-calabria)

vibo-valentia_50-anni-fa-un-archeologo-venuto-da-lontano_conferenza-arslan_locandina“Le maggiori soddisfazioni sono giunte dall’esame di altre aree all’interno delle mura greche [di Vibo Valentia, l’antica Hipponion] che ha dato finalmente i suoi frutti”, scrive Arslan nel 1972, su Magna Grecia. “Già l’Orsi aveva compiuto attente ricerche sull’altura del Cofino, posta sopra il tratto di mura attualmente visitabile e il cimitero moderno. Nella pubblicazione dello scavo affermò di avere esplorato con trincee tutta l’area che gli sembrava adattissima per un complesso templare. Venne infatti ritrovato il sito, con resti scarsissimi, di un tempio ionico che lo studioso datò al IV secolo a.C., ma non si riuscì a individuare i depositi votivi”. Che invece ha ritrovato Ermanno Arslan. Da allora è passato mezzo secolo, e giovedì 14 aprile 2022, alle 17.30, al castello di Vibo Valentia, sede del museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi”, sarà proprio Ermanno Arslan, dal 2019 cittadino onorario di Vibo Valentia (“Per le sue importanti scoperte e per il prestigio apportato la città”), archeologo di fama internazionale, accademico dei Lincei e già direttore del Castello Sforzesco e delle Civiche raccolte d’Arte di Milano, a ripercorrere nella sua lezione gli anni entusiasmanti delle sue ricerche vibonesi, che portarono alla scoperta della celebre laminetta orfica, il reperto in assoluto più prezioso e identitario del museo vibonese nella conferenza “Cinquant’anni fa a Vibo. Un archeologo venuto da lontano”. La conferenza è organizzata dal museo Archeologico nazionale di Vibo Valentia guidato dal nuovo direttore l’archeologo Maurizio Cannatà che interverrà insieme al sindaco di Vibo Valentia Maria Limardo.

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La salita al castello di Vibo Valentia, sede del museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” (foto drm-calabria)

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Una sala del museo Archeologico nazionale “Vito Capialbi” di Vibo Valentia (foto drm-calabria)

La necropoli greca, un complesso nucleo di tombe databili a partire dalle prime fasi della colonia greca di Hipponion (fine VII sec. a. C.) dove fu scoperta la celebre laminetta orfica (IV sec. a. C.), il reperto in assoluto più prezioso e identitario del museo Archeologico di Vibo Valentia, le ricche domus mosaicate di epoca romana e il teatro della prima età imperiale, questi sono alcuni tra i più importanti siti archeologici portati alla luce a Vibo Valentia dopo le eccezionali scoperte compiute da Paolo Orsi negli anni ’20 del ‘900.