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Cortona. Al Maec presentazione del libro “Mare monstrum. Mistero e meraviglia: miti e leggende del Mediterraneo” di Paolo Giulierini (Giunti editore). Le creature “prodigiose” tornano a parlarci: sfingi, gorgoni, animali fantastici che popolavano templi, tombe e racconti millenari

Sabato 29 novembre 2025, alle 16.30, al museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona – Maec, in piazza Signorelli 9 a Cortona (Ar) presentazione del libro “Mare monstrum. Mistero e meraviglia: miti e leggende del Mediterraneo” di Paolo Giulierini (Giunti editore), autore di un viaggio affascinante tra mito, arte e storia del Mediterraneo. Nel suo “Mare Monstrum”, le creature “prodigiose” tornano a parlarci: sfingi, gorgoni, animali fantastici che popolavano templi, tombe e racconti millenari. Al MAEC molte di queste presenze vivono ancora oggi: custodi silenziosi di significati profondi, tra paura, protezione e trasformazione. Al termine della presentazione è previsto un firma copie con l’autore. Ingresso libero fino a esaurimento posti. Per informazioni: 0575 630415, info@cortonamaec.org, www.cortonamaec.org.

Copertina del libro “Mare monstrum. Mistero e meraviglia: miti e leggende del Mediterraneo” di Paolo Giulierini

Mare monstrum. Mistero e meraviglia: miti e leggende del Mediterraneo. Sulle rive del Mediterraneo sono fiorite le civiltà che hanno dato vita all’Europa, alla nostra cultura condivisa, a religioni, leggende, credenze che tuttora sopravvivono in varie forme: “mostri” nel senso originario di cose prodigiose, leggendarie, magiche, da vedere: animali e uomini dai poteri e dall’aspetto sovrannaturale, invenzioni di viaggiatori fantasiosi, pregiudizi di popoli verso altri popoli, invenzioni di menti talentuose, mondi paralleli irti di insidie. Aneddoti, scoperte, racconti e un’ampia documentazione visiva. Le storie raccolte in questo libro parlano – attraverso l’arte del mondo egizio, fenicio, greco, etrusco e romano – di curiosità, di vicende sorprendenti di viaggi e di esplorazioni svolte in tempi remoti, di migrazioni, di legami e inimicizie fra popoli, di come venivano visti e descritti gli “stranieri”, oppure flora e fauna “esotiche”, di luoghi immaginari, di riti misteriosi, di commerci di oggetti dai confini del mondo, di cibi, spezie e ricette.

All’antiquarium di Boscoreale il convegno internazionale “Pompei 79 d.C. questioni di metodo e di narrazione storica”, in presenza e on line, promosso da parco archeologico di Pompei con l’Archeoclub d’Italia: esperti a confronto per due giorni sulla possibile data dell’eruzione del 79 d.C. partendo da punti di vista differenti: filologici, climatici, astrologici, ambientali, geologici, numismatici, epigrafici, archeobotanici, archeozoologici, storici e religiosi. Ecco il programma

Eruzione del Vesuvio del 79 d.C.: il 24 agosto o il 24 ottobre? O qualche altra data? Per cercare di fare un po’ di chiarezza il parco archeologico di Pompei in collaborazione con la Casa editrice Scienze e lettere e l’Archeoclub d’Italia ha chiamato esperti internazionali a confronto sulla possibile data dell’eruzione del 79 d.C. che coprì Pompei e l’intera area vesuviana. Appuntamento all’antiquarium di Boscoreale il 21 e il 22 novembre 2025 per il convegno “Pompei 79 d.C. questioni di metodo e di narrazione storica”, in presenza e in diretta streaming via zoom: https://us06web.zoom.us/j/82100155063… passcode: 317249. Un’occasione per studiosi e appassionati di archeologia per approfondire la complessa e dibattuta questione. Il Comitato scientifico e organizzativo dell’evento è costituito da Gabriel Zuchtriegel, Stefano De Caro, Nathalie de Haan, Helga Di Giuseppe, Paolo Giulierini, Mario Grimaldi, Eric M. Moormann, Domenico Palumbo, Umberto Pappalardo, Felice Senatore. La conferenza si svilupperà in due giornate di interventi e dibattiti, con la partecipazione di studiosi provenienti da diverse istituzioni accademiche nazionali e internazionali che si confronteranno e affronteranno il tema da punti di vista e metodologici differenti: filologici, climatici, astrologici, ambientali, geologici, numismatici, epigrafici, archeobotanici, archeozoologici, storici e religiosi.

Il Vesuvio chiude l’orizzonte di Pompei (foto parco archeologico pompei)

PROGRAMMA DI VENERDÌ 21 NOVEMBRE 2025. La giornata inaugurale si apre alle 9,30 con i saluti istituzionali: direttore del parco archeologico Gabriel Zuchtriegel; Rosario Santanastasio, presidente nazionale Archeoclub d’Italia; Michele Martucci, coordinatore Archeoclub d’Italia Campania. Gli interventi esploreranno le motivazioni del convegno: 10.15, Helga Di Giuseppe, Mario Grimaldi, “Era d’autunno, io no, nun mme ne scordo – le ragioni del convegno”. SESSIONE MATTUTINA presiede Eric M. Moormann: 10.30, Pedar Foss, “Discovering the date of the A.D. 79 eruption in the manuscript tradition”; 11, Gabriel Zuchtrigel, Valeria Amoretti, Chiara Comegna, Alessandro Russo, “La data della distruzione di Pompei: aggiornamenti su un dibattito aperto”; 12, Nathalie de Haan e Kurt Wallat, “(Re)reading the Central Baths: Buildings Manuals and Experience on the Ground”; 12.30, Mario Grimaldi, “Le ricerche negli scavi dell’Insula occidentalis, un panorama delle conoscenze tra il 72 e il 79 d.C.”; 13, discussione; 13.30, pausa pranzo; 14.30, trasferimento al parco archeologico di Pompei con visita ai nuovi scavi e al laboratorio.

L’area archeologica di Pompei (foto parco archeologico pompei)

PROGRAMMA DI SABATO 22 NOVEMBRE 2025. La seconda giornata sarà divisa in due sessioni. SESSIONE MATTUTINA presiede Stefano De Caro. Alle 9.30, Allison Emmerson, Mary Evelyn Farrior, Mark Robinson, Jordan Rogers, “The Reed-Working of Insula I 14 at Pompeii: New Evidence for the Season of the Eruption of Vesuvius”; 10, Girolamo Ferdinando De Simone, “Ritorno a Villa della Pisanella: l’eruzione vista dalla campagna”; 10.30, Antonio Caruso, “Gli effetti dei moti astronomici della Terra sulla durata delle stagioni e impatto sul calendario annuale”; 11, pausa caffè; 11.15, Antonio Corso, “opwra e jqinopwron”; 11.45, Gaetano Di Pasquale, “L’archeobotanica come metodo di ricerca”; 12.15, Alessia D’Auria. “I materiali, le ricerche archeobotaniche e il problema della data dell’eruzione del 79 d.C.”; 12.45, discussione; 13.15, pausa pranzo. SESSIONE POMERIDIANA presiede Antonio De Simone. Alle 15, Umberto Pappalardo e Mario Grimaldi, “Sciami sismici e data dell’eruzione”; 15.30, Salvatore Ciro Nappo, “Nuovi dati sugli aspetti cronologici dei terremoti tra il 62 e il 79 d.C.”; 16, Llorent Alapont, “I calchi delle vittime dell’eruzione: un approccio ai loro tessuti indossati in quell’ultimo giorno”; 16.30, Helga Di Giuseppe, “La religio degli ultimi giorni di Pompei”; 17, Marco Di Branco, “L’eruzione del Vesuvio nelle fonti arabe”; 17.30, discussione; 17.45, tavola rotonda, presiede Paolo Giulierini, con Giuseppe Camodeca, Antonio De Simone, Eric M Moorman, Grete Stefani.

Gabriel Zuchtriegel, direttore del parco archeologico di Pompei (foto parco archeologico pompei)

“Si dice che sulla data dell’eruzione del Vesuvio ci sia un lungo dibattito, ma come si è svolto finora? Principalmente con una lunga serie di contributi -‘monologo’ che si rafforzavano o si attaccavano a vicenda”, spiega il direttore del Parco, Gabriel Zuchtriegel. “Quando un anno fa abbiamo pubblicato un articolo sul tema, sul nostro E-Journal degli Scavi di Pompei, con il sottotitolo ‘premesse per un dibattito aperto’ volevamo mettere in evidenza questo punto: prima di esprimersi a favore di un’ipotesi, sia quella estiva sia quella autunnale, occorre dialogare. Siamo contenti che gli organizzatori del convegno e gli ospiti la vedono alla stessa maniera: saranno due giorni per celebrare la cultura del dialogo, anche e soprattutto quando non siamo tutti d’accordo”.

“La data dell’eruzione del Vesuvio è uno degli argomenti più dibattuti della storia dell’antica Pompei. Nonostante sia noto tutto, dal responsabile della catastrofe, all’anno, al mese, al giorno e all’ora di quella che fu definita dalle vittime stesse la “fine del mondo”, e siano risaputi gli antefatti, i fatti e le conseguenze grazie a un testimone oculare quale fu Plinio il Giovane, è dal 1600, cioè da prima che iniziassero gli scavi a Pompei ed Ercolano, che se ne discute. Non c’è periodo storico che non abbia prodotto una data diversa dell’eruzione che oscilla dal 24 agosto al 23 novembre”, dichiara Helga Di Giuseppe, archeologa e ricercatrice, “passando per il 23 settembre, il 24, il 30, il 31 ottobre e anche il 1° novembre del 79 d.C.. La confusione è stata generata da diverse ragioni tutte plausibili. Ma siamo sicuri di aver utilizzato un metodo di ricerca corretto nel trattamento dei dati archeologici? In collaborazione con il parco archeologico di Pompei e con Archeoclub d’Italia, il 21 e 22 novembre 2025, si tiene un convegno internazionale di carattere preminentemente metodologico al fine di riaprire una questione che sembrava chiusa definitivamente, ma che tale non è affatto. Abbiamo invitato studiosi di diverse scuole e provenienza (USA, Gran Bretagna, Grecia, Olanda, Spagna, Italia) che potessero parlarci dei codici delle lettere di Plinio, della posizione della Terra rispetto agli astri nel 79 d.C., del clima, del trattamento dei reperti botanici e zoologici, delle tecniche agrimensorie, delle stagioni, dei più recenti ritrovamenti e di nuove letture, di numismatica, di ciò che i Pompeiani indossavano in quegli ultimi giorni della loro vita, della visione degli autori antichi di quella eruzione e anche delle azioni rituali che possono essere state messe in atto dai Pompeiani rimasti in città, che – sappiamo – pregarono molto, moltissimo gli dèi al fine di scongiurare l’ineluttabile oblio. Cercheremo nuovi punti di vista per dirimere una questione che appare tutt’altro che risolta”.

Rosario santanastasio. presidente nazionale Archeoclub d’Italia (foto da FB)

“L’Archeoclub d’Italia è onorata di aver contribuito all’organizzazione di un convegno internazionale di così grande rilievo, in collaborazione con un Ente prestigioso come il parco archeologico di Pompei. L’obiettivo che ci siamo posti è quello di approfondire il tema della data dell’eruzione del Vesuvio da prospettive diverse. Riteniamo dunque questo convegno di particolare importanza”, dice Rosario Santanastasio, presidente nazionale Archeoclub d’Italia, “poiché rappresenta un’occasione di confronto e dialogo tra studiosi provenienti da tutto il mondo, che presenteranno le proprie ricerche, i metodi di indagine e le più recenti scoperte legate alla straordinaria storia della nostra terra. Desidero esprimere la mia più sincera gratitudine al dottor Gabriel Zuchtriegel per la disponibilità e la generosità dimostrate, a partire dall’ospitarci qui all’Antiquarium fino alla visita ai laboratori del Parco. Un ringraziamento speciale va anche agli archeologi Helga Di Giuseppe e Mario Grimaldi per l’impegno e la dedizione profusi nell’organizzazione dell’evento. Il ruolo dell’Archeoclub d’Italia rimane, oggi come da oltre cinquant’anni, quello di farsi promotore della conoscenza, impegnandosi a coltivarla, diffonderla e tramandarla come eredità alle generazioni future”.

Fotografia in lutto. Si è spento a 91 anni Mimmo Jodice, un gigante della fotografia, voce poetica di Napoli. Cordoglio di tutta la città. Il ricordo commosso di enti culturali, istituzioni, ex allievi. Il ministro Giuli: “ha saputo raccontare con la luce l’anima nascosta delle città, dei volti, delle rovine, della memoria”

Fotografie di Mimmo Jodice con i Corridori dalla Villa dei Papiri sulle pareti della stazione Museo della Metro di Napoli (foto anm na)

Quegli sguardi fissi, quegli occhi, quei movimenti che vengono dal passato e ti accompagnano verso l’uscita della stazione Museo della metropolitana di Napoli e ti preparano alle emozioni che ti aspettano, in superficie, al museo Archeologico nazionale di Napoli. Quelle immagini che fanno “parlare” l’Antico sono scatti memorabili del fotografo Mimmo Jodice: un patrimonio universale le sue foto, oggi ancora più prezioso. Domenico Mimmo Jodice si è spento a 91 anni il 28 ottobre 2025 a Napoli, nella sua Napoli dove erano nato, nel rione Sanità, il 29 marzo 1934. Lascia la moglie Angela, e i figli Barbara e Francesco. Napoli piange il suo figlio che ha fatto conoscere la città fuori dagli stereotipi. Grande il cordoglio di enti culturali, istituzioni, ex allievi, comuni cittadini. Per tutti il sindaco Gaetano Manfredi e tutta l’amministrazione comunale di Napoli esprimono “profondo cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia e voce poetica della città. Con la sua arte, Jodice ha saputo raccontare Napoli al di là dei cliché, restituendone l’anima più autentica”.  Giovedì 30 ottobre 2025, dalle 12 alle 16.30, per volontà del sindaco e della famiglia, la camera ardente sarà allestita al Maschio Angioino, luogo simbolico e caro all’artista, che ha ospitato la sua ultima grande mostra “Napoli Metafisica”.

L’annuncio della morte di Mimmo Jodice da parte di RaiNews

Mimmo Jodice è stato uno dei più grandi fotografi di sempre. Autodidatta, si avvicina alla fotografia negli anni ’50. Negli anni ’60 Jodice ha collaborato con artisti come Andy Warhol, Joseph Beuys, Sol LeWitt, Michelangelo Pistoletto e Alberto Burri. Dal 1970 al 1994 ha insegnato fotografia all’Accademia di Belle arti di Napoli. Nel 1970 la sua prima mostra nazionale Nudi dentro cartelle ermetiche alla galleria il Diaframma di Milano, con presentazione di Cesare Zavattini. Negli anni successivi si susseguono le mostre personali nei musei di tutto il mondo: Philadelphia Museum of Art 1995; Maison Européenne de la Photographie 1998; museo di Capodimonte 1998; Galleria nazionale d’Arte moderna e contemporanea 2000; Massachusetts College of Art and Design 2001; Moscow House of Photography 2004; Museu de Arte de Sao Paulo 2004; MART 2004; Bassano Fotografia 2013. Nel 2001 la Galleria d’Arte moderna di Torino gli ha dedicato un’esauriente Retrospettiva 1965/2000. Nel 2002 vince il Premio Flauto d’Argento. Nel 2003 è il primo fotografo a ricevere il Premio “Antonio Feltrinelli” dell’Accademia nazionale dei Lincei. Nel 2006 l’università Federico II gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Architettura. Nel 2007 espone alla Fondazione Forma di Milano l’importante retrospettiva “Perdersi a guardare – Trenta anni di fotografia in Italia” che verrà poi esposta l’anno successivo ad Arles e di cui l’Editore Contrasto pubblica il libro omonimo in italiano, inglese e francese. Il museo d’Arte contemporanea di Napoli (MADRE) nel 2016 decide di dedicare una grande retrospettiva sul lavoro del fotografo. Tra i lavori che restano nella storia della fotografia le Vedute di Napoli e la serie Anamnesi, le foto ai capolavori del museo Archeologico nazionale di Napoli. “Con Mimmo Jodice scompare un maestro indiscusso della fotografia italiana e internazionale”, dichiara il ministro della Cultura, Alessandro Giuli, “un uomo di rara sensibilità che ha saputo raccontare con la luce l’anima nascosta delle città, dei volti, delle rovine, della memoria. Il suo sguardo era insieme antico e radicalmente moderno, capace di rendere visibile l’invisibile. La nostra amicizia, maturata durante la mia presidenza al Maxxi, era nutrita dalla comune convinzione che le arti riescano a trovare un senso compiuto quando vengono poste al servizio della società. È esattamente l’ideale che il maestro Jodice perseguì lungo l’intero arco della sua inarrivabile carriera. A sua moglie Angela e alla sua famiglia va il mio caloroso abbraccio”.

Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania, con il fotografo Mimmo Jodice (foto da profilo FB de luca)

Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania: “Addio a Mimmo Jodice, uno dei grandi maestri della fotografia italiana del secondo Novecento e dell’età contemporanea. Legato intimamente a Napoli, in particolare al Rione Sanità, dov’era nato e cresciuto, ne ha rappresentato le problematiche e le contraddizioni sociali. È stato un grande innovatore delle tecniche e delle forme espressive. La macchina fotografica per Mimmo Jodice era un mezzo per raccontare la natura umana andando oltre il tempo e lo spazio. È stato un artista a tutto tondo, un grande intellettuale che ha dato lustro a Napoli e alla Campania a livello mondiale. Nel 2016, la Regione Campania, prodotta dal Museo Madre, gli aveva dedicato la prima monografia retrospettiva, come tributo ad una lunghissima carriera artistica. È una grave perdita per la nostra comunità. Facciamo le nostre condoglianze ai suoi familiari. Lo ricorderemo sempre con grande gratitudine ed affetto”.

Atleti dalla Villa dei Papiri, 1986: foto di Mimmo Jodice dei capolavori conservati al Mann

Museo Archeologico nazionale di Napoli. “Da ragazzo vivevo nella Sanità e lavoravo in una libreria a Port’Alba (…). Quando la libreria chiudeva per la pausa, mangiando il mio panino, mi fiondavo al Museo Archeologico. Lì trascorrevo la mia ora di pausa, conversando con la -mia- scultura. Ogni giorno sceglievo con chi parlare, un dialogo muto, intenso con uno degli Atleti, oppure con la Venere in Bikini o ancora con le Danzatrici. A seconda delle mie infelicità, paure o difficoltà, sceglievo colui o colei per confidare la mia vita difficile” (Mimmo Jodice per il libro “MANN che Storia”, “La Repubblica Napoli”, marzo 2022). Grazie a Mimmo Jodice, fotografo di fama internazionale che ha sempre conservato semplicità e coerenza, pur avendo segnato pagine indimenticabili della storia dell’arte. Il direttore generale del Mann, Francesco Sirano, lo ricorda così: “Mimmo Jodice ha dedicato al nostro Museo delle fotografie indimenticabili: tra queste, i celebri scatti dei capolavori della Villa dei Papiri sono la rappresentazione tangibile del valore universale dell’arte. Il perdersi a guardare di Mimmo Jodice rappresenta l’esito di un percorso rigoroso di studio attraverso uno sguardo onesto e acutissimo, appassionato di Napoli”.

Foto di Mimmo Jodice sulla copertina del libro “MANN che Storia” (“La Repubblica Napoli”, marzo 2022)

Paolo Giulierini, già direttore del Mann: “Addio Maestro, addio Mimmo. Scegliemmo uno dei tuoi capolavori per raccontare otto anni di riscatto. Non poteva essere altrimenti. E su quella scala del Museo, quel giorno che mi avevano estromesso, tu c’eri a metterci la faccia”.

Fotografie di Mimmo Jodice con le Danzatrici dalla Villa dei Papiri sulle pareti della stazione Museo della Metro di Napoli (foto anm na)

Anm Napoli. Con le immagini tratte dalla collezione delle Stazioni dell’Arte di Metro Linea 1, Museo e Municipio, rendiamo omaggio a Mimmo Jodice, grande maestro della fotografia italiana, scomparso il 28 ottobre 2025. Le accompagniamo con le sue stesse parole, tratte da una toccante intervista del 2015 in cui raccontava il suo profondo dialogo con la statuaria antica: “Ho dialogato con loro, ho cercato innanzitutto di rendere queste espressioni, queste facce, non come pezzi di marmo o di bronzo […] Prima di scattare una foto aspetto un tempo lungo, per cercare di capire che cosa stanno guardando questi occhi. La cosa che mi interessa di più è riuscire a cogliere i sentimenti. Tutto cambierà, ma queste immagini sono l’eternità, un modo di essere, come siamo stati e come saremo”.

Il fotografo napoletano Domenico Mimmo Jodice (foto paerco)

Il parco archeologico di Ercolano esprime profondo cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia contemporanea e testimone sensibile della bellezza e della memoria del nostro patrimonio. Con il suo sguardo unico, Jodice ha saputo restituire attraverso l’obiettivo l’anima senza tempo dei siti e reperti archeologici, tra cui spiccano quelli ercolanesi, intrecciando presente e passato in immagini che sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo. La sua arte, capace di cogliere silenzi, dettagli e prospettive, ha dato nuova voce ai luoghi della cultura, contribuendo a rafforzare il legame tra la comunità e le sue radici. Il Parco di Ercolano si unisce al dolore della famiglia, del mondo della fotografia e di quanti hanno avuto il privilegio di conoscerlo e di apprezzare la sua opera. Le sue immagini restano testimonianza viva e continueranno a ispirare le generazioni future.

La Piscina Mirabilis di Pozzuoli vista da Mimmo Jodice (pafleg)

Parco archeologico dei Campi Flegrei. Se n’è andato Mimmo Jodice, maestro della fotografia. Il suo sguardo innovativo, che si è posato anche sui monumenti dei Campi Flegrei, ha contribuito a rivoluzionare il mondo della fotografia. Il parco archeologico dei Campi Flegrei si stringe al cordoglio.

Mimmo Jodice col direttore Eike Schmidt al museo di Capodimonte (foto museo capodimonte)

Museo e real bosco di Capodimonte. Il direttore Eike Schmidt, i dipendenti e tutti i collaboratori del museo e real bosco di Capodimonte salutano il maestro Mimmo Jodice, immensa figura di artista e grande napoletano. “Nel porgere il nostro più profondo cordoglio alla famiglia e alla comunità artistica”, dichiara il direttore Schmidt, “non possiamo che rinnovare la nostra riconoscenza per il legame speciale che l’indimenticabile Maestro ha avuto con Capodimonte, testimoniato da importanti donazioni tra le quali la sua amata camera oscura. Caro Maestro, il Centro che porterà il suo nome sarà come voleva dedicato alla formazione dei giovani. Un impegno sacro preso con Lei e con la Sua famiglia che onoreremo con orgoglio”.

“Attesa” di Mimmo Jodice nella mostra opsitata al museo MADRE di Napoli

La Fondazione Donnaregina per le arti contemporanee e il museo Madre ricordano Mimmo Jodice. “In anni in cui il la fotografia era prevalentemente strumento per indagini documentaristiche”, scrive la storica dell’arte Olga Scotto di Vettimo, “Mimmo Jodice (Napoli, 1934) sperimenta le potenzialità stesse del mezzo fotografico, conducendo la sua ricerca all’interno di un ambito di ascendenza concettuale. Il nudo, il ritratto e l’oggetto banale diventano il pretesto per interrogare la tecnica e il linguaggio fotografico, mettendo in secondo piano ogni dato emozionale e interpretativo. In tal modo, Jodice sperimenta e decostruisce, combina elementi astratto-cubisti con quelli figurativi, interviene sulla carta attraverso il collage e lo strappo e, ancor prima, nella camera oscura, imponendo movimento e potenzialità a soggetti statici”. Il museo MADRE di Napoli ha conferito a Mimmo Jodice il suo primo “Matronato alla carriera” nel 2014, in riconoscimento della sua eccellente carriera artistica. Inoltre, nel 2016, il museo ha ospitato la più grande retrospettiva a lui dedicata, intitolata “Attesa, 1960-2016”, che presentava più di cento opere.

Festa Teatrale per il giorno onomastico del Teatro di San Carlo: scenoigrafia di Carosi su foto di Jodice (foto teatro san carlo)

Il Teatro di San Carlo di Napoli si unisce al cordoglio per la scomparsa di Mimmo Jodice. Con la sua opera ha saputo raccontare Napoli, la sua luce e la sua memoria, restituendo alla fotografia una profonda dimensione poetica e civile. La sua ricerca artistica, segnata da sensibilità e visione, ha contribuito in modo indelebile alla cultura del nostro tempo. Il Teatro di San Carlo ricorda con riconoscenza un Maestro che ha onorato la nostra città con la sua arte e il suo sguardo unico sul mondo. Il 4 novembre 1987, la scenografia di Mauro Carosi fu basata su un celebre scatto di Mimmo Jodice in occasione dello spettacolo firmato da Roberto De Simone per il 250° anniversario del Teatro.

SCABEC. Ci lascia Mimmo Jodice, maestro che con il suo sguardo ha saputo trasformare l’antico in visione contemporanea. Grazie Maestro.

Villa Jovis a Capri: Opera 43, 1984, di Mimmo Jodice (musei di capri)

Musei di Capri. Con profonda tristezza apprendiamo la scomparsa di Mimmo Jodice, maestro della fotografia italiana contemporanea. Nel 2010 la Certosa di San Giacomo ha accolto la sua mostra “Figure del mare”. La visione del mare come luogo del vuoto, il silenzio, la sospensione del tempo, la persistenza del passato nel presente, frammenti di corpi e di volti di sculture della classicità restituiti dal mare.

Mostra “Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana” al museo delle Civiltà (foto muciv)

Il MUCIV-Museo delle Civiltà si stringe alla famiglia di Mimmo Jodice nel ricordo di un grande artista della fotografia. Attorno a colui che ha ispirato coloro che hanno deciso di fotografare il mondo grazie ai suoi generosi insegnamenti, alla sua visione tanto estetica quanto etica. Dalla Napoli antropologica e popolare a quella surreale e metafisica, dalle immagini in cui ridà vita a architetture, sculture e paesaggi dell’archeologia alle immagini dei vuoti delle megalopoli contemporanee. Jodice celebra un umanesimo paziente e sapiente, riuscendo a dare rappresentazione al tempo oltre che allo spazio, in un’”attesa” che non ha fine. Nel suo mare Mediterraneo continueremo a ricordarlo tra gli echi e le memorie della mostra “Le fiabe sono vere… Storia popolare italiana”. Grazie, Mimmo.

Mimmo Jodice al Mart di Rovereto in occasione della presentazione della mostra: Mimmo Jodice. Dalla collezione “i Cotroneo” (foto Mart, Jacopo Salvi, 2016)

MART di Rovereto. Ci uniamo al cordoglio del mondo dell’arte per la scomparsa di Mimmo Jodice, artista a cui siamo molto legati e di cui conserviamo splendide opere. Fanno parte del patrimonio del Mart le fotografie del celebre ciclo “Mediterraneo”, alcune delle quali inserite nella mostra “Sport. Le sfide del corpo”, e sei opere appartenenti alla serie “Isolario Mediterraneo” che Jodice stesso decise di donarci. La nostra vicinanza va oggi ai familiari di Mimmo Jodice e in particolare al figlio Francesco a cui mandiamo un caloroso abbraccio.

Omaggio di Udine Musei al maestro Mimmo Jodice (foto da FB)

Udine Musei. Siamo vicini alla famiglia di Mimmo Jodice. Ci stringiamo attorno ad Angela, Barbara e Francesco. Oggi accendiamo con riconoscenza le luci sulla sua opera, le sue visioni e i suoi valori.

Occhi dalla collezione Mediterraneo di Mimmo Jodice (dal profil FB di laura noviello)

L’archeologa Laura Noviello: “Il “genio” di saper “scrivere con la luce”, il fotografare di Mimmo Jodice: di restituire al passato una contemporaneità viva di carne ferita e sangue. E al nostro quotidiano vivere un passato che è puro, eterno presente. Mimmo, un meraviglioso napoletano. Ci pensavo attraversando la metro, che i corridori ercolanensi mi guardavano accanto alle Danaidi nei tunnel cingolati di ferro, in mezzo alla folla. “Eccolo il genio”, e mentre tornavo in superficie davanti all’apparizione dell’Antro cumano con i suoi tagli straordinari di luce. Ai miei occhi ho sempre avuto peplophorai e amazzoni da lui ritratte, tanto che sabato davanti a quella ercolanense, ancora una volta, ho rivisto il suo occhio e il volto ferito. Non ho talento negli elogi pubblici, ma rivedo anche la mia prima, piccola agenda, costellata di sue foto vesuviane e in me è tutta la gratitudine immensa davanti alla costruzione di un universo complesso e stratificato di senso e significati. Se viviamo in questo tempo che è tutti i tempi insieme, danzando con le Danaidi e tra i corridori al Museo come in metro e ovunque a Napoli, è anche grazie a chi, come Mimmo, ha saputo cogliere e rendere tangibile questo straordinario miracolo che ci è dato. Ha lasciato un segno, uno sguardo, un modo di raccontare la terra campana: flegrea e vesuviana come nessun altro. D’altronde parlando di Napoli diceva e non a torto: “Se fossi nato a Milano o a Zurigo non avrei fatto il fotografo”. Inutile anche argomentarne il perché. A lui tutta la nostra viva e meravigliata gratitudine. Grazie Maestro”.

Il fotografo Mimmo Jodice con l’archeologo Giuliano Volpe (foto da FB)

L’archeologo Giuliano Volpe: “Un grande dispiacere per la perdita di Mimmo Jodice, grande fotografo con una sensibilità particolare per l’archeologia, il patrimonio culturale ma soprattutto per le persone. La sua celebre fotografia con la testa di Demetra tenuta con la sua stessa mano mentre la fotografava, è la copertina di un mio libro: Mimmo me la donò gratuitamente e generosamente, l’ho mostrata migliaia di volte in tante occasioni perché per me ha sempre rappresentato l’essenza del nostro patrimonio, bello, ricco, danneggiato e soprattutto bisognoso di una iniziativa dal basso, come quella mano. Una foto diventata anche simbolo del Rione Sanità, dove era nato e al quale è restato sempre legato, come presidente onorario della Fondazione San Gennaro e grande sostenitore del progetto di Antonio Loffredo. Grazie caro Mimmo, persona generosa, disponibile, colta, sensibile, le tue splendide foto resteranno immortali”.

Demetra, Opera III, Ercolano: foto di Mimmo Jodice (da profilo FB di caterina greco)

L’archeologa Caterina Greco: “Nessuno come lui ha saputo rendere contemporanea l’arte antica”.

Mimmo Jodice in Calabria (foto da profilo FB di Mirella Stampa Barracco)

Fondazione Napoli Novantanove. “Ci piace ricordare il nostro caro amico Mimmo Jodice”, scrive Mirella Stampa Barracco, “a cui ci legava affetto, stima e una profonda riconoscenza per quanto aveva fatto per la nostra Fondazione: dalla foto dell’Arco di Trionfo violato nel 1989 al magnifico album di 40 foto in Calabria rappresentazione in chiave moderna di un percorso del Grand Tour. Ci mancherà molto non solo a noi ma a tutti quelli come lui che hanno visto, sognato un mondo migliore. Grazie Mimmo”.

Gibellina in uno scatto di Mimmo Jodice (da profilo FB orestiadi)

La 𝗙𝗼𝗻𝗱𝗮𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲 𝗢𝗿𝗲𝘀𝘁𝗶𝗮𝗱𝗶 di Gibellina (Tp) ricorda con profonda gratitudine Mimmo Jodice, fotografo e testimone poetico del Novecento, la cui ricerca ha saputo trasformare lo sguardo in pensiero, la realtà in memoria. Con il suo lavoro ha raccontato l’Italia, Napoli, il Mediterraneo, il tempo e le sue assenze, rendendo la fotografia un linguaggio di conoscenza e coscienza civile. Alla fine degli anni Settanta Jodice arrivò a Gibellina, nella valle del Belìce, “𝑡𝑒𝑟𝑟𝑎 𝑎𝑑𝑑𝑜𝑙𝑜𝑟𝑎𝑡𝑎” segnata dal sisma del 1968. Di quell’esperienza scrisse: “Ho cercato in quella terra addolorata gli spazi deserti, le architetture ancora in costruzione, la fantasmaticità dei luoghi, la ferita del paesaggio ancora aperta”. Da quell’incontro nacquero immagini potenti, tra memoria e rinascita, e un legame profondo con la visione di Ludovico Corrao, fondatore di Gibellina nuova e della Fondazione Orestiadi. Nel 1981 accompagnò Joseph Beuys a Gibellina, documentando quella visita in una serie di scatti raccolti nel volume “Joseph Beuys. Natale a Gibellina” immagini che ancora oggi raccontano la potenza del dialogo tra arte e ferita, distruzione e speranza. Oggi la Fondazione Orestiadi rende omaggio a un artista che ha saputo leggere l’anima dei luoghi e restituirla in luce.

Volti dall’antico di Mimmo Jodice (foto da profilo FB di Koch)

Roberto Koch, presidente della Fondazione Forma per la Fotografia: “Se ne è andato Mimmo Jodice il grande e insostituibile Mimmo e lascia la sua adorata Angela e i figli Barbara e Francesco con tutti i nipoti. Lascia a tutti noi e al mondo le sue meravigliose foto come questa di Anamnesi che ho amato montare a Torino e a Udine. Lo piange tutta Napoli e tutto il mondo della fotografia. Lo abbiamo amato e continueremo ad amarlo con le sue foto ma con una grande tristezza”.

Lucia Valenzi con Mimmo Jodice (da FB)

Lucia Valenzi dell’omonima fondazione di Napoli: “Ci uniamo al cordoglio per la morte del grande maestro Mimmo Jodice. La sua preziosa opera ha percorso e sperimentato le espressioni più alte della fotografia dalla indagine sociale degli anni 60 e 70 alle città “metafisiche” di tutto il mondo, senza mai staccarsi dalla realtà di Napoli. Un pensiero particolarmente dolente va alla amatissima Angela, mentre ricordiamo la sua generosità arrivata anche a me e alla Fondazione Valenzi con le foto della mostra “La Napoli di Maurizio” e la testimonianza nel film “La Giunta”.

“Carta d’Identità” di Mimmo Jodice (foto da profilo FB mazzolini)

Monica Mazzolini dell’accademia d’arte Vittorio Marusso in omaggio e ricordo di Mimmo Jodice propone un testo del 2022 in cui analizzava tre fotografie scelte tra quello che è il suo vasto ed importante archivio. Fotografia 1. Appassionatosi alla fotografia nei primi anni ‘60 dimostra fin da subito attenzione alla sperimentazione ed alle possibilità espressive del linguaggio fotografico. Napoli è una città in cui gli artisti s’incontrano e Mimmo Jodice è attento osservatore oltre che attivo partecipante agli eventi (tra gli altri frequenta Andy Warhol, Vito Acconci, Joseph Beuys). È in questo clima dinamico che si pone il quesito sul senso della fotografia, sul significato della relazione che intercorre tra realtà e rappresentazione. Una delle fotografie che gli permettono di provare a rispondere a queste domande è: “Carta d’identità” (1978). Mimmo Jodice dopo aver fotografato e stampato il suo documento d’identità applica una sua fotografia sulla fotografia. Se la vedessimo dal vero osserveremmo un’immagine identica, che copre quella sottostante, proprio in corrispondenza dello spazio per la fototessera. Un passaggio che dona tridimensionalità all’oggetto – elemento mancante nella riproduzione non cartacea – aggiungendo un ulteriore livello concettuale. Immaginando di osservare dal vero “Carta d’identità” sorgono spontanee alcune domande. Partendo dall’assunto che nulla più di ogni altra è in grado di rappresentare l’identità di una persona se non il documento che dal punto di vista legale ne è la prova, quanto è reale questa fotografia, quanto è reale quest’autoritratto, quanto la fotografia è ingannevole?

Dal reportage “Gli Esclusi” di Mimmo Jodice (foto da profilo FB di mazzolini)

Fotografia 2. Mimmo Jodice negli anni ‘70 si occupa di un progetto, per quegli anni molto attuale, riguardante la documentazione fotografica all’interno degli ospedali psichiatrici. In effetti molti sono stati i reportage (tra questi “Morire di Classe” e “Gli esclusi”) che hanno messo in luce le problematiche e hanno dato un contributo fondamentale alla nascita del movimento d’opinione pubblica con la conseguente approvazione della legge 180/1978 fortemente voluta da Franco Basaglia. Mimmo Jodice fotograferà l’ospedale psichiatrico di Napoli che come tutte queste strutture è un non-lieux, un nonluogo citando Marc Augé. La sua è stata un’indagine antropologica e poetica allo stesso tempo. Osservando la fotografia qui di seguito si ritrovano molti degli elementi sopra descritti: lo sguardo fisso in avanti e l’attenzione all’inquadratura, alla geometria, alla composizione, ai vuoti e pieni. La grata – elemento parte dell’architettura di contenimento che separa il mondo dei sani da quello dei malati, il mondo libero da quello dei reclusi, il fuori dal dentro, l’essere umano e la disumanizzazione – divide l’immagine, volutamente asimmetrica per creare dinamismo, in sei spazi all’interno dei quali sono collocate parti del corpo, frammenti, che in questo modo vengono messi in evidenza. Ed il gomito, fuoriuscendo, crea un effetto trompe-l’œil che permette una maggiore tridimensionalità all’immagine ed accentua il desiderio di evasione. Vengono sottolineati in questo modo la postura, gli occhi e la condizione psicologica di quest’uomo che silenziosamente attende e chiede. Cosa aspetta? Cosa chiede? Cosa o chi guarda? Vuoto, silenzio, attesa, frammento, enigma, saranno concetti ripresi in seguito da Mimmo Jodice che, dopo una fase dedicata alla sperimentazione concettuale ed al reportage, enfatizza la cifra stilistica in cui: “le mie immagini sono i miei pensieri”.

“Alba Fucens” di Mimmo Jodice (dal profilo FB di mazzolini)

Fotografia 3. La scultura è stata una tra i primi soggetti della fotografia quale rappresentazione neutra ed oggettiva delle forme plastiche. Tuttavia è anche espressione autonoma, con un ruolo interpretativo, come accade per le fotografie di Mimmo Jodice dedicate alla statuaria. Simulacri delle radici culturali del Mediterraneo diventano immagini che trasfigurano il reale ed inducono a guardare con occhi diversi evidenziando la capacità di sopravvivenza rispetto al tempo dei classici che risultano sempre attuali. Jodice nella fase di stampa enfatizza gli elementi che durante lo scatto sono stati catturati, sottolinea i dettagli, accentua il contrasto dei toni. I suoi progetti sono caratterizzati da almeno tre passaggi: prima pensati poi iniziati in fase di ripresa e portati a termine in camera oscura. Attraverso fotografie come Alba fucens (2008) egli descrive la cultura Mediterranea ed il mondo antico. Ma la sua è un’interpretazione che si serve della relazione tra luce e ombra e del concetto di frammento. La parte per il tutto. Un’immagine parziale in grado di restituire la “pienezza di un tutto”. Parziale perché una parte della testa è mancante, rovinata dal tempo. Un’estetica del frammento che non patisce l’assenza di altri elementi corporei, il loro equilibrio, l’armonia, la proporzione. Parte di corpo che sottolinea la dicotomia tra perfezione e imperfezione mostrando segni che assomigliano a cicatrici, fratture. Sono corpi mutilati che mostrano la fragilità e la caducità di eroi e divinità ma anche la precarietà dell’uomo che li ha creati. Fotografie che cuciono il passato e la memoria con il presente facendoli coesistere ed allontanandoci dal concetto di tempo. La fotografia in bianco e nero, fortemente espressiva, diventa uno strumento che trasforma, carica di emozione ogni singola immagine e supera il reale. Lo sfondo scuro e la luce, sapientemente dosata, il mosso – una vibrazione ottenuta in camera oscura con il movimento della testa dell’ingranditore – evidenziano la forma ed esaltano quell’inquietudine tipica. È questo un messaggio che si può trasporre anche al nostro tempo così incerto? Io ho la mia opinione, lascio a voi la domanda aperta. Un viaggio nel tempo che partendo da lontano conduce lo spettatore in un mondo in cui convivono elementi profondamente umani: vita e morte, ieri e oggi, luce e buio, equilibrio tra bellezza e fragilità. Grazie Maestro!

Mario Beltrambini con Mimmo Jodice al SI FEST 2007 (foto Mario Beltrambini)

Mario Beltrambini, vice presidente Associazione Savignano Immagini APS: “Ci ha lasciato un altro grande, Mimmo Jodice. È difficile accettare che, uno dopo l’altro, stiano andando via coloro che hanno costruito le fondamenta della nostra idea di fotografia, della nostra sensibilità, del nostro sguardo sul mondo. Quanta verità nelle sue parole, che oggi risuonano ancora più forti: “Tutto il mio lavoro poggia su un inoppugnabile principio: la fotografia è una forma d’arte”. Grazie per la bellezza e per la luce che ci hai insegnato a vedere. Riposa in pace, Maestro”.

L’artista Costabile Giariglia Senseria: “Un pensiero per Mimmo Jodice, la cui fotografia ha segnato la mia vita a Napoli durante gli anni di studio all’Accademia di Belle Arti. Ci lascia Mimmo Jodice, artista che per interi decenni ha segnato la fotografia italiana e influenzato lo sguardo internazionale sul nostro Paese. Con le sue immagini ha costruito un lessico visivo capace di raccontare Napoli non come semplice sfondo, ma come organismo vivo: una città bella e ferita, luminosa e popolare, attraversata da tensioni sociali e da una stratificazione culturale unica. Le opere di Jodice non si limitano a descrivere: istituiscono un contesto. Le sue fotografie non mostrano Napoli com’è, ma ciò che Napoli fa vedere quando la si guarda con un pensiero. Architetture sospese, archeologia del presente, corpi e volti, mare e pietra: tutto, nelle sue immagini in bianco e nero, appare come luogo di un dialogo tra classico e contemporaneo, tra storia e mito, che tende sempre verso un’infinita bellezza stilistica e compositiva”.

Bimbo con la cascettella di Mimmo Jodice (dal profilo FB di parlato)

Accorata la testimonianza della giornalista Lucilla Parlato: “Nel 1969 iniziò infatti la lunga e proficua collaborazione con il gallerista napoletano e con altri galleristi napoletani, come Lia Rumma. Jodice si ritrovò a confrontarsi con le avanguardie di allora che attraversavano Partenope con disinvoltura: da Andy Warhol a Robert Rauschenberg, da Joseph Beuys, a Gino De Dominicis. E ancora Giulio Paolini, Josef Kosuth, Vito Acconci, Mario Merz, Jannis Kounellis, Sol LeWitt, Hermann Nitsch… a stretto contatto con questo mondo stimolante, Jodice si scoprì particolarmente sensibile alle emergenze scaturite in quegli anni. Altrettanto naturale fu dunque la ricerca sulle radici e la collaborazione con Roberto De Simone. Forse è quello il momento in cui il giovane Mimmo diventa Mimmo Jodice. Il momento in cui Napoli diventa definitivamente centrale ma mai scontata, mai banale. Anche quando fotografa altro e altrove. Anche quando fotografa ora e qui: una città mai oleografica, sospesa, sorpresa, inattesa. La sua Napoli metafisica. Lucente come una statua greca. Spesso vuota e silente. È questo, sopra tutti gli altri, il motivo per cui lo amavo. Per quella sua capacità di trasformare il brutto in bello, l’indicibile in visibile, le lamiere e i tubi innocenti che picchettavano i ruderi post terremoto in bellezza. Quasi una magia. Nella città di oggi, degli Jago, degli Jorit, ho sempre scritto che era l’unica J che contava. L’unica che rimarrà solida nel tempo. Fu bello qualche anno fa ritrovarcelo fuori al Mann, dove si lottava per difendere il ruolo benefico per il museo e per la città dell’allora direttore Paolo Giulierini. Perché poi Jodice, a differenza di tanti fotografi tronfi e dimenticabili, è sempre stato anche un militante: col sorriso, la presenza discreta e il dito sul click. Mai invasivo, sempre incisivo, esempio di classe innata e senso della bellezza, anche nel brutto. Esempio di come si sta al mondo. È doveroso per me ricordare che Andrea Maresca ed io gli dobbiamo l’ispirazione finale per le cascettelle: è anche grazie alla sua foto che nacque il disegno che ha impreziosito il libro che recupera e racconta questa vecchia e dimenticata tradizione dei bambini di Napoli prima che Halloween si mangiasse la nostra identità. Quel bimbo con la cascettella di cartone che poi siamo stati un po’ tutti noi, bambini di Napoli, in giro per le strade. Grazie di tutto grande Mimmo. Non potremo mai dimenticarti. Anche perché le tue foto, il tuo sguardo, sono ormai ancorati per sempre alle nostre anime, assetate di bellezza e di occhi migliori dei nostri, capaci di offrire visioni altre e alte di questa città che amiamo e che ce fa suffrì. Sei luce che ci ha lasciato luce. Grazie davvero”.

Mirella Armiero con Mimmo Jodice (da FB)

La giornalista Mirella Armiero: “Aveva un modo tutto suo di dire agli amici: ti voglio bene. Mimmo Jodice era un uomo speciale, partecipe e generoso. Napoli gli deve molto, anche perché l’ha liberata dalla rappresentazione folklorica e l’ha resa metafisica”.

La giornalista Stella Cervasio: “Se fossi stata ancora in servizio, pur in un’epoca di giornalismo scadente e che pare senza prospettive, avrei ricordato Mimmo Jodice, che mi ha sempre accolto – lui e la sua bella famiglia – nella sua casa e nel suo studio con la cordialità e l’affetto di chi sa che un giornalista è un osservatore e un critico ma anche un vecchio amico. Mimmo Jodice era una persona che sapeva stare nel cuore delle persone, con le sue maniere di grande gentiluomo e con le sue immagini indimenticabili. Ad Angela, Barbara, Francesco un grande abbraccio da chi ha avuto la fortuna di incontrarli nella sua vita lavorativa e affettiva”.

Pasquale Raicardo con MImmo Jodice (foto FB)

Il giornalista Pasquale Raicaldo: “Che grande privilegio è stato conoscere Mimmo Jodice, vivere per qualche tempo dilatato i suoi spazi, leggere il mondo attraverso i suoi occhi. A Procida 2022 – Capitale italiana della Cultura una sua mostra straordinaria – “Abitare metafisico” – e poi le tante interviste con il privilegio di un racconto sempre intenso, mai banale, accompagnati da Angela, la compagna di una vita: nei loro sguardi il senso di un amore che è stato e sarà piena sintonia. L’ultima intervista qualche giorno fa, ancora non uscita. La terra gli sia lieve”.

Patrizio Paoletti, ex allievo: “Ho appreso con profonda commozione della scomparsa di Mimmo Jodice. Sono stato suo studente tra il 1978 e il 1983: insieme abbiamo fotografato i vicoli di Napoli, le luci e le ombre che li abitano. Da lui ho imparato a vedere l’invisibile — a passare dalla scena del teatro alla scena della vita, e a riconoscere come questa si formi prima di tutto nella nostra mente. È così che possiamo trasformare la realtà intorno a noi. Ricordo con nitidezza le ore passate in camera oscura: il silenzio, l’attesa, e poi la magia dell’immagine che prendeva vita sulla carta. In quell’attimo sospeso, come lui amava dire, il tempo si fermava. Era il tempo della verità, della visione, della nascita di un mondo possibile. Grazie Mimmo, maestro di sguardo e di luce. Hai insegnato a generazioni di uomini e donne che la fotografia non è un atto tecnico, ma un atto di coscienza. Il tuo “tempo sospeso” continuerà a parlarci, come una finestra aperta sull’eterno”.

Cortona (Ar). al museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona – MAEC “Aperitivo al Museo”: archeologia ed enologia a cura di Helena Fracchia, Paolo Giulierini ed Eleonora Sandrelli

Sabato 11 ottobre 2025 al museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona – MAEC “Aperitivo al Museo”: appuntamento speciale dove la cultura incontra l’enologia a cura di Helena Fracchia, Paolo Giulierini ed Eleonora Sandrelli. Alle 18, guide speciali accompagneranno i visitatori alla scoperta delle collezioni, raccontando storie e curiosità con un approfondimento sulle sezioni archeologiche e sui materiali legati al simposio e al consumo di vino, come ad esempio la celeberrima tabula cortonensis. Alle 19, seguirà la degustazione a cura delle cantine Donatella Cinelli Colombini, I Vicini Winery, Villa La Ripa. Costo 15 euro (ridotto under 10 anni 5 euro, compreso ingresso al Museo + degustazione di 3 vini con piccoli assaggi di prodotti locali). Prenotazione richiesta: cortonamusei@itinera.info | 0575 630415.

Napoli. Il museo Archeologico nazionale ha il nuovo direttore, a 719 giorni dall’addio di Giulierini: Francesco Sirano si è insediato salutando il personale

Il personale del Mann saluta il nuovo direttore: al centro, Massimo Osanna e Francesco Sirano (foto mann)

Museo Archeologico nazionale di Napoli: passaggio di consegne tra Massimo Osanna e Francesco Sirano (foto mann)

Dopo 719 giorni senza direttore, tanti ne sono passati da quando Paolo Giulierini ha lasciato il 15 novembre 2023 per fine mandato, coperti in deroga dal direttore generale dei Musei Massimo Osanna, il museo Archeologico nazionale di Napoli ha il nuovo direttore operativo, Francesco Sirano. Lunedì 6 ottobre 2025 c’è stato il passaggio di consegne con il dg Musei Massimo Osanna, e un saluto al personale, guardando al prossimo futuro: una visione d’insieme per valorizzare il Mann. Con l’augurio di tutti: “Buon lavoro, Direttore!”

Napoli. Francesco Sirano è il nuovo direttore del museo Archeologico nazionale: “Sono determinato a contribuire a rendere il Mann ancora più dinamico, capace di parlare a tutte le generazioni e di guardare al futuro, forte anche della mia esperienza a Ercolano”

Francesco Sirano neo-direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli (foto paerco)

Da Ercolano al Mann. Francesco Sirano è il nuovo direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli su nomina del ministro della Cultura Alessandro Giuli (vedi https://archeologiavocidalpassato.com/2025/07/17/il-ministro-giuli-ha-nominato-i-direttori-dei-musei-di-prima-fascia-contessa-alla-galleria-dellaccademia-di-firenze-sirano-al-museo-archeologico-nazionale-di-napoli-rinaldi-al-museo-nazion/). Subentra a Massimo Osanna, direttore generale dei Musei, che ha coperto in delega l’incarico dalla fine del mandato di Paolo Giulierini nel novembre 2023. “I migliori auguri da parte di tutta la famiglia del parco archeologico di Ercolano”, il commento del parco archeologico di Ercolano, “e grazie per questi splendidi anni di lavoro all’insegna della cultura e della bellezza”. E al Mann: “Congratulazioni al direttore Francesco Sirano. Ci attende un viaggio condiviso, che sarà vissuto all’insegna dell’amore per il nostro Museo”. Le congratulazioni anche da Gennaro Miranda, presidente della Fondazione Ente Villa Vesuviane: “Una decisione di grande visione e competenza. Complimenti vivissimi al ministro Giuli per questa scelta di grande qualità. Auguri di buon lavoro al direttore Sirano a cui rinnovo i miei ringraziamenti per la splendida sinergia istituzionale attivata con la Fondazione Ente Villa Vesuviane”.

Francesco Sirano, quando era direttore del parco archeologico di Ercolano, con il ministro della Cultura Alessandro Giuli (foto paerco)

“Assumere la direzione del museo Archeologico nazionale di Napoli è per me un onore profondo e una grande responsabilità”, dichiara Francesco Sirano. “Ringrazio il ministro Alessandro Giuli per la fiducia accordatami e mi impegnerò al massimo a servizio di uno dei più importanti Musei archeologici del mondo. Da qualche anno questo museo non è solo una delle istituzioni culturali più importanti d’Italia, ma un autentico punto di riferimento per la storia, l’arte e l’identità di Napoli e del Mediterraneo. Napoli è una città straordinaria, dove il passato e il presente si intrecciano con una straordinaria evidenza: il Mann è parte integrante di questo tessuto e, con la nuova configurazione che comprende anche la sede di Palazzo Fuga, si candida a fungere da catalizzatore delle energie e delle tante e positive iniziative culturali che caratterizzano Napoli negli ultimi anni.  Ercolano, che ho diretto per otto intensissimi anni, è il luogo da cui ha avuto origine anche la vicenda museografica del futuro museo Archeologico nazionale di Napoli con l’Herculanense Museum nella Reggia di Portici. Il parco archeologico di Ercolano è stata un’esperienza che mi ha insegnato quanto sia essenziale coniugare tutela, ricerca, lavoro di gruppo e partecipazione attiva delle comunità. Porto con me anche l’esperienza dell’eccezionale partenariato pubblico privato con il Packard Humanities Institute con il cui presidente David Packard non abbiamo condiviso solo tanti progetti, ma il coraggio di avere una visione proiettata al futuro.  Il Mann, con tutto il grande bagaglio di professionalità che vi opera ad ogni livello, è una casa della conoscenza e un luogo aperto al mondo: sono determinato a contribuire a renderlo ancora più dinamico, capace di parlare a tutte le generazioni e di guardare al futuro”.

Aulla (Ms). Nel chiostro di San Caprasio al via le “Notti dell’Archeologia”: dagli Etruschi ai colori delle statue antiche, dalle nuove prospettive di ricerca archeologica in Lunigiana ai Bronzi di San Casciano. Apre Paolo Giulierini su “Gli Etruschi e la magia”. Ecco tutto il programma

Con la conferenza “Gli Etruschi e la magia” con Paolo Giulierini, alle 21.15, nella splendida cornice del chiostro dell’abbazia di San Caprasio ad Aulla (Ms), iniziano domenica 6 luglio 2025, le “Notti dell’archeologia”. Quasi due settimane intense e piene zeppe di storie da raccontare, dagli Etruschi ai colori delle statue antiche, dalle nuove prospettive di ricerca archeologica in Lunigiana ai Bronzi di San Casciano, passando da un bel focus sull’alimentazione e uno sullo studio delle ossa. Tutte le serate sono ad ingresso libero, nel chiostro dell’Abbazia di San Caprasio ad Aulla. In caso di pioggia si tengono comunque, nel vicino auditorium di San Caprasio dotato di aria condizionata. Per la serata inaugurale di domenica 6 luglio 2025 intervento del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani. Archeologo, etruscologo ed ex direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli, Paolo Giulierini guiderà i partecipanti alla scoperta dei saperi magici e religiosi degli Etruschi: tra Dei, fulmini, rituali e conoscenze farmacologiche che attraversano i secoli fino a oggi. “Magia e pratiche religiose”: non c’è ambito più esemplare, tra le civiltà del mondo antico, in cui come nel caso degli Etruschi questi due mondi si compenetrino. Se infatti la magia manipola le forze della natura e la religione si concentra sul culto degli Dei, talora anche per ottenere vantaggi personali, i sacerdoti etruschi riescono a controllare strumenti apparentemente naturali che però sono prerogativa divina – come i fulmini – per distruggere mostri e creare sbarramenti. È nota la fama degli Etruschi quali preparatori di medicinali o di farmaci in quanto “discendenti di Circe”: una competenza che è rimasta, strisciante, nei saperi delle più recondite campagne toscane, superando l’età antica, passando con il Medioevo, attraverso le figure di streghe stregoni ultimi eredi degli aruspici e degli auguri.

Il programma delle Notti dell’archeologia 2025. Lunedì 7 luglio, Cristiana Barandoni, archeologa, conservatrice specializzata in diagnostica non invasiva e policromia antica, scrittrice e divulgatrice, “Le sculture del mondo antico come non le avete mai viste (svelati i colori dei marmi romani)”; martedì 8 luglio, Paola Bombardi, ricercatrice e divulgatrice, “Il leone nella iconografia romanica, il legame con i maestri costruttori”; venerdì 11 luglio, Stefano Ricci, archeologo e antropologo dell’università di Siena, “Omicidi medievali, le ossa raccontano”; sabato 12 luglio, Enrico Giannichedda, archeologo, allievo del prof. Tiziano Mannoni, protagonista di varie stagioni di scavi anche in Lunigiana, “Gratta e vinci. Cosa aspettarci dalle future scoperte archeologiche in Lunigiana”; domenica 13 luglio Caterina Rapetti, storica dell’arte, ricercatrice e divulgatrice, “FANTASMATA CUNCTA RECEDANT Campane medievali nelle chiese lunigianesi”; mercoledì 16 luglio, Emilia Petacco, archivista, storica e ricercatrice, “Dal Medioevo una donna per il futuro: Ildegarda di Bingen. Scienziata, medico, musicista, santa”. La serata prevede un evento collaterale: la degustazione di biscotti preparati dallo chef Rolando Paganini secondo la ricetta originale di Ildegarda. Giovedì 17 luglio, Antonio Fornaciari, archeologo, docente dell’università di Pisa, “Alimentazione, mobilità malattie e stile di vita degli aullesi del Medioevo dallo studio delle sepolture dell’abbazia di san Caprasio”. Infine venerdì 18 luglio, Gabriele Nannetti, architetto, soprintendente per le province di Siena, Grosseto ed Arezzo, “Il santuario del Bagno Grande a San Casciano dei Bagni: dalle recenti scoperte archeologiche alla musealizzazione e alla valorizzazione del territorio”. Nell’ultima serata, la chiusura del ciclo di appuntamenti sarà sancita con la degustazione dell’inedito “pane del pellegrino” presentato dallo chef Rolando Paganini.

Cabras (Or). Nell’area archeologica di Mont’e Prama al via il Sardegna Archeofilm Festival: quattro serate con proiezioni, incontri con registi e studiosi, e approfondimenti tematici

Si apre mercoledì 2 luglio 2025, nell’area archeologica di Mont’e Prama a Cabras (Or)la nuova edizione del Sardegna Archeofilm Festival, rassegna cinematografica dedicata all’archeologia e al racconto per immagini, organizzata dalla Fondazione Mont’e Prama in collaborazione con Firenze Archeofilm, Archeologia Viva e Giunti Editore. Per quattro serate consecutive, fino al 5 luglio 2025, l’area archeologica si trasforma in un’arena a cielo aperto, dove si alternano proiezioni, incontri con registi e studiosi, e approfondimenti tematici pensati per un pubblico curioso e appassionato. Ingresso libero e gratuito

Il volto di Alessandro, dal grande mosaico del Mann. reso tridimensionale: frame del documentario di Vanni Gandolfo (foto mann)

La serata inaugurale, mercoledì 2 luglio 2025, apre alle 21, con il film “Il volto di Alessandro. Il restauro del Mosaico di Alessandro e Dario” di Vanni Gandolfo (Italia, 52’). Un affascinante viaggio che svela i segreti e le sfide dietro il restauro di uno dei più straordinari tesori dell’arte antica: il leggendario mosaico di Alessandro e Dario raffigurante il volto di Alessandro Magno custodito al MANN. Il capolavoro, il mosaico più importante mai ritrovato a Pompei, costituisce una delle fonti più anomale, ma anche attendibili, per immaginare le vere sembianze del grande condottiero macedone. L’intervento di restauro, che combina tecnologie diagnostiche all’avanguardia e metodologie innovative, ha lo scopo di preservare un’opera importantissima, essenziale per la comprensione della cultura ellenistica. Parallelamente, il documentario dedica spazio significativo alla ricerca del volto “umano” di Alessandro mediante l’intelligenza artificiale. Interviene il regista Vanni Gandolfo. Segue “Il Mito nella Storia del Cinema: dall’epica classica ai blockbuster”, un viaggio attraverso il cinema epico, dall’Odissea agli Avengers, per esplorare la rappresentazione del mito e della storia sul grande schermo. Incontro con Paolo Giulierini (etruscologo). Introducono Tore Cubeddu e Giulia Pruneti. Chiude la serata il film “Maasai Eunoto” di Kire Godal (Kenya, 34’). Gli indigeni Masai lottano ancora oggi per mantenere vive le loro tradizioni. Attraverso le voci di guerrieri e anziani durante il loro emotivo rito di passaggio nel 2022, Maasai Eunoto segue il passaggio del guerriero Masai allo stadio di anziano, rivelando il passato e il presente nascosti di una delle cerimonie di iniziazione culturale più importanti dell’Africa.

Giovedì 3 luglio 2025, alle 21, la serata apre con il film “Ojo” di Fry J. Apocaloso (Italia, 3’42’’).  In un ritmo serrato, immagini fluide e in continua trasformazione invadono il centro dello schermo, seguendo un moto centripeto che ha origine da un unico punto: l’occhio del gigante. Attraverso un gioco di forme e transizioni, assistiamo a tutto ciò di cui è stato il testimone metaforico, dalla sua costruzione in terra sarda fino alle sue esperienze nel mondo. Intervengono gli autori e i rappresentanti della FSFC, introduce Tore Cubeddu. Segue il film “Boreddu e i giganti di Mont’e Prama” di Salvo Carramusa (Italia, 6’). I giganti di pietra – custodi di una storia non ancora ben conosciuta –   giacevano, nascosti, nel sottosuolo del Sinis. Avrebbero voluto tornare alla luce – dopo quasi tre millenni.  Ma temevamo l’insidia dei tombaroli. Finché non incontrarono un bambino di nome Boreddu, una notte, capace di tender loro un tranello, farli arrestare e aiutarli a ritornare alla luce. Ora vivono, di nuovo, all’interno del museo di Cabras, e hanno incominciato a raccontarci la loro, e la nostra, storia. Intervengono gli autori, introducono Tore Cubeddu e Giulia Pruneti. Chiude il film “Balentes” di Giovanni Columbu (Italia, 70’).  Tratto da un fatto realmente accaduto in Sardegna nel 1940, sullo sfondo del fascismo e alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale, il film racconta un furto di cavalli compiuto ai danni di un allevamento militare. Protagonisti sono due ragazzini di 11 e 14 anni. I loro propositi sono del tutto idealistici: liberare i cavalli affinché non muoiano in guerra. Riescono nell’intento ma sulla via del ritorno vengono intercettati dalla milizia e uno dei due viene ucciso. Interviene Giovanni Columbu, introducono Tore Cubeddu e Giulia Pruneti.

Venerdì 4 luglio 2025, è il programma, alle 21, il film “Nemos” di Marco Antonio Pani (Italia, 110’). L’Odissea interpretata da pastori, contadini, artigiani, pescatori e marinai della Sardegna, che attraverso l’improvvisazione guidata danno vita a un racconto dolceamaro, epico e universale, in cui la modernità si intreccia con la forza delle tradizioni. Quindi il Talk cinema e archeologia: Tonino Zera scenografo dialoga con Giulia Pruneti e Tore Cubeddu.

Frame del film “Carlo Tronchetti. La mia Sardegna archeologica” di Nicola Castangia

Sabato 5 luglio 2025, ultima serata, alle 21, si inizia con il film “I fratelli Champollion. Nel segreto dei geroglifici” di Jacques Plaisant  (Francia, 52’). Duecento anni fa, Jean-François Champollion decifrò per la prima volta i geroglifici egizi, risolvendo così uno dei più grandi enigmi della storia dell’umanità̀. Ciò̀ che è poco noto è che dietro questo genio si nasconde un uomo nell’ombra: Jacques-Joseph, il fratello maggiore della famiglia Champollion. Il recente studio degli archivi di famiglia getta nuova luce sull’avventura intellettuale della decifrazione. Segue l’incontro con Carlo Tronchetti archeologo. Interviene Nicola Castangia, introduce Giorgio Murru. Quindi il film “Carlo Tronchetti. La mia Sardegna archeologica” di Nicola Castangia (Italia, 45’I). L’archeologo Carlo Tronchetti racconta l’avventura degli scavi da lui diretti in Sardegna dal 1977 in poi nei siti di Nora, Mont’e Prama, Sant’Antioco e Tharros. Il documentario conduce lo spettatore attraverso un viaggio, narrato dallo stesso protagonista, che si rivela ricco di suggestione, dove il dato scientifico dello scavo archeologico viene intriso di aneddoti che consentono al racconto di scorrere leggero, accompagnato da suggestive riprese aeree, ricostruzioni virtuali e numerose immagini storiche d’archivio. Carlo Tronchetti riesce a miscelare nel suo racconto il dettaglio scientifico, i ricordi ricchi di spensieratezza e le profonde emozioni provate in quei luoghi duranti gli scavi archeologici nei siti che oggi, grazie anche al suo lavoro, hanno una rilevanza internazionale: Nora, Sant’Antioco con l’antica città di Sulky, Tharros e Mont’e Prama con le statue dei Giganti. Chiude la serata e il festival la cerimonia di premiazione con l’assegnazione del premio del pubblico “Sardegna Archeofilm” 2025, e l’assegnazione del premio del concorso “Archeociak”.

 

Bosa-Cabras (Or). Al via il Festival dell’Archeologia, quattro giorni di incontri e approfondimenti promossi dalla Fondazione Mont’e Prama. Ecco il programma

La Fondazione Mont’e Prama si prepara a inaugurare il Festival dell’Archeologia, che prende il via martedì 17 giugno 2025 con un calendario fitto di incontri e approfondimenti, tra la Planargia e il Sinis, fino al 20 giugno 2025. Tutti gli appuntamenti sono a ingresso gratuito.

L’apertura è prevista a Bosa, martedì 17 giugno 2’25, alle 20, nell’ex Convento dei Cappuccini, con una serata dedicata alla storia antica del territorio e all’eredità medievale del castello Malaspina. Dopo i saluti delle autorità, interverranno gli studiosi Attilio Mastino e Antonio Corda su “Bosa e la Planargia in età antica”, seguiti da Franco Giuliano Rolando Campus, con una riflessione sulle fortificazioni medievali sarde “Rocche fortificate medievali della Sardegna e il castello Malaspina di Bosa”. Presenta e conduce Ambra Pintore. La conclusione dell’incontro, alle 22, sarà affidata al Quintetto Atlantico, con Enzo Favata, Daniele di Bonaventura, Marcello Peghin, Salvatore Maltana, U.T. Gandhi.

Da mercoledì 18 giugno 2025, il Festival si trasferisce al museo civico “Giovanni Marongiu” di Cabras per tre serate tematiche. La prima, con inizio alle 20.30, è dedicata alle grandi mostre internazionali della Fondazione Mont’e Prama, con la partecipazione dei curatori di alcuni dei principali musei europei: Carme Rovira Hortalà, curatrice museo Archeologico della Catalunia di Barcellona; Manfred Nawroth, curatore Neues Museum di Berlino; Natalia Demina, curatrice museo Ermitage di San Pietroburgo; Paolo Giulierini, già direttore del museo Archeologico nazionale di Napoli. Presenta e coordina Nicoletta Buffon, amministratore delegato di Villaggio Globale International. Verranno inoltre presentate le esposizioni realizzate in Sardegna, tra cui “Il ritorno dei Giganti”, a cura di Anthony Muroni; “Aristocrazie sarde ed etrusche nel mondo mediterraneo”, a cura di Paolo Giulierini; una mostra su Tharros al museo Diocesano Arborense di Oristano, con Silvia Oppo, Luca Cheri, Ilaria Orri, Nicoletta Camedda, Viviana Pinna, Maria Mureddu; “Sulle spalle dei Giganti. La Preistoria moderna di Costantino Nivola”, con Luca Cheri e Giorgio Murru. Presenta e conduce Ambra Pintore. La serata sarà introdotta da un intervento musicale del duo Federica Urracci & Alessio Sanna.

Giovedì 19 giugno 2025, il Festival affronta i temi di identità, narrazione storica e accessibilità. Alle 20.30, lo scrittore Francesco Grasso dialogherà con l’archeologa Maria Emanuela Alberti sull’immaginario mediterraneo nei romanzi storici “Isole nella storia. Le radici della Sicilia nei romanzi storici”. Seguirà “La Carta di Ustica e la collaborazione tra la Fondazione Sebastiano Tusa e la Fondazione Mont’e Prama” con Anthony Muroni, Valeria Li Vigni, Massimo Cultraro e Giorgio Murru; per poi concludere con l’incontro “Non toccarmi. Uso e accessibilità del corpo nelle opere d’arte” a cura di Claudio Pescio e Roberta Scorranese. Presenta e conduce Ambra Pintore. Introduzione e intervallo musicale a cura di Chiara Effe.

Il Festival si chiuderà venerdì 20 giugno 2025 con una serata interamente dedicata all’archeologia sarda e mediterranea. Alle 20.30, “Relazioni tra Sardegna nuragica, Egeo e Mediterraneo orientale” con Massimo Cultraro, Raimondo Zucca, Carlo Tronchetti e Anna Paola Delogu; “Prospezioni archeologiche nella laguna di Cabras” con Rita Auriemma, Piergiorgio Spanu e Maria Mureddu; “Indagini archeologiche nel nuraghe Cannevadosu di Cabras” con Raimondo Zucca, Nicoletta Camedda e Maura Vargiu; “Spazi di lavoro, spazi di preghiera. La vita quotidiana a Tharros attraverso le ricerche dell’Università di Bologna” a cura di Anna Chiara Fariselli; “Città e paesaggio costiero: le ricerche dell’Università di Cagliari” a cura di Carla Del Vais. Presenta e conduce Ambra Pintore. Introduzione e intervallo musicale a cura di Ilaria Porceddu e Emanuele Contis.

 

Foiano della Chiana (Ar). Per il 50° del museo civico di Sant’Eufemia, la conferenza di Paolo Giulierini su “Foiano etrusca e romana tra archeologi e antiquari” apre il primo dei quattro week end di eventi

Per celebrare mezzo secolo di storia e cultura, il museo civico di Sant’Eufemia a Foiano della Chiana (Ar) promuove quattro weekend ricchi di eventi tra maggio e ottobre: convegni, incontri letterari, concerti e molto altro. Sabato 31 maggio 2025, alle 17.30, si inizia con la conferenza di Paolo Giulierini su “Foiano etrusca e romana tra archeologi e antiquari”, un’occasione speciale per riscoprire il passato e vivere la cultura nel cuore di Foiano. Il week end si completa domenica 1° giugno 2025, alle 17.30, concerto per flauto e arpa con il Duo Arcadia.