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Palermo. Convegno internazionale di studi “Percorsi di archeologia nella Sicilia occidentale. Sebastiano Tusa in memoriam (1952-2019)”: tre giorni di approfondimento sull’attività e sulla figura del grande archeologo promosso dalla Fondazione Buttitta al museo Archeologico “Salinas”. Tutto il programma. Prenotazione obbligatoria

L’archeologo Sebastiano Tusa (foto fondazione buttitta)

A due anni dalla tragica scomparsa del grande archeologo Sebastiano Tusa, è arrivato il momento per una riflessione di tipo storiografico sulla sua personalità di studioso, attivo nella ricerca e nella tutela dei beni culturali siciliani, e sul suo contributo alla loro conoscenza. Partendo da questa esigenza, la Fondazione Ignazio Buttitta ha organizzato il convegno internazionale di studi “Percorsi di archeologia nella Sicilia occidentale. Sebastiano Tusa in memoriam (1952-2019)”, dedicandolo alla figura dell’intellettuale, ai molteplici aspetti della sua ricerca (decine di scavi, interventi di tutela, ricognizioni) e confluita poi, oltre che nella sua duplice attività di funzionario degli enti di tutela e di docente universitario, in una sterminata bibliografia ricca di centinaia di titoli. Da giovedì 4 a sabato 6 novembre 2021, al museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” di Palermo, si svolgerà dunque “Percorsi di archeologia nella Sicilia occidentale Sebastiano Tusa in memoriam (1952-2019)”, l’atteso convegno internazionale di archeologia che la Fondazione Ignazio Buttitta dedica alla figura di Sebastiano Tusa con il sostegno del  BCIF, in collaborazione con il dipartimento Culture e Società dell’università di Palermo e il museo Archeologico regionale “Antonino Salinas” e con il patrocinio della Presidenza della Regione Siciliana. Il programma si presenta eterogeneo per tipologia di appuntamenti, con intellettuali, figure di spicco della scena internazionale che brillano per competenza e profondità di conoscenza dell’archeologia e della storia. Per informazioni, rivolgersi alla Fondazione Ignazio Buttitta ai numeri 0917026433 / 3391852655 / 3332188325. Prenotazione obbligatoria al numero 3285678119. Green Pass obbligatorio.

Locandina del convegno internazionale “Percorsi di archeologia nella Sicilia occidentale”

Il convegno si articolerà in una serie di percorsi tematici: la Sicilia occidentale prima degli Elimi; l’Archeologia subacquea; Selinunte; mondo elimo e Sicilia occidentale; la Sicilia centro-occidentale; musei, museo diffuso e comunicazione; Pantelleria. Ciascuno di essi è collegato alle attività di Sebastiano Tusa e si incentra nel territorio in cui lo studioso si trovò ad operare, ossia la Sicilia occidentale (in particolare le province di Palermo e Trapani). Le relazioni sono affidate a studiosi di rilevanza internazionale, chiamati ad esaminare il contributo e a illustrare il legato e gli sviluppi della ricerca iniziata da Tusa. Porteranno la loro testimonianza i familiari dello studioso scomparso e le autorità regionali e accademiche. Il convegno si conclude il 6 novembre 2021 con la proiezione del documentario “Sulle orme di Sebastiano” di Nicola Ferrari (Italia 2021) e l’assegnazione delle borse di studio “Sebastiano Tusa per la ricerca archeologica”. Le conclusioni sono affidate a Oscar Belvedere.

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L’antropologo Andrea Tusa, figlio di Sebastiano (foto da http://www.pantelleria.com)

“Le attività dedicate a mio padre Sebastiano Tusa sono il frutto della collaborazione tra i suoi figli e la Fondazione Ignazio Buttitta”, spiega Andrea Tusa. “In questa fase si tratta di un importante convegno e dell’assegnazione di tre borse di studio che rientrano in un progetto molto più ampio e articolato che si sviluppa nell’arco di due anni. Queste attività comprendono la sistemazione e l’inventario della biblioteca di mio padre, l’organizzazione e la realizzazione di un altro convegno a lui dedicato, le borse di studio, e lo svolgimento di indagini archeologiche in Sicilia. Spero vivamente – conclude Tusa – che questo progetto, sostenuto dal BCIF, possa costituire un punto di partenza per l’avvio di una serie di attività che possano contribuire seriamente a tenere viva la memoria di mio padre, dei suoi insegnamenti, e di tutto ciò che è riuscito a realizzare per la tutela, lo studio e la valorizzazione del nostro patrimonio archeologico e culturale, e più in generale per la crescita culturale della nostra Sicilia”.

Alcune anfore del carico del relitto romano di Ustica a 80 metri di profondità (foto soprintendenza del mare)

Programma di giovedì 4 novembre 2021. Alle 9.30, saluti inaugurali. Alle 11.30, prolusione di Dario Palermo, Massimo Cultraro, Aurelio Burgio “Ricordo di Sebastiano Tusa”. Alle 15, sezione “La Sicilia occidentale prima degli Elimi”: Fabio Martini (università di Firenze) su “Arte rupestre tra Paleolitico e Mesolitico”; Marcello Piperno, Carmine Collina (museo civico Archeologico “Biagio Greco” di Mondragone) su “La Grotta dell’Uzzo (San Vito lo Capo, Trapani) nel contesto del Mediterraneo occidentale: storia delle ricerche e sistemi tecnici tra Mesolitico e Neolitico”; Rafael M. Martínez Sánchez, José C. Martín de la Cruz (universidad de Córdoba, Spagna) su “Bridging trenches. The Italian-Spanish collaboration in Contrada Stretto (2003-2006)”. Dopo la pausa caffè, alle 17, sezione “L’Archeologia subacquea”, introduce Valeria Li Vigni (soprintendenza del Mare) su “Ultimi ritrovamenti subacquei della Sicilia occidentale”; William M. Murray (university of South Florida, USA) su “Sebastiano Tusa e la Storiografia della Battaglia delle Isole Egadi (intervento online)”; Timmy Gambin (University of Malta) su “I relitti profondi di Ustica e delle Egadi: la documentazione tridimensionale e il Museo Virtuale”; Peter Campbell (Cranfield University, UK) su “La sfida nel tracciare e mappare il luogo della Battaglia delle Egadi”; Jonathan Prag (University of Oxford, UK) su “Le iscrizioni sui rostri delle Egadi (intervento on line)”. Alle 19, discussione e interventi a cura dei funzionari e tecnici della Soprintendenza del Mare.

L’ammasso di rocchi di colonne effetto del crollo del tempio G di Selinunte

Programma di venerdì 5 novembre 2021. Alle 9, sezione “Selinunte”: Clemente Marconi (New York University, Milano) su “Sebastiano Tusa e Selinunte: un progetto di archeologia totale (intervento on line)”; Dieter Mertens, già direttore Istituto Archeologico Germanico di Roma, su “Le ricerche coordinate dall’Istituto Archeologico Germanico a Selinunte”; Caterina Greco (museo Archeologico regionale “Antonino Salinas”), Valeria Tardo (università di Palermo) su “Ceramiche d’importazione dal santuario della Malophoros di Selinunte. Un aggiornamento”; Claudio Parisi Presicce (Musei Capitolini, Roma) su “Il santuario della Malophoros e le aree sacre limitrofe (intervento on line)”. Dopo la pausa caffè, alle 11.30, sezione “Mondo elimo e Sicilia occidentale”: Francesca Spatafora, archeologa, su “Gli Elimi tra storiografia e archeologia”; Rossella Giglio (parco Archeologico di Segesta) su “Segesta: nuove attività del Parco”; Salvatore De Vincenzo (università della Tuscia), Chiara Blasetti Fantauzzi (Freie Universität Berlin / Einstein Center) su “Erice elima, punica e romana alla luce dei nuovi scavi”. Alle 15, sezione “La Sicilia centro-occidentale”: Assia Kysnu Ingoglia (università di Trento), Massimo Cultraro (Cnr-Ispc, università di Palermo) su “Da Roccazzo a Mokarta: modelli insediativi e dinamiche culturali tra Eneolitico e Bronzo Recente nella Sicilia occidentale”; Stefano Vassallo, archeologo, su “Il territorio dei Monti Sicani”; Aurelio Burgio (università di Palermo) su “Dinamiche territoriali nella Sicilia occidentale: uno sguardo nella lunga durata”. Dopo la pausa caffè, alle 17, sezione “Musei, museo diffuso e comunicazione”: Rosalba Panvini (università di Catania) su “Dallo scavo alla valorizzazione. L’attività di Sebastiano Tusa nel campo della museografia”; Enrico Giannitrapani (cooperativa Arkeos, Enna) su “Lo sguardo oltre il mare. La preistoria della Sicilia centrale tra ricerca sul campo e archeologia pubblica (intervento on line)”. Alle 18, discussione.

Frame del film “Sulle orme di Sebastiano” di Nicola Ferrari

Programma di sabato 6 novembre 2021. Alle 9, sezione “Pantelleria”: Maurizio Cattani (università di Bologna) su “Pantelleria e gli studi sulla preistoria siciliana di Sebastiano Tusa”; Thomas Schaefer (Eberhard KarlsUniversität Tübingen) su “Pantelleria in età romana: i risultati delle recenti campagne esplorative (intervento on line)”; TomooMukai (Centre Camille Jullian, Université d’Aix-Marseille / CNRS, France) su “L’île de Pantelleria entre la Sicile et l’Afrique, vu par la céramique (intervento on line)”; alle 10.30, sezione “Memoria e ricordo di Sebastiano Tusa”: proiezione del documentario “Sulle orme di Sebastiano” di Nicola Ferrari (Italia 2021, 25’). Il breve filmato raccoglie i ricordi e le testimonianze dei colleghi e dei collaboratori del professor Sebastiano Tusa, scomparso tragicamente il 10 marzo 2019. Un’occasione per ricordare il suo amore e impegno per l’archeologia, la ricerca e il mare. Alle 11, assegnazione delle borse di Studio “Sebastiano Tusa per la ricerca archeologica”; alle 11.30, conclusioni a cura di Oscar Belvedere.

“CARTHAGO. Il mito immortale”: al Colosseo e al Foro Romano, nel tempio di Romolo e nella Rampa imperiale, la prima grande esposizione con oltre 400 reperti interamente dedicata alla storia e alla civiltà di una delle città più potenti e affascinanti del mondo antico. La mostra dedicata a Sebastiano Tusa e Paolo Bernardini. Omaggio al museo del Bardo di Tunisi

Locandina della mostra “CARTHAGO. Il mito immortale”, al Colosseo e al Foro Romano dal 27 settembre 2019 al 29 marzo 2020

Parco archeologico del Colosseo a Roma

“Il solo nome di Cartagine evoca ancora oggi una civiltà esotica, uno straniero inquietante, un temibile nemico: un’alterità radicale. È una visione che la modernità ha ereditato dalla tradizione classica. In effetti, sono stati soprattutto gli autori latini a informarci sulla civiltà cartaginese, a raccontarne in parte la storia come componente della propria, a trasmetterci la loro visione: di fatto, noi vediamo Cartagine con gli occhi di Roma. Una prospettiva non sempre e solo negativa, ma comunque esterna, fortemente condizionata da una rivalità che è andata via via crescendo fino a provocare uno scontro fatale”. Inizia così l’intervento di Alfonsina Russo, Francesca Guarneri, Paolo Xella e José Ángel Zamora López, curatori della mostra “CARTHAGO. Il mito immortale”, la prima grande esposizione interamente dedicata alla storia e alla civiltà di una delle città più potenti e affascinanti del mondo antico. L’esposizione, promossa dal Parco archeologico del Colosseo, con l’organizzazione di Electa, è allestita fino al 29 marzo 2020 nei monumentali spazi del Colosseo e del Foro Romano, nel tempio di Romolo e nella Rampa imperiale, con oltre quattrocento reperti, provenienti dalle più prestigiose istituzioni museali italiane e straniere, grazie a prestiti straordinari, frutto di un lavoro assiduo di cooperazione internazionale.

Ricostruzione virtuale di Punto Rec Studios del porto commerciale e del tophet di Cartagine intorno al 150 a.C.

“Cartagine e Roma si confrontarono in un lungo percorso”, continuano i curatori, “contrassegnato all’inizio da reciproca indifferenza, poi da accordi e concorrenza, e infine da una lotta senza esclusione di colpi. Sarà Roma vincitrice quella che racconterà tutto questo percorso, dalla sua prospettiva e secondo la sua mentalità. Il prestigio della tradizione classica ha poi trasmesso il racconto romano al mondo moderno e contemporaneo. Tanti degli stereotipi ricevuti dal passato sono stati accolti e variamente rielaborati senza rimuovere, anzi talvolta rafforzando, l’idea centrale di Cartagine come alterità. La ricerca scientifica è tuttavia intervenuta attraverso un paziente lavoro storico, archeologico e filologico, riuscendo a restituire voce autonoma alla cultura di Cartagine. Si è inoltre avviata un’attenta riflessione sugli stereotipi tradizionali e le loro radici, che ha mirato alla loro comprensione e superamento. Sembra ora giunto il momento di trasmettere attraverso una mostra il percorso di questa lunga riflessione scientifica e le sue principali acquisizioni. Il titolo scelto, “Carthago” (resa latina del nome punico della città), evidenzia la centralità di Cartagine ma, al tempo stesso, ne sottolinea l’importanza rivestita dalla dialettica con Roma. La stessa Roma, sede della Mostra, è chiamata infatti a raccontare ora Cartagine in un modo diverso”.

Il cosiddetto Rostro Egadi 4 con decorazione di Vittoria alata sormontante iscrizione con i nomi dei due questori, ripescato nelle acque di Levanzo, area della battaglia delle Egadi, e conservato nell’Antiquarium di Pantelleria (foto Soprintendenza del Mare)

L’ingresso al Colosseo della mostra “Carthago” che richiama la stilizzazione della dea fenicia Tanit

Ad accogliere il visitatore all’ingresso del Colosseo una ricostruzione del Moloch del film “Cabiria” del 1914 di Giovanni Pastrone, sceneggiato da Gabriele D’Annunzio: la terribile divinità legata ai culti fenici e ai cartaginesi. La rassegna lega le vicende delle due grandi potenze del mondo antico – Cartagine e Roma – lungo un percorso narrativo che si snoda, negli spazi del Colosseo, dalla fondazione dell’Oriente fenicio passando per la storia della città e dei suoi abitanti, l’espansione nel Mediterraneo e la ricchezza degli scambi commerciali e culturali nella fase che va dalle guerre puniche all’età augustea, sino a giungere alla complessità del processo di romanizzazione che ha portato Roma ad annientare, nella battaglia delle Egadi (241 a.C.), quella che era ormai divenuta l’unica temibile rivale per il controllo del mare. E proprio dalle Egadi provengono reperti mai esposti prima, risultato delle campagne di ricerca condotte dalla Soprintendenza del Mare siciliana. Chiude l’esposizione al Colosseo un’appendice sulla riscoperta della città nell’immaginario moderno e contemporaneo.

Ritratto di Giulio Cesare di età tardo tiberiana-claudia dall’acropoli di Kossyra, conservata nell’Antiquarium di Pantelleria (foto Sabap Trapani)

Il processo di interscambio culturale tra le sponde del Mediterraneo è raccontato, all’interno del Foro Romano, nel tempio di Romolo con i casi di studio di Nora e Pantelleria. Il percorso prosegue nella Rampa imperiale con la rifondazione della nuova Colonia Concordia Iulia Carthago che per tutta l’età imperiale si distinguerà per la sua superficie di oltre 200 ettari e che diverrà a tutti gli effetti una città monumentale dotata di edifici da spettacolo e lussuose abitazioni private, famose ovunque per la ricchezza dei loro mosaici policromi di cui si hanno in mostra alcuni straordinari esemplari; si conclude quindi con testimonianze del nascente cristianesimo, di cui Cartagine è stata uno dei principali centri propulsori.

Corazza in bronzo del III-II sec- a-C- con decorazioni geometriche, vegetali e figurative (volto di dea guerriera) da Ksour es-Saaf, conservata al museo del Bardo di Tunisi (foto De Agostini Picture Library / A. Dagli Orti / Bridgeman Images)

Alfonsina Russo, direttore del parco archeologico del Colosseo

“L’esposizione, che presenta, oltre ai numerosi reperti giunti dai principali musei italiani e internazionali (Spagna, Malta, Libano, Germania), diverse testimonianze provenienti dalla Tunisia (Museo di Cartagine) e in particolare dal museo del Bardo di Tunisi, intende anche contribuire a rilanciare l’immagine, a livello internazionale, di quel museo, colpito al cuore dall’attacco terroristico avvenuto il 18 marzo 2015, durante il quale sono morte ventiquattro persone, tra cui quattro turisti italiani: una testimonianza di grande rispetto per uno tra i musei archeologici più importanti di tutto il bacino del Mediterraneo”, spiega Alfonsina Russo, direttrice del parco archeologico del Colosseo. “Non è un caso che nel momento in cui si voglia attentare alla vita politica e civile di una comunità, gli obiettivi prioritari da colpire sono i musei e i monumenti, ma dalla cultura si può e si deve ripartire per riaffermare l’identità e la coesione sociale di una nazione, per costruire una rete di solidarietà internazionale, estremamente efficace per evitare l’isolamento di un popolo. La mostra “Carthago. Il mito immortale” ha anche questa finalità, forse la principale. Non a caso, con il Ministero della cultura della Repubblica di Tunisia, che ringrazio infinitamente per la straordinaria collaborazione, saranno organizzate, nel corso dell’evento, una serie di manifestazioni per far conoscere espressioni e testimoni importanti della cultura di questa nazione e per riaffermare e consolidare la vicinanza e l’amicizia tra l’Italia e la Tunisia”.

Sebastiano Tusa, 66 anni, archeologo subacqueo di fama internazionale, soprintendente del Mare, assessore ai Beni culturali della Regione Sicilia, morto nel disastro areeo dell’Ethiopian Air LInes

“C’è uno studioso che riassume in sé queste relazioni profonde che legano i popoli del Mediterraneo nel nome di una cultura comune portatrice di valori importanti”, riprende Russo: “è Sebastiano Tusa, straordinaria figura di archeologo, cui si devono, tra l’altro, importanti scoperte sulle presenze fenicie e puniche in Sicilia ed eccezionali rinvenimenti sottomarini riferibili ai relitti delle navi romane e cartaginesi che nel 241 a.C. si scontrarono, con la vittoria di Roma, al largo delle isole Egadi, ponendo fine alla prima guerra punica. A lui, che, prima della tragica scomparsa a seguito di un incidente aereo nel marzo di quest’anno, ha rivestito anche la carica di Assessore ai beni culturali della Regione Siciliana, è dedicata questa mostra, di cui ha seguito le prime fasi organizzative. Accanto al nome di Sebastiano Tusa, non è possibile non affiancare – nel ricordo e nella dedica – quello di un altro studioso di altissimo profilo del mondo fenicio e punico, e della Sardegna in particolare: Paolo Bernardini, venuto a mancare proprio nel periodo più intenso della preparazione della Mostra, senza le cui ricerche e interpretazioni archeologiche e storiche, il Mediterraneo fenicio e punico non sarebbe così ricco, sfaccettato e oggetto di rinnovato interesse come lo è attualmente. Molti dei reperti in esposizione, che si devono agli studi e alle scoperte di questi due colleghi – conclude -, manterranno viva la loro presenza nel segno di un dialogo che dall’antichità prosegue sino ai nostri giorni tra le genti del Mediterraneo”.

Una vetrina della mostra “CARTHAGO. Il mito immortale” al Colosseo (foto Claudia Pescatori)

La via di presentazione scelta dai curatori è stata quella di fornire un grande affresco storico generale, prevedendo molteplici possibilità di fruizione. Il discorso proposto parte dalle radici fenicie di Cartagine nel Levante, ripercorre le fasi formative e di espansione e giunge ai definitivi scontri con Roma, che segneranno la sua distruzione, ricostruzione e integrazione definitiva nel mondo romano e poi cristiano. La presentazione si chiude con una riflessione sulla visione di Cartagine nell’immaginario moderno e contemporaneo. “Si sottolinea così la traccia incancellabile lasciata da una civiltà restituita scientificamente dalla ricerca, ma tuttora prigioniera di clichés creati da altri. Per ognuna di questa fasi storiche, si è cercato di privilegiare alcune chiavi di lettura che mirano a consentire al visitatore una riflessione su fenomeni moderni in qualche modo comparabili. Viviamo infatti un’epoca in cui la questione della convivenza tra genti in grande, crescente, inarrestabile mobilità, della necessità d’integrazione socio-culturale tra popoli di tradizioni e lingue diverse, dell’accoglienza dell’altro senza strumentalizzazioni o pregiudizi, è ineludibile: una rievocazione storica e documentata dell’esperienza fenicia e punica nel nostro Mediterraneo, che ha lasciato tracce profonde fino ai nostri giorni risulta, anche per questo, di straordinaria attualità”.

Il catalogo Electa della mostra “Carthago”

Alla mostra si accompagnano due pubblicazioni edite da Electa. Il volume di studi, dai numerosi contributi, fornisce un grande affresco storico generale, sorretto da rigorose e aggiornate basi scientifiche. Privilegia alcune chiavi di lettura che mirano a introdurre il lettore nella realtà antica e, al tempo stesso, a consentirgli una riflessione su fenomeni moderni in qualche modo comparabili. A questa pubblicazione si affianca un’agile guida, bilingue italiano e inglese, che accompagna il visitatore attraverso le varie sezioni della rassegna e nel percorso espositivo al Foro Romano.

Scoperto in fondo al mare nel Canale di Sicilia un monolito di 9500 anni fa: svela capacità e conoscenze dei cacciatori-raccogliori che vivevano nell’arcipelago di Pantelleria, sommerso alla fine della glaciazione

Il monolito lungo 12 metri trovato a 40 metri di profondità nel Canale di Sicilia

Il monolito lungo 12 metri trovato a 40 metri di profondità nel Canale di Sicilia

Nel cerchietto rosso il punto dove è stato ritrovato il monolito di 9500 anni fa

Nel cerchietto rosso il punto dove è stato ritrovato il monolito di 9500 anni fa

I segreti dei nostri antenati cacciatori-raccoglitori dell’età della pietra sono sepolti in fondo al mare: lì dove oggi c’è il Canale di Sicilia, 10mila anni fa – quando il livello delle acque era più basso di 40 metri – pullulava la vita sulle molte isole tra Pantelleria e la Sicilia, abitate da uomini che – diversamente dal pensare comune – erano già tecnologicamente avanzati. Solo teorie? Ora qualcosa in più dopo l’eccezionale scoperta di un monolito di 12 metri di lunghezza, con chiare tracce di lavorazione umana, adagiato sul fondo del mare a circa 40 metri di profondità e a 60 chilometri dalla costa, dove si trova il banco di Pantelleria vecchia, una delle isole (ora sommersa) che costituivano un antico arcipelago oggi identificato nel Plateau Avventura. Il monolito è stato trovato dai sub nella zona del Canale di Sicilia grazie agli indizi raccolti dai geologi dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste. La scoperta di questo grosso blocco di pietra lavorato, che presenta fori regolari su alcuni dei suoi lati e un foro che lo attraversa per intero in una sua estremità, testimonia la presenza di antiche popolazioni in questo lembo del Mediterraneo, circa 9500 anni fa, quando il livello globale del mare era più basso di oltre 40 metri. Il sito identificato nel Canale di Sicilia è uno dei siti sommersi più antichi finora conosciuti, di età Mesolitica, coevo alle strutture di Göbekli Tepe in Turchia, il primo esempio noto di tempio in pietra, e di diversi millenni anteriore ad esempio a Stonhenge.

Il monolito è stato trovato grazie agli indizi raccolti dai geologi dall'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste

Il monolito è stato trovato grazie agli indizi raccolti dai geologi dall’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (Ogs) di Trieste

Il banco di Pantelleria vecchia oggi identificato nel Plateau Avventura

Il banco di Pantelleria vecchia oggi nel Plateau Avventura

I dati, recentemente pubblicati sul Journal of Archaeological Science: Reports, dimostrano che già nel Mesolitico erano abitate alcune isole che, sino a circa 9mila anni fa, punteggiavano l’odierno settore nord-occidentale del Canale di Sicilia. L’arcipelago, che un tempo si estendeva tra le coste della Sicilia e l’Isola di Pantelleria, fu progressivamente inghiottito dall’innalzamento del mare seguito allo scioglimento della calotta di ghiaccio che copriva buona parte dell’odierna Europa settentrionale, durante l’Ultimo Massimo Glaciale (circa 18mila anni fa). “La scoperta di questo sito sommerso nel Canale di Sicilia”, spiegano gli archeologi, “consente di espandere in modo significativo le nostre conoscenze sulle prime civiltà nel Bacino del Mediterraneo e in materia di innovazione tecnologica e di sviluppo conseguiti dagli abitanti mesolitici.

Il posizionamento del monolito rispetto all'isola, oggi sommersa, abitata 9500 anni fa

Il posizionamento del monolito rispetto all’isola, oggi sommersa, abitata 9500 anni fa

Un rendering del monolito nella posizione originaria

Un rendering del monolito nella posizione originaria

Grazie agli studi guidati dall’Ogs, con la collaborazione dell’università di Tel Aviv, dell’Arma dei Carabinieri e di un gruppo di sub professionisti della Global Underwater Explorers, è stato possibile ricostruire la storia del suo insediamento umano. “Attraverso l’analisi dei dati raccolti (batimetria ad alta risoluzione, campionamenti, osservazioni fotografiche e video) e il confronto con l’andamento della variazione del livello del mare, abbiamo potuto ricostruire la storia dell’abbandono di questo sito, avvenuta intorno a 9500 anni fa”, spiega Emanuele Lodolo, ricercatore dell’Ogs e coordinatore dello studio. “Le prime osservazioni risalgono alle attività di ricerca nel Canale di Sicilia che abbiamo iniziato nel 2009 con la nave Ogs-Explora, ma solo oggi siamo riusciti a ricostruire la storia di questo sito archeologico”. Il monolite scoperto ha richiesto taglio, estrazione, trasporto e installazione che rivelano importanti competenze tecniche e ingegneristiche, tali da dover abbandonare la convinzione che i nostri antenati non avessero le conoscenze, l’abilità e la tecnologia per sfruttare le risorse naturali e fare traversate marittime. Le recenti scoperte di archeologia sommersa hanno definitivamente eliminato il concetto di “primitivismo tecnologico” spesso attribuito ai cacciatori-raccoglitori delle zone costiere.

Il monolito è stato lavorato dall'uomo, come indicano i fori praticati

Il monolito è stato lavorato dall’uomo, come indicano i fori praticati

“Una vasta documentazione archeologica dei primi insediamenti umani è ancora sepolta nelle aree di mare basso delle nostre piattaforme continentali, che erano emerse durante l’ultimo massimo glaciale. Quasi tutto ciò che sappiamo delle culture preistoriche deriva principalmente dagli studi condotti sugli insediamenti a terra”, conclude Lodolo. “Per trovare le radici della civiltà nella regione del Mediterraneo, è necessario concentrare la ricerca nelle aree di mare basso ora sommerse: questa sarà la sfida della moderna archeologia”.