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Vicenza. A Palazzo Leoni Montanari secondo incontro nell’ambito del ciclo “L’archeologia si racconta”: focus di Luca Zamparo su “Collezioni e collezionisti in Veneto” a corollario della mostra “Argilla. Storie di viaggi”

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L’ingresso della mostra “Argilla. Storie di viaggi” alle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari a Vicenza (foto Marco Zorzanello)

Venerdì 17 febbraio 2023, alle 17.30, a Palazzo Leoni Montanari, secondo incontro nell’ambito del ciclo “L’archeologia si racconta”, incontri ad ingresso libero alla scoperta delle storie raccontate dagli antichi vasi in occasione dell’itinerario espositivo “Argilla. Storie di viaggi”. Alle Gallerie d’Italia di Vicenza, museo di Intesa Sanpaolo, le antiche ceramiche greche continuano dunque a parlarci di un tema dal grande fascino: il loro viaggio nei secoli, attraverso il Mediterraneo, fino a luoghi apparentemente lontani come i musei del Veneto. In questo secondo appuntamento, Luca Zamparo approfondirà il tema “Collezioni e collezionisti in Veneto: buone pratiche”. Attraverso un percorso storico e sociale, la conferenza porterà i partecipanti ad indagare le modalità di creazione di una collezione, le motivazioni che portano a collezionare, così come le buone prassi da adottare per non cadere in errore o commettere degli illeciti contro il patrimonio culturale. Il collezionismo, infatti, non è solo una storia di oggetti bensì una storia di uomini e donne intrisa di passioni, ambizioni, desideri e di qualche sconfitta. L’incontro parlerà di passato e, al tempo stesso, si prenderanno in considerazione il presente e il futuro del rapporto umano con l’arte e con la cultura. Luca Zamparo è specializzato in archeologia e museologia e svolge la sua attività di ricerca, didattica e progettazione culturale presso il Dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova.  È curatore dell’esposizione insieme a Monica Salvadori e Monica Baggio.

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Una sala della mostra “Argilla. Storie di viaggi” alle Gallerie d’Italia – Palazzo Leoni Montanari a Vicenza (foto Marco Zorzanello)

Il percorso espositivo. A cura di Monica Salvadori, Monica Baggio e Luca Zamparo, la mostra “Argilla. Storie di viaggi”, aperta al pubblico fino al 18 giugno 2023, intende riflettere sul ruolo aggregatore della ceramica greca nell’ambito mediterraneo – fonte di ispirazione, contaminazione, sviluppo -, ovvero sulla capacità degli esemplari figurati ateniesi di interloquire con i pubblici attuali per agevolare la comprensione del ruolo dell’antico come origine del nostro sistema di valori. Il percorso triennale, giunto al secondo appuntamento dopo “Argilla. Storie di vasi”, nasce nell’ambito della collaborazione fra la direzione Arte, Cultura e Beni storici di Intesa Sanpaolo e il Dipartimento dei Beni culturali dell’università di Padova, in seno alle ricerche sviluppate dal progetto “MemO. La memoria degli oggetti”. Un approccio multidisciplinare per lo studio, la digitalizzazione e la valorizzazione della ceramica greca e magnogreca in Veneto, sostenuto dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo. L’esposizione consente di ammirare manufatti provenienti dalla collezione Intesa Sanpaolo e da importanti musei archeologici del Veneto: il museo Archeologico nazionale di Adria e il museo Archeologico nazionale di Venezia, il museo civico di Bassano del Grappa, il museo dei Grandi Fiumi di Rovigo e il museo di Scienze archeologiche e d’arte e del Centro d’Ateneo per i Musei dell’università di Padova.

Vicenza, alla mostra “Mito. Dei ed eroi”: in questa 2^ parte scopriamo Alessandro Magno, Atena ed Ercole, altro nume tutelare della famiglia Leoni Montanari: ancora una volta gli affreschi allegorici del nobile palazzo dialogano con statue e affreschi antichi, e dipinti moderni

La locandina della mostra “Mito, dei ed eroi” a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza

Fernando Mazzocca, Federica Giacobello, Agata Keran, curatori della mostra “Mito, dei ed eroi” (foto Graziano Tavan)

Mostra “Mito, dei ed eroi”: l’Antico dialoga con il Moderno nella Galleria di Ercole a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza (foto Graziano Tavan)

Una mostra – “Mito. Dei ed eroi”, alle Gallerie d’Italia di Vicenza fino al 14 luglio 2019 – per ricordare i vent’anni dall’apertura al pubblico di Palazzo Leoni Montanari e delle sue raccolte d’arte, ma anche occasione per invitare i visitatori alla riscoperta dell’identità di questo contenitore, splendida testimonianza della civiltà dell’abitare e della cultura figurativa italiane tra Sei e Ottocento. “La configurazione dell’edificio”, spiegano i curatori Fernando Mazzocca, Federica Giacobello, Agata Keran, “e il notevole percorso iconografico delle sue magnifiche decorazioni pittoriche e a stucco, ma anche l’eccezionale collezione di vasi greci e magnogreci che vi è conservata, hanno costituito le basi di un originale progetto espositivo che indaghi la fortuna della mitologia classica, partendo dalla sua rappresentazione nell’antichità, per poi ripercorrere il suo reimpiego nei secoli sino all’esito esemplare tra il Classicismo seicentesco e le diverse stagioni, tra Sette e Ottocento, del Neoclassicismo. Le sezioni della mostra, che segue un criterio tematico legato ai miti e ai personaggi privilegiati nelle decorazioni del palazzo, si articolano, creando ogni volta straordinarie suggestioni, nelle sale affrescate e decorate a stucco di Palazzo Leoni Montanari. Si ha dunque la possibilità – continuano i curatori – di proporre continui confronti tra gli dei, gli eroi e i miti lì rappresentati e quelli raffigurati nelle opere, antiche e moderne, selezionate tra quelle delle raccolte di Intesa Sanpaolo e in prestigiosi musei e collezioni private italiane e straniere. Non si tratta di paragoni solo sul piano figurativo, per mostrare come lo stesso personaggio o episodio siano stati resi diversamente in pittura e in scultura, ma anche e soprattutto sul versante iconologico, per spiegare al pubblico i diversi significati – religiosi, morali, culturali, allegorici – assunti dal mito in tempi e contesti tanto diversi. L’antichità greca e romana rivive nell’esposizione acquistando propria identità attraverso le narrazioni delle raffigurazioni vascolari attiche e magnogreche e delle pitture parietali dall’area vesuviana; le sculture in terracotta, marmo e in materiale prezioso ci restituiranno aspetti cultuali e rituali della religione greca, oggetti preziosi dell’arte suntuaria e un raro marmo dipinto documentano come il mito con le sue molteplici declinazioni sia strettamente compenetrato nella società antica, costituendone il fondamento. Non si tratta quindi solo di raffinate creazioni ma di testimonianze delle comunità che si svilupparono in Grecia e in Italia tra il VI a.C. e il II secolo d.C.”.

La sala di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza dedicata al mito di Alessandro Magno (foto Graziano Tavan)

Medaglioni in marmo di Filippo Collino con i ritratti di Alessandro e Olimpia dai musei Reali di Torino (foto Graziano Tavan)

Le divinità che emergono nel percorso iconografico di Palazzo Leoni Montanari sono Apollo e Ercole (come abbiamo visto nel precedente post: ), assumendo un ruolo che li fa apparire come i numi tutelari del luogo e della famiglia che lo ha abitato. Ma non sono gli unici a far parte del pantheon “privato” dei Leoni Montanari. C’è – ad esempio – anche Alessandro Magno. Il condottiero macedone è una delle figure più frequenti nell’antica “casa Montanara”, presente in origine anche come soggetto di alcuni quadri della perduta raccolta d’arte di Giovanni I. Nel ciclo di affreschi della sala si raccontano tre episodi relativi al re macedone (Lezione di Aristotele, Alessandro taglia il nodo di Gordio, Alessandro davanti al cadavere di Dario). Straordinaria personalità storica che segnò la fine dell’età classica e diede inizio al periodo ellenistico, entrò a far parte della tradizione mitica antica alla stregua degli dei e degli eroi e, come essi, fu raffigurato e celebrato in opere d’arte già dai suoi contemporanei. Personaggio di grande carisma, Alessandro è rappresentato in una veste del tutto idealizzata, tanto da incarnare, assieme al troiano Enea presente nella sala dell’Eneide, il più alto modello di virtù, al contempo eroica e umana, esprimibile con un concetto assai complesso: la pietas, ossia la responsabilità civica e personale dell’individuo verso il mondo terreno e divino. La gloria e la leggenda di Alessandro hanno resistito nei secoli. In età neoclassica il suo fascino è particolarmente sentito e, come dimostrano i due magnifici medaglioni in marmo di Filippo Collino ispirati a due celebri busti dei musei Capitolini ammirati anche da Winckelmann, è legato alla sua leggendaria bellezza abbinata a quella della madre Olimpiade.

La sala di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza dedicata al mito di Ercole (foto Graziano Tavan)

“Ercole al bivio tra la Virtù e il Vizio” di Pompeo Batoni dai musei Reali di Torino (foto Graziano Tavan)

Ercole e Nesso su un affresco dalla Casa di Giasone di Pompei, oggi al Mann (foto Graziano Tavan)

Ercole e le sue imprese allegoria di un’ascesa. Ercole è la figura mitologica di principale riferimento identitario, sia familiare che di appartenenza culturale e spirituale. La sua caratteristica leontide si associa al leone presente nello stemma familiare, mentre lo spirito combattente dell’eroe evoca allegoricamente il faticoso impegno sostenuto dai Leoni Montanari durante il lungo percorso dell’affermazione sociale. Alla dimensione autocelebrativa della casata, si accosta invece una lettura più profonda del mito, da mettere in relazione alla Philosophia Christi di Erasmo da Rotterdam. Soggetti affrescati nella sala: Il bambino Ercole lotta contro il serpente inviato da Giunone, Ercole sul bivio tra la Virtù e il Vizio, Ercole libera Prometeo, Ercole combatte contro il toro di Maratona, Ercole e Deianira con il centauro Nesso, Ercole e Atlante. Il ciclo pittorico trova corrispondenza nelle opere archeologiche che mostrano la raffigurazione greca e romana dell’eroe e delle sue imprese riportate all’originale contesto. Eracle è infatti eroe panellenico (il suo culto è diffuso in tutta la Grecia) e civilizzatore, distruttore di mostri, espressione del mondo selvaggio e delle barbarie a cui si contrapponeva la cultura greca. Le molte prove e tentazioni (come ricorda la sua storia d’amore e di schiavitù con la regina dei Lidi Onfale) a cui fu sottoposto furono già in antico interpretate come espressione della fatica della vita umana. Eracle condivideva con l’uomo infatti la mortalità e la sofferenza, e con atroci sofferenze morirà gettandosi su una pira a causa della veste avvelenata con il sangue del centauro Nesso, donatagli dalla gelosa moglie Deianira. Ma la sua morte segnò la sua vittoria finale, l’apoteosi dell’eroe che fu accolto nel pantheon olimpico.

La sala dei Fauni di Palazzo Leoni Montanari di Vicenza dedicata al mito di Atena (foto Graziano Tavan)

La grandiosa statua in marmo dell’Atena Albani conservata al museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Graziano Tavan)

Atena la dea combattente e delle arti. La sezione è dedicata ad Atena una delle principali divinità del pantheon greco, vergine guerriera, divinità tutelare della città di Atene, nume delle arti prerogativa che condivide con Apollo. La Sala dei Fauni accoglie quest’ultimo tema introdotto dalla grandiosa statua in marmo dell’Atena Albani dal museo Archeologico di Napoli e suggellato dalla celeberrima tela del Tiepolo che vede la statua della dea e quella di Apollo poste ai lati di Ottaviano Augusto. Esemplari statuari e vascolari antichi mostreranno le caratteristiche iconografiche della divinità. Nella stessa sala trovano spazio tre eccezionali esemplari ceramici magnogreci provenienti da Ruvo di Puglia con la raffigurazione del culto di Apollo a Delfi, il più importante centro oracolare del dio dove sono ambientati celebri episodi del mito e della tragedia greca.

Apoteosi di Eracle: dettaglio di un famoso vaso del IV sec. a.C. del Pittore di Licurgo, proveniente da Ruvo di Puglia, oggi nelle collezioni di Banca Intesa San Paolo (foto Graziano Tavan)

Apoteosi di Eracle, glorificazione della famiglia Leoni Montanari. Il percorso si conclude nella suggestiva e barocca Loggia di Ercole, visibile anche entrando dal palazzo in uno scenografico ingresso. Qui si celebra, specularmente ad Apollo, l’altro protagonista del palazzo, Eracle. Il trionfo dell’eroe è espresso dalla sua immagine statuaria che lo vede immortalato mentre uccide l’idra di Lerna, uno delle sue celebri fatiche. La decorazione della loggia ne costituisce scenario ideale, un nuovo Olimpo. In prossimità dell’ingresso alla loggia sarà possibile ammirare il cratere magnogreco, capolavoro della collezione archeologica Intesa Sanpaolo, con la raffigurazione della apoteosi di Eracle e della sua ascesa tra gli dei.

Vicenza, alla mostra “Mito. Dei ed eroi”: in questa 1^ parte scopriamo Apollo, nume tutelare della famiglia Leoni Montanari: gli affreschi allegorici del nobile palazzo dialogano con statue e affreschi antichi, e dipinti moderni

La statua romana di Apollo accoglie i visitatori della mostra “Mito. Dei ed eroi” a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza. Alle sue spalle si intravede il Salone di Apollo (foto Graziano Tavan)

Fernando Mazzocca, Federica Giacobello, Agata Keran, curatori della mostra “Mito, dei ed eroi” (foto Graziano Tavan)

Ercole vigila dall’alto della suggestiva loggia barocca l’ingresso del palazzo e quanti fanno visita alla nobile famiglia vicentina dei Leoni Montanari di cui è nume tutelare. Ma ai più sfugge il suo sguardo. I visitatori che varcano la soglia della storica dimora di contra’ Santa Corona, a Vicenza, oggi sede delle collezioni delle Gallerie d’Italia di Banca Intesa San Paolo, attraversano distratti l’antico passo carraio e salgono al piano nobile. E qui invece non può sfuggire l’altro protagonista del palazzo e della famiglia che questo palazzo ha voluto con tutte le sue decorazioni celebrative, Apollo. Fino al 14 luglio 2019 un bellissimo Apollo del I sec. d.C. dal museo romano di Palazzo Massimo accoglie i visitatori nel “suo” palazzo. Alle sue spalle si apre il grande Salone, non a caso dedicato proprio ad Apollo, dove inizia il percorso della mostra “Mito. Dei ed eroi”, a cura di Fernando Mazzocca, Federica Giacobello, Agata Keran, allestita per celebrare il ventennale dell’apertura della sede vicentina delle Gallerie d’Italia (vedi https://archeologiavocidalpassato.wordpress.com/2019/05/05/a-vicenza-la-mostra-mito-dei-ed-eroi-per-il-ventennale-delle-gallerie-ditalia-fa-riscoprire-arte-e-architettura-di-palazzo-leoni-montanari-in-cui-preziosi-reperti-antichi-d/). Il percorso si snoda lungo il piano nobile di Palazzo Leoni Montanari che rappresenta uno straordinario palcoscenico d’arte, popolato di miti e di allegorie profondamente legati al destino umano e storico della casata Leoni Montanari. Il filo conduttore della mostra è costituito dalle raffigurazioni pittoriche che ornano il palazzo di origine seicentesca: miti e iconografie greche risemantizzati per esaltare i valori ideali della committenza alla luce dell’ideologia e del sentimento del tempo. Partendo dunque dalla rilettura moderna, il visitatore è poi condotto a riscoprire divinità e racconti mitici nella loro autenticità antica, a comprenderne il valore religioso e artistico per cui furono concepiti.

“La strage dei Niobidi”: uno dei due “arazzi” dipinti nel Salone di Apollo di Palazzo Leoni Montanari a Vicenza da Giuseppe Alberti (foto Graziano Tavan)

Il dio tutelare del palazzo e protagonista delle sue raffigurazioni è – come si diceva – Apollo, divinità oracolare, delle arti e della musica. Con lui si apre la mostra in una sezione dedicata a due episodi del mito greco che lo vedono coinvolto in feroci punizioni esemplari ma che nel programma iconografico seicentesco servono a sottolineare la visione del palazzo come palcoscenico teatrale e musicale: la strage dei Niobidi e la gara musicale tra Apollo e Marsia. Siamo nel cosiddetto Salone di Apollo, luogo deputato sin dalle origini a eventi conviviali, come feste, concerti e momento teatrali. Questi due miti sono rappresentati nel Salone di Apollo dai dipinti realizzati come finti arazzi dal trentino Giuseppe Alberti, chiamato dai Leoni Montanari tra il 1687 e il 1688 a realizzare un ampio apparato ornamentale all’insegna della glorificazione della casata, in occasione dell’acquisizione della cittadinanza nobiliare di Vicenza. Apollo è infallibile arciere, venerato in antico come Parnopios (sterminatore di cavallette): e proprio un esempio di Apollo arciere è quello che abbiamo appena incontrato all’ingresso del salone, che si rifà a un celebre tipo statuario dello scultore ateniese Fidia, dedicato sull’Acropoli a protezione dei flagelli naturali. Ed è con l’arco che Apollo vendicherà, insieme alla sorella gemella Artemide, la madre Latona compiendo la strage dei figli di Niobe, la mortale che aveva osato vantarsi con la dea della sua numerosa progenie, compiendo un atto di hybris, all’origine della tragedia che ha colpito profondamente l’immaginario letterario e artistico. L’altro episodio che, come il precedente, ebbe grande fortuna e diffusione, è presentato più avanti – nel percorso della mostra – nella cosiddetta Sala dell’Antica Roma: Apollo è celebrato come dio della musica ed esperto suonatore della lira: tra i suoi molti trionfi sconfigge il satiro Marsia, abile suonatore di aulòs, flauto a doppia canna, che aveva osato sfidarlo in una gara musicale. Marsia fu punito con una tortura atroce ed esemplare: fu scorticato vivo.

La strage dei Niobidi su un affresco staccato dalla Casa del Marinaio di Pompei e oggi al Mann (foto Graziano Tavan)

Dettaglio del fronte di sarcofago del II sec. d.C. dal museo Archeologico nazionale di Venezia con la strage dei Niobidi (foto Graziano Tavan)

Usciti dal Salone di Apollo incontriamo due preziosi vasi per la conservazione dell’acqua lustrale (loutrophoros) a figure rosse (IV sec. a.C.) conservate al museo Archeologico nazionale di Napoli sui quali è rappresentata la pietrificazione di Niobe, mentre nell’affresco staccato dalla Casa del Marinaio di Pompei, a essere descritta è la strage dei Niobidi, cioè l’uccisione dei figli maschi di Niobe da parte di Apollo. Le figlie, invece, saranno eliminate da Artemide: a questa strage assiste impotente Niobe. La vediamo in una scena ricca di pathos in un marmo dipinto con pigmenti ocra proveniente dalla stessa domus pompeiana. Niobe guarda in alto, terrorizzata, in direzione delle frecce saettate da Artemide e col mantello cerca di proteggere una delle sue bimbe, colta mentre urla di dolore trafitta alla coscia da una freccia. Lo sguardo di Apollo nella testa in marmo del II sec. d.C. ci porta invece ad ammirare il coevo fronte di sarcofago dal museo Archeologico nazionale di Venezia, dove in un contorcersi di corpi si consuma la strage dei Niobidi, invano protetti dai loro genitori. Il mito dei figli di Niobe uccisi da Apollo e Artemide ha una ricca tradizione iconografica come conferma l’olio su tela del bresciano Luigi Basiletti che, oltre a essere stato un apprezzato pittore di paesaggio è stato anche un grande archeologo cui si devono gli scavi e il recuperi della Brescia romana. Basiletti recupera la drammaticità del mito e rievoca il mondo classico inserendo sullo sfondo la cupola del Pantheon e i Dioscuri del Quirinale.

Il bellissimo “Sigillo di Nerone” con il mito di Apollo e Marsia dal museo Archeologico nazionale di Napoli (foto Graziano Tavan)

L’opera di Pompeo Batoni con “Apollo, la Musica e la Geometria” (foto Graziano Tavan)

Con il mito di Apollo e Marsia celebrato, come abbiamo visto, nel Salone di Apollo, si esalta l’arte della musica e del bel canto al suono della lira. Con la vittoria di Apollo sul satiro Marsia esperto suonatore di flauto, le Muse decretano la superiorità degli strumenti a corda su quelli a fiato. Il mito attestato in Grecia dalla metà del V sec. a.C. e documentato vivacemente nel vaso apulo del IV sec. a.C. conservato al Mann esposto in mostra a Vicenza, ebbe grande popolarità nell’arte romana di ambito privato come testimoniano l’affresco da Pompei e il celebre “sigillo di Nerone”, gemma della fine del I sec. a.C. entrata a far parte della collezione di Lorenzo de’ Medici alla fine del XV secolo e oggi al Mann: Apollo è a sinistra, in piedi. Con la sinistra tiene la cetra e con la destra il plettro. A destra, seduto su una roccia è Marsia, legato con le braccia dietro la schiena a un albero disseccato. È il momento prima della fine del mito quando Marsia viene punito per la sua tracotanza (hybris). Chiudono questa sezione due opere. Una antica: la statuetta di Apollo citaredo del II sec. d.C., proveniente dall’Archeologico di Venezia, ritratto mentre nudo pizzica il suo strumento preferito: la cetra. L’altra moderna, a conferma del mito che continua: è una tela di Pompeo Batoni del 1741 con Apollo, la Musica e la Geometria, dove il pittore realizza l’allegoria delle arti, in cui Apollo rappresenta la Poesia.

A Vicenza la mostra “Mito, dei ed eroi” per il ventennale delle Gallerie d’Italia fa riscoprire arte e architettura di Palazzo Leoni Montanari in cui preziosi reperti antichi dialogano con gli affreschi, i dipinti, gli stucchi che decorano il piano nobile

Quante volte siete stati a Vicenza a Palazzo Leoni Montanari? Sono centinaia di migliaia gli appassionati, ma anche gli esperti, di arte antica, pittura veneta, iconografia russa che hanno varcato la soglia della nobile dimora barocca di contra’ Santa Corona in Vicenza, in vent’anni, da quando cioè – era il maggio 1999 – divenne la prima sede museale delle Gallerie d’Italia, polo museale di Intesa San Paolo (seguita nel tempo dall’apertura delle Gallerie di Napoli e Milano): le Gallerie di Palazzo Leoni Montanari hanno maturato nel tempo un ruolo primario tra le istituzioni cittadine, superando i confini regionali e interloquendo con istituzioni culturali nazionali e internazionali, grazie alle collezioni permanenti di pittura veneta del Settecento, di icone russe e di ceramiche attiche e magnogreche e alle numerose esposizioni temporanee. Ma siete sicuri di conoscere veramente il palazzo, voluto da Giovanni Leoni Montanari nel 1678 nel cuore di Vicenza, quando la sua famiglia si affacciava alla ribalta cittadina? Questa casata non era infatti nobile di nascita, ma era riuscita a raggiungere una solida posizione economica grazie alla produzione e al commercio di tessuti. La famiglia era alla ricerca di un’affermazione sociale e desiderava essere accolta nel ceto nobiliare di Vicenza. La costruzione del palazzo in contra’ Santa Corona serviva dunque a dare un chiaro segnale delle aspirazioni della famiglia e del nuovo ruolo che ambiva a ricoprire nella vita cittadina.

La locandina della mostra “Mito, dei ed eroi” a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza

Fernando Mazzocca, Federica Giacobello, Agata Keran, curatori della mostra “Mito, dei ed eroi” (foto Graziano Tavan)

Stucchi barocchi a Palazzo Leoni Montanari (da http://www.affrescoeuganeo.com)

Nel ventennale delle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, per celebrare l’evento Intesa San Paolo ha promosso la mostra “Mito, dei ed eroi” (fino al 14 luglio 2019) a cura di Fernando Mazzocca, Federica Giacobello, Agata Keran, un’occasione per riscoprire il palazzo, la sua identità, testimonianza della cultura figurativa italiana tra Seicento e Ottocento, specchio della cultura e delle aspirazioni dei suoi committenti, in un percorso in cui l’Antico dialoga con gli affreschi, i dipinti, gli stucchi che decorano le stanze del piano nobile del palazzo, diventando un’indagine sulla fortuna dei miti classici dall’antichità al Neoclassicismo. Così il visitatore – per la prima volta – è quasi costretto ad alzare la testa, ad apprezzare l’architettura e l’arte dello scrigno nobiliare in un dialogo continuo con gli eccezionali prestiti eccezionali da due dei più importanti musei Archeologici nazionali italiani (Napoli e Reggio Calabria) e dall’Ermitage di San Pietroburgo, musei con i quali i curatori hanno stretto una proficua collaborazione scientifica. “Il 2019 segna il ventesimo compleanno del primo progetto museale cui la nostra Banca ha dato vita nel 1999, a Vicenza: la prima sede delle Gallerie d’Italia”, interviene Giovanni Bazoli, Presidente emerito di Intesa Sanpaolo. “La scelta di trasformare questo palazzo in museo, in un luogo d’arte e cultura, ha voluto essere un gesto di apertura verso la cittadinanza. È testimonianza di un radicato senso di responsabilità civica, che ci suggerisce di non trattenere con gelosa riservatezza i tesori architettonici e artistici di proprietà, bensì di condividerli con il pubblico e diffonderne la conoscenza. I festeggiamenti iniziano con questa grande mostra che celebra, insieme, gli stupefacenti cicli decorativi del palazzo e le ceramiche antiche della nostra collezione. Le successive iniziative metteranno al centro un altro importante nucleo collezionistico accolto nel museo, le icone russe. E giungeranno a Vicenza, nell’ambito della rassegna “L’Ospite illustre”, capolavori d’arte provenienti da importanti musei internazionali. Tutto questo per sottolineare con forza la medesima vocazione culturale e civile con cui nel 1999 abbiamo aperto al pubblico le porte di questo palazzo, e il crescente impegno della nostra Banca per assicurare, nel cuore di Vicenza, un centro vivo e pulsante di promozione dell’arte, della cultura e della bellezza, al servizio della città”.

Mostra “Mito, dei ed eroi”: l’Antico dialoga con il Moderno nella Galleria di Ercole a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza (foto Graziano Tavan)

“Mecenate presenta le Arti Liberali ad Augusto” di Giovan Battista Tiepolo, dall’Ermitage di San Pietroburgo (foto Graziano Tavan)

Partendo dalla rappresentazione di miti e personaggi eroici nell’antichità, la mostra “Mito, dei ed eroi” (catalogo Skira con saggi di Fernando Mazzocca, Federica Giacobello e Agata Keran) mette in luce la fortuna della tematica mitologica nei secoli, a partire dalla Grecia, dalla Magna Grecia e da Roma sino all’approdo esemplare tra il Classicismo seicentesco e le diverse stagioni, tra Sette e Ottocento, del Neoclassicismo. Il piano nobile del palazzo ospita oltre 60 opere, di cui molti capolavori in prestito come lo straordinario Mecenate presenta le Arti Liberali ad Augusto di Giovan Battista Tiepolo, dall’Ermitage di San Pietroburgo con cui Intesa Sanpaolo ha un accordo triennale di collaborazione. La mostra è suddivisa in otto sezioni, ognuna con una tematica diversa, in un continuo confronto tra dei, eroi, miti rappresentati nell’apparato decorativo del palazzo e quelli raffigurati sulle opere esposte. Apollo, Atena, Marsia, Niobe, Alessandro Magno, Ercole, Achille, saranno i protagonisti di un avvincente viaggio nel tempo e nello spazio architettonico, in un incessante rimando sul piano figurativo e iconologico tra i soggetti pittorici delle decorazioni e le opere in mostra, alla scoperta dei significati religiosi, morali e culturali che il mito ha assunto in tempi e contesti diversi.

Cratere a volute apulo con “Apoteosi di Eracle” del Pittore di Licurgo, dalla Collezione Intesa San Paolo (foto Graziano Tavan)

Mostra “Mito, dei ed eroi”: la Galleria di Atena a Palazzo Leoni Montanari di Vicenza (foto Graziano Tavan)

I vasi dipinti della collezione di Intesa Sanpaolo dialogano con sculture e affreschi dell’arte greco-romana, analizzando gli aspetti produttivi e figurativi, l’influenza e la traduzione in immagine dei soggetti più celebri, le interpretazioni proposte per lo stesso mito da pittori e scultori; allo stesso modo le opere pittoriche di Pompeo Batoni, Ignazio e Filippo Collino, Francesco Hayez, Louis Gauffier, Laurent Pecheux, Camillo Pacetti, Luigi Basiletti, Francesco e Luigi Righetti, Giambattista Tiepolo e Cristoforo Unterberger sono testimonianza di come l’antico venisse considerato come modello universale di bellezza e virtù morale in epoca neoclassica.

A Palazzo Leoni Montanari di Vicenza a tu per tu con un capolavoro: il Vaso di Pronomos, straordinario cratere attico “ospite” d’onore della mostra “Dioniso. Mito rito e teatro”. Incontro il 5 marzo con esperti che, partendo dallo studio del vaso, affrontano il tema del teatro classico raffigurato e recitato

Il Vaso di Pronomos, cratere attico della fine del V sec.. a.C. proveniente da Ruvo di Puglia e conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli

Il Vaso di Pronomos, cratere attico della fine del V sec.. a.C. proveniente da Ruvo di Puglia e conservato al museo Archeologico nazionale di Napoli

Nel dettaglio del Vaso di Pronomos la raffigurazione del flautista Pronomos, musicista beotico molto noto ad Atene

Nel dettaglio del Vaso di Pronomos la raffigurazione del flautista Pronomos, musicista beotico molto noto ad Atene

L’occasione è di quelle ghiotte: visitare la mostra “Dioniso. Mito rito e teatro” aperta alle Gallerie d’Italia di Palazzo Leoni Montanari di Vicenza, e di vivere un’esperienza unica di approfondimento e di racconto con il Cratere di Pronomos, il vaso antico più studiato al mondo, vaso che della mostra berica è l’ospite d’onore. L’appuntamento è per sabato 5 marzo 2016, alle 15, alle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari, sede museale di Intesa Sanpaolo a Vicenza, che dedicano un incontro di studi al Vaso di Pronomos, uno straordinario cratere a volute attico della fine del V secolo a.C. proveniente da Ruvo di Puglia, dove fu rinvenuto nel 1835 nella ricca sepoltura di un membro dell’antica aristocrazia locale di inizio IV secolo a.C. Il vaso fu successivamente acquistato dal Real Museo Borbonico di Napoli, l’attuale Museo Archeologico Nazionale, dove ancor oggi è conservato; si tratta di uno dei pezzi d’eccellenza della considerevole collezione ceramica del Mann. “Il cratere (eponimo del pittore cui è stato attribuito)”, spiegano gli archeologi dell’Archeologico di Napoli, “uno dei capolavori della ceramica attica della fine del V sec. a.C., famosissimo per la ricchezza di informazioni che ci dà sul dramma satiresco, sui suoi personaggi, sui costumi, sui musicisti, commemora, come un manifesto, una famosa performance della compagnia teatrale il cui personaggio più importante, data la posizione centrale proprio sotto quella di Dioniso, sembra il flautista Pronomos, un personaggio reale che da altre fonti conosciamo come un musicista beotico famoso nell’Atene dei suoi tempi”.

Le raffigurazioni del vaso di Pronomos nel loro sviluppo orizzontale

Le raffigurazioni del vaso di Pronomos nel loro sviluppo orizzontale

Il Vaso di Pronomos si contraddistingue per la raffinatezza della forma vascolare e per la perizia esecutiva, ma è celebre soprattutto per la scena su di esso rappresentata. Una compagnia teatrale impegnata in un dramma satiresco, ultima esibizione della tetralogia tragica, è colta in uno spontaneo fuori scena: vi sono i musicisti, gli attori in costume e i membri del coro travestiti da satiri che dialogano tra loro o provano un passo di danza. A tale istantanea di vita vissuta dell’Atene del V secolo a.C. partecipa, con una straordinaria incursione dal mondo del mito, Dioniso, dio del teatro, seduto al centro con la sua amata Arianna. Sotto la coppia divina siede, intento a suonare il doppio flauto, Pronomos, noto auleta tebano celebre per le sue qualità e la sua inventiva musicale, che probabilmente commissionò la realizzazione del cratere e da cui il vaso prende il nome.

La scena centrale del vaso di Pronomos con in alto Dioniso e Arianna, e sotto il flautista Pronomos

La scena centrale del vaso di Pronomos con in alto Dioniso e Arianna, e sotto il flautista Pronomos

Nell’incontro di Vicenza si confrontano e si interrogano sul vaso e sulla sua raffigurazione gli archeologi Federica Giacobello (Università degli Studi di Milano) e Maurizio Harari (Università degli Studi di Pavia); il grecista Giuseppe Zanetto (Università degli Studi di Milano) parlerà del dramma satiresco e del teatro ateniese; l’antichista Paola Schirripa (Università degli Studi di Milano) e l’attore regista Tommaso Amadio (co-direttore del Teatro Filodrammatici di Milano) interverranno sul problema della traduzione e messa in scena della tragedia greca nel teatro contemporaneo. Un incontro affascinante, dunque, che affronterà il tema del teatro classico raffigurato e recitato in maniera trasversale, partendo dall’opera per arrivare alle esperienze della drammaturgia contemporanea.

Il manifesto della mostra "Dioniso. Mito, rito e teatro" alle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari di Vicenza

Il manifesto della mostra “Dioniso. Mito, rito e teatro” alle Gallerie di Palazzo Leoni Montanari di Vicenza

L’incontro fa parte del ricco programma di iniziative organizzate a corredo della mostra “Dioniso. Mito, rito e teatro”, terzo appuntamento dopo “Le ore della donna” e “Il viaggio dell’eroe” del progetto “Il Tempo dell’Antico, che permette di esporre a rotazione piccoli nuclei di vasi selezionati su base tematica dalla collezione Intesa Sanpaolo di ceramiche attiche e magnogreche, conservata nel deposito di Palazzo Leoni Montanari. è quindi l’occasione, come si diceva, per chi non l’ha ancora fatto, di visitare la mostra aperta fino all’autunno 2016 nelle due sale del piano nobile del seicentesco palazzo. Le raffigurazioni dei vasi narrano culti (come l’orfismo) e riti d’iniziazione, il permeante rapporto uomo-divinità e l’inscindibile legame con il teatro, l’influenza nella società occidentale anche grazie all’apporto del multimediale attraverso dispositivi mobili e touch screen. Ad accogliere il visitatore due ampi vasi a cratere. Nel primo due figure femminili affiancano il simulacro del dio, l’una offerente (con uno stamnos tra le mani), l’altra intenta a suonare un doppio flauto. In quello che la fronteggia, durante un simposio, alcuni giovani si dedicano al gioco del cottabo, sorta di tiro al bersaglio, fruendo di gocce di vino. Nella seconda sala dedicata al tema del teatro spicca in posizione centrale un «ospite illustre»: il vaso di Pronomos, cratere attico concesso in prestito dal museo Archeologico nazionale di Napoli, oggetto dell’incontro di approfondimento. Alla parete: il supporto multimediale ne consente una lettura iconografica puntuale nella percezione del più piccolo dettaglio.

A completare la conoscenza del vaso di Pronomos, si può recuperare su Youtube una ricostruzione tridimensionale della scena tragica raffigurata sul famoso cratere attico.