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San Pietro in Casale (Bo). Al via le “Conferenze al Fabbroni”: tre incontri al museo Casa Fabbroni. Ecco il programma

san-pietro-al-casale_casa-fabbroni_ciclo-conferenze_locandinaAl museo Casa Frabboni in via Matteotti 169 di San Pietro in Casale (BO) al via “Conferenze al Frabboni”, ciclo di conferenze con introduzione di Valentina Di Stefano, funzionaria archeologa della Sabap-Bo. Ingresso gratuito. Info e prenotazioni: Servizio Musei, Unione Reno Galliera – tel. 0518904829 / musei@renogalliera.it.

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Concetta Caruso con il libro “101 Storie Svelate” (foto mnr)

Si inizia giovedì 23 marzo 2023, alle 20.30, con “Oltre le parole: (ri)dare vita alle iscrizioni del museo nazionale Romano”. Presentazione a cura di Carlotta Caruso del museo nazionale Romano. Dietro le poche parole incise sulla pietra si celano le vite di persone vissute molti secoli fa. Con l’idea di ricercare quelle vite e ricostruire le loro storie, il museo nazionale Romano ha ideato, a partire dal marzo 2020, durante i mesi di lockdown, la rubrica #StoriedaMNR. Il successo di queste storie, basate su un attento lavoro di ricostruzione mescolata a elementi immaginari, ha dimostrato come le epigrafi possano esercitare sul grande pubblico un fascino inatteso. Dalla rubrica social è nato oggi un libro, “101 Storie svelate”, pubblicato dal Servizio Educativo del museo nazionale Romano.

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Locandina della mostra “Spina etrusca. Un grande porto nel Mediterraneo” al museo Archeologico nazionale di Ferrara dal 22 dicembre 2022 al 23 aprile 2023

Secondo appuntamento giovedì 30 marzo 2023, alle 20.30: “Spina etrusca, un grande porto del Mediterraneo – mostra al museo Archeologico nazionale di Ferrara dal 21.12.2022 al 23.04.2023”. Presentazione a cura di Tiziano Trocchi, direttore del Museo. L’incontro intende raccontare il ruolo di Spina quale nodo fondamentale nella rete di contatti e traffici che connettevano le principali città del Mediterraneo di età arcaica e classica, sottolineando l’eccezionalità del porto adriatico di Spina e mettendone in luce similarità e differenze con i grandi insediamenti etruschi del Tirreno e con la città gemellata di Cerveteri.

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Copertina del libro “Archeosocial 2.0” di Antonia Falcone

Terzo appuntamento venerdì 5 maggio 2023, alle 20.30: “Archeosocial 2.0” a cura dell’archeologa Antonia Falcone. Archeosocial è stato il primo volume interamente dedicato alla comunicazione social delle discipline archeologiche, scritto da archeologi per archeologi. La nuova edizione aggiornata con la curatela di Antonia Falcone è uno strumento agile e utile per muoversi in un mondo, quello delle piattaforme social, in costante movimento.

Roma. A Palazzo Massimo per il ciclo “Libri e Parole al Museo Nazionale Romano” presentazione del libro di Anna Tartaro “Terme di Diocleziano. Il recinto esterno tra architettura e storia sociale”, Edizioni Espera

roma_palazzo-massimo_libro-terme-di-diocleziano_presentazione_locandinaNuovo appuntamento del ciclo “Libri e Parole al Museo Nazionale Romano”: alle 15, nella sede di Palazzo Massimo, presentazione del libro di Anna Tartaro “Terme di Diocleziano. Il recinto esterno tra architettura e storia sociale”, Edizioni Espera. Presentano Carla Maria Amici e Janet DeLaine. Intervengono Sara Colantonio, Marina Magnani Cianetti e Domenico Palombi. Modera Stéphane Verger, direttore del museo nazionale Romano. Sarà presente l’autrice. Ingresso libero fino ad esaurimento posti.

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Copertina del libro di Anna Tartaro “Terme di Diocleziano. Il recinto esterno tra architettura e storia sociale”, Edizioni Espera

Il lavoro di ricerca presentato in questo volume esamina le attività collaterali alla balneazione che avevano luogo presso i maggiori impianti termali urbani imperiali ‒ e di cui le fonti antiche lasciano soltanto indirettamente intuire lo svolgimento ‒ attraverso la ricostruzione della casistica, delle caratteristiche e degli spazi in cui avevano sede, in particolare presso il giardino e il recinto perimetrale. A questo fine, le Terme di Diocleziano vengono utilizzate come caso di studio non soltanto per il fatto di costituire il maggiore impianto termale romano, ma perché, collocandosi quasi al termine dell’esperienza costruttiva termale romana, rappresentano un punto di osservazione privilegiato per l’analisi di elaborazioni architettoniche, soluzioni tecniche e tecnologiche, e fenomeni culturali e sociali consolidati.

La “Via Appia. Regina Viarum” è ufficialmente candidata a essere inserita nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. Firmato il protocollo d’intesa tra il ministero della Cultura, 4 Regioni, 12 tra Province e Città metropolitane, 73 Comuni, 15 Parchi, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e 25 atenei

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Il sottosegretario al MiC Gianmarco Mazzi firma il protocollo d’intesa per la candidatura Unesco della Via Appia Regina Viarum (foto mic)

Ora c’è la firma. La “Via Appia. Regina Viarum” è ufficialmente candidata a essere inserita nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. È stato firmato martedì 10 gennaio 2023, a Roma, alle Terme di Diocleziano, il Protocollo di intesa per la candidatura del sito “Via Appia. Regina Viarum” all’Unesco con un’intesa tra il ministero della Cultura, 4 Regioni, 12 tra Province e Città metropolitane, 73 Comuni, 15 Parchi, la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra e 25 atenei, italiani e stranieri. Il 20 gennaio 2023 la candidatura sarà valutata dal Consiglio direttivo della Commissione nazionale italiana Unesco. A seguire, la richiesta sarà inviata a Parigi.

firenze_TourismA-2022_Appia-candidatura-Unesco_locandinaL’antica strada consolare, circa 900 km di tracciato da Roma a Brindisi inclusa la variante traianea, rappresenta non solo il prototipo del sistema viario romano, ma è anche simbolo millenario delle relazioni tra le civiltà del Mediterraneo e quelle dell’Oriente e dell’Africa. Alla cerimonia, sono intervenuti, tra gli altri, il sottosegretario al MiC, Gianmarco Mazzi; il presidente della Pontificia Commissione di Archeologia Sacra, mons. Pasquale Iacobone; il presidente della Regione Basilicata, Vito Bardi; il presidente vicario della Regione Lazio, Daniele Leodori; l’assessore al Turismo della Giunta Regionale Campania, Felice Casucci; la delegata alle politiche culturali della Regione Puglia, Grazia Di Bari, e l’assessore alla Cultura di Roma Capitale, Miguel Gotor. Il Protocollo d’intesa è stato presentato dalla dirigente dell’ufficio Unesco del MiC, Mariassunta Peci, dalla coordinatrice scientifica della candidatura, Angela Maria Ferroni. Ad aprire i lavori è stato il direttore del Museo Nazionale Romano, Stéphane Verger, che ha ospitato la cerimonia.

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Un tratto ben conservato della Via Appia Antica, la Regina Viarum (foto mic)

Il Ministero sta investendo nel restauro e nella valorizzazione di evidenze archeologiche e architettoniche situate lungo il percorso della Via Appia. L’obiettivo è coniugare le ragioni della conservazione e valorizzazione di questo importante patrimonio con lo sviluppo sostenibile dei territori coinvolti. Quest’ultimo elemento si rivela fondamentale anche per la crescita sociale ed economica di molte delle zone coinvolte che, spesso, sono aree interne e quindi fuori dai grandi circuiti turistici.

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Il totem che ricorda la Via Appia Regina Viarum candidata Unesco (foto mic)

“La Via Appia è un esempio della grandezza romana, la prima via pubblica e il prototipo, anche dal punto di vista tecnico, di altre strade che hanno poi costruito i romani. Ma è anche molto di più, era un crocevia culturale, parte del sistema culturale e sociale del mondo romano: questa era forse la sua importanza principale e questo sarà l’aspetto sul quale puntiamo”, ha commentato il sottosegretario Mazzi. “Il Ministero ha già investito 19 milioni di euro in restauri, conservazione e per la preparazione del fascicolo. Speriamo di farcela. Quando gli italiani giocano uniti, nessun risultato è impossibile”.

Roma. Alle Terme di Diocleziano chiude la prima parte della mostra “Ulisse e gli altri” nell’ambito del progetto “Depositi (ri)scoperti” del museo nazionale Romano: opere solitamente custodite all’interno dei depositi

roma_terme-di-diocleziano_mostra-ulisse-e-gli-altri_locandinaUltimi giorni per visitare alle Terme di Diocleziano la mostra “Ulisse e gli altri” (8 dicembre 2022 – 8 gennaio 2023), prima tappa del viaggio tra i depositi del museo nazionale Romano. Il museo nazionale Romano ha infatti aperto le porte dei propri depositi per svelare alcuni straordinari reperti, rendendo accessibile un patrimonio culturale inaspettato. Attraverso “Depositi (ri)scoperti” si è avviato il progetto di valorizzazione, costituito da un ciclo di brevi esposizioni, che permetterà di far conoscere al pubblico una grandissima quantità di opere solitamente custodite all’interno dei depositi: migliaia sono i reperti conservati in questo “museo nel museo”, quali sculture, mosaici, affreschi, oggetti in terracotta, in vetro e in bronzo. Reperti rinvenuti nel corso di più di un secolo di vita del museo nazionale Romano che raccontano non solo l’antichità di Roma, ma anche la storia della sua trasformazione e dei suoi scavi, dall’istituzione di Roma Capitale ad oggi.

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Mostra “Ulisse e gli altri” alle Terme di Diocleziano: testa di Ulisse in marmo greco proveniente dal sepolcreto degli Statili (prima età imperiale) (foto mnr)

Il protagonista di questa prima mostra è dunque Ulisse che, con la sua inappagabile sete di conoscenza, incarna l’incapacità di arrendersi di fronte a un mondo inaccessibile. Viaggiatore per eccellenza, Ulisse è guida ideale per iniziare questo percorso alla scoperta di opere sconosciute, (ri)scoperte ed esposte nelle maestose Aule delle Terme di Diocleziano. Il viaggio di Ulisse continuerà idealmente nel secondo momento espositivo dedicato a “gli altri” (14 gennaio – 19 febbraio 2023), approfondendo il rapporto tra gli antichi Romani e le altre culture. Una riflessione sul modo in cui gli antichi percepivano e rappresentavano popolazioni diverse tra stereotipi, diffidenza e curiosità. Il progetto è stato realizzato grazie al sostegno di ANAGINA – Associazione Nazionale Agenti Imprenditori Assicurativi e l’allestimento a cura di Contemporanea Progetti – che da oltre venti anni organizza mostre in Italia e nel mondo – si avvale di un’esposizione immersiva e multimediale ad alto contenuto emozionale.

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Mostra “Ulisse e gli altri” alle Terme di Diocleziano: grande mosaico di Ulisse e le Sirene (da Quarto di Corzano, provincia di Rieti, II secolo d.C.) (foto mnr)

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Mostra “Ulisse e gli altri” alle Terme di Diocleziano: testa di Circe in marmo greco rinvenuta nel 1928 sul promontorio del Circeo (foto mnr)

Il percorso espositivo inizia dal grande mosaico di Ulisse e le Sirene (da Quarto di Corzano, provincia di Rieti, II secolo d.C.), che sarà presentato in un suggestivo allestimento multimediale che immerge il visitatore nel racconto del viaggio di Ulisse. Intelligente, intraprendente, tenace e assetato di sapere e di avventura, Ulisse è rappresentato nelle sue fattezze dalla testa di Ulisse in marmo greco (proveniente dal sepolcreto degli Statili, prima età imperiale): un uomo maturo, con chioma fluente e fitta barba, riconoscibile dal caratteristico copricapo, il pileus, suo comune attributo. A dare risalto alle virtù di Ulisse contribuiscono le numerose figure femminili che animano il mito: l’amata moglie Penelope (esposta una testa in marmo del II secolo d.C.); l’affascinante Circe, con i suoi magici sortilegi (esposto un suo ritratto in marmo greco rinvenuto nel 1928 sul promontorio del Circeo); e la sua protettrice divina Atena, rappresentata da un busto rinvenuto nel suburbio di Roma.

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Mostra “Ulisse e gli altri” alle Terme di Diocleziano: sarcofago con raffigurazione di Achille tra le figlie di Nicomede (da Isola Sacra, seconda metà del II secolo d.C.) (foto mnr)

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Mostra “Ulisse e gli altri” alle Terme di Diocleziano: urna con scena della contesa per le armi di Achille (proveniente da Ostia Antica, seconda metà del II secolo d.C.) (foto mnr)

A raccontare le avventure di Ulisse, e degli altri personaggi che gravitano intorno alla sua figura, sono inoltre esposti un sarcofago con raffigurazione di Achille tra le figlie di Nicomede (da Isola Sacra, seconda metà del II secolo d.C.) e un’urna con scena della contesa per le armi di Achille (proveniente da Ostia Antica, seconda metà del II secolo d.C.). A partire dal 14 gennaio 2023 (fino al 19 febbraio 2023), un secondo momento espositivo sarà dedicato a coloro che ruotano intorno alla figura di Ulisse, ovvero “gli altri”: altri popoli, altre culture, altri mondi. Lo sguardo si amplia e dal viaggio di un solo eroe si passa a quello dell’intero popolo dei Romani, qui raccontati per la loro capacità di rapportarsi con genti diverse – dai barbari ai minuscoli pigmei – e di confrontarsi con le tante popolazioni sconfitte e assoggettate. Il progetto di valorizzazione dei depositi proseguirà (ri)scoprendo e restituendo ai visitatori altri straordinari reperti del museo nazionale Romano.

Roma. Al museo nazionale Romano al via a gennaio il progetto “Urbs, dalla città alla campagna romana”. In quattro anni saranno restaurati, ampliati e riorganizzati gli edifici storici di competenza: Terme di Diocleziano, Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi. Ecco tutto il programma dei lavori

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Stéphane Verger, direttore del museo nazionale Romano (foto Graziano Tavan)

roma_Museo-Nazionale-Romano_logoIl museo nazionale Romano si prepara a divenire uno dei principali cantieri culturali della Capitale. Il progetto “Urbs: dalla città alla campagna romana”, finanziato dal programma nazionale per gli investimenti complementari al PNRR, permetterà la realizzazione nei prossimi anni di un articolato programma di lavori nelle quattro sedi del museo nazionale Romano, diretto da Stéphane Verger, per completare il restauro degli edifici storici di sua competenza, rispondere alle emergenze legate all’invecchiamento degli impianti e aprire nuovi monumentali spazi espositivi. Il risultato sarà l’ampliamento e la riorganizzazione del percorso museale in tutte e quattro le sedi, con la restituzione al pubblico di molte opere finora invisibili. Si racconterà la storia di Roma, dalle origini all’epoca contemporanea, anche attraverso i risultati più recenti dell’archeologia, privilegiando una visione innovativa, che renda il percorso accessibile a tutti i tipi di pubblico.

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Palazzo Massimo a Roma, una delle quattro sedi del museo nazionale Romano (foto mnr)

Il museo nazionale Romano, insieme al parco archeologico dell’Appia Antica, è tra i 14 “grandi attrattori culturali” scelti dal MiC aventi ad oggetto interventi strategici per il rilancio della cultura e del turismo in Italia. Il Museo ha ottenuto uno stanziamento di 71 milioni di euro, che si aggiunge ad altri finanziamenti pregressi, per un totale di circa 100 milioni complessivi. Il programma interessa le quattro sedi delle Terme di Diocleziano, di Palazzo Massimo, di Palazzo Altemps e della Crypta Balbi, tutte al centro di un progetto di restauro e riallestimento che, conformemente al cronoprogramma del PNRR, durerà quattro anni. Durante il completamento dei lavori, che comporterà parziali chiusure nelle quattro sedi del Museo, si alterneranno presentazioni tematiche temporanee per mostrare opere poco note o mai viste, pezzi finora relegati nei depositi e artefatti restaurati recentemente. Il ripensamento del museo nazionale Romano attraverso un progetto unitario e lungimirante, che coinvolge edifici ed opere, si impone dunque come scelta necessaria e prioritaria, rispondente a esigenze, non più procrastinabili, di tutela, di riqualificazione e di valorizzazione urbana e sociale.

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Le Terme di Diocleziano a Roma, una delle sedi del museo nazionale Romano (foto rnm)

TERME DI DIOCLEZIANO. Rifacimento dell’impiantistica, verifiche statiche e controlli antisismici sono necessari per il ripristino e l’apertura al pubblico delle sette Grandi Aule attorno alla basilica di Santa Maria degli Angeli. Gli ambienti maestosi, che ospitarono nel 1911 la grande mostra archeologica per il cinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, amplieranno la superficie espositiva del Museo, permettendo la presentazione permanente e ciclica di opere e di contesti molto importanti, ma da decenni nascosti al pubblico.

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Chiostro di Michelangelo alle Terme di Diocleziano a Roma (foto mnr)

Inoltre, grazie a un accordo stipulato con la soprintendenza speciale di Roma e il parco archeologico dell’Appia Antica, saranno restituiti al percorso museale i piani superiori delle quattro ali del chiostro di Michelangelo, in tutto quasi 400 metri di lunghezza di portico (circa 100 metri per lato), e quelle del chiostro piccolo della Certosa, 160 metri di estensione (40 metri per lato). Spazi importanti, quelli della Certosa di S. Maria degli Angeli, che, per il nuovo allestimento del Museo, accoglieranno la storia della città nel contesto del Latium Vetus (Lazio antico), dalle origini fino all’epoca di Diocleziano. Al primo piano del Chiostro di Michelangelo, saranno esposti i contesti che raccontano la storia più antica della città, dalle origini fino alla fine della repubblica, cioè dal X al I secolo a.C. Dalle necropoli protostoriche, già presentate, di Roma e dell’Osteria dell’Osa a Gabi, si continuerà con quelle, orientalizzanti, di Castel di Decima, Laurentina e Ficana (VII sec. a.C.). Grazie a un finanziamento della Confederazione Elvetica, è in corso il restauro di una grande tomba principesca della necropoli della Laurentina, la n. 93, mentre con un contributo della Fondazione Droghetti si lavora al recupero della ricca tomba femminile 359 di Castel di Decima.

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Il chiostro piccolo della Certosa di Santa Maria degli Angeli alle Terme di Diocleziano (foto mnr)

Nella terza ala saranno presentati i centri del Lazio arcaico come Crustumerium, Fidene, Gabi e Lanuvio, con la famosa Tomba del Guerriero, mentre nella quarta ala verrà raccontata la trasformazione di Roma e dei centri del Lazio antico dall’epoca medio-repubblicana (IV sec. a.C.) fino al II-I secolo a.C., con santuari ed ex voto provenienti dal Tevere e da centri come Ariccia. Nelle gallerie al primo piano del Chiostro piccolo della Certosa, sarà presentata la città imperiale: a partire dai recenti ritrovamenti della soprintendenza speciale di Roma, sì racconterà la “città dei vivi” dall’epoca di Augusto fino a quella di Diocleziano. Una sezione a parte è riservata alla “città dei morti”, con la documentazione funeraria. Verranno esposte in un unico racconto iscrizioni funerarie, sarcofagi, rilievi, urne, ritratti e corredi funerari databili tra il I secolo a.C. e il III secolo d.C. Il percorso sulle necropoli continuerà nei giardini, con moltissimi reperti, e nella forica, cioè nella latrina termale antica. Ci sarà anche una sezione dedicata alla storia del complesso delle Terme di Diocleziano e alla sua trasformazione in Certosa nel Cinquecento; infine un’ultima sezione, ricavata all’interno delle Grandi Aule, offrirà un’introduzione breve e spettacolare alla storia di Roma per chi, arrivando alla stazione Termini, avrà solo un tempo limitato da dedicare alla visita.

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Il giardino immaginario: affresco dalla villa di Livia a Prima Porta conservato a Palazzo Massimo a Roma (foto mnr)

PALAZZO MASSIMO. A Palazzo Massimo il progetto principale è quello di coprire il cortile interno in modo da ampliare il percorso di visita esponendo le tante opere oggi conservate nei magazzini e fornendo la possibilità di creare un ambiente immersivo dove evocare l’Impero romano attraverso la ricostituzione di un luogo iconico, come un santuario. Il tema del percorso sarà quello di Roma come centro dell’Impero, dall’epoca di Augusto fino a quella di Massenzio (dal I all’inizio del IV sec.): la vita e la successione degli imperatori; la complessità della religione e la diversità dei culti; le conquiste e i loro effetti sull’economia e sulla rappresentazione romana del mondo; il lusso privato, l’otium, la cultura e la vita nelle residenze aristocratiche. Al piano terra verranno esposti i documenti più significativi per la storia dell’Impero, dai Fasti e i Ludi secolari alle celebri insegne del potere di Massenzio. Il primo piano sarà dedicato all’Impero, alle sue conquiste, alle tante religioni che vi erano praticate e rappresentate, dall’Egitto all’Oriente. In sintesi la grandezza di Roma. Qui troveranno posto materiali esotici provenienti da Asia e Africa, con un allestimento multisensoriale. Il secondo piano resta dedicato all’otium, con le grandi ville suburbane come quella di Livia e della Farnesina, animate da splendide pitture, ma anche da una ricca e raffinata vita intellettuale, con la letteratura greca e latina. Sarà inoltre riaperto il Medagliere, il più grande e antico che si conservi, chiuso per l’emergenza Covid, e sarà ampliato il numero di monete esposte, che saranno inserite in tutti i percorsi tematici del museo nazionale Romano per creare una sorta di medagliere diffuso nelle quattro sedi.

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Il Trono Ludovisi conservato a Palazzo Altemps a Roma (foto stefano castellani / mnr)

PALAZZO ALTEMPS. Palazzo Altemps rimarrà il luogo del collezionismo, incentrato sulla collezione Boncompagni Ludovisi, che farà da filo conduttore alla visita. Ma il nuovo percorso, più didattico, farà capire i tanti modi in cui, dall’antichità all’epoca rinascimentale e moderna, la scultura greca era reinterpretata e trasformata, a seconda dei vari contesti sociali e intellettuali in cui era utilizzata. Il nuovo percorso inizierà, al piano terra, con una presentazione sintetica della lunga storia del Palazzo e delle famiglie che l’hanno creato e trasformato. La sezione successiva mostrerà in modo concreto cos’era una collezione di scultura nella Roma nel Seicento: attraverso la collezione Boncompagni Ludovisi si racconterà come venivano scelte le opere, come venivano restaurate, come venivano realizzate creazioni originali a partire da frammenti, pastiches, o create delle versioni moderne di opere antiche. Si illustreranno poi i diversi usi della scultura greca in età imperiale. Nei nuovi spazi intorno alla sala del Gioiello si succederanno gli originali greci, come il Trono Ludovisi, le copie romane di opere di Mirone, Policleto e Fidia, anche trasferite da Palazzo Massimo e dalle Terme di Diocleziano, e le creazioni romane elaborate a partire da modelli greci, come le Erme Ludovisi.

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L’altana di Palazzo Altemps, la più antica di Roma (foto mnr

Il primo piano accoglierà le rielaborazioni romane delle opere dei grandi maestri come Prassitele e Lisippo, per mostrare quanto è labile il confine tra originali greci e copie romane e, infine, i rapporti tra scultura greca e romana in epoca ellenistica, con un contesto eccezionale e poco conosciuto quale il gruppo di sculture da giardino di Fianello Sabino di fine II – inizi I sec. a.C., che costituisce la più antica collezione di sculture greche conservata nella zona di Roma. Lo scrigno straordinario di Palazzo Altemps, uno dei più begli edifici nobiliari rinascimentali di Roma, situato a due passi dalla piazza Navona, sul percorso turistico più importante del centro storico, è il luogo ideale per presentare, oltre alla collezione Boncompagni Ludovisi, i più grandi capolavori della scultura antica, quali il discobolo Lancellotti, il pugile seduto e il principe ellenistico di bronzo. I lavori di restauro della sede, in parte già avviati, riguardano il recupero del secondo cortile, la sala del Gioiello, e il suo portico realizzato agli inizi del Cinquecento, così da restituire al pubblico un vasto ambiente di 400 mq, spazio straordinario, coperto da un lucernario agli inizi del Novecento. L’intervento riguarda anche il restauro dell’altana, la più antica di Roma; il ripristino del teatro, l’unico conservato in un palazzo privato romano, e la fruizione della Chiesa, dove Gabriele D’Annunzio sposò Maria Hardouin di Gallese, che ospiteranno concerti ed eventi culturali.

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L’area archeologica della Crypta Balbi a Roma (foto mnr)

CRYPTA BALBI. Attualmente, la Crypta Balbi è conosciuta come il museo in cui si presenta la trasformazione della città tra la tarda Antichità e il Medioevo. In realtà, questo museo copre solo una minima parte della sede di Crypta Balbi. Attualmente, il 90% circa della superficie dell’isolato di competenza del museo nazionale Romano non è accessibile, a causa dello stato drammatico di degrado degli edifici e dell’impossibilità, per ragioni di sicurezza, di aprire al pubblico il percorso archeologico. Il progetto prevede il ripristino dell’intera area comprendente il convento cinquecentesco voluto da Ignazio di Loyola e gli edifici circostanti, che presentano una stratigrafia che va dal 1300 a tutto il 1900. La Crypta Balbi conserva inoltre preziose testimonianze della storia recente, di cui abbiamo il dovere di conservare la memoria, dalle vicende più tragiche della Seconda Guerra Mondiale, come il rastrellamento del 16 ottobre 1943 nel Ghetto, agli Anni di Piombo, con la scoperta del corpo di Aldo Moro il 9 maggio 1978.

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Ambiente di una domus a Sud-Est dell’esedra nella Crypta Balbi a Roma (foto mnr)

L’intervento, da 71 milioni di euro, conserverà e valorizzerà queste memorie attraverso restauri filologici che non privilegeranno un’epoca o un’altra, ma che si soffermeranno su ogni fase della storia di Roma, restituendola al grande pubblico ed ai romani. Una volta concluse le operazioni di sgombero e di messa in sicurezza degli edifici, la fase dei lavori partirà a breve, rendendo necessaria una chiusura temporanea della sede museale a partire da gennaio per tutto l’anno 2023. Il primo obiettivo è quello di ampliare il percorso espositivo, presentando la storia di Roma da Costantino fino all’epoca contemporanea. Sarà organizzato in tre grandi sezioni: nella prima, su via delle Botteghe Oscure, sarà presentata Roma e le sue trasformazioni dall’epoca di Costantino fino al Medioevo. Lo spazio espositivo sarà fortemente ampliato, con il ripristino del cortile interno. Il piano terra sarà dedicato alle trasformazioni della tarda Antichità, dal IV al V secolo. Al primo piano sarà presentato l’inizio del Medioevo, con i Longobardi, dal VI fino all’VIII secolo, mentre al secondo piano il percorso cronologico si estenderà dall’età Carolingia fino all’XI secolo.

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L’area antistante l’esedra della Crypta Balbi a Roma (foto mnr)

Si passerà nella seconda sezione del museo attraverso le gallerie sotterranee del complesso monastico. Il percorso riguarderà il quartiere antico della Crypta Balbi, con la visita dei resti archeologici intorno all’esedra, al mitreo e al quartiere abitativo. La terza sezione, su via dei Delfini, verso il Ghetto, si concentrerà sulla storia moderna e contemporanea di Roma, da Ignazio di Loyola fino ad Aldo Moro. Nel progetto complessivo, che sarà portato a termine grazie al programma Urbs del PNC, il museo è solo una parte del quartiere culturale che l’isolato della Crypta Balbi diventerà nei prossimi anni. L’area centrale e i cortili annessi saranno liberamente accessibili e fruibili dai cittadini e dai visitatori, attraverso un passante urbano che prevede quattro accessi, uno su ciascun lato dell’isolato, a cominciare da via Caetani e poi via delle Botteghe Oscure, via dei Polacchi e via dei Delfini. Saranno presenti dei luoghi di ristoro e dei laboratori artigianali, nonché delle zone di incontro e di convivialità. L’isolato di Crypta Balbi sarà anche dotato di un centro studi, di un centro d’archivio e di produzioni digitali, di una foresteria per studenti, studiosi e artisti e da un centro per gli eventi e per le mostre temporanee. Si tratta quindi di restituire alla comunità un pezzo straordinario della città, che diventerà a tutti gli effetti un grande quartiere culturale nel cuore di Roma, in un contesto storico e archeologico di eccezionale rilevanza.

Roma. Il gruppo scultoreo “Orfeo e le sirene” ancora per pochi giorni al museo dell’Arte Salvata e poi tornerà a casa: il museo Archeologico nazionale di Taranto

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Il gruppo “Orfeo e le sirene” esposto temporaneamente nella sala Ottagona del museo dell’Arte Salvata nel museo nazionale Romano (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)

Ancora pochi giorni. E poi “Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo in terracotta a grandezza naturale del IV sec. a.C., che negli anni ’70 venne illecitamente trafugato da un sito archeologico tarantino e acquistato poi dal The Paul Getty Museum di Malibu di Los Angeles, tornerà a casa: il museo Archeologico nazionale di Taranto. A grande richiesta il gruppo di Orfeo e le Sirene e tutti i reperti attualmente esposti al museo dell’Arte Salvata, nella sala Ottagona del museo nazionale Romano, resteranno a Roma fino all’8 gennaio 2023. È infatti stata prorogata la prima mostra del museo dell’Arte salvata che comprende, oltre allo straordinario gruppo in terracotta appena rientrato dall’Italia, anche recenti ritrovamenti del Reparto Operativo del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC).

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“Orfeo e le Sirene”, il gruppo scultoreo magnogreco del IV sec. a.C. quando era esposto nelle sale del Getty Museum di Los Angeles (foto MArTa)

Il gruppo è rientrato da Los Angeles in Italia il 17 settembre 2022. Il rimpatrio dell’opera è stato possibile grazie alla complessa attività investigativa condotta in Italia e all’estero dell’Arma dei Carabinieri della Sezione Archeologia del Reparto Operativo del Comando per la Tutela del Patrimonio Culturale, coordinata dalla Procura della Repubblica di Taranto, in collaborazione con le autorità americane (vedi Roma. Dal Getty Museum di Los Angeles arriva al museo dell’Arte Salvata il gruppo di Orfeo e le Sirene: il ministero della Cultura e il Comando carabinieri TPC oggi presentano gli aspetti del rientro in Italia | archeologiavocidalpassato). L’inestimabile opera d’arte raffigura il mitico poeta Orfeo, capace di ammaliare con il suo canto tutti gli animali. Lo affiancano due sirene, che nella mitologia greca erano esseri per metà donne e per metà uccelli: anche il loro canto era capace di incantare i marinai, spesso inducendoli al naufragio. Ora, finalmente, con una complicata operazione di trasporto legata alla particolare fragilità delle opere, tornano a casa per incantare gli italiani. In attesa del rientro al museo Archeologico nazionale di Taranto del gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene”, ecco un contributo del direttore generale Musei, Massimo Osanna, in una video-intervista realizzata dall’ufficio stampa del Mic.

“Orfeo e le sirene, un gruppo straordinario proveniente probabilmente dal territorio di Taranto”, esordisce Osanna, “che racconta un mito antico, un mito di confronto tra due mistiche diverse: quella primordiale melodiosa delle sirene che porta la morte, e quella di Orfeo con la lira che porta l’anima alla sopravvivenza post mortem. Orfeo significa un movimento religioso, l’orfismo. Forse queste statue adornavano la tomba di un addetto ai misteri orfici, colui che facendo una vita in purezza e giusta dal punto di vista sociale assicurava poi all’anima una sopravvivenza. E quindi dobbiamo immaginare questa statua di Orfeo con una lira in mano e, di fronte, le sirene che sono già meste perché sanno di aver perso e si suicideranno. La morte delle sirene, che sono degli esseri ibridi, di passaggio tra la vita e la morte, sono ancora una volta, un simbolo funerario che ci rimanda appunto verso rituali del mondo dei morti.

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Orfeo canta alle sirene: il gruppo scultoreo nella sala Ottagona del museo dell’Arte salvata nel museo nazionale Romano (foto mic)

“Ci sono poi gli antichi che raccontano di questo mito: negli Argonauti di Apollonio Rodio – ricorda per esempio Osanna – Orfeo canta, canta ai marinai che con la nave Argo incontrano le sirene e stanno per essere ammaliati. Tanto che uno di loro si getta in mare. Orfeo canta e salva i compagni che passeranno indenni da questa nuova avventura. Anche qui un rito di passaggio tra la vita e la morte.

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Il gruppo Orfeo e le sirene: figure ibride di donna e di uccello (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)

“Le sirene non sono come ce le immaginiamo nel nostro contemporaneo: donne con corpo di pesce – spiega Osanna -. Sono come lo erano in antico, nel mondo greco e romano, figure ibride di donna e di uccello. Questa è l’iconografia più antica delle sirene che durerà per tutto l’evo antico. Le sirene come le conosciamo noi vanno di moda in età medievale. L’aspetto di uccello assicura che siano esseri canori. Le sirene cantano, un canto melodioso che, come sappiamo dall’Odissea, spinge poi i marinai alla perdizione.

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Il volto di Orfeo del gruppo Orfeo e le sirene (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)

“Un gruppo di terracotta che originariamente era dipinto come dipinta era tutta la scultura del mondo antico, da quella in marmo a quella in terracotta – continua Osanna -. La terracotta è costantemente dipinta. Quindi le dobbiamo immaginare molto colorate. E questo spiega anche delle stranezze. Il volto di Orfeo, per esempio, con questa strana mancanza di capigliatura che ovviamente non doveva essere così in antico. Probabilmente grazie alla pittura, c’erano i capelli. Ci doveva essere un gioco di sguardi. Quindi molto abbiamo perso ma quello che resta comunque è straordinario.

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Dettaglio di Orfeo del gruppo scultoreo Orfeo e le sirene (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)


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Dettaglio di una sirena del gruppo scultoreo Orfeo e le sirene (foto Emanuele Antonio Minerva e Agnese Sbaffi / Mic)

“Sono dei capolavori talmente unici che qualcuno ha pensato a dei falsi. Ma non è così. Anche indagini sull’argilla fatte in America hanno testimoniato che si tratta di opere antiche, forse in qualche parte ritoccata come si usa spesso nei frutti degli scavi clandestini. Questo viene fuori da uno scavo degli anni ’70 fatto da tombaroli che sono riusciti a far emigrare oltreoceano questo gruppo. Raramente un gruppo di terracotta rappresenta una scena mitica come questa. Non abbiamo paralleli in antico. Proprio per questo si è pensato a dei falsi. Invece – conclude Osanna – si tratta veramente di capolavori che ci insegnano anche quanto sia fragile il nostro patrimonio e quanto bisogna lavorare e lottare contro un fenomeno che ahimè esiste ancora anche se non raggiunge quella dimensione che ha avuto negli anni ’70 e ’80 quando il nostro patrimonio è stato sistematicamente saccheggiato da Pompei all’Etruria, dall’Etruria alla Puglia”.

Roma. Alle Terme di Diocleziano presentazione del libro “101 Storie Svelate. Le iscrizioni del Museo Nazionale Romano raccontano Roma” di Carlotta Caruso, nato dalla raccolta delle storie raccontate sui social durante il lockdown 2020: il fascino delle epigrafi per non “addetti ai lavori”

roma_nazionale-romano_libro_101-storie-svelate_le iscrizioni del museo nazionale romano_presentazione_locandina“L’uomo lo ascoltò continuando a scolpire parole. Fu felice di sapere che qualcuno comprendesse davvero il senso del suo lavoro: quelle parole, incise faticosamente, avevano il compito di tramandare la storia delle loro vite alle generazioni del futuro”. Comincia così il libro “101 Storie Svelate. Le iscrizioni del Museo Nazionale Romano raccontano Roma” di Carlotta Caruso nato dalla raccolta delle storie comparse nella rubrica dei canali social del museo nazionale Romano (#StoriedaMNR) e pubblicato nell’ambito dei progetti condivisi del Servizio Educativo e dell’Ufficio Social Media. Domenica 13 novembre 2022, alle 16.30, il libro “101 Storie Svelate” (Dielle editore) viene presentato nella sala delle Piccole Mostre alle Terme di Diocleziano che fanno parte del museo nazionale Romano. Intervengono Stéphane Verger, direttore del museo nazionale Romano; Cinzia Vismara, già docente di Archeologia delle province romane nell’università di Cassino; Clara di Fazio, CNR; e l’autrice Carlotta Caruso, assistente tecnico del museo nazionale Romano. Ingresso libero fino a esaurimento posti.

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Concetta Caruso con il libro “101 Storie Svelate” (foto mnr)

“101 Storie Svelate”. Le storie raccolte in questo libro nascono dal ricchissimo patrimonio del museo nazionale Romano: personaggi reali, storie immaginate, possibili, tratte dalle poche parole che gli antichi hanno scelto di affidare a qualcosa che potesse durare a lungo, possibilmente per sempre: un’epigrafe. Attraverso lo strumento dello storytelling, un accurato lavoro di ricostruzione storica e un po’ di immaginazione, quelle poche parole rivivono, recuperano il loro potere di comunicare, di raccontare e permettono di entrare in contatto con il mondo antico e con le persone che lo hanno popolato. Nate nei mesi di lockdown del 2020, sulla rubrica social #StoriedaMNR dei canali del Museo, queste storie svelano il fascino delle epigrafi anche a un pubblico di non “addetti ai lavori”.

Roma. Per “Dialoghi in Curia” presentazione, in presenza e on line, di un volume della serie dei Quaderni Vulcenti, editi da Antiqua Res Edizioni: “Regisvilla. Scavi e Ricerche (1968 – 1983)” di Carlo Regoli

roma_dialoghi-in-cuiria_regisvilla-scavi-e-ricerche_carlo-regoli_locandinaNuovo appuntamento con i “Dialoghi in Curia” promossi dal parco archeologico del Colosseo. Giovedì 10 novembre 2022, alle 16.30, la Curia Iulia ospita la presentazione, in presenza e on line, di un volume della serie dei Quaderni Vulcenti, editi da Antiqua Res Edizioni: “Regisvilla. Scavi e Ricerche (1968 – 1983)” di Carlo Regoli, dedicato alla ricostruzione delle indagini archeologiche e allo studio delle strutture e dei materiali rinvenuti nel sito costiero di Regisvilla (Montalto di Castro, VT), oggetto di scavi tra il 1977 e il 1980 da parte dell’Istituto di Topografia Antica dell’università La Sapienza di Roma. Oltre a queste ricerche, edite solo in parte, sono state riesaminate tutte quelle attività che hanno interessato l’area, come ricognizioni di superficie e recuperi di emergenza, testimoniate da documenti d’archivio databili tra la fine degli anni Sessanta e i primi anni Ottanta. Presenta Stephane Verger, direttore del museo nazionale Romano; intervengono Margherita Eichberg, soprintendente ABAP per la provincia di Viterbo e per l’Etruria meridionale e Gianni Bonazzi, presidente Fondazione Vulci. Introduce Alfonsina Russo, direttore del PArCo. L’evento potrà essere seguito in presenza con prenotazione obbligatoria fino ad esaurimento posti (max 100) su www.eventbrite.it.

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La copertina del libro Nuovo appuntamento “Regisvilla. Scavi e Ricerche (1968 – 1983)” di Carlo Regoli

Il volume si articola in due Parti, divise in sei capitoli. La Parte Prima si apre con un’introduzione al territorio costiero vulcente (Cap. 1), a cui segue un riesame di tutte le fonti e i documenti d’archivio riguardanti il sito di Regisvilla (Cap. 2). Sono poi descritte e interpretate le attività di scavo svolte tra il 1977 e il 1980 (Cap. 3) e analizzati nel dettaglio i vari gruppi di reperti rinvenuti (Cap. 4). Concludono questa prima sezione alcune considerazioni interpretative sul sito e i suoi frequentatori (Cap. 5). La Parte Seconda, invece, è composta essenzialmente dal Catalogo analitico dei materiali diagnostici (Cap. 6), presentati per schede seguendo l’ordine di scavo, cioè per saggio, “strato” o “livello”, e per classe di produzione, all’interno della quale sono, a loro volta, divisi per forme e tipi. Seguono le abbreviazioni bibliografiche e le tavole con l’apparato grafico. Da sempre Regisvilla ha suscitato grande interesse ed attenzione. Nel suo periodo di massima espansione Vulci vantava ben due porti. Il primo, il più antico, era quello situato alla foce del fiume Fiora, canale navigabile dove le merci potevano essere veicolate da chiatte trainate da funi e trasportate sino alla città. Poi c’era appunto l’altro porto di Regisvilla. Il nome Regisvilla significa “Città del Re” e viene citata da Strabone, che narra come qui regnò Maleos, re dei Pelasgi, per poi procedere alla volta di Atene. Detto anche Regae, da “Regai” cioè “scogliera”, perché vicino a Punta delle Murelle a Montalto Marina. I reperti rinvenuti, databili al VI e al V sec. a. C. permettono di datare il porto all’età tardo arcaica. Un ulteriore tassello è stato aggiunto dalla ricognizione ad opera dell’Associazione Subacquea Assopaguro di Montalto, che ha scoperto strutture sommerse, formate da ciottoli fluviali: forse proprio la struttura originaria del Porto. Ciò, dunque, permetterebbe persino di associare Regisvilla, per tipologia, ad altri porti del Mediterraneo in siti che hanno caratteristiche geomorfologiche simili a quelle delle coste di Montalto. Di recente, la Soprintendenza ha provveduto ad acquisire, attraverso la procedura della prelazione, una parte delle aree un tempo collegate al porto di Regisvilla, vincolate con DM del 05.08.1985.

Roma. La candidatura della Via Appia Antica a Patrimonio dell’Umanità ha il proprio logo, ideato e interamente realizzato dal ministero della Cultura: ecco come è nato

roma_via-appia-unesco_nasce-il-logo_foto-micLa candidatura della Via Appia Antica a Patrimonio dell’Umanità ha il proprio logo, ideato e interamente realizzato dall’Ufficio Stampa e Comunicazione del ministero della Cultura, restituisce la sintesi grafica e concettuale delle principali caratteristiche del sito, ed è frutto del serrato confronto con l’Ufficio Unesco del MiC. Protagonista del logo è il lungo percorso che va da Roma a Brindisi con i suoi due tracciati: l’Appia Claudia, che dalla capitale arriva al capoluogo pugliese, e la variante voluta dall’imperatore Traiano, che raggiunge Brindisi, staccandosi dal più antico tracciato all’altezza di Benevento e seguendo la costa adriatica. Il lettering è composito: la prima parte del nome, ovvero “Via Appia”, riprende un carattere epigrafico romano di età repubblicana, estrapolato da un’iscrizione, conservata al museo nazionale Romano, che è stata fotografata e “scontornata”; la seconda parte, ovvero “Regina Viarum”, è scritta con un tratto più regolare e riprende un carattere più recente, adottato nell’antica Roma dal I fino al V secolo d.C. La palette è composta da sei colori: rosso porpora, che richiama le vesti della Roma antica; l’oro, simbolo della ricchezza e dei fasti dell’Impero romano, così come delle rilucenti armature dei gladiatori; tre punti di verde, simboli della rigogliosa vegetazione e della ricchezza del paesaggio lungo la via; infine un rosso acceso, per un tocco pop. Per arricchire il racconto in grafica della Via Appia, al logo-lettering si affiancano talvolta alcuni elementi studiati per restituire la complessità della strada e soprattutto del suo carattere “seriale”. Elemento centrale in tal senso è il segmento, scelto per simboleggiare il carattere scomposto e allo stesso tempo lineare della Via Appia, esemplificata attraverso l’idea di una linea retta con le proprie possibili diramazioni.

Roma. Dal Getty Museum di Los Angeles arriva al museo dell’Arte Salvata il gruppo di Orfeo e le Sirene: il ministero della Cultura e il Comando carabinieri TPC oggi presentano gli aspetti del rientro in Italia

roma_museo-arte-salvata_Il ritorno di Orfeo in patria_locandinaL’annuncio poco più di un mese fa: il gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene” (IV secolo a.C.) conservato al Getty Museum di Los Angeles sta per essere recuperato al patrimonio nazionale e a settembre 2022 dovrebbe essere restituito all’Italia, dove in un primo tempo verranno esposte nel museo dell’Arte Salvata di Roma, per poi tornare definitivamente a casa, al museo Archeologico nazionale di Taranto (vedi Mercato illegale. Il Getty Museum di Los Angeles sarebbe pronto a restituire a settembre l’eccezionale gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene”, di provenienza tarantina, richiesto da oltre vent’anni. E il museo Archeologico nazionale di Taranto è pronto ad accoglierle | archeologiavocidalpassato). Stavolta ci siamo. E sabato 17 settembre 2022, alle 11, il ministro della Cultura Dario Franceschini presenta tutti gli aspetti del rientro in Italia del prezioso gruppo scultoreo “Orfeo e le Sirene” in un incontro nell’Aula Ottagona alle Terme di Diocleziano, sede del nuovo museo dell’Arte Salvata, istituito per accogliere le opere di ritorno nel territorio nazionale. Interverranno il ministro della Cultura, Dario Franceschini; il Comandante del Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale, Roberto Riccardi, il direttore del museo nazionale Romano, Stéphane Verger; il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Taranto, Eugenia Pontassuglia; un rappresentante dell’Ambasciata degli Stati Uniti d’America a Roma, un rappresentante della Procura distrettuale di New York e un rappresentate delle forze di polizia federali statunitensi che hanno collaborato al rientro dell’opera.

roma_museo-arte-salvata_logoIl museo dell’Arte Salvata è stato inaugurato il 15 giugno 2022 nell’Aula Ottagona delle Terme di Diocleziano, come parte del museo nazionale Romano, arricchendo il percorso museale delle Terme di Diocleziano e delle altre tre sedi di Palazzo Massimo, Palazzo Altemps e Crypta Balbi. Il museo dell’Arte Salvata vuole raccontare in modo permanente la storia delle operazioni di salvataggio attraverso allestimenti temporanei delle opere trafugate, disperse, vendute o esportate illegalmente, ma anche recuperate da aree colpite da sismi e calamità naturali. Dopo ogni esposizione, le opere torneranno nel territorio di provenienza. In questa prima fase, fino al 15 ottobre 2022, sono esposti i recenti ritrovamenti del Reparto Operativo del Comando Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC): numerosi pezzi di archeologia di varie civiltà rientrati dagli Stati Uniti in un arco temporale compreso fra il dicembre 2021 e il giugno 2022. E ora arriva il gruppo di Orfeo e le Sirene da Los Angeles.